Nella terribile estate.

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Introduzione. Ad eccezione di altri, nessun gruppo ha mai celebrato così felicemente l'oscurità
così come hanno fatto i Doors. Molte delle più grandi band di rock'n'roll sembrarono sfiorarla, in
qualche momento della loro carriera, ma nessuna, al pari di loro, spese la sua intera esistenza
esplorando il crepuscolo (“the other side”) e raccontando di ciò che vi aveva trovato in termini così
efficaci e stupefacenti... Anche perché nessun'altra band poté disporre di un padrone di casa così
splendidamente malvagio per introdurci all'inferno.
Jim Morrison era, probabilmente, uno degli “Angeli Caduti”, qualcuno che aveva rinunciato al
Paradiso per poter soddisfare la sua curiosità riguardo a quant'altro ci fosse là fuori. Certo, anche
Mick Jagger amava interpretare questa parte, dimenando il sedere e mettendocela tutta, ma alla fine
di ogni suo spettacolo sapevi, in qualche modo, che era diretto verso qualche party di stelle del
cinema, miliardari e signore del jet set. Jim, invece, dopo ogni concerto, era probabilmente
destinato ad un ennesimo arresto.
Il suo atteggiamento richiedeva sempre una reazione: le donne volevano scoparselo, i ragazzi
farne il loro idolo e gli uomini sfidarlo. Quali rock star, oggi, potrebbero essere considerate così
pericolose da giustificare l'interesse dell'FBI? Dopo Elvis Presley nessun'altra rock star è rimasta
così significativamente e sinistramente “viva” al pari di Morrison. Il suo cadavere venne riesumato
nei tardi anni Settanta, in seguito alla pubblicazione di una sensazionale biografia e alla nascita di
molti suoi imitatori, e da allora non ha mai riposato in pace. Nel 1991, per esempio, fu l'oggetto di
un discusso e controverso film diretto da Oliver Stone.
Ora, per non venir meno ad un rituale che sembra obbligatorio ed interminabile, anch’io,
dall’alto della mia curiosità, guidato da una sorta di misteriosa bramosia di verità, voglio fare
un’indagine. Approfondita o no, con questa ricerca voglio sfatare quel mito che regolarmente ha
impegnato le mie serate. Sì, è proprio così. Ogni qual volta ci ritroviamo, magari dopo cena, magari
con qualche birra sul tavolo (ed altre nel cestino dell’immondizia), io e Max passiamo delle ore a
discutere sulla possibile verità di Jim Morrison. Parliamo di morte sicura, di morte apparente, di
morte – truffa, di fuga e di qualsiasi altra realtà; ovviamente non traiamo mai delle conclusioni, vuoi
per un motivo (vedi il suddetto accenno alla birra) o per un altro, torniamo a casa col dubbio. Ad
ogni incontro però, sempre rigorosamente a tarda serata, riprendiamo il discorso, e parliamo,
parliamo, parliamo… alimentando sempre il mito.
Ora, con questa investigazione, vorrei mettere fine a quelle inutili discussioni e trovare, una
volta per tutte, un’uscita dal quel vicolo cieco in cui entriamo ogni notte. Voglio svelare l’oscuro
mistero che ci attanaglia e ci occupa la mente: Jim Morrison è realmente morto?
Per farlo, naturalmente, ho bisogno di documentarmi, cercare fra i libri, i siti internet, i testi
delle canzoni e in qualsiasi altro scritto che faccia riferimento a questo enigma.
Non so se riuscirò a trovare dei risultati soddisfacenti, mettere un punto sulla questione. Magari,
con un po’ di fortuna otterrò ciò che voglio; o magari questa sarà solo un’altra, inutile inchiesta
sulla morte del “Re Lucertola” e continuerò ad alimentarne ancora il mito.
Un’opinione su Jim Morrison. In questo mondo c’è troppa ipocrisia. I programmi scolastici
ministeriali, i valori spacciati in televisione, le precauzioni, la prevenzione, le ostilità, la buona
educazione, la modestia e il senso di colpa cattolici, la famiglia, gli avvocati, i legislatori e chi li
vota. Tutto un gran crogiuolo d’ipocriti, vuoti, informi, privi di un'identità, inconsapevoli di esserlo,
che forgiano altri esseri viventi affinché consapevoli non lo diventino e quindi non li smascherino
rivelando la loro assoluta inconsistenza.
Detestiamo chi spezza le consuetudini, chi mette in dubbio ciò che è ritenuto valido, a meno che
non sia già morto, meglio se da un bel pezzo, residente cioè in una lontananza che ci giustifica e ci
assolve. Ormai privo di una voce e di una fisicità che possano sfuggire al controllo; permettiamo
che si studi - mai che si ami - qualche contestatore e la sua opera, soffermandoci non già sulle spinte
interiori, sulle polemiche sociali, sulle rivoluzioni, le innovazioni, le guerre generazionali, la
radicalità di un pensiero storicamente nuovo, ma sulle scelte stilistiche, sulle eredità culturali di altri
personaggi del passato, sull'identificazione delle figure retoriche e simili banalità. Pur senza negare
l'importanza del significante, dal quale dipende la trasmissione del significato nel suo farsi
rappresentazione, io rivendico la centralità dell'emozione.
Nessun insegnante, fedele alle regole delle moderne metodologie didattiche, si scandalizza se
uno studente non comprende il valore artistico di una poesia, se non si innamora del poeta e non
prova passione per le sue passioni, purché sappia distinguere un endecasillabo da un sonetto e
ricordi esattamente le date e le definizioni. In questo contesto di umana e misera esigenza di
appiattimento e conformismo, non ci stupiamo se l'amore per la poesia o per la pittura nascano negli
adolescenti per vie misteriose, spontanee, non volute, non cercate, non indotte, non educate. Grandi
amori che non si devono agli “educatori” (insegnanti, famiglie) ma a qualche sconosciuta magia
dell'anima che si accende da sé, come un'autocombustione. Un vero peccato però che gli altri, la
maggioranza, vengano privati della bellezza e del piacere di amare l'arte. Almeno dell'opportunità,
giacché nessuno può instillarti una passione che non sia già in te, magari sopita e in attesa di essere
riscoperta. Un vero peccato che gli adolescenti, nel leggere Leopardi, Montale, Foscolo, Dante (e
chi più ne ha, più ne metta), non sentano montare dentro di sé un coinvolgimento profondo che si
trasforma in passione condivisa, pietà cioè, e amore e fervente ammirazione e desiderio di possesso
e rimpianto per quel poeta che i libri di scuola e gli insegnanti rendono solo come un freddo,
vecchio, distante erudito, magari un po' sfigato, uomo d'altri tempi. E' un vero peccato che sui libri
di scuola non si parli mai abbastanza chiaramente delle intuizioni e delle esperienze di vita che
furono veramente basilari per gli autori, e che trapelano dalle loro opere, quelle che li rendono così
vicini a noi, così simili, presi dalle stesse domande, dagli stessi dolori, dalle stesse passioni, che
descrissero in modo così pregnante da collocarsi al di fuori dal tempo, dalle categorie temporali di
“vecchio” e “moderno”.
Ed è un vero peccato che nei libri di scuola si sorvoli sulle esperienze più rivoluzionarie e
“violente”, più destabilizzanti, o che si liquidino banalizzandole, negandone così il loro valore e
significato eterno e quindi assimilabile dai giovani in quanto valido anche per se stessi. E, ancora, è
un vero peccato che per la stessa ragione si tengano accuratamente fuori dalle aule scolastiche artisti
ed autori contemporanei, troppo vicini a noi, al nostro tempo, al nostro costume, alle nostre regole
sociali e politiche, quindi troppo pericolosi.
E' il caso di Jim Morrison, che un fenomeno sociale come quello della mitizzazione delle
rockstar e l’arroganza di molti intellettuali benpensanti hanno tenuto lontano dalla categoria
“letteratura”, né hanno mai osato prenderlo seriamente in considerazione come poeta, e poeta di
talento, sulla scia di molti altri artisti “maledetti” riconosciuti, ma morti troppi anni fa per essere
avvertiti come minaccia. Mi riferisco in primo luogo a Rimbaud, che amò tanto da scrivere una
lettera appassionata ad un autorevole universitario americano che ne aveva curato la traduzione,
ringraziandolo per il suo lavoro. A distanza di anni da quell'evento e dalla morte del giovane Jim,
l'anziano universitario esperto di letterature confrontate, ha scritto un saggio molto affascinante
“Rimbaud e Jim Morrison. Il poeta come ribelle”. Quanto è lontana quest'immagine di Jim
Morrison da quella descritta dal film di Oliver Stone e dal tanto clamore fondato sulla ben nota ed
ormai logora trilogia “sesso, droga & rock and roll”!
La realtà è che nel 1968, l'allora venticinquenne Jim Morrison, nel pieno del suo successo,
quando le cronache raccontano solo le sbronze epiche, gli abusi di droghe e le avventure con le
ninfomani, è al contempo un fine lettore di poesia e letteratura francese, talmente inebriato dai versi
del poeta “maudit”, da sentire l'urgenza di scrivere all'illustre universitario (con la presunzione e la
sicurezza che solo un'artista consapevole delle proprie qualità può permettersi) per complimentarsi
con lui per il suo libro su Rimbaud. Questo è solo un aneddoto ed uno dei moltissimi elementi che
rivelano un Jim Morrison sconosciuto ai più: il grande poeta che egli sentiva di essere, al punto da
rinnegare, negli ultimi mesi di vita, quel ruolo di rockstar che il fato gli ha cucito addosso con la
complicità del suo ego e di un pubblico giovanile desideroso di trovare uno sfogo ed una
rappresentazione alla sua ansia di ribellione all’ipocrita società americana degli anni '60.
Jim Morrison era uno studente brillante, originale, un divoratore di libri, anche insoliti e
sconosciuti dai suoi stessi insegnanti, che lo adoravano per la sua intelligenza fuori dal comune e
per la passione che infondeva nello studio, uno studio non regolare, non costante, ma così vivace,
autenticamente vissuto, da indurre i professori a lasciarlo fare ed anzi, a confrontarsi con lui in
lunghi e sapienti dibattiti che spesso lasciavano a bocca aperta i compagni di classe, e questo sia
negli anni di liceo sia all'Università di Cinematografia dove si laureò.
Ma quel che conta non è tanto il suo quoziente intellettivo superiore alla media, bensì far
conoscere finalmente la sua vera natura, la sua grande cultura e la lucidità con la quale agiva i suoi
eccessi. Jim studiò Cinematografia all'Ucla di Los Angeles, insieme a personaggi che poi sarebbero
diventati grandi registi come Francis Ford Coppola. Realizzò anche qualche film che riscosse il
consenso della critica e più volte accarezzò l'idea di abbandonare i Doors per dedicarsi interamente
alla poesia, come avrebbe voluto la sua compagna Pamela, e al cinema.
“Mi interesso al cinema perché secondo me è, tra quelle esistenti, la forma d'arte più prossima al
reale flusso di coscienza, sia nella vita onirica sia nella percezione quotidiana del mondo” affermava Jim – “È una sorta di scultura umana. In un certo senso è come l'arte, poiché dà forma
all'energia, e in un altro senso è una sorta di consuetudine o ripetizione, uno schema ricorrente o una
sacra rappresentazione significante. Pervade ogni cosa. E' come un gioco”. Era affascinato dalle
“Vite parallele” di Plutarco, e per la propria immagine scelse di somigliare nientemeno che ad
Alessandro Magno. Jim amava il movimento artistico del Surrealismo e il ruolo che questo
riconosceva all'inconscio; amava i dipinti visionari di Bosch, adorava Kerouac, il cantore delle
strade americane e delle esistenze folli, disperate, vitali che le percorrevano, amava il teatro
rivoluzionario di Artaud, che prese a modello per le sue performance, più simili a quelle del "Living
Theater" piuttosto che ad un “semplice” concerto. Jim divorava Blake e Huxley, che furono così
importanti anche per il nome che diede al suo gruppo: The Doors. Blake scrisse, infatti: “Se le porte
della percezione venissero purificate, all'uomo tutto apparirebbe come realmente è, infinito”, che
ispirò anche il titolo di un interessante saggio di Aldous Huxley, “Le porte della percezione”, nel
quale analizzava e descriveva la visione della realtà sotto l'effetto della mescalina. Questa frase di
Blake venne poi erroneamente attribuita a Jim, come molte altre che in realtà appartengono ad altri
personaggi, da Martin Luther King a Madre Teresa di Calcutta fino a Marco Aurelio! Curioso che
in fondo Jim sia stato riconosciuto anche dagli ammiratori meno attenti, come una grande anima,
nonostante la sua immagine "maledetta".
