il mondo arabo - benvenuto nella terra iblea

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I L M O N D O I S L A M I C O.
IL MONDO ARABO PRIMA DI MAOMETTO
LA MECCA E LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI
IL QUADRO RELIGIOSO
MAOMETTO E LA RIVELAZIONE
L’OPPOSIZIONE DEI RICCHI COMMERCIANTI
L’EGIRA E LA PREDICAZIONE A MEDINA
LA GUERRA SANTA
IL LIBRO SACRO: IL CORANO
GLI ATTI E I COMPORTAMENTI DEL PROFETA: LA SUNNA
L’INTERPRETAZIONE DEL CORANO E DELLA SUNNA: LA SHARIA
I CINQUE PILASTRI DELLA DOTTRINA ISLAMICA
COSA SIGNIFICA “JIHAD”
A MAOMETTO SUCCEDONO I QUATTRO CALIFFI “BEN
GUIDATI”
IL PRIMO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ABU BAKR
IL SECONDO CALIFFO “BEN GUIDATO”: OMAR IBN AL-KHATTÀB
IL TERZO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ‘OTHAMAN
IL QUARTO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ALÌ
SCIITI, SUNNITI E KHARIGITI
GLI OMAYYADI ED IL CALIFFATO EREDITARIO (661-750)
L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATI
LA FINE DELLA DINASTIA DEGLI OMAYYADI
LA DINASTIA DEGLI ABBÀSIDI (750 – 827)
GLI ABBÀSIDI E L’APOGEO DELLA CIVILTÀ ARABA
L’IMPERO ARABO COMINCIA A DISGREGARSI
GLI ARABI DI TUNISIA: GLI AGHLABITI
GLI AGHLABITI CONQUISTANO LA SICILIA
LA PENETRAZIONE TURCA
IL MONDO ARABO PRIMA DI MAOMETTO.
L’Arabia preislamica era divisa in due zone.
Una zona fertile e ricca d’acqua, con un’intensa vita urbana e commerciale. Questa
area geografica comprendeva la parte meridionale della penisola arabica: lo Yemen e
a nord ai confini con la
Siria. Si trattava di terre
fertili e ricche di acqua,
grazie soprattutto alle
piogge monsoniche ed
evoluti sistemi di
irrigazione. Qui vivevano
popolazioni sedentarie,
che trafficavano con
l’India, la Birmania,
l’Africa orientale e le
regioni mediterranee e
mesopotamiche attraverso
rotte marittime da tempo
conosciute.
L’organizzazione politica
era di tipo monarchico e l’influenza persiana era molto forte.
Un’enorme zona desertica, solcata dai
Beduini, bellicose tribù nomadi che
vivevano di allevamento commercio
carovaniero e razzie. I Beduini mettevano
in comunicazione questi villaggi
trasportando merci dall’Arabia
meridionale verso la Siria e la
Mesopotamia ed in senso inverso. In
questo modo stabilivano rapporti di vitale
importanza con i sedentari, ai quali
potevano offrire prodotti introvabili sul
posto, ricevendone in cambio pagamenti,
assistenza e rifornimenti prima di riprendere il viaggio. Durante i loro spostamenti i
nomadi si abbandonavano spesso alle razzie, facilitati dal fatto che mancava
un’autorità incaricata a far rispettare l’ordine e dalla mancanza di coesione sociale e
politica fra le tribù sparse nella penisola. Considerati gli Arabi autoctoni, erano
organizzati in comunità rinsaldate da vincoli di famiglia e di appartenenza alla tribù. In
ogni tribù i membri parlavano la stessa lingua, erano considerati uguali fra di loro, si
riconoscevano nella guida di un capo eletto, assistito da un consiglio e la proprietà
privata era quasi inesistente, in quanto tanto gli animali quanto i pascoli erano
considerati beni collettivi. TORNA.
LA MECCA E LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI.
Nelle regioni interne attraversate dalle piste carovaniere più battute sorsero i primi
nuclei di città mercantili: tra queste vi era La Mecca, il principale centro economico,
commerciale e religioso dell’Arabia.
La città aveva la vocazione di centro
commerciale di ogni tipo di merci, gli
abitanti traevano profitto dal fatto
che i numerosi mercanti avevano la
consuetudine di far sosta proprio in
questa città per vendere le loro
merci, acquistarne delle altre e fare
provvista d’acqua. La fonte Zemzen
fin dai tempi antichi era considerata
sacra in quanto unica provvidenziale
dispensatrice di acqua in una zona
tutta arida.
Inoltre era sede del Santuario della
Ka’ba, meta di pellegrinaggi.
LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI.
Chi deteneva il controllo di questo
immenso traffico era la tribù dei
Qurayshiti, la futura casta
dominante per “sangue di Profeta”
che contavano all'incirca 5.000
componenti, suddivisa in singoli gruppi familiari o clan. Quando altre tribù
rivaleggiavano con i Qurayshitii, i potenti capi clan cercavano, con una accorta politica
di matrimoni, di legare ai propri interessi i concorrenti. Operando in questo modo,
avevano creato una lobby, un vero e proprio monopolio delle attività commerciali.
I Qurayshiti, che rappresentavano la maggioranza, avevano in mano tutti i poteri:
politico, economico e anche religioso.
Quindi i Qurayshiti non operavano solo nella sfera del commercio, ma avevano sotto il
diretto controllo l'intera sfera religiosa; i forestieri dovevano pagare l'acqua in
contanti, inoltre, se volevano implorare le divinità per la loro felicità, dovevano
acquistare ogni cosa dai vari punti vendita dei Qurayshiti, come i ricordini e la
paccottiglia nelle bancarelle vendute ai pellegrini, e in più avevano in mano quello che
oggi si chiamerebbe “l'indotto”, le locande, i ristoranti, e altri negozi, che davano
lavoro a migliaia di loro dipendenti. Con la somma di tutte queste attività i
Qurayshiti avevano accumulato enormi ricchezze. TORNA
IL QUADRO RELIGIOSO.
Prima di Maometto quindi la penisola araba era abitata da tribù di beduini nomadi,
divise in clan patriarcali e spesso in lotta tra loro, e da comunità di mercanti delle
città carovaniere. Non esisteva neppure un’unica fede: le credenze religiose erano
ancorate a forme politeistiche e si riteneva che il mondo naturale fosse abitato da
divinità celesti e da
spiriti racchiusi in
animali, in alberi, o in
pietre. Il numero di
queste divinità era
altissimo e variava da
villaggio a villaggio:
alcune di esse però
assunsero una
particolare
importanza e
soprattutto si
distinse Allah,
considerato il Dio
creatore di ogni
cosa. Nelle città dove si custodivano oggetti sacri furono costruiti santuari che
divennero meta di pellegrinaggi e all’interno dei quali si svolgevano cerimonie e
processioni. In comune le tribù avevano il culto per la pietra nera, un meteorite che
era custodito alla Mecca in un tempio a forma di cubo. Ogni anno si sospendevano
guerre e rivalità per il periodo in cui si svolgeva il pellegrinaggio in questo luogo.
