Nicola ha la febbre - associazione vaccinare informati

Ci sono cascato anch’io
“Nicola ha la febbre” dice mia figlia “ e vuole essere visitato dal nonno, puoi passare
quando hai finito l’ambulatorio?” Sono quasi le 20, ho da poco chiuso la porta dello
studio dove ho visitato oggi una decina di bambini. Siamo in inverno, e tosse,
raffreddore e febbre sono compagni di queste giornate fredde con poco sole. Anche
Nicola ha gli stessi sintomi, lo visito, giochiamo insieme, e poi mi sento esclamare:
”Niente d’importante, è solo influenza!” Mi rendo conto quasi subito di esserci
cascato. Avrei dovuto dire che si tratta di una sindrome influenzale, e invece ho
diagnosticato l’influenza. I giornali di questi giorni non scrivono d’altro: ci sono
milioni di malati, l’influenza stagionale quest’anno è più aggressiva degli altri anni (lo
dicono sempre)e questa parola magica –influenza- insieme rassicurante e minacciosa
è venuta fuori senza che ragionassi. So bene che avrei dovuto dire “sindrome
influenzale”. L’influenza è la malattia causata dai virus influenzali che possono
essere A e B, le sindromi influenzali (Influenza like-illness, ILI) sono provocate da
tanti altri virus: rhinovirus, adenovirus, virus respiratorio-sinciziale, coronavirus,
virus parainfluenzale, ed ANCHE i virus influenzali A e B. Si stima che siano circa 500 i
virus che possono provocare una sindrome influenzale. Ormai, grazie alle potenti
strategie di marketing dell’industria, i due termini sono utilizzati come sinonimi. In
realtà vanno distinti: una cosa sono le sindromi influenzali (una sindrome è una
costellazione di segni e sintomi con cause indistinte), ed altro è l’influenza. Visitando
Nicola, come ogni altro bambino, in inverno, che presenti febbre, tosse e raffreddore
posso solo dire che ha una sindrome influenzale. Se voglio cercare di sapere
esattamente di quale virus si tratti dovrei eseguire degli esami, come tamponi
faringei, o analisi del sangue. Esami che non si eseguono perché non servono a
identificare meglio la terapia, che è solo sintomatica. Nella maggior parte delle volte
non riuscirei a fare comunque una diagnosi precisa Quando dico influenza la
maggior parte delle volte sbaglio. Solo 1 volta su 10 si tratta davvero di influenza1. E’
un errore non da poco, non casuale, che ha importanti conseguenze pratiche: fa
apparire l’influenza come l’unica causa delle sindromi influenzali, ignorando tutti gli
altri microrganismi responsabili delle sindromi influenzali. La conseguenza più ovvia
è la sovrastima sistematica del peso e dell’impatto dell’influenza: la fa apparire come
l’unica causa delle sindromi influenzali. Tutte le statistiche ufficiali nazionali e
internazionali, descrivono l’andamento “dell’influenza”, usando i dati delle sindromi
1
Ministero della Salute. Vaccinazione antinfluenzale di massa in età pediatrica. Quali evidenze abbiamo?
Bollettino di informazione sui Farmaci 2003; 5-6: 187-96
influenzali, causate da tanti agenti diversi. Questo impedisce di conoscere la vera
natura del fenomeno, come se tutto il resto (la maggior parte, circa il 90% delle altre
cause) non interessasse. Questa equazione semplicistica si accorda bene con il
nostro desiderio di essere terrorizzati da epidemie e pandemie, ma anche di avere
certezza di una soluzione: contro i virus influenzali ci sono vaccini e antivirali. In
realtà l’ influenza è una causa assai modesta di sindrome influenzale, ed i vaccini non
potranno avere altro che un impatto modesto o addirittura nullo specialmente sulle
rare complicanze. “E’ evidente che un intervento di massa come la vaccinazione per
colpire un agente relativamente raro come il virus influenzale, ha scarso senso 2”.
