I L M O N D O I S L A M I C O. IL MONDO ARABO PRIMA DI MAOMETTO LA MECCA E LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI IL QUADRO RELIGIOSO MAOMETTO E LA RIVELAZIONE L’OPPOSIZIONE DEI RICCHI COMMERCIANTI L’EGIRA E LA PREDICAZIONE A MEDINA LA GUERRA SANTA IL LIBRO SACRO: IL CORANO GLI ATTI E I COMPORTAMENTI DEL PROFETA: LA SUNNA L’INTERPRETAZIONE DEL CORANO E DELLA SUNNA: LA SHARIA I CINQUE PILASTRI DELLA DOTTRINA ISLAMICA COSA SIGNIFICA “JIHAD” A MAOMETTO SUCCEDONO I QUATTRO CALIFFI “BEN GUIDATI” IL PRIMO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ABU BAKR IL SECONDO CALIFFO “BEN GUIDATO”: OMAR IBN AL-KHATTÀB IL TERZO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ‘OTHAMAN IL QUARTO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ALÌ SCIITI, SUNNITI E KHARIGITI GLI OMAYYADI ED IL CALIFFATO EREDITARIO (661-750) L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATI LA FINE DELLA DINASTIA DEGLI OMAYYADI LA DINASTIA DEGLI ABBÀSIDI (750 – 827) GLI ABBÀSIDI E L’APOGEO DELLA CIVILTÀ ARABA L’IMPERO ARABO COMINCIA A DISGREGARSI GLI ARABI DI TUNISIA: GLI AGHLABITI GLI AGHLABITI CONQUISTANO LA SICILIA LA PENETRAZIONE TURCA IL MONDO ARABO PRIMA DI MAOMETTO. L’Arabia preislamica era divisa in due zone. Una zona fertile e ricca d’acqua, con un’intensa vita urbana e commerciale. Questa area geografica comprendeva la parte meridionale della penisola arabica: lo Yemen e a nord ai confini con la Siria. Si trattava di terre fertili e ricche di acqua, grazie soprattutto alle piogge monsoniche ed evoluti sistemi di irrigazione. Qui vivevano popolazioni sedentarie, che trafficavano con l’India, la Birmania, l’Africa orientale e le regioni mediterranee e mesopotamiche attraverso rotte marittime da tempo conosciute. L’organizzazione politica era di tipo monarchico e l’influenza persiana era molto forte. Un’enorme zona desertica, solcata dai Beduini, bellicose tribù nomadi che vivevano di allevamento commercio carovaniero e razzie. I Beduini mettevano in comunicazione questi villaggi trasportando merci dall’Arabia meridionale verso la Siria e la Mesopotamia ed in senso inverso. In questo modo stabilivano rapporti di vitale importanza con i sedentari, ai quali potevano offrire prodotti introvabili sul posto, ricevendone in cambio pagamenti, assistenza e rifornimenti prima di riprendere il viaggio. Durante i loro spostamenti i nomadi si abbandonavano spesso alle razzie, facilitati dal fatto che mancava un’autorità incaricata a far rispettare l’ordine e dalla mancanza di coesione sociale e politica fra le tribù sparse nella penisola. Considerati gli Arabi autoctoni, erano organizzati in comunità rinsaldate da vincoli di famiglia e di appartenenza alla tribù. In ogni tribù i membri parlavano la stessa lingua, erano considerati uguali fra di loro, si riconoscevano nella guida di un capo eletto, assistito da un consiglio e la proprietà privata era quasi inesistente, in quanto tanto gli animali quanto i pascoli erano considerati beni collettivi. TORNA. LA MECCA E LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI. Nelle regioni interne attraversate dalle piste carovaniere più battute sorsero i primi nuclei di città mercantili: tra queste vi era La Mecca, il principale centro economico, commerciale e religioso dell’Arabia. La città aveva la vocazione di centro commerciale di ogni tipo di merci, gli abitanti traevano profitto dal fatto che i numerosi mercanti avevano la consuetudine di far sosta proprio in questa città per vendere le loro merci, acquistarne delle altre e fare provvista d’acqua. La fonte Zemzen fin dai tempi antichi era considerata sacra in quanto unica provvidenziale dispensatrice di acqua in una zona tutta arida. Inoltre era sede del Santuario della Ka’ba, meta di pellegrinaggi. LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI. Chi deteneva il controllo di questo immenso traffico era la tribù dei Qurayshiti, la futura casta dominante per “sangue di Profeta” che contavano all'incirca 5.000 componenti, suddivisa in singoli gruppi familiari o clan. Quando altre tribù rivaleggiavano con i Qurayshitii, i potenti capi clan cercavano, con una accorta politica di matrimoni, di legare ai propri interessi i concorrenti. Operando in questo modo, avevano creato una lobby, un vero e proprio monopolio delle attività commerciali. I Qurayshiti, che rappresentavano la maggioranza, avevano in mano tutti i poteri: politico, economico e anche religioso. Quindi i Qurayshiti non operavano solo nella sfera del commercio, ma avevano sotto il diretto controllo l'intera sfera religiosa; i forestieri dovevano pagare l'acqua in contanti, inoltre, se volevano implorare le divinità per la loro felicità, dovevano acquistare ogni cosa dai vari punti vendita dei Qurayshiti, come i ricordini e la paccottiglia nelle bancarelle vendute ai pellegrini, e in più avevano in mano quello che oggi si chiamerebbe “l'indotto”, le locande, i ristoranti, e altri negozi, che davano lavoro a migliaia di loro dipendenti. Con la somma di tutte queste attività i Qurayshiti avevano accumulato enormi ricchezze. TORNA IL QUADRO RELIGIOSO. Prima di Maometto quindi la penisola araba era abitata da tribù di beduini nomadi, divise in clan patriarcali e spesso in lotta tra loro, e da comunità di mercanti delle città carovaniere. Non esisteva neppure un’unica fede: le credenze religiose erano ancorate a forme politeistiche e si riteneva che il mondo naturale fosse abitato da divinità celesti e da spiriti racchiusi in animali, in alberi, o in pietre. Il numero di queste divinità era altissimo e variava da villaggio a villaggio: alcune di esse però assunsero una particolare importanza e soprattutto si distinse Allah, considerato il Dio creatore di ogni cosa. Nelle città dove si custodivano oggetti sacri furono costruiti santuari che divennero meta di pellegrinaggi e all’interno dei quali si svolgevano cerimonie e processioni. In comune le tribù avevano il culto per la pietra nera, un meteorite che era custodito alla Mecca in un tempio a forma di cubo. Ogni anno si sospendevano guerre e rivalità per il periodo in cui si svolgeva il pellegrinaggio in questo luogo. LA KA’BA. I simulacri di alcuni di questi dei erano esposti nel vecchio santuario de La Mecca chiamata la Ka'ba. Era questo un edificio simile ad