termine usato dagli antropologi per indicare una situazione di

A
Acculturazione: termine usato dagli antropologi per indicare una situazione di
contatto tra culture diverse dotate di diverso potere, con i cambiamenti che ne
derivano e che consistono generalmente nel fatto che la cultura meno potente
è socializzata ai tratti culturali di quella dominante, pur mantenendo aspetti
della propria. Si tratta sostanzialmente di "un prestito massiccio di tratti
culturali che avviene nel contesto di relazioni intersocietarie fondate sulla
subordinazione" [Ember, Ember 2004, 334] (si veda anche assimilazione,
diffusione).
Affirmative actions (detta anche "discriminazione positiva"): insieme di
misure, scaturite a seguito dei movimenti per i diritti civili degli anni '60 e
sviluppatesi a partire da un decreto del 1964 del presidente americano Lyndon
Johnson, miranti a porre fine a ogni tipo di discriminazione (di razza, religione,
gender etc.) e applicate soprattutto nell'ambito dell'occupazione: l'imprenditore
che non raggiungeva certe quote minime, statisticamente stabilite sulla base
dell'entità della popolazione occupabile rischiava pesanti sanzioni finanziarie o
giudiziarie. La critica a questo tipo di strumento è che finisce con
l'incrementare la razzializzazione dei rapporti sociali [Wiewiorka 2001; trad. it.
2002, 81 ss.].
Allocronismo (dal greco àllos, altro e krònos, tempo): atteggiam ento di
messa a distanza non attraverso lo spazio, ma attraverso il tempo. Passa per
la "negazione di coevità", ovvero per il rifiuto di considerare membri di altre
culture appartenenti a pieno titolo al presente, attribuendo loro una
temporalità altra, tendenzialmente arretrata [Fabian 2000].
Alterità: dimensione correlata all'identità. Si manifesta come ciò che non è
inquadrabile nelle nostre categorie, e quindi non è familiare ma estraneo (e in
quanto tale fonte di insicurezza e ansia). Non è necessariamente una
dimensione totalmente esterna all'individuo, dato che ci sono margini di
opacità anche al nostro interno, come suggerisce Kristeva con l'espressione
"stranieri a noi stessi".
Alto contatto/basso contatto: dimensioni della variabilità culturale, di solito
positivamente correlate con collettivismo e individualismo, che indicano la
disposizione ad accettare sovraffollamento, contatto corporeo, distanze
interpersonali ridotte oppure a disporsi in modo disperso nello spazio,
mantenendo le distanze ed evitando il contatto corporeo.
Alto contesto/basso contesto: dimensioni della variabilità culturale che si
riferiscono alle culture in cui gran parte della comunicazione passa dal livello
non verbale ed è implicita nel conteso (alto contesto), oppure a quelle in cui la
comunicazione è in gran parte esplicita e tradotta prevalentemente dal codice
verbale (basso contesto).
Altro generalizzato: per il sociologo H. Mead [1952] è uno degli elementi
che, in una sorta di "conversazione" interna al soggetto, contribuiscono a
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definirne l'identità, secondo quello che Sciolla [2003] chiama "modello
identitario della conversazione". Gli altri due elementi sono l'"io", che
rappresenta l'identità irriflessa, che agisce in modo impulsivo; il "me", che
indica l'"io" che si fa oggetto a se stesso, la capacità riflessiva dell'io; e,
appunto, l'altro generalizzato, che rappresenta l'interiorizzazione dei modelli
sociali con la quale facciamo i conti nel momento in cui riflettiamo su noi
stessi.
Aptica: termine coniato da E.T. Hall per indicare lo studio dei comportamenti
di contatto corporeo come sistema di comunicazione. Tale comportamento
varia a seconda del contesto culturale: si parla di culture ad alto contatto per
indicare quei contesti ad alta densità relazionale, dove il sovraffollamento e il
contatto fisico sono di routine, mentre si definiscono culture a basso contatto
quelle in cui il contato fisico è evitato o riservato a situazioni specifiche.
Assimilazione: Tipo di mutamento culturale che si verifica nel contatto tra
culture dotate di diverso potere, dove la cultura dominante si impone nella sua
interezza (e non solo su alcuni tratti, per quanto massicciamente, come nel
caso dell'acculturazione), mirando a cancellare gli elementi di diversità
culturale (acculturazione, diffusione).
Atteggiamento: disposizione che favorisce comportamenti.
Attribuzione: interpretazione del significato del comportamento altrui sulla
base delle nostre passate esperienze o della nostra storia [Chen, Starosta
1998, 36].
Autonomia: (dal freco autòs, se stesso e nòmos, legge, regola: letteralmente:
chi fa da sé le proprie regole, chi non è soggetto alle regole altrui). Capacità di
agire senza rimanere totalmente condizionati dai modelli sociali e culturali.
Capacità di innovare, pur all'interno dei vincoli posti all'azione dal contesto;
capacità di modificare le regole e dare vita a nuovi modelli.
C
Categorizzazione: attività che si accompagna inevitabilmente alla
percezione, dal momento che semplifica, organizza e classifica, attribuendo
delle "etichette", l'insieme degli stimoli provenienti dall'esterno. E'
profondamente influenzata dalla cultura. Se le categorie si irrigidiscono e
diventano impermeabili al cambiamento, anche di fronte a evidenze che le
mettono in discussione, scivolano nello stereotipo.
