Prodotti scalari. Basi ortonormali. Matrici ortogonali.

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LEZIONE 20
20.1. Prodotti scalari.
Definizione 20.1.1. Sia V uno spazio vettoriale su R. Un prodotto scalare su V
è un’applicazione
h·, ·i: V × V −→ R
(v1 , v2 ) −→ hv1 , v2 i
tale che:
(PS1) per ogni v1 , v2 ∈ V si ha hv1 , v2 i = hv2 , v1 i (il prodotto scalare è commutativo);
(PS2) per ogni v1 , v2 , v3 ∈ V si ha hv1 , v2 + v3 i = hv1 , v2 i + hv1 , v3 i (il prodotto
scalare è distributivo rispetto alla somma);
(PS3) per ogni α ∈ R e v1 , v2 ∈ V si ha αhv1 , v2 i = hαv1 , v2 i;
(PS4) per ogni v ∈ V \ { 0V } si ha hv, vi > 0 (il prodotto scalare è definito
positivo).
Osservazione 20.1.2. Sia V uno spazio vettoriale su R. Elenchiamo di seguito
alcune ovvie proprietà dei prodotti scalari su V .
i) Sia v0 ∈ V fissato. Allora l’applicazioni
h·, v0 i: V −→ R
v −→ hv, v0 i
è lineare. Per la commutatività del prodotto scalare segue anche la linearità
dell’applicazione
hv0 , ·i: V −→ R
v −→ hv0 , vi.
Per questa doppia proprietà di linearità si dice spesso che il prodotto scalare è
un’applicazione bilineare.
ii) Si ha allora che h0, vi = hv, 0i = 0 per ogni v ∈ V : in particolare hv, vi = 0 se e
solo se v = 0.
iii) Chiaramente se W ⊆ V è un sottoinsieme ha senso considerare la restrizione
h·, ·i|W ×W , che è un prodotto scalare su W .
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1
2
20.1. PRODOTTI SCALARI
Definizione 20.1.3. Sia V uno spazio vettoriale
su R munito di prodotto scalare
p
h·, ·i. Per ogni v ∈ V il numero |v| = hv, vi si dice modulo di v: i vettori di
modulo 1 si dicono versori.
Esempio 20.1.4. Nello spazio V3 (O) dei vettori applicati in O si può definire un
prodotto scalare in V3 (O) ponendo
h~v , wi
~ = |~v | |w|
~ cos(~vc
w)
~
(20.1.3.1)
per ogni coppia di vettori ~v , w
~ ∈ V3 (O) non nulli. Se O~ı~~k è un fissato sistema di
riferimento nello spazio e ~v = vx~ı + vy~ + vz~k , w = wx~ı + wy~ + wz~k , è noto che
h~v , wi
~ = vx w x + vy w y + vz w z .
Esempio 20.1.5. Sia V = Rn . Se x = (x1 , . . . , xn ) e y = (y1 , . . . , yn ) si definisce
prodotto scalare standard
hx, yi = x1 y1 + · · · + xn yn .
Si noti che in tal caso risulta
hx, yi = xt y = xIn t y
come prodotto di matrici. Il fatto che tale applicazione soddisfi le prorietà (PS1),
(PS2) e (PS3) è evidente dalla definizione. Per quanto riguarda la proprietà (PS4)
si noti che
hx, xi = x21 + · · · + x2n :
ma una somma di numeri reali non negativi, come lo sono i quadrati di numeri
reali, è non negativa ed è nulla se e solo se tutti gli addendi sono nulli.
Si noti che questo non è l’unico possibile prodotto scalare che possiamo definire
su Rn . Per esempio si verifichi che l’applicazione
((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) 7→ 3x1 y1 + x2 y2 /2
è un prodotto scalare in R2 diverso dal prodotto standard. Si noti che
3
0
y1
3x1 y1 + x2 y2 /2 = ( x1 x2 )
.
0 1/4
y2
Sia V uno spazio vettoriale su R munito di prodotto scalare h·, ·i. Se v, w ∈
V \ { 0V }, per ogni t ∈ R si ha
|v|2 − 2thv, wi + t2 |w|2 = hv − tw, v − twi ≥ 0.
Il primo membro di tale trinomio non può avere radici distinte, dovendo altrimenti
cambiare di segno, quindi hv, wi2 − |v|2 |w|2 ≤ 0: essendo |v|, |w| > 0 segue allora
la cosiddetta disuguaglianza di Cauchy–Schwartz.
