875-2548-1-SP

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IL RUOLO DEI LINFOCITI TH9 NELL'ARTRITE REUMATOIDE E NELLA
RISPOSTA AL TRATTAMENTO CON INFLIXIMAB.
Rossella Talotta1, Angela Berzi2, Fabiola Atzeni1, Donata Dell’Acqua1, Piercarlo Sarzi Puttini1,
Daria Trabattoni2
1
UOC di Reumatologia, Azienda Ospedaliera Polo Universitario Luigi Sacco, Milano
2
Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche, Azienda Ospedaliera Polo Universitario Luigi
Sacco, Milano
Parole chiave: infliximab, immunogenicità, linfociti Th9 lymphocytes, artrite reumatoide
Corrispondenza a
Dott.ssa Rossella Talotta
UOC Reumatologia
Azienda Ospedaliera Polo Universitario Luigi Sacco,
via Gian Battista Grassi 74, 20157 Milano
Telefono: +390239043351
Fax: +390239042941
Mail: [email protected]
1
Riassunto
Obiettivo
Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare la prevalenza dei linfociti Th9 in un gruppo
di pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) focalizzandoci, in particolar modo, sul loro ruolo
nella risposta al trattamento con un farmaco anti-TNF (infliximab).
Materiali e metodi
Abbiamo arruolato 55 pazienti affetti da AR secondo i criteri EULAR/ACR 2010 e 10 controlli
sani. Nel gruppo dei pazienti, 15 avevano un'artrite all'esordio (<1 anno) e non praticavano al
momento dell'arruolamento una terapia con DMARDs convenzionali e biologici nè steroidi; 20
avevano un'artrite long-standing ed erano in trattamento con infliximab con buona risposta clinica
oltre a steroidi e DMARDs convenzionali; 20 pazienti, infine, avevano sospeso il trattamento con
infliximab per perdita di efficacia (11) o eventi avversi (9) ed erano trattati con altri DMARDs
biologici (abatacept, tocilizumab, etanercept e certolizumab pegol) in associazione a farmaci di
fondo e steroidi. Dopo firma del consenso informato, ciascun soggetto è stato sottoposto ad un
prelievo di sangue intero da cui sono state estratte le cellule mononucleate periferiche (PBMC),
che sono state poste in coltura e valutate citofluorimetricamente prima e dopo incubazione con
infliximab 50 mcg/ml per 18 h. Le cellule Th9 sono state identificate come linfociti CD4+ IFNγ-,
IL4-, IL17- e IL9 +.
Risultati
L'indagine citofluorimetrica ha dimostrato una minore percentuale di linfociti Th9 sia prima che
dopo stimolazione con infliximab nel gruppo di controllo rispetto ai pazienti affetti da AR
(p<0.05). Non sono state osservate variazioni significative della percentuale dei linfociti Th9 nei
pazienti con AR prima e dopo incubazione con infliximab e non è stata trovata un'associazione
significativa tra la percentuale di queste cellule e il motivo di interruzione della terapia nel gruppo
di pazienti non responder.
2
Conclusioni
In linea con precedenti lavori che dimostrano un incremento di IL-9 nei pazienti con AR, anche
nel nostro studio è stato dimostrata una maggiore concentrazione di linfociti Th9 nei pazienti
affetti da AR rispetto ai controlli sani. Tuttavia, stando ai nostri risultati, queste cellule non
sembrerebbero implicate nella risposta al trattamento con un farmaco anti-TNF e quindi nei
processi di immunogenicità.
3
Introduzione
L’artrite reumatoide (AR) è una patologia infiammatoria cronica autoimmune con prevalenza
intorno al 1% della popolazione mondiale. La malattia è caratterizzata da un interessamento
sinovitico delle articolazioni periferiche con un decorso progressivamente disabilitante. Alla base
dell’AR vi è un’incontrollata attivazione del sistema immunitario, con una particolare
partecipazione dell’immunità adattiva.
