EDITORIALE CAffè E InsORgEnzA DI TumORE

°
anno 22
38
FO. S.A.N: - FONDAZIONE PER LO STUDIO DEGLI ALIMENTI E DELLA NUTRIZIONE
COMITATO SCIENTIFICO: Paolo Aureli, Eugenio Cialfa, Amleto D’Amicis, Eugenio
Del Toma, Silvio Garattini, Cristina Scaccini, Nicoletta Pellegrini, Gianni Quaglia,
Andrea Strata, Alessandra Tavani, Marcello Ticca.
EDITORIALE
Il termine “neoplasia” si riferisce a un gruppo
piuttosto eterogeneo di circa 200 malattie. La
caratteristica delle neoplasie è la crescita cellulare svincolata dai normali meccanismi di controllo dell’organismo, partendo da un’unica
cellula progenitrice e da numerose anomalie genetiche, funzionali e morfologiche. La carcinogenesi progredisce quando le cellule anomale
si moltiplicano e si differenziano – anche funzionalmente - dalle cellule originarie. In questo
modo è possibile che si generino masse e aggregati cellulari in grado di interferire con l’organo e l’apparato in cui sono allocate, e
possono migrare verso altri organi (disseminazione, metastasi) minacciando l’intero organismo.
Sono diversi e molteplici, spesso combinati fra
loro, i fattori che possono causare il cancro: endogeni (propri delle cellule dell’organismo, in alcuni casi trasmissibili alla progenie) come
mutazioni genetiche, ormoni, funzionalità dell’apparato immunitario, e fattori esogeni, legati
sia all’ambiente (ad es. agenti infettivi, prodotti
chimici, radiazioni) sia allo stile di vita del soggetto (ad es: fumo, alimentazione, livello di attività fisica).
Il caffè, seconda bevanda più diffusa nel mondo
dopo il tè, rientra a far parte dello stile di vita: è
presente nella giornata alimentare di una moltitudine di persone. Proprio perché abitudine di
moltissime persone, tutti gli effetti esercitati dal
caffè sulla salute rappresentano un’importante
questione di salute pubblica e da decenni vengono studiati dalla Comunità Scientifica. Oltre
alla caffeina, il caffè contiene numerosi composti
bioattivi con potenziali effetti sulla salute, tra cui
minerali e antiossidanti, principalmente composti fenolici (come ad esempio gli acidi clorogenico, caffeico, ferulico e cumarico), melanoidine
e diterpeni (come cafestol e kawehol) e il suo
consumo è stato associato con una minore incidenza di mortalità totale, diabete, ictus e tumore in siti selezionati.
CAffè E InsORgEnzA
DI TumORE pROsTATICO
In pazienti con tumore della prostata, il consumo di caffè prima della diagnosi è associato
a un minor rischio di recidiva/progressione del
tumore. Lo riportano gli autori dello studio Coffee and tea consumption in relation to prostate cancer prognosis pubblicato nel
novembre 2013 su Cancer Causes and Controls 1 .
Il gruppo di partecipanti allo studio era costituito da 894 uomini con una diagnosi di tumore
alla prostata nel periodo 2002-2005, provenienti da King County, Washington, USA, per i
quali era noto il consumo di caffè e tè nei due
anni precedenti la diagnosi di tumore. Per 630
pazienti era disponibile un follow-up mediano di
oltre 6 anni, durante i quali sono stati registrati
140 eventi di recidiva/progressione di tumore
alla prostata, includendo lo stadio della malattia. Per stimare il rischio relativo (Hazard Ratio
- HR) e gli intervalli di confidenza al 95% (CI) di
recidiva o progressione del tumore sono stati
usati metodi di analisi multivariata mediante
modelli di regressione lineare. Circa il 61% dei
pazienti consumava almeno una tazza di caffè
al giorno (ndr: si parla di tazze all'americana) e
circa il 12% ne consumava almeno 4 al giorno.
Il consumo di caffè è stato associato a un ri-
dotto rischio di recidiva/progressione di tumore
alla prostata, con un HR multivariato per un
consumo di ≥ 4 tazze/die verso ≤ 1 tazza/settimana di 0,41 (95% CI: 0,20-0,81; p per trend
= 0,01), cioè una riduzione del rischio del 59%.
Né la mortalità totale (128 deceduti, di cui 38
per tumore prostatico), né la mortalità per tumore della prostata, valutate per l’intero campione di 894 pazienti, erano invece modificata
dal consumo di caffè.