Ma il fatto è che Jim non è l'unico artista maledetto, perché quindi la sua poesia e il suo talento
vengono così facilmente liquidati? Il mondo artistico è stato ed è attraversato da molte personalità
geniali, la cui sensibilità, la cui capacità di andare oltre causano eccessi, ricerca di esperienze
estreme, comportamenti “distruttivi” verso se stessi o verso l'ambiente sociale che vuole ingabbiarli
e frenare i loro slanci; ma nessuno ha il diritto di giudicarli o di sottovalutarli per queste
caratteristiche, che sono anche le chiavi segrete della loro creatività. Nessun critico d'arte potrebbe
oggi rigettare il valore di Van Gogh a causa delle sua “follia”, della sua convivenza con una
prostituta e dell'autolesionismo volto a punire il suo compagno artistico, Gauguin. Nessun critico
letterario potrebbe amare le poesie di Rimbaud rigettando però le sue vicende umane così
burrascose, la sua relazione omosessuale con Verlaine, i suoi viaggi avventurosi, la sua vita così
poco “rispettabile”. Così come nessuno potrebbe sottovalutare la filosofia di Nietzsche, a causa
della follia che lo colpì negli ultimi anni della sua vita. Perché i dipinti di Van Gogh, le poesie di
Rimbaud, la filosofia di Nietzsche, così come le canzoni ed i versi di Jim Morrison, sono frutto
delle loro personalità e delle loro esistenze così come sono state, nella loro interezza; ogni singolo
elemento ha contribuito a renderli quali sono stati e ciò che erano lo hanno profuso nelle loro opere.
Nessuno ha il diritto di amare l'opera e disprezzare l'artefice, e nessuno ha il diritto di ignorare
l'opera per un pregiudizio moralistico nei confronti dell'uomo.
Da sempre in alcune culture si ricorre all’uso di sostanze che causano degli stati alterati di
coscienza, analoghi a quello che yogi e asceti sperimentano naturalmente grazie all’addestramento
psicofisico e alla meditazione. In alcuni gruppi etnici del passato solo i grandi iniziati potevano
accedere all’uso di quelle sostanze, poiché non si trattava certamente di un gioco adolescenziale per
evadere dalla realtà, bensì di un modo per penetrarla più a fondo grazie al ricongiungimento con la
coscienza cosmica. Oggi, invece, l'uso delle droghe è associato di fatto solo al tentativo di evasione
dei giovani e per questo bollato come negativo, quindi da perseguire e scoraggiare. Purtroppo però,
con il proibizionismo e la criminalizzazione dei consumatori di droga, si tagliano i ponti con le
nostre radici, ci viene preclusa l'opportunità di ricavarne i benefici in ambito farmacologico e
psicologico e ci viene impedito di provare esperienze mistiche, estetiche e conoscitive che un tempo
furono accessibili a Baudelaire, Freud, Huxley, contribuendo anzi alle loro intuizioni e
all'elaborazione delle loro opere.
A mio avviso anche Jim Morrison rientra in questa tipologia di artisti ed intellettuali, e per
questo - oltre che per l'unicità ed il valore delle sue performance e delle sue poesie - non può essere
assolutamente liquidato con la semplice etichetta di rockstar tossicodipendente e alcolizzato,
modello negativo privo di spessore per adolescenti ribelli. Jim Morrison, però, a differenza dei suoi
illustri predecessori sopra citati, viveva già in un’epoca piena di conformismi, logiche preventive
ipocrite e perbeniste; l'America degli anni ' 60 era assai bigotta e conservatrice eppure i suoi figli
migliori furono quelli che ne contestarono le attitudini repressive, rivolgendo lo sguardo invece a
quei semi che ne fecero e ne fanno ancora la sua grandezza: la lotta per la libertà, le inquietudini e
le ebbrezze delle frontiere lontane e infinite, la molteplicità delle esperienze e delle culture che
s’incontrano attraversando il suo territorio immenso, le popolazioni indigene così impregnate di
sciamanesimo e misticismo. Movimenti musicali ed artistici percorsero gli Stati Uniti sfidando i
tentativi di appiattimento e Jim, come molti altri, cavalcò l'onda, figlio del suo tempo, lasciando un
segno indelebile che vive tuttora nella musica, nel teatro, nella poesia.
Jim Morrison era convinto di avere dentro di sé lo spirito di un vecchio sciamano indiano, che
vide morire a causa di un incidente automobilistico nei pressi di Albuquerque quando era solo un
bambino. Da allora sentì che la vera America era quella schiacciata negli ingranaggi di una
modernità imposta dai bianchi, una “modernità” in realtà assai vecchia, così come vecchia come il
mondo è la sete di potere, la sopraffazione, la prepotenza dei potenti e dei malvagi ai danni dei
deboli o degli onesti. Aveva capito che la vera America era quella che moriva insieme al vecchio
sciamano, schiacciato da una macchina che nulla aveva a che vedere con la sua gente e la sua
cultura, che l'America non era quella che avrebbe combattuto in Corea con in prima fila suo padre,
il colonnello Morrison, e che, di lì a poco, avrebbe mandato a morte un'intera generazione di
giovani in Vietnam.
Aveva anche intuito il limite delle convenzionali percezioni umane e la possibilità di espandere
la coscienza. Jim Morrison fu un raffinato ed avido lettore di testi filosofici e poetici che analizzò e
sottopose a critica fresca, nuova, personale, non inquinata dai timori ammuffiti degli intellettuali
che si definiscono tali per professione e che quindi, come tutti coloro che vedono trasformare le
passioni in dovere, perdono il cuore e la spontaneità. Jim era avido di sapere, di scoprire, di
superare. “Non sono pazzo - diceva - sono interessato alla libertà”. Alcuni degli strumenti per
varcare “le porte della percezione”, tanto per citare la frase di Huxkey a lui tanto cara, furono la
droga e l'alcol, che poi lo hanno condotto alla morte (?). Altri erano la poesia, il cinema e la musica.
Di fatto la droga confermava le sue intuizioni e la necessità di analizzare “il rapporto tra realtà
esterna della materia e quella interna dello spirito” (A. Hofmann). “Le droghe sono una scommessa
con la tua mente”, scrisse Jim in uno dei suoi taccuini. E lo stesso si può dire dell'alcol, il suo agente
psicogeno preferito.
“L'alcol era la panacea di Jim, la pozione magica che rispondeva ai suoi bisogni, risolveva i suoi
problemi e gli appariva storicamente come la cosa da fare. La sua distruzione era armonica rispetto
all'immagine dionisiaca con cui si era identificato e che amava diffondere; era anche saldamente
radicata nella tradizione culturale americana” (“Nessuno uscirà vivo di qui”, J. Hopkins). Jim era
perfettamente consapevole anche quando beveva. Amava dichiarare: “Quando ti ubriachi, sei
completamente controllato... fino ad un certo punto. Ogni sorso che bevi è una scelta. Hai tante
piccole scelte. E' come... credo che sia la stessa differenza che corre tra il suicidio e la lenta
capitolazione”. Ed il valore di carburante creativo che attribuiva all'alcol e quindi il suo grande
amore per la poesia sono espressi in questi versi:
Perché bevo?
Così posso scrivere poesie.
Talvolta quando si è a fine corsa
e ogni bruttura recede
in un sonno profondo
c'è come un risveglio
e ogni cosa rimasta è reale.
Per quanto devastato è il corpo
lo spirito cresce in energia.
Perdona a me Padre poiché io so
quello che faccio.
Io voglio ascoltare l'ultima Poesia
dell'ultimo Poeta.
(da "Tempesta elettrica")
La poesia, l'espressione artistica, la rappresentazione erano essenziali per Jim. Il suo amore per la
poesia, il cinema, la musica e la filosofia, potevano congiungersi in modo esemplare nei concerti dei
Doors, quando Jim poteva comunicare le sue visioni, le sue ferite e le sue emozioni e insieme
tentare di scuotere il pubblico dal torpore indotto dalle regole sociali, dalla cultura filtrata e
selezionata dalle istituzioni, dai freni inibitori della paura e dell'insicurezza. La sua voce,
inizialmente acerba e timida, ben presto si fece decisa, ricca di sfumature, a tratti davvero
inebriante. “L'unico momento in cui mi esprimo davvero è sul palco - diceva Jim - La maschera
della rappresentazione me lo permette, mi dà un posto dove nascondermi, così che possa rivelarmi.
Questo perché per me è qualcosa di più del solo fare spettacolo, del cantare dei brani e andarmene.
Io prendo ogni cosa in modo davvero personale. Non sento di aver fatto una cosa completa finché
non ho portato tutti gli spettatori presenti su un piano comune. A volte, interrompo la canzone e
faccio un lungo silenzio, lascio che vengano fuori tutte le ostilità latenti, il disagio e le tensioni,
prima di ricominciare tutti insieme”.
“E' una ricerca, come aprire una porta dopo l'altra. Fino ad oggi non c'è stata nessuna filosofia o
ideologia coerente. La sensualità e il male adesso sono per noi immagini molto attraenti, ma pensate
ad esse come alla pelle di un serpente di cui ci si libererà. Il nostro lavoro, le nostre esibizioni, sono
uno sforzo per raggiungere la metamorfosi. Al momento sono più interessato al lato oscuro della
vita, al male, alla parte oscura della luna, alla notte. Ma nella nostra musica mi pare che siamo
impegnati in una ricerca, nello sforzo di tentare di aprirci un varco verso un regno più pulito e
libero... È come un rituale di purificazione in senso alchemico. Prima ci deve essere un periodo di
disordine, di caos, si deve tornare ad una landa di disastro primordiale. Attraverso ciò si purificano
gli elementi e si trova un seme di vita che trasforma tutta la vita, tutta la materia e la personalità.
Finché alla fine, fiduciosamente, si emerge per ricomporre tutti quei dualismi e contrari. Allora non
si parlerà più di male e bene ma di qualcosa di uniforme e puro. La nostra musica e la nostra
personalità, così come appaiono nelle performance, sono ancora in uno stato di caos e di disordine,
con forse un incipiente elemento di purezza pronto a svilupparsi”.
A questo punto occorre sottolineare un aspetto comune sia alla scelta artistica sia a quella
alcolista, che dimostra come ogni lato della sua esistenza fosse ad egli stesso chiaro, come fosse
organico e come diceva la citazione suddetta, “armonico”, nel suo insieme. Jim diceva:
"Essere ubriachi è un buon travestimento.
Io bevo così
posso parlare con le teste di cazzo.
Me incluso"
(da "Tempesta elettrica")
Colpisce questo bisogno di Jim di trovare una maschera. “La maschera della rappresentazione mi
dà un posto dove nascondermi, così che possa rivelarmi”. E ancora “Essere ubriachi è un buon
travestimento”. L'alcol come il palcoscenico, estremo rifiuto del conformismo d'obbligo nella vita
quotidiana, estremo tentativo di salvare se stesso e di indurre negli spettatori un analogo desiderio di
salvarsi e, in qualche modo, rivelarsi, magari approfittando dello spazio e del tempo della
rappresentazione, che concede non solo all'artista ma anche al pubblico di mostrarsi senza veli,
come si è realmente. Jim desiderava che questo avvenisse, voleva che i desideri, i turbamenti, le
passioni del pubblico emergessero e spesso li portava a livelli vicini a quelli di una rivolta, benché
Jim non era a questo che puntasse. “Io penso che sarebbe meglio tenere un concerto e tirare fuori
tutte quelle sensazioni sommerse, in modo che quando ognuno se ne va porti con sé questa energia e
torni a casa con essa, piuttosto che sprecarla inutilmente in una piccola esplosione di massa”.
