atomi con un elettrone

annuncio pubblicitario
Corso di laurea in Fisica
Corso di Struttura della Materia
G. Rinaudo - Gennaio 2002
ATOMI CON UN ELETTRONE1
3.1 Introduzione
Iniziamo lo studio degli atomi riassumendo le idee fondamentali sulla struttura atomica. Ogni
atomo ha una dimensione globale di circa 10-9 m. E' composto di un nucleo relativamente pesante
(le cui dimensioni sono dell'ordine di 10-14 m) intorno al quale si muove un certo numero di
elettroni, ciascuno di carica -e, che occupano il resto del volume atomico. Il nucleo è composto di A
particelle (A è il numero di massa) chiamate nucleoni, di cui Z sono protoni (Z è il numero
atomico), ciascuno di carica +e, e N (=A-Z) sono neutroni, che non hanno carica elettrica. Il nucleo
possiede quindi una carica positiva che vale +Ze. Il numero di elettroni in ogni atomo è uguale al
numero di protoni (che è Z) e perciò un atomo è un sistema elettricamente neutro. Tuttavia, in certi
casi un atomo può acquistare o perdere alcuni elettroni, diventando così carico negativamente o
positivamente; in questo caso è detto ione. La massa del nucleo è circa 1850 volte la massa
dell'elettrone. Dunque la massa di un atomo è praticamente uguale a quella del suo nucleo.
Tuttavia, gli Z elettroni di un atomo sono responsabili della maggior parte delle proprietà
atomiche che si riflettono nelle proprietà della materia, come le proprietà elastiche ed
elettromagnetiche di materiali differenti. Le interazioni elettromagnetiche tra gli elettroni e i nuclei
di atomi differenti sono determinanti nel legame chimico, che tiene insieme gli atomi per formare
molecole, nelle reazioni chimiche, e in quasi tutte le proprietà della materia condensata.
Si può spiegare il moto degli elettroni attorno al nucleo se si considerano solo le interazioni
elettromagnetiche tra gli elettroni e i componenti del nucleo (protoni e neutroni). Poiché le
interazioni elettromagnetiche sono ben comprese, è stato possibile sviluppare un'accurata
descrizione del moto degli elettroni. Il problema corrispondente per il nucleo è invece più
complesso, poiché entrano in gioco altre interazioni che non sono comprese così bene. Quando
analizziamo il moto degli elettroni, dobbiamo usare i metodi della meccanica quantistica.
In questo capitolo discuteremo le proprietà degli atomi e degli ioni che hanno un solo elettrone, il
più semplice dei quali è l'atomo di idrogeno, che ha Z=1. Se la Z dell’atomo è maggiore di 1, si
tratta ovviamente di uno ione, cioè di un atomo che non è elettricamente neutro, avendo un numero
di elettroni minore del numero di cariche positive del nucleo. Tutti gli atomi che hanno un solo
elettrone, siano essi neutri o ionizzati, vengono chiamati atomi idrogenoidi.
Il problema degli atomi con molti elettroni verrà discusso nel prossimo capitolo.
3.2 Atomi idrogenoidi
Il più semplice di tutti gli atomi è l'atomo di idrogeno. Il suo nucleo è composto da una sola
particella, un protone, così che ha A=1 e Z=1. Attorno al protone si muove un unico elettrone. Per
poter applicare i calcoli agli altri atomi dovremo tuttavia assumere che il nucleo contenga Z protoni
con una carica positiva totale uguale a +Ze (Fig. 1). Per il momento dovremo fare due
approssimazioni.
1
Il contenuto di questo capitolo è essenzialmente la traduzione del capitolo 3 di Alonso e Finn, “Fundamental
University Physics”, ed. Addison-Wesley Publishing Company: le modifiche principali riguardano l’uso del sistema di
unità di misura di Gauss, anziché delle unità SI, e l’aggiunta di alcuni commenti o derivazioni. Sono inoltre state
tagliate alcune sezioni o esempi considerati non essenziali. La traduzione è stata fatta a cura della dott.ssa Anna Musso.
1
Ø La prima: considereremo il nucleo in quiete in un sistema inerziale. Questa è un’ipotesi
ragionevole perché il nucleo, essendo più pesante dell'elettrone, praticamente coincide con il
centro di massa dell'atomo, che certamente è in quiete in un sistema inerziale fino a che non
agiscono forze esterne sull'atomo.
Ø La seconda: assumeremo che il campo elettrico del nucleo sia quello di un punto carico. Anche
questo è ragionevole, poiché il nucleo ha una dimensione molto piccola (circa 10-14 m),
confrontata con la distanza media dell'elettrone dal nucleo (circa 10-10 m). Tuttavia, in una
analisi più raffinata, la dimensione e la forma del nucleo dovrà essere presa in considerazione.
Fig. 1: Un elettrone che si muove attorno al nucleo
Il moto dell'elettrone relativo al nucleo è determinato dall’interazione coulombiana tra i due.
Questa interazione è espressa da una forza centrale attrattiva agente sull'elettrone, data da
Ze 2
F = − 2 ur
(3.1)
r
L'energia potenziale del sistema elettrone-nucleo è allora
Ze 2
E p (r ) = −
(3.2)
r
Tuttavia, poiché si deve analizzare il moto dell'elettrone secondo la vmeccanica quantistica, non si
r
può risolvere il problema applicando l'equazione di Newton del moto F = dp / dt ; dobbiamo invece
applicare l'equazione di Schrödinger del moto, con un'energia potenziale data dall'eq. (3.2). Poiché
il moto dell'elettrone è tridimensionale, si deve usare l'equazione di Schrödinger nella forma
h 2  ∂ 2ψ ∂ 2ψ ∂ 2ψ