LA KA’BA.
I simulacri di alcuni di questi dei erano esposti nel vecchio
santuario de La Mecca chiamata la Ka'ba. Era questo un
edificio simile ad un cubo venerato dagli Arabi fin
dall’antichità e considerato “La casa di Dio”, dove il divino
entra in contatto con il mondo terreno. Secondo la
tradizione era stato edificato da Adamo dopo la cacciata
dal paradiso terrestre e poi distrutto dal diluvio universale,
quindi ricostruito da Abramo. All’interno del santuario vi si
trova una pietra sulla quale si sarebbe riposato Abramo e la
famosa “pietra nera” che i musulmani (dall’arabo “muslim”
cioè sottomessi, sono gli aderenti alla religione islamica)
dicono sia stata portata dall’arcangelo Gabriele. TORNA
MAOMETTO E LA RIVELAZIONE.
Il flusso di pellegrini arricchiva quindi i mercanti della Mecca, dove intorno al 570 d.C.
da una famiglia di commercianti, considerati di livello medio basso, nacque Maometto,
che da mercante visse in
quest’ambiente sino a
quarant’anni, epoca alla quale
iniziò la sua predicazione.
Una notte nel 610 gli apparve
l’arcangelo Gabriele, che gli
rivelò che era stato mandato
da Allah, unico vero Dio, e gli
comandò di divulgare, pregare e
recitare la parola divina cioè il
“Qur’an” il Corano, la
“recitazione.
Incoraggiato dalla moglie
Khadigia (ricca vedova che aveva sposato all’età di 25 anni) e dalla sua famiglia, tre
anni dopo Maometto, all’età di 40 anni, decise di intraprendere la predicazione.
Maometto sostenne la validità di un culto monoteistico e cominciò così a
propagare l’adorazione di Allah come unico Dio e a fare “atto di sottomissione” alla
sua autorità. Egli inoltre annunciava il “giudizio finale” in cui tutti gli uomini sarebbero
stati giudicati, per le loro azioni.
Maometto ebbe il merito di porre fine alle divisioni e di diffondere un nuovo
comune ideale, allo stesso tempo politico e religioso.
Predicava la generosità e l’aiuto dei poveri. Condannava alcune pratiche diffuse nella
società tribale, come il matrimonio tra consanguinei e l’infanticidio delle figlie
femmine. Il suo messaggio, che metteva sotto accusa le ingiustizie e l’insensibilità dei
ricchi, incontrò subito il favore dei ceti meno abbienti e degli schiavi. TORNA
L’OPPOSIZIONE DEI RICCHI COMMERCIANTI.
Ma se Maometto andava in giro dicendo che le dee e gli idoli erano fasulli, che i riti
erano bestemmie, che i sacrifici erano grotteschi, e che le preghiere erano una offesa
al vero Dio, quello che era ormai considerato uno "squilibrato provocatore", che
tuttavia riscuoteva credito, mise in allarme i Qurayshiti. L'oligarchia dei ricchi
commercianti e banchieri de La Mecca non tardò a percepire la natura rivoluzionaria
del messaggio (non dal punto di vista religioso ma economico) e lo considerarono da
allora come una minaccia ai
propri privilegi.
Vi era il pericolo che i
credenti nel rinunciare alla
vecchia fede, rinunciassero
all'acqua sacra, alla Kaaba,
ai sacrifici, ai pellegrinaggi,
e c'era anche il timore che
una volta ripudiate queste
cose, la stessa città
perdendo la consolidata
reputazione, avrebbe perso
anche tutti gli altri
commerci. Ecco perché furono i primi a indicarlo come un impostore, diffamatore della
fede dei padri, un pazzo che insultava gli dei, quegli stessi dei che avevano dispensato
bellezze e prosperità alla Mecca come in nessuna altra città. Fu per questo che il
Profeta e i suoi primi sostenitori, fino al 622, dovettero subire persecuzioni e
attentati. TORNA
L’EGIRA E LA PREDICAZIONE A MEDINA.
All’accrescersi delle persecuzioni, Maometto ed i suoi sostenitori (i Sahaba in lingua
araba ‫ )ال صحاب ة‬o Compagni, furono i primi seguaci del profeta) si misero in viaggio
verso la città-oasi di
Yathrib, (a 400 Km più a
nord) che doveva diventare
in seguito Madinat al-Nabi
(la città del Profeta) vale a
dire Medina. Questa
migrazione ebbe luogo
nell'anno 622 dell'era
cristiana e questa data fu
considerata l’inizio dell’era
islamica.
L'emigrazione o
allontanamento da La Mecca
a Medina fu chiamata egira
(dall’arabo higira).
Maometto non si presentò
ai suoi contemporanei come
un rivoluzionario, ma
semplicemente come un
profeta e richiamò
l’attenzione dei suoi
seguaci sulle problematiche
sociali, ma soprattutto
sulla difesa rigorosa di
alcuni principi religiosi, in primo luogo il monoteismo. La sua predicazione affermava
l’uguaglianza e la fratellanza degli uomini nell’obbedienza di Allah, e ciò gli permise di
conquistare numerosi seguaci. In questo senso l’islamismo si poneva accanto alle altre
due religioni monoteistiche e rivelate: l’ebraismo ed il cristianesimo e si richiamava ad
Abramo. Il suo potere a poco a poco si consolidò e si estese a tutta l’Arabia.
Maometto fu invitato a Medina dagli abitanti della città che presero il nome di Ansar
(coloro che l'hanno aiutato); gli emigrati meccani furono chiamati Muhadjirun (coloro
che hanno intrapreso l’egira o gli emigranti) e questi due gruppi riuniti formano quelli
che si chiamano gli Ashab (i Compagni del Profeta). TORNA
LA GUERRA SANTA.
A Medina Maometto si comportò come un capo non solo spirituale, ma anche politico e
militare. Egli cercò di dare coesione alla nuova comunità per renderla capace di
reggere agli attacchi
esterni e per far ciò
si divenne un profeta
armato. Nel 624
Maometto, con i suoi
seguaci, organizzò
una razzia contro una
grande carovana
proveniente dalla
Mecca, costituita da
più di 1.000 cammelli
e scortata da decine
di mercanti. Questa
razzia, che prenderà
il nome di “Battaglia
di Badr” fu considerata la prima grande vittoria del profeta, quella che ne accrebbe
enormemente il prestigio in tutto il mondo arabo. Da questo momento in poi, le razzie
o le guerre intraprese da Maometto prenderanno il nome di “guerra santa”.
Nella primavera del 625 i Meccani decisero di vendicare la sconfitta di Badr,
marciarono contro Medina sconfissero Maometto, che comunque riuscì a mantenere il
suo potere. Nel 627 i meccani attaccarono nuovamente, ma l’esercito fu sbaragliato
alla porte della città di Medina, grazie anche ad una improvvisa tempesta di sabbia.