I linfociti T CD4+ giocano un ruolo centrale nelle fasi di induzione e mantenimento del processo
infiammatorio, interfacciandosi con diversi altri protagonisti della risposta immunitaria, quali le
cellule dendritiche, i macrofagi e i linfociti B. In base al milieu citochinico presente nel
microambiente, i linfociti T CD4+ possono a loro volta differenziarsi in diversi fenotipi, ciascuno
dei quali ha una precisa mansione nella regolazione della risposta immunitaria. Negli ultimi 20
anni le nuove conoscenze nel campo dell’immunità adattiva, hanno portato alla classificazione di
cinque distinte sottopopolazioni di linfociti T CD4+: i linfociti Th1 che sintetizzano
prevalentemente IFN, i linfociti Th2 che secernono prevalentemente IL-4, i linfociti Th17 che
sintetizzano IL-17, i linfociti Th22 che producono IL-22 e i linfociti Th9 che sintetizzano IL-9[1].
Sono state inoltre descritte delle cellule T CD4+ con proprietà regolatorie (Treg). Nella cascata
infiammatoria alla base dell’AR vi è sicuramente l’attivazione dei linfociti Th2 e Th17 [2]. I
linfociti Th9 rappresentano un nuovo pool di linfociti T CD4+, coinvolti soprattutto nelle
patologie di pertinenza allergologica. Sono ancora pochi i dati testimonianti la compartecipazione
di queste cellule al network autoimmune in corso di AR. Tuttavia, è stato dimostrato che le
concentrazioni sieriche e sinoviali di IL-9 sono sicuramente incrementate nei pazienti con AR.
Un recente lavoro ha dimostrato che i linfociti Th9 potrebbero essere coinvolti
nell’organizzazione del tessuto linfoide in centri germinativi nelle membrane sinoviali di pazienti
affetti da AR, nonché nella sintesi di anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato (ACCP) [3]. I
linfociti Th9, tuttavia, possono favorire al contempo l’immuno-attivazione e l’immuno4
repressione, agendo sui pool linfocitari Th17 e Treg. Per tale motivo, il loro ruolo in patologie
autoimmuni, come l’AR, sembra essere molto più complesso (fig.1). Inoltre, non esiste ancora
alcuno studio che abbia valutato una possibile variazione delle percentuali di tali cellule in
relazione alla risposta al trattamento con un farmaco biologico, ad esempio con un agente antiTNF. Lo scopo primario del nostro studio è stato quindi di valutare la percentuale dei linfociti Th9
nel sangue periferico di pazienti affetti da AR, confrontandoli con un gruppo di controllo di
soggetti sani. L’obiettivo secondario è stato poi di tracciare una possibile correlazione tra le
variazioni delle percentuali di tali cellule e la risposta clinica al trattamento con un farmaco
biologico anti-TNF (infliximab), per mezzo di un test di stimolazione in vitro.
Materiali and metodi
Abbiamo arruolato 55 pazienti affetti da AR secondo i criteri classificativi ACR/EULAR 2010 [4].
I pazienti provenivano da una casistica utilizzata in un precedente studio [5] in cui abbiamo
dimostrato che la stimolazione in vitro delle cellule mononucleate periferiche (PBMCs) con
infliximab (RemicadeR) poteva indurre un’attivazione paradossale dei cloni linfocitari Th1 e Th17,
reprimendo invece l’espressione di cellule regolatorie solo nei casi di pazienti che avevano fallito
il trattamento con infliximab per inefficacia o eventi avversi. Questa coorte includeva 15 pazienti
affetti da early AR non trattati con farmaci immunosoppressori o steroidi, 20 pazienti con AR che
praticavano un trattamento con infliximab con buon controllo di malattia e 20 pazienti con AR
che avevano interrotto il trattamento con infliximab in passato per inefficacia o eventi avversi ed
erano trattati con altri farmaci biologici. Era inoltre previsto un gruppo di controllo di 10 soggetti
sani. Le caratteristiche demografiche sono riassunte nella tabella 1. Era consentita l’assunzione di
prednisone a dosaggio < 5 mg/die (a dosi stabili nelle precedenti 4 settimane); methotrexate a
dosaggio < 15 mg/settimana, sulfasalazina a dosaggio < 3 g/die, idrossiclorochina a dosaggio <
400 mg/die, purché tutti i DMARDs fossero stati mantenuti a dosaggi stabili nelle precedenti 6
settimane. Nel gruppo dei pazienti non responder, 13 soggetti erano in cura con abatacept e.v. 10
5
mg/kg ogni 4 settimane, 5 pazienti con tocilizumab e.v. 8 mg/kg ogni 4 settimane, 1 paziente con
etanercept s.c. 50 mg 1 volta a settimana e 1 paziente con certolizumab pegol s.c. 200 mg ogni 2
settimane; rispettivamente come seconda (8 pazienti), terza (8 pazienti) o quarta linea biologica (4
pazienti). Rappresentavano criteri di esclusione le infezioni concomitanti, la dermatite atopica,
disordini ematologici, un concomitante trattamento con leflunomide o ciclosporina e vaccinazioni
eseguite nei due mesi precedenti. Il progetto è stato approvato da un comitato etico locale e tutte
le procedure sono state condotte in accordo ai principi della Dichiarazione di Helsinki.