Jim riusciva a caricare il pubblico, a trasmettergli la sua audacia. Le sue performance erano
sempre inedite e imprevedibili. Grazie alla profonda sintonia con gli altri membri della band, Jim
poteva declamare i suoi versi, esibirsi in lunghi monologhi ora sussurrati, ora urlati, avvinghiandosi
all'asta del microfono, o scaraventandola via, insieme a tutta la sua rabbia per quegli spettatori che
neanche lui poteva scuotere, perché, se grazie alla sua guida e alla sua energia riuscivano a
scrollarsi di dosso i comportamenti indotti da famiglia, religione, scuola, società, poi si affrettavano
ad assumere una nuova autorità, la sua, quella di Jim. E lui detestava questo timore che la gente ha
della libertà. Non solo: accettando passivamente la nuova autorità Jim Morrison, lo costringevano
sempre più nel suo ruolo di rock star, aumentavano le aspettative in questo senso e diminuiva quindi
anche la sua stessa libertà di essere se stesso. La maschera della rappresentazione cominciava a
diventare soffocante per l'artista, intrappolato in un ruolo e quindi privato dell'opportunità di
rivelarsi. Non tanto per oggettivo impedimento alle sue performance, ma per l'incapacità del
pubblico di vederlo, di riconoscerlo. Alla gente non interessava più quello che aveva da dire, ma
aspettava con morbosa ansia il gesto scandaloso, straniante. Così cominciò ad esasperare le sue
provocazioni, arrivando ad insultare il pubblico, con disperata sincerità e non per far parlare i
giornalisti, come pensavano i critici: “Siete un mucchio di fottuti idioti. Lasciate che la gente vi dica
cosa fare? Lasciate che la gente vi imponga le cose! Quanto credete che duri? Per quanto tempo
ancora vi farete schiacciare? Per quanto? Forse vi piace. Forse vi piace farvi ficcare la faccia nella
merda! Siete tutti un branco di schiavi!”. Ma la gente pensava che fosse semplicemente parte dello
spettacolo, e reagiva ora con irritazione ora con stupore, ore con rinnovata adorazione. Il risultato fu
il famoso concerto di Miami del 1969 nel quale la sua rabbia per quel pubblico passivo,
sensazionalista, incapace di capirlo, vorace divoratore di miti, si fece talmente esasperato da
provocare una specie di tumulto ed un'accusa per oscenità che lo portò in tribunale per molto tempo,
fin poco prima della morte (?). Anzi si può dire che la sua decisione di recarsi a Parigi, si deve
proprio all'amarezza causata da questo processo ingiusto, e dalla frustrazione che provava negli
ultimi concerti. In realtà fu il capro espiatorio di un sistema politico che intendeva rafforzare la
moralità ed il controllo sui giovani, in un'epoca in cui sembravano aver riscoperto il loro diritto alla
libertà: “In quegli anni ricevemmo una forte visitazione di energia”, diceva spesso Jim. Riguardo il
concerto di Miami, Jim affermò, nel corso di un'intervista: “Oh, in fondo penso che si sia trattato di
uno scandalo politico piuttosto che di ordine sessuale... Penso che le autorità si siano aggrappate
all'aspetto erotico perché in realtà non avrebbero potuto denunciarmi per un reato di tipo politico.
Sarebbe stato troppo assurdo. In realtà, credo che il processo riguardasse più uno stile di vita che un
particolare fatto accaduto. Credo che quello che li ha mandati in fibrillazione sia che avevo detto al
pubblico che erano un mucchio di fottuti idioti, proprio in quanto pubblico, capisci... Penso che il
messaggio di fondo fosse che loro, i nostri fan presenti quella sera, non erano lì per ascoltare un po'
di musica da qualche bravo musicista, ma che erano lì... erano lì per qualcos'altro, e avrebbero
dovuto ammetterlo e fare qualcosa in proposito...”. Questo “qualcos'altro” era la voglia di
infrangere le regole, la voglia di libertà, di godere, di violenza, erano le pulsioni istintive più vitali e
incontrollabili ma paradossalmente più controllate. E il fatto che ciò sia accaduto proprio lì, a
Miami, che Jim abbia sentito questo desiderio di rivolta e lo abbia fomentato e infine abbia insultato
chi non riusciva ad ammetterlo neanche con se stesso, si deve forse proprio alla repressione
moralistica che stava avvenendo in quel periodo in Florida. Ed accadde proprio quello che Jim
pensava riguardo il nesso tra repressione e violenza, il primo alimenta la seconda: “Se energie e
impulsi naturali vengono severamente repressi per troppo tempo, essi divengono violenza”.
Allo stesso modo il pubblico dei suoi concerti non lo ammirava per la sua musica, per la sua
carica comunicativa, ma per la sua bellezza e per il suo erotismo: arrivò al punto da rendersi
volontariamente “brutto”, lasciandosi crescere la barba, togliendo quegli abiti di pelle che
rendevano il suo corpo più provocante e desiderabile ed a nulla valsero le lamentele e le preghiere
degli agenti, dei discografici e degli amici preoccupati per l'effetto che questo nuovo look avrebbe
avuto sulle ragazzine adoranti.
Gli ultimi anni della sua vita da rockstar furono sofferti e solitari. Era finito un capitolo ma
nessuno voleva lasciarlo andare. A lui non interessavano la fama e la ricchezza, non interessava una
gloria eterna nella quale magnificarsi. Conosceva il suo valore, non aveva bisogno di conferme ma
di comunicazione e condivisione. E questa non c'era più. Gli venne però una grande soddisfazione
dall'incontro con il poeta inglese Michael McClure, al quale sottopose con timidezza i suoi libri
“The new creatures” e “The Lord” nei quali riconobbe, come affermò in seguito, la mano e l'anima
di un artista.
Jim era come lo Zorba di Kazantzakis, uno spirito libero che non aveva paura di sperimentare;
molto spesso è necessario essere Zorba prima di divenire Buddha, come afferma Osho Rajneesh in
un'acuta similitudine: solo chi ha il coraggio di seguire i propri impulsi, anche i più bassi, qualora si
stanchi di questi avrà altrettanta energia e altrettanto coraggio per seguire i suoi più nobili pensieri,
che poi non verranno compresi dalla gente, come prima non era tollerata la sua condotta libera.
Osho dice “Buddha stesso, arrivò ad essere Buddha perché aveva vissuto la vita di uno Zorba”. Jim
conosceva il Buddhismo e le filosofie orientali: nelle sue poesie si trovano spesso delle tracce e
delle allusioni. Ovviamente non poteva non amare la simbologia del Mandala, rappresentazione di
una terra pura al di fuori dal tempo, dove tutte le percezioni cambiano; ogni porta conduce ad un
aspetto della realtà, in cui questa si rivela per la prima volta. Rappresentazione di divinità, di qualità
mentali, attraverso colori e forme di una vitalità quasi dionisiaca. Del Buddhismo, quello che non lo
convinceva era la concezione della vita come illusione, della non esistenza del sé. Jim doveva forse
pensare che anche il sogno e l'illusione appaiono reali finché non terminano e l'apparenza in cui
siamo immersi è tale da renderli concreti alla nostra percezione. Jim doveva forse credere che non è
possibile trascendere la realtà senza lasciarsi devastare dalle sue ferite e dalle sue emozioni e che
quindi non ha senso la moderazione, la percezione intellettuale della vacuità e tutte le regole e le
suggestioni che l'essere umano si dà per smussare gli angoli di un'esistenza altrimenti dura da capire
e da vivere. L'esperienza della vita non ammette sconti o deroghe e non contempla una saggezza
preventiva.
La fine del sogno
sarà quando
conta
ogni cosa mente
Buddha mi perdonerà
Buddha sì
(La fine del sogno - da "Tempesta elettrica")
Come un moderno alchimista, Jim si è tuffato nel mare oscuro della Nigredo, incurante dei flutti,
ben cosciente che per raggiungere la luce non c'è altra via che attraversare, prima o poi, quelle
acque. “La strada dell'eccesso conduce al palazzo della saggezza”, affermava Blake, ma il nostro
Jim, non ha avuto tempo di ritornare su, dopo aver toccato il fondo di uno dei due aspetti
complementari e fondanti dell'esistenza... o forse sì, chissà.
Noi ti aspettiamo Mr. Mojo.
Biografia. Figlio di un ufficiale di carriera della Marina, che raggiunse il grado di ammiraglio,
Morrison fu un problema fin dagli anni del liceo, quando iniziò ad alimentare meticolosamente la
sua vena ribelle. Quando fu adulto si distaccò dai suoi genitori, severi e conservatori, al punto che in
un'intervista del 1967 dichiarò che erano entrambi morti. Qualcuno sostiene che suo padre ebbe un
ruolo chiave nell'incidente nel Golfo del Tonchino e forse questa è una delle ragioni del distacco di
Jim.
Negli anni successivi s’iscrisse alla scuola di cinema dell’Ucla. Nel 1965, su una spiaggia di
Venice, California, recitò un poema che aveva appena scritto, “Moonlight Drive”, al tastierista Ray
Manzarek, provocandone l'entusiasmo. Fu l'inizio di un sodalizio che diede vita, qualche tempo
dopo, ai Doors, una formazione completata da Robby Krieger alla chitarra e da John Densmore alla
batteria. Manzarek provvedeva alle linee di basso con l'organo e tutti e quattro contribuirono alla
composizione dei pezzi e ai loro arrangiamenti.
Jim conobbe Pamela Courson, una diciottenne dai capelli rossi, molto vulnerabile che divenne
la sua ragazza. Quando avvisò il padre dei suoi progetti per la band, il padre definì il suo progetto
"una cazzata".
Proprio in quel periodo Jim provò le pasticche LSD: non aveva un limite voleva provare tutte le
sensazioni che le droghe potevano dargli, andò nel deserto per provare la mescalina (peyote) nella
sua forma pura, che è la droga più potente e viene utilizzata dai santoni messicani unicamente per
scopi spirituali di preghiera.
Morrison aveva letto molta letteratura e filosofia e sperimentò intensivamente le droghe
psichedeliche: da queste esperienze nacque il nome del gruppo, preso da un libro di Aldous Huxley
(“Le porte della percezione”) dove si citava il grande poeta visionario inglese William Blake. “Una
porta è un passaggio tra due mondi, non si sa cosa si incontrerà nell'altro mondo finché non si
oltrepassa quel passaggio”, come diceva lo stesso Morrison: “Ci sono cose conosciute e cose
sconosciute, e in mezzo ci sono le porte”. Inoltre, nutriva una forte influenza della poesia simbolista
francese (Arthur Rimbaud e la sua filosofia sullo sregolamento dei sensi per scoprire l'ignoto).
I Doors diventarono rapidamente una delle più eccitanti band della scena, grazie ad una serie di
leggendari concerti al “Whiskey A -Go-Go” di Los Angeles. In seguito impararono a dilatare
sempre di più il loro materiale, spingendo la musica verso i suoi confini più anarchici, fino ad una
cacofonia sonora dietro alla quale Morrison recitava incantesimi ed esortazioni improvvisate. Fu a
questo punto che il gruppo elaborò quelle lunghe e bizzarre composizioni che, nei tardi anni
Sessanta, li resero famosi e conosciuti come gli indiscussi stregoni dell'underground.
Brani come “The End”, “When The Music's Over” e “Celebration of the Lizard” li imposero
sempre più all'attenzione. Il loro album d'esordio, “The Doors”, uscito nel 1967 per la Elektra, fu
una vera e propria rivelazione, sia commerciale sia artistica, e trascorse l'“estate dell'amore” ai
primi posti della classifica, in compagnia di “Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band” dei Beatles. I
Doors avevano sacrificato poche delle loro visioni estetiche per guadagnarsi il successo, sebbene
“Light My Fire” venisse accorciata nella versione destinata alle radio AM. L'album ne proponeva,
invece, la versione integrale, assieme alla famosa “The End”, ad “Alabama Song” e ad altri oscuri e
striscianti racconti sulle disgraziate vicissitudini dell'esistenza.
Per i Doors l'arrivo improvviso della fama pop rappresentò una sorta di vendetta per il
trattamento ricevuto dai proprietari del “Whiskey”, che li avevano cacciati a causa dell'offensivo
contenuto edipico di “The End”. Brano che avevano continuato a proporre nei loro spettacoli
nonostante i ripetuti divieti. Con la stessa coerenza si rifiutarono, poi, di cambiare un verso di
“Light My Fire” in occasione della partecipazione all'“Ed Sullivan Show”. O meglio: promisero di
farlo ma poi, una volta in onda, la cantarono a modo loro. Furono, per questo, banditi, mentre i
Rolling Stones scesero al compromesso con la loro “Let's Spend the Night Together”.
Di tutti i gruppi della scena di Los Angeles, i Doors furono indubbiamente i più grandi. La loro
musica, in qualche modo, conteneva e trascendeva tutte le contraddizioni, i paradossi e il fascino
ambiguo della nuova cultura. La loro maschera luminosa e attraente gli consentì di conquistare le
classifiche ma, durante le loro performance e negli album, l'ossessione per la morte, il delitto e la
distruzione si manifestavano sempre in modo più che evidente.
Dopo una lunga gavetta nei locali di Los Angeles, arrivò finalmente il successo. Jim era molto
amato dai suoi fans, era considerato un ribelle, un personaggio apocalittico. Riceveva molte lettere
da ammiratori, e per questo diede l'incarico ad un ragazzino tredicenne di rispondere al posto suo e
di mantenersi in contatto con loro per lettera.
Con Pam aveva un rapporto molto promiscuo. Jim, infatti, aveva un comportamento strano con
le donne: passava dalla calma assoluta ad attacchi improvvisi di violenza.
Col successo arrivò pure un contratto per un tour in Europa e conobbe in Francia un celebre
poeta che volle pubblicare le sue poesie, ed, infatti, alla fine di ottobre uscì il libro “Le nuove
creature”. Quando ritornò in America, però, Jim ebbe la grande delusione di vedere la sua canzone
“Light My Fire” in una pubblicità della Buik, visto che era stata venduta dagli altri componenti del
gruppo a sua insaputa: episodio questo che lo fece molto infuriare.