Dopo la vittoria Maometto dovette fare i conti con i nemici interni, gli ebrei, che
avevano parteggiato per i Meccani e che non avevano mai accettato di convertirsi alla
predicazione di Maometto. E fu proprio in quell’occasione che Maometto decise che la
direzione della preghiera non sarebbe stata più Gerusalemme. Nel 630 Maometto
conquistò La Mecca ed eliminò il politeismo facendone il luogo santo dell’Islam, in
direzione del quale i fedeli avrebbero pregato nelle moschee.
L'islam (che letteralmente vuol dire “sottomissione a Dio”), non è solamente una
religione monoteista, ma deve essere inteso come un stile di vita completo che
ingloba tutti i campi dell'esistenza umana. Colui che dimostra di accettare
“l’islam” è detto “muslim” da cui deriva il termine musulmano. L'islam impone al
musulmano di conformare la propria condotta morale, i propri costumi, le tradizioni, i
modi di vivere, i rapporti e le relazioni con gli altri, in breve, tutte le sue parole e tutti
i suoi atti, esclusivamente e assolutamente alle esigenze della religione musulmana. Lo
Stato islamico non è uno Stato teocratico se si intende con tale termine uno
Stato governato dalla Chiesa, l’Islam non si costituì in una chiesa e non ha una
gerarchia ecclesiastica, né sacerdotale. È uno Stato teocentrico, se si intende
con ciò uno Stato governato dalla Legge di Dio.
TORNA
IL LIBRO SACRO: IL CORANO.
Il Corano, dall’arabo “Qur’an” (lettura, recitazione), è il libro sacro che contiene la
rilevazione che Dio fece al suo profeta.
Gli insegnamenti, prima appresi a memoria e
saltuariamente scritti, furono poi riuniti in un testo
unico ed ufficiale, redatto sotto il terzo califfo
Utham (644 – 656). Il termine “califfo” deriva
dall’arabo “khalifa” e vuol dire “successore”; era il
titolo che spettò originariamente ai primi successori
di Maometto.
Il libro è composto da 114 “sure” (capitoli) a loro volta divise in versetti di diversa
lunghezza e ordinate non secondo la cronologia della rivelazione, ma dalle più lunghe
alle più corte. C’è una sola
eccezione: il testo si apre con una
breve sura di 7 versetti, che
contiene la preghiera
fondamentale per i musulmani.
Il Corano è tradizionalmente
diviso in tre parti:
1. Ahkam, che contiene le
azioni che il fedele
musulmano compie in
ossequio ai propri
comandamenti religiosi. Gli Ahkam possono essere: obbligatori; raccomandati;
neutrali, né obbligatori né raccomandati; sconsigliati; proibiti.
2. Qisas, che comprende le storie e le leggende riguardanti soprattutto i profeti
precedenti Maometto.
3. Mawa’Iz, che elenca le esortazioni e gli ammonimenti che Maometto aveva
pronunciati su ispirazione di Allah, alcuni dei quali erano stati scritti da
Maometto quando era ancora in vita .
Il Corano quindi non è solo un testo religioso, poiché in esso è contenuto un
discorso su Dio, ma è anche un insieme di regole morali, un codice giuridico, una
serie di precetti relativamente alla vita quotidiana. Le prescrizioni legali che il
Corano ha formulato per definire questi costumi o per modificarli sono fatti per
durare quanto durano i costumi. Se questi scompaiono, gli statuti legali scompaiono con
loro. E se essi spariscono totalmente, non c’è niente che possa nuocere all’islam.
TORNA
GLI ATTI E I COMPORTAMENTI DEL PROFETA: LA SUNNA.
Sunna è un termine che significa, "consuetudine", "abitudine", "costume" e, in senso
lato, "codice di comportamento", ed è uno dei testi sacri dell'Islam.
La Sunna è il complesso delle regole di condotta derivate del Corano e dal
comportamento abituale di Maometto nelle varie circostanze
della vita, considerato esemplare dai musulmani ortodossi e
da loro assunto come modello da imitare rigidamente.
La Sunna è stata "codificata" alcuni secoli dopo la morte del
Profeta, in base ai racconti “ḥadīth” che sono stati tramandati
di bocca in bocca da soggetti "degni di fede", considerati quindi
come anelli della catena (silsila) di "garanti" della tradizione
islamica stessa. La collezione della totalità dei singoli ḥadīth
costituisce appunto la Sunna. Dopo il Corano, la Sunna
costituisce la seconda fonte della legge islamica e col testo
sacro costituisce la Sharīʿa. TORNA
L’INTERPRETAZIONE DEL CORANO E DELLA SUNNA: LA SHARIA.
Il Corano e la Sunna costituiscono quindi le fonti del diritto islamico. Ma il Corano e
la Sunna sono fonti piuttosto sintetiche; il Corano per esempio, in materia legale,
non contiene tutto il diritto islamico, solo poche Sure hanno ad oggetto vere e
proprie regole di diritto. Ecco allora che, a partire dalla morte del Profeta, si
scatenò un'opera interpretativa da parte dei sapienti, tesa ad estrarre dalle fonti
storiche tutte le regole giuridiche necessarie per la regolamentazione della
convivenza civile. I sapienti iniziarono a studiare il Corano e la Sunna, traendo
delle regole dettagliate. Tale operazione era legittimata da un famoso detto del
profeta, il quale si trovò ad affermare che, laddove la comunità dei sapienti musulmani
fosse d'accordo su una certa interpretazione, quell'interpretazione era sicuramente
corretta, poiché era impossibile che tutti i sapienti musulmani cadessero
contemporaneamente in errore. Ecco allora che accanto alle due fonti storiche
(Corano e Sunna), si affiancò una terza fonte del diritto: l'opera interpretativa dei
sapienti, cioè la “Sharīʿa”. Sono proprio queste interpretazioni, che costituiscono
quel sistema di leggi dinamiche che indicano al musulmano il percorso che egli deve
percorrere per arrivare a realizzarsi come credente praticante, secondo l’etica della
giurisprudenza islamica. La šarī‘a islamica si basa sulla religione; ora la religione
prescrive i buoni costumi, raccomanda le virtù, mira alla formazione della comunità
integra, virtuosa, e poiché la religione non ammette modifiche né sostituzioni, ciò
significa che la šarī‘a si dedica sempre alla salvaguardia della moralità con il massimo
rigore. Proteggere i costumi significa proteggere la salute, la dignità, i beni, il sangue;
significa salvaguardare la sicurezza e l’ordine. TORNA
I CINQUE PILASTRI DELLA DOTTRINA ISLAMICA.
I cinque pilastri dell'Islam (Arkān al-Islām) indicano i cinque obblighi fondamentali di
ogni musulmano, uomo o donna, in base alla legge religiosa (Sharīʿa) che il musulmano
devoto è tenuto a osservare, ritenendoli atti essenziali per compiacere Dio (Allah)
che li ha ordinati. Questi cinque precetti principali sono:
1. Professare il monoteismo (SHAHADA). La testimonianza di fede che consiste
nell’affermazione di due verità: “Non esiste altro Dio all’infuori di Allah e
Maometto è il suo profeta”.
