La democrazia ateniese nel IV secolo aC - ISBN 88 - LED

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PREFAZIONE
Questo libro si basa sui miei volumi in lingua danese Det Athenske
Demokrati i. 4 arh. f. Kr., I-VI (Copenhagen 1977-81), ma ho totalmente riscritto, rielaborato e aggiornato il lavoro, e l’ho trasformato
da un manuale (con discussioni di problemi e dozzine di riferimenti
alle fonti in note estremamente ampie) in quella che spero sia una
trattazione generale e più accessibile. Il presente libro si rivolge pertanto non a specialisti, ma principalmente a studenti di antichistica,
storia e scienze politiche, così come a chiunque altro abbia interesse
per la storia dell’antica Grecia e della democrazia. A beneficio del
non specialista ho dedicato molto spazio e molta attenzione alla descrizione delle istituzioni democratiche e a una ricostruzione del
funzionamento della democrazia. Ho anche cercato di analizzare i
principi e gli ideali che stavano alla base delle istituzioni, ma ho eliminato la discussione delle controversie erudite. La conclusione, nel
bene e nel male, presenta la mia visione della democrazia ateniese.
Poiché è probabile che molti lettori non conoscano il greco, le citazioni sono presentate in traduzione e i termini greci sono traslitterati in corsivo; inoltre, tutti i termini tecnici sono spiegati nel Glossario
(pp. 348-370). Le note sono state abbreviate il più possibile e consistono esclusivamente in riferimenti alle fonti e alla dottrina moderna: non solo, ma in ciascun caso mi sono limitato a scegliere una,
due, al massimo tre fonti di riferimento, seguite da opportuni richiami a trattazioni moderne in cui si possono trovare una più completa
presentazione delle testimonianze e una più dettagliata discussione
dei problemi. I riferimenti agli studiosi di cui non condivido i punti
di vista sono introdotti da pace o contra, a meno che non sia chiaro
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dal contesto che le loro opinioni differiscono dalle mie. Nel complesso, tuttavia, ho preferito, nelle note, fare riferimento direttamente alle fonti piuttosto che a trattazioni moderne e, nel testo, discutere le testimonianze piuttosto che le contrastanti interpretazioni moderne che ne sono state date. Il secondo capitolo presenta le testimonianze su cui il libro si basa, ma questa è una sede opportuna
per dire qualcosa sullo scopo del libro e sul metodo che ho usato.
Il libro è una trattazione sistematica della democrazia ateniese nel
periodo che va dal 403/2 al 322/1. Non condivido l’opinione secondo
cui la democrazia del quarto secolo fu pressoché identica alla cosiddetta democrazia «radicale» del 462-411 e 410-404. Al contrario, ritengo (1) che la democrazia restaurata nel 403 fosse differente dalla democrazia del quinto secolo sotto molti importanti aspetti e (2) che,
negli anni fra il 403 e il 322, la democrazia sia passata attraverso cambiamenti e riforme molto più numerosi di quanto solitamente si ritenga. Mi sono più specificamente concentrato sul periodo 355-322, che
si distingue sia per gli sviluppi costituzionali sia per la relativa abbondanza di fonti. Sembra che le sconfitte nella guerra sociale, nel 355, e
nella seconda guerra contro Filippo di Macedonia, nel 338, abbiano
dato luogo a molte importanti riforme delle istituzioni democratiche,
oltre che a una rinascita degli ideali inerenti alla «democrazia avita di
Solone», anche se la democrazia fu sostituita dall’oligarchia dopo la
conquista macedone di Atene nel 322. Per quanto riguarda le fonti, il
periodo più importante della retorica attica comincia nel 355 e per i
successivi 34 anni disponiamo di una impareggiabile quantità di eccellenti fonti relative alla vita pubblica ateniese, soprattutto le orazioni di Demostene, Eschine, Iperide, Licurgo, Dinarco, nonché le ultime orazioni di Isocrate. La parte sistematica della Costituzione di Atene di Aristotele descrive le istituzioni democratiche negli anni 30 del
quarto secolo, e la seconda metà del quarto secolo segna l’apice delle testimonianze epigrafiche. Nessuna orazione è successiva all’abolizione della democrazia da parte di Antipatro nel 322/1. Il periodo
355-322 coincide anche con la carriera politica di Demostene, incominciata nel 355 con i processi contro Androzione e Leptine e terminata con il suo suicidio nel 322. Questa è la ragione per cui ho scelto
di intitolare il libro La democrazia ateniese nell’età di Demostene.
La trattazione si basa su fonti di quel periodo e, a meno che non
sia specificamente dichiarato, esse sono considerate tutte contemporanee. In alcuni casi, tuttavia, sono state utilizzate fonti di altri perio-
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di per far luce sulla democrazia del quarto secolo: per esempio, nella
mia descrizione delle istituzioni del quarto secolo vengono usate
fonti che descrivono le istituzioni democratiche nell’età di Pericle,
sempre che vi siano testimonianze del fatto che l’istituzione in questione non sia stata riformata sotto quel particolare aspetto. Basandosi poi sul presupposto che gli ideali cambiano più lentamente delle
istituzioni, nei capitoli sull’ideologia e sul carattere della democrazia
ateniese si fa abbastanza spesso riferimento alle numerose fonti del
quinto secolo riguardanti gli ideali democratici. Inoltre, in alcuni casi,
fonti ellenistiche (sempre iscrizioni) sono state usate con riferimento
al quarto secolo per far luce in particolare sul funzionamento dell’Assemblea e del Consiglio. Talvolta sono state utilizzate anche fonti che
si occupano della polis democratica in generale, se c’è ragione di ritenere che le generalizzazioni fossero ispirate da istituzioni ateniesi e
ne fossero il riflesso. In questa categoria le tre fonti più importanti sono le Leggi e la Repubblica di Platone e la Politica di Aristotele.
Come altri storici, devo talvolta basarmi su analogie o ipotesi
aprioristiche, ma evito analogie con i governi delle democrazie moderne basate sul principio di rappresentanza, e preferisco analogie
con la Landsgemeinde svizzera, che è un eccezionale ma notevole
esempio di democrazia diretta attuata in una piccola società.
Ho volutamente impiegato termini moderni quali «costituzione»,
«stato», «decisione», «separazione dei poteri», «democrazia», «libertà» e
«uguaglianza» in parte perché è inevitabile e in parte perché è desiderabile. È inevitabile perché la sola alternativa sarebbe quella di
scrivere sulla storia romana in latino, sulla storia ateniese in greco e
sulla storia babilonese in cuneiforme, il che è semplicemente impossibile. Ma è anche desiderabile, perché la prospettiva storica
emerge dal contrasto fra i nostri concetti e il linguaggio delle fonti
che interpretiamo. Solo un pessimo storico potrebbe pretendere di
evitare i concetti contemporanei: in ogni pagina egli inevitabilmente
porterebbe i suoi lettori fuori strada. Uno storico deve essere una
sorta di Giano bifronte e la sua analisi deve muoversi in due opposte direzioni: deve leggere e capire le sue fonti in lingua originale,
ma nella sua interpretazione di esse deve anche analizzare i concetti moderni da usare. L’arte di scrivere la storia sta nello scegliere, fra
tutti i concetti che abbiamo a nostra disposizione, quelli che consentono una significativa descrizione delle società antiche, e nell’evitare
invece quelli che possono fuorviare. Credo, per esempio, che «città-
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stato», «costituzione» e «democrazia» siano utilizzabili come equivalenti di polis, politeia e demokratia, mentre concetti quali «sovranità», «uomo politico» e «partito politico» siano piuttosto da evitare.
Non mi resta che esprimere i miei ringraziamenti.
In primo luogo, vorrei ringraziare il Dr. Oswin Murray che, per
conto di Blackwell, mi ha chiesto di scrivere questo libro.
In secondo luogo, sono grato ai miei colleghi del Dipartimento
di Studi Classici dell’Università di Copenhagen Johnny Christensen,
Minna Skafte Jensen, Jorgen Mejer, Helle Salskov Roberts e a Christian Marinus Taisbak, che nell’anno accademico 1989-90 mi ha sostituito nelle mie funzioni di insegnante e amministratore, così che
ho potuto avere un anno sabbatico per finire il libro.
Sono grato poi alla Fondazione Carlsberg per avermi assegnato
la borsa di studio Carlsberg al Churchill College di Cambridge per il
secondo trimestre del 1990. E con ciò vengo ai ringraziamenti di
gran lunga più importanti: al mio amico John Crook che tanto generosamente si è impegnato a tradurre il mio dattiloscritto in inglese
(fatta eccezione per questa prefazione, della quale sono responsabile in prima persona), e che durante la mia permanenza a Cambridge
ha dedicato quasi tutto il suo tempo a questo compito. Il mio lavoro
ha tratto giovamento dalla sua eccellente comprensione del danese
e dal suo vivace inglese idiomatico; cosa ancora più importante, oltre ad aver tradotto il libro, egli ne ha sottoposto il contenuto a un
esame critico e mi ha aiutato nel determinarne la struttura. Gli argomenti di scarsa efficacia sono stati messi a punto, le ripetizioni eliminate, le imprecisioni scoperte e messe in evidenza, e le mie interpretazioni di passi difficili delle fonti sono state accettate solo dopo
lunghe discussioni con “l’avvocato del diavolo”, e dunque spesso
con alcune modifiche.
Questo libro è mio – nessun dubbio al riguardo – ma Crook vi
ha sicuramente lasciato la sua impronta e per questo gli sono particolarmente grato.
La versione tradotta è stata letta dal Dr. Paul Cartledge e dal Dr.
Paul Millett, che hanno fatto molti utili commenti. Sono molto grato
anche al redattore capo del mio testo, Graham Eyre, che ha fatto un
così eccellente lavoro sul dattiloscritto.