Nel 1970 sposò Patricia, una della sue donne con una cerimonia Wicca, rituale delle streghe
seguaci di satana. In seguito andò a Parigi per 3 settimane e si ammalò di polmonite, ma questo non
gli impedì di presentarsi al processo a Miami, dove il 2 ottobre fu condannato al massimo della pena
per atti osceni (durante un suo concerto era stato arrestato per essersi spogliato). Patricia rimase poi
incinta e Jim la fece abortire, giacché continuava ad avere un rapporto sia con lei che con Pam.
Patricia, però, che era una donna molto forte e decisa lo lasciò. A causa dei suoi problemi con la
droga perse anche il contratto con l'Elektra e poi partì per quel fatidico viaggio a Parigi.
Morrison era abilissimo nel comunicare l'attrazione erotica esercitata da temi come la morte e
l'omicidio. In “The End”, quando al termine di un'apertura adeguatamente solenne intona il verso
“Questa è la fine, bella amica”, è difficile scoprire se la bella amica sia qualcuno che lui sta per
uccidere o se, invece, sia la morte stessa. Ma tutto questo, alla fine, sembra non importare
realmente: quel che conta, invece, è che siamo lì con lui, a guardare direttamente nel vuoto. E
questa contemplazione si rivela estremamente affascinante: tutto quello che possiamo tentare è di
adeguare la nostra mente e la nostra immaginazione agli spaventosi contorni designati dalla sua
potente visione.
Morrison sosteneva di aver avuto una sconvolgente esperienza onirica da bambino quando, su
un'autostrada nel deserto, lo spirito di un pellerossa morto in un incidente era entrato nel suo corpo.
“La prima volta in cui ho scoperto la morte [...] io, mia madre, mio padre, mia nonna e mio
nonno stavamo viaggiando in auto attraverso il deserto all'alba. Un camion carico di Indiani aveva
sbattuto contro un'altra auto o qualcos'altro: c'erano Indiani insanguinati che stavano morendo
sparsi per tutta la strada. Ero solo un bambino e per questo dovetti restare in macchina mentre mio
padre e mio nonno scesero a guardare. Non vidi niente, tutto ciò che vidi fu una divertente vernice
rossa e della gente distesa attorno, ma sapevo cosa stava succedendo, perché riuscivo a sentire i
fremiti delle persone intorno a me, e all'improvviso capii che loro non sapevano più di me cosa
stava accadendo. Quella fu la prima volta che ebbi paura... ed ebbi la sensazione, in quel momento,
che le anime di quegli Indiani morti – forse una o due di esse – stavano correndomi intorno, ed
entravano nella mia anima, e io ero come una spugna, pronto a sedermi là e assorbirle”.
In seguito, alluse più volte al fatto di aver ucciso realmente un autostoppista che aveva raccolto
nel deserto. Il punto, ovviamente, non è se ciò accadde davvero oppure se si tratti soltanto di una
sua fantasia: la verità è che questa dichiarazione conferisce alle sue ossessioni ancora più potere e
autorità. Morrison aveva una grande immaginazione, e la forza di convogliarla efficacemente
all'interno delle sue canzoni. Al culmine di “The End”, dopo aver detto alla madre che sta per
violentarla, il suo urlo di angoscia è totalmente convincente.
Nel giro di pochi anni, tuttavia, Morrison rimase intrappolato dalla seduttiva vanità del suo
ruolo di rock star, sprofondando nell'alcolismo e perdendo consapevolezza di quanto stava
accadendo intorno a lui. Concepiva sempre più i Doors come il mezzo più efficace per realizzare la
sua ambizione ultima: quella di diventare un poeta. Ma la fama lo stava inghiottendo a poco a poco,
e Jim sembrava essere incapace di affrontare questo fato.
Tutti i suoi successivi problemi - l'arresto per oscenità in luogo pubblico a New Haven, quello
per condotta turbolenta a bordo di un aeroplano diretto a Phoenix, e l'ultimo avvenuto a Miami per
“comportamento osceno e lascivo dovuto all'esposizione dei genitali e alla simulazione di atti di
masturbazione e copulazione orale” - trovarono origine, tristemente, nell'alcol e non in un
sistematico programma estetico di estrema rivolta. Il bere, in qualche modo, lo trasformò da uomo
brillante in patetico buffone, una vittima della voracità dei media e dell'odio da parte delle autorità.
I Doors dimostrarono, in “L.A. Woman”, una propensione sempre più spiccata per il blues e
sembrarono porre le premesse per un invecchiamento tranquillo e sereno. Tutto questo,
naturalmente, non era nei piani di Jim.
Le circostanze della sua morte rimangono un altro mistero dei Doors, l'ultimo. Esausto, Jim si
era spostato a Parigi nell'aprile nel 1971, per seguire il suo sogno di poeta e scrittore. Vi rimase per
qualche tempo, circondato da un relativo anonimato, finché il 3 luglio 1971 il suo corpo venne
trovato, privo di vita, nella vasca da bagno del suo appartamento.
Secondo il rapporto ufficiale, la morte era dovuta ad attacco cardiaco, ma nessuna autopsia
venne mai effettuata e pochi ebbero occasione di vedere il suo cadavere.
Aveva ventisette anni.
Jim è sepolto nel famoso cimitero di Pere Lachaise nella capitale francese; oggi la tomba è
circondata da un recinto e la lapide originaria è stata recentemente sostituita a causa dei numerosi
graffiti lasciati dai fans, anche sulle tombe circostanti. Tale sostituzione, ad opera dei genitori del
cantante, riporta una frase in greco antico (ΚΑΤΑ ΤΟΝ ΔΑΙΜΟΝΑ ΕΑΥΤΟN) il cui senso si
riferisce alla coerenza con cui egli visse e la cui traduzione potrebbe essere: allineato al suo proprio
spirito.
Così tanto è stato scritto sulla vita e la morte, vera o presunta, di Jim Morrison che ormai non è
più sufficiente parlare soltanto dei fatti. Occorre invece aggirarsi tra i miti e le leggende che intorno
ad essi si sono sviluppati.
Prologo: Nei tardi anni Sessanta il cantante dei Doors fondò una compagnia chiamata Zeppelin
Publishing Company, con l'aiuto degli uffici legali della Warner Bros Pictures e della Atlantic
Records. Secondo indiscrezioni, Morrison intendeva impossessarsi del trademark “Zeppelin” prima
che potessero farlo i Led Zeppelin. A quell'epoca, tutti in America sapevano chi fossero i Doors,
mentre il gruppo britannico era ancora piuttosto sconosciuto. La Zeppelin Publishing Company
venne così fondata e messa da parte per una successiva resurrezione.
Il 3 luglio 1971 Jim Morrison, il “ragazzo prodigio” del rock'n'roll, fu, a quanto si dice, trovato
morto a Parigi, in un appartamento che aveva affittato da poco. Sua moglie, Pamela Courson,
definita compagna cosmica, fu la prima a scoprire il corpo nella stanza da bagno. Jim giaceva nella
vasca, nudo e immerso a metà, con un rivolo di sangue che scendeva dal naso. Sulle prime, la donna
pensò che stesse fingendo, visto che si era appena rasato. Morì per overdose tre anni dopo il
compagno.
L'assurda fretta con la quale fu chiusa la sua morte improvvisa, fu anche la scintilla che alimentò
i dubbi sulla sua reale morte. Nessuno, infatti, oltre alla stessa Courson e al medico che firmò il
certificato di morte riuscì a vedere la salma. Sia gli altri membri della band che il loro manager Bill
Siddons poterono solamente piangere una bara sigillata.
A Parigi, nella Villa Lumiere, si era trasferito quattro mesi prima insieme alla sua ragazza. Ne
aveva abbastanza dei Doors e della California, malgrado la band gli avesse dato fama e ricchezza,
da anni aveva rinnegato la sua famiglia, e l'abuso di droghe e alcolici l'avevano reso ormai
irriconoscibile. Voleva costruirsi una nuova vita come poeta. Oggi la sua tomba nel cimitero di Pére
Lachaise è quasi un monumento nazionale e viene visitata costantemente dai suoi fans (ma si dice
che il corpo sia stato trasferito in realtà a Melbourne, in Florida nella tomba di famiglia).
La versione dei fatti ufficiale, secondo la deposizione di Pamela, racconta che Jim si sentisse
male quella sera, accusando uno strano malessere poco dopo essersi coricato. Andò, dunque, in
bagno e si immerse nella vasca. Successivamente vomita (anche un po’ di sangue) ma continua ad
affermare che si sente bene, rifiutando l’aiuto di un medico. Lei si addormentò e al suo risveglio,
non trovando Jim accanto a lei, corse in bagno; lo trovò nella vasca e pensava stesse dormendo.
Accortasi che era incosciente, presa dal panico chiamò un loro amico, il signor Ronay, il quale
arrivò dopo mezz'ora e fece chiamare un’ambulanza. Tutto inutile, era ormai senza vita da qualche
ora.
Il Medico legale, Max Vassille, compilò uno sbrigativo referto in cui, notando l'assenza di traumi
fisici e basandosi sulla testimonianza della Courson secondo cui Jim soffriva di dolori al petto ed
abusava di alcolici, dichiarò la sua morte "per causa naturale". Nessun esame venne condotto sul
corpo. Sul corpo di Jim non vengono trovati, secondo il rapporto del medico legale, elementi che
possano indurre a sospetti circa le circostanze del decesso: nessuna ferita, né segni di ago, né tracce
di lesioni o colpi.
Alcuni sostengono che alla morte di Jim non sia estranea l’eroina e che la versione fornita da
Pamela non sia veritiera. Secondo alcuni sedicenti testimoni, Jim avrebbe acquistato una dose di
eroina al “Rock’n’Roll Circus” (un locale che dopo anni di lucentezza, è ridotto a ritrovo di piccoli
spacciatori) e sarebbe rimasto vittima di un’overdose. Le illazioni più fantasiose arrivano ad
ipotizzare che Morrison sarebbe morto all’interno del locale e, successivamente, sarebbe stato
trasportato a casa per cercare di rianimarlo con un bagno freddo, o addirittura per inscenare il
malore domestico.
Chi ha raccolto le successive confidenze di Pamela, sostiene, invece, che l’artista, dopo aver
bevuto molto, abbia sniffato eroina (forse credendola cocaina) e sia rimasto vittima dell’effetto
combinato tra questa e l’alcol, assunti entrambi in quantità consistenti.
Nel corso degli anni, non sono mancate teorie secondo le quali Jim Morrison sarebbe ancora
vivo, da qualche parte nel mondo, al riparo da qualunque tensione.
L’unica certezza è che nella notte tra il 3 e il 4 luglio 1971, l’appartamento parigino di Jim e Pam
è teatro di un dramma dai contorni oscuri. Solo nelle prime ore del mattino Pamela contatta
telefonicamente, come già detto, Alain Ronay e Agnes Varda: la giovane è in preda al panico ma
racconta per sommi capi quanto è accaduto e prega gli amici di chiedere aiuto alle autorità, poiché
lei non è in grado di esprimersi in francese e si trova nell’impossibilità di comunicare con chiunque
non parli inglese. La regista avverte il pronto intervento dei vigili del fuoco e, nel giro di pochi
minuti, si precipita nell’appartamento. Di li a poco arrivano anche un gruppo di agenti di polizia e il
medico legale. Il corpo di Morrison è stato trasportato in camera da letto e viene sottoposto alle
osservazioni e agli accertamenti richiesti dalla procedura. Pam e gli amici escludono con decisione,
fin dai primi interrogatori, che Jim abbia fatto uso di eroina, né in quell’occasione né in precedenza.
La cerimonia funebre fu dunque consentita e celebrata frettolosamente il 7 luglio alle 8.30 del
mattino alla presenza di Pamela Courson, Alain Ronay, Agnes Varda e Robin Wertle, senza
cerimoniere e senza preghiere. Solo dopo i custodi del cimitero apposero sulla lapide una targa con
il suo nome (storpiato in Morisson).
I dubbi sulla sua morte non sono mai stati tuttavia ritenuti così importanti da indurre la
magistratura ad aprire un caso sulla sua scomparsa e d'altronde l'unica testimone degli eventi,
ovvero Pamela, morì nel 1974 per overdose (è risaputo che lei fosse una convinta eroinomane,
nonostante Morrison fosse contrario a questa droga, prediligendo maggiormente alcolici, acidi e
cocaina). Vivo o morto che sia, Jim Morrison è entrato nella leggenda, e come tale esisterà per
sempre.
Quella che seguì alla morte di Morrison fu una serie interminabile di strani avvenimenti,
probabili cospirazioni e notizie surreali, che trovarono ampio spazio sui giornali e nelle biografie
dedicate all'artista. Nei primi due anni dopo la sua scomparsa, Jim Morrison, come già capitò ad
Elvis, fu al centro di numerosi avvistamenti, molti dei quali decisamente fantasiosi, altri forse più
attendibili.
