San Marino 18 settembre 2012 COMUNICATO STAMPA del Dipartimento della Formazione dell’Università di San Marino, in occasione della undicesima edizione del Convegno Internazionale sulla Dislessia Imparare: questo è il problema Dislessia: mille modi per crescere Il Convegno (brochure in allegato), organizzato dal Dipartimento della Formazione, in collaborazione con il Servizio Minori dell’Istituto di Sicurezza Sociale, avrà luogo presso il Centro Congressi Kursaal nelle giornate di venerdì 21 e sabato 22 settembre. Come per le passate edizioni, il Convegno ha l’Alto Patrocinio dell’Eccellentissima Reggenza e il Patrocinio delle Segreterie di Stato per l’Istruzione, l’Università e la Sanità della Repubblica di San Marino e della Commissione Nazionale Sammarinese UNESCO. Per la prima volta anche il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca della Repubblica Italiana patrocina questa manifestazione. Il tema del Convegno, Dislessia: mille modi per crescere, è rivolto, come tradizione, a medici, psicologi, logopedisti, ma quest’anno in particolare a coloro che operano nel campo della scuola e dell’extra-scuola. Così Giacomo Stella, responsabile scientifico, riassume gli argomenti che saranno trattati nelle due giornate di lavoro: La dislessia è una strada in salita, un percorso faticoso in cui a volte sembra di fare tanta fatica senza muoversi in avanti di un millimetro. A volte sembra invece di procedere per un po’ e poi di scivolare più indietro di prima. Alcuni adulti sono contenti di aver affrontato e vinto le difficoltà di crescere con la dislessia, altri invece ne sono stati vinti, altri ancora hanno dimenticato. La dislessia ha mille facce e mille storie diverse. Il Convegno si propone di riflettere sui dislessici che crescono; sui percorsi per aiutarli a crescere; sulla riabilitazione e i suoi mille approcci, ma soprattutto sulla scuola e la sua didattica e sulle mille soluzioni, ma anche sui mille ostacoli. I più autorevoli studiosi discuteranno di questi temi, indicando anche le nuove prospettive cliniche, applicative e di ricerca per il prossimo decennio. Il Convegno si articola in sessioni plenarie, workshop e poster. Saranno presenti le Case Editrici che dedicano particolare interesse alle pubblicazioni sui Disturbi Specifici di Apprendimento. Per un maggiore approfondimento si invia un brano, tratto dal libro di Giacomo Stella ed Enrico Savelli DISLESSIA OGGI Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la Legge 170 Negli ultimi anni si è assistito a un forte incremento dell'interesse per la Dislessia, e più in generale per i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), che costituiscono un fenomeno complesso e di vaste proporzioni sociali. Finora poco riconosciuto. Questo interesse si è ulteriormente accentuato con la recente promulgazione della Legge 170/2010, che detta i principi generali che devono guidare l'intervento, nell'ambito scolastico e sanitario, per garantire una gestione appropriata di questi disturbi, al fine di favorire la migliore realizzazione delle potenzialità delle persone che ne sono affette. Una mole di ricerche e di evidenze empiriche attesta che l'abilità di leggere e scrivere si fonda su meccanismi neurobiologici, genetici e neurofunzionali, che soprattutto in questo ultimo decennio sono stati chiariti con un crescente livello di dettaglio, individuando e descrivendo i circuiti cerebrali sui quali questa abilità si costruisce e opera. Questa dotazione costituzionale di cui ogni persona dispone alla nascita, che rende così facile il compito di apprendere a leggere e a scrivere, è la stessa che sta alla base della Dislessia quando alcune strutture cerebrali specializzate e i relativi processi cognitivo-linguistici sono alterati, per lo più come risultante di antecedenti anomalie genetiche. Per un normolettore apprendere a leggere (soprattutto l'ortografia italiana che si distingue per le sue caratteristiche di "trasparenza" e regolarità) è un compito facile e non troppo impegnativo; negli anni successivi, arrivare a leggere in modo fluente è una capacità che non richiede uno sforzo particolare. Così, anche se la letto-scrittura è per definizione un'abilità culturalmente mediata, che deve essere istruita e appresa, essa è destinata in poco tempo a diventare un'abilità automatizzata, proprio come il linguaggio orale o altre abilità motorie che vengono acquisite nel corso dello sviluppo. Il grado di automatizzazione raggiunto dalla lettura è così elevato che già dopo il terzo