Doverosi ringraziamenti infine a Ollie, senza la cui assistenza
questo libro non sarebbe mai stato terminato.
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DEMOCRAZIA DIRETTA
IN PROSPETTIVA STORICA
Quasi tutti coloro che scrivono sulla democrazia cominciano con la
distinzione tra democrazia «diretta» e «indiretta» o «rappresentativa» 1.
Quelli che si concentrano sulle istituzioni talvolta contrappongono
la «democrazia assembleare» alla «democrazia parlamentare», ma la
distinzione è la stessa: in una democrazia diretta il popolo effettivamente si autogoverna, cioè tutti hanno diritto di partecipare alle decisioni, mentre nell’altro tipo di democrazia la sola decisione che
tutti hanno il diritto di prendere è quella di scegliere chi prende le
decisioni.
Anche le analisi strutturali della democrazia richiedono sempre
una prospettiva storica (il che è abbastanza naturale): essa si risolve
nel sostenere che la democrazia diretta non esiste più 2, almeno negli stati sovrani rispetto a unità più piccole; e questa innegabile verità tende ad essere seguita dall’affermazione che una tale democrazia
non può più esistere a causa della dimensione delle società moderne 3 (il che significa ignorare il fatto che la tecnologia moderna ha
reso perfettamente realizzabile un ritorno alla democrazia diretta –
se desiderabile o meno, è un’altra questione) 4.
La prospettiva storica nell’altra direzione, cioè verso il passato,
tende a variare a seconda della nazionalità dello scrittore. Il mondo
1
Holden (1774), pp. 5, 26-29; Lively (1975), pp. 29-32; Pennock (1979), p. 7;
Lijphart (1984), p. 1; McLean (1989), p. 5.
2
Sartori (1962), p. 252; Holden (1974), p. 5.
3
Sartori (1962), pp. 255-256; Holden (1974), p. 27.
4
Arterton (1987); McLean (1989). Cfr. Hansen (1989b), p. 6.
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Democrazia diretta in prospettiva storica
di lingua inglese ha prestato attenzione alle città-stato greche e alla
democrazia ateniese classica 5 – se si eccettua il fatto che gli americani sono irresistibilmente attratti anche dalla loro peculiare forma
di democrazia diretta che si manifesta nell’«Assemblea delle città del
New England» 6. I Francesi, a partire da Rousseau, hanno anche alzato lo sguardo verso le Alpi per trarne ispirazione 7, mentre alcuni
studiosi tedeschi e scandinavi continuano felicemente a occuparsi
dell’antica democrazia diretta delle tribù germaniche 8. Un altro
esempio storico deve invece essere messo da parte senza ulteriore
confusione: le città italiane del Rinascimento. Venezia, Firenze, Milano e così via, furono indiscutibilmente città-stato e possono, sotto
questo aspetto, essere utilmente paragonate alle poleis greche; ma
esse furono governate da una monarchia o da una oligarchia 9: la
democrazia emerse in esse solo come una parentesi di breve durata 10. Esse dunque non forniscono un parallelo storico quando la
discussione riguarda la democrazia e lo stato democratico.
Gli altri quattro esempi storici di democrazia diretta richiedono
ulteriori considerazioni; innanzitutto la Urdemokratie tedesca. Essa
risale a una affermazione di Tacito nella Germania, fatta circolare
da Montesquieu 11; ma storici e archeologi in tempi più recenti sono
stati costretti ad abbandonare come un mito la nozione di un antico
sistema egualitario di governo nelle tribù tedesche. Per quanto riguarda l’idea della Svizzera come culla della democrazia, questa affermazione ha due fondamenti, uno dei quali molto più solido dell’altro. Il primo è che a partire dal Medioevo quattro cantoni svizzeri
e quattro mezzi cantoni sono stati governati da assemblee popolari
(Landsgemeinden), cinque delle quali esistono ancora oggi 12: già all’inizio del sedicesimo secolo Bodin concentrò la propria attenzione
5
The New Encyclopaedia Britannica (197515), s.v. Democracy.
Encyclopaedia Americana (1980), s.v. Democracy.
7
Grand dictionnaire encyclopédique Larousse (1982), s.v. Démocratie.
8
Amira (1913), pp. 126, 149 ss.; Ross (1946), pp. 22-24.
9
Plamenatz (1963), pp. 9-11.
10
Marks (1963).
11
Tacito, Germania, 11. Montesquieu, De l’esprit des lois, 6.11 (p. 167 nell’edizione Garnier, Parigi 1961).
12
Ryffel (1903); Stauffacher (1962); Kellenberger (1965); Carlen (1976).
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su di essi come esempi di democrazia 13. Essi costituiscono un effettivo – in verità l’unico effettivo – parallelo con la democrazia ateniese. Nonostante oggi i cantoni siano soltanto unità subordinate,
con limitati poteri locali, a suo tempo furono Stati sovrani governati
mediante una democrazia diretta. L’altro fondamento riguardante la
Svizzera poggia principalmente su Rousseau. Egli menzionò la vera
democrazia dei piccoli cantoni forestali solo di sfuggita 14, e si concentrò soprattutto sulla sua città natale, Ginevra, che egli riteneva
erroneamente una democrazia 15, mentre nello stesso tempo, ugualmente sbagliando, affermava che l’Atene di Pericle non lo era stata 16. In effetti c’è ben poco da dire a favore di Rousseau come storico, anche se le sue idee hanno esercitato un notevole influsso sul
pensiero politico. Per quanto riguarda poi l’Assemblea delle città del
New England 17, essa fu sicuramente una democrazia diretta, ma solo su scala municipale; così, sebbene sia interessante paragonarla
con l’Assemblea popolare di Atene, essa non fornisce alcuna base
per uno studio della democrazia come forma di governo statale.
(Più interessante è, in effetti, la costituzione “democratica” del 1647
di Rhode Island, alla quale non è stata dedicata l’attenzione che meriterebbe 18.)
Siamo così ritornati ad Atene, il miglior esempio di uno stato importante governato da una democrazia diretta. Questa forma di governo fu introdotta da Clistene nel 508/7 a.C. e abolita dai Macedoni
quando conquistarono Atene nel 322/1. Sappiamo che numerose altre città-stato greche ebbero costituzioni democratiche; ma di fatto
tutte le testimonianze di cui disponiamo riguardano Atene, che è
quindi la sola democrazia di cui possiamo fornire un’adeguata descrizione, anche se è possibile dimostrare che sotto alcuni importanti aspetti Atene era anomala e che il modello ateniese di governo
popolare non era l’unico noto ai Greci. Aristotele nella Politica fa ri-
13
Bodin, Les six livres de la république, 2.7.
Rousseau, Projet de constitution pour la Corse, in Oeuvres, ed. Pléiade (Parigi 1967), III, p. 906.
15
Rousseau, «Dédicace» a Sur l’origine de l’inegalité, in Oeuvres, pp. III, 111121. Miller (1984).
16
Rousseau, Sur l’économie politique, in Oeuvres, III, p. 246.
17
Sly (1930).
18
Ball, Farr e Hanson (1989), pp. 72-73.
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ferimento a un tipo di democrazia in cui la sola funzione dell’assemblea popolare è quella di scegliere i magistrati e di chiamarli a rendere conto della loro condotta durante la carica, mentre tutte le decisioni politiche sono prese dai magistrati senza che il popolo abbia
voce in capitolo 19. Questa, naturalmente, è democrazia «indiretta»;
dobbiamo perciò respingere come erronea la nozione comune che
la democrazia greca fu sempre «diretta» 20, mentre la democrazia moderna è sempre «indiretta». Atene, in ogni caso, fu una democrazia
«diretta», la meglio conosciuta nella storia fino a oggi, ed è questa
democrazia «diretta» che sarà descritta e discussa nelle pagine che
seguono.
19
Arist. Pol. 1318b, 21-22, 28 ss., 1274a, 15-18, 1281b, 32-34. Hansen (1989c),
pp. 96-97.
20
Es. Meier (1990), pp. 85, 165, 218.
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Come in ogni ricerca storica, anche in questo libro ci si deve chiedere innanzitutto quanto sappiamo sul nostro argomento – la famosa
«democrazia diretta» che si suppone sia stata introdotta ad Atene dall’aristocratico Clistene circa 2500 anni fa – 1, come lo sappiamo e,
cosa non meno importante, quanto non ne sappiamo. Invece di fornire un’insopportabile lista di «fonti», in questa sede si tenterà di fornire un resoconto più critico ed illustrativo dello stato delle testimonianze sulla democrazia ateniese e di discutere alcuni dei più importanti problemi relativi alla loro interpretazione, in particolar modo la loro collocazione nel tempo, che è la principale ragione per la
quale questo libro tratta della democrazia ateniese nell’età di Demostene e non nell’età di Pericle.
Innanzitutto, però, la vastità e varietà delle fonti a nostra disposizione, e allo stesso tempo i loro limiti, possono essere illustrati con
una serie di esempi che consistono in 17 brevi squarci, tratti dalla
storia ateniese e disposti in ordine cronologico, ognuno dei quali
viene illustrato da una singola fonte.
ESEMPI
1) Dopo l’introduzione della democrazia da parte di Clistene nel
507, e forse non più tardi del 460 circa, gli Ateniesi si costruirono
1
507 a.C.: Ostwald (1988), pp. 306-307.
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una sede per l’assemblea collocandola sul rilievo chiamato Pnice,
appena oltre la collina dell’Areopago; intorno al 400, tale sede fu ricostruita e ampliata. Successivamente fu sepolta sotto una terza
enorme ricostruzione risalente ai tempi dell’imperatore Adriano
(quando forse non serviva più come sede per l’assemblea), ma nel
corso degli scavi compiuti negli anni ’30 furono riportate alla luce le
fondamenta classiche e fu possibile ricostruire le due prime fasi della sede dell’assemblea ateniese, Pnice I e Pnice II 2.