Dopo aver fornito un consenso informato alle procedure, ciascun soggetto è stato sottoposto ad un
prelievo di sangue venoso, raccolto in provette Vacutainer contenenti EDTA (Becton Dickinson;
Rutherford, NJ, USA). Le PBMCs sono state isolate dopo centrifugazione su gradiente
discontinuo di densità, utilizzando una soluzione a base di Fycoll (Lympholyte; Cedarlane
Laboratories, Burlington, NC, USA). Il numero e la vitalità delle PBMCs sono stati determinati
per mezzo di un contatore automatico di cellule, ADAM-MC (Digital-Bio, NanoEnTek Inc.,
Corea). E’ stata riscontrata una vitalità delle PBMC superiore al 98%.
Le cellule sono state messe in coltura in terreno RPMI 1640 a cui sono stati aggiunti Penicillina,
Streptomicina, L-Glutamina, e siero umano di gruppo AB (derivante da un pool di donatori) al
10% (Euroclone, Siziano, Italy). Le PBMCs, alla concentrazione di 1×106 cellule/ml sono state
incubate per 18 ore con il terreno di coltura da solo, con 50 μg/ml di infliximab (Remicade,
Janssen Biologics, Leiden, Netherlands), o con 50 μg/ml di Immunoglobuline G umane
ricombinanti (R&D Systems). La PWM (Lectina ottenuta da Phytolacca Americana; 1 μg/ml
Sigma-Aldrich), è stata usata come controllo positivo per valutare le risposte delle PBMCs. Per
facilitare la costimolazione, è stato aggiunto 1 μg/ml di un anticorpo anti-CD28 umano (R&D
Systems). La brefeldina A (10 μg/ml; Sigma-Aldrich) è stata aggiunta dopo le prime 3 ore di
incubazione per inibire il rilascio delle citochine da parte delle cellule.
6
La percentuale di linfociti Th9 è stata valutata mediante citofluorimetria a flusso. I linfociti Th9
sono stati identificati come cellule esprimenti CD4, secernenti IL-9, ma non secernenti IFNγ, IL-4
e IL-17.
La concentrazione di infliximab (50 μg/ml) è stata scelta dopo un test di titolazione e in base alle
concentrazioni sieriche medie di infliximab ad un’ora dall’infusione (39.9-219.1 μg/ml) [6].
Sono stati usati i seguenti anticorpi monoclonali: anti-CD4 PE-Cy7, anti-IFNγ (Beckman Coulter
Milano), anti-IL17 PerCP-Cy5.5 (Biolegend, San Diego, CA, USA), anti-IL-9 APC e anti-IL-4
PE (R&D Systems Minneapolis, MN, USA). Le PBMCs sono state incubate per 15 minuti con gli
anticorpi per valutare l’espressione degli antigeni di membrana e successivamente sono state
fissate con
paraformaldeide (PFA) all’ 1%. Le cellule sono state poi permeabilizzate con
Saponina (Sigma) e incubate con gli anticorpi rivolti contro gli antigeni intracellulari. Dopo
un’incubazione di 45 minuti in ghiaccio, le cellule sono state ulteriormente fissate con PFA 1%.