2. Pregare (SALAH). La preghiera deve essere recitata 5 volte al giorno (all’alba,
al mezzogiorno, al pomeriggio, al tramonto del sole e all’inizio della notte) con il
capo rivolto alla Mecca dopo aver compiuto le rituali abluzioni di purificazione.
3. Pagare l’elemosina (ZAKA'H). L’elemosina è un dovere, un simbolo di ospitalità
e di generosità. Una parte dell’elemosina è lasciata alla volontà dell’individuo;
l’altra invece consiste in un prelievo fiscale, effettuato dallo stato.
4. Digiunare nel mese del Ramadam (SAWM). È il mese nel quale si pratica il
digiuno è, secondo il calendario musulmano, coincide con il nono mese
dell'anno e ha una durata di 29 o 30 giorni. In questo mese è proibito
mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali. La non osservanza di tale
pilastro condannerebbe il trasgressore allo stato di kāfir, colpevole cioè di
empietà massima.
5. Compiere almeno una volta nella vita il pellegrinaggio alla Mecca (HAJJ).
Il fedele recandosi alla Mecca dovrà vestire un abito bianco senza cuciture e
dovrà essersi tagliati i capelli e le unghie. Il punto d’incontro è la Kaaba.
TORNA
COSA SIGNIFICA JIHAD?
PRECISAZIONE: Il genere maschile si spiega col fatto che in arabo la parola è maschile,
mentre il femminile deriva dalla traduzione italiana "guerra santa" (traduzione un po'
impropria, perché il termine arabo ha vari significati oltre a quello militare).
Jihad deriva dalla radice araba J-H-D e può essere tradotto come "sforzo".
Tuttavia, tanto per avere un'idea della polisemia del termine, basti pensare che
questo presenta già differenze tra la sua definizione letterale e quella coranica. Per
definizione letterale Jihad significa lo sforzo necessario a raggiungere un obiettivo;
mentre per il Corano sta a significare il riferimento alla fatica e all'impegno,
interiore e materiale (riferimento al denaro), per la causa di Dio.
All'interno di quest'ultima interpretazione, inoltre, si possono ulteriormente
distinguere tre diversi significati:



Jihad come “lotta spirituale” al fine di vivere nel migliore dei modi la fede
islamica.
Jihad come “lotta per costruire una buona società musulmana”.
Jihad come “atto militare”, concesso però dalle sacre scritture islamiche del
Corano solo come difesa del popolo musulmano.
Come è facile intuire, in nessuna di queste definizioni rientra il concetto di 'Guerra
Santa' come in Occidente il Jihad è stato dipinto per anni, conflitto volto a
convertire tutto il mondo (gli infedeli) all'Islam attraverso la spada. Al contrario,
come già specificato, il Corano pone la difesa del popolo, della comunità e di ogni
musulmano come base fondamentale di ogni azione militare. In questo senso, infatti,
l'uso della forza è consentito per autodifesa, per proteggere la libertà dei musulmani
a praticare la loro fede, dall'oppressione e da eventuali tiranni, per punire un nemico
che rompe un giuramento e come risposta ad un torto subito.
Al contrario, invece, un'azione militare volta alla costrizione della conversione "non vi sia costrizione nella religione", recita il Corano nella seconda Sura, al versetto
256 -, alla conquista di altre nazioni per colonizzarle, alla conquista di uno o più
territori per avere un guadagno economico o alla prova di forza di un leader, non
può essere considerato, e non deve essere definito, Jihad.
DIFFERENZA TRA JIHAD MAGGIORE E JIHAD MINORE
Alla luce di tutto quanto scritto fin'ora, è necessario inserire un'ulteriore distinzione
all'interno dei significati di Jihad. Secondo alcune interpretazioni del Corano, che è
giusto ricordare sono tutt'oggi oggetto di dibattito, il Profeta Maometto ha definito
come 'maggiore' il Jihad spirituale, interiore. 'Minore', in questo senso, è invece
considerato il Jihad militare.
IL JIHAD MAGGIORE, altro non è, tenendo a mente la definizione di "lotta
spirituale al fine di vivere nel migliore dei modi la fede islamica", che la messa in
pratica dei cinque pilastri dell'Islam: recitare le preghiere (Namaz), effettuare il
digiuno durante il Ramadan (Sawm), praticare la testimonianza di fede (Shahada),
fare elemosina (Zakat) e compiere il pellegrinaggio verso La Mecca almeno una volta
nella vita (Hajj). Altre vie per compiere il Jihad maggiore, inoltre, possono essere lo
studio continuato dei testi sacri, fino ad impararli a memoria, il perdono di un torto,
partecipare attivamente alla comunità, smettere di fumare e così via.
Il JIHAD MINORE, è l'aspetto più militare e violento del significato di Jihad. In
questo senso è certamente una 'Guerra Santa', da non confondere però con la
definizione Occidentale di quest'ultima. A tal proposito, infatti, va considerato che ci
sono regole ben precise e difficilmente evadibili che regolano la Jihad offensiva:









Deve essere proclamata da un leader religioso
Deve essere sempre difensiva, quindi è la controparte a dover cominciare le
ostilità
Gli innocenti non devono essere uccisi
Prima di giungere al conflitto, ogni altra strada pacifica deve essere tentata;
Donne, bambini e anziani non devono essere feriti o uccisi
È vietato avvelenare i pozzi d'acqua (sorta di primitiva guerra chimica)
Le donne non devono essere violentate
Non devono essere recati danni alle proprietà altrui (case ecc)
I nemici devono essere trattati con giustizia.
TORNA
A MAOMETTO SUCCEDONO I QUATTRO CALIFFI “BEN GUIDATI”
Quando Maometto morì l’8 giugno del 632, era praticamente il padrone incontrastato
della quasi totalità dell'Arabia e niente lasciava intravedere il pericolo per l’unità
dell’impero che doveva manifestarsi fulmineo due anni più tardi (634). Il mondo
islamico attraversò un momento di grave crisi, scoppiarono discordie, spinte
autonomiste delle tribù e la lotta sempre più aspra per il potere.
Poiché Muhammad (Maometto) non aveva lasciato indicazioni su chi doveva assumere la
guida della comunità alla sua morte, si pensò di passare ad un “califfato elettivo” (per
califfo s’intende il successore del profeta dell’Islam sulla Terra).
TORNA
IL PRIMO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ABU BAKR (632 – 634).
Abu Bakr, uno dei primi compagni e seguaci del Profeta e padre
della moglie preferita di Maometto 'Aisha, fu il primo dei quattro
califfi “Ben Guidati”. Egli dovette immediatamente adoperarsi per
porre fine alla ribellione portata avanti da molte tribù le quali, una
volta morto il Profeta, si consideravano sciolti dai patti stretti con
lui. Costoro intendevano riprendere la loro libertà d'azione, e in
primo luogo non pagar più la decima (zakat) all'erario islamico. Erano
queste tribù beduine superficialmente islamizzate e desiderose di
sottrarsi alla tutela musulmana.