2) L’ostracismo, cioè i dieci anni di esilio imposti da una votazione in cui i voti erano scritti su ostraka, cocci di vaso, fu una delle
più significative e criticate istituzioni della democrazia ateniese. Il
primo ostracismo ebbe luogo nel 487, l’ultimo intorno al 416 3. Circa
11.000 ostraka, sui quali i cittadini incisero (o avevano fatto incidere
per loro) il nome del leader politico che desideravano vedere espulso, sono stati rinvenuti sulle pendici dell’Acropoli, nell’Agorà e nel
cimitero del Ceramico 4. Non meno di 4.647 degli ostraka del Ceramico recano inciso il medesimo nome, cioè quello di Megacle nipote di Clistene, figlio di Ippocrate del demo di Alopece (Megakles
Hippocratous Alopekethen). Effettivamente egli fu ostracizzato due
volte 5, la prima delle quali nel 486 6, ma gli ostraka del Ceramico
sembrano appartenere al suo secondo ostracismo, che probabilmente avvenne negli anni 70 7.
3) Nei primi anni della guerra del Peloponneso un anonimo ateniese scrisse un pamphlet in cui il governo ateniese del popolo fu
descritto come il prodotto troppo coerentemente elaborato di una
visione distorta dell’umanità e di una erronea concezione della società.
Il demos è inteso come «la gente comune» e non come «l’insieme
di tutto il popolo» e la democrazia è conseguentemente vista come
«il governo dei poveri» invece che come «il governo del popolo» 8.
2
3
4
5
6
7
8
Thompson (1982). Vd. p. 193 e cartine 3-6.
Thomsen (1972). Vd. p. 63.
M&L 21.
Lys. 14.39.
Arist. Ath. Pol. 22.5.
Lewis (1974b), pp. 1-4.
Ps. Xen. Ath. Pol. Frisch (1942); Treu (1967).
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Il pamphlet fu falsamente attribuito a Senofonte e fu tramandato
fra i suoi scritti; ora si suole comunemente 9 chiamarne l’autore il
«Vecchio Oligarca» perché tale egli sembra 10.
4) La commedia di Aristofane Gli Acarnesi fu rappresentata nel
425. Essa comincia con una scena in cui il contadino Diceopoli è seduto da solo nella sede dell’assemblea e si lamenta del fatto che il
resto dei cittadini stia ancora chiacchierando giù nell’Agorà, sebbene la seduta debba iniziare poco dopo l’alba.
Egli vede i prytaneis (i presidenti dell’assemblea) che arrivano
affrettandosi perché in ritardo, spingendosi e urtandosi per sedere
in prima fila, mentre gli altri cittadini giù nell’Agorà sono trascinati
sulla Pnice da una fila di poliziotti che tendono fra loro una corda
rossa 11.
In alcuni dei manoscritti in cui la commedia ci è stata tramandata c’è una nota a margine secondo la quale ogni cittadino che portava del rosso sul proprio mantello era passibile di una ammenda 12.
5) Alla celebrazione delle Dionisie nel 422 (probabilmente) fu
rappresentata una tragedia di Euripide, in cui il re Teseo appare come il difensore della libertà e del governo del popolo.
Sostenuto dal suo popolo, egli si oppone alla richiesta del tiranno di Tebe tesa ad ottenere l’estradizione di alcune donne provenienti da Argo che hanno cercato asilo politico in Attica. Il re Teseo
e il messaggero mandato dal tiranno di Tebe continuano per più di
cento versi un acceso dibattito sulle costituzioni, in cui Teseo proclama che la libertà, l’uguaglianza e il rispetto per le leggi si trovano
in un governo del popolo, in contrapposizione al governo arbitrario
di un tiranno 13. La tragedia, intitolata Le Supplici (Hiketides), non è
considerata tra le migliori di Euripide, ed è per una curiosa coincidenza che ci è stata conservata questa preziosa testimonianza dell’ideologia della democrazia ateniese nell’età di Pericle: di un’edizione
delle opere complete di Euripide in ordine alfabetico sono soprav9
Seguendo Murray (1898).
Gomme (1962a), pp. 38-69.
11
Ar. Ach. 1-42. Vd. p. 224.
12
Schol. Ar. Ach. 22.
13
Eur. Supp. 399-510.
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vissute per puro caso due serie di cinque tragedie i cui titoli cominciano con una delle lettere da epsilon a eta o da iota a kappa (Hiketides comincia con iota, perché il greco non indica l’h con una lettera) 14.
6) Poco prima del 411 il sofista Trasimaco, che non era ateniese,
scrisse un pamphlet sulla «costituzione avita» di Atene, un’opera nostalgica sulla presunta età in cui i giovani tacevano e lasciavano fare
i discorsi ai cittadini più anziani e più esperti 15. L’inizio del pamphlet di Trasimaco è citato in un manuale di retorica ellenistico come pregevole esempio di eloquenza degli oratori del passato 16.
7) Tucidide nelle sue Storie cita, sebbene con parole proprie, il
discorso funebre tenuto da Pericle nel 430, in occasione dell’annuale funerale di Stato dei soldati caduti combattendo per Atene.
Il nucleo del discorso è un encomio dei caduti, degli antenati,
della polis di Atene e della sua costituzione: di nome essa è una democrazia e di fatto è un governo della maggioranza in cui tutti hanno uguali diritti davanti alla legge e gli individui sono rispettati e ricompensati in base al merito 17.
8) Alla fine del primo libro della sua Storia della Grecia (Hellenika), Senofonte descrive per dieci pagine il famoso «Processo degli
Strateghi» svoltosi nel 406, quando otto dei dieci membri del Collegio dei Generali furono accusati, dopo la vittoria nella battaglia navale delle isole Arginuse, di non aver raccolto i sopravvissuti e i corpi dei caduti delle navi affondate dal nemico. Essi risposero all’accusa dicendo che un’improvvisa tempesta lo aveva reso impossibile,
ma l’Assemblea fu convinta dagli accusatori che gli strateghi erano
colpevoli di tradimento. Essi furono condannati a morte collettivamente (il che era in realtà illegale) e i sei di loro che si trovavano ad
Atene furono giustiziati.
Senofonte conclude dicendo che di lì a poco gli Ateniesi si pen-
14
Snell (1935), pp. 119-120.
DK 85 B 1.
16
Dion. Hal. Dem. 3.
17
Thuc. 2.35-46. Loraux (1986). Vd. p. 116.
15
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tirono della loro sentenza di morte a carico dei generali e procedettero a condannare e a giustiziare gli accusatori 18.
9) Nel 367 gli Ateniesi conclusero un’alleanza con Dionisio I, il
tiranno di Siracusa. Il trattato fu approvato dall’Assemblea e inciso
su una stele di marmo di cui possediamo ancora alcuni frammenti 19.
L’inizio e la fine delle righe sono andati perduti, ma la parte centrale è intatta e, poiché l’iscrizione è scritta stoichedon come di consueto (vale a dire come una scacchiera senza spazi bianchi in cui
ogni lettera si trova sotto quella superiore), si può stimare che ci fossero trentatré lettere per riga 20. Inoltre le iscrizioni ateniesi erano
scritte in uno stile stereotipo con formule invariabili; di conseguenza
la maggior parte dell’iscrizione di Dionisio può essere ricostruita
con un elevato grado di certezza. Essa dice, inter alia, che l’alleanza
si suppone durare «per sempre»: come ci si poteva aspettare, fu invece di breve durata.
10) Un centinaio di anni fa fu rinvenuta vicino a Spata, nell’Attica centrale, in una tomba del 350 a.C. circa, una piccola lamina in
bronzo di 11 cm per 2 e di 3 mm di spessore. Tre nomi sono stati incisi nel bronzo, ma due di essi sono stati erasi e possono essere solo
indovinati al di sotto del terzo e ultimo: «Eupolemos Timodo(.ou)
Erchieus». La lamina presenta anche una lettera dell’alfabeto e un’incisione raffigurante una civetta vista di fronte 21. Oggi possediamo
circa un centinaio di lamine del genere e sappiamo che erano le carte di identità dei giurati ateniesi: la civetta è la stessa che si trova sulle monete da tre oboli 22, e tre oboli erano appunto il compenso per
un giorno di servizio da giurato.
11) Le prime diciassette delle sessantuno orazioni che ci sono
state tramandate sotto il nome di Demostene si presentano come i
testi pubblicati di orazioni pronunciate in Assemblea. Oggi, quattor-
18
Xen. Hell. 1.7.1-35. Hansen (1975), cat. nr. 66.
IG II 2 105 = Harding (1985), nr. 52.
20
Woodhead (1981), pp. 29-34.
21
Kroll (1972), pp. 122-123, nr. 16.
22
Kroll (1972), pp. 51-53.
19
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dici di esse sono considerate orazioni autentiche del grande oratore 23. Esse furono pronunziate negli anni 354-341, e la maggior
parte furono dirette contro il nemico per eccellenza di Atene in quegli anni, Filippo II di Macedonia 24. Demostene stesso pubblicò le
sue orazioni politiche, forse per ripicca, perché quasi mai gli Ateniesi seguirono i consigli che egli diede loro. È significativo il fatto che
Demostene smise di pubblicare i discorsi da lui tenuti in Assemblea
nel 341, proprio quando l’Assemblea cominciò finalmente ad approvare i decreti da lui proposti e lo riconobbe come lo statista-guida
nella lotta contro la Macedonia 25. I decreti che egli riuscì a far approvare dagli Ateniesi scomparvero molto tempo fa e sono noti solo
attraverso sporadici riferimenti contenuti in altre fonti, ma noi possiamo ancora leggere le sue orazioni politiche. Fu grazie allo splendore della sua retorica che l’oratore Demostene riuscì a creare il mito del Demostene uomo di stato, che ha esercitato il suo influsso fino al nostro secolo 26, in cui un altro statista, Georges Clemenceau,
ha usato il suo otium per scrivere una brillante biografia su Demostene visto come il difensore della democrazia in contrapposizione
all’autocrate Filippo 27.