−
+
+
2m  ∂x 2 ∂y 2 ∂z 2
 Ze 2
 −
ψ = Eψ
r

(3.3)
Per il momento, ci limiteremo a una considerazione sugli stati stazionari. Discuteremo
successivamente le funzioni d'onda ψ . Introduciamo una costante, detta costante di Rydberg,
definita da 2
m c 2e 4
R∞ = e
= 1.0974 ⋅ 10 7 m −1
(3.4)
3
4π (hc )
I possibili livelli di energia per gli stati legati stazionari dell'elettrone, che otteniamo dall'eq.(3.3),
sono dati dall'espressione
2
La ragione del pedice
∞
sarà chiara nel seguito.
2
R∞ hcZ 2
(3.5)
n2
dove n = 1, 2, 3, …(interi positivi). Conviene chiamare energia di Rydberg, ERy, la costante R∞hc,
per cui, esprimendo il risultato in elettronvolt, si trova
En = −
En = −E Ry
Z
2
= −13.607
Z
2
eV
(3.6)
n2
n2
Si può notare che i valori dell'energia totale sono negativi. Questo è in accordo con il risultato
classico per il moto dovuto a una forza proporzionale all'inverso del quadrato della distanza, che
conduce a un’orbita ellittica e legata. Il punto zero dell'energia è assegnato allo stato nel quale le
due particelle (elettrone e nucleo) sono in quiete a una distanza infinita. Perciò, l'eq. (3.6) è
equivalente, nella meccanica classica, all'energia totale nel moto di particelle in orbite ellittiche;
tuttavia ricordiamo che in meccanica quantistica non si parla di orbite definite.
L'espressione (3.6) si applica a
ogni atomo che ha un singolo
elettrone. Perciò essa vale per
l'idrogeno (Z=1) e i suoi isotopi, il
deuterio (A=2, Z=1) e il trizio (A=3,
Z=1), per l'elio ionizzato una volta,
He+ (un atomo di elio che ha perso
uno dei suoi due elettroni, Z=2), per
il litio ionizzato due volte Li2+ (un
atomo di litio che ha perso due dei
suoi tre elettroni, Z=3), ecc. La
figura 2 mostra i corrispondenti
livelli energetici teorici. I valori
appropriati di n sono indicati per
alcuni livelli in ogni serie.
Si può notare che, in figura 2,
alcuni livelli sono coincidenti. Per
esempio, i livelli dell'idrogeno
coincidono rispettivamente con i
livelli dell'He+ che ha n = 2, 4, 6,…
e anche con quelli del Li2+, che ha n
= 3, 6, 9,… Il motivo di ciò è
rappresentato dal fatto che nell'eq.
(3.6) si ottiene lo stesso valore per
diversi valori di Z e di n ma uguale
rapporto Z/n. La coincidenza
tuttavia non è esatta. Il nucleo
infatti non è in quiete in un
riferimento inerziale; piuttosto il
nucleo e l'elettrone ruotano attorno
al loro centro di massa. Tuttavia, si
può analizzare il moto relativo
dell'elettrone
e
del
nucleo
sostituendo nell'eq. (3.4) la massa
ridotta del sistema elettrone-nucleo
al posto della massa dell'elettrone.
Fig. 2: Alcuni livelli energetici di H, He+ e Li2+
3
Se M è la massa del nucleo, la massa ridotta dell'atomo è
me M
me
µ=
=
me + M 1 + me / M
Perciò nell'eq.(3.5) dobbiamo sostituire la costante di Rydberg R∞ con