Circa il 14% dei pazienti consumava una o più
tazze di tè al giorno. Il consumo di tè non è risultato correlato a recidiva/progressione del
cancro alla prostata, mentre non si è potuta valutare la relazione con la mortalità per il numero
Tumore alla prostata - I numeri
(da: I numeri del Cancro in Italia 2012)
20%
Di tutti i tumori diagnosticati
11%
FrequenzaFrequenza
8%
Sul totale dei decessi per cancro (al terzo posto per causa di decesso
su tutti i tipi di tumore)
11%
Percentuale di decessi per tumore prostatico oltre i 70 anni
21%
Percentuale di diagnosi di tumore prostatico su uomini di oltre 70 anni.
è tra gli anziani (70+ anni) che viene diagnosticato il maggior numero
di neoplasie (pari al 50% circa del totale dei tumori). Tra gli uomini,
la prostata è al primo posto
22%
Frequenza del tumore alla prostata diagnosticato in età adulta (fra i 50 e i
69 anni) sul 40% dei tumori
216.716
Numero stimato di casi prevalenti in Italia (tumore alla prostata al primo
posto)
troppo basso di consumatori di tè.
Pochissimi altri studi hanno indagato in maniera
esaustiva questa relazione. Tra questi i risultati
più rilevanti sono quelli ottenuti su una famosa
coorte Americana, la “Health Professional Follow-up”, che include più di 5.000 casi di tumore
della prostata, di cui 642 letali 2. In accordo con
quanto mostrato nello studio più recente, anche
questo studio ha mostrato che gli uomini che
consumavano almeno 6 tazze di caffè al giorno
avevano un rischio inferiore di tumore della prostata, soprattutto in stadio avanzato. Il RR per
un aumento di una tazza al giorno era di 0.94
(95%CI 0.88-1.01) per il caffè e 0.91 (95%CI
0.83-1.00) per il caffè decaffeinato, suggerendo
che non è la caffeina, ma altre sostanze contenute nel caffè le responsabili dell’effetto benefico. Naturalmente questo non significa che si
deve aumentare il consumo di caffè a dismisura, ma indica che vi è una linearità nell’effetto
con la dose e suggerisce pertanto una causalità
dell’effetto.
L'associazione inversa è stata attribuita a diversi composti potenzialmente chemiopreventivi contenuti nel caffè, tra cui cafestol, khaweol,
acido clorogenico e acido caffeico3,4,5,6,7. I diterpeni cafestolo e khaweol sono stati correlati all’induzione di enzimi di fase II, che possono
inibire la cancerogenesi8. L’acido clorogenico e
altri composti fenolici contenuti nel caffè possono avere diverse attività biologiche, tra cui effetti antinfiammatori e antiossidanti e possono
modulare il metabolismo del glucosio 2,9 . Vi è
anche evidenza che l'acido caffeico e l'acido
clorogenico contenuti nel caffè possano inibire
la metilazione del DNA, un processo biochimico
coinvolto nello sviluppo e nella progressione di
molti tipi di tumore 10 . Anche la caffeina potrebbe avere qualche ruolo. Esistono infatti evidenze fornite da studi di laboratorio che la
caffeina ritardi lo sviluppo di metastasi5 e che i
possibili effetti antitumorali della caffeina includano attività anti-proliferative e pro-apoptotiche 11,12. L'assunzione totale di caffeina è stata
associata a un ridotto rischio di numerosi tipi di
tumore, compresi il carcinoma basocellulare 13 ,
il glioma 14 e il tumore ovarico 15 .
Concludendo lo studio dimostra che i pazienti
con cancro alla prostata che consumavano
quattro o più tazze di caffè al giorno prima della
diagnosi, dimostravano un notevole aumento
della sopravvivenza libera da recidiva/progressione del cancro alla prostata.
IL COnsumO DI CAffè
E LA RIDuzIOnE DEL
RIsChIO DI CARCInOmA
EpATOCELLuLARE
Una meta-analisi dal titolo “Coffee Reduces Risk
for Hepatocellular Carcinoma: An Updated
Meta-analysis”16 , pubblicata su Clinical Gastroenterology and Hepatology nel novembre 2013,
mostra una riduzione del 40% di rischio di tumore epatocellulare nei bevitori di caffè rispetto
ai non bevitori.
Gli autori hanno effettuato una ricerca su PubMed/MEDLINE, selezionando gli articoli originali
su studi caso-controllo o di coorte, in lingua inglese, pubblicati dal 1966 fino al settembre
2012, che associassero il consumo di caffè con
il rischio di tumore del fegato. Sono stati trovati
8 studi caso-controllo e 8 di coorte per un totale
di 3.153 casi di tumore epatocellulare.