Cinemi: unità di movimento corporeo che costituiscono l'oggetto della
cinesica.
Cinesica: (dal greco kìnesis, movimento): studio dei movimenti dei corpi nello
spazio. Come disciplina è stata introdotta da Birdwisthell, che ha sottolineato la
relazione tra comportamento cinesico e appartenenza culturale. Comprende la
mimica facciale, il contatto oculare, la gestualità, la postura.
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Clandestino: categoria "inventata" per definire quella che un tempo era
l'immigrazione tout court, non protetta, non assistita. Rientra in un processo di
esclusione simbolica: valore semantico che rimanda da una parte al nascosto,
al segreto (la "lotta clandestina"), dall'altra all'illecito (gli amori clandestini).
Allude quindi insieme a modalità non regolari di arrivo nel paese ospite e alle
attività illecite (commercio senza licenza, prostituzione, traffico di droga) di cui
i migranti sono ritenuti responsabili, mentre spesso ne sono le principali
vittime [Gallissot 2001, 215]. Tende a essere percepita come una
classificazione dotata di permanenza e stabilità (irrigidimento nello stereotipo e
nel pregiudizio) anziché indicare una condizione provvisoria. Questo comporta
una negativizzazione della categoria (=propensione a delinquere) e una sua
trasformazione in senso quasi-ontologico, benché sia invece il prodotto dei
dispositivi di legge (che producono la clandestinizzazione di immigrati e
profughi). Denota una esclusione simbolica e uno stato di debolezza,
ricattabilità, convenienza economica come forza-lavoro a basso costo.
Clash culturale: conflitto che si verifica tra due o più culture quando
sostengono posizioni opposte su una questione specifica (per esempio la libertà
femminile in occidente e nell'islam).
Capitale culturale: concetto formulato da Bourdieu, che indica sia l'insieme
delle conoscenze acquisite a partire dalla posizione sociale e dalle vicende
biografiche, sia la competenza e la capacità di procurare e utilizzare nuove
conoscenze.
Co-culturale: tipo di relazione esistente tra gruppi culturali diversi che
convivono dentro una stessa cultura: per esempio ispanoamericani e
afroamericani appartengono a co-culture rispetto alla cultura americana.
Codice: dispositivo che connette significanti e significati. La stessa lingua è un
codice.
Collettivismo: dimensione culturale opposta a individualismo: indica le
culture dove l'identità del singolo si definisce in relazione a quella del gruppo e
l'armonia del gruppo è valutata più positivamente dell'espressione individuale,
e il conformismo della libertà del singolo.
Competenza: capacità di svolgere in modo efficace e appropriato un compito
in una determinata situazione (es. competenza linguistica).
Componenti della cultura: gli scienziati sociali identificano come componenti
fondamentali della cultura i valori, le norme, i concetti e i simboli [Sciolla 2002,
63 ss.]
Comunicazione internazionale: inizialmente lo studio dell'interazione tra
rappresentanti di diverse nazioni, poi estesa allo studio della comunicazione
esterofila mediata dagli strumenti della comunicazione di massa.
Contesto: insieme degli elementi che consentono di comprendere la
comunicazione. Si può distinguere un contesto culturale, legato alle
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caratteristiche di un gruppo (lingua, valori, uso dello spazio e del tempo,
distribuzione del potere etc.: si vedano le dimensioni della variabilità
culturale); un contesto sociale, legato alla definizione delle diverse situazioni
della vita sociale relativamente codificate e ai comportamenti ritenuti pertinenti
al loro interno (per esempio la lezione, il meeting di lavoro, la visita medica
etc.: si veda il concetto di Frame) e il contesto situazionale contingente,
caratterizzato da particolare condizioni di spazio, affollamento, temperatura,
rumore etc.
Cornice (vedi Frame)
Cronemica: studio della potenzialità comunicativa dell'organizzazione del
tempo (secondo E.T. Hall "time talks", il tempo parla) e del modo incui essa
influisce sull'azione, le interazioni, la comunicazione all'interno di una cultura e
tra le culture. Insieme alla prossemica, che riguarda l'organizzazione dello
spazio, rappresenta un "linguaggio silenzioso" della cultura.
Cross-culturale: relazione di tipo comparativo sulla base di variabili osservate
all'interno di sistemi culturali diversi. Per esempio, lo studio delle dimensioni di
individualismo e collettivismo in diversi sistemi culturali. Comporta un
approccio astratto ed etico alla cultura.
D
Decentramento: capacità di riconoscere proprio il punto di vista come tale
(ovvero parziale e non universale) e di prenderne le distanze: "Quel che vedi
dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista devi
cambiare punto di vista" [Sclavi 2000, 69]. E' fondamentale nella
comunicazione in generale e in quella interculturale in particolare.
Development communication: comunicazione finalizzata a promuovere
campagne per il miglioramento delle condizioni sanitarie, economiche, di
istruzione nei paesi cosiddetti in via di sviluppo. Poiché i paesi promotori di
campagne sono diversi da quelli cui le campagne sono indirizzate si pone il
problema dell'eterofilia.