un cubo venerato dagli Arabi fin dall’antichità e considerato “La casa di Dio”, dove il divino entra in contatto con il mondo terreno. Secondo la tradizione era stato edificato da Adamo dopo la cacciata dal paradiso terrestre e poi distrutto dal diluvio universale, quindi ricostruito da Abramo. All’interno del santuario vi si trova una pietra sulla quale si sarebbe riposato Abramo e la famosa “pietra nera” che i musulmani (dall’arabo “muslim” cioè sottomessi, sono gli aderenti alla religione islamica) dicono sia stata portata dall’arcangelo Gabriele. TORNA MAOMETTO E LA RIVELAZIONE. Il flusso di pellegrini arricchiva quindi i mercanti della Mecca, dove intorno al 570 d.C. da una famiglia di commercianti, considerati di livello medio basso, nacque Maometto, che da mercante visse in quest’ambiente sino a quarant’anni, epoca alla quale iniziò la sua predicazione. Una notte nel 610 gli apparve l’arcangelo Gabriele, che gli rivelò che era stato mandato da Allah, unico vero Dio, e gli comandò di divulgare, pregare e recitare la parola divina cioè il “Qur’an” il Corano, la “recitazione. Incoraggiato dalla moglie Khadigia (ricca vedova che aveva sposato all’età di 25 anni) e dalla sua famiglia, tre anni dopo Maometto, all’età di 40 anni, decise di intraprendere la predicazione. Maometto sostenne la validità di un culto monoteistico e cominciò così a propagare l’adorazione di Allah come unico Dio e a fare “atto di sottomissione” alla sua autorità. Egli inoltre annunciava il “giudizio finale” in cui tutti gli uomini sarebbero stati giudicati, per le loro azioni. Maometto ebbe il merito di porre fine alle divisioni e di diffondere un nuovo comune ideale, allo stesso tempo politico e religioso. Predicava la generosità e l’aiuto dei poveri. Condannava alcune pratiche diffuse nella società tribale, come il matrimonio tra consanguinei e l’infanticidio delle figlie femmine. Il suo messaggio, che metteva sotto accusa le ingiustizie e l’insensibilità dei ricchi, incontrò subito il favore dei ceti meno abbienti e degli schiavi. TORNA L’OPPOSIZIONE DEI RICCHI COMMERCIANTI. Ma se Maometto andava in giro dicendo che le dee e gli idoli erano fasulli, che i riti erano bestemmie, che i sacrifici erano grotteschi, e che le preghiere erano una offesa al vero Dio, quello che era ormai considerato uno "squilibrato provocatore", che tuttavia riscuoteva credito, mise in allarme i Qurayshiti. L'oligarchia dei ricchi commercianti e banchieri de La Mecca non tardò a percepire la natura rivoluzionaria del messaggio (non dal punto di vista religioso ma economico) e lo considerarono da allora come una minaccia ai propri privilegi. Vi era il pericolo che i credenti nel rinunciare alla vecchia fede, rinunciassero all'acqua sacra, alla Kaaba, ai sacrifici, ai pellegrinaggi, e c'era anche il timore che una volta ripudiate queste cose, la stessa città perdendo la consolidata reputazione, avrebbe perso anche tutti gli altri commerci. Ecco perché furono i primi a indicarlo come un impostore, diffamatore della fede dei padri, un pazzo che insultava gli dei, quegli stessi dei che avevano dispensato bellezze e prosperità alla Mecca come in nessuna altra città. Fu per questo che il Profeta e i suoi primi sostenitori, fino al 622, dovettero subire persecuzioni e attentati. TORNA L’EGIRA E LA PREDICAZIONE A MEDINA. All’accrescersi delle persecuzioni, Maometto ed i suoi sostenitori (i Sahaba in lingua araba )ال صحاب ةo Compagni, furono i primi seguaci del profeta) si misero in viaggio verso la città-oasi di Yathrib, (a 400 Km più a nord) che doveva diventare in seguito Madinat al-Nabi (la città del Profeta) vale a dire Medina. Questa migrazione ebbe luogo nell'anno 622 dell'era cristiana e questa data fu considerata l’inizio dell’era islamica. L'emigrazione o allontanamento da La Mecca a Medina fu chiamata egira (dall’arabo higira). Maometto non si presentò ai suoi contemporanei come un rivoluzionario, ma semplicemente come un profeta e richiamò l’attenzione dei suoi seguaci sulle problematiche sociali, ma soprattutto sulla difesa rigorosa di alcuni principi religiosi, in primo luogo il monoteismo. La sua predicazione affermava l’uguaglianza e la fratellanza degli uomini nell’obbedienza di Allah, e ciò gli permise di conquistare numerosi seguaci. In questo senso l’islamismo si poneva accanto alle altre due religioni monoteistiche e rivelate: l’ebraismo ed il cristianesimo e si richiamava ad Abramo. Il suo potere a poco a poco si consolidò e si estese a tutta l’Arabia. Maometto fu invitato a Medina dagli abitanti della città che presero il nome di Ansar (coloro che l'hanno aiutato); gli emigrati meccani furono chiamati Muhadjirun (coloro che hanno intrapreso l’egira o gli emigranti) e questi due gruppi riuniti formano quelli che si chiamano gli Ashab (i Compagni del Profeta). TORNA LA GUERRA SANTA. A Medina Maometto si comportò come un capo non solo spirituale, ma anche politico e militare. Egli cercò di dare coesione alla nuova comunità per renderla capace di reggere agli attacchi esterni e per far ciò si divenne un profeta armato. Nel 624 Maometto, con i suoi seguaci, organizzò una razzia contro una grande carovana proveniente dalla Mecca, costituita da più di 1.000 cammelli e scortata da decine di mercanti. Questa razzia, che prenderà il nome di “Battaglia di Badr” fu considerata la prima grande vittoria del profeta, quella che ne accrebbe enormemente il prestigio in tutto il mondo arabo. Da questo momento in poi, le razzie o le guerre intraprese da Maometto prenderanno il nome di “guerra santa”. Nella primavera del 625 i Meccani decisero di vendicare la sconfitta di Badr, marciarono contro Medina sconfissero Maometto, che comunque riuscì a mantenere il suo potere. Nel 627 i meccani attaccarono nuovamente, ma l’esercito fu sbaragliato alla porte della città di Medina, grazie anche ad una improvvisa tempesta di sabbia. Dopo la vittoria Maometto dovette fare i conti con i nemici interni, gli ebrei, che avevano parteggiato per i Meccani e che non avevano mai accettato di convertirsi alla predicazione di Maometto. E fu proprio in quell’occasione che Maometto decise che la direzione della preghiera non sarebbe stata più Gerusalemme. Nel 630 Maometto conquistò La Mecca ed eliminò il politeismo facendone il luogo santo dell’Islam, in