12) Le Leggi sono il magnum opus della maturità di Platone e
forse non erano terminate quando egli morì nel 347. Sono un dialogo nel quale un ateniese, uno spartano e un cretese discutono non
della migliore costituzione, ma della migliore costituzione realizzabile. Questa utopia è chiamata Magnesia 28. Si tratta di una città-stato
con 5.040 (7 fattoriale) cittadini maschi adulti 29.
La sua costituzione e la sua amministrazione sono descritte con
la meticolosità di un anziano e molti dei dettagli sono mutuati dall’Atene contemporanea 30.
23
McCabe (1981) (L’autenticità delle orazioni 5, 8, 10 e della 13 non è al di sopra di ogni dubbio).
24
Montgomery (1983), pp. 39-65.
25
Hansen (1989a), pp. 296 nt. 30.
26
Drerup (1923).
27
Clemenceau (1924).
28
Pl. Lg. 848D.
29
Pl. Lg. 737E.
30
Chase (1933).
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13) Negli scavi dell’Agorà fu ritrovato il basamento in marmo
della statua eretta dagli Ateniesi negli anni 330 in onore della dea
Demokratia 31, e più tardi fu trovato quello che probabilmente era il
busto della statua stessa 32. Nei frammenti di marmo dei rendiconti
dei Tesorieri di Atena, si trovano, risalenti allo stesso periodo, alcuni
riferimenti ai pagamenti da parte dei generali in relazione ad offerte
fatte a quella dea 33.
14) Nel 336 Ctesifonte, un seguace di Demostene, avanzò la famosa proposta di onorare il suo capo con una corona d’oro per i risultati conseguiti nel rafforzare le difese della città dopo la sconfitta
subita da Filippo nel 338. Immediatamente Eschine accusò Ctesifonte di aver proposto un decreto anticostituzionale, in quanto Demostene era magistrato quando fu fatta la proposta e gli onori a un magistrato in carica erano vietati dalla legge. Passò molto tempo prima
che il caso fosse discusso e la giuria lo giudicò soltanto nel 330 34.
Demostene in persona assunse la difesa del suo seguace e, una volta tanto, possediamo entrambe le orazioni, sia quella dell’accusa che
quella della difesa 35. Da un punto di vista legale Eschine aveva ragione 36, ma il processo si trasformò in una battaglia sulla storia passata, fra il filomacedone Eschine e l’antimacedone Demostene; e,
sebbene quest’ultimo avesse in realtà fatto perdere la guerra ad Atene, ciononostante vinse il processo e ottenne più dei quattro quinti
dei voti 37.
(segue)
31
Raubitschek (1962).
Palagia (1982).
33
IG II 2 1496, 131-132, 140-141.
34
Hansen (1974), cat. nr. 30; (1989a), pp. 273 nt. 11.
35
Aeschin. 3; Dem. 18.
36
Gwatkin (1957).
37
Plut. Mor. 840 C-D; P. Oxy. 1800 (Vite degli Oratori).
32
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I CARATTERI
DELLA DEMOCRAZIA ATENIESE
«DEMOCRAZIA DELL’ETÀ DELL’ORO»
Come molti Greci, gli Ateniesi avevano un debole per l’«età dell’oro», la convinzione che tutto nei tempi antichi fosse migliore e che
conseguentemente la strada verso il miglioramento fosse orientata
verso il passato e non verso il futuro 1. Questo atteggiamento acquistò importanza pratica per i dibattiti costituzionali e, in particolare
per i cambiamenti costituzionali del quarto secolo ad Atene: se si
voleva difendere il sistema esistente, il modo per farlo era di ancorarlo al passato e di dichiarare che si stava facendo soltanto quello
che avevano fatto gli avi 2. Se poi si era riformisti, si potevano far
meglio accettare i propri propositi sostenendo che la riforma proposta non era altro che un ritorno alle equilibrate istituzioni democratiche che i leader contemporanei avevano trascurato 3. Che la democrazia stessa fosse sacra va da sé. Gente come Platone e Aristotele
preferiva il governo dei pochi 4 al governo dei molti, e molte altre
città-stato greche erano governate da oligarchi 5, che consideravano
la democrazia come il governo della plebaglia 6. Invece, per i cittadi-
1
Dodds (1973); Dover (1974), pp. 106-108; Hansen (1989c), pp. 71-73.
Dem. 20.153, 24.142.
3
Aeschin. 1.33-34; Din. 1.62.
4
Jones (1957), pp. 41-72.
5
Whibley (1896).
6
Hdt. 3.81; Xen. Ath. Pol.; Arist. Pol. 1310a8-12.
2
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I caratteri della democrazia ateniese
ni politicamente attivi la democrazia ad Atene era un valore esclusivamente positivo: l’oligarchia doveva indossare i panni della democrazia se voleva rendersi accettabile 7, e «oligarca» era un termine offensivo ad Atene 8 quanto lo era «democratico» in altri luoghi 9. I
Greci discutevano in generale se la democrazia fosse buona o cattiva e, poiché guardavano indietro, lo slogan universale non era, come per noi, «democrazia» 10, ma «patrios politeia”, la «costituzione
avita» 11. Questa espressione può comprendere qualsiasi tipo di costituzione – il governo di uno solo 12, dei pochi 13 o dei molti 14; ma,
qualunque esso fosse, era sempre una Buona Cosa. L’espressione
patrios politeia metteva a tacere i critici ed essi potevano ribattere
solo sostenendo che il loro ideale era la vera costituzione avita 15.
Tuttavia, gli Ateniesi nel quarto secolo evitarono di impiegarla come
uno slogan, senza dubbio perché era stata usata dalle persone sbagliate nelle lotte costituzionali del 411 e del 404 16; anch’essi continuavano ad ancorare il loro ideale costituzionale al passato, ma gli
davano altri nomi, come patrios demokratia 17, la «democrazia avita»,
o «la costituzione dei progenitori», he ton progonon politeia 18.
Insistendo sul fatto che la loro «costituzione avita», la loro patrios politeia, era stata un democrazia, gli Ateniesi nello stesso tempo ridussero la portata della patrios politeia a un unico significato;
però la lasciarono ancora nel vago cronologicamente. «Avita», patrios, poteva riferirsi a qualunque periodo del passato: gli avi potevano essere chiunque, a partire dai nonni degli Ateniesi viventi fino
a Deucalione, l’unico uomo sopravvissuto al Diluvio 19. Al tempo di
7
Isoc. 7.57.
Dem. 24.75-76; Din. 1-62.
9
Thuc. 6.89.6.
10
Holden (1974), p. 2.
11
Fucks (1953); Ruschenbusch (1958); Finley (1971); Walters (1976); Lévy
(1976), pp. 173-208; Harding (1977); (1978); Mossé (1979a); Hansen (1989c).
12
Hdt. 3.82.5; Arist. Pol. 1285a24.
13
Xen. Hell. 6.5.6; Arist. Ath. Pol. 35.2
14
Andoc. 1.83; Lys. 34.
15
Arist. Ath. Pol. 29.3 versus Thuc. 8.76.6; Arist. Ath. Pol. 34.4 versus Lys.34.
16
Wallace (1989a), p. 193.
17
Arist. Pol. 1273b38.
18
Isoc. 12.114; Dem. 15.33; Din. 3.21.
19
Hansen (1989c), p. 76.
8
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Demostene, quando gli Ateniesi volevano legittimare il presente con
il passato, quanto indietro collocavano realmente l’«età dell’oro»? Dipende da ciò di cui stavano parlando. Quando discutevano di politica estera in Assemblea, si volgevano naturalmente alle guerre persiane e ai bei tempi della lega delio-attica 20, a eroi come Milziade,
Temistocle, Aristide e Pericle 21; ma quando discutevano della loro
costituzione ritornavano sempre molto più indietro, e i grandi esempi non erano Efialte o Pericle, e neppure Clistene, ma Solone 22 o il
mitico re Teseo 23. Nell’Agorà si trovava una statua di bronzo del legislatore Solone 24, e nella Stoa di Zeus c’era un dipinto di Eufranore
che raffigurava Teseo fra Demos e Demokratia 25; ma né Clistene né
Efialte furono mai commemorati ufficialmente con sculture o dipinti. La ragione non può essere stata un divieto di commemorare i
contemporanei perché il generale Conone ebbe una statua di bronzo nell’Agora all’inizio del quarto secolo, forse addirittura prima che
morisse 26.
La democrazia «radicale» abbracciò gli anni 462-404, e se si vuole trovarne un elogio, bisogna leggere l’orazione funebre di Pericle
in Tucidide 27 – o qualche altra notizia tratta dalla letteratura storica
moderna che, a partire dalla metà del diciannovesimo secolo, ha
scelto la democrazia periclea per legittimare i propri ideali liberaldemocratici 28. Nel quinto secolo gli Ateniesi credevano che fosse
stato Clistene ad aver inaugurato la loro democrazia 29, ma nel quarto affermavano che Clistene aveva solo restaurato la democrazia iniziata da Solone, dopo che questa era stata rovesciata da Pisistrato 30
(e c’era una variante, che la democrazia era stata in realtà inventata
dal re Teseo e si era sviluppata gradualmente fino a Solone 31).
20
Isoc. 4.85 ss.; Dem. 18.208-210; Lycurg. 1.108-109.
Isoc. 15.234; Dem. 13.21-22; Din. 1.37.
22
Dem. 22.30-32; Aeschin. 3.257; Hyp. 5.22.
23
Dem. 59.75; Isoc. 12.128-148; Theophr. Char. 26.6.