Dialogo: comunicazione tra soggetti dotati di pari dignità (interlocutori), che
sono al tempo stesso emittenti e ricettori di messaggi. Implica l'ascolto e la
disponibilità a mettere tra parentesi, o in discussione, il proprio sapere dato
per scontato.
Differenza: diversità, soprattutto culturale, che si pone come dotata di valore:
non mira all'annullamento, ma aspira a rimanere e mira a emanciparsi dalla
connotazione negativa di inferiorità. Perché questo accada occorre un'azione
posistiva volta a rivendicare valore alla dfferenza culturale: da qui le cosiddette
"politiche della differenza", azioni di mobilitazione culturale volte a promuovere
consapevolezza e valorizzazione di specifiche differenze (etniche, di genere,
subculturali...).
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Differenzialismo (vs ugualitarismo): la posizione di chi difende
l'importanza della tutela delle differenze, soprattutto etniche e culturali contro i
rischi di omologazione. E' una posizione espressa da Lévy-Strauss e poi ripresa
in relazione ai processi di globalizzazione. Rischia di essenzializzare la cultura
anziché riconoscerne la natura mobile e plurale.
Diffusione: tipo di mutamento culturale che ha luogo per il contatto, diretto o
mediato, tra culture differenti e che risulta dall'assunzione volontaria di tratti
culturali altrui (per esempio, la diffusione della cucina etnica).
Digital divide: dimensione della disuguaglianza sociale legata alla velocità
dello sviluppo tecnologico, che rende sempre più largo il divario tra i paesi che
sviluppano, producono le tecnologie (della comunicazione in particolare) e sono
in gradi di usarle e quelli che mancano delle competenze necessarie, sia in
termini di progettazione che di utilizzo. Questi ultimi sono soggetti al fenomeno
del dumping, ovvero della cessione di prodotti obsoleti da parte dei paesi
tecnologicamente ed economicamente sviluppati.
Dimensioni della cultura: coppie di concetti che si collocano ai due estremi
di un continuum e costituiscono criteri per analizzare la cultura: le dimensioni
che possono essere considerate sono: coerenza/incoerenza;
oggettività/soggettività (che si collega a pubblico/privato);
concretezza/astrazione; esplicitezza/implicitezza; descrittività/prescrittività.
Dimensioni della variabilità culturale: criteri per l'analisi cross-culturale
che identificano elementi di somiglianza e differenza tra le culture. I principali
sono: immediatezza/espressività; individualismo/collettivismo; gender;
distribuzione del potere e distanza sociale; tolleranza dell'incertezza; alto e
basso contesto.
Discriminazione: comportamento che consiste nel non trattare allo stesso
modo individui o gruppi diversi per razza, sesso, caratteristiche fisiche o di
altro tipo.
Distanza sociale: concetto elaborato dal sociologo R.E. Park nell'ambito della
Scuola di Chicago, negli anni '20. Si riferisce alla percezione della vicinanza o
lontananza sociale, e del senso di familiarità o estraneità correlato, in relazione
a una serie di variabili (etniche, di occupazione, di religione etc.).
Disuguaglianza: disparità che suggerisce uno scarto negativo, e che va
annullata, senza che questo provochi svantaggio, ma anzi come conquista
positiva.
5
E
Emico/etico: prospettive di approccio alla cultura: quella emica considera la
cultura dall'interno, cercando di porsi dal punto di vista dei suoi membri e di
comprendere in che modo essi danno senso alla realtà, concentrandosi sugli
elementi di unicità della cultura stessa; quella etica adotta un approccio
dall'esterno e un metodo di analisi basato su griglie di osservazione che
consentono di comparare diverse culture e operare delle generalizzazioni,
privilegiando metodi quantitativi e ricerca di criteri universali.
Quadro sinottico di confronto tra approccio etico ed emico [fonte: Anolli 2004,
20]:
categoria
Approccio etico
Approccio emico
prospettiva
generale
specifico
teoria
neopositivista
costruzionista
pensiero
scientifico
narrativo
asse
paradigmatico
sintagmatico
obiettivo
spiegazione
interpretazione
impostazione
logico
storico
criterio
falsificabilità
coerenza interna
metodo
nomotetico
ideografico
atteggiamento ricercatore
neutro
posizionato
strumenti
standard/quantitativi
locali/qualitativi
setting
controllato
aperto
osservazione
diretto
partecipante
rappresentatività
campione
casi singoli
elaborazione dati
statistico
storico
Emozioni: rappresentano "collezioni specifiche e coerenti di risposte
fisiologiche attivate da determinati sistemi nervosi nel momento in cui il
soggetto si rende conto (o si ricorda) di certi stimoli o situazioni che sono per
lui rilevanti e che vanno a toccare aree importanti dei suoi interessi. Esse
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rappresentano, quindi, una sintesi tra specifici programmi genetici e le
esperienze culturali e soggettive compiute dal soggetto" [Anolli 2004, 199].
Non rappresentano, come il senso comune della oggettività e neutralità
scientifica sostiene, degli ostacoli alla conoscenza, ma delle risorse per la
comprensione, nel momento in cui si impara a riconoscerle e a esplorarle. Così
Sclavi definisce l'autoconsapevolezza emozionale "Le emozioni sono degli
strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti
informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e
analogico" [Sclavi 2000, 69].
