Soluzioni Risoluzione. (Esercizio 1) Sia a il numero delle pecore nere, b il numero delle pecore bianche, di modo che a/b = 5/3. Se α = 5, 2Kg/pecora è la produzione media di lana per pecora nera, e β = 4, 0Kg/pecora è l’analogo per le pecore bianche, la produzione totale di lana è L = α a + β b, e la produzione media per pecora è L αa + βb αa βb α β µ= = = + = + = a+b a+b a+b a+b 1 + (b/a) (a/b) + 1 β 5α + 3β α + = = 1 + 3/5 (5/3) + 1 8 5 · 5, 2 + 3 · 4, 0 38 = (26, 0 + 12, 0)/8 = = 4, 75Kg/pecora. 8 8 Viene poi asserito che L = 1292Kg; si ha quindi a + b = 8L/(5α + 3β); da a = 5b/3 si ottiene poi 8L 3L 3 · 1292 8 b= ⇐⇒ b = = = 102pecore bianche. 3 5α + 3β 5α + 3β 38 Da cui a = 5b/3 = 5 · 34 = 170pecore nere. Risoluzione. (Esercizio 2) Sia v la capacità del mestolo. Quando si prende la miscela dal bidone A, il mestolo contiene un volume a di acqua, che è esattamente quella che finisce nel bidone B, ed un volume v −a di olio. Originariamente era stato immesso nel bidone A un volume v di olio, ora v −a è stato rimesso nel bidone B; quindi un volume pari a b = v − (v − a) = a è rimasto in A. Pertanto a = b. Chiaramente questo risultato non dipende da alcun mescolamento. Era forse ancor più semplice osservare che i volumi nei bidoni sono rimasti costanti, e che l’acqua a nel bidone B non può che provenire dal bidone A, dove è stata rimpiazzata da un ugual volume b di olio. Nel secondo caso in cui solo mezzo mestolo viene reimmesso in B, detto ancora a il volume di acqua nel mestolo si ha che un volume v/2 − a di olio è stato reimmesso in B; per cui A contiene un volume di olio pari a b = v/2 + a, e B un volume di acqua pari ad a < b = v/2 + a. Risoluzione. (Esercizio 3) (i) Il teorema di Carnot, o se si preferisce la formula del quadrato scalare di una differenza di vettori, dice che si ha c2 = a2 + b2 − 2ab cos γ da cui cos2 γ = (a2 + b2 − c2 )2 , 4a2 b2 sostituendo si ha quindi (a2 + b2 − c2 )2 1 a b (1 − cos γ) = a b 1 − = (4a2 b2 − (a2 + b2 − c2 )2 ), 2 2 4a b 4 2 2 2 2 2 Questo è quindi il polinomio cercato, che si può sviluppare nella forma P (a, b, c) = a 4 + b 4 + c4 b 2 c2 + c2 a 2 + a 2 b 2 − , 2 4 o (punto (ii)) può essere fattorizzato: 1 1 (2ab + a2 + b2 − c2 )(2ab − a2 − b2 + c2 ) = ((a + b)2 − c2 )(c2 − (a − b)2 ) = 4 4 1 (a + b − c)(a + b + c)(c − (a − b))(c + (a − b)), 4 e riordinando 1 P (a, b, c) = (a + b + c)(a + b − c)(b + c − a)(c + a − b). 4 (iii) Il quadrato dell’area del triangolo di lati a, b, c, metà del precedente parallelogramma, è chiaramente 1/4 di tale area al quadrato, e vale quindi a+b+c a+b−c b+c−a c+a−b 1 (a+b+c)(a+b−c)(b+c−a)(c+a−b) = = p(p−c)(p−a)(p−b), 16 2 2 2 2 avendo indicato con p il semiperimetro (a + b + c)/2. Quindi la formula di Erone per l’area di un triangolo in funzione delle lunghezze dei lati: p a+b+c Area = p(p − a)(p − b)(p − c) p= . 2 1 2 Osservazione. Mentre chi ricordava la formula di Erone era indubbiamente avvantaggiato nella risoluzione dell’esercizio, avendo un’idea del dove si andava a finire, l’esercizio stesso era comunque facilmente fattibile da chiunque avesse un minimo di conoscenze di algebra e trigonometria. Era ovviamente inaccettabile partire dalla formula di Erone stessa per risolverlo, dato che tale formula doveva invece essere dimostrata. Risoluzione. (Esercizio 4) Si ha chiaramente A(1) = {∅, {1}}, mentre A(2) = {∅, {1}, {1, 2}} e A(3) = {∅, {1}, {1, 2}, {1, 2, 3}, {3}}. Quindi P (1) = 2, P (2) = 3, P (3) = 5 (e, volendo, A(0) = {∅} e