24
Dem. 26.23.
25
Paus. 1.3.3-4.
26
Dem. 20.70.
27
Thuc. 2.35-46. Loraux (1986).
28
Grote (1846-56), pp. 6.180.
29
Hdt. 8.131; Arist. Ath. Pol. 29.3
30
Isoc. 7.16; Arist. Ath. Pol. 41.2.
31
Isoc. 12.131, 148.
21
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Se raggruppiamo tutte le misure costituzionali che gli Ateniesi
del quarto secolo attribuivano a Solone, ne ricaviamo una lista impressionante 32: egli creò un Consiglio di Quattrocento, 100 da ciascuna delle quattro tribù 33; istituì il Tribunale popolare, formato da
giurati sorteggiati 34; inventò la differenza fra leggi come norme generali e decreti come norme specifiche 35 e attribuì il diritto di fare le
prime ai nomothetai, scelti anch’essi fra coloro che avevano prestato il giuramento 36; fece sì che i magistrati non fossero più semplicemente eletti, ma sorteggiati da una lista ristretta di eletti 37, che prestassero servizio senza paga 38, che i loro poteri giudiziari fossero limitati dal diritto dei cittadini di appellarsi al Tribunale popolare 39;
estese il diritto di accusa attraverso nuove procedure grazie a cui
ogni cittadino, non solo la parte lesa, poteva muovere un’accusa 40;
protesse le leggi con una speciale «accusa per aver proposto una
legge inopportuna» 41, e la costituzione con una nuova eisangelia all’Areopago per aver cercato di rovesciare la democrazia 42; rese obbligatorio per ogni cittadino prendere posizione in caso di stasis 43; e
infine impose speciali requisiti di comportamento a coloro che volevano partecipare attivamente alla politica – stabilì norme per coloro
che parlavano nell’Assemblea 44, e fu lodato in maniera particolare
per la norma secondo cui il più vecchio doveva parlare per primo 45.
Dato che naturalmente «non c’è fumo senza fuoco», alcune di
quelle riforme possono certo appartenere all’inizio del sesto secolo
ed essere autenticamente soloniane, ma in altri casi vi sono anacro-
32
Hansen (1989c), pp. 79, 91-93.
Arist. Ath. Pol. 8.4; Dem. 20.90, 24.148.
34
Arist. Ath. Pol. 9.1; Arist. Pol. 1274a3-5, Dem. 24.148.
35
Hyp. 5.22
36
Dem. 20.93; Aeschin. 3.38, cfr. 3.257.
37
Arist. Ath. Pol. 8.1; Dem. 20.90.
38
Isoc. 7.24-25.
39
Arist. Ath. Pol. 9.1.
40
Arist. Ath. Pol. 9.1; Dem. 22.25-30.
41
Dem. 24.212.
42
Arist. Ath. Pol. 8.4.
43
Arist. Ath. Pol. 8.5. Rhodes (1981a), p. 157; David (1984).
44
Aeschin. 1.22-32; Dem. 22.30-32.
45
Aeschin. 1.23, 3.2.
33
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nismi dimostrabili. È del tutto inverosimile che Solone abbia emanato leggi che regolavano organi democratici di governo 46. Gli Ateniesi combinavano un grande rispetto per i tempi antichi con un senso
storico molto limitato 47: Demostene nell’orazione contro Leptine
può affermare senza battere ciglio che Solone aveva inventato i nomothetai, mentre è del tutto sicuro che, quando Demostene parlava,
essi non potevano esistere da più di mezzo secolo 48. Che cosa conoscevano dunque gli Ateniesi della storia della propria costituzione? 49 Un centinaio di anni dopo Clistene, nessuno ormai conosceva
più l’esatto tenore delle sue leggi 50, sebbene esse costituissero in
realtà il fondamento della democrazia. Al tempo di Demostene, la
maggior parte degli Ateniesi era convinta, senza dubbio in buona
fede, che la loro democrazia risalisse a Solone (o anche a Teseo),
perché non facevano distinzione fra storia e mito, al contrario di noi
che ci vantiamo di farla. Oggi noi mettiamo Solone nei libri di storia
e Teseo in quelli di mitologia, ma per l’ateniese comune essi appartenevano alla medesima storia; il che rendeva Teseo più storico e
Solone più mitico di quanto noi possiamo accettare. Attribuire gli
inizi della democrazia ateniese a Teseo e a Solone è naturalmente
una cosa senza senso, e noi oggi sappiamo quanto, ma era un’assurdità alla quale gli Ateniesi credevano. Tuttavia, prima di rilevare la
pagliuzza nei loro occhi faremmo meglio a non dimenticare la trave
nei nostri: le idee diffuse nel diciannovesimo secolo e nella prima
parte del ventesimo riguardo alla germanische Urdemokatie o all’antica gens germanica erano mitiche e antistoriche tanto quanto lo erano le credenze degli Ateniesi sulla «democrazia soloniana» 51.
Vale però la pena di dare uno sguardo al mito più da vicino,
perché, così facendo, emerge qualcosa di sorprendente: le presunte
riforme costituzionali di Solone riguardano soprattutto il Tribunale
popolare, i nomothetai, l’Areopago e i magistrati: nessuna fonte collega Solone con l’Assemblea o con il diritto del popolo di votare in
46
Vd. p. 52.
Pearson (1941); Perlman (1961); Nouhaud (1982).
48
Vd. p. 167.
49
Thomas (1989), pp. 83-94.
50
Arist. Ath. Pol. 29.3. Hansen (1989c), pp. 85-86. Vd. p. 42.
51
Vd. p. 16.
47
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essa su tutte le questioni importanti. La norme a noi note che riguardano più da vicino l’Assemblea sono le presunte regole di condotta
prescritte agli oratori 52. Ora, quell’idea di democrazia è completamente diversa dalla costituzione sotto la quale gli Ateniesi vivevano
realmente nel quinto secolo: al tempo di Pericle non c’erano nomothetai e non c’era alcuna distinzione tra leggi e decreti, ma tutte le
decisioni importanti (comprese alcune sentenze relative a processi
politici) erano prese in Assemblea. La democrazia periclea era una
democrazia assembleare, nella quale il potere era esercitato direttamente dal demos nell’ekklesia, mentre la democrazia mitica, che gli
Ateniesi amavano attribuire a Solone, era una democrazia del tribunale popolare, in cui i poteri del demos nell’ekklesia erano controbilanciati dai giurati, dall’Areopago e dai magistrati. Nelle orazioni di
Isocrate e nella Politica di Aristotele essa è tratteggiata anche come
una «costituzione mista», con l’Areopago come elemento aristocratico 53. Ma l’ammirazione per le «costituzioni miste» si trova solo nei
teorici come Platone, Aristotele e Isocrate: gli oratori in generale descrivono la «democrazia avita» come democrazia «moderata», non
certo come «costituzione mista».
DEMOCRAZIA DEL QUARTO SECOLO
Dove collocheremo allora la democrazia del quarto secolo? Essa fu
una democrazia «radicale», come nel quinto, o una democrazia più
«moderata» come quella attribuita a Solone? Non vi può essere alcun
dubbio che la «costituzione avita» fosse l’ideale che gli Ateniesi sognavano di ristabilire: il sogno ricorreva con accresciuta intensità
ogni volta che Atene perdeva una guerra – il che avvenne spesso
nel quarto secolo. Il dibattito costituzionale sembra quasi dipendere
dal fallimento della politica estera: nel 404 gli Ateniesi subirono la
più grave disfatta della loro storia; negli anni che seguirono furono
52
Hansen (1989c), pp. 97-99.
Arist. Pol. 1273b35-41; Isoc. 12.130-132; Pl. Menex. 238C-D. Aalders (1968),
pp. 52-53; Nippel (1980), p. 99 ss.
53
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prima i Trenta (pretestuosamente) e poi i democratici stessi, ritornati in patria, a tentare di restaurare la «costituzione avita» 54. Nel 355
Atene perse la guerra contro gli alleati che si erano ribellati, e di
nuovo si presenta nelle fonti il sogno della «costituzione avita» 55; nel
338 Atene fu definitivamente sconfitta da Filippo, e ancora una volta
incontriamo riforme volte a restaurare la «costituzione avita» 56; nel
322 Atene fu di fatto occupata dai Macedoni, che si misero a ricreare la «costituzione avita» – solo che questa volta, dato che dipendeva dal potere militare macedone, apparve sotto sembianze oligarchiche 57, mentre fino ad allora i cambiamenti non erano stati altro
che modificazioni della democrazia.
Rammentiamo sommariamente questi mutamenti. In occasione
della restaurazione della democrazia nel 403/2 le leggi furono ricodificate e incise su pietra 58, e da allora in poi fu fatta una distinzione
fra nomoi e psephismata 59. I nomoi dovevano essere creati o modificati mediante una nuova, speciale procedura incentrata sui nomothetai 60, ed erano protetti da una nuova graphe 61; nello stesso tempo, all’Areopago fu dato il ruolo di sovrintendere alla loro applicazione da parte dei magistrati 62. Dokimasia 63 ed euthynai 64 furono
riformate così da accrescere il ruolo dei tribunali in relazione ad esse; ma i tribunali furono alleggeriti di molta giurisdizione relativa ai
processi privati di prima istanza, che furono affidati a diaitetai 65. Intorno al 400, la presidenza del Consiglio e dell’Assemblea fu affidata
ai proedroi (un titolo che era stato usato in precedenza solo nel 411
e che perciò difficilmente poteva suonare «radical-democratico») 66,
54
Vd. pp. 72, 226.
Vd. p. 237.
56
Vd. p. 424.
57
Plut. Phocion, 27.5; Diod. 18.18.4-5.
58
Vd. pp. 244-245.
59
Vd. p. 254.
60
Vd. p. 249.