Durante il suo breve regno dal 632 al 634, Abu Bakr fece l’errore di emarginare i
parenti più stretti del profeta e soprattutto il cugino Alì, che poi nel 656
avrebbe poi preso il potere; ma ebbe il merito di capire che per alleggerire la
tensione interna, per impiegare quelle forze turbolente, e insieme forse per
riprendere un disegno di espansione di Maometto era necessario lanciare una
spedizione verso il nord oltre i limiti dell’Arabia, cioè in Iraq e Siria. Così nel 634 le
truppe bizantine poste a difesa della Siria furono pesantemente sconfitte. Ebbe così
inizio la grande espansione islamica. Abu Bakr morì nel 634 a 63 anni. TORNA
IL SECONDO CALIFFO “BEN GUIDATO”: OMAR IBN AL-KHATTÀB
Omar ibn al-Khattàb fu il fido e autorevole consigliere di Abu Bakr, colui che aveva
imposto la sua nomina a Califfo, e che Abu Bakr morendo designò a sua volta suo
erede. Questo secondo Califfo, Omar ibn al-Khattàb, nel
decennio del suo Califfato (634-44) diresse una serie di
importanti conquiste e pose insieme i fondamenti di quello che
doveva diventare il classico stato islamico dei primi secoli. Gli
Arabi strapparono ai Bizantini: la Siria (634 – 636), la Palestina
(nel 638 conquistò Gerusalemme) e ai Persiani la Mesopotamia
(637), l’Egitto (640 – 642). Con la conquista araba la Palestina,
già Terrasanta degli Ebrei e dei Cristiani, divenne anche uno
dei luoghi sacri della religione musulmana. Con Omar nacquero
nuove città, fu istituita un’amministrazione ed un’autorità
centrale, fu organizzato l’esercito e la magistratura. Furono questi gli anni in cui si
acuì la rivalità fra i Meccani (abitanti della Mecca), che avevano partecipato all’egira,
e i Medinesi (abitanti di Medina), che avevano offerto asilo a Maometto. TORNA
IL TERZO CALIFFO “BEN GUIDATO”: 'OTHMÀN
Omar assassinato nel 644, prima di morire nominò una commissione di sei autorevoli
Compagni che scegliesse nel proprio seno il successore. Questi fu il terzo califfo “Ben
guidato” ‘Othmàn (o ‘Uthman), (644 - 656), musulmano 'omàyyade mite e pio,
membro però di quella aristocrazia meccana che aveva così a lungo resistito a
Maometto. E a questa aristocrazia egli si appoggiò durante il suo Califfato (644-56),
affidando posti di comando e arricchimento ai suoi parenti, irritando e scandalizzando
l'ambiente dei vecchi Compagni e dei devoti che vedevano nella fortuna degli
Omàyyadi quasi una rivincita del debellato paganesimo.
Con lui si ebbe un’ulteriore espansione territoriale, furono
conquistate: la costa settentrionale dell’Africa fino a
Tripoli (647) e fu sottomesso definitivamente l’impero
persiano (651). L'Africa settentrionale occupava una
posizione chiave nel mondo musulmano sul piano politico ed
economico. Fu dall’Egitto che venne lanciata la conquista
del Magreb e del Marocco, e dal Magreb verrà lanciata la
conquista della Spagna e della Sicilia. Parimenti dall’Egitto
e dal Magreb si inizierà la conquista di tutta l’area che si
estende sino alla fascia sub-sahariana che perverrà ad
influenzare in maniera notevolissima le società africane
preesistenti.
Othman venne assassinato nel 656 e la sua morte aprì una grave crisi politica e
religiosa che sfociò in sanguinose guerre civili interne al mondo arabo. TORNA
IL QUARTO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ALÌ IBN ABU TALIB
Dopo l’assassinio di ‘Othman i suoi avversari proclamarono come quarto califfo “Ben
Guidato” Alì, (656 – 659) cugino e genero di Maometto,
che 24 anni prima era già stato candidato alla
successione. Ma il clan degli Omayyadi, con a capo il
governatore della Siria Mu’awiya (o Mo’awiya), si
rifiutò di accettare Alì, accusato di essere alleato con
la fazione responsabile dell’uccisione di Othman, e
capeggiò la rivolta.
Alì fu costretto ad abbandonare Medina con i suoi
seguaci e a rifugiarsi in Iraq a Kufa, sulla riva destra
dell’Eufrate. Nel corso del conflitto, Alì accettò la
proposta dei suoi nemici di risolvere la contesa
mediante un arbitrato. Ma una parte dei suoi seguaci lo
abbandonò reputando inammissibile affidare al giudizio umano quanto deciso da Dio.
Questi dissidenti vennero chiamati “Kharigiti” e Alì venne ucciso proprio da uno di loro
nel 661. Dopo la morte di Alì i suoi seguaci si organizzarono nello schi’a Ali, “il partito
di Alì”, e provocarono una scissione. Finito il periodo dei califfi “Ben guidati”, si
scatenò la lotta per il potere. TORNA
SCIITI, SUNNITI E KHARIGITI.
Seguì un periodo di rivolte e di contrapposizioni per impossessarsi del potere, che
portarono alla formazione di tre fazioni: sciiti, sunniti, kharigiti. Queste fazioni
ebbero visioni parzialmente diverse anche su questioni fondamentali. Riaffioravano le
rivalità esistenti fin dall’epoca
preislamica fra le tribù arabe, la
cui contrapposizione è fatta
risalire alle diversità culturale e
storica esistente fra gli Arabi di
origine meridionale o yemenita e
quelli di origine settentrionale. In
un momento così critico per la
sopravvivenza dello Stato islamico, e nonostante che il messaggio diffuso da
Maometto fosse proprio in nome dell’unità, dell’universalismo islamico e della
corrispondente eliminazione delle rivalità tribali, le loro reali o presunte origini
diverse ebbero il sopravvento e scatenarono una lotta civile fra i califfi ommayyadi
sostenuti dalle tribù del nord e i califfi meridionali.
Gli Sciiti, dall’arabo shi‘at ‘Ali «la fazione di ‘Ali», il cugino e genero di Maometto,
rappresentano una minoranza (10 – 15 %). Gli appartenenti a questo partito
sostengono che il legittimo sovrano dei musulmani deve appartenere alla stirpe di
Maometto e di Ali. Gli sciiti considerano infallibile l’imam, che, oltre ad essere il capo
spirituale, rappresenta anche il leader politico della comunità. La loro origine risale
alla morte del Profeta che, secondo gli sciiti, avrebbe designato come successore ‘Ali,
in quanto apparteneva alla sua stessa famiglia. Gli sciiti a loro volta si dividono in tre
nuclei principali: zayditi (grupo esiguo), ismailiti (gruppo minoritario) e imamiti (gruppo
maggioritario). Dominano in Iran, ed è maggioritario in Iraq, in Libano e in Bahrein.