Nel 1980 uscì un libro, scritto da due amici molto cari di Morrison, Jerry Hopkins e Danny
Sugerman, dal titolo “Nessuno uscirà vivo di Qui”. Esso diventerà la più famosa biografia del Re
Lucertola, e soprattutto la prima biografia dove verranno sollevati alcuni leciti dubbi sulla sua
morte, così avvolta dal mistero. È risaputo, che Jim aveva fantasticato più volte sulla possibilità di
fingere la sua morte. Ne cominciò a parlare sin dal 1967.
Nel 1986 fece scalpore un libro, ad opera dello scrittore francese Jacques Rochard, che riaprì il
caso sulla morte del Re Lucertola. "Vivo!" recita il titolo, e vorrebbe farci credere che in realtà l'ex
leader dei Doors sia vivo e vegeto, e lui stesso lo avrebbe incontrato diverse volte. Jim gli avrebbe
spiegato che avrebbe inscenato la sua morte per sfuggire alle pressioni della sua vita da divo, per
poter meglio dedicarsi alla sua passione più grande: la poesia.
Nel 1995 Rochard si ripropone con un nuovo libro, “Poesie Apocrife”, una collezione di poesie
che Morrison avrebbe scritto negli ultimi anni. “Il 22 gennaio 1986 ho trovato nella mia cassetta
delle lettere un plico speditomi alcuni giorni prima da Amsterdam. - racconta Rochard nella
prefazione - Una busta di quelle commerciali di colore arancione, priva di mittente, con dentro tre
minuscoli quadernetti dalla copertina verde, ciascuno con un diverso titolo manoscritto a caratteri
stampatello: 'Gemiti della coscienza', 'Rumori della memoria' e 'Parole di polvere'."
Nei tre piccoli quaderni rilegati con graffette metalliche, sostiene Rochard, c’erano versi e poesie
scritte in lingua americana con un sottile pennarello nero, una grafia dal segno morbido e preciso,
leggermente reclinata sulla destra, senza correzioni o cancellature. Ad accompagnare il plico, una
lettera firmata Jim Morrison. "In tutti questi anni – spiega ancora il curatore di ‘Poesie apocrife’ –
ho custodito i tre quadernetti di Jim come un’icona preziosa. Se adesso mi risolvo a rendere
pubblici i tre quadernetti di Jim è per le centinaia di lettere che mi hanno scritto e mi scrivono i suoi
fan e alle quali non ho saputo né potuto rispondere". Il volume firmato Morrison sta mettendo in
subbuglio i milioni dei fans dei Doors, divisi in scettici e fiduciosi nelle parole di Rochard. "E’ un
libro che susciterà certamente mille polemiche – spiega Daniele Segres, presidente del "Doors Fan
Club" italiano –. Io non credo che Morrison sia ancora vivo, ma è innegabile che alcune circostanze
della sua morte sono tuttora poco chiare".
La critica è concorde nel dire che non solo si trattano di falsi, ma che siano anche scritti male.
Quella che seguì la “morte” del “Re Lucertola” fu una serie infinita di bizzarri e intricati
avvenimenti, probabili cospirazioni, strane coincidenze e notizie surreali, che trovarono abbondante
spazio sulle pagine dei giornali e nelle biografie dedicate all'artista. Il primo a scatenare
quest’ondata di speculazioni fu il giornalista Robert Hillburn, con un articolo pubblicato sul Los
Angeles Times, intitolato “Perché le notizie sulla morte di Morrison ritardano?” In effetti, il
blackout d’informazioni che circondò immediatamente il decesso di Jim impedì ai più stretti amici
del cantante di avvicinarsi ad eventuali testimoni. E persino i suoi genitori e avvocati non poterono
vedere il cadavere. Pamela aveva chiamato un medico locale, il dottor Max Vasille, subito dopo
aver fatto la macabra scoperta. Il medico stabilì che la morte era dovuta ad un attacco cardiaco.
Molte persone giunte da Los Angeles a Parigi, dopo aver appreso la notizia, videro soltanto una
bara già sigillata. Tra queste c'era anche il manager dei Doors, Bill Siddons, che disse alla stampa
di essersi rifiutato di vedere il cadavere, ma che Jim Morrison era “morto per cause naturali” e che
“la sua morte era stata serena”.
Qualche giorno dopo il medico personale di Jim, il dottor Derwin, dichiarò ai giornalisti che
Morrison era in un eccellente stato di salute, prima della sua partenza per la Francia. Ma questa
affermazione è stata smentita recentemente da un articolo apparso sulla rivista Mondo 2000,
nell'estate del 1991. L'autore sosteneva di aver rinvenuto una preziosa cartella medica di Morrison,
nella quale si faceva cenno a diverse malattie veneree contratte dal cantante, e alle cure a cui si
stava sottoponendo. Praticamente, nell'autunno del 1970 Jim era in cura per una persistente
gonorrea e una successiva biopsia aveva confermato l'esistenza di un adenoma dell'uretra penile,
una forma maligna di cancro.
Ma andiamo avanti. Nessuna autopsia venne mai eseguita sul corpo di Morrison, com’è invece
costume in Francia nel caso di morti sospette. Secondo diversi e numerosi racconti, un confidente di
Jim, Alan Roany, contribuì a mantenere il blackout sulla sua morte.
Il corpo venne velocemente rimosso per essere sepolto al cimitero Père Lachaise. Sembra che lo
stesso Morrison avesse già indicato, in molte occasioni, il luogo per la sua imminente sepoltura e
che, tre giorni prima della sua morte, l'avesse visitato. Queste notizie vengono riportate in molte
delle sue biografie. Ma i media si mostrarono, in quei giorni, molto sospettosi nei confronti della
tomba di Morrison, in quanto gli stranieri venivano molto raramente sepolti in quello che era un
monumento nazionale francese.
Dopo aver visitato il cimitero, il batterista dei Doors John Densmore disse che la tomba era
troppo piccola. Ad ogni modo, essa rimase per molti mesi del tutto anonima, senza alcun’iscrizione,
e questo aggiunse ulteriori elementi alla cappa di mistero che sembrava avvolgere l'evento.
Accanto ai fatti, raccontati in numerosi libri, articoli e interviste, nacque un prolifico e surreale
campionario d’ipotesi riguardanti ciò che accadde realmente. Molte di queste tesi avevano per
protagonisti il mondo dell'occulto, la magia bianca e quella nera, il Woodoo e i rituali mistici.
Nel libro di J. Prochniky “Break on Through” c'è una descrizione piuttosto accurata di queste
ipotesi di natura occulta: “[...] Ancora più incredibili furono le teorie secondo le quali Morrison era
stato ucciso dall'intervento di forze soprannaturali. È vero che Jim era molto attratto dall'occulto,
ma è difficile credere che un rivale geloso o un'amante respinta avessero potuto causare la sua
morte in una vasca da bagno parigina pugnalando una bambola Woodoo o liquefacendo sulle
fiamme un disco dei Doors, magari accompagnando questi gesti con maledizioni e formule magiche
[…]”.
Un'altra teoria basata sul soprannaturale, afferma che il corpo di Morrison fosse stato usato dallo
spirito di uno sciamano, lo stesso che Jim riteneva fosse entrato in lui da bambino su
quell'autostrada nel deserto. Quando questo spirito, o demone, decise di abbandonare Jim, lo lasciò
esausto e fisicamente distrutto, con un senso di tradimento e senza alcun desiderio di continuare a
vivere. Altri racconti di genere occulto si possono leggere in “No One Gets Out of Here Alive”, di
Danny Sugerman e Jeremy Hopkins.
Si tratta di storie diffuse nel ristretto cerchio di amici di Jim, secondo cui qualcuno l'aveva
ucciso strappandogli gli occhi con un coltello, per liberare la sua anima. L'antropologa Alison
Bailey Kennedy si spinse ancora più lontano, collegando la morte di Morrison con i culti dei misteri
Orfici e gli usi iniziatori di vari veleni estratti dai ragni. Sostanze che liberano il deuende della
tradizione zingara - l'anima oscura.
Jim aveva più volte confessato i suoi collegamenti con l'occulto e, in particolare, con la filosofia
Woodoo e la magia ad essa associata. Erano entrambe una parte importante del suo “sentiero”
spirituale. Il nomignolo Mr. Mojo Risin era un anagramma ottenuto dalla ridisposizione delle lettere
contenute nel suo nome e cognome. Mojo è un termine religioso che indica una “icona di potere”
sciamanica o l'affiliazione a qualche culto. “Penso che esistano intere regioni di immagini e di
sentimenti che raramente vengono svelate nella vita quotidiana. Quando queste vengono liberate
possono prendere forme perverse”, dichiarò Morrison nel 1968. In altre parti di questa intervista
l'artista afferma che “lo sciamano è un guaritore, come lo stregone”, e poi che “non dobbiamo
dimenticare che il serpente e la lucertola sono identificati con l'inconscio o con le forze del male”.
Secondo il critico cinematografico Gene Youngblood, Re Lucertola era uno dei nomi in codice
usati da Morrison, che in alcuni circoli occulti era anche chiamato “l'Angelo sterminatore”. In “No
One Gets Out of Here Alive” gli autori raccontano di come Jim Morrison avesse imparato
dall'apprendista strega Ingrid Thompson a bere il sangue. In certe tradizioni occulte l'uso del
sangue, unito alla pratica di certi atti sessuali, è parte importante delle tecniche di creazione degli
incantesimi. Oltre che nei riti tantrici, questo costume è presente anche nel rituale magico
occidentale, adottato da gruppi come La Coulevre Noir, l'Ordo Templi Orientis, Les Ophotis e altri.
Pratiche coinvolgenti l'uso del sangue sono presenti anche in un rituale Woodoo chiamato petro,
usato per evocare i vari Loas (gli dei e le dee).
Quest'ultimo, in particolare, sembra molto vicino alle credenze occulte di Morrison: “[…] Ma la
forma umana è soltanto un vaso vuoto agli occhi degli dei […] Un luogo critico dove un certo
numero di forze sacre può convergere. Gli elementi fondamentali di questo processo sono i
componenti stessi dell'uomo: il z'etiole, il gros bon unge, il ti bon ange e il n'ame del cadavere.
L'ultimo è il corpo stesso, il suo sangue e la sua carne. Il n'ame è il dono di Dio e dello spirito della
carne, che permette a ciascuna cellula dell'organismo di funzionare. È la residua presenza del
n'ame che dà forma al cadavere anche molto tempo dopo la morte clinica del corpo. Il n'ame, dopo
la morte del corpo, inizia lentamente a trasferirsi negli organismi del terreno. [...] Un processo che
richiede diciotto mesi per il suo completamento”.
La tomba di Morrison al Père Lachaise rimase anonima per molti mesi, così che nessuno potesse
disturbare il cadavere e il luogo circostante... Un processo analogo di trasmigrazione esiste anche
nella tradizione tibetana. In particolare il Bardo Thödol (il libro tibetano dei morti) racconta di
specifici miti riguardanti gli eventi successivi alla morte del corpo.
Secondo il dottor Rick Strassman “un altro modello di nascita e di morte nel quale appare
l'intervallo di quarantanove giorni si ritrova nel Bardo Thòdol. In questo tempo le forze vitali del
defunto (l'energia accumulata durante la sua esistenza) si fondono nella futura forma incarnata”.
Il critico rock Greg Shaw fornì un'interpretazione di “The End” seguendo queste ipotesi, e
giunse ad affermare che ogni verso del celebre brano è una citazione diretta del Bardo Thödol.
Quali possono essere, dunque, le implicazioni di queste ipotesi alla luce della presunta morte di
Jim Morrison? Secondo le credenze occulte, alla morte clinica la persona si divide nelle sue vere
parti, in precedenza riunite in un unico essere, ed è possibile intrappolare parti della personalità e
dello spirito durante questo processo di transizione.
Wade Davis, autore di “The Serpent and the Rainbow: the Ethnobiology of the Haitian
zombie” scrive: “Durante l'iniziazione il ti bon ange può essere estratto dal corpo e custodito in
un'anfora d'argilla chiamata canari. Il canari viene collocato nel santuario interno della hounfour
(la casa rituale) [...] Durante gli stadi immediatamente successivi alla morte fisica il ti bon ange è
estremamente vulnerabile. Solo quando viene definitivamente liberato dalla carne esso è
relativamente salvo”. Fu allora il ti bon ange di Morrison ad essere comprato, venduto e poi riunito
in quel giorno fatale a Parigi? Il canari di Jim Morrison, secondo certe teorie, avrebbe un nome. La
Zeppelin Publishing Company e il bokor, l'alto sacerdote che attirò il ti bon ange di Jim nel canari,
dirigono una compagnia chiamata B of A Company (o B of A Communications) con sede prima a
Baton Rouge e ora a Fort Lauderdale, in Florida. Quest'uomo possiede un passaporto a nome di
James Douglas Morrison, e afferma di essere davvero la defunta rock star!