µc 2 e 4
µ
1

R=
=
R
=
R
∞
∞
 1 + m / M 
me
4π ( hc) 3

e

(3.7)
così che i livelli energetici sono dati da E=-RhcZ2 /n2 . Il valore di R per alcuni nuclei è dato nella
tabella 1. Ovviamente R∞ corrisponde al caso in cui il nucleo ha massa (M) infinita e questo spiega
il motivo dell'indice in basso: come si vede, la differenza maggiore si ha per l’idrogeno ed è molto
piccola, dell’ordine di 5⋅10-4.
Tabella 1: Costanti di Rydberg
Fino ad ora abbiamo considerato solo stati con energia negativa, o stati legati. Gli stati con
energia positiva, che nella descrizione classica corrispondono alle orbite iperboliche, sono stati non
legati, in cui un elettrone dotato di sufficiente energia cinetica si avvicina al nucleo da una grande
distanza e, dopo essere stato deviato dal moto rettilineo a causa dell'interazione coulombiana con il
nucleo, si allontana di nuovo verso l'infinito. Gli stati con energia positiva non sono quantizzati,
poiché l'energia cinetica iniziale può assumere qualsiasi valore arbitrario e formare così un insieme
continuo di stati.
ESEMPIO 1: derivazione semiclassica dell'espressione dei livelli energetici dell'idrogeno.
Si può giustificare l'eq.(3.5) per gli stati
stazionari degli atomi idrogenoidi, in modo
euristico, usando, per descrivere il moto
dell’elettrone sull’orbita chiusa, un modello di
onde stazionarie simile a quello adottato da
Bohr (1913) nella sua originale derivazione
della quantizzazione dei livelli energetici
dell’idrogeno. Supponiamo che l'elettrone
descriva un'orbita circolare, come mostrato in
figura 3. Il suo momento p è costante per
un'orbita
circolare.
Affinché
l'orbita
corrisponda a una stato stazionario, sembra
logico che debba essere in grado di sostenere
onde stazionarie di lunghezza d'onda λ= h/p.
Fig 3: Onde stazionarie su una circonferenza
4
Possiamo osservare, dalla figura 3, che questo richiede che la lunghezza dell'orbita sia uguale a
un multiplo intero di λ; cioè 2π r = nλ = nh/p, perciò:
nh
rp =
(3.8)
2π
osservando che rp è il momento angolare dell'elettrone, vediamo che gli stati stazionari sono quelli
per i quali il momento angolare è un multiplo intero di h/2π. Poiché p=mev, possiamo anche
scrivere l'eq. (3.8) come
nh
m e vr =
(3.9)
2π
D'altra parte l'equazione del moto per l'elettrone richiede che F=mev2 /r, dove F è la forza
centripeta. Ma nel caso di un elettrone che si muove intorno al nucleo, la forza centripeta è la forza
coulombiana data dall'eq. (3.1). Perciò
me v 2 Ze 2
Ze 2
= 2
oppure
me v 2 =
(3.10)
r
r
r
Eliminando v tra l'eq (3,9) e la (3.10), otteniamo
n 2 h 2ε 0
n2
r=
=
a0
(3.11)
πme Ze 2
Z
dove
( hc) 2
a0 =
= 5.2917 ⋅ 10 −11 m
(3.12)
me c 2 e 2
è detto raggio di Bohr. L'espressione (3.11) fornisce i raggi delle orbite circolari permesse e il
raggio di Bohr, a0 , è il "raggio" dell'orbita più bassa (n=1) nell'idrogeno (Z=1).
Usando l'eq. (3.2) per l'energia potenziale del sistema elettrone-nucleo, possiamo esprimere
l'energia dell'elettrone su un'orbita circolare come
1
Ze 2
E = Ek + E p = m e v 2 −
2
r
Quindi, se usiamo l'eq. (3.10) per eliminare mev 2 , otteniamo
Ze 2
E=−
(3.13)
2r
Introducendo il valore di r dato dall’eq. (3.11), abbiamo
m c 2 e4 Z 2
R ∞ hcZ 2
E=− e
=
−
2(hc ) 2
n2
che è in accordo con le eq. (3.4) e (3.6). Riguardo alla derivazione fatta, ricordiamo tuttavia che,
oltre ad essere applicabile solo a orbite circolari, dipende dalla validità dell’eq. (3.8), che
discuteremo in dettaglio più avanti (sezione 3.4). D’altra parte, il concetto di orbita qui deve essere
considerato come riferito alla regione nella quale è più probabile che si trovi l’elettrone, e l’eq.
(3.11) è solo un’indicazione dell’ordine di grandezza della regione nella quale l’elettrone si muove
per la maggior parte del tempo, e quindi delle dimensioni dell’atomo.
Mettendo insieme le eq. (3.9) e (3.11), si trova che la velocità dell’elettrone in un’orbita stazionaria
è
nhc 2
hc 2 Z
21.9 ⋅10 5 Z
v=
=
=
ms −1
me c 2 r me c 2 a 0 n
n
Dobbiamo considerare questo risultato indicativo solo dell’ordine di grandezza della velocità
dell’elettrone. Si può notare che la velocità diminuisce se l’energia aumenta (per valori crescenti di
n). Abbiamo anche che v / c ≈ 7 ⋅ 10 −3 Z / n , e perciò v<<c, eccetto che per grandi valori di Z e
5
piccoli valori di n. Dunque le correzioni relativistiche non sono molto importanti eccetto quando si
desidera grande precisione. Tuttavia queste correzioni sono molto importanti dal punto di vista
teorico.
3.3 Lo spettro degli atomi idrogenoidi
Come abbiamo potuto osservare in figura 2, l’energia degli stati stazionari aumenta al crescere
del numero quantico n. La differenza di energia tra i livelli corrispondenti a n1 e n2 (con n2 > n1 ) per
uno ione idrogenoide è