P (0) = 1). Mostriamo che si ha P (n) = P (n − 2) + P (n − 1) se n ≥ 3. Chiaramente A(n − 1) ⊆ A(n), e si ha A(n) = A(n−1)∪(A(n)rA(n−1)). Ad ogni sequenza S ∈ A(n)rA(n−1) associamo S ∩{1, . . . , n−2} ∈ A(n−2). Questa assegnazione è biiettiva, come ora verifichiamo. Iniettività: se S ∩ {1, . . . , n − 2} = T ∩ {1, . . . , n − 2} allora S = T : infatti le due sequenze contengono entrambe il termine n, e possono differire solo se una di esse, ad esempio S, contiene il termine n − 1, e l’altra no; ma esse hanno lo stesso terz’ultimo termine, che quindi ha la stessa parità di n, opposta a quella di n − 1. Ma allora T non è a parità alterna. Suriettività: data una sequenza a parità alterna E ⊆ {1, . . . , n − 2} la si completa con n se il suo ultimo termine ha la parità di n − 1, con {n − 1, n} altrimenti. La successione dei P (n) è quindi esattamente la successione dei numeri di Fibonacci (traslata). Risoluzione. (Esercizio 5) In un piano mettiamo il tempo sulle ascisse, e sulle ordinate le ascisse di un sistema di riferimento sulla retta su cui si muovono le palline. Le leggi orarie del moto delle palline sono allora rappresentate da segmenti di retta, inizialmente essendo le n rette di equazione x = vk t + xk . Un urto avviene quando due palline si trovano nello stesso punto ad un dato istante, e corrisponde quindi all’intersezione di due rette (per t > 0). Se ci sono due sole palline, esse possono quindi urtarsi una volta e poi mai più. Tre palline possono chiaramente urtarsi tre volte, come un disegno chiarisce facilmente (tre rette non concorrenti in un solo punto e non parallele a due a due). Per quattro palline già occorre più impegno: conviene considerare la situazione in cui tre palline si urtano tre volte, e disegnare un’ulteriore retta che interseca le precedenti tre in tre altri punti, portando ad un totale di 3+3=6 urti. In generalegli urti possibili sono al massimo n2 = n(n−1)/2, dato che n rette non possono intersecarsi in più che n2 punti. E tale massimo è effettivamente raggiunto, come una facile induzione mostra; se n − 1 rette si incontrano in n−1 = (n − 1)(n − 2)/2 punti distinti nel semipiano t > 0, basta prendere 2 una retta x = vn t + xn con vn > max{v1 , . . . , vn−1 } ed xn < min{x1 , . . . , xn−1 }; l’intersezione con la k−esima delle precedenti rette si ha per tk = (xk − xn )/(vn − vk ) > 0; facendo tendere xn a −∞ il tempo di urto tk tende a +∞, e si può fare in modo che esso sia maggiore di tutti i tempi in cui avvengono gli urti delle precedenti palline, per ogni k = 1, . . . , n − 1. In questo caso quindi ci sono (n − 1)(n − 2)/2 + (n − 1) = (n − 1)((n − 2)/2 + 1) = (n − 1)n/2 = n2 urti. Risoluzione. (Esercizio 6) Ricordiamo che in un cerchio di raggio r un angolo al centro di ampiezza α (compresa fra 0 ed un angolo giro) sottende una corda di lunghezza 2r sin(α/2): questa formula è molto facile da verificare. Sia ora δ l’angolo AOD, γ l’angolo AOC. Si ha quindi |CD| = 2r sin(γ − δ)/2; |AD| = 2r sin(δ/2); |DB| = 2r sin(((2π − γ) − δ)/2) = 2r sin((γ + δ)/2). Per semplificare la scrittura poniamo γ/2 = c e δ/2 = d. Si hanno le relazioni |AD| = 5|CD| e |DB| = 7|CD| che porgono: sin d = 5 sin(c − d); sin(c + d) = 7 sin(c − d), da cui subito sin d = 5 sin c cos d − 5 cos c sin d; sin c cos d + cos c sin d = 7 sin c cos d − 7 cos c sin d; dalla seconda si ricava 8 cos c sin d = 6 sin c cos d, e quindi sin c cos d = 4/3 sin d cos c e sostituendo nella prima si ottiene: 5 3 20 sin d cos