Esperienza: modalità di relazione col mondo e con gli altri che produce
apprendimento, cambiamento e che non si appoggia al sapere automatico del
senso comune, ma anzi contribuisce a metterlo in discussione.
Eterofilia/omofilia: il primo termina il grado in cui due o più individui che
comunicano tra loro sono dissimili; il secondo indica invece una somiglianza.
Eterofilia e omofilia si misurano:
1. a livello soggettivo, come percezione individuale della similarità o
dissimilarità;
2. a livello oggettivo, come grado di similarità o dissimilarità dal punto di vista
di un osservatore esterno.
A partire da questi concetti sono state operate alcune osservazioni, tra le quali
[Rogers, Steinfatt 1999, 46]:
- la maggior parte della comunicazione avviene tra individui omofili
- la comunicazione omofila è più efficace di quella eterofila
- la comunicazione efficace tra gli individui porta a una loro maggiore omofilia
nella conoscenza, atteggiamenti e comportamento manifesto.
Eterofobia: Rifiuto della differenza in quanto tale e dell'altro in quanto
diverso. Può sfociare nel razzismo.
Etnia/etnicità: Per i greci: polis = città-stato. Dotata di precise leggi e
costumi vs ethnos = popolo dalle istituzioni indistinte, organizzazione sociale
a-politica, inferiore o comunque difettosa (ethné = barbari, incivili, tutte le
società altre): distinzione fortemente etnocentrica [Rivera 2003, 130]. Etnia è
quindi un raggruppamento di popolazione cui manca qualcosa di decisivo in
rapporto alla società cui appartiene l'osservatore, cioè colui che ha il potere di
nominare e definire gli altri. Il termine etnia è ripreso nell'800 da Gobineau in
modo ambiguo: è sinonimo di razza, e designa anche il processo di mescolanza
delle razze che segna il declino dell'umanità. Si diffonde poi nell'età in cui si
affermano le nazioni: l'etnia rappresenta una sorta di "nazione per difetto", cui
manca la compiutezza delle istituzioni politiche (il termine nazione è riservato
agli stati civilizzati dell'occidente). Diventa poi centrale nel XXI sec, con la
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perdita di sovranità degli stati nazionali. Etnia è un concetto intrinsecamente
relazionale, che presuppone il riferimento a una realtà (cui appartiene
l'osservatore) ritenuta normale, generale, universale, cui si contrappongono le
altre culture particolari: gli etnici sono gli altri, che si discostano dalle norme
della società dominante (particolari, periferici, arcaici).
Etnicizzazione: tendenza a interpretare in chiave etnica tensioni, conflitti e in
generale eventi che sono spiegabili su altre basi (sociali, economiche,
politiche).
Etnico: Il termine "etnico" nel linguaggio comune si riverisce a una pluralità di
referenti. Può indicare infatti: gruppi di popolazione immigrata e minoranze
che si distinguono per diversità di costumi, lingua, culture e modi di vita;
culture che un tempo erano dette esotiche; espressioni e pratiche culturali
(cucina, musica) legate a culture esotiche e minoritarie o tradizionali (in
accezione neutra o positiva); un riferimento al tribale, alla preminenza dei
legami di sangue o a qualche forma di differenza fondamentale e irriducibile
(una "essenza culturale"). Il termine può anche essere usato per menzionare la
diversità in modo politicamente più corretto e meno valutativo di razza o tribù,
o come eufemismo che allude alle razze senza nominarle (un espediente cui
può ricorrere il discorso neorazzista).
Etnocentrismo: (dal greco ethnos, popolo e kéntron, perno, centro) La
tendenza a valutare le altre culture, o le persone appartenenti a diversa
cultura, tenendo la propria come criterio di riferimento, e così implicitamente
assumendone l'universalità. Il termine è stato introdotto da W.G. Sumner
all'inizio del '900. Secondo Lévi-Strauss un certo etnocentrismo ha la funzione
positiva di preservare la cultura. Secondo Todorov, che ne ha invece una
visione negativa "l'etnocentrista è la naturale caricatura dell'universalista"
[1991, 14]. (De Martino). L'etnocentrismo non coinvolge solo la dimensione
cognitiva, ma anche quella affettiva, ed è spesso inconsapevole. Può
rappresenta un ostacolo alla comunicazione interculturale e predisporre le
condizioni del razzismo. Il suo opposto è etnorelativo, termine che indica
"l'essere a proprio agio con valori standard e abitudini e avere la capacità di
adattare il comportamento e i giudizi a una varietà di situazioni interpersonali"
[Bennet 2002, 50]. Non tutti gli autori concordano però nel definire il
relativismo come l'antidoto all'etnocentrismo, né l'universalismo come un
travestimento dell'etnocentrismo: si veda per esempio l'idea di universalismo
dialogico di S. Benhabib [Benhabib 2002; trad. it. 2005].