direzione del quale i fedeli avrebbero pregato nelle moschee. L'islam (che letteralmente vuol dire “sottomissione a Dio”), non è solamente una religione monoteista, ma deve essere inteso come un stile di vita completo che ingloba tutti i campi dell'esistenza umana. Colui che dimostra di accettare “l’islam” è detto “muslim” da cui deriva il termine musulmano. L'islam impone al musulmano di conformare la propria condotta morale, i propri costumi, le tradizioni, i modi di vivere, i rapporti e le relazioni con gli altri, in breve, tutte le sue parole e tutti i suoi atti, esclusivamente e assolutamente alle esigenze della religione musulmana. Lo Stato islamico non è uno Stato teocratico se si intende con tale termine uno Stato governato dalla Chiesa, l’Islam non si costituì in una chiesa e non ha una gerarchia ecclesiastica, né sacerdotale. È uno Stato teocentrico, se si intende con ciò uno Stato governato dalla Legge di Dio. TORNA IL LIBRO SACRO: IL CORANO. Il Corano, dall’arabo “Qur’an” (lettura, recitazione), è il libro sacro che contiene la rilevazione che Dio fece al suo profeta. Gli insegnamenti, prima appresi a memoria e saltuariamente scritti, furono poi riuniti in un testo unico ed ufficiale, redatto sotto il terzo califfo Utham (644 – 656). Il termine “califfo” deriva dall’arabo “khalifa” e vuol dire “successore”; era il titolo che spettò originariamente ai primi successori di Maometto. Il libro è composto da 114 “sure” (capitoli) a loro volta divise in versetti di diversa lunghezza e ordinate non secondo la cronologia della rivelazione, ma dalle più lunghe alle più corte. C’è una sola eccezione: il testo si apre con una breve sura di 7 versetti, che contiene la preghiera fondamentale per i musulmani. Il Corano è tradizionalmente diviso in tre parti: 1. Ahkam, che contiene le azioni che il fedele musulmano compie in ossequio ai propri comandamenti religiosi. Gli Ahkam possono essere: obbligatori; raccomandati; neutrali, né obbligatori né raccomandati; sconsigliati; proibiti. 2. Qisas, che comprende le storie e le leggende riguardanti soprattutto i profeti precedenti Maometto. 3. Mawa’Iz, che elenca le esortazioni e gli ammonimenti che Maometto aveva pronunciati su ispirazione di Allah, alcuni dei quali erano stati scritti da Maometto quando era ancora in vita . Il Corano quindi non è solo un testo religioso, poiché in esso è contenuto un discorso su Dio, ma è anche un insieme di regole morali, un codice giuridico, una serie di precetti relativamente alla vita quotidiana. Le prescrizioni legali che il Corano ha formulato per definire questi costumi o per modificarli sono fatti per durare quanto durano i costumi. Se questi scompaiono, gli statuti legali scompaiono con loro. E se essi spariscono totalmente, non c’è niente che possa nuocere all’islam. TORNA GLI ATTI E I COMPORTAMENTI DEL PROFETA: LA SUNNA. Sunna è un termine che significa, "consuetudine", "abitudine", "costume" e, in senso lato, "codice di comportamento", ed è uno dei testi sacri dell'Islam. La Sunna è il complesso delle regole di condotta derivate del Corano e dal comportamento abituale di Maometto nelle varie circostanze della vita, considerato esemplare dai musulmani ortodossi e da loro assunto come modello da imitare rigidamente. La Sunna è stata "codificata" alcuni secoli dopo la morte del Profeta, in base ai racconti “ḥadīth” che sono stati tramandati di bocca in bocca da soggetti "degni di fede", considerati quindi come anelli della catena (silsila) di "garanti" della tradizione islamica stessa. La collezione della totalità dei singoli ḥadīth costituisce appunto la Sunna. Dopo il Corano, la Sunna costituisce la seconda fonte della legge islamica e col testo sacro costituisce la Sharīʿa. TORNA L’INTERPRETAZIONE DEL CORANO E DELLA SUNNA: LA SHARIA. Il Corano e la Sunna costituiscono quindi le fonti del diritto islamico. Ma il Corano e la Sunna sono fonti piuttosto sintetiche; il Corano per esempio, in materia legale, non contiene tutto il diritto islamico, solo poche Sure hanno ad oggetto vere e proprie regole di diritto. Ecco allora che, a partire dalla morte del Profeta, si scatenò un'opera interpretativa da parte dei sapienti, tesa ad estrarre dalle fonti storiche tutte le regole giuridiche necessarie per la regolamentazione della convivenza civile. I sapienti iniziarono a studiare il Corano e la Sunna, traendo delle regole dettagliate. Tale operazione era legittimata da un famoso detto del profeta, il quale si trovò ad affermare che, laddove la comunità dei sapienti musulmani fosse d'accordo su una certa interpretazione, quell'interpretazione era sicuramente corretta, poiché era impossibile che tutti i sapienti musulmani cadessero contemporaneamente in errore. Ecco allora che accanto alle due fonti storiche (Corano e Sunna), si affiancò una terza fonte del diritto: l'opera interpretativa dei sapienti, cioè la “Sharīʿa”. Sono proprio queste interpretazioni, che costituiscono quel sistema di leggi dinamiche che indicano al musulmano il percorso che egli deve percorrere per arrivare a realizzarsi come credente praticante, secondo l’etica della giurisprudenza islamica. La šarī‘a islamica si basa sulla religione; ora la religione prescrive i buoni costumi, raccomanda le virtù, mira alla formazione della comunità integra, virtuosa, e poiché la religione non ammette modifiche né sostituzioni, ciò significa che la šarī‘a si dedica sempre alla salvaguardia della moralità con il massimo rigore. Proteggere i costumi significa proteggere la salute, la dignità, i beni, il sangue; significa salvaguardare la sicurezza e l’ordine. TORNA I CINQUE PILASTRI DELLA DOTTRINA ISLAMICA. I cinque pilastri dell'Islam (Arkān al-Islām) indicano i cinque obblighi fondamentali di ogni musulmano, uomo o donna, in base alla legge religiosa (Sharīʿa) che il musulmano devoto è tenuto a osservare, ritenendoli atti essenziali per compiacere Dio (Allah) che li ha ordinati. Questi cinque precetti principali sono: 1. Professare il monoteismo (SHAHADA). La testimonianza di fede che consiste nell’affermazione di due verità: “Non esiste altro Dio all’infuori di Allah e Maometto è il suo profeta”. 2. Pregare (SALAH). La preghiera deve essere recitata 5 volte al giorno (all’alba, al mezzogiorno, al pomeriggio, al tramonto del sole e all’inizio della notte) con il capo rivolto alla Mecca dopo aver compiuto le rituali abluzioni di purificazione. 