pdf, 104 KB - Archivi della moda del novecento

Seminario di studi
Archivi della moda del ’900: primi risultati del progetto a Firenze e in
Toscana
III sessione
La formazione al servizio della creatività e della valorizzazione
Firenze, 4-5 giugno 2009
Bruna Niccoli, docente Università di Pisa
Dall’oggetto-costume alla storia della moda.
Workshop e didattica alla Fondazione Cerratelli
Questo intervento vuole presentare la realtà della Fondazione Cerratelli,
quale luogo vivo, sede di un workshop di catalogazione e di una didattica
innovativa.
Cerratelli è un nome – nel presente – che richiama un passato ed è in fieri
verso un futuro. Nel passato il nome Cerratelli in Toscana si afferma nel
sistema del costume di scena,
con un’attività iniziata a Firenze nel 1914 e interrottasi nel 1995. Oggi
Cerratelli assurge a memoria con una collezione che è un documento unico
dell’artigianato d’arte fiorentino, come ha dimostrato il raffinato volume
Monumenta. I costumi della Fondazione Cerratelli, a cura di Carlo Sisi,
Pacini, Pisa, 2009, con significativi testi di Pier Marco De Santi, Paola
Goretti, Bruna Niccoli e straordinarie fotografie di Aurelio Amendola.
Nel presente l’Archivio Cerratelli, costituito da circa 25.000 costumi di
scena, è quindi conservato alla Fondazione omonima, diretta da Floridia
Benedettini, professionista di alta moda e costume teatrale. La Fondazione
è locata in un luogo storicamente internazionale, San Giuliano Terme,
immortalato nelle carte di molti eccellenti viaggiatori. L’internazionalità
ha segnato anche la fama del “marchio” Cerratelli: costumi nati per
palcoscenici e schermi internazionali, degni del suo Presidente onorario, il
maestro Franco Zeffirelli. Costumi e/o forme e materiali, da cui si
configura l’oggetto-costume in quanto manufatto d’arte, creato in sartoria,
ideato nel sistema dell’artigianato, comprensivo di tutte le declinazioni
della tecnica: dalla costruzione del capo alle sue più sottili decorazioni,
agli accessori (B. Niccoli, a cura di), La fondazione Cerratelli Costumi per
lo spettacolo del Novecento, Pisa, Ets, 2008).
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Nel presente Cerratelli è un nome – possiamo dire – fondante la tradizione
del saper fare. Ed è quanto emerge dalla robusta attività di catalogazione in
corso dall’anno 2006. Il workshop di catalogazione voluto dalla
professoressa Donata Devoti (Università di Pisa) e dal Direttore della
Fondazione, Floridia Benedettini, ha visto coinvolta, fin dal suo esordio
Bruna Niccoli, studiosa di storia del costume presso il Dipartimento di
Storia delle Arti dell’ateneo pisano. Dagli exempla catalogati, ricordiamo
uno per tutti, Gino Carlo Sensani, l’omaggio cade su un nome caro agli
Archivi del Maggio musicale fiorentino, cresciuto sui banchi di lavoro
Cerratelli, artista dotato di un’intuizione altissima, teorico del rapporto
abito-corpo e delle sue implicazioni psicologiche, primo docente di storia
del costume nel 1935 al Centro sperimentale del cinema a Roma, oggi un
ispiratore teorico della didattica che si svolge in Fondazione. Sensani è di
più un interprete delle complesse relazioni tra costume di scena e moda,
materie e forme che migrano dal palco all’alta moda. Un’arte questa già
conosciuta e praticata anche dall’amico Umberto Brunelleschi, dalla
fashion alla scena, sempre attivo nella bottega Cerratelli. degli anni Trenta.
Di questo parliamo: una bottega, nel pieno rispetto del concetto
rinascimentale fiorentino, una fucina della creatività. La catalogazione in
corso, scheda dopo scheda, ha fatto emergere questi aspetti che sono
codificati in ogni suo documento. I costumi catalogati vengono proposti
come oggetto di studio per ogni ordine di livello scolastico: dalla primaria
al master universitario. La catalogazione vede impegnati studenti del corso
di laurea in Beni culturali, di Storia delle Arti, Università di Pisa, coinvolti
secondo diverse tipologie di lavoro. Giovani mani che inseguono mani più
antiche, alla ricerca di abilità, concretizzate nel taglio, materializzate nei
ricami e nei decori dei costumi, ricchissimi i dettagli, spunti raffinati per
soluzioni estetico-sartoriali. Prezioso e fattivo è il contributo del comitato
scientifico, in particolare della professoressa Antonella Capitanio.
L’analisi dei costumi di tipologia storica dimostra lo studio attento delle
epoche realizzato dalla costumistica italiana firmata Cerratelli. Eccellenti i
nomi dei costumisti presenti in collezione da Leonor Fini a Danilo Donati
e Anna Anni.