I Sunniti, cioè le tribù della Mecca, sono gli ortodossi omayyade dell’islam e ne
costituiscono la maggioranza (80 - 85%). Assunsero tale nome sin dalla metà del 1°
secolo dell’egira, per affermare che essi soltanto erano i veri seguaci di Maometto. È
la corrente che si formò dopo la morte del profeta Muhammad e che appoggiarono la
nomina a califfo di Abu Bakr. Il loro nome deriva da Sunna, la tradizione dei detti di
Maometto, a cui i musulmani si ispirano insieme al Corano. La prima caratteristica dei
sunniti fu il riconoscimento della piena legittimità dei quattro primi califfi elettivi.
Per i sunniti c’è invece una distinzione tra l’autorità civile (che ha potere esecutivo e
deve applicare la shari’a  la legge islamica) e quella religiosa, a cui spettano
l’interpretazione dei testi sacri e la funzione di guida in materia di fede.
I Kharigiti, cioè gli uscenti, sono i seguaci della setta islamica sorta nel 657 d.C. in
seguito al dissenso scoppiato tra gli sciiti. Costoro sostenevano il principio radicale
secondo il quale qualsiasi fedele può ricoprire la carica di califfo. Ebbero parte
importante nella storia politica e religiosa dell’islamismo, sia con le loro ribellioni
sanguinose sotto gli Omayyadi e i primi Abbasidi, sia con lo svolgimento delle loro idee
teologiche, che esercitarono un notevole influsso sullo sviluppo dogmatico. Divisi in
varie diramazioni, alcune con tendenze estremiste, altre più moderate, costituirono
anche formazioni politiche importanti (nell’Africa settentrionale nel 10° sec.
nell’Arabia orientale, nell’Africa oriente). I Kharigiti inseriscono anche un sesto
pilastro, lo sforzo interiore ossia il Jihad, parola araba che letteralmente significa”
sforzo a fornire il meglio delle proprie capacità” e che comunemente viene tradotto
con il termine di “guerra santa”.
TORNA
GLI OMAYYADI ED IL CALIFFATO EREDITARIO (661-750).
Iniziò così una nuova fase della storia dell’Islam, quella del califfato ereditario o
dinastico, che resterà nelle mani della potente famiglia degli Omayyadi (Sunniti) per
circa 90 anni (dal 661 al 750). Costoro edificarono una delle maggiori potenze che la
storia abbia mai
conosciuto e
l’Islam riprese la
sua prorompente
espansione.
Questa dinastia
era l’espressione
dell’aristocrazia
mercantile della
Mecca.
Nel periodo di
massima
estensione,
arrivò a coprire
più di cinque
milioni di
chilometri
quadrati, formando uno dei più grandi imperi mai sorti e il settimo più grande
impero contiguo di sempre. Il primo califfo della dinastia degli Omayyadi Yazid ibn
Mu'àwiya nel 661 spostò la capitale a Damasco in Siria e con lui ed i suoi successori
l'espansione araba riprese in più direzioni, e l'impero arabo conobbe un nuovo lungo
periodo di splendore. Egli trasformò il Califfato da elettivo quale era stato fino
allora in ereditario.
Abd Al Malik ibn Marwān, considerato il fondatore dello Stato arabo, fu il terzo
califfo della dinastia omayyade del ramo marwanide e governò il califfato dal 705 al
715. Egli riuscì a riprendere il controllo della
situazione e a far convivere alla sua corte diversi
gruppi etnici. Dedicò i suoi sforzi all’organizzazione
del califfato, dando il via ad una serie di riforme
amministrative. Con lui furono occupati: l’Asia
centrale e l’India (685-705), Costantinopoli, Africa
e Spagna (con il condottiero berbero Tarik 705715). Valicati i Pirenei gli arabi comparvero nella
pianura di Tolosa, ma Carlo Martello, nonno di Carlo
Magno, riuscì a fermarli a Poitiers nel 733. Abd Al
Malik ibn Marwān fece coniare monete e impose
l’arabo come lingua ufficiale nell’amministrazione in
quanto, fino a quell’epoca, le lingue locali: aramaico, siriaco, greche, copto, pehlevi,
erano utilizzate nell’amministrazione e nella vita civile. L’arabizzazione, cioè la
diffusione della lingua araba, mediata dalla religione islamica (islamizzazione) fu un
aspetto importantissimo per la vita culturale di tutto il territorio del califfato.
L’arabo divenne la principale lingua amministrativa, letteraria e scientifica su
un’area vastissima sovracontinentale. Tale fenomeno, fece si che ancor oggi le
popolazioni musulmane, dall’Indo sino alla costa atlantica centro africana, sono in
grado di comprendersi. Fu questo un atto politico determinante, in quanto accelerò il
processo di arabizzazione, che comunque avvenne in tempi e modalità diverse fra i vari
territori.
Alla base di questa immensa espansione giocarono diversi fattori:
L’entusiasmo religioso e la lingua araba che ne è il canale materiale di
trasmissione.
 Il sovrappopolamento delle comunità ebraiche e la necessità di dare sfogo

ad esso conquistando nuovi spazi.

Un’efficiente organizzazione militare.

Una grande flotta dotata di innovazioni tecniche.

L’uso del “fuoco greco”, prodigio bellico consistente nell’uso incendiario della
nafta.

Il logoramento dei due imperi confinanti con l'Arabia, il romano e il
persiano

La collaborazione delle popolazione assoggettate, stanche dell’oppressione
bizantina e persiana.
A circa 30 anni dalla morte di Maometto gli interessi dei gruppi dirigenti si erano
spostati verso i territori conquistati, in particola modo verso le zone nordorientali
della penisola
araba, per cui
la regione che
era stata la
culla dell’Islam
perse la
posizione
primaria in
campo politico,
pur
conservando
centralità
religiosa ed
importanza
commerciale.
Molto presto
l'Oceano Indiano fu integrato alla fiorente rete commerciale che i musulmani
svilupparono progressivamente con la Cina, l'Indonesia, l'India e la costa dell'Africa
orientale.
Assieme alle merci trasportate per terra o per mare circolavano un buono numero di
idee, di concetti e di innovazioni tecnologiche e scientifiche. Per fare un solo
esempio, la carta fu uno dei primi prodotti importanti trasferiti dalla Cina
all'Europa, passando dai territori musulmani. Parimenti in matematica, la
numerazione decimale inventata in India fu adottata dagli arabi fin dall’VIII° secolo
ed essi chiamavano cifre indiane ciò che noi chiamiamo cifre arabe; solo verso metà
del X° secolo il mondo occidentale conoscerà questo sistema di notazione. L'adozione
della numerazione decimale grazie ai musulmani rese possibile lo sviluppo dell'algebra,
questa sì da essi elaborata nei suoi sviluppi essenziali, che divenne la base senza la
quale la matematica e le scienze naturali moderne non avrebbero potuto svilupparsi.