3. Pagare l’elemosina (ZAKA'H). L’elemosina è un dovere, un simbolo di ospitalità e di generosità. Una parte dell’elemosina è lasciata alla volontà dell’individuo; l’altra invece consiste in un prelievo fiscale, effettuato dallo stato. 4. Digiunare nel mese del Ramadam (SAWM). È il mese nel quale si pratica il digiuno è, secondo il calendario musulmano, coincide con il nono mese dell'anno e ha una durata di 29 o 30 giorni. In questo mese è proibito mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali. La non osservanza di tale pilastro condannerebbe il trasgressore allo stato di kāfir, colpevole cioè di empietà massima. 5. Compiere almeno una volta nella vita il pellegrinaggio alla Mecca (HAJJ). Il fedele recandosi alla Mecca dovrà vestire un abito bianco senza cuciture e dovrà essersi tagliati i capelli e le unghie. Il punto d’incontro è la Kaaba. TORNA COSA SIGNIFICA JIHAD? PRECISAZIONE: Il genere maschile si spiega col fatto che in arabo la parola è maschile, mentre il femminile deriva dalla traduzione italiana "guerra santa" (traduzione un po' impropria, perché il termine arabo ha vari significati oltre a quello militare). Jihad deriva dalla radice araba J-H-D e può essere tradotto come "sforzo". Tuttavia, tanto per avere un'idea della polisemia del termine, basti pensare che questo presenta già differenze tra la sua definizione letterale e quella coranica. Per definizione letterale Jihad significa lo sforzo necessario a raggiungere un obiettivo; mentre per il Corano sta a significare il riferimento alla fatica e all'impegno, interiore e materiale (riferimento al denaro), per la causa di Dio. All'interno di quest'ultima interpretazione, inoltre, si possono ulteriormente distinguere tre diversi significati: Jihad come “lotta spirituale” al fine di vivere nel migliore dei modi la fede islamica. Jihad come “lotta per costruire una buona società musulmana”. Jihad come “atto militare”, concesso però dalle sacre scritture islamiche del Corano solo come difesa del popolo musulmano. Come è facile intuire, in nessuna di queste definizioni rientra il concetto di 'Guerra Santa' come in Occidente il Jihad è stato dipinto per anni, conflitto volto a convertire tutto il mondo (gli infedeli) all'Islam attraverso la spada. Al contrario, come già specificato, il Corano pone la difesa del popolo, della comunità e di ogni musulmano come base fondamentale di ogni azione militare. In questo senso, infatti, l'uso della forza è consentito per autodifesa, per proteggere la libertà dei musulmani a praticare la loro fede, dall'oppressione e da eventuali tiranni, per punire un nemico che rompe un giuramento e come risposta ad un torto subito. Al contrario, invece, un'azione militare volta alla costrizione della conversione "non vi sia costrizione nella religione", recita il Corano nella seconda Sura, al versetto 256 -, alla conquista di altre nazioni per colonizzarle, alla conquista di uno o più territori per avere un guadagno economico o alla prova di forza di un leader, non può essere considerato, e non deve essere definito, Jihad. DIFFERENZA TRA JIHAD MAGGIORE E JIHAD MINORE Alla luce di tutto quanto scritto fin'ora, è necessario inserire un'ulteriore distinzione all'interno dei significati di Jihad. Secondo alcune interpretazioni del Corano, che è giusto ricordare sono tutt'oggi oggetto di dibattito, il Profeta Maometto ha definito come 'maggiore' il Jihad spirituale, interiore. 'Minore', in questo senso, è invece considerato il Jihad militare. IL JIHAD MAGGIORE, altro non è, tenendo a mente la definizione di "lotta spirituale al fine di vivere nel migliore dei modi la fede islamica", che la messa in pratica dei cinque pilastri dell'Islam: recitare le preghiere (Namaz), effettuare il digiuno durante il Ramadan (Sawm), praticare la testimonianza di fede (Shahada), fare elemosina (Zakat) e compiere il pellegrinaggio verso La Mecca almeno una volta nella vita (Hajj). Altre vie per compiere il Jihad maggiore, inoltre, possono essere lo studio continuato dei testi sacri, fino ad impararli a memoria, il perdono di un torto, partecipare attivamente alla comunità, smettere di fumare e così via. Il JIHAD MINORE, è l'aspetto più militare e violento del significato di Jihad. In questo senso è certamente una 'Guerra Santa', da non confondere però con la definizione Occidentale di quest'ultima. A tal proposito, infatti, va considerato che ci sono regole ben precise e difficilmente evadibili che regolano la Jihad offensiva: Deve essere proclamata da un leader religioso Deve essere sempre difensiva, quindi è la controparte a dover cominciare le ostilità Gli innocenti non devono essere uccisi Prima di giungere al conflitto, ogni altra strada pacifica deve essere tentata; Donne, bambini e anziani non devono essere feriti o uccisi È vietato avvelenare i pozzi d'acqua (sorta di primitiva guerra chimica) Le donne non devono essere violentate Non devono essere recati danni alle proprietà altrui (case ecc) I nemici devono essere trattati con giustizia. TORNA A MAOMETTO SUCCEDONO I QUATTRO CALIFFI “BEN GUIDATI” Quando Maometto morì l’8 giugno del 632, era praticamente il padrone incontrastato della quasi totalità dell'Arabia e niente lasciava intravedere il pericolo per l’unità dell’impero che doveva manifestarsi fulmineo due anni più tardi (634). Il mondo islamico attraversò un momento di grave crisi, scoppiarono discordie, spinte autonomiste delle tribù e la lotta sempre più aspra per il potere. Poiché Muhammad (Maometto) non aveva lasciato indicazioni su chi doveva assumere la guida della comunità alla sua morte, si pensò di passare ad un “califfato elettivo” (per califfo s’intende il successore del profeta dell’Islam sulla Terra). TORNA IL PRIMO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ABU BAKR (632 – 634). Abu Bakr, uno dei primi compagni e seguaci del Profeta e padre della moglie preferita di Maometto 'Aisha, fu il primo dei quattro califfi “Ben Guidati”. Egli dovette immediatamente adoperarsi per porre fine alla ribellione portata avanti da molte tribù le quali, una volta morto il Profeta, si consideravano sciolti dai patti stretti con lui. Costoro intendevano riprendere la loro