F
Faccia: nel linguaggio di Goffman, l'immagine positiva di sé che l'attore
sociale cerca di proiettare sulla scena dell'interazione sociale, e che desidera gli
altri attori riconoscano. E' all'origine di un accurato sforzo di management delle
impressioni e di una difesa sistematica che Goffman definisce "rituale", tesa a
minimizzare gli episodi di perdita della faccia e a riparare le situazioni in cui la
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faccia entra in crisi. L'identità dell'individuo è per Goffman l'insieme e delle sue
facce, non un qualcosa di "autentico" che sarebbe loro sotteso.
Feed-back: retroazione, risposta che ha lo stesso valore dello stimolo o della
domanda che l'ha generata.
Fisionomica: studio del rapporto tra i tratti del volto e quelli del carattere,
con l'intento di identificare i tratti somatici del soggetto deviante.
Frame (cornice): concetto coniato da Bateson e ripreso poi da Goffman in
ambito sociologico, per indicare gli insiemi di possibilità, i mondi possibili
impliciti dentro i quali si inscrivono i nostri comportamenti. Nei sistemi
semplici, le cornici date per scontate aiutano la comprensione perché sono
condivise. Nei sistemi complessi, ciò che diamo per scontato rappresenta un
ostacolo alla comunicazione [Sclavi 2000], in quanto non condiviso dagli altri e
in quanto inconsapevole. Nei sistemi complessi per comunicare è necessaria la
capacità di prendere le distanze dai frame, ovvero di decentramento.
G
Gesto: elemento del repertorio comunicativo non verbale, consiste in
movimenti del corpo che possono accompagnare o sostituire il linguaggio
verbale. I gesti sono "azioni motorie coordinate e circoscritte, volte a generare
un significato e indirizzate a un interlocutore, al fine di raggiungere uno scopo"
[Anolli 2002, 228] e presentano rilevanti variazioni tra le culture.
Gruppo percettivo: "un numero di individui che percepisce alcuni aspetti del
mondo esterno in modo più o meno simile" [Singer 1987, 112].
Gruppo di identità: gruppo di persone che percepisce alcuni aspetti del
mondo in maniera più o meno simile e riconosce (attraverso la comunicazione)
di condividere questa similarità di percezione. La facilità di comunicazione
tende a rafforzare l'identità di gruppo. [Singer 1987, 112].
I
Identificazione (si veda individuazione)
Identità: ciò che definisce l'individuo in quanto singolo o membro di un
gruppo. Ha una dimensione di individuazione (unicità dell'individuo) e una di
integrazione (appartenenza dell'individuo a un gruppo), che possono
combinarsi i modo diverso.
Immigrato: soggetto mobile, definito per il suo approdo in un territorio
diverso da quello di origine e per la situazione di richiesta che lo caratterizza
(di lavoro, cittadinanza, accesso alle risorse).
Individualismo/collettivismo (si veda collettivismo).
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Individuazione: atteggiamento nei confronti di una persona altra che consiste
nel considerarla come un individuo, a partire quindi dalla sua unicità, piuttosto
che come membro di una categoria, astraendo dalla sua unicità.
Informazione: messaggio che in modo unilineare passa da un emittente a un
ricevente (non necessariamente umani: anche apparati); va distinta da
comunicazione, che invece implica una bidirezionalità e che ha luogo tra
soggetti (in forma diretta o mediata).
Ingroup/outgroup: la collettività con la quale ci si identifica e quella che si
percepisce come esterna e estranea. La comune appartenenza produce
favoritismo, l'estraneità favorisce il pregiudizio.
Interculturale: tipo di relazione tra le culture che prevede, oltre al
riconoscimento di una pluralità, una qualche forme di reciprocità, scambio e
dialogo (diversamente dalla prospettiva multiculturalista).
Interdipendenza: legame che caratterizza la contemporaneità in quanto
segnata da processi inclusivi di tipo sovranazionale e sovraterritoriale, per cui
ciò che accade in un punto ha ripercussioni anche altrove.
Internazionale (si veda comunicazione internazionale).
Interpersonale: che riguarda la relazione tra soggetti concreti, in situazione
di compresenza e quindi di comunicazione faccia a faccia, oppure in situazioni
di distanza spaziale laddove l'uso di tecnologie consenta una comunicazione
dialogica, bidirezionale, caratterizzata da un feed-back comunicativo.
Intraculturale: che riguarda le relazioni all'interno di uno stesso gruppo o dei
membri di una stessa cultura.
M
Marginalità (si veda uomo marginale).
Melting Pot: concetto coniato negli Stati Uniti a inizio secolo, a indicare l'idea
di una fusione delle culture e delle razze in un'unica civiltà superiore.
Metacomunicazione: comunicazione di secondo livello, che non si riferisce ai
contenuti scambiati nell'interazione, ma alla situazione comunicativa
(Goffman).
Metaculturale: livello che prevede la consapevolezza della pluralità delle
culture e delle cornici di riferimento e si costituisce come spazio negoziale per
elaborare dialogicamente cornici comuni di interazione [Hannerz 1992; trad. it.
1998, 326; Chen, Starosta 1998, 137].
Metodo etnografico: metodo di ricerca empirica di derivazione antropologica,
usato nelle scienze sociali. Si tratta di un metodo di tipo qualitativo, basato
sull'osservazione in profondità di uno o comunque di un numero ristretto di
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casi, che richiede la presenza sul campo per un periodo prolungato (fieldwork)
e l'applicazione di una serie di tecniche di rilevazione dei dati come
l'osservazione partecipante, l'intervista biografica, la raccolta di artefatti etc.