61
Vd. p. 312.
62
Vd. p. 424.
63
Vd. p. 348.
64
Piérart (1971).
65
Vd. p. 137.
66
Vd. p. 211.
55
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e negli anni fra il 380 e il 370 (probabilmente) fu introdotto il sorteggio dei giurati all’inizio di ogni giornata di attività 67.
Alla prima metà del quarto secolo appartiene anche il merismos,
la determinazione per mezzo di un nomos, dell’attribuzione dei fondi pubblici 68, e la creazione di nuovi incarichi finanziari (a cui si aggiunge, dopo il 338, ho epi tei dioikesei) 69; durante questo periodo,
inoltre, furono create sfere di responsabilità individuale all’interno
del Collegio dei Generali 70. Intorno al 355 (probabilmente) furono
eliminati gli ultimi poteri giurisdizionali dell’Assemblea 71 e il numero delle sedute dell’Assemblea fu ridotto a trenta (più tardi a quaranta) 72.
Alla seconda metà del secolo appartiene la nuova procedura
della apophasis 73 (forse dopo la pace di Filocrate del 346), che accrebbe ulteriormente i poteri dell’Areopago, e il decreto di Demostene del 338 che gli conferiva una giurisdizione generale 74. Dopo
Cheronea fu inoltre rivista anche l’organizzazione del servizio efebico, con l’introduzione di nuovi funzionari: un kosmetes («prefetto»)
e un collegio di sophronistai («moderatori») 75, che venivano scelti
con una doppia procedura, cioè mediante elezione da una lista ristretta di pre-eletti 76. I loro nomi, di tono moralizzatore e spartano,
sono eloquenti.
Riuscirono forse gli Ateniesi, per mezzo di questi cambiamenti,
a realizzare il loro sogno di restaurare la «democrazia avita» che attribuivano a Solone? No, se diamo retta ai filosofi e ai critici della
della democrazia, che classificavano ancora la costituzione di Atene
come «democrazia radicale» (il tipo IV di Aristotele). Essi ragionavano in questi termini.
(segue)
68
Vd. p. 227.
Vd. p. 395.
70
Vd. p. 350.
71
Vd. p. 237.
72
Vd. p. 202.
73
Vd. pp. 424-427.
74
Vd. p. 424.
75
Vd. p. 137.
76
Arist. Ath. Pol. 42.2. Hansen (1986b), p. 225.
69
3852/Glossario 5b
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GLOSSARIO
accusa pubblica → graphe (1).
agones timetoi Processi sia privati
che pubblici in cui la pena non era
fissata dalla legge, ma doveva essere
determinata dai giurati in base alle
proposte delle parti.
agora (1) Ampio spazio aperto ad
Atene, centro politico ed economico
della città, situato a nord dell’Acropoli. (2) Assemblea politica in cui i
membri di un demo [→ demo (5)] o
di una trittia o di una phyle si incontravano per discutere e approvare decisioni relative ad affari locali. Le
phylai tenevano le loro agorai ad Atene; i demi tenevano le loro o localmente o ad Atene.
anagrapheis ton nomon Collegio
di magistrati istituito nel 410 per codificare le leggi di Draconte e Solone.
La loro opera cessò alla fine della
guerra del Peloponneso, fu ripresa
con la restaurazione della democrazia
nel 403 e conclusa nel 399 con la
pubblicazione di un calendario di sacrifici.
anakrisis L’indagine preliminare svolta in una causa dal magistrato che più
tardi avrebbe presieduto la sezione
del Tribunale popolare che giudicava
il caso.
anapsephisis Revisione e, in particolare, seconda votazione (per alzata
di mano) nell’Assemblea su una questione che il popolo aveva già dibattuto e deciso in una precedente sessione.
antidosis Scambio di patrimoni. Se
un cittadino ricco riteneva di essere
stato designato in maniera ingiustificata per una liturgia, poteva sfidare
un altro cittadino ricco chiedendogli
di farsi carico della liturgia o di scambiare tutto il suo patrimonio con lui.
Se l’altro cittadino rifiutava la sfida, il
Tribunale popolare decideva chi dei
due doveva farsi carico della liturgia.
Non si sa se un’antidosis abbia mai
portato a un effettivo scambio di proprietà.
antigraphe La risposta scritta dell’accusato alla graphe [→ graphe (2)] dell’accusatore.
antomosia Giuramento deferito dal
magistrato in occasione dell’anakrisis
e prestato da entrambe le parti (in
causa).
apagoge Accusa pubblica a cui un
privato cittadino dava inizio arrestando (apagoge) una persona catturata
mentre commetteva un grave crimine. L’apagoge era impiegata (1) con-
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tro i kakourgoi colti sul fatto (ep’autophoro); (2) contro gli atimoi che esercitavano diritti dei quali erano stati
privati; (3) contro gli esiliati che ritornavano ad Atene senza che la pena
fosse stata sospesa. In (1) e (3) gli
Undici (hoi hendeka) erano autorizzati a giustiziare l’arrestato, se confessava. In (2) egli era tenuto in carcere
fino a che il caso non era stato esaminato da una sezione del Tribunale
popolare.
Apaturie Festa celebrata nelle fratrie
nel mese Boedromion. Nel terzo giorno della festa i cittadini registravano i
figli nelle loro fratrie.
apocheirotonia Voto dell’Assemblea
per alzata di mano con il quale un
magistrato veniva sospeso dal suo incarico fino a che il Tribunale popolare aveva esaminato l’accusa mossa
contro di lui per aver commesso abusi nell’esercizio della sua carica.
Apodektai Collegio di magistrati finanziari composto da un membro per
ciascuna delle tribù (phylai) e scelto
per sorteggio. In collaborazione con
il Consiglio dei Cinquecento il collegio sovrintendeva a tutte le entrate
dello stato e le distribuiva ai vari collegi di magistrati competenti a spendere il denaro pubblico.
apodokimasia Bocciatura di un candidato alla sua dokimasia.
apographe Lista di beni e, in particolare, di beni da confiscare. La lista doveva essere letta per intero alla ekklesia kyria e se qualcuno sollevava
un’obiezione o avanzava pretese su
qualcosa in lista, tra lo stato e e colui
che avanzava la pretesa aveva luogo
una diadikasia. Chi aveva compilato
la lista agiva come accusatore davanti
al Tribunale popolare e, se vinceva la
causa, riceveva un terzo del valore
della proprietà contesa.
apophasis Accusa pubblica usata nei
Glossario
casi di tradimento, attentato alla democrazia e corruzione. La procedura
era avviata nell’Assemblea, talvolta
nel Consiglio dell’Areopago. Esaminata la denuncia, il popolo decretava
che il Consiglio dell’Areopago dovesse effettuare un’indagine preliminare
sul caso ed emanare un verdetto preliminare (katagnosis). Il Consiglio
dell’Areopago presentava poi una relazione sulla sua indagine all’Assemblea, che a sua volta rinviava la questione a una sezione del Tribunale
popolare. Il tribunale emanava la
sentenza definitiva e fissava la pena
se l’accusato era giudicato colpevole.
aporoi I poveri; non i bisognosi,
bensì tutti coloro che avevano abbastanza per vivere, ma nulla di più; opposto a euporoi, i ricchi.
araldo → keryx
archairesia Elezione di magistrati,
specificamente la riunione dell’Assemblea in cui l’elezione dei magistrati (militari) era la voce più importante all’ordine del giorno.
arche (pl. archai) (1) Magistratura.
(2) Specialmente al plurale: magistrati
(termine generico per tutti i magistrati cioè i 500 consiglieri e circa 700 altri).
archon (pl. -ntes) Arconte/i. (1) Un
magistrato (= arche). (2) il plurale hoi
archontes comunemente designa i
nove più alti magistrati dello stato:
archon, basileus (arconte re), polemarchos (polemarco) e i sei tesmothetai (tesmoteti). (3) Il singolare archon designa comunemente il più alto magistrato dello stato da cui prendeva nome l’anno («sotto l’arcontato
di N.»). Egli era responsabile dell’organizzazione delle feste statali e presiedeva il Tribunale popolare nei processi riguardanti il diritto di famiglia e
le eredità.
arcieri sciti Corpo di 300 schiavi
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Glossario
pubblici tra i cui doveri rientrava
mantenere l’ordine e far rispettare la
legge nell’Assemblea. Essi erano armati di archi ed erano perciò chiamati «gli arcieri» (toxotai) o anche «gli
Sciti» (hoi Skythoi). Sembra che il corpo sia stato sciolto prima della metà
del quarto secolo.
arcontato Durata della carica (un anno) di un archon [→ archon (3)].
arconte re → basileus (2).
areopagites (pl. -tai) Membro del
Consiglio dell’Areopago.
Areopagos (1) La collina di Ares (dio
della guerra), situata a sud dell’agora,
tra l’Acropoli e la pnyx. (2) Abbreviazione per il Consiglio dell’Areopago.
aristokratia Aristocrazia, cioè governo dei “migliori” membri della comunità.
Arpalo (l’affare di) Scandalo provocato da un caso di corruzione nel
325/4, che ebbe luogo quando Arpalo, il tesoriere di Alessandro Magno,
scappò ad Atene e cercò di corrompere i leader politici per ottenere asilo. L’affare provocò una serie di processi pubblici (apophaseis), compreso quello intentato contro Demostene.
assemblea → ekklesia (1).
asty (1) Città in contrappozione a
chora, campagna. (2) Quella delle tre
parti dell’Attica che comprendeva
Atene, il Pireo e la pianura circostante, delimitata dai monti Egaleo a
ovest e Imetto a est. Una delle tre regioni (asty, paralia e mesogeios) nelle
quali l’Attica era stata divisa dalle riforme di Clistene.
astynomoi Collegio di magistrati cittadini composto da un membro per
ciascuna tribù (phyle) designato per
sorteggio. I loro compiti erano inter
alia di assicurare che le strade fossero tenute pulite e i regolamenti edilizi
rispettati.