TORNA
L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATI.
Gli Arabi si trovarono così a governare popolazioni molto più numerose di loro e che
non erano né arabe, né musulmane. Questi popoli erano assoggettati al pagamento di
una tassa individuale (djizya), versata all’erario, e dal momento che l'avevano assolta,
erano protetti (dhimmi), senza per questo essere costretti a rinunciare alla propria
religione. Nei territori conquistati, organizzati in province, governati da emiri, i
Musulmani esercitarono il dominio in forme moderate. Ma un così vasto impero,
formato da popolazioni diverse, con tradizioni diverse non poteva rimanere statico, fu
così inevitabile che con il passare del tempo le popolazioni dei territori sottoposti al
dominio musulmano si ritrovarono divise in tre categorie fondamentali:
 I Musulmani d’Arabia, cioè i Musulmani d’origine, gli unici che avessero il
diritto di militare nell’esercito. Essi costituivano una sorta di aristocrazia,
composta da grandi proprietari, funzionari e giudici.

I nuovi Musulmani, cioè tutti coloro che si erano convertiti di recente
all’Islam. Costoro non potevano militare nell’esercito e di conseguenza non
potevano godere dei proventi provenienti dalle conquiste. Gestivano la maggior
parte delle attività commerciali ed artigianali e avevano incarichi di
responsabilità nell’amministrazione.

I sudditi non Musulmani, la maggior parte dei quali viveva nelle campagne
spesso al servizio dei proprietari musulmani. TORNA
LA FINE DELLA DINASTIA DEGLI OMAYYADI.
Le riforme attuate non furono sufficienti a placare il rancore contro
gli Omayyadi. Gli Arabi integralisti, nel 747 guidati da Abu Al Abbas,
zio di Maometto si ribellarono. Nel 749 i ribelli entrarono a Kufae e
nel 750 sconfissero l’ultimo califfo omayyade Marwan II (744 –
750), conquistando così il Califfato. Alla strage sopravvisse Abd Al
Rahman, che riuscì a salvarsi attraversando lo stretto di Gibilterra e
a giungere in Spagna. Stabilito il potere in al-Andalus, fondò l’Emirato
degli Omayyadi di Cordoba nel 755. È interessante notare che
l’espansione dell’islam nel Mediterraneo, molto rapida sulle coste africane, si
prolungherà per oltre un secolo su quelle europee secondo tre direttrici principali: a)
ad occidente a partire dalla Spagna; b) in centro utilizzando il Mediterraneo (sul
quale ha costruito fortificate basi navali ed una possente flotta in grado di competere
con quelle bizantina) e la penisola italica; c) ad oriente tentando la conquista di
Bisanzio. TORNA
LA DINASTIA DEGLI ABBÀSIDI (750 - 1258)
Fu così che, nel 750, si impose la seconda grande dinastia della storia musulmana,
quella degli Abbàsidi, di origine persiana, che detenne il potere sino al 1258 (anno in
cui Baghdad venne occupata dai Mongoli). Poiché il territorio era troppo grande per
essere controllato il potere venne sempre più affidato a piccole dinastie di principi (gli
emiri) che, pur dipendendo sempre dal potere centrale, guadagnavano una maggior
indipendenza. Gli Abbàsidi oltre a distruggere la famiglia regnante, perseguirono, nei
loro confronti, anche una sistematica politica denigratoria, tanto da riuscire, nella
maggior parte dei casi, a costruire e trasmettere un’immagine negativa dei loro
avversari. Gli Arabi persero progressivamente la loro posizione privilegiata rispetto
agli altri popoli e nell’impero emersero i musulmani di origine non araba, come Persiani,
Turchi, Curdi e Spagnoli che costituirono con gli Arabi la nuova classe dirigente. Con
gli Abbàsidi terminò l’epoca delle grandi conquiste territoriali e nel 762 la capitale
fu spostata da Damasco, in Siria, a Baghdad in Iraq, a metà strada fra il
Mediterraneo ed il Golfo Persico in un punto chiave per sfruttare i commerci
internazionali. L’Islam si trasferì così nel cuore della Mesopotamia, crogiolo delle
culture mediterranee e di quelle orientali. Con questa decisione il Mediterraneo cessò
di essere il baricentro economico e politico dell’Islam e la penisola arabica, culla
dell’Islam, subì una lenta ma progressiva perdita d’importanza, si disarabizzò cercando
nell'antico Oriente, prima in
quello iranico poi quello turco, i
suoi modelli politici, culturali e
sociali. Gli Abbasidi ridussero
drasticamente il potere dei ceti
dirigenti arabi, coinvolgendo
nell’amministrazione dell’impero
funzionari di origine persiana, che
portavano con sé il bagaglio di
competenze e di specializzazione
amministrative acquisito sotto la
dinastia sassanide. Gli Abbàsidi
affidarono il governo delle regioni occidentali a governatori politici e militari,
chiamati emiri, che di fatto si comportarono come dei sovrani autonomi. L’impero
islamico diventò così una compagine multietnica e cosmopolita con caratteri
sempre più orientali e cerimoniali di corte di incredibile fasto. I sovrani della
nuova dinastia erano allo stesso tempo capi politici e Imam, cioè guide spirituali e
difesero in modo intransigente l’ortodossia sunnita. Anche l’esercito venne
riorganizzato e gradualmente divenne multietnico e mercenario. Ciò costituì, alla lunga,
un pericolo per lo stesso potere del califfo, in quanto i capi militari divennero sempre
più potenti ed autonomi. TORNA
GLI ABBÀSIDI E L’APOGEO DELLA CIVILTÀ ARABA.
Il vero capostipite della dinastia Abbàsidi fu Al-Mansur (754 – 775), che fondò la
città di Bagdad. Ma l’età d’oro di questo Califfato coincise con Al Mahadi (775 – 785),
Harun Al Rashid (788 – 809) e con Al Ma’mum (813 – 833), califfi di grande
personalità e prestigio.
Con i califfi Al-Mansur e Al Mahadi, la figura del califfo assunse i tratti
caratteristici di un monarca orientale, e si circondò di una corte numerosissima .
Essi inoltre rafforzarono il potere centrale mediante la creazione di un rigido
apparato burocratico controllato dal “Wazir”, o visir, che presiedeva un consiglio di cui
facevano parte i capi dei vari ministeri, quella di berid, capo della polizia segreta,
quella di Qadi, giudice supremo. L’impero venne diviso in province soggette a
governatori che rispondevano del loro operato al visir, ma che operarono con sempre
maggiore indipendenza con l’andare del tempo.
Con Harum Al Rashid (figura accanto) il califfato abbàside segna il
punto più alto. Fu ammirato da tutto l’occidente per la ricchezza
ed il fasto della sua corte, ma fu anche molto temuto per la
potenza dei suoi eserciti. Durante gli anni del suo califfato ci fu
una crescita culturale ed economica, sia in agricoltura sia nel
commercio, che fu favorito anche dalla disponibilità di tecniche di
pagamento evolute, come la cambiale ed il pagamento differito.