Migrante: soggetto mobile, definito dalla propria scelta di mobilità.
Mixofobia: neologismo coniato negli anni '80 da Taguieff per indicare il rifiuto
totale per l'incrocio delle razze, che esprime un'ossessione per la purezza
identitaria.
Mobilità: possibilità di spostamento fisico nello spazio, sociale attraverso le
classi, simbolico attraverso l'accesso in forma mediata a mondi lontani.
Monocronia/policronia: atteggiamenti culturalmente specifici nei confronti
del tempo individuati da Hall [1984] come pertinenza della cronemica: il
primo privilegia una concezione lineare e spazializzata del tempo, considerato
come una risorsa da massimizzare, non sprecare, pianificare; comporta un
atteggiamento selettivo orientato allo scopo, un'insofferenza per le interruzioni,
una relazionalità strumentale, un atteggiamento individualistico e una
comunicazione a basso contesto; il secondo privilegia la relazione sull'azione,
un orientamento alla collettività e all'armonia del gruppo, non considera valori
come la puntualità, la pianificazione a lungo termine, l'efficienza e privilegia
una comunicazione ad alto contesto.
Monoculturalismo: modello che prevede un'unica cultura di riferimento su
uno stesso territorio. Opposto di multiculturalismo.
Multiculturalimo: termine che oscilla tra una valenza descrittiva
(riconoscimento si una pluralità di culture su uno stesso territorio) e una
prescrittivi (modello del mosaico delle culture e del differenzialismo).
N
Non-verbale: dimensione della comunicazione che non utilizza il codice
linguistico, ma assume forme di tipo analogico.
Negoziazione: processo di risoluzione di conflitti legati a contrastanti interessi
delle parti, attraverso lo sforzo di reciproca comprensione e progressivo
avanzamento verso soluzioni condivise.
O
Orientalismo: rappresentazione etnocentrica dell'altro, in particolare dell'altro
"esotico", che assolutizza l'immagine dell'osservatore e la sostituisce alla
comprensione o autorappresentazione della realtà osservata, a scopo di
controllo e dominio.
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Orientazione: indica il "comportamento spaziale", ovvero il modo in cui le
persone si orientano le une rispetto alle altre e negoziano le reciproche
posizioni (per esempio "faccia a faccia" o "fianco a fianco").
P
Paralinguistico: aspetto non verbale della voce, che dà forma al parlato
(ritmo, tono, pause etc.)
Percezione: processo per cui un individuo seleziona, valuta e organizza gli
stimoli dell'ambiente esterno. Ha una componente fisiologica e una culturale.
In senso stretto comprende il modo di vedere il mondo; in senso lato include
atteggiamenti e valori. Il modo in cui le persone percepiscono il mondo esterno
è rilevante rispetto ai loro comportamenti.
Pluralismo culturale: aspetto caratteristico della cultura moderna, che può
essere considerato tanto a livello collettivo quanto individuale. Al primo livello
indica "la coesistenza di diversi sistemi simbolici, i quali sono solo scarsamente
correlati l'un l'altro, se pure lo sono" [Schutz 1971, cit. in Sciolla 2002, 87].
Policronia (si veda monocronia/policronia).
Postura: la posizione del corpo assunta consapevolmente o
inconsapevolmente in relazione al contesto spaziale e alle persone
compresenti.
Pregiudizio: atteggiamento verso un gruppo diverso dal proprio o un membro
di altro gruppo basato su assunzioni non fondate nella conoscenza e nella
relazione, spesso con base irrazionale. Può causare conflitto, evitamento e
ostacolare la comunicazione. Può produrre discriminazione
Prospettiva: per Hannerz [Hannerz 1992; trad. it. 1998] è la porzione di
cultura accessibile a un soggetto a partire dalla sua posizione, che organizza la
sua interpretazione e produzione di significato. E' una "struttura biografica" che
salda cultura e struttura sociale.
Prossemica: lo studio del comportamento spaziale e del significato
comunicativo dell'organizzazione degli oggetti e della distanza dei soggetti
nello spazio [Hall 1966].
Q
Quasi-interazione (mediata): tipo di relazione che secondo Thompson
[1995; trad. it. 1998] si instaura tra lo spettatore e lo schermo televisivo,
dotata della pluralità degli indizi simbolici che caratterizzano l'interazione faccia
a faccia (la vista e l'udito, l'accesso agli elementi cinesici e prossemici etc.),
ma priva della dimensione dialogica, poiché il flusso comunicativo è
unidirezionale.
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R
Rappresentazione: modalità di ri-presentazione della realtà attraverso
diversi tipi di linguaggio (verbale, iconico, audiovisivo...), che implica un punto
di vista, una selezione di elementi e una loro messa in discorso, funzionale alla
comunicazione. Il termine richiama anche l'ambito teatrale della messa in
scena, sviluppato da Goffman.
Razza: raggruppamento umano le cui caratteristiche fisiche risultano visibili a
occhio nudo [Todorov 1991, 113]. E' un concetto la cui scientificità è stata
messa in discussione dai moderni studi sul menoma, che riconoscono il
patrimonio genetico umano come meticcio.
