Neuroni specchio e spazio personale

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Neuroni specchio e spazio personale ROSALBA MICELI Decidere come interagire con gli altri può dipendere anche dalla distanza fisica tra gli interlocutori. La prospettiva sensomotoria nello studio di alcuni processi cognitivi (percezione, comunicazione) si è sviluppata notevolmente a partire dalla scoperta dei neuroni specchio, individuati la prima volta nel sistema cerebrale dei macachi adulti agli inizi degli anni Novanta da un gruppo di neurofisiologi dell’Università di Parma, coordinato dal professore Giacomo Rizzolatti. Si tratta di una classe di neuroni che si attiva selettivamente sia quando si compie un'azione (riferita ad atti orientati quali afferrare con la mano o con la bocca) che quando la si osserva mentre è compiuta da altri. I neuroni dell’osservatore “rispecchiano” il movimento, rappresentando, a detta dello stesso Rizzolatti, “un meccanismo generale in cui ciò che fanno gli altri si trasforma in qualcosa che facciamo noi, in un formato motorio”. L’articolo “Mirror neurons differentially encode the peripersonal and extrapersonal space of monkeys”, pubblicato recentemente sulla rivista “Science”, suggerisce che nel macaco le funzioni dei neuroni specchio siano modulate anche dalla distanza a cui si svolge un’azione osservata, rispondendo in modo diverso se l’altro si trova all'interno o all’esterno dello “spazio personale” dell’animale. Lo studio, frutto di una collaborazione tra Leonardo Fogassi e Giacomo Rizzolatti, dei Dipartimenti di Psicologia e di Neuroscienze dell’Università di Parma, ed il gruppo di Peter Thier del Dipartimento di Neurologia Cognitiva dell’Università di Tübingen (Germania), comprendente Vittorio Caggiano e Antonino Casile, coautori della pubblicazione, rappresenta uno dei primi risultati conseguiti nell’ambito dei progetti di ricerca affiliati all’Istituto Italiano di Tecnologia. “Volevamo capire ­ riportano i ricercatori nell’articolo ­ se i neuroni specchio svolgono altri ruoli rilevanti per la scelta del comportamento. Per verificarlo abbiamo analizzato gli effetti della distanza relativa tra l'osservatore e chi compie l’azione. Sebbene, infatti, sia completamente irrilevante ai fini della comprensione dell’azione in sé, la precisa conoscenza della distanza è cruciale per scegliere la reazione più adeguata e calcolare la possibilità di interazione”. In un primo test, un ricercatore spostava la mano all’interno e all’esterno del raggio d’azione del macaco: l’analisi dell’attività dei neuroni specchio (in un’area della corteccia premotoria nota come F5), rilevava che il 26 % rispondeva selettivamente se gli atti motori venivano compiuti nello spazio extrapersonale della scimmia; il 27 % mostrava invece una selettività per lo spazio peripersonale ed il restante 47 % rispondeva alla presentazione della scena motoria indipendentemente dalla posizione spaziale nella quale veniva eseguita. Una parte dei neuroni specchio spazialmente selettivi codifica lo spazio peri ed extrapersonale seguendo un formato puramente metrico (neuroni metrici), mentre altri neuroni lo codificano in termini operazionali, cambiando le loro proprietà a seconda della possibilità, per il macaco, di compiere a sua volta il gesto osservato. Se il ricercatore afferra un oggetto nello spazio vicino alla scimmia si attivano specifici neuroni specchio; nel caso in cui, mantenendo invariate le distanze, si interpone tra i due un ostacolo (ad esempio un pannello), i neuroni che hanno reagito in precedenza non rispondono più alla vista del gesto dello sperimentatore. Dunque i neuroni “operazionali” indicano non solo dov’è l’oggetto ma se può essere preso oppure no, ovvero le opportunità motorie. Questi risultati indicano che un set di neuroni specchio codifica gli atti motori osservati non soltanto ai fini della comprensione dell’azione ma anche per analizzare tali atti in termini di caratteristiche rilevanti nel generare appropriati comportamenti (valutare non solo cosa l’altro sta facendo, ma dove lo sta facendo e cosa posso fare io a seconda di cosa può fare l’altro). In un articolo precedente “The space arond us” (poi ripreso in un capitolo del libro “So quel che fai”), Giacomo Rizzolatti ed i suoi colleghi dell’Università di Parma analizzano le ipotesi sulla costruzione sensomotoria dello spazio: lo spazio viene inteso non come una categoria unitaria, ma discreta e frammentaria, costituendosi nella interazione con gli oggetti, e modellandosi attorno ad una entità soggettiva (il corpo come misura di tutte le cose). Lo stesso confine tra spazio vicino (peripersonale) e lontano (extrapersonale) può diventare dinamico, modificabile dall’uso di strumenti o dall’eventuale presenza di ostacoli. L’estensione all’uomo dei risultati ottenuti nel macaco non è né semplice, né immediata. Le prove che anche nel cervello umano agiscano neuroni specchio sono attualmente oggetto di dibattito nella comunità scientifica. Come spesso accade, un paradigma universalmente accettato può essere messo in discussione dall’avvento di nuove tecniche sperimentali, dando impluso ad una nuova stagione di ricerche.
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