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atimia Perdita dell’onore. Pena imposta ai cittadini maschi ateniesi soprattutto se erano debitori dello stato o
avevano trascurato i loro doveri civili.
Tali cittadini (atimoi) erano privati di
tutti i diritti politici, il diritto alla tutela
legale e il diritto di entrare nella piazza del mercato e nei santuari.
atimos (pl. -oi) Persona punita con
l’atimia.
Atthis (pl. -ides) Cronache di Atene
e dell’Attica.
attidografo L’autore di una Atthis.
autarkeia Autosufficienza rispetto alle risorse economiche e umane indispensabili per formare una “autentica” polis.
axon (pl. -nes) Tavola rotante. Grande blocco di legno quadrato iscritto
su tutti e quattro i lati (con le leggi di
Draconte o Solone). Era posto in una
cornice e incastrato su un perno, così
che il lettore potesse girare tutte e
quattro le parti verso di sé.
azione privata → dike.
banausos (pl. -oi) Un artigiano o
(talvolta) un commerciante. Parola
sempre spregiativa, essa era usata, in
un contesto politico, soprattutto dai
filosofi che criticavano la democrazia.
basanos Interrogatorio di uno schiavo sotto tortura: la procedura aveva
inizio con l’invito di una delle parti in
causa alla controparte (mediante una
proklesis) e l’interrogatorio doveva
conformarsi a un contratto concluso a
questo scopo tra le parti. Una basanos era obbligatoria se la testimonianza di uno schiavo doveva essere
prodotta come prova davanti a un tribunale.
basileia Monarchia.
basileus (1) Re. (2) L’arconte re, uno
dei nove arconti. Era responsabile
delle feste statali e presiedeva il Consiglio dell’Areopago nei processi per
omicidio.
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bema La tribuna dell’oratore (1) nell’Assemblea, (2) nel Consiglio dei
Cinquecento, (3) nel Tribunale popolare.
Boedromion Il terzo mese dell’anno
attico, Settembre-Ottobre.
boule Consiglio. Boule di solito di riferisce al Consiglio dei Cinquecento,
ma può anche indicare il Consiglio
dell’Areopago.
bouleuterion Edificio pubblico dove
il Consiglio dei Cinquecento teneva la
maggior parte delle sue sessioni. Costruzione piana rettangolare sul lato
ovest dell’agora vicino alla tholos, al
metroon e al Monumento agli eroi
eponimi. Fu eretta alla fine del quinto
secolo e aveva una sala del consiglio
che misurava 19x20 metri.
bouleutes (pl. -tai) Consigliere,
membro della boule.
cheirotonia Voto per alzata di mano
usato nell’Assemblea, nel Consiglio
dei Cinquecento, e dai nomothetai.
chora (1) Territorio. (2) La campagna
in contrapposizione alla città (asty o
polis)
choregia La liturgia in cui il ricco liturgista doveva allestire e addestrare
a proprie spese un coro drammatico
o lirico per una rappresentazione alle
Dionysia o alle Thargelia. Egli era
perciò chiamato choregos.
Consiglio dei Cinquecento (he
boule hoi pentakosioi) Il Consiglio
comprendeva cinquanta cittadini per
ciascuna delle dieci phylai, sorteggiati per un anno fra i candidati nominati nei 139 demi. Il Consiglio si riuniva
ogni giorno lavorativo (circa 250 volte in un anno) nel bouleuterion nell’agora. Esso predisponeva tutto il lavoro per l’Assemblea e per i nomothetai ed era a capo dell’amministrazione dello stato.
Consiglio dell’Areopago (he boule
he ex Areiou pagou) Consiglio for-
Glossario
mato da tutti gli ex-arconti, che ne diventavano membri a vita dopo il loro
anno di carica. Il Consiglio aveva circa 150 membri. Di solito si riuniva
sull’Areopagos per giudicare i processi di omicidio in cui la vittima era un
cittadino ateniese. Nel sesto secolo il
Consiglio fu l’organo più importante
delle stato ateniese, ma perse la maggior parte dei suoi poteri con le riforme di Efialte nel 462. Dopo il 403 il
consiglio riacquistò alcuni dei suoi
precedenti poteri.
decreto → psephisma.
Lega delio-Attica Alleanza di stati
sotto la guida di Atene, creata nel
478/7 e inizialmente rivolta contro il
re Persiano. Si trasformò in un impero marittimo ateniese e fu sciolta nel
404 dopo la sconfitta di Atene nella
guerra del Peloponneso. [→ anche
Seconda Confederazione Ateniese].
demagogos (pl. -oi) Leader del popolo, cioè un oratore e proponente di
mozioni nell’Assemblea. Il termine fu
spesso usato in senso spregiativo
(“demagogo”) da coloro che criticavano la democrazia e solo raramente
(in un senso neutro) dai sostenitori
della democrazia o dai leaders politici
stessi.
demarchos «Sindaco». Magistrato a
capo di un demo [→ demos (5)] nominato per un anno fra i membri del
demo per elezione o per sorteggio.
demegoria Orazione pronunciata da
un demegoros.
demegoros (pl. -oi) Oratore che si
rivolge al popolo (nell’Assemblea).
demos Popolo. La parola indica (1)
la totalità del popolo ateniese (= lo
stato ateniese), (2) la gente comune
(= i poveri), (3) l’Assemblea del popolo (= ekklesia), (4) il governo del
popolo (= demokratia), (5) un distretto/comune, cioè uno dei 139 demi creati da Clistene nel 507 e riuniti
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in trenta trittyes, a loro volta raccolte
in dieci phylai.
demosios (pl. -ioi) Aggettivo che significa «pubblico» in contrapposizione a «privato» (idios), usato al maschile come sostantivo per indicare
gli schiavi pubblici e al neutro singolare (to demosion) per indicare il tesoro o l’archivio.
demotes (pl. -tai) Membro di un demo, cioè un cittadino maschio adulto
iscritto in uno dei 139 demi [→ demos
(5)].
demotikon Terzo elemento del nome completo di un cittadino ateniese,
indicante il suo demo, per esempio
Sokrates Sophroniskou Alopekethen
(«del demo di Alopece»).
diacheirotonia Voto per alzata di
mano in due fasi. Il voto era o pro o
contro una singola proposta oppure
era una scelta fra due proposte.
diadikasia Processo tra due o più
parti che rivendicavano la proprietà
dello stesso bene. La diadikasia era
impiegata da coloro che si contendevano una eredità, o anche in caso di
controversie fra un cittadino e la
polis.
diaitetes (pl. -tai) Arbitro. La maggior parte delle cause private era affidata ad un arbitro dai Quaranta (hoi
tettarakonta) e sottoposta al Tribunale popolare soltanto se una delle parti non era disposta ad accettare il verdetto dell’arbitro. Era nominato un arbitro per ogni processo e gli arbitri
erano selezionati fra i riservisti entrati
nel sessantesimo anno di età.
diapsephismos Revisione generale
dei registri locali dei cittadini (i lexiarchika grammmateia) eseguita in
tutti i 139 demi, in seguito alla quale
gli intrusi potevano essere espulsi e
cancellati dalla lista, qualche volta
dopo un processo davanti al Tribunale popolare.
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dikasterion (1) Tribunale, specialmente il Tribunale popolare in cui la
maggior parte dei processi privati (dikai) e dei processi pubblici (graphai)
erano esaminati da sezioni di parecchie centinaia di giurati (dikastai):
201 o 401 giurati nei processi privati,
501 nella maggior parte dei processi
pubblici. Oltre ad occuparsi delle
cause civili e penali il Tribunale popolare esaminava i magistrati, pronunziava sentenze nei processi pubblici e qualche volta riesaminava i decreti (psephismata) approvati nell’Assemblea e le leggi (nomoi) approvate
dai nomothetai. Il Tribunale del popolo si riuniva circa 200 volte all’anno, sotto la presidenza dei magistrati,
nella maggior parte dei casi i nove
arconti. (2) Una sezione (di 500 giurati). Alcuni importanti processi pubblici, specialmente processi a leader
politici, erano esaminati non da 501
giurati (un dikasterion), ma da 1.501
giurati (tre dikasteria) o anche più.
dikastes (pl. -tai) Giurato della Lista
dei 6.000, sorteggiato per prestare
servizio per un giorno come membro
di un dikasterion.
dikastikon Pagamento di 3 oboli che
un giurato riceveva ogni giorno che
prestava servizio in un dikasterion.
dike (pl. -kai) Azione privata che poteva essere intentata solo dalla parte
lesa e poteva sempre essere sospesa
prima del verdetto in seguito a un accordo fra le parti. La maggior parte
delle dikai era portata innanzitutto
davanti a un arbitro (diaitetes), ma
era possibile ricorrere contro questo
verdetto a una sezione del Tribunale
popolare composta da 201 o 401 giurati. Colui che vinceva il processo
aveva il diritto di riavere la sua proprietà, o di ottenere un risarcimento
monetario, a seconda del caso; ma
non riceveva nessun aiuto dall’autori-
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tà pubblica nell’esecuzione della sentenza.
dike aprostasiou Azione privata
contro un meteco per non essersi
procurato un prostates.
dike blabes Azione privata per danni
dike demosia Azione pubblica (graphe) in contrapposizione all’azione
privata (dike o dike idia).
dike idia Azione privata in contrapposizione all’azione pubblica (graphe
o dike demosia).
dike kakegorias Azione privata per
diffamazione.
dike phonou Azione privata per
omicidio, intentata dalla famiglia della vittima, di competenza del Consiglio dell’Areopago se l’accusa era l’omicidio (o il ferimento) premeditati di
un cittadino Ateniese.