libertà d'azione, e in primo luogo non pagar più la decima (zakat) all'erario islamico. Erano queste tribù beduine superficialmente islamizzate e desiderose di sottrarsi alla tutela musulmana. Durante il suo breve regno dal 632 al 634, Abu Bakr fece l’errore di emarginare i parenti più stretti del profeta e soprattutto il cugino Alì, che poi nel 656 avrebbe poi preso il potere; ma ebbe il merito di capire che per alleggerire la tensione interna, per impiegare quelle forze turbolente, e insieme forse per riprendere un disegno di espansione di Maometto era necessario lanciare una spedizione verso il nord oltre i limiti dell’Arabia, cioè in Iraq e Siria. Così nel 634 le truppe bizantine poste a difesa della Siria furono pesantemente sconfitte. Ebbe così inizio la grande espansione islamica. Abu Bakr morì nel 634 a 63 anni. TORNA IL SECONDO CALIFFO “BEN GUIDATO”: OMAR IBN AL-KHATTÀB Omar ibn al-Khattàb fu il fido e autorevole consigliere di Abu Bakr, colui che aveva imposto la sua nomina a Califfo, e che Abu Bakr morendo designò a sua volta suo erede. Questo secondo Califfo, Omar ibn al-Khattàb, nel decennio del suo Califfato (634-44) diresse una serie di importanti conquiste e pose insieme i fondamenti di quello che doveva diventare il classico stato islamico dei primi secoli. Gli Arabi strapparono ai Bizantini: la Siria (634 – 636), la Palestina (nel 638 conquistò Gerusalemme) e ai Persiani la Mesopotamia (637), l’Egitto (640 – 642). Con la conquista araba la Palestina, già Terrasanta degli Ebrei e dei Cristiani, divenne anche uno dei luoghi sacri della religione musulmana. Con Omar nacquero nuove città, fu istituita un’amministrazione ed un’autorità centrale, fu organizzato l’esercito e la magistratura. Furono questi gli anni in cui si acuì la rivalità fra i Meccani (abitanti della Mecca), che avevano partecipato all’egira, e i Medinesi (abitanti di Medina), che avevano offerto asilo a Maometto. TORNA IL TERZO CALIFFO “BEN GUIDATO”: 'OTHMÀN Omar assassinato nel 644, prima di morire nominò una commissione di sei autorevoli Compagni che scegliesse nel proprio seno il successore. Questi fu il terzo califfo “Ben guidato” ‘Othmàn (o ‘Uthman), (644 - 656), musulmano 'omàyyade mite e pio, membro però di quella aristocrazia meccana che aveva così a lungo resistito a Maometto. E a questa aristocrazia egli si appoggiò durante il suo Califfato (644-56), affidando posti di comando e arricchimento ai suoi parenti, irritando e scandalizzando l'ambiente dei vecchi Compagni e dei devoti che vedevano nella fortuna degli Omàyyadi quasi una rivincita del debellato paganesimo. Con lui si ebbe un’ulteriore espansione territoriale, furono conquistate: la costa settentrionale dell’Africa fino a Tripoli (647) e fu sottomesso definitivamente l’impero persiano (651). L'Africa settentrionale occupava una posizione chiave nel mondo musulmano sul piano politico ed economico. Fu dall’Egitto che venne lanciata la conquista del Magreb e del Marocco, e dal Magreb verrà lanciata la conquista della Spagna e della Sicilia. Parimenti dall’Egitto e dal Magreb si inizierà la conquista di tutta l’area che si estende sino alla fascia sub-sahariana che perverrà ad influenzare in maniera notevolissima le società africane preesistenti. Othman venne assassinato nel 656 e la sua morte aprì una grave crisi politica e religiosa che sfociò in sanguinose guerre civili interne al mondo arabo. TORNA IL QUARTO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ALÌ IBN ABU TALIB Dopo l’assassinio di ‘Othman i suoi avversari proclamarono come quarto califfo “Ben Guidato” Alì, (656 – 659) cugino e genero di Maometto, che 24 anni prima era già stato candidato alla successione. Ma il clan degli Omayyadi, con a capo il governatore della Siria Mu’awiya (o Mo’awiya), si rifiutò di accettare Alì, accusato di essere alleato con la fazione responsabile dell’uccisione di Othman, e capeggiò la rivolta. Alì fu costretto ad abbandonare Medina con i suoi seguaci e a rifugiarsi in Iraq a Kufa, sulla riva destra dell’Eufrate. Nel corso del conflitto, Alì accettò la proposta dei suoi nemici di risolvere la contesa mediante un arbitrato. Ma una parte dei suoi seguaci lo abbandonò reputando inammissibile affidare al giudizio umano quanto deciso da Dio. Questi dissidenti vennero chiamati “Kharigiti” e Alì venne ucciso proprio da uno di loro nel 661. Dopo la morte di Alì i suoi seguaci si organizzarono nello schi’a Ali, “il partito di Alì”, e provocarono una scissione. Finito il periodo dei califfi “Ben guidati”, si scatenò la lotta per il potere. TORNA SCIITI, SUNNITI E KHARIGITI. Seguì un periodo di rivolte e di contrapposizioni per impossessarsi del potere, che portarono alla formazione di tre fazioni: sciiti, sunniti, kharigiti. Queste fazioni ebbero visioni parzialmente diverse anche su questioni fondamentali. Riaffioravano le rivalità esistenti fin dall’epoca preislamica fra le tribù arabe, la cui contrapposizione è fatta risalire alle diversità culturale e storica esistente fra gli Arabi di origine meridionale o yemenita e quelli di origine settentrionale. In un momento così critico per la sopravvivenza dello Stato islamico, e nonostante che il messaggio diffuso da Maometto fosse proprio in nome dell’unità, dell’universalismo islamico e della corrispondente eliminazione delle rivalità tribali, le loro reali o presunte origini diverse ebbero il sopravvento e scatenarono una lotta civile fra i califfi ommayyadi sostenuti dalle tribù del nord e i califfi meridionali. Gli Sciiti, dall’arabo shi‘at ‘Ali «la fazione di ‘Ali», il cugino e genero di Maometto, rappresentano una minoranza (10 – 15 %). Gli appartenenti a questo partito sostengono che il legittimo sovrano dei musulmani deve appartenere alla stirpe di Maometto e di Ali. Gli sciiti considerano infallibile l’imam, che, oltre ad essere il capo spirituale, rappresenta anche il leader politico della comunità. La loro origine risale alla morte del Profeta che, secondo gli sciiti, avrebbe designato come successore ‘Ali, in quanto apparteneva alla sua stessa famiglia. Gli sciiti a loro volta si dividono in tre nuclei principali: zayditi (grupo esiguo), ismailiti (gruppo minoritario) e imamiti (gruppo maggioritario). Dominano in Iran, ed è maggioritario in Iraq, in Libano e in Bahrein. I Sunniti, cioè