LEZIONE 20
3
Proposizione 20.1.6. Sia V uno spazio vettoriale su R munito di prodotto scalare
h·, ·i. Per ogni v, w ∈ V
(20.1.6.1)
|hv, wi| ≤ |v||w|
Inoltre vale l’uguaglianza in (20.1.6.1) se e solo se v e w sono proporzionali.
Dimostrazione. Rimane da dimostrare la seconda affermazione. Vale l’uguaglianza
in (20.1.6.1) se e solo se l’equazione |v|2 −2thv, wi+t2 |w|2 = 0 ha soluzione, ovvero
se e solo se hv − tw, v − twi = 0 ha soluzione, cioè se e solo se v = tw. Osservazione 20.1.7. Sia V uno spazio vettoriale su R munito di prodotto scalare
h·, ·i.
i) Se v, w ∈ V \ { 0V } allora
−1 ≤
hv, wi
≤1:
|v||w|
possiamo perciò definire l’angolo fra v e w come
hv, wi
.
vw
c = arccos
|v||w|
Si ha quindi hv, wi = |v||w| cos(vw)
c che generalizza la (20.1.6.1) a prodotti
scalari qualsiasi.
ii) Sempre da 20.1.5 ricaviamo la disuguaglianza triangolare:
|v + w|2 = hv + w, v + wi = |v|2 + hv, wi + hw, vi + |w|2 =
= |v|2 + 2hv, wi + |w|2 ≤ |v|2 + 2|hv, wi| + |w|2 ≤
≤ |v|2 + 2|v||w| + |w|2 = (|v| + |w|)2 ,
quindi |v + w| ≤ |v| + |w|. In modo analogo verificare che |v − w| ≥ ||v| − |w||.
Esempio 20.1.8. Sia I = [a, b] ⊆ R non vuoto e si consideri nello spazio C 0 (I)
l’applicazione
Z b
hf, gi =
f (x)g(x)dx.
a
Che le proprietà di prodotto scalare (PS1), (PS2), (PS3) siano soddisfatte è ovvio.
Inoltre il teorema della permanenza del segno per funzioni continue ci assicura che
anche la condizione (PS4) è soddisfatta.
In questo caso la disuguaglianza di Cauchy–Schwartz diviene
s
Z
sZ
Z b
b
b
2
f (x)g(x)dx ≤
f (x) dx
g(x)2 dx.
a
a
a
4
20.2. BASI ORTONORMALI
Per ogni f ∈ C 0 (I) la quantità
s
Z
b
|f |2 =
f (x)2 dx
a
viene detta norma L2 di f .
20.2. Basi ortonormali.
Definizione 20.2.1. Sia V uno spazio vettoriale su R munito di prodotto scalare
h·, ·i. I vettori v1 , v2 ∈ V si dicono ortogonali (o perpendicolari) se hv1 , v2 i = 0 ed
in tal caso si scrive v1 ⊥ v2 .
L’insieme { v1 , . . . , vn } ⊆ V si dice ortogonale se vi ⊥ vj per i, j ∈ I con i 6= j.
L’insieme { v1 , . . . , vn } ⊆ V si dice ortonormale se è ortogonale ed i vi sono
versori.
Se V è finitamente generato, una base ortonormale B = (v1 , . . . , vn ) è una base
di V tale che l’insieme { v1 , . . . , vn } sia ortonormale.
In base alla definizione concludiamo che l’insieme { v1 , . . . , vn } ⊆ V è ortonormale se per ogni i, j = 1, . . . , n
hvi , vj i = δi,j =
1
i = j,
0
i 6= j.
Esempio 20.2.2. Si fissi un sistema di riferimento O~ı~~k nello spazio. Allora
l’insieme { ~ı , ~ , ~k } è ortonormale in V3 (O) rispetto al prodotto scalare geometrico
(si veda l’Esempio 20.1.4). Si noti che B = (~ı , ~ , ~k ) viene quindi ad essere una
base ortonormale di V3 (O).
Esempio 20.2.3. Si consideri lo spazio Rn munito del prodotto scalare h·, ·i
definito nell’Esempio 20.1.5. Allora i vettori della base canonica formano un
insieme { e1 , . . . , en } ortonormale: perciò la base canonica C = (e1 , . . . , en ) è
una base ortonormale.
Invece { e1 , e2 } non è ortonormale rispetto al prodotto scalare
((x1 , x2 ), (y1 , y2 )) 7→ 3x1 y1 + x2 y2 /2
√
introdotto
nello
stesso
esempio.