c − 5 sin d cos c = sin d cos c da cui cos c = . sin d = 3 3 5 3 C D O A B Figura 1. Lago e case. Segue da ciò sin c = 625metri. p 1 − 9/25 = 4/5; dalla relazione 2r sin c = 1000metri si ottiene r = (2500/4)metri= Osservazione. Chi conosceva il teorema di Tolomeo (in un quadrilatero inscritto in un cerchio il prodotto delle diagonali coincide con la somma dei prodotti dei lati opposti) fruiva di una semplificazione. Il teorema infatti porge |CA| |BD| = |CD| |BA| + |CB| |AD|, da cui, usando |BD| = 7|CD| e |AD| = 5|CD| si ottiene, semplificando |CD|: 7|CA| = |BA| + 5|CB| da cui |CB| = (6/5)|CA|(= (6/5)|AB|). Si è quindi scoperto che il triangolo isoscele ACB ha una base CB che è lunga 6/5 volte il lato obliquo, la cui lunghezza (1Km) è nota. \ si ha sin(α/2) = (|CB|/2)/|AB| = 3/5, per cui Se α è l’ampiezza dell’angolo al vertice CAB, p cos(α/2) = 1 − 9/25 = 4/5 e sin α = 2 sin(α/2) cos(α/2) = 2(3/5)(4/5) = 24/25; per la formula delle corde, ricordando che l’angolo alla circonferenza è metà dell’angolo al centro, si ha poi |CB| = 2r sin α, da cui r= 6/5|AB| 5 |CB| = = |AB| = 0, 625Km. 2 sin α 48/25 8 Risoluzione. (Esercizio 7) Nel triangolo grande consideriamo i sei punti costituiti dai vertici e dai punti medi dei lati. Due qualsiasi fra tali punti, se distinti, distano di almeno la metà del lato del triangolo grande. Se cinque triangoli piccoli coprono il triangolo grande, due almeno di tali punti sono coperti da un unico triangolo piccolo; ne segue che il lato del triangolo piccolo è lungo almeno quanto la distanza di tali punti, e cioè almeno la metà del lato del triangolo grande. Ma allora i quattro triangoli della suddivisione mediana (vedi figura) coprono il triangolo grande, ed a più forte ragione bastano quattro triangoli piccoli. Figura 2. Suddivisione mediana del triangolo. 4 Osservazione. Coprire il triangolo con i triangoli piccoli significa quello che il verbo dice: mettervi sopra alcuni triangoli in modo che esso non possa più essere visto. I triangoli piccoli possono sovrapporsi fra loro, e anche debordare dal triangolo grande. In termini matematici, pensando i triangoli come insiemi di punti del piano, si ha una famiglia di triangoli equilateri piccoli fra loro congruenti la cui unione contiene il triangolo grande. Risoluzione. (Esercizio 8) Le scelte possibili sono (p, q) ∈ [−N, N ] × [−N, N ], insieme con (2N + 1)2 elementi. Fra queste, quelle favorevoli sono quelle con p2 ≥ q, quindi certamente tutte quelle con q ≤ 0, gli elementi di [−N, N ] × [−N, 0], che sono in numero di (2N + 1)(N + 1). Per ogni fissato p ∈ [−N, N ] ci sono le scelte (p, 1), . . . , (p, p2 ) che sono p2 , ma questo solo fino a che si ha p2 ≤ N : sapendo che N = M 2 è il quadrato di un intero M , questo è vero finché |p| ≤ M , poi tutte le coppie (p, q) sono favorevoli. Quindi sono da contare ancora 2(1 + 22 + · · · + M 2 ) = (M/3)(M + 1)(2M + 1) scelte favorevoli, e poi ancora 2(N − (M + 1))N , scelte che sono in tutto M (M + 1)(2M + 1) + 2(N − (M + 1))N ; 3 dividendo per il numero (2N + 1)2 dei casi possibili si ottiene la probabilità voluta, che vale quindi (2N + 1)(N + 1) + N +1 M (M + 1)(2M + 1) + 6N 2 − 6N M − 6N . + 2N + 1 3(2N + 1)2 √ √ Se N non è intero, vale √ ancora la formula precedente, purché M sia la parte intera di N , massimo intero non maggiore di N . Quando si fa tendere N a +∞ il primo addendo tende ad 1/2, il secondo a 6/(3 · 22 ) = 1/2, e quindi la probabilità tende ad 1: più i coefficienti sono