Nei primi due anni dopo la sua scomparsa, Jim Morrison fu, come Elvis, al centro di numerosi
avvistamenti, alcuni assolutamente fantasiosi e ridicoli, altri più sinistramente attendibili. Nel 1973
Morrison venne visto, in diverse occasioni, a San Francisco, impegnato in transazioni d'affari e
bancarie.
Nel giugno del 1981, in un articolo apparso su “High Times”, Tom Baker, il miglior amico di
Morrison, disse: “Sono molto tentato di credere alle voci che Jim abbia messo in scena la sua
morte”.
Nello stesso periodo un gruppo di suoi ammiratori cercò di entrare in possesso delle schede
dentistiche di Jim (radiografie e altro) in modo da ottenere il permesso di riesumare il cadavere e
confrontarne i resti con i documenti. Ma questa iniziativa venne immediatamente bloccata dalla
famiglia di Morrison e dai suoi legali. E risaputo, comunque, che Jim aveva, ancora in vita, piantato
ripetutamente qua e là i semi che avrebbero dato luogo a questo genere di speculazioni. Al Fillmore
di San Francisco, nel 1967, iniziò a parlare di diffondere la falsa notizia della sua morte, come
trovata pubblicitaria che potesse attirare sul gruppo l'attenzione della stampa nazionale. In quei
giorni Jim creò l'anagramma Mr. Mojo Risin, che avrebbe usato dopo la sua partenza per l'Africa,
nei contatti segreti con i suoi amici più fidati. Morrison, in più di un'occasione, confidò a Danny
Sugerman e a Jerry Hopkins che aveva iniziato a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di
cambiare carriera in modo radicale, riapparendo come un uomo d'affari in giacca e cravatta.
Steve Harris ricorda persino che Jim iniziò a chiedere in giro che cosa sarebbe successo se fosse
improvvisamente deceduto... Quali conseguenze avrebbe avuto, la sua morte, sugli affari del gruppo
e sulle vendite dei dischi? E quali sarebbero state le reazioni della stampa e della gente? Quando era
in compagnia della confidente Mary Francis Werebelow, Jim si “impegnava in lunghe
conversazioni sul modo con cui i discepoli avevano trafugato il corpo di Gesù dal suo sepolcro”,
definendo scherzosamente l'episodio come il “furto di Pasqua”.
In un articolo apparso su Rolling Stone il 17 settembre 1981, Jerry Hopkins riferisce di diversi
altri avvistamenti di Morrison.
“Il primo che ricordo fu davvero fantastico. Un tizio apparve a San Francisco e iniziò ad
incassare assegni a nome di Jim Morrison. Non stava firmando assegni a vuoto, badate bene. Era il
suo denaro che stava spendendo. Pare che fosse vestito di pelle, un abbigliamento che Jim aveva
adottato costantemente in un certo periodo della sua carriera, e diceva a tutti di essere davvero il
“cantante morto”. Un giorno squillò il telefono e la voce del centralinista mi chiese 'accetta una
chiamata interurbana da parte di Jim Morrison?' Fu una conversazione molto interessante, anche
se la linea era molto disturbata. Jim mi disse che dovevo andare a Parigi per riesumare il suo
cadavere, ma che per farlo avrei prima dovuto ottenere il permesso di dodici vescovi cattolici [...]”.
Un altro avvistamento piuttosto surreale ebbe per protagonista “Donny” di Baton Rouge.
L'uomo disse di aver visitato la casa in cui Morrison risiedeva nel 1978 e parlò di questo con
l'amico Larry, uno che stava tentando di sfondare nel mondo del rock. “Donny mi disse che un
intero muro di una stanza era occupato soltanto da libri. Ognuno di quei libri era su Satana o,
comunque, aveva qualcosa a che fare con lui. Mi parlò anche di una grande sedia, simile ad un
trono, sul quale Jim era seduto, ad osservare i suoi bambini nudi che gli correvano intorno [...]”.
Una donna chiamata Rhea (la dea greca della fertilità) dichiarò di aver vissuto con Jim Morrison
e il loro figlio, Jesse Blue James fino al 1979. Secondo la donna Jim era ormai evoluto in uno stato
di pura energia, ed era in grado di materializzarsi e smaterializzarsi a suo piacimento. Lei e Jim,
inoltre, erano in diretta comunicazione telepatica e in sincronia elettromagnetica.
Durante i primi anni successivi alla morte di Jim Morrison apparvero numerosi articoli in cui
veniva offerta una versione ben diversa dei tragici e misteriosi eventi che avvolgevano la figura
dell'artista. Una versione che non aveva nulla a che fare con l'occulto e la reincarnazione.
In questi articoli l'accento era posto soprattutto sull'interesse che le attività underground di
Morrison avevano suscitato nei servizi spionistici. Questi ultimi erano probabilmente coinvolti nella
stessa morte del cantante.
Uno degli articoli dei più espliciti nel sostenere questa tesi apparve sulla rivista scandinava
Dagblatte, e descriveva in dettaglio tutti gli sforzi compiuti dal servizio segreto francese per
assassinare Jim Morrison a Parigi.
Bernard Wolfe, in un articolo del giugno del 1972 per Esquire, riferì il racconto di “Sherry”, una
ragazza di Pasadena che conosceva molto bene Morrison: “Non riuscivo a trovare alcun senso a
tutte quelle storie apparse sui giornali [...] Supponi che abbia avuto un attacco di cuore
esattamente come hanno raccontato: ma è di quello che morì? Mio Dio, se è così allora si può dire
che Ernest Hemingway morì a causa di un esteso danno cerebrale [...] Se volete conoscere la vera
causa della morte di Jim, chiedetevi piuttosto che cosa ha spinto il suo cuore a fermarsi [...] E
quale dito c'era sul grilletto […]”.
Nei primi anni dopo la morte di Jim, il proprietario della già citata “B of A Communications”,
chiamato James Douglas Morrison, affermò di operare come agente dei servizi segreti per conto di
un certo numero di gruppi nazionali e internazionali compresi la CIA, la NSA, l'Interpol e il
servizio segreto svedese.
“Jim Morrison 2” reclama anche di essere la defunta rock star che, a un certo punto, abbandonò
la sua vecchia identità rock'n'roll per diventare una sorta di James Bond, indossando quel vestito e
quella cravatta proprio come Jim aveva predetto quando era ancora con i Doors.
Da qui nacque la teoria dei multipli Jim Morrison, secondo la quale Jim era in realtà diverse
persone o attori, tutti agenti dei servizi segreti. Lo scopo ultimo di questa complessa macchinazione,
naturalmente, ci sfugge e sembra più appartenere all'universo delle leggende urbane di massa.
Per esempio, alcuni sostenitori della teoria della fuga, insistono nell’affermare che il “Re
Lucertola” sia tuttora vivo e soggiorni in Iran.
Se andate ad Istanbul ricordatevi di Giacomo Morrisoni aka Jim Morrison; trovate il tempo per
andare a vedere i dervisci rotanti, confraternita sufi d’importanza assoluta. Vedrete coi vostri occhi
il sema e ascolterete la musica e le parole che accompagneranno i rotanti preti musulmani, e
capirete perché Giacomo era un derviscio.
Derviscio significa letteralmente “doorway”, soglia, l'entrata che porta da questo mondo
materiale ad un paradisiaco mondo celestiale. Jim Morrison e le sue “doors”, le porte della
conoscenza. Giacomo Morrisoni e le porte, un rapporto che unisce L.A. a Konya. La musica e la
danza sono fondamentali per il sufismo, tanto da essere la base attraverso la quale raggiungere
l'estasi che congiunge a Dio. Non è questo il concetto rappresentato sul palco da Jim nel momento
in cui, smettendo improvvisamente di cantare e ballare, crollava steso sulle assi del proscenio in
chiara estasi mistica, lontano da tutto e tutti? Giacomo era un derviscio. Non ho dubbi. L'amore
profano e il vino, tendenzialmente demonizzati dalla tradizione islamica, sono considerati
esperienze simboliche d'amore divino e di estasi mistica dalla tradizione orale sufi. Non è stato forse
proprio il grande Jim l'essere umano che ha incarnato questi concetti alla perfezione?
Jim Morrison sapeva che la gente è strana quando tu sei strano, così come sapeva che non
esistevano intermediari tra lui e Dio. Aveva solo bisogno di musica e di danza, per raggiungere un
altro sé stesso, per oltrepassare quelle porte che il resto del mondo preferisce chiudere mentalmente
a doppia mandata. “O giorno sorgi! Gli atomi danzano, le anime, perse nell'estasi, danzano;
sussurrerò alle tue orecchie dove ci porta la danza”. Potrebbe essere un testo dei Doors, ispirato dal
deserto del mojave e dal pejote, e invece sono le parole di una poesia del mevleva Rumi, fondatore
della confraternita dei mevlevi, ovvero i dervisci rotanti che ruotano in cerchio.
È proprio il caso di dirlo: qui "il cerchio si chiude". Jim e Rumi sentitamente ringraziano.
INTERVISTE A JIM MORRISON, A CURA DI LIZZE JAMES, 1968
LIBERTÀ E PAURA
Lizze James: "Penso che i fan dei Doors ti vedano come un Salvatore, il leader che li renderà
tutti liberi. Che sensazione provi al riguardo? È una specie di pesante fardello, non è vero?"
Jim Morrison: "È un assurdo. Come posso liberare chiunque non abbia il fegato di sollevarsi da
solo e di affermare la propria libertà? Penso che si tratti di una menzogna, quella della gente che
afferma di voler essere libera - tutti insistono a dire che la libertà è ciò che vogliono di più, la cosa
più sacra e preziosa che un essere umano possa avere. Ma queste sono stronzate! La gente è
terrorizzata dall'idea di essere liberata - loro stessi serrano le loro catene, combattono chiunque
cerchi di spezzare quelle catene. Sono la loro sicurezza... Come possono aspettarsi che io o
chiunque altro li liberi se in realtà non vogliono essere liberi?"
Lizze: "Perché pensi che la gente tema la libertà?"
Jim: "Penso che la gente faccia resistenza alla libertà perché ha paura dell'ignoto. Ma è
singolare... che l'ignoto una volta fosse davvero ben noto. È ciò a cui appartengono le nostre
anime... L'unica soluzione è di confrontarsi - confrontare il proprio Io - con la più grande paura
immaginabile. Di a te stesso le tue paure più profonde. Dopo di ciò, la paura non ha più potere, e la
paura della libertà si restringe e svanisce. Tu sei libero".
Lizze: "Cosa intendi quando dici "libertà"?"
Jim: "Ci sono diversi tipi di libertà, e ci sono parecchi equivoci in proposito... Il genere più
importante di libertà è di essere ciò che si è davvero. Si baratta la propria libertà per un ruolo. Si
barattano i propri sensi per un atto. Si svende la propria capacità di sentire, e in cambio si indossa
una maschera. Non potrà esserci alcuna rivoluzione di massa fino a che non ci sarà una rivoluzione
personale, a livello individuale. Prima deve avvenire all'interno... Si può privare un uomo della sua
libertà politica e non lo si ferirà - finché non lo si priverà della sua libertà di sentire. Questo può
distruggerlo".
Lizze: "Ma com’è possibile privare qualcuno della sua libertà di sentire?"
Jim: "Alcune persone rinunciano volentieri alla propria libertà - mentre altre sono costrette a
rinunciarvi. L'imprigionamento comincia con la nascita: la società, i genitori, si rifiutano di lasciarti
vivere la libertà per la quale sei nato. Ci sono modi sottili di punire una persona per metterne alla
prova la capacità di sentire. Puoi ben vedere che chiunque attorno a te ha distrutto la sua vera natura
emozionale. Si imita ciò che si vede".
Lizze: "Stai dicendo che noi siamo, in effetti, portati a difendere e perpetuare una società che
priva la gente della libertà di sentire?"
Jim: "Certo. Insegnanti, capi religiosi - anche amici, o cosiddetti amici - riprendono da dove
hanno lasciato i genitori... Ci dicono di provare soltanto le sensazioni che essi vogliono e si
aspettano da noi. Per tutto il tempo ci chiedono di rappresentare sensazioni per loro. Siamo come
attori - abbandonati in questo mondo per vagare alla ricerca di un fantasma... cercando una semidimenticata ombra della nostra perduta realtà. Quando gli altri ci chiedono di diventare le persone
che essi vogliono che noi siamo, ci costringono a distruggere le persone che siamo davvero. È una
sottile forma di omicidio... i genitori che più amano compiono questo omicidio con il sorriso in
faccia".
Lizze: "Pensi che sia possibile per un individuo liberare se stesso da tali forze repressive da
solo?"
Jim: "Questo genere di libertà non può essere concessa. Nessuno può conquistarla per te. Si deve
fare da se. Se è qualcun altro che lo fa per te sarai ancora dipendente dagli altri. E sarai ancora
vulnerabile a quelle repressive, maligne forze esterne".