Considerando come categoria di riferimento i
non bevitori e i bevitori occasionali di caffè, il rischio relativo (RR) complessivo di tumore del fegato nei bevitori di caffè per i 16 studi era 0,60
con un intervallo di confidenza (CI) al 95% di
0,50-0,71. Il RR era 0,56 negli 8 studi casocontrollo (95% CI: 0,42-0,75) e 0,64 negli 8
studi di coorte (95% CI: 0,52-0,78), mostrando
quindi coerenza tra i risultati per i due disegni
sperimentali. Considerando la stessa categoria
di riferimento dei non bevitori e bevitori occasionali di caffè, il RR era 0,72 (95% CI: 0,61-0,84)
per un basso consumo di caffè e 0,44 (95% CI:
0,39-0,50) per un consumo elevato, utilizzando
come limite tra il basso e l’alto consumo 3 tazze
al giorno di caffè per 9 studi e 1 tazza al giorno
per i 5 studi asiatici, dato il consumo più basso
della bevanda in questi paesi. Il RR complessivo
era 0,80 (95% CI: 0,77-0,84) per un incremento
di 1 tazza di caffè al giorno. Gli effetti benefici
del caffè sul rischio di tumore epatocellulare
erano simili nel due sessi, nei bevitori e non bevitori di alcol, e nei soggetti con o senza epatite
o altra patologia epatica.
Nonostante la coerenza dei risultati tra i vari
studi, periodi di tempo e popolazioni, è difficile
stabilire se l’associazione tra consumo di caffè
e tumore epatico sia causale, o se questa relazione possa essere parzialmente attribuita al
fatto che i pazienti con malattie epatiche e del
tratto digerente spesso riducono volontariamente il loro consumo di caffè. Tuttavia, il caffè
contiene diversi composti bioattivi con potenziali effetti favorevoli sulla salute. In particolare
l’acido clorogenico e altri antiossidanti contenuti nel caffè sembrano avere un effetto inibitorio sulla cancerogenesi epatica. Il cafestolo e
kahweol sembrano avere potenziali effetti contro la genotossicità indotta dall’aflatossina B1 in
modelli animali e cellule in coltura 17 . Inoltre il
consumo di caffè riduce il rischio di incidenza di
cirrosi epatica in modo dose-dipendente e diminuisce il numero di pazienti con transaminasi e
gamma-GT elevate, specialmente tra i forti bevitori di alcol. Tutto questo sembra suggerire un
continuum di evidenze sperimentali, cliniche ed
epidemiologiche a favore di un ruolo favorevole
del caffè sui processi di cancerogenesi epatica.
In ogni caso, sebbene il consumo di caffè eserciti effetti favorevoli sul fegato, i tumori primari
del fegato sono già ampiamente evitabili attraverso la vaccinazione contro il virus dell’epatite
B, il controllo della trasmissione del virus dell’epatite C e la riduzione di consumo di alcol.
Queste tre misure possono in linea di principio
evitare più del 90% di tali tumori nel mondo.
Il Carcinoma Epatocellulare – dati e numeri
(da I numeri del Cancro – 2012)
Rientra tra le prime 5 cause di morte per tumore solo nei maschi (7%) ma è al terzo
posto (8%) nella fascia di età 50-69 anni. La mortalità nei maschi presenta
un decremento a partire dai primi anni ’90 (–1,6%/anno), mentre nelle femmine si
osserva una tendenza alla diminuzione (–1,3%/anno) costante per tutto il periodo
esaminato. In merito alla sopravvivenza: il 15% dei maschi e il 12% delle femmine
che hanno contratto queste neoplasie nella prima metà degli anni 2000 risultano
ancora in vita a 5 anni dalla diagnosi. Rispetto ai quinquenni precedenti la speranza
di vita appare proporzionalmente migliorata, sia pure nel contesto di una malattia
comunque a prognosi infausta. La probabilità di sopravvivere per ulteriori 5 anni
aumenta progressivamente nei pazienti vivi a 1, 3 e 5 anni (20%, 37% e 48%
rispettivamente), simmetricamente al rischio di decesso che, massimo nel primo
anno, tende a decrescere poi sensibilmente.
Relativamente alla prevalenza: in Italia risiedono 21.416 persone con pregressa
diagnosi di carcinoma epatico, l’1% di tutti i pazienti con tumore, con un rapporto
tra maschi e femmine di 2,2:1. Anche per questi tumori, caratterizzati da una prognosi
generalmente sfavorevole, la maggior parte delle persone si trova temporalmente in
prossimità della diagnosi (il 48% entro i 2 anni, il 77% entro i 5 anni). Tra gli ultrasettantacinquenni la proporzione di persone con tumore è del 25% superiore ai 6074enni e oltre il quintuplo rispetto ai 45-59enni.
REfEREnzE
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2005 Mar;43(3): 433-41
Via Pietrasanta 14 - 20141 Milano
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Eleonora Pellegrini de Vera
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