grandi in valore assoluto, e più è probabile che le radici siano reali, con la certezza al limite. D P Q C N γ A M B Figura 3. I parallelogrammi del problema 9 Risoluzione. (Esercizio 9) (i) è facile. Ad esempio, tirando la diagonale AC, il lato P Q, congiungente i punti medi dei lati AD e CD, è parallelo ad AC per il teorema di Talete, e lo stesso ragionamento mostra che M N è parallelo ad AC, mentre QM e P N sono entrambi paralleli a BD. I lati opposti sono paralleli, quindi M N P Q è parallelogramma. Si può anche notare che, sempre per il teorema di Talete, le diagonali del parallelogramma mediano sono di lunghezza uguale ai lati del parallelogramma originario; inoltre il lato QP è necessariamente lungo la metà della diagonale AC, ed il lato QM è la metà della diagonale DB. (ii) Per semplificare questa parte, ci conviene scegliere nomi convenienti per gli elementi del parallelogramma: sia γ un angolo non ottuso, il cui vertice chiamiamo A, e supponiamo che per i lati adiacenti AB ed AD valga la disuguaglianza |AB| ≥ |AD|. Una tale scelta dei nomi è sempre possibile. In tal caso nel parallelogramma mediano si ha |QN | = |AB| ≥ |AD| = |M P |, quindi gli angoli non ottusi di esso sono quelli opposti alla diagonale minore M P , e cioè quelli con con vertice in Q ed N , e per le diagonali dell’originario si ha |BD| ≤ |AC|. Se il triangolo BAD deve essere simile ad uno dei triangoli in cui M N P Q è diviso dalle sue diagonali, dovendosi conservare gli angoli il vertice A deve andare nel vertice Q (o nel vertice N , scegliamo Q); inoltre il lato AB, il più lungo fra i due, deve corrispondere al lato QP (che è metà della diagonale più lunga del parallelogramma originario), ed AD deve allora corrispondere a QM Osserviamo ora che ciascuno dei quattro triangoli AQM , BM N , CP N , DQP ha un’area pari ad 1/8 dell’area del parallelogramma ABCD. Il parallelogramma M N P Q ha quindi un’ area che è la metà dell’area di ABCD. Se è simile ad esso, il rapporto di similitudine deve allora necessariamente 5 √ essere 1/ 2. La diagonale AC, per il teorema di Carnot ha una lunghezza legata ai parametri del parallelogramma da |AC|2 = |AB|2 + |BC|2 − 2|AB||BC| cos(π − γ) = a2 + b2 + 2ab cos γ, avendo posto a = |AB| e b = |BC|. Similmente si ha |BD|2 = a2 + b2 − 2ab cos γ; |P M | = |AD| Per la similitudine del triangolo BAD con il triangolo P QM , è necessario e sufficiente che sia: |AC| |BD| |BD| |AB| |AD| |QP | = = √ ; |QM | = = √ ; |P M | = |AD| = √ ; 2 2 2 2 2 traducendo in relazioni con a, b, γ si ha a2 + b2 + 2ab cos γ a2 a2 + b2 − 2ab cos γ b2 a2 + b2 − 2ab cos γ = ; = ; = b2 . 4 2 4 2 2 Queste tre relazioni sono fra loro equivalenti, e precisamente equivalenti a a2 − b2 = 2ab cos γ. Dividendo per 2ab, e ponendo ρ = a/b(≥ 1) si ha 1 1 ρ− , 2 ρ condizione necessaria e sufficiente perché il parallelogramma mediano sia simile al dato. Si ha che il secondo membro è nullo se e solo se γ è retto, ed il secondo membro è nullo se e solo se ρ = 1, e cioè a = b. In altre parole, un rombo è simile al suo parallelogramma mediano se e solo se è un quadrato. Si noti che se l’angolo γ è acuto la relazione precedente implica che sia ρ > 1, e cioè√a > b. In particolare, se cos γ = 1/2 si ricava ρ − 1/ρ = 1, da cui√ρ2 − ρ − 1 = 0, con soluzioni ρ = (1 ± √5)/2; dovendo essere ρ > 1 si ricava il rapporto aureo ρ = (1 + 5)/2. Quindi si ha |AB|/|AD| = (1 + 5)/2 (avendo deciso, come sopra detto, di chiamare AB il più lungo dei due lati). cos γ =