Lizze: "Ma alla gente che vuole questa libertà non è possibile unirsi combinando le proprie
energie per farsi forza reciprocamente? Deve essere possibile…"
Jim: "Gli amici possono aiutarsi reciprocamente. Un vero amico è qualcuno che ti lascia la totale
libertà di essere te stesso, e in particolare la libertà di sentire o di non sentire. È in questo che
consiste il vero amore - lasciare che una persona sia ciò che davvero è... La maggior parte delle
persone ti amano per quello che pretendono tu sia... Per ottenere il loro amore, devi fingere, esibirti.
Ottieni amore per la tua finzione... È vero, siamo ingabbiati in un'immagine, una messinscena - e la
cosa triste è che la gente è così abituata alla propria immagine, crescono attaccati alle proprie
maschere. Amano le proprie catene. Si dimenticano chi sono in realtà. E se cerchi di ricordarglielo,
per questo loro ti odiano - si sentono come se tu stessi cercando di carpirgli le loro proprietà più
preziose".
Lizze: "È beffardo, è triste. Essi non possono vedere che quello che stai cercando di mostrargli è
la strada verso la libertà?"
Jim: "La maggior parte delle persone non ha idea di quello che sta perdendo. La nostra società
assegna un valore supremo al controllo - al nascondere ciò che si sente. La nostra cultura deride le
"culture primitive" e si fa un vanto della repressione degli istinti e degli impulsi naturali".
Lizze: "In alcune delle tue poesie, ammiri apertamente e rendi omaggio ai popoli primitivi - gli
Indiani d'America, per esempio. Vuoi dire che non sono gli esseri umani in generale ma la nostra
specifica società che è carente e distruttiva?"
Jim: "Guarda come si vive nelle altre culture - in pace totale, in armonia con la Terra, le foreste,
gli animali... Loro non costruiscono macchine belliche e non investono milioni di dollari per
aggredire altri Paesi i cui ideali politici contrastano con i propri".
Lizze: "Viviamo in una società malata".
Jim: "È vero… e parte della malattia è che non siamo coscienti di essere malati... La nostra
società ha troppo da conservare, e valori come la libertà sono alla fine dell'elenco".
Lizze: "Ma non c'è qualcosa che un artista possa fare? Se tu, da artista, non senti di poter fare
qualcosa, come puoi andare avanti?"
Jim: "Io offro immagini, evoco i ricordi di libertà che possono ancora essere raggiunti - come Le
Porte, giusto? Ma noi possiamo soltanto aprire le porte, non possiamo trascinarvi la gente
attraverso. Io non posso liberarli senza che essi vogliano essere liberi più di ogni altra cosa... Forse i
popoli primitivi hanno meno stronzate in cui credere, a cui rinunciare - non si tratta soltanto della
ricchezza. Tutte le stronzate che ci hanno insegnato - tutto il lavaggio del cervello della società. Si
deve rinunciare a tutto ciò per raggiungere l'altro lato. La maggior parte degli individui non è
disposta a farlo".
SALVARE SE STESSI
Lizze James: "Nel tuo materiale dei primi tempi, per il primo album, c'è la sensazione di una
visione apocalittica - "aprirsi un varco" - una trascendenza. La vedi ancora come una reale
possibilità?"
Jim Morrison: "Ora è diverso... Si era soliti credere che fosse possibile generare un movimento, la
gente che si solleva e si unisce in una protesta di massa, rifiutando di essere ancora repressa - vedi,
avrebbero dovuto unire tutte le loro forze per rompere ciò che Blake definisce "le manette forgiate
dalla mente"... I tempi della strada dell'amore sono finiti. Certo, è possibile andare oltre, ma non a
livello di massa, non una ribellione universale. Ora ha preso posto ad un livello individuale - ogni
uomo per se stesso, come si dice. Salva te stesso. La violenza non sempre è malvagia. Quello che è
malvagio è l'infatuazione per la violenza".
Lizze: "Che cosa la provoca?"
Jim: "Se energie e impulsi naturali vengono severamente repressi per troppo tempo, essi
divengono violenza. E naturale per qualcosa che è stato a lungo compresso diventare violenza
quando viene rilasciato... una persona che è stata troppo severamente repressa prova grande piacere
in quei violenti rilasci... che probabilmente sono rari e brevi. Così si diviene infatuati della
violenza".
Lizze: "Ma allora, la vera fonte del male non è la violenza, o l'infatuazione per essa, ma sono le
forze repressive..."
Jim: "È vero. Ma in qualche caso l'infatuazione di un individuo per la violenza implica una
segreta complicità con i suoi oppressori. La gente cerca i tiranni. Li adora e li sostiene. Collabora
con le limitazioni e le regole, e risulta incantata dalla violenza implicita nelle loro brevi ribellioni".
Lizze: "Ma perché è così?"
Jim: "Per tradizione, forse - per le colpe dei padri. L'America è stata concepita con la violenza.
Gli americani sono attratti dalla violenza. Sono attratti oltre il lecito dalla tanto avversata violenza.
Sono ipnotizzati dalla televisione - la televisione è un invisibile velo che protegge dalla mera realtà.
Il male della cultura del Ventesimo Secolo è l'incapacità di sentire la propria realtà. La gente si
riunisce a grappoli davanti alla televisione, a vedere telenovele, film, commedie, idoli pop, e
sperimenta selvagge emozioni attraverso dei simboli. Ma nella realtà della loro vita, essi sono
emozionalmente morti".
Lizze: "Ma perché? Che cosa ci fa rifuggire dalle nostre sensazioni?"
Jim: "Abbiamo meno paura della violenza che delle nostre sensazioni. Il dolore personale,
privato, solitario, è più terrificante di quello che chiunque altro può infliggere".
Lizze: "Non capisco..."
Jim: "La gente tenta di nascondere i propri dolori, ma sbaglia. Il dolore è qualcosa da
trasportare, come una radio. Sperimentando il dolore puoi sentire la tua forza. Sta tutto in come lo
porti. E questo che conta. Il dolore è una sensazione, le tue sensazioni fanno parte di te, sono la tua
realtà. Se ne provi vergogna, e se le nascondi, lasci che la società distrugga la tua realtà. Dovresti
ribellarti per il tuo diritto di sentire il tuo dolore".
Lizze: "Ti vedi ancora come lo sciamano? Parecchi dei fan dei Doors ti vedono come colui che li
condurrà alla salvezza. Accetti questo ruolo?"
Jim: "Non sono sicuro che sia la salvezza quello che la gente vuole, e neppure che io ve la
conduca. Lo sciamano è un guaritore, come lo stregone. Non credo che la gente si rivolga a me per
questo, non mi vedo come il Salvatore".
Lizze: "E allora per cosa si rivolgono a te?"
Jim: "Vedo il ruolo dell'artista come sciamano e capro espiatorio. La gente proietta le proprie
fantasie su di lui e le loro fantasie prendono vita. La gente può distruggere le proprie fantasie
distruggendo lui. Io obbedisco agli stessi impulsi di ciascuno, ma non lo ammetterò mai.
Attaccando me, punendomi, loro possono sentirsi sollevati da questi impulsi".
Lizze: "Era questo che intendevi prima, riguardo al fatto che la gente prova emozioni selvagge
attraverso i simboli - gli idoli pop, ad esempio?"
Jim: "Certo. La gente ha paura di se stessa - della propria realtà, e soprattutto delle proprie
sensazioni. La gente parla di quanto sia grande l'amore, ma questa è una stronzata. L'amore ferisce.
Le sensazioni sono fastidiose... Alla gente è stato insegnato che il dolore è maligno, è pericoloso.
Come possono avere a che fare con l'amore se hanno paura di sentire?"
Lizze: "È per questo che hai detto: "Mia sola amica, la Fine"?"
Jim: "Talvolta il dolore è troppo grande perché lo si esamini, o anche solo perché sia
tollerabile... E comunque questo non lo rende maligno, o necessariamente pericoloso. Ma la gente
ha paura della morte, e più ancora del dolore. È strano che abbia paura della morte. La vita ferisce
molto di più della morte. Al momento della morte, il dolore è finito. Sì, credo che sia un'amica..."
Lizze: "La gente vede il sesso come il grande liberatore... Parecchie tue canzoni non sono una
strada che conduce alla libertà attraverso il sesso?"
Jim: "Il sesso può essere liberatorio... Ma può anche essere una trappola".
Lizze: "Che cosa fa la differenza?"
Jim: "Dipende da quanto una persona ascolta il proprio corpo, le proprie sensazioni. La maggior
parte delle persone sono troppo occupate a coprire le proprie sensazioni per poterle ascoltare".
Lizze: "Il sesso non è un modo di amplificare le sensazioni?"
Jim: "La sessualità è zeppa di menzogne. Il corpo tenta di dire la verità. Ma solitamente è troppo
colpito dalle regole per essere ascoltato, è legato con finzioni così che difficilmente può muoversi.
Noi ci rendiamo zoppi con le menzogne".
Lizze: "Come possiamo aprirci un varco tra regole e menzogne?"
Jim: "Ascoltando il nostro corpo, aprendo i nostri sensi. Blake ha detto che il corpo è la prigione
dell'anima fino a che i cinque sensi non sono pienamente sviluppati e aperti. Lui considerava i sensi
le "finestre dell'anima". Quando il sesso coinvolge tutti i sensi, può essere una sorta di esperienza
mistica".
Lizze: "In diversi dei tuoi brani, come Crystal Ship, Soft Parade, Soul Kitchen, presenti il sesso
come una fuga - un rifugio o un santuario. Io sono sempre stato affascinato dal modo in cui i tuoi
testi propongono paralleli tra sesso e morte: Moonlight Drive ne è uno splendido esempio. Ma
questo non è il definitivo rifiuto del corpo?"
Jim: "Niente affatto - è l'opposto. Se si rifiuta il proprio corpo, esso diventa la propria cella di
prigionia. È un paradosso: bisogna andare oltre i limiti del corpo, ci si deve immergere in esso, si
devono spalancare i propri sensi... Non è così facile accettare il proprio corpo - ci hanno insegnato
che il corpo è qualcosa da controllare, da dominare, processi naturali come pisciare e cagare sono
considerati sporchi... Le tendenze puritane muoiono lentamente. Come può essere liberatorio il
sesso se in realtà non si vuole toccare il proprio corpo, se si tenta di eluderlo?"
FRASI DUBBIOSAMENTE PROFETICHE
“C'è sangue nelle strade.
Arriva ai miei fianchi.
Sangue nel mio amore.
Nella terribile estate.”
“Sono sempre stato attratto dalle idee di rivolta contro l'autorità. Amo l'idea di spazzare via e
sopraffare l'ordine costituito. Sono interessato a tutto quello che riguarda la rivolta, il disordine e il
caos e specialmente a tutte quelle attività che non sembrano avere alcun significato. Mi sembra che
questo rappresenti la strada verso la libertà. La rivolta esterna è un modo per determinare la propria
libertà interiore. Ma la cosa principale è che noi siamo i Doors... Il mondo che suggeriamo è quello
di un nuovo selvaggio West. Un mondo sensualmente malvagio.”
“Dove saremo, quando l'estate se ne sarà andata?
Il mattino ci ha trovato tranquillamente inconsapevoli.
Il pomeriggio ha bruciato l'oro nei nostri capelli.
La notte abbiamo nuotato nel mare ridente.
Quando l'estate sarà finita, dove saremo?”
“Vedo che la stanza da bagno è pulita.
Penso che qualcuno sia vicino.
Sono sicuro che qualcuno mi stia seguendo, oh sì [...]”
“Ti dirò questo, nessuna ricompensa eterna ci perdonerà adesso per aver sprecato l'alba”
Break On Through (to The Other Side)
“Tu sai che il giorno distrugge la notte, la notte divide il giorno. Ho cercato di correre Ho cercato di
nascondermi Fuggire dall'altra parte, si Abbiamo inseguito i nostri piaceri qui Disseppellito i nostri
tesori lì Ma tu puoi ancora ricordare Il tempo in cui piangemmo Tutti amano il mio amore Lei ti fa
volare […] Occhi che mentono Fuggire dall'altra parte Oh si! Ho recitato la parte Settimana per
settimana Giorno per giorno Ora per ora Il cancello e' davanti Largo e profondo Fuggire dall'altra
parte Fuggire Sì […].”