anno di scuola i bambini sono più veloci a leggere una parola “scritta” che a denominare l’immagine corrispondente (Stella e Savelli, 2010). Ma soprattutto, quando un’abilità si automatizza può essere eseguita senza alcuno sforzo volontario. Questo punto, apparentemente banale, è di particolare importanza per aiutarci a capire e a mettere a fuoco quale sia la natura del problema nella dislessia. Per i bambini dislessici, infatti, quando anche riescono faticosamente ad appropriarsi del codice alfabetico che è lo strumento necessario per decifrare e dare un senso alle stringhe di grafemi (parole o non parole), l’abilità non si automatizza in un modo sufficiente a rendere la loro lettura fluente, e soprattutto non faticosa. Per i dislessici la lettura (intesa come decodifica) è un compito che continua ad avere costi cognitivi elevati, mentre per i normolettori è quasi a costo zero. E’ importante sottolineare questo aspetto anche per un’altra ragione. Non considerare il grado di automatismo della lettura e quindi il parametro della rapidità può portare a non riconoscere l’esistenza del problema. Ciò è particolarmente vero per i bambini dislessici italiani (e più in generale quelli alle prese con l’apprendimento di un’ortografia “trasparente”) che già in quarta/quinta elementare riescono a leggere con discreta accuratezza, ma troppo lentamente rispetto ai parametri di rapidità attesi per quella età e grado scolastico. Alcuni insegnanti rifiutano di considerare dislessici i loro alunni che leggono in modo corretto, ancorché troppo lento, sostenendo che essi sanno leggere e comprendere bene ciò che leggono, e quindi non ha senso definirli “dislessici”. Queste osservazioni hanno un fondo di verità, e infatti la diagnosi di Dislessia non si applica ai problemi di comprensione in lettura, ma non riconoscere la difficoltà nel grado di automatizzazione raggiunto nell’abilità di lettura significa privarli della possibilità di dotarsi di strumenti compensativi (come ad esempio, le sintesi vocali), nel momento in cui la quantità di lettura diventerà così esorbitante da farli desistere dal compito, come frequentemente accade con il procedere della scolarizzazione dai gradi dell’istruzione primaria a quella secondaria. La discrepanza tra abilità di lettura e capacità cognitive generali è stata alla base della difficoltà nel definire il Disturbo Specifico di Apprendimento e del ritardo con cui si è arrivati a comprenderne la natura. Ad oggi, la definizione che meglio sintetizza in poche righe le principali e più recenti conoscenze sul disturbo è quella rilasciata dal gruppo di esperti per conto della International Dyslexia Association (Lyon, Shaywitz e Shaywitz, 2003), un’autorevole associazione che raggruppa tutte le associazioni nazionali sulla dislessia. La Dislessia è una disabilità specifica dell’apprendimento di origine neurobiologica. Essa è caratterizzata dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e/o fluente e da abilità scadenti nella scrittura e nella decodifica. Queste difficoltà tipicamente derivano da un deficit nella componente fonologica del linguaggio che è spesso inattesa in rapporto alle altre abilità cognitive e alla garanzia di un’adeguata istruzione scolastica. Conseguenze secondarie possono includere i problemi di comprensione nella lettura e una ridotta pratica della lettura che può impedire la crescita del vocabolario e della conoscenza generale Pur in mancanza di un dato epidemiologico sicuro, l’Associazione Italiana Dislessia (AID) ha stimato, sulla base degli studi disponibili italiani ed esteri, che le persone affette da questo disturbo oggi in Italia potrebbero essere circa 1.500.000, una stima prudente che si fonda su una prevalenza attesa attorno al 3,5-4% della popolazione; ovvero circa un bambino in ogni classe potrebbe essere dislessico. Questa stima sembra indirettamente confermata anche da numerosi studi di screening e dagli studi sulle popolazioni cliniche che afferiscono ai servizi di neuropsichiatria infantile, dove il disturbo specifico di apprendimento è la categoria diagnostica più rappresentata, con valori attorno al 2530% della casistica che afferisce a quei servizi. Quale che sia il risultato della ricerca attualmente in corso, è chiaro che stiamo parlando di un fenomeno di vaste proporzioni e con importanti ricadute sul piano scolastico e sociale. Estratto dal libro DISLESSIA OGGI Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la Legge 170 Giacomo Stella e Enrico Savelli Edizioni Erickson