Dal 2009 la Fondazione Cerratelli ha aperto i primi risultati della
catalogazione e ha ospitato universitari e liceale, italiani e americani, nello
spazio di laboratori di studio tematico. Nel caso dell’Accademia
Linguistica genovese e degli studenti del corso di costume tenuto dal
professor Guido Fiorato è stata realizzata un’analisi dei modelli storici
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settecenteschi, per una destinazione che è quella della ricostruzione
scenica, con specifica attenzione ai decori e alla costruzione dei modelli. Il
ricchissimo campionario tattile-visivo dei costumi conservati e selezionati
appositamente ha permesso agli studenti di misurarsi con i velluti e le sete,
con la pesantezza delle stoffe, la lucentezza del colore e le relative
problematiche connesse. Vivace e stimolante il segno lasciato in
Fondazione dagli studenti dei corsi specialistici di fashion, protagonisti di
laboratori nati su ispirazioni dirette da scelte proposte di costumi catalogati
e finalizzati alla costruzione di nuovi modelli di abiti, nati dal riutilizzo –
giustificato – di costumi scenici. La continua e innovativa attività che si
svolge in Fondazione è stata discussa nel testo Moda. Storie e storie (a
cura di Giuseppina Muzzarelli, Giorgio Riello, Elisa Tosi Brandi, Milano,
Mondadori, 2010) dedicato a diverse esperienze europee di storia della
moda (Bruna Niccoli, L’oggetto costume in scena: il caso della
Fondazione Cerratelli), a conferma della stretta relazione tra il manufatto
“costume di scena” e il manufatto “abito di alta moda”.
Costante rimane il confronto con i costumi della collezione, in Officina
Cerratelli, con i suoi oggetti d’arte. Nel Novecento, lo storico dell’arte
Matteo Marangoni si è interrogato con lucida intelligenza su come
guardare l’opera d’arte: il workshop in Fondazione si impegna nella
ricerca del saper vedere e trasmettere i molteplici punti di visione di un
oggetto d’arte. Il campionario tessile analizzato nel corso della
catalogazione muove dagli anni Trenta agli anni Novanta, attraversa lo
spazio del Novecento, segnato dall’entrata di nuove materie e dall’uscita di
altre che cadono nel desueto. Un exemplum è costituito dall’utilizzo del
jersey, nello splendido costume indossato dalla giovanissima Sofia Loren
nel ruolo della Principessa Lucilla (The Fall of the Roman Empire, 1964),
modernità di forme e drappeggio per evocare l’età imperiale; su questa
stoffa la collaborazione con la dottoressa Moira Brunori, impegnata nella
ricerca sulla conservazione del tessile in età contemporanea, ha aperto
un’inedita riflessione tra fashion e costume di scena; molte le tipologie di
materiali al vaglio nel workshop di catalogazione. Spettacolo e moda, il
dialogo tra queste due parti, in perenne tensione, è stato protagonista del
laboratorio di costume (svoltosi nel maggio 2009) per il Corso di laurea in
cinema musica e teatro dell’Università di Pisa, diretto da Bruna Niccoli e
Floridia Benedettini, dedicato alla figura dell’artista del XVII secolo
Artemisia Gentileschi, alla ricerca delle sue vesti dipinte. Il Direttore della
Fondazione, con gli studenti al tavolo di lavoro, ha rilevato il modello da
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un costume, in questo caso firmato da Anna Anni per Otello di Zeffirelli
(1983), rispondente alla tipologia di veste dipinta in una tela di Artemisia.
Ha fatto seguito l’elaborazione di un carta-modello, funzionale a ricreare
un costume; infatti non si procede mai nella direzione della copia o
dell’imitazione: la genialità si riconosce dalla capacità di citare il passato,
dall’assimilazione, non dall’emulazione. È stato importante in questa
esperienza, che consideriamo “pilota”, anche l’intervento della
professoressa Thessy Schoenholzer Nichols docente e storica tecnica del
costume, coadiuvata dal restauratore dottoressa Moira Brunori (entrambe
docenti dell’università di Firenze) che hanno realizzato in Fondazione
Cerrateli uno studio dal modello iconografico direttamente desunto dai
dipinti di Artemisia, secondo la tecnica del “drappeggio”, una metodologia
nuova, non solo per gli studenti dell’Università di Pisa.
L’analisi dei costumi di interpretazione storica si connette nel workshop
Cerratelli sempre alla storia della moda, al concetto di status e alla
simbologia sociale, nelle sue relazioni con il rispetto delle forme storiche;
è possibile inoltre in collezione anche il confronto con gli abiti storici (dal
tardo Ottocento conservati in Archivio), ulteriori trame possibili, lanciate
sull’ordito della catalogazione in fieri.
In conclusione possiamo dire di aver fatto nostra, in Officina Cerratelli,
l’affermazione di Lucien Febvre: «Lo storico non è colui che sa, è colui
che cerca».
E come in un caleidoscopio, le relazioni mutano e si creano, raramente si
ripetono uguali, così accade per i molteplici stimoli che nutrono la
didattica e vengono offerti anche al visitatore alla Fondazione Cerratelli,
dove, se non siete ancora stati, siete tutti invitati.
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Visualità del Maggio. Costumi e documenti (1979), a cura di F. Foggi, F.
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