 1
Z 2  
Z 2 
1 

E2 − E1 = − ERy 2 − − ERy 2 = E Ry Z 2  2 − 2 

n
n2  
n1 
n2 

 1
Quando applichiamo la condizione di Bohr, ν = ( E 2 − E1 ) / h , e trascuriamo gli effetti di rinculo, la
frequenza della radiazione elettromagnetica emessa o assorbita dall’atomo in una transizione tra gli
stati corrispondenti a n1 e n2 è
 1
 1
E − E1
1 
1 
2
15
2
(3.14)
ν = 2
= RcZ  2 − 2  = 3.2899 ⋅ 10 Z  2 − 2  Hz
n
n
h
n 2 
n 2 
 1
 1
Qualche volta gli spettroscopisti preferiscono usare il numero d’onda ν~ = ν / c = 1 / λ piuttosto
che la frequenza. 3 Il loro ragionamento è che le misure spettroscopiche di solito danno la lunghezza
d’onda e non la frequenza. Il numero d’onda nel sistema MKSC è dato in m-1, tuttavia l’unità più
comune è cm-1. In questo caso l’eq. precedente diventa
 1
 1
1 
1 
2
5
2
-1
ν~ = RZ  2 − 2  = 1.0974 ⋅10 Z  2 − 2  cm
n