Razzialismo: razzismo-ideologia, che non coincide necessariamente col
razzismo come comportamento di disprezzo, esclusione, espulsione. Più
recente del razzismo, ha la sua collocazione in Europa tra la metà del XVIII sec
e la metà del XX sec. Si basa sostanzialmente su 5 proposizioni fondamentali
[Todorov 1989; trad. it. 1991, 108 ss.].
1. L'esistenza delle razze, come raggruppamenti umani che condividono
caratteristiche fisiche comuni e il timore per gli incroci tra le razze
(mixofobia).
2. La relazione causale tra le differenze fisiche e quelle culturali.
3. L'azione del gruppo sull'individuo: il comportamento dell'individuo dipende
in grandissima parte dal gruppo razzial-culturale (o etnico) di cui fa parte.
4. Una gerarchia unica dei valori, sulla base della quale ordinare le culture
come superiori o inferiori.
5. Una politica basata su questo insieme di conoscenze (pseudoscientifiche) --> passaggio al razzismo
Razzializzazione: Rappresentazione delle differenze tra i gruppi umani come
derivanti da fattori biologici [Taguieff 1997; trad. it. 1999, 117].
Biologizzazione delle interazioni sociali. Si distingue dall'etnicizzazione, che
invece attribuisce le differenze tra i gruppi a elementi etnico-culturali (la
lingua, la religione, le usanze).
Razzismo: categorizzazione e discriminazione degli individui sulla base dei
loro tratti fisici (colore della pelle, forma del naso, degli occhi etc.) nella sua
prima fase (razzismo scientifico), poi slittato sul piano simbolico della
differenza culturale, intesa come inferiore.
Relativismo culturale: atteggiamento che promuove un approccio alle
diverse culture che a) le consideri un insieme coerente al proprio interno e
dotato di significato; b) interpreti i diversi elementi delle culture in relazione
all'insieme e non isolatamente, né secondo i criteri dell'osservatore; c) adotti il
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punto di vista dell'attore (ermeneutica?). Si contrappone all'atteggiamento
etnocentrico.
Relativismo culturale: prospettiva antropologica che parte dal presupposto
che ogni cultura vada considerata nei suoi propri termini, comprendendola
dall'interno, e non spiegata a partire dal punto di vista dell'osservatore esterno
(vedi etnocentrismo). Il relativismo culturale moderato adotta un
atteggiamento empatico nella consapevolezza che, pur configurandosi ogni
cultura come un mondo a sé, esistono elementi culturali comuni a diverse
culture, o risposte diverse a problemi simili, il che consente una prospettiva
comparativa e interculturale. Nella sua versione radicale, il relativismo
culturale di fatto nega la possibilità di una dialogo tra le culture, che
resterebbero di fatto universi incommensurabili.
Riconoscimento: forma di relazione che si contrappone sia all'indifferenza,
che ignora l'altro relegandolo nell'invisibilità sociale, sia al disprezzo, come
negazione della dignità dell'altro, basata su stereotipo, pregiudizio o su forme
di disumanizzazione. E' fondamentale per la costruzione di un'immagine
positiva di sé, entro un paradigma intersoggettivo. E' individualizzante, perché
considera l'individuo nella sua unicità e non per la sua appartenenza
categoriale.
Rito, Rituale: dal latino ritus, ordine prescritto, rimanda all'idea di armonia.
Forma particolare di azione sociale collettiva in grado di suscitare
coinvolgimento del gruppo, partecipazione, analogia negli atteggiameti e negli
stati d'animo e rafforzare il senso di coesione del gruppo. La sua forza non è di
tipo razionale, ma emozionale. E' una forma di comunicazione simbolica,
poiché rimanda anche ad altro da sé (per esempio: i valori di riferimento sui
quali si basa la coesione del gruppo), ed è un costrutto culturale.
Riti di passaggio: forme rituali che accompagnano e disciplinano le tappe
della vita individuale e collettiva, per preservare l'ordine sociale. A. Van
Gennep ha identificato la struttura dei riti di passaggio articolata in tre fasi
successive: la fase di separazione, la fase di margine (o "liminare", nella
reinterpretazione di V. Turner), la fase di riaggregazione. La fase intermedia è
quella più rischiosa, perché è "antistrutturale", dal momento che il soggetto
che la attraversa non è più sottoposto all'ordine dello stadio precedente, né
appartiene ancora a quello dello stadio successivo: per questo molti riti di
passaggio, soprattutto nelle società tradizionali, prevedono la separazione
fisica e una sorta di isolamento di chi attraversa la fase liminare.
Ruolo: l'insieme delle regole di comportamento e delle aspettative che
convergono su un individuo in quanto occupa una certa posizione all'interno
della struttura sociale. Poiché ciascuno ricopre una pluralità di ruoli, si possono
creare nell'individuo tensioni e contrasti legati alle diverse richieste cui è
soggetto a partire dai diversi ruoli (il "conflitto di ruolo" è tipico, per esempio,
della madre-lavoratrice).
S
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Salad Bowl: modello del rapporto tra le culture che non prevede la loro
fusione (come nel melting pot), ma una conservazione delle differenze come
ricchezza dell'insieme.