La popolazione linfocitaria è stata identificata in base alle proprietà di forward e side scatter, e
ulteriormente delimitata per quanto riguarda l’espressione del CD4; almeno 20,000 eventi sono
stati acquisiti all’interno del gate identificante le cellule esprimenti il CD4. I campioni sono stati
acquisiti mediante un citofluorimetro Gallios, e i dati sono stati analizzati utilizzando il software
Kaluza (entrambi Beckman Coulter).
Poichè i dati erano distribuiti normalmente, è stata effettuata un’analisi statistica parametrica. Per
effettuare i confronti tra i differenti gruppi è stato utilizzato il test T di Student a due code per
campioni non appaiati ed a varianza diseguale. Il livello di significatività è stato stabilito per
valori di p<0.05. L’analisi statistica è stata eseguita usando il software GraphPad Prism
(GraphPad Software, San Diego, CA, USA).
Risultati
La nostra coorte includeva 20 pazienti con AR (16 donne; età media 61.3 ± 12.2 anni; durata media
di malattia 13.4 ± 7.2 anni) trattati con infliximab 3 mg/kg ogni 8 settimane con buona risposta
clinica e 20 pazienti con AR (15 donne; età media 57.0 ± 12.2 anni; durata media di malattia 18.1 ±
7
9.5 anni) che avevano interrotto il trattamento per inefficacia (11 casi) o eventi avversi (9 casi).
Quindici pazienti in ambo i gruppi erano positivi per gli anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato
(ACCP) e 15 pazienti non responder e 11 responder erano positivi per il fattore reumatoide (FR).
Durante il trattamento con infliximab, abbiamo riscontrato anche una positività per gli anticorpi
anti-nucleo (ANA) in 12 pazienti responder e in 17 non-responder senza chiare correlazioni cliniche
(Tab. 1). Tutti i pazienti con AR long-standing ricevevano altre terapie convenzionali di fondo
oltre al trattamento con il farmaco biologico.
Le analisi citometriche non hanno rivelato delle variazioni nelle percentuali di linfociti Th9 pre e
post-incubazione in vitro con infliximab in nessuno dei gruppi studiati (controllo, naïve, responder e
non responder). Tuttavia, i pazienti con AR avevano una maggiore percentuale di linfociti Th9 nel
sangue periferico rispetto ai controlli sani, sia in condizioni basali che dopo test di stimolazione
(Fig.1).
Le maggiori percentuali di cellule Th9 nei pazienti non erano correlate con la presenza o con il
titolo degli autoanticorpi, nè con il rischio di sviluppare inefficacia o eventi avversi nel gruppo dei
pazienti non responder.
Discussione
Nel nostro studio abbiamo voluto valutare l’importanza dei linfociti Th9 nell’AR e la loro eventuale
associazione con l’outcome di risposta clinica ad una terapia biologica con anti-TNF. I linfociti
Th9 , scoperti nel 2008 da Veldhoen et al., costituiscono un particolare sottotipo di linfociti T CD4+
che può svilupparsi de novo da un pool di linfociti T naïve o dopo differenziamento da un clone di
linfociti Th2, in presenza di IL-4, TGF, OX40 e PU-1 [7]. La principale citochina sintetizzata è
l’IL-9, sebbene in vitro queste cellule possano secernere anche IL-10, IL-17, IL-21 e IL-22 [8]. In
alcune condizioni, sembrerebbe che anche i linfociti Th17 o Treg possano specializzarsi in cellule
secernenti l’IL-9 [9]. Allo stesso modo è stato dimostrato che i linfociti Th2, le cellule linfoidi
innate, le mastcellule e le cellule natural killer possono sintetizzare l’IL-9. I linfociti Th9
rappresentano tuttavia una categoria distinta di linfociti T, identificata da specifici fattori
8
trascrizionali (PU.1, IRF-4). La loro funzione è stata valutata in numerosi studi in vivo e in vitro.