le tribù della Mecca, sono gli ortodossi omayyade dell’islam e ne costituiscono la maggioranza (80 - 85%). Assunsero tale nome sin dalla metà del 1° secolo dell’egira, per affermare che essi soltanto erano i veri seguaci di Maometto. È la corrente che si formò dopo la morte del profeta Muhammad e che appoggiarono la nomina a califfo di Abu Bakr. Il loro nome deriva da Sunna, la tradizione dei detti di Maometto, a cui i musulmani si ispirano insieme al Corano. La prima caratteristica dei sunniti fu il riconoscimento della piena legittimità dei quattro primi califfi elettivi. Per i sunniti c’è invece una distinzione tra l’autorità civile (che ha potere esecutivo e deve applicare la shari’a la legge islamica) e quella religiosa, a cui spettano l’interpretazione dei testi sacri e la funzione di guida in materia di fede. I Kharigiti, cioè gli uscenti, sono i seguaci della setta islamica sorta nel 657 d.C. in seguito al dissenso scoppiato tra gli sciiti. Costoro sostenevano il principio radicale secondo il quale qualsiasi fedele può ricoprire la carica di califfo. Ebbero parte importante nella storia politica e religiosa dell’islamismo, sia con le loro ribellioni sanguinose sotto gli Omayyadi e i primi Abbasidi, sia con lo svolgimento delle loro idee teologiche, che esercitarono un notevole influsso sullo sviluppo dogmatico. Divisi in varie diramazioni, alcune con tendenze estremiste, altre più moderate, costituirono anche formazioni politiche importanti (nell’Africa settentrionale nel 10° sec. nell’Arabia orientale, nell’Africa oriente). I Kharigiti inseriscono anche un sesto pilastro, lo sforzo interiore ossia il Jihad, parola araba che letteralmente significa” sforzo a fornire il meglio delle proprie capacità” e che comunemente viene tradotto con il termine di “guerra santa”. TORNA GLI OMAYYADI ED IL CALIFFATO EREDITARIO (661-750). Iniziò così una nuova fase della storia dell’Islam, quella del califfato ereditario o dinastico, che resterà nelle mani della potente famiglia degli Omayyadi (Sunniti) per circa 90 anni (dal 661 al 750). Costoro edificarono una delle maggiori potenze che la storia abbia mai conosciuto e l’Islam riprese la sua prorompente espansione. Questa dinastia era l’espressione dell’aristocrazia mercantile della Mecca. Nel periodo di massima estensione, arrivò a coprire più di cinque milioni di chilometri quadrati, formando uno dei più grandi imperi mai sorti e il settimo più grande impero contiguo di sempre. Il primo califfo della dinastia degli Omayyadi Yazid ibn Mu'àwiya nel 661 spostò la capitale a Damasco in Siria e con lui ed i suoi successori l'espansione araba riprese in più direzioni, e l'impero arabo conobbe un nuovo lungo periodo di splendore. Egli trasformò il Califfato da elettivo quale era stato fino allora in ereditario. Abd Al Malik ibn Marwān, considerato il fondatore dello Stato arabo, fu il terzo califfo della dinastia omayyade del ramo marwanide e governò il califfato dal 705 al 715. Egli riuscì a riprendere il controllo della situazione e a far convivere alla sua corte diversi gruppi etnici. Dedicò i suoi sforzi all’organizzazione del califfato, dando il via ad una serie di riforme amministrative. Con lui furono occupati: l’Asia centrale e l’India (685-705), Costantinopoli, Africa e Spagna (con il condottiero berbero Tarik 705715). Valicati i Pirenei gli arabi comparvero nella pianura di Tolosa, ma Carlo Martello, nonno di Carlo Magno, riuscì a fermarli a Poitiers nel 733. Abd Al Malik ibn Marwān fece coniare monete e impose l’arabo come lingua ufficiale nell’amministrazione in quanto, fino a quell’epoca, le lingue locali: aramaico, siriaco, greche, copto, pehlevi, erano utilizzate nell’amministrazione e nella vita civile. L’arabizzazione, cioè la diffusione della lingua araba, mediata dalla religione islamica (islamizzazione) fu un aspetto importantissimo per la vita culturale di tutto il territorio del califfato. L’arabo divenne la principale lingua amministrativa, letteraria e scientifica su un’area vastissima sovracontinentale. Tale fenomeno, fece si che ancor oggi le popolazioni musulmane, dall’Indo sino alla costa atlantica centro africana, sono in grado di comprendersi. Fu questo un atto politico determinante, in quanto accelerò il processo di arabizzazione, che comunque avvenne in tempi e modalità diverse fra i vari territori. Alla base di questa immensa espansione giocarono diversi fattori: L’entusiasmo religioso e la lingua araba che ne è il canale materiale di trasmissione. Il sovrappopolamento delle comunità ebraiche e la necessità di dare sfogo ad esso conquistando nuovi spazi. Un’efficiente organizzazione militare. Una grande flotta dotata di innovazioni tecniche. L’uso del “fuoco greco”, prodigio bellico consistente nell’uso incendiario della nafta. Il logoramento dei due imperi confinanti con l'Arabia, il romano e il persiano La collaborazione delle popolazione assoggettate, stanche dell’oppressione bizantina e persiana. A circa 30 anni dalla morte di Maometto gli interessi dei gruppi dirigenti si erano spostati verso i territori conquistati, in particola modo verso le zone nordorientali della penisola araba, per cui la regione che era stata la culla dell’Islam perse la posizione primaria in campo politico, pur conservando centralità religiosa ed importanza commerciale. Molto presto l'Oceano Indiano fu integrato alla fiorente rete commerciale che i musulmani svilupparono progressivamente con la Cina, l'Indonesia, l'India e la costa dell'Africa orientale. Assieme alle merci trasportate per terra o per mare circolavano un buono numero di idee, di concetti e di innovazioni tecnologiche e scientifiche. Per fare un solo esempio, la carta fu uno dei primi prodotti importanti trasferiti dalla Cina all'Europa, passando dai territori musulmani. Parimenti in matematica, la numerazione decimale inventata in India fu adottata dagli arabi fin dall’VIII° secolo ed essi chiamavano cifre indiane ciò che noi chiamiamo cifre arabe; solo verso metà del X° secolo il mondo occidentale conoscerà questo sistema di notazione. L'adozione della numerazione decimale grazie ai musulmani rese possibile lo sviluppo dell'algebra, questa sì da essi elaborata nei suoi sviluppi essenziali, che divenne la base senza la quale la matematica e le scienze naturali