n2 
n2 
 1
 n1
Questa espressione (o quella precedente) è detta formula di Balmer, e si può applicare solo agli
atomi idrogenoidi. Poiché in uno spettroscopio (sia prisma che reticolo), ogni transizione appare
come una linea (che è l’immagine della fenditura), lo spettro è chiamato spettro a righe, e
frequentemente le parole “riga” e “transizione” sono usate come sinonimi.
Lo spettro dell’idrogeno (Z=1) (e analogamente per gli spettri degli altri atomi) è classificato in
termini di serie di righe spettrali, ciascuna formata da transizioni che hanno il livello energetico più
basso in comune. La figura 4 rappresenta le seguenti serie dell’idrogeno:
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
serie di Lyman: n1 =1, n2 = 2, 3, 4,…
serie di Balmer: n1 =2, n2 = 3, 4,…
serie di Paschen: n1 =3, n2 = 4, 5,…
serie di Brackett: n1 =4, n2 = 5, 6,…
serie di Pfund: n1 =5, n2 = 6, 7,…
La serie di Balmer, che si trova per la maggior parte nella regione del visibile, è facilmente
osservabile con uno spettroscopio comune. La serie di Lyman cade nella regione dell’ultravioletto e
le altre nell’infrarosso. Le transizioni indicate nella figura 4 corrispondono allo spettro di emissione;
le transizioni inverse si trovano nello spettro di assorbimento.
Storicamente, il problema di spiegare gli spettri a righe dell’idrogeno e degli altri elementi diede
origine alla prima applicazione della teoria quantistica all’atomo. Il matematico svizzero J. Balmer
(1825-1898), molto prima dell’avvento della teoria quantistica, ottenne empiricamente la formula
Il numero d’onda ν~ fornisce il numero di lunghezze d’onda in una unità di lunghezza, e non deve essere confuso con
il numero d’onda k=2π / λ , che è associato al moto di una particella libera e che differisce da ν~ per il fattore 2π.
3
6
(3.14) nel 1885, senza nessuna spiegazione teorica concernente la struttura atomica. Nel 1913 il
fisico danese Niels Bohr, all’epoca all’Università di Cambridge, derivò l’eq. (3.14) introducendo,
per la prima volta, il concetto di stati stazionari. Poiché la meccanica quantistica non era ancora
stata formulata, il metodo di Bohr consisteva in una serie di ipotesi ad hoc molto somiglianti ai
calcoli fatti nell’esempio 1.
Fig. 4: Transizioni radiative nell’idrogeno
ESEMPIO 2: Determinazione del primo potenziale di eccitazione e dell’energia di ionizzazione
dell'idrogeno.
La prima energia di eccitazione è l’energia richiesta per portare un atomo dal suo stato
fondamentale al suo primo stato eccitato (o livello energetico più basso). Questi stati negli atomi
idrogenoidi corrispondono, rispettivamente, a n=1 e n=2. Ponendo n=1 e n=2 nell’eq. (3.6) con
Z=1, abbiamo
E1 =-13.6 eV e E2 =-3.4 eV. Perciò l’energia richiesta per eccitare l’atomo dallo stato fondamentale
al primo stato eccitato è E2 – E1 = 10.2 eV. Se un atomo di idrogeno è portato al suo primo stato
eccitato da una collisione anelastica con un elettrone, come succede, ad esempio, con una scarica in
un tubo a gas, esso ritorna allo stato fondamentale emettendo radiazione di frequenza
7
ν = (E 2 − E1 ) / h = 2.47 ⋅10 15 Hz
o lunghezza d’onda
λ = 1.216 ⋅10 −7 m
che in questo caso cade nella regione dell’ultravioletto.
L’energia di ionizzazione è l’energia richiesta per portare l’elettrone dallo stato fondamentale
(n=1) allo stato con energia 0 (n= ∞ ) e perciò è uguale a –E1 =13.6 eV. La ionizzazione può essere
causata sia da una collisione anelastica dell’atomo di idrogeno con un elettrone o con un’altra
particella carica o con un altro atomo, sia dall’assorbimento di un fotone con frequenza maggiore o
uguale di 3.29 1015 Hz o con lunghezza d’onda minore o uguale di 9.12 10-8 m.
3.4 La quantizzazione del momento angolare
Fino ad ora abbiamo visto che l’energia di un sistema atomico è quantizzata. Dobbiamo scoprire
se altre quantità fisiche sono quantizzate, cioè limitate a determinati valori per il sistema. Sappiamo
r r r
che per il moto dovuto a forze centrali, il momento angolare L = r ∧ p relativo al centro della forza