The Celebration Of The Lizard
“[…] Una bestia rinchiusa nel cuore della città Il corpo di sua madre Marcisce nella terra estiva Lui
scappa dalla città E’stato nel profondo sud e ha attraversato i confini ha lasciato caos e disordine
alle sue spalle Una mattina si é svegliato in un verde hotel Con una strana creatura che geme al suo
fianco Sudore gocciolava dalla sua pelle splendente C’é qualcuno? La cerimonia sta per iniziare
Svegliati! Non riesci a ricordare dov’era Era finito il sogno? […] Avevamo paura di toccarlo Le
lenzuola erano calde prigioni di morte Ora, corri verso lo specchio in bagno guarda! Non riesco a
vivere quei suoi lenti movimenti Perdo il controllo Le fresche e lisce piastrelle Sentono il buon
sangue fresco e pungente I calmi sibilanti serpenti di pioggia. […] Chiudi gli occhi e dimentica il
tuo nome Dimentica il mondo, dimentica la gente E costruiremo un campanile differente Questo
giochetto è divertente da fare Chiudi gli occhi, non puoi perdere Io sono qui, lo faccio anch'io
Lasciati andare, stiamo entrando dentro La strada del ritorno nel profondo dei ricordi Indietro dove
non ci sarà mai sofferenza e la pioggia scende gentile sulla città nel labirinto delle correnti Al di
sotto, la presenza quieta e soprannaturale di nervosi paesani nelle calme colline circostanti […]
Aspetta C’è stato un massacro qui (non smettere di parlare o di guardare in giro I tuoi guanti & i fan
sono a terra Stiamo scappando dalla città Stiamo scappando di corsa E tu sei quello che voglio che
venga) Non toccare la terra Non guardare il sole non si può fare nient'altro che correre […]
corriamo La casa sulla collina La luna scende lentamente Ombre degli alberi testimoniando la
brezza selvaggia Vieni baby corri con me corriamo […] La villa è calda, in cima alla collina
Camere eleganti e confortevoli Braccioli rossi di lussuose poltrone e tu non saprai niente finché non
entri dentro Il corpo del presidente morto nella sua auto Il motore gira su colla e catrame Vieni, non
andiamo molto lontano Verso est per incontrare Czar Alcuni fuorilegge abitano sulle rive del lago
[…] Lascia suonare le campane del luna-park Lascia cantare il serpente Lascia ogni cosa
Arrivammo laggiù I fiumi e le autostrade arriviamo laggiù dalle Foreste e dalle cascate Arrivammo
da Carson e Springfield Arrivammo da Phoenix affascinati e posso dirti I nomi del regno Posso dirti
Le cose che sai Ascoltando per un minuto di silenzio Scalando vallate nell’ombra Sono il re
lucertola posso fare tutto ciò che voglio Posso fermare la terra nel suo cammino Ho fatto in modo
che le macchine blu se ne andassero Per sette anni ho vissuto nel palazzo perduto dell’esilio
giocando strani giochi Con le ragazze dell’isola Ora sono tornato Nella terra del giusto, del forte e
del saggio Fratelli e sorelle della pallida foresta o bambini della notte […] Ora la notte arriva con la
sua legione viola Ritirati ora nelle tue tende e nei tuoi sogni Domani entriamo nella mia città natale
voglio essere pronto.”
The End
“Questa è la fine magnifico amico […] mio unico amico, la fine dei nostri piani elaborati, la fine di
ogni cosa stabilita, la fine né salvezza o sorpresa, la fine non guarderò nei tuoi occhi... mai più puoi
immaginarti come sarà così senza limiti e libero disperatamente bisognoso di una... mano straniera
in un... paese disperato […] tutti i bambini sono alienati aspettando la pioggia estiva […] Autista,
dove ci porti L'assassino si svegliò prima dell'alba, s'infilò gli stivali Prese una maschera dall'antica
galleria e s'incamminò verso l'atrio […] mi fa male liberarti ma tu non mi seguirai mai la fine delle
risate e delle dolci bugie la fine delle notti in cui tentammo di morire Questa è la fine.”
When The Music's Over
“[…] Vieni Quando la musica é finita […] Cancella la mia sottoscrizione alla resurrezione Invia le
mie credenziali alla "Casa di detenzione" ho degli amici lì La faccia nello specchio non si ferma La
ragazza alla finestra non vuole cadere Una festa tra amici, "Sopravvivi!" lei piangeva Aspettando
me, fuori! Prima che sprofondo nel lungo sonno voglio ascoltare, […] Il grido della farfalla […]
torna tra le mie braccia Siamo stanchi di vagare aspettando con le nostre teste per terra ho sentito un
suono molto gentile, molto vicino e già molto lontano […]Con il tuo orecchio al suolo vogliamo il
mondo e lo vogliamo ora […]”
“Mi domando come fare per circuire il tuo corpo. Mi domando come fare per svelare i tuoi segreti.
Mi domando come fare per amarti davvero.”
“Quando il mio corpo sarà cenere il mio nome sarà leggenda”
“Per me non si è trattato di un’esibizione, di una cosiddetta performance. Era una questione di vita o
di morte, un tentativo di comunicare, di coinvolgere molte persone nel privato mondo del pensiero”
IL GIARDINO SEPARATO
“Oh, Sono Stufo del dubbio Di vivere alla luce di un certo Sud […] Sono stufo di facce severe Che
mi fissano dalla torre televisiva […] Sai quanto pallida e sfrenatamente eccitante viene la morte a
una strana ora inattesa, imprevista come uno spaventoso ospite più che amichevole che ti sei portato
a letto La morte rende angeli tutti noi e ci dà ali dove avevamo spalle lisce come corvine grinfie
Basta denaro, basta abiti di lusso Quest'altro Regno é di gran lunga migliore finché la sua doppia
faccia rivela l'incesto e la libera obbedienza a una legge idiota Non andrò Preferisco una Festa di
Amici Alla Grande Famiglia”
RADIO TEXAS E IL GRANDE RITMO:
“[…] Abbiamo eretto piramidi in onore della nostra fuga Beh, questo è il Paese dove morì il
Faraone Bambini Il fiume contiene esemplari Voci di donne cantano invitandoci a un remoto sbarco
E stranno dicendo: "Dimentica la notte Vivi con noi nelle foreste d'azzurro" […] E un mattino ti sei
svegliato E lo strano sole E aprendo la tua porta...”
“A volte non basta una vita per cancellare un attimo, ma basta un attimo per cancellare una vita.”
“Vivere senza tentare, significa rimanere con il dubbio che ce l'avresti fatta.”
“Se devi vivere tutta la vita strisciando come un verme, alzati e muori!”
“Quando moriremo andremo sicuramente in Paradiso, perché l'Inferno l'abbiamo già vissuto qui.”
“L'anima di una persona è nascosta nel suo sguardo, per questo abbiamo paura di farci guardare
negli occhi.”
“Non pentirti di qualcosa che hai fatto, se quando l'hai fatta eri felice.”
“La vita è una grande avventura dalla quale nessuno è mai uscito vivo.”
“Non vivere con la paura di morire, ma muori con la gioia di aver vissuto.”
“Sono il Re Lucertola, e posso fare qualsiasi cosa: dialogare coi poteri occulti, evocare le forze del
male.”
“Ognuno di noi ha un paio di ali, ma solo chi sogna impara a volare.”
“Non diventerò vecchio: io sono come una stella cadente.”
“Volevo provare i confini della realtà, ero curioso di vedere cosa sarebbe successo. Tutto qui... solo
curiosità.”
“Esiste una realtà che si conosce e una che rimane avvolta nel mistero, il regno dell'ignoto si
sovrappone a quello del mondo conosciuto e a metà ci siamo noi "The Doors", le porte della
percezione, un varco tra queste due dimensioni.”
“I Doors sono sacerdoti dell'ignoto, che interagiscono con la realtà fisica. Perchè l'uomo non è solo
spirito ma anche sensualità.”
“Non fuggire in cerca di libertà quando la più grande prigione è dentro di te.”
“Sei rinchiusa nella prigione che ti sei inventata.”
“Non serve strappare le pagine della vita, basta saper voltare pagina e ricominciare.”
“Io non sarò mai nessuno, ma nessuno sarà mai come me.”
“Ho inscenato la mia morte per tornare a vivere.”
“Non c'è notte tanto grande da non permettere al sole di risorgere il giorno dopo.”
“Ogni cosa sembra li per se stessa ma in realtà è qualcosa d'altro.”
“Fra il bene e il male c'è una porta... io l'aprirò.”
“Il passato è stato ciò che ho voluto mentre il futuro sarà quel che vorrò.”
“In ognuno di noi c'è qualcosa d'immortale che tende all'infinito... e all'infinito sopravvive.”
“Sono un abitante di una città. Mi hanno scelto per interpretare il Principe di Danimarca. Povera
Ofelia. Tutti i fantasmi che non hai mai visto, galleggi nella maledizione di una candela d’acciaio.
Hai lasciato il tuo Nulla Per competere con il Silenzio. Spero che tu possa uscire, Sorridendo, Come
un fanciullo Nel fresco ricordo Di un sogno. Uomo angelico, In lotta con i Demoni, Per le sue mani
e le sue dita Finalmente hai rivendicato Quest’anima Benevolente, Ofelia. Foglie, inzuppate
Di seta. Il trampolino, il tuffo, La piscina. Eri un combattente, Una musa damascata e profumata di
muschio. Eri il sole Per giovani abbruttiti Da pomeriggi televisivi. Un cavallo di razza senza
marchio. Nessuna possibilità, Requiem per un grande. Quel sorriso, Quello sguardo lascivo, Da
satiro, Che ci ha fatto sobbalzare Nell’argilla.”
“Fra un certo numero di anni, insomma quando non ci sarò più, sia che crepi di fame o mi tiri un
colpo, io il buffone d’oggi sarò analizzato dai professori fino all’ultima virgola per spiegare come,
quando e dove è sorto il mio fenomeno. Dalla cattedra un idiota frontuto sproloquierà sul Dio
Diavolo. Si inchinerà la folla, servile e vana. Non mi riconoscerete, io non sarò più io.”
“Si può fare qualsiasi cosa, purché sia in armonia con le forze dell’universo, della natura, della
società, eccetera. Se è in armonia, se funziona va bene tutto. Se però, per un qualunque motivo, sei
su un altro binario rispetto alle persone che ti circondano, sta certo che urterai la loro sensibilità. E
allora o sparisci o se ne andranno loro e ti reprimeranno.”
“Spero di morire verso i cento novant’anni, conservando il mio umorismo e in un bel letto
comodo. Non vorrei nessuno intorno. Vorrei solo placidamente andare alla deriva.”
Ma, in sostanza, Jim Morrison è vivo o la sua polvere è racchiusa in una cassa dal 3 luglio del
1971?
Come pensavo al termine di questa indagine non sono giunto a nessuna conclusione, lasciando il
velo misterioso sulla morte o meno del “Re Lucertola”. Ammantato sempre da quella complicata
immagine che lo ritrae, con il suo sguardo fisso, che sembra seguirti ovunque, Jim continuerà
dunque ad impegnare le nostre nottate, passando da un dubbio ad una certezza, attraverso una
riflessione o un ragionamento, lasciandoci sempre con quella perplessità inevitabile. Continueremo
a parlarne, a discutere, a cercare di mettere la parola fine ai nostri discorsi, magari con illazioni
spesso irrazionali, sfiorando anche, a volte, l’assurdo.
Forse egli stesso non consente che si arrivi mai ad una certezza, preferendo così l’immortalità
dell’incertezza sulle ipotesi che lo riguardano.
Forse preferisce che si ascolti la sua musica e si leggano le sue liriche, evitando di approfondire
le vicissitudini che lo hanno portato ad essere quello che è stato, ossia un fenomeno contemporaneo
che da oltre quarant’anni affascina, e credo continuerà a stregare e sedurre milioni di giovani, che,
come noi, non vogliono darsi pace.
Vi starete chiedendo, ora, dopo aver letto queste venti pagine, perché non rinunciamo e
abbandoniamo l’idea di una non-morte, evitandoci così un assillo che non ci permette di dormire la
notte. Ve lo spiego subito.
Forse siamo alla ricerca disperata dei suoi insegnamenti, oppure soltanto della conferma che si
può sopravvivere nel ricordo, sia esso incarnato in una canzone, una t-shirt o un poster.
In qualche modo “Re Lucertola” ci trasmette emozioni, e con quel suo insolito destino, un soffio
di immortalità. C’illude di aver potuto dare, finalmente, un nome alla bellezza, che nasce proprio da
quest’insanabile, stridente contrasto con il reale, con ciò che è e quello che, invece, avrebbe potuto
essere.
Per noi “Mr. Mojo” non morirà mai.
P.S. A proposito! (Vedi copertine). Recentemente, analizzando una fotografia che ritrae un uomo
al fianco della tomba di Jim, al Père Lachaise, si nota, sullo sfondo, una sorta di ombra luminosa,
con le braccia aperte, avvolte in una camicia bianca, e dei pantaloni neri (forse in pelle). Proprio
come aveva l’abitudine fare lui. Sarà il fantasma di Jim che si aggira ancora nel luogo in cui
attraversò le porte della percezione? O sarà solo un gioco di luci?
Grazie.
Giampietro Delogu
Non è un fotomontaggio!
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