Queste cellule sembrerebbero coinvolte nelle risposte immunitarie in corso di infestazioni da
parassiti e nelle patologie allergiche [10,11]. Un numero consistente di lavori ha descritto la
presenza di queste cellule nelle vie aeree dei soggetti asmatici e nella cute di persone affette da
dermatite atopica [12,13]. Altri lavori in ambito oncologico hanno sottolineato un ruolo oncoprotettivo di queste cellule, le quali potrebbero favorire il reclutamento di linfociti T CD8+ tramite
l’espressione di alcune chemochine (CCL20-CCR6) e potenziarne l’attività citolitica antitumorale
in modelli di melanoma murino [14].
In ambito reumatologico il ruolo dei linfociti Th9 è ancora nebuloso. I linfociti Th9, infatti,
potrebbero favorire al contempo il differenziamento e la sopravvivenza dei linfociti Th17, agendo
alla stregua delle citochine IL-6 o IL-21 in presenza di TGF; e delle cellule Treg , favorendo
l’espressione del fattore STAT5. I topi che non esprimono il recettore per l’IL-9 sviluppano forme
più severe di encefalomielite autoimmune, forse per un’iperespressione delle citochine della linea
Th1 [15]. Risultati simili sono stati ottenuti in uno studio recente che ha analizzato il network
citochinico in campioni di cute umana e modelli murini di dermatite atopica, nel quale è stata
riscontrata una correlazione inversa tra l’espressione di IL-9 e IFN [16]. D’altro canto le citochine
IL-23 and IL-21 rappresentano dei fattori inibitori per lo sviluppo delle cellule Th9. Le
concentrazioni di RNA messaggero dell’IL-9 e del suo recettore sono aumentate in campioni di
mucosa intestinale provenienti da pazienti affetti da colite ulcerosa, dove potrebbero contribuire
all’attivazione dei neutrofili e delle cellule epiteliali, ritardando la guarigione delle lesioni ulcerose
[17]. Le cellule Th9 sono sicuramente coinvolte nella difesa contro le infestazioni parassitarie
intestinali e una loro iperespressione potrebbe essere sottesa ad un processo di disbiosi, attualmente
indagato nella patogenesi di molte patologie autoimmuni [10]. Per quanto riguarda le malattie del
connettivo, uno studio ha dimostrato che le concentrazioni sieriche di IL-9 sono incrementate nei
pazienti con sclerosi sistemica, ma non in quelli con lupus eritematoso sistemico o dermatomiosite,
essendo inoltre inversamente correlate con il grado di interessamento fibrotico polmonare [18].
9
Questi risultati potrebbero rispecchiare gli effetti pleiotropici dell’IL-9, che da un lato può
promuovere l’espansione dei linfociti Treg e dall’altro delle popolazioni di cellule Th17 [19].
Sono invece pochi gli studi che hanno indagato il coinvolgimento dei linfociti Th9 nella patogenesi
dell’AR. Attraverso un’indagine di multiple suspension array, un gruppo di autori ha valutato il
profilo citochinico di 6 pazienti trattati con rituximab dopo il fallimento di una prima linea
biologica con infliximab. Gli autori hanno dimostrato un’elevata concentrazione di IL-9 al basale e
nelle misurazioni successive solo nei pazienti responder, concludendo che l’IL-9 potrebbe essere
considerato un marcatore di risposta al trattamento con rituximab [20]. Un altro studio condotto su
44 soggetti ha riscontrato un incremento delle concentrazioni sieriche di IL-9 nei familiari di I
grado dei pazienti affetti da AR, le quali erano associate ad un maggiore rischio di positività per FR
o ACCP [21]. Un recente lavoro condotto su pazienti affetti da AR, artrite psoriasica (AP) e
osteoartrosi (OA), ha riscontrato un’elevata concentrazione di IL-9 nel sangue periferico e nel
liquido sinoviale dei pazienti con AR e AP rispetto a quelli con OA. Inoltre, l’esposizione dei
linfociti T CD3+ provenienti da sangue periferico o liquido sinoviale di questi soggetti con IL-9
ricombinante, ne induceva l’espansione solo nei campioni di pazienti con AR o AP, sottolineando
un’aumentata espressione di recettori di IL-9 nei linfociti T CD3+ appartenenti a soggetti con
patologia autoimmune [22]. Infine, un gruppo italiano ha recentemente dimostrato un’ incrementata
espressione di linfociti Th9 in campioni di membrana sinoviale di pazienti con AR, che risultava
associata a forme più aggressive di malattia, al grado di organizzazione del tessuto linfoide e alla
sintesi di ACCP [2]. In accordo ai dati di letteratura preesistenti, i nostri risultati hanno dimostrato
un aumento delle percentuali di cellule Th9 nel sangue periferico di pazienti con AR rispetto ai
controlli sani, sebbene non sia stata notata alcuna differenza dopo incubazione con infliximab in
vitro. Tuttavia, un limite del nostro lavoro è stato la mancata valutazione dei fattori trascrizionali
specifici per il pool linfocitario Th9 (PU.1 o IRF-4). Pertanto non possiamo escludere che tra le
cellule producenti IL-9 siano state inclusi anche altri linfociti T appartenenti ad altri subset CD4+.