Eppure, ogni autunno, come i negozi fanno scorte di merci da vendere nel periodo di
Natale, allo stesso modo, le farmacie, i distretti socio-sanitari iniziano ad
immagazzinare i vaccini contro l'influenza stagionale. Insieme a questi,
inevitabilmente, arriva la propaganda. E' tutto così prevedibile: prima c'è l'annuncio
che "tutti dovrebbero vaccinarsi". Lo "scoop" successivo è la notizia di quanto "sia
cattivo" il virus influenzale dell'anno. Si fornisce qualche numero sugli ammalati
(quante persone a letto con l'influenza?) e qualche previsione catastrofica sulle
vittime. Immancabilmente seguirà qualche comunicazione ufficiale da parte delle
autorità sanitarie o delle varie associazioni di medici e specialisti per invitare tutti a
vaccinarsi. La pubblicità commerciale, diretta o occulta si attenuerà solo quando le
scorte dei vaccini inizieranno a diminuire. Ma finché i vaccini restano in magazzino,
la propaganda rimarrà aggressiva, ed il marketing sempre più diffuso: “Vuoi che tuo
figlio quest’inverno non si ammali? Vaccinalo contro l’influenza! Il bambino va
all’asilo? Vaccinalo contro l’influenza!”
Fino a che punto il vaccino contro l'influenza, per il quale ad ogni autunno assistiamo
a questa mobilitazione, mette al riparo dalla minaccia ricorrente di finire a letto con
la febbre? Per prima cosa occorre una previsione esatta. Bisogna “azzeccare” la
scelta dei tipi di virus contenuti nel vaccino. Il virus influenzale presenta grande
variabilità antigenica ed è soggetto a continue mutazioni. Ogni anno appare una
versione differente da quella precedente. Per questo ogni anno l'Organizzazione
Mondiale della Sanità ed i Centers for Disease control and prevention americani
effettuano delle previsioni sui tipi influenzali che circoleranno e decidono quali ceppi
inserire nella vaccinazione contro l'influenza stagionale. Solo se c'è corrispondenza
2 Tom Jefferson. Non tutto è influenza, anzi pochissimo. La verità sui vaccini: nessuno sa se e quanto funzionino
davvero. Sole 24 ore Sanità, 1-7 dicembre 2009.
esatta tra virus circolante e virus contenuto nel vaccino ci può essere azione,
altrimenti l'effetto sarà nullo. Quando si scelgono determinati ceppi si formula una
previsione, una scommessa, che non sempre risulta vincente: basta una mutazione
imprevista ed il vaccino è fuori gioco.
Le prove scientifiche dimostrano che:
- i vaccini nei bambini al di sotto dei 2 anni sono efficaci come il placebo, cioè niente;
- non vi sono prove che i vaccini riducano la mortalità né tra i bambini e che tra gli
adulti;
- l'assenza dal lavoro degli adulti occupati è ridotta di circa due ore solamente;
- non vi è correlazione fra incidenza dell'influenza e riduzione della mortalità e
copertura vaccinale negli anziani istituzionalizzati. E' dimostrano che durante due
epidemie (1968 e 1997) il vaccino in uso conteneva un virus differente da quello che
circolò realmente, e pertanto inefficace verso l'influenza stagionale. Eppure in quegli
anni la mortalità attribuita all'influenza non aumentò. Nel 2004 la produzione di
vaccini in USA fu insufficiente, ed il tasso di copertura fu soltanto del 40%, ma anche
in quello il dato della mortalità non aumentò. Il tasso di mortalità tra gli anziani nella
stagione invernale non è cambiato dal 1989, quando solo il 15% degli statunitensi e
canadesi over 65 anni veniva vaccinato, ai giorni d'oggi che vede in questa fetta di
popolazione una copertura superiore al 65%. Questi sono i dati reali, che
smentiscono il dogma dell'efficacia dei vaccini antinfluenzali, un paradigma a cui
prestar fede senza alcuna possibilità di critica. In realtà le prove di efficacia di cui si
dispone sono deboli e le aspettative dei benefici non sono realistiche. La storia della
medicina è ricca di trattamenti entrati nella pratica e nella dottrina pur privi di
certezze di sicurezza ed efficacia. Il vaccino antinfluenzale è un esempio
emblematico della comunicazione imperfetta tra ricerca scientifica e pratica medica.
La campagna vaccinale non si basa su evidenze scientifiche, ma sull'intreccio tra
l'industria che produce i vaccini, ed istituzioni che adottano scelte e comportamenti
spesso all'ombra di conflitti di interesse.