moderne non avrebbero potuto svilupparsi. TORNA L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATI. Gli Arabi si trovarono così a governare popolazioni molto più numerose di loro e che non erano né arabe, né musulmane. Questi popoli erano assoggettati al pagamento di una tassa individuale (djizya), versata all’erario, e dal momento che l'avevano assolta, erano protetti (dhimmi), senza per questo essere costretti a rinunciare alla propria religione. Nei territori conquistati, organizzati in province, governati da emiri, i Musulmani esercitarono il dominio in forme moderate. Ma un così vasto impero, formato da popolazioni diverse, con tradizioni diverse non poteva rimanere statico, fu così inevitabile che con il passare del tempo le popolazioni dei territori sottoposti al dominio musulmano si ritrovarono divise in tre categorie fondamentali: I Musulmani d’Arabia, cioè i Musulmani d’origine, gli unici che avessero il diritto di militare nell’esercito. Essi costituivano una sorta di aristocrazia, composta da grandi proprietari, funzionari e giudici. I nuovi Musulmani, cioè tutti coloro che si erano convertiti di recente all’Islam. Costoro non potevano militare nell’esercito e di conseguenza non potevano godere dei proventi provenienti dalle conquiste. Gestivano la maggior parte delle attività commerciali ed artigianali e avevano incarichi di responsabilità nell’amministrazione. I sudditi non Musulmani, la maggior parte dei quali viveva nelle campagne spesso al servizio dei proprietari musulmani. TORNA LA FINE DELLA DINASTIA DEGLI OMAYYADI. Le riforme attuate non furono sufficienti a placare il rancore contro gli Omayyadi. Gli Arabi integralisti, nel 747 guidati da Abu Al Abbas, zio di Maometto si ribellarono. Nel 749 i ribelli entrarono a Kufae e nel 750 sconfissero l’ultimo califfo omayyade Marwan II (744 – 750), conquistando così il Califfato. Alla strage sopravvisse Abd Al Rahman, che riuscì a salvarsi attraversando lo stretto di Gibilterra e a giungere in Spagna. Stabilito il potere in al-Andalus, fondò l’Emirato degli Omayyadi di Cordoba nel 755. È interessante notare che l’espansione dell’islam nel Mediterraneo, molto rapida sulle coste africane, si prolungherà per oltre un secolo su quelle europee secondo tre direttrici principali: a) ad occidente a partire dalla Spagna; b) in centro utilizzando il Mediterraneo (sul quale ha costruito fortificate basi navali ed una possente flotta in grado di competere con quelle bizantina) e la penisola italica; c) ad oriente tentando la conquista di Bisanzio. TORNA LA DINASTIA DEGLI ABBÀSIDI (750 - 1258) Fu così che, nel 750, si impose la seconda grande dinastia della storia musulmana, quella degli Abbàsidi, di origine persiana, che detenne il potere sino al 1258 (anno in cui Baghdad venne occupata dai Mongoli). Poiché il territorio era troppo grande per essere controllato il potere venne sempre più affidato a piccole dinastie di principi (gli emiri) che, pur dipendendo sempre dal potere centrale, guadagnavano una maggior indipendenza. Gli Abbàsidi oltre a distruggere la famiglia regnante, perseguirono, nei loro confronti, anche una sistematica politica denigratoria, tanto da riuscire, nella maggior parte dei casi, a costruire e trasmettere un’immagine negativa dei loro avversari. Gli Arabi persero progressivamente la loro posizione privilegiata rispetto agli altri popoli e nell’impero emersero i musulmani di origine non araba, come Persiani, Turchi, Curdi e Spagnoli che costituirono con gli Arabi la nuova classe dirigente. Con gli Abbàsidi terminò l’epoca delle grandi conquiste territoriali e nel 762 la capitale fu spostata da Damasco, in Siria, a Baghdad in Iraq, a metà strada fra il Mediterraneo ed il Golfo Persico in un punto chiave per sfruttare i commerci internazionali. L’Islam si trasferì così nel cuore della Mesopotamia, crogiolo delle culture mediterranee e di quelle orientali. Con questa decisione il Mediterraneo cessò di essere il baricentro economico e politico dell’Islam e la penisola arabica, culla dell’Islam, subì una lenta ma progressiva perdita d’importanza, si disarabizzò cercando nell'antico Oriente, prima in quello iranico poi quello turco, i suoi modelli politici, culturali e sociali. Gli Abbasidi ridussero drasticamente il potere dei ceti dirigenti arabi, coinvolgendo nell’amministrazione dell’impero funzionari di origine persiana, che portavano con sé il bagaglio di competenze e di specializzazione amministrative acquisito sotto la dinastia sassanide. Gli Abbàsidi affidarono il governo delle regioni occidentali a governatori politici e militari, chiamati emiri, che di fatto si comportarono come dei sovrani autonomi. L’impero islamico diventò così una compagine multietnica e cosmopolita con caratteri sempre più orientali e cerimoniali di corte di incredibile fasto. I sovrani della nuova dinastia erano allo stesso tempo capi politici e Imam, cioè guide spirituali e difesero in modo intransigente l’ortodossia sunnita. Anche l’esercito venne riorganizzato e gradualmente divenne multietnico e mercenario. Ciò costituì, alla lunga, un pericolo per lo stesso potere del califfo, in quanto i capi militari divennero sempre più potenti ed autonomi. TORNA GLI ABBÀSIDI E L’APOGEO DELLA CIVILTÀ ARABA. Il vero capostipite della dinastia Abbàsidi fu Al-Mansur (754 – 775), che fondò la città di Bagdad. Ma l’età d’oro di questo Califfato coincise con Al Mahadi (775 – 785), Harun Al Rashid (788 – 809) e con Al Ma’mum (813 – 833), califfi di grande personalità e prestigio. Con i califfi Al-Mansur e Al Mahadi, la figura del califfo assunse i tratti caratteristici di un monarca orientale, e si circondò di una corte numerosissima . Essi inoltre rafforzarono il potere centrale mediante la creazione di un rigido apparato burocratico controllato dal “Wazir”, o visir, che presiedeva un consiglio di cui facevano parte i capi dei vari ministeri, quella di berid, capo della polizia segreta, quella di Qadi, giudice supremo. L’impero venne diviso in province soggette a governatori che rispondevano del loro operato al visir, ma che operarono con sempre maggiore indipendenza con l’andare del tempo. Con Harum Al Rashid (figura accanto) il califfato abbàside segna il punto più alto. Fu ammirato da tutto l’occidente per la ricchezza ed il