Il Califfato di Al Ma’mum rappresentò il periodo di massima
fioritura culturale. L’Islam scoprì la filosofia e la scienza greca in
seguito alle traduzioni promosse dal califfo che fondò a Bagdad nell’832 la “casa della
sapienza” a cui collaborarono i più eminenti studiosi
cristiani e musulmani. Per consentire agli scienziati arabi
la verifica delle conoscenze astronomiche, mediche e
fisiche che venivano apprese dalle opere tradotte, Al
Ma’mum promosse anche la realizzazione di nuovi
osservatori astronomici, di scuole mediche, di ospedali e
di laboratori di chimica e fisica. Con gli Arabi è il vinto
che andrà al vincitore; e potrà farlo solo servendo, come lui, Allah, leggendo, come lui,
il Corano, imparando dunque la lingua, che è la lingua santa e al tempo stesso la lingua
dei dominatori. Tra l’VIII e il IX secolo si resero indipendenti Marocco, Tunisia e
Egitto. Questo smembramento causò l’infiltrazione dei turchi. Nel X secolo il califfato
abbaside entrò definitivamente in crisi.
TORNA
L’IMPERO ARABO COMINCIA A DISGREGARSI.
A partire dalla metà del IX secolo e durante il X secolo il califfato andò incontro ad
una progressiva disgregazione e l’autorità dell’impero centrale divenne sempre più
debole. Il proliferare degli uffici non fece altro che aumentare il potere dei visir, che
cominciarono a formare clientele potentissime che minarono la compattezza interna
dell’impero. Già nel corso del X secolo si era diviso in tre califfati indipendenti e
rivali: i domini asiatici con capitale Baghdad; in Egitto, sulle coste settentrionali
dell’Africa e nel Maghreb (Marocco e Algeria) s’impadronì del potere la dinastia
dei Fatimide, che stabilì la capitale al Cairo; in Spagna governarono gli Omayyadi.
L’emirato di Cordova, governato da un ramo superstite omayyade, in questo periodo
consolidò la sua presenza in Andalusia e inaugurò una politica espansionistica sia ai
danni dei cristiani del nord, sia dei berberi del Maghreb.
TORNA
GLI ARABI DI TUNISIA: GLI AGHLABITI.
L'indebolimento e di scomposizione, per cause complesse, del Califfato arabo tra il IX
ed il X secolo, vide il formarsi di piccoli stati indipendenti, che si staccarono del tutto
dal tronco centrale, o che conservarono solo una formale dipendenza dal Califfato.
Uno di questi fu lo stato della Tunisia, che era in mano alla Aghlabiti, una dinastia di
emiri di origine araba che, tra i sec. IX e X. Fondatore di questo stato autonomo fu
Ibrāhīm ibn al-Aghlab at-Tamīmī che, dopo aver raggiunto il controllo di gran parte
del Maghreb centrale, nell’800 ricevette dal califfo abbàside i pieni poteri sull'intera
regione (Tunisia e regioni limitrofe), che aveva come capitale Kairouan (al-Qayrawān).
Gli Aghlabidi, o Aglabiti, rappresentarono la prima dinastia musulmana autonoma
all'interno del califfato abbaside.
Nell'827 gli Aghlabiti, spinti all'impresa da Eufemio da Messina ribelle all'Impero di
Bisanzio,
iniziarono la
conquista della
Sicilia. Dopo un
iniziale
successo, che
dette loro il
possesso di
Mazara e di
Palermo (831),
dovettero
impegnarsi
duramente,
costretti come
furono ad
affrontare,
oltre alla resistenza locale, le spedizioni inviate da Bisanzio. Dalla Sicilia poi
condussero scorrerie nell’Italia meridionale conquistando Taranto (838) e Bari (840),
saccheggiarono Roma nell’846 e si portarono fino in Provenza (dove rimasero per circa
un secolo). Nella battaglia navale di Ostia nell’849 però i saraceni furono sconfitti. Pur
attraverso contrasti interni e ribellioni di capi locali, gli Aghlabiti mantennero fino alla
metà del sec. IX una stabilità politica, estesero i loro domini territoriali e promossero
lo sviluppo economico delle regioni da loro controllate attraverso la realizzazione di
opere di pubblica utilità (ponti, cisterne, canali). Sul finire del IX e nei primi anni del
sec. X il dominio degli Aghlabiti, indebolito da frequenti rivolte delle tribù berbere,
venne attaccato dai seguaci di Abu ʽAbdullāh ash-Shīʽī, fautore della dottrina sciita
fatimita; Kairouan, la capitale, cadde e l'intera regione fu conquistata (909).
TORNA
GLI AGHLABITI CONQUISTANO LA SICILIA.
Nel 720, 727, 728, 730, 732, 752, 753 si successero le spedizioni arabe contro la
Sicilia; interrotte per un certo periodo a causa delle sommosse civili in Africa.
Nell'806 i Saraceni si impadronirono dell'isoletta di Pantelleria. Gli attacchi alla
Sicilia ripresero nell'827 sotto l'emiro aghlabita Ziyadat Allah I che, approfittando di
una rivolta contro l'imperatore bizantino, tentò un colpo di mano contro Siracusa. Una
flotta araba partì da Sussa nell'827, ma i Bizantini condussero la guerra con decisione
ed energia e una flotta bizantina costringe gli Arabi a togliere l'assedio a Siracusa.
Per parte loro, i Musulmani ricevettero rinforzi dalla Spagna e, successivamente,
dall'Africa. Nei mesi di agosto e settembre dell'831 si impadronirono di Palermo, dopo
un assedio durato un anno, conquistandosi in tal modo una base difensiva in Sicilia.
Malgrado questo scacco, continuò risoluta per mare e per terra la resistenza dei
Bizantini, che tuttavia non riuscirono ad impedire ai Musulmani di impossessarsi
nell'843 di Messina, con l'aiuto dei Napoletani. Nell'859 il centro della resistenza
bizantina fu espugnato e Siracusa fu conquistata il 21 maggio dell'878 dopo un'eroica
difesa. TORNA
LA PENETRAZIONE TURCA.
Il califfato abbaside ricevette il colpo di grazia nel corso dell’XI secolo, quando tribù
di Turchi selgiuchidi, genti originarie delle steppe asiatiche, convertitesi all’Islam,
penetrarono nell’impero e furono accolte nell’esercito come mercenari, acquisendo
sempre
maggiore
potere al
punto da
proclamarsi
nel 1055
protettori
del califfato
abbaside. La
dinastia
abbaside
tuttavia
mantenne
formalmente il potere fino al 1258, anno in cui Bagdad fu espugnata dai Mongoli. Nel
1258, con la presa di Baghdad da parte dei Mongoli, ebbe termine il califfato e la
storia musulmana divenne la storia di piccole (anche se talvolta importanti) dinastie.
TORNA
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