Scena: per Goffman, il luogo dell'interazione, la situazione che incornicia la
relazione.
Schismogenesi: termine usato da Bateson per indicare l'escalation del
conflitto.
Senso comune: insieme degli elementi impliciti e dati per scontati della
conoscenza, che consente di comprendersi facilmente nelle circostanze della
vita quotidiana; ciò che tutti sanno, e che consente di agire in modo
automatico e non riflessivo.
Simbolo: dal greco sun-ballein, rimettere insieme, ricomporre, in riferimento a
un oggetto spezzato in due che consentiva il riconoscimento di un legame a
distanza di tempo (dimensione della relazione e del rinvio). I simboli hanno un
significato pubblico, condiviso all'interno di un gruppo; possono funzionare in
assenza del referente, per la loro capacità di rinviare a ciò che non è presente;
sono in grado di riprodurre negli individui che ne comprendono il significato
atteggiamenti e disposizioni emotive analoghe.
Socializzazione: processo di apprendimento mai definitivamente concluso,
attraverso il quale un soggetto impara a diventare un membro "competente"
rispetto al contesto sociale in cui vive. Si distingue una "socializzazione
primaria" e una "socializzazione secondaria". La prima caratterizza la fase dalla
nascita al periodo prescolare, ha luogo tendenzialmente in ambiente
domestico, vede la famiglia come principale agente di socializzazione e
consiste soprattutto nell'apprendimento del linguaggio e di alcune basilari
regole di comportamento; la seconda ha luogo in ambiente extradomestico (la
scuola, il gruppo dei pari...) e consiste nell'apprendimento di comportamenti
più specializzati, che variano al variare dei contesti di attività. Anche i media
rappresentano una importante agenzia di socializzazione.
Socializzazione anticipata: adesione preventiva a valori, norme e miti della
società occidentale (mito della società ricca, libera e aperta, capace di offrire
possibilità di emancipazione e consumo per tutti) [Gallissot 2001, 211].
Sociolinguistica: branca della linguistica che studia la variabilità del modo di
parlare all'interno di un contesto sociale, tenendo in considerazione i modelli
culturali e subculturali che regolano la variazione del discorso a seconda della
situazione [Hymes 1974, 83-117] (per esempio, uso di un linguaggio formale o
informale a seconda dello status dell'interlocutore e del tipo di relazione tra i
parlanti).
Shock culturale: esperienza traumatica legata al passaggio da una cultura a
un'altra. Incomprensione delle cornici e incapacità di muoversi come attori
sociali competenti.
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Spazio: elemento culturalmente definito, la cui organizzazione fa parte della
comunicazione non verbale (si veda prossemica).
Stereotipo: termine di origine tipografica, che indica un calco rigido che serve
come matrice per testi e immagini. Si può pensare come un irrigidimento delle
categorie che utilizziamo nella nostra attività percettiva. Ha le caratteristiche
della semplificazione, della rigidità, della resistenza alla modificazione. Applica
le stesse caratteristiche, per lo più negative, a tutti i membri di una categoria,
minimizzando le differenze all'interno di essa. Associa all'elemento cognitivo
quello valutativo. Costituisce la base del pregiudizio.
Stigma: anticamente segno che "marchiava" un individuo, generalmente per
una sua condizione moralmente criticabile, che produceva quindi una sua
messa a distanza. Goffman lo definisce come un "attributo che produce
discredito" [Goffman 2003, 13] e che per la sua visibilità pesa fortemente
sull'identità sociale dell'individuo (la categoria nella quale viene tipizzato) e
sulla sua autopercezione.
Straniero: soggetto socialmente mobile, definito per la sua estraneità al
contesto in cui si viene a trovare (temporaneamente o in modo relativamente
stabile).
T
Tempo: elemento culturalmente definito, la cui organizzazione fa parte della
comunicazione non verbale (si veda cronemica).
Tradizione: dal latino traditum (trasmesso, tramandato): ciò che caratterizza
il gruppo dal punto di vista culturale e che viene trasmesso nel tempo in
quanto valore condiviso e fondamentale per l'identità del gruppo.
Trasmissione: passaggio unidirezionale di informazione da un emittente a un
ricevente.
U
Universalismo: modello del rapporto tra le culture (e tra gli esseri umani in
generale), che presuppone l'idea di una sostanziale uguaglianza (opposto al
differenzialismo e al particolarismo). Può diventare prevaricazione dell'altro in
nome diell'una imposizione.
Uomo marginale (Marginal Man): concetto formulato da W. Thomas e poi
sviluppato da R.E. Park nell'ambito delle ricerche sul fenomeno
dell'immigrazione condotte presso l'Università di Chicago. Rappresenta una
figura cruciale per comprendere le trasformazioni sociali, e designa un
soggetto che, a seguito del proprio percorso migratorio, vive in due differenti
mondi, ed è straniero rispetto a entrambi.
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X
Xenofilia: sentimento di attrazione nei confronti dello straniero e
dell'estraneo.
Xenofobia: sentimento di repulsione nei confronti dello straniero e
dell'estraneo. Può tradursi in atteggiamenti e comportamenti razzisti.
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