Infatti
è
vero
che
e
⊥
e
ma
|e
|
=
1
2
1
√
√ √ 3 e
|e2 | = 1/ 2. Concludiamo che, rispetto a tale prodotto scalare, { e1 / 3, 2e2 }
è ortonormale.
LEZIONE 20
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Esempio 20.2.4. Si consideri lo spazio V delle funzioni continue e periodiche di
periodo 2π. Per esempio 1, cos px, sin px ∈ V per ogni p ∈ N (si noti che sin px e
cos px hanno periodo minimo 2π/p). In V definiamo
1
hf, gi =
π
Z
π
f (x)g(x)dx :
−π
è facile verificare che h·, ·i è un prodotto scalare. Inoltre dall’analisi è noto che
√
√
h1/ 2, 1/ 2i = 1
1 se p = q 6= 0,
hcos px, cos qxi =
0 se p 6= q,
hsin px, cos qxi = 0
1 se p = q 6= 0,
hsin px, sin qxi =
0 se p 6= q,
√
quindi, per ogni N ∈ N, l’insieme { 1/ 2, cos px, sin qx }p,q=1,...,N è ortonormale.
Abbiamo visto che in tutti gli esempi trattati è sempre possibile determinare
una base ortonormale. Di fatto questo è un risultato generale che si può dimostrare
in modo algoritmico con il metodo di ortonormalizzazione di Gram–Schmidt. Ci
limiteremo ad enunciare il seguente risultato.
Proposizione 20.2.5. Sia V 6= { 0V } uno spazio vettoriale finitamente generato
su R munito di prodotto scalare h·, ·i. Allora esistono in V basi ortonormali. L’importanza ed utilità delle basi ortonormali è data dalla seguente
Proposizione 20.2.6. Sia V uno spazio vettoriale su R munito di prodotto scalare
h·, ·i. Sia { v1 , . . . , vn } ⊆ V è un insieme ortonormale. Allora:
i) v1 , . . . , vn sono linearmente indipendenti;
ii) se V è finitamente generato e dimR (V ) = n, allora B = (v1 . . . , vn ) è una base
ortonormale di V e si ha v = hv, v1 iv1 + · · · + hv, vn ivn per ogni v ∈ V .
Dimostrazione. Per definizione { v1 , . . . , vn } ⊆ V è un insieme di vettori ortonormali se e solo se
0 se i 6= j,
hvi , vj i =
1 se i = j,
quindi, se α1 v1 + · · · + αn vn = 0 è una relazione di dipendenza lineare, si ha
0 = h0, vj i = hα1 v1 + · · · + αn vn , vj i = α1 hv1 , vj i + · · · + αn hvn , vj i = αj .
In particolare v1 , . . . , vn sono linearmente indipendenti.
Se V è finitamente generato e dimR (V ) = n, per la Proposizione 14.1.7, segue
che B è una base di V .
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20.2. BASI ORTONORMALI
In particolare per ogni v ∈ V esistono α1 , . . . , αn ∈ R tali che v = α1 v1 + · · · +
αn vn . Quindi
hv, vj i = hα1 v1 + · · · + αn vn , vj i = α1 hv1 , vj i + · · · + αn hvn , vj i = αj
per ogni j = 1, . . . , n. Il coefficiente hv, vj i viene spesso detto coefficiente di Fourier (di v rispetto a
vj ).
Esempio 20.2.7. Si consideri lo spazio R3 munito del prodotto scalare h·, ·i
definito nell’Esempio 20.1.5. I tre vettori v1 = 1/3(2, 2, 1), v2 = 1/3(1, −2, 2)
e v3 = 1/3(−2, 1, 2) formano un insieme { v1 , v2 , v3 } ortonormale, quindi B =
(v1 , v2 , v3 ) è una base di R3 .
Sia v = (1, 1, 1) ∈ R3 . Allora hv, v1 i = 5/3, hv, v2 i = hv, v3 i = 1/3: quindi,
come è anche facile verificare direttamente, risulta
v=
1
1
5
v 1 + v2 + v3 .
3
3
3
20.3. Matrici ortogonali.
Facciamo una breve digressione su un’importante famiglia di matrici, quelle
ortogonali.
Definizione 20.3.1. P ∈ Rn,n si dice ortogonale se t P P = In .
Prima di dare esempi di matrici ortogonali, facciamo alcune osservazioni.
Osservazione 20.3.2. Si noti che la matrice identità In è ortogonale in base alla
definizione data: anche ogni matrice ottenuta da In cambiando segno ad una o più
delle sue entrate è ortogonale.