Dionysia Feste di Dioniso. Le più
spettacolari erano le Grandi Dionisie,
tenute nel mese Elaphebolion in onore di Dionysos Eleutheros, il cui tempio era situato sulle pendici meridionali dell’Acropoli. Oltre alla processione con il fallo e ad altre processioni, le Grandi Dionisie comprendevano rappresentazioni di tragedie, commedie e ditirambi.
dokimasia ton adynaton Esame nel
Consiglio dei Cinquecento degli invalidi (adynatoi) che possedevano un
patrimonio di valore inferiore a 300
dracme e che facevano domanda per
una pensione giornaliera di 1 obolo
(più tardi di 2 oboli).
dokimasia ton archon Esame di un
candidato per una magistratura (arche) prima che entrasse in carica. La
maggior parte dei candidati era esaminata solamente davanti a una sezione del Tribunale popolare, ma gli
esami per il Consiglio dei Cinquecento e dei nove arconti erano tenuti innanzitutto davanti al Consiglio dei
Cinquecento e solo successivamente
Glossario
davanti a una sezione del Tribunale
popolare.
dokimasia degli efebi Esame dei
nuovi cittadini (epheboi) iscritti durante l’anno precedente nel lexiarchikon grammateion del loro demo. L’esame era condotto dal Consiglio dei
Cinquecento, e il suo scopo era verificare che i nuovi cittadini avessero
compiuto i diciotto anni.
dokimasia ton hippon Esame dinanzi al Consiglio dei Cinquecento
dei cavalli (hippoi) dei cavalieri.
dokimasia ton rhetoron Accusa
pubblica intentata contro un cittadino
che svolgeva funzioni di rhetor pur
essendo colpevole di reati militari, di
maltrattamenti dei genitori, di dissipazione del proprio patrimonio e di
prostituzione maschile. La procedura
iniziava in Assemblea mediante una
denuncia (epangelia) e continuava
dinanzi al Tribunale popolare.
drachma (pl. -ai) Unità di peso o
moneta: 4.3 grammi (di argento). Era
coniata in monete da 1, 2 e 4 dracme.
edoxe (tei boulei kai) toi demoi
«Fu deciso (dal Consiglio e) dal popolo». Formula di approvazione usata
nei probuleumata ratificati dall’Assemblea.
eisangelia eis ten boulen Denuncia
(al Consiglio dei Cinquecento). Processo pubblico intentato contro un
magistrato per abusi commessi nell’esercizio della sua carica. Il caso era
giudicato innanzitutto dal Consiglio
dei Cinquecento, che era autorizzato
a imporre una multa fino a 500 dracme. Per i reati più gravi il caso era affidato a un dikasterion. L’Assemblea
non era coinvolta.
eisangelia eis ton demon Denuncia
al popolo (nell’Assemblea). Processo
pubblico intentato contro persone accusate di tradimento, attentato alla
democrazia o corruzione. Iniziava di
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solito con una denuncia presentata in
una ekklesia kyria, che portava a un
decreto con il quale il processo era affidato a un dikasterion. Prima del 355
circa l’Assemblea poteva essa stessa
svolgere la funzione di tribunale in
questi casi. Eisangeliai erano intentate in particolare contro gli strategoi.
eisphora Tassa sul patrimonio. In
origine era una tassa di guerra straordinaria votata dall’Assemblea, in base
alla necessità; dal 347/6 essa fu (anche) una tassa ordinaria di 10 talenti
all’anno. Era pagata sia dai cittadini
che dai meteci sulla base di una valutazione della proprietà (timema), ma
solo dai cittadini più ricchi, che a
questo scopo furono divisi in 100
symmories.
ekklesia (pl. -ai) (1) L’Assemblea popolare, nella quale tutti i cittadini maschi adulti avevano il diritto di parlare
e votare. Nell’età di Demostene si teneva quaranta volte l’anno, solitamente sulla Pnice, ed era generalmente frequentata da almeno 6.000
cittadini. L’Assemblea votava per alzata di mano sull’elezione dei magistrati, sui trattati con gli altri stati e,
nella politica interna, su tutte le singole questioni importanti. L’Assemblea era convocata dai prytaneis e
presieduta dai proedroi e poteva discutere solo questioni che erano state
prima esaminate dal Consiglio dei
Cinquecento. (2) Ogni riunione dell’Assemblea che non fosse una ekklesia kyria.
ekklesia kyria Assemblea principale: la più importante e lunga seduta
dell’Assemblea, che si teneva una
volta ogni pritania.
ekklesiasterion Luogo di riunione
di un’ekklesia.
ekklesiastes (pl. -tai) Cittadino che
partecipa a un’ekklesia.
ekklesiastikon Paga per la parteci-
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pazione all’Assemblea, introdotta nel
403-393: aumentò velocemente da 1
obolo a 2 e 3 oboli (prima del 393/2)
e si stabilizzò negli anni intorno al
330 a 1 dracma per un’ekklesia [→ ekklesia (2)] e una dracma e mezza per
un’ekklesia kyria.
ekklesia synkletos Seduta dell’Assemblea convocata in maniera straordinaria, cioè con meno di quattro
giorni di preavviso o con decreto.
ekphyllophoria Voto con foglie d’ulivo espresso nel Consiglio dei Cinquecento per espellere o meno dal
Consiglio un membro indegno.
Elaphebolion Il nono mese dell’anno attico, Marzo-Aprile.
eleutheria (1) Autonomia. Un ideale
politico tenuto in gran conto ugualmente da oligarchici e democratici.
(2) Libertà. Un ideale costituzionale
strettamente connesso con la democrazia. Nella sfera pubblica eleutheria
era il diritto di ogni cittadino di partecipare al governo delle istituzioni dello stato; nella sfera privata era il diritto di ogni cittadino di vivere come gli
piaceva senza essere oppresso da altri (zen hos bouletai tis).
eleutheros (pl. -oi) Aggettivo che significa «libero» e che indica (1) una
persona libera in contrapposizione
a uno schiavo (doulos); (2) un cittadino di nascita in contrapposizione a
uno straniero libero (xenos) o a uno
schiavo (doulos); (3) una comunità
autonoma (opposta a una che dipende).
endeixis Denuncia (agli hoi hendeka
o ai thesmothetai). Processo pubblico
intentato specialmente contro atimoi
che esercitavano irregolarmente i diritti che avevano perso in forza dell’atimia. La persona denunciata era di
solito arrestata e tenuta in prigione fino al processo.
enktesis ges kai oikias Acquisizione
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di terra e casa. Un privilegio che l’Assemblea poteva concedere ai meteci,
senza il quale non avevano il diritto
di comprare ed essere proprietari di
beni immobili in Attica.
efebi (ephebos, pl. -oi) Cittadini di
diciotto e diciannove anni che ricevevano il loro addestramento militare durante questi due anni e nel
secondo anno prestavano servizio
nei presidi situati nel territorio dell’Attica.
ephegesis Processo pubblico, uguale all’apagoge, tranne nel fatto che
l’arresto era eseguito dal magistrato
competente e non da un privato cittadino.
ephetai Cinquantuno uomini sorteggiati (?) forse dal Consiglio dell’Areopago o forse dalla lista dei 6.000 giurati. Costituivano la giuria in tutti i casi di omicidio involontario o legittimo
e nei casi di omicidio premeditato di
xenoi o schiavi.
epibatai Soldati di marina. Soldati
(opliti) che prestavano servizio a bordo di una trieres.
epibole Multa, di solito fino a 50
dracme, che un magistrato era autorizzato a imporre a chiunque non obbedisse ai suoi ordini.
epicheirotonia ton archon Voto
espresso in ogni ekklesia kyria su
ogni magistrato che era sospettato di
aver commesso abusi durante la sua
carica. Un voto di censura (apocheirotonia) portava a un processo contro il
magistrato davanti a un dikasterion.
epicheirotonia ton nomon Un voto per alzata di mano espresso ogni
anno dall’Assemblea durante la sua
prima seduta per confermare o meno
il codice di leggi o per cambiare una
o più leggi. Se il voto era contrario a
una singola legge, che doveva quindi
essere sottoposta a revisione, la questione era affidata a un collegio di no-
Glossario
mothetai, che sceglievano tra la legge
in vigore e una o più proposte alternative.
epikleros «Ereditiera». Se un uomo
alla sua morte non lasciava alcun discendente maschio, ma solo una figlia femmina, questa subentrava nell’eredità (cioè diventava un’epikleros)
nel modo seguente: il parente maschio più vicino aveva il diritto (e il
dovere) di accasarla, a meno che non
preferisse sposarla egli stesso e amministrare l’eredità fino a che il figlio
(o i figli) nato dal matrimonio diventava maggiorenne e poteva subentrare nell’eredità.
epimeletai tes phyles Collegio di
tre presidenti della tribù (phyle), uno
per ciascuna delle trittie della tribù
(trittyes).
epimeletai ton neorion Sovrintendenti dell’Arsenale: un collegio di
dieci membri che sovrintendeva alle
navi da guerra e agli arsenali della
flotta ateniese. Il collegio presiedeva
il Tribunale popolare nei casi concernenti l’amministrazione navale.
epimeletes ton krenon Sovrintendente alle Fontane: un magistrato
eletto per alzata di mano e incaricato
dell’approvvigionamento idrico.
epistates ton proedron Presidente
dei proedroi, sorteggiato fra i nove
proedroi per prestare servizio per
quel giorno come presidente del
Consiglio dei Cinquecento e (quaranta volte l’anno) dell’Assemblea.
epistates ton prytaneon Presidente
dei prytaneis, sorteggiato fra i cinquanta prytaneis per prestare servizio
come presidente dello stato ateniese
per ventiquattro ore.
epitimos (pl. -oi) Cittadino in pieno
possesso dei suoi diritti; contrario di
atimos.
(segue)