fasto della sua corte, ma fu anche molto temuto per la potenza dei suoi eserciti. Durante gli anni del suo califfato ci fu una crescita culturale ed economica, sia in agricoltura sia nel commercio, che fu favorito anche dalla disponibilità di tecniche di pagamento evolute, come la cambiale ed il pagamento differito. Il Califfato di Al Ma’mum rappresentò il periodo di massima fioritura culturale. L’Islam scoprì la filosofia e la scienza greca in seguito alle traduzioni promosse dal califfo che fondò a Bagdad nell’832 la “casa della sapienza” a cui collaborarono i più eminenti studiosi cristiani e musulmani. Per consentire agli scienziati arabi la verifica delle conoscenze astronomiche, mediche e fisiche che venivano apprese dalle opere tradotte, Al Ma’mum promosse anche la realizzazione di nuovi osservatori astronomici, di scuole mediche, di ospedali e di laboratori di chimica e fisica. Con gli Arabi è il vinto che andrà al vincitore; e potrà farlo solo servendo, come lui, Allah, leggendo, come lui, il Corano, imparando dunque la lingua, che è la lingua santa e al tempo stesso la lingua dei dominatori. Tra l’VIII e il IX secolo si resero indipendenti Marocco, Tunisia e Egitto. Questo smembramento causò l’infiltrazione dei turchi. Nel X secolo il califfato abbaside entrò definitivamente in crisi. TORNA L’IMPERO ARABO COMINCIA A DISGREGARSI. A partire dalla metà del IX secolo e durante il X secolo il califfato andò incontro ad una progressiva disgregazione e l’autorità dell’impero centrale divenne sempre più debole. Il proliferare degli uffici non fece altro che aumentare il potere dei visir, che cominciarono a formare clientele potentissime che minarono la compattezza interna dell’impero. Già nel corso del X secolo si era diviso in tre califfati indipendenti e rivali: i domini asiatici con capitale Baghdad; in Egitto, sulle coste settentrionali dell’Africa e nel Maghreb (Marocco e Algeria) s’impadronì del potere la dinastia dei Fatimide, che stabilì la capitale al Cairo; in Spagna governarono gli Omayyadi. L’emirato di Cordova, governato da un ramo superstite omayyade, in questo periodo consolidò la sua presenza in Andalusia e inaugurò una politica espansionistica sia ai danni dei cristiani del nord, sia dei berberi del Maghreb. TORNA GLI ARABI DI TUNISIA: GLI AGHLABITI. L'indebolimento e di scomposizione, per cause complesse, del Califfato arabo tra il IX ed il X secolo, vide il formarsi di piccoli stati indipendenti, che si staccarono del tutto dal tronco centrale, o che conservarono solo una formale dipendenza dal Califfato. Uno di questi fu lo stato della Tunisia, che era in mano alla Aghlabiti, una dinastia di emiri di origine araba che, tra i sec. IX e X. Fondatore di questo stato autonomo fu Ibrāhīm ibn al-Aghlab at-Tamīmī che, dopo aver raggiunto il controllo di gran parte del Maghreb centrale, nell’800 ricevette dal califfo abbàside i pieni poteri sull'intera regione (Tunisia e regioni limitrofe), che aveva come capitale Kairouan (al-Qayrawān). Gli Aghlabidi, o Aglabiti, rappresentarono la prima dinastia musulmana autonoma all'interno del califfato abbaside. Nell'827 gli Aghlabiti, spinti all'impresa da Eufemio da Messina ribelle all'Impero di Bisanzio, iniziarono la conquista della Sicilia. Dopo un iniziale successo, che dette loro il possesso di Mazara e di Palermo (831), dovettero impegnarsi duramente, costretti come furono ad affrontare, oltre alla resistenza locale, le spedizioni inviate da Bisanzio. Dalla Sicilia poi condussero scorrerie nell’Italia meridionale conquistando Taranto (838) e Bari (840), saccheggiarono Roma nell’846 e si portarono fino in Provenza (dove rimasero per circa un secolo). Nella battaglia navale di Ostia nell’849 però i saraceni furono sconfitti. Pur attraverso contrasti interni e ribellioni di capi locali, gli Aghlabiti mantennero fino alla metà del sec. IX una stabilità politica, estesero i loro domini territoriali e promossero lo sviluppo economico delle regioni da loro controllate attraverso la realizzazione di opere di pubblica utilità (ponti, cisterne, canali). Sul finire del IX e nei primi anni del sec. X il dominio degli Aghlabiti, indebolito da frequenti rivolte delle tribù berbere, venne attaccato dai seguaci di Abu ʽAbdullāh ash-Shīʽī, fautore della dottrina sciita fatimita; Kairouan, la capitale, cadde e l'intera regione fu conquistata (909). TORNA GLI AGHLABITI CONQUISTANO LA SICILIA. Nel 720, 727, 728, 730, 732, 752, 753 si successero le spedizioni arabe contro la Sicilia; interrotte per un certo periodo a causa delle sommosse civili in Africa. Nell'806 i Saraceni si impadronirono dell'isoletta di Pantelleria. Gli attacchi alla Sicilia ripresero nell'827 sotto l'emiro aghlabita Ziyadat Allah I che, approfittando di una rivolta contro l'imperatore bizantino, tentò un colpo di mano contro Siracusa. Una flotta araba partì da Sussa nell'827, ma i Bizantini condussero la guerra con decisione ed energia e una flotta bizantina costringe gli Arabi a togliere l'assedio a Siracusa. Per parte loro, i Musulmani ricevettero rinforzi dalla Spagna e, successivamente, dall'Africa. Nei mesi di agosto e settembre dell'831 si impadronirono di Palermo, dopo un assedio durato un anno, conquistandosi in tal modo una base difensiva in Sicilia. Malgrado questo scacco, continuò risoluta per mare e per terra la resistenza dei Bizantini, che tuttavia non riuscirono ad impedire ai Musulmani di impossessarsi nell'843 di Messina, con l'aiuto dei Napoletani. Nell'859 il centro della resistenza bizantina fu espugnato e Siracusa fu conquistata il 21 maggio dell'878 dopo un'eroica difesa. TORNA LA PENETRAZIONE TURCA. Il califfato abbaside ricevette il colpo di grazia nel corso dell’XI secolo, quando tribù di Turchi selgiuchidi, genti originarie delle steppe asiatiche, convertitesi all’Islam, penetrarono nell’impero e furono accolte nell’esercito come mercenari, acquisendo sempre maggiore potere al punto da proclamarsi nel 1055 protettori del califfato abbaside. La dinastia abbaside tuttavia mantenne formalmente il potere fino al 1258, anno in cui Bagdad fu espugnata dai Mongoli. Nel 1258, con la presa di Baghdad da parte dei Mongoli, ebbe termine il califfato e la storia musulmana divenne la storia di piccole (anche se talvolta importanti) dinastie. TORNA