Sia P ∈ Rn,n ortogonale.
i) Poiché t P P = In , segue che P è invertibile e P −1 = t P : in particolare si ha
anche P t P = In . In maniera analoga si dimostra che se P t P = In allora anche
t
P P = In , cioè P è ortogonale se e solo se P t P = In .
ii) Si ha 1 = det(In ) = det(t P P ) = det(t P ) det(P ) = det(P )2 , dunque det(P ) =
±1: quanto sopra osservato sulla matrice identità ci permette di affermare che
esistono matrici di entrambe i tipi.
iii) Poiché la riga i–esima di t P è la colonna i–esima Pi di P , la condizione t P P = In
si può leggere dicendo che il prodotto scalare standard (si veda l’Esempio 20.1.5
con la solita identificazione di Rn con Rn,1 ) delle colonne Pi e Pj di P è δi,j : in
altre parole una matrice è ortogonale se e solo se le sue colonne sono un insieme
ortonormale, rispetto al prodotto scalare standard, di n vettori di Rn,1 .
iv) In maniera simile, poiché anche P t P = In , anche le righe di P formano un
insieme ortonormale, rispetto al prodotto scalare standard, di n vettori di R1,n .
LEZIONE 20
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Le matrici ortogonali si dividono, quindi, in due classi non vuote, quelle con
determinante 1 e quelle con determinante −1. Ha senso dare un nome a questi
due tipi di matrici.
Definizione 20.3.3. Sia P ∈ Rn,n ortogonale. P si dice speciale se det(P ) = 1
non speciale det(P ) = −1.
Grazie a quanto osservato sopra, siamo perciò in grado di dare esempi non
banali di matrici ortogonali.
Esempio 20.3.4. Le matrici di R3,3


1 2
2
1
P1 =  2 1 −2  ,
3
2 −2 1

1
1
P2 =  2
3
−2

2 2
1 −2  ,
2 −1
sono ortogonali. La prima è non speciale, la seconda speciale.
Esempio 20.3.5. Determiniamo tutte le matrici ortogonali d’ordine 2. Sia
p1,1 p1,2
P =
∈ R2,2
p2,1 p2,2
ortogonale. La condizione P t P = I2 si traduce allora nel sistema
 2
2

 p1,1 + p1,2 = 1
p1,1 p2,1 + p1,2 p2,2 = 0

 2
p2,1 + p22,2 = 1.
La prima e la terza equazione implicano l’esistenza di ϑ, ϕ ∈ [0, 2π] tali che p1,1 =
cos ϑ, p1,2 = − sin ϑ, p2,1 = sin ϕ, p2,2 = cos ϕ. La seconda equazione è allora
equivalente a
0 = cos ϑ sin ϕ − sin ϑ cos ϕ = sin(ϕ − ϑ).
In particolare, a meno di multipli di 2π, si deve avere o ϕ = ϑ ovvero ϕ = ϑ + π.
Nel primo caso
cos ϑ − sin ϑ
P =
,
sin ϑ cos ϑ
(in tal caso P è ortogonale speciale) nel secondo
cos ϑ − sin ϑ
P =
− sin ϑ − cos ϑ
(in tal caso P è ortogonale non speciale).
Ricordiamo un’interpretazione geometrica delle matrici ortogonali speciali già
vista all’inizio del corso. Consideriamo nel piano due sistemi di riferimento O~ı~ ,
8
20.3. MATRICI ORTOGONALI
O~ı 0~ 0 e sia ψ l’angolo misurato in senso antiorario fra i versori ~ı e ~ı 0 . Allora si
deve avere ~ı 0 = a~ı + b~ , ~ 0 = c~ı + d~ e si ha, per la Proposizione 20.2.6 ii),
a = h~ı 0 ,~ı i = cos ψ,
c = h~ 0 ,~ı i = − sin ψ,
b = h~ı 0 , ~ i = sin ψ,
d = h~ 0 , ~ i = cos ψ.
Se ora considero ~v = x0~ı 0 + y 0~ 0 = x~ı + y~ , sostituendo le espressioni ottenute
sopra di ~ı 0 e ~ 0 in funzione di ~ı e ~ , tenendo conto che (~ı , ~ ) è una base di V2 (O),
si ottiene
0 x
cos ψ
sin ψ
x
=
.
0
y
− sin ψ cos ψ
y
Concludiamo che le matrici ortogonali speciali corrispondono alle rotazioni nel
piano. Per questo spesso indichiamo con Rψ la matrice
cos ψ
− sin ψ
sin ψ
cos ψ
.
Un’analoga interpretazione può essere data per matrici ortogonali in Rn,n con
n ≥ 3.
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