In ogni caso, in quanto cellule capaci di attivare contemporaneamente le linee Th17 e Treg, i
10
linfociti Th9 non sembrerebbero rappresentare un marcatore adatto per monitorare la risposta al
trattamento con un farmaco biologico.
Conclusioni
In conclusione, le concentrazioni di IL-9 sono incrementate nei pazienti con AR. I linfociti Th9
sono le principali cellule secernenti Th9 e la loro percentuale è maggiore nei pazienti con AR
rispetto ai controlli; tuttavia queste cellule non sembrerebbero implicate nella risposta al trattamento
con i farmaci anti-TNF. Essendo posizionate a cavallo tra tolleranza e attivazione del sistema
immunitario, le cellule Th9 non possono essere considerate un marcatore di risposta al trattamento
con un farmaco anti-TNF. Tuttavia le conoscenze attuali sulle funzioni di queste cellule in corso di
AR sono ancora incomplete e ulteriori studi saranno necessari per chiarire meglio il loro ruolo nella
clinica e nella risposta al trattamento nei pazienti affetti da AR.
Conflitti di interesse
Nessuno dichiarato
Ringraziamenti
Si ringrazia il team dell’UOC di Reumatologia dell’Ospedale Luigi Sacco per la partecipazione alla
raccolta dei dati clinici e di laboratorio.
11
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15
Variabili
Numero di pazienti
Età media + DS, anni
Durata media di malattia + DS, anni
F/M
Controlli
sani
Pazienti
naive
Pazienti
responder
Pazienti non
responder
10
15
20
20
43.9 ± 8.3 54.8 ±16.2 61.3 ± 12.2
/
2.3 ± 3.9 13.4 ± 7.2
57.0 ± 12.2
18.1 ± 9.5
4/6
12/3
16/4
15/5
ACCP +
/
5
15
15
FR +
/
7
11
15
ANA +
/
2
12
17
Anti-dsDNA+
/
0
3
2
Anti-ENA +
/
0
1
3
ACLA/LAC +
/
0
1
2
Prednisone
(2.5-10 mg/die)
Methotrexate
(5-15 mg/settimana)
Idrossiclorochina
(200-400 mg/die)
FANS
/
/
8
14
/
/
20
9
/
/
3
5
/
14
Al bisogno
Al bisogno
Tabella 1. Caratteristiche demografiche della popolazione in esame.
DS: deviazione standard: F: femmine; M: maschi; ACCP: anticorpi anti-peptide ciclico citrullinato;
FR: fattore reumatoide; ANA: anticorpi anti-nucleo; anti-dsDNA: anticorpi anti-DNA nativo; antiENA: anticorpi anti-extractable nuclear antigen; ACLA: anticorpi anticardiolipina; LAC: lupus
anticoagulant; FANS: farmaci antinfiammatori non steroidei.
16
Fig.1. Percentuale delle cellule esprimenti CD4, secernenti IL9, ma non producenti IFNγ, IL4-, e
IL17 in pazienti con artrite reumatoide e controlli sani in condizione basale and e stimolata con IFX.
Valori medi ± Errore Standard. *p <0.05; **p <0.01 (Test t di Student).
17
Fig.2 Il network dei linfociti Th9+.
ILCs: cellule innate linfoidi, PMN: polimorfonucleati.
18
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