è una costante del moto. Questo è anche vero in meccanica quantistica. L’analisi teorica e i dati
sperimentali mostrano che il momento angolare è quantizzato, cioè può avere solo valori discreti. Si
può mostrare (vedi esempio 3.3) che i valori permessi del momento angolare sono
L2 = l (l + 1)h 2
(3.15)
dove l=0, 1, 2, 3,…è un intero positivo. Tuttavia in un atomo idrogenoide i valori di l per ogni
livello energetico sono limitati dai valori di n corrispondenti al livello energetico e il massimo
valore di l è n-1. Perciò
in un campo coulombiano, per ogni valore di n, che identifica un livello
energetico, ci sono n valori distinti del momento angolare da l=0 a l=n-1.
E’ consuetudine designare i possibili valori di l mediante lettere, secondo lo schema della tabella
3. Perciò per n=1 abbiamo l = 0 o stato s; per n=2 abbiamo l = 0 e 1 oppure stati s e p. Per n=3
abbiamo l = 0, 1 e 2 oppure stati s, p e d, ecc.
Tabella 3: Simboli spettroscopici degli stati del momento angolare e
grado di degenerazione per il moto sotto forze centrali
I calcoli teorici e l’evidenza sperimentale (che sarà discussa più avanti) indicano che il momento
angolare è limitato in direzione, situazione chiamata quantizzazione spaziale. Questo significa che
r
l’angolo che L forma con l’asse Z (figura 5) non è arbitrario; in altre parole si può mostrare (cfr
esempio 3) che i valori della componente Lz sono quantizzati e dati da
L z = mlh
(3.16)
dove ml=0, ± 1, ± 2,…, ± l; cioè ml è un intero positivo o negativo da 0 a l.
8
Fig. 5
Il numero quantico ml non può essere maggiore di l perché L z sarebbe maggiore di L, che è
impossibile. Perciò concludiamo che:
r
per ogni valore del momento angolare, ci sono 2l+1 valori di ml o 2l+1 diverse orientazioni di L
Fig. 6: quantizzazione spaziale per l=1 e l=2
9
La figura 6 illustra questa situazione per l=1 e l=2. La quantità g =2l+1 è detta degenerazione
dello stato del momento angolare. Si può provare che questa degenerazione è una conseguenza della
simmetria sferica del moto sotto forze centrali. I valori di g per alcuni valori di momento angolare
sono dati in tabella 3.
In meccanica classica il momento angolare sotto una forza centrale è costante in intensità e
direzione. In meccanica quantistica, l’intensità del momento angolare è data dall’eq. (3.15) e quella
della sua componente Lz dall’eq. (3.16). Ma per specificare la direzione del momento angolare,
avremmo bisogno di conoscere le altre due componenti, Lx e Ly : ciò non è lecito in meccanica
quantistica, perché si dimostra che
è impossibile conoscere, esattamente, più di una componente del momento angolare
Se conosciamo L z, la nostra conoscenza di Lx e Ly è al massimo entro le incertezze ∆Lz e ∆Ly, che
soddisfano la relazione di indeterminazione
1
∆ L x ∆ L y ≥ hL z
2
Questa relazione è simile alla relazioni di indeterminazione per posizione e momento e per energia
e tempo. In altre parole, in meccanica quantistica, è impossibile determinare precisamente la
direzione del momento angolare. r
Poiché possiamo conoscere solo L e Lz,
conviene immaginare il vettore momento
r
angolare L nella figura 5 come se
precedesse attorno all’asse Z, con un
angolo costante θ.
Da questa discussione possiamo
concludere che i livelli energetici degli
atomo idrogenoidi sono qualcosa di più
complesso della semplice immagine
suggerita dall’eq.(3.6) e dalla fig. 2. In
un campo coulombiano ogni livello
energetico, corrispondente a un dato n,
contiene n diversi stati di momento
angolare, tutti con la stessa energia e con
l che va da 0 a n-1 (questo è mostrato in
figura 7). Questi livelli sono indicati con
ns, np, nd, ecc. (Questo risultato è in
accordo con la descrizione classica del
moto sotto forze che dipendono
dall’inverso del quadrato della distanza,
per le quali l’energia è indipendente dal
momento angolare, mentre l’eccentricità
delle orbite ellittiche dipende dal
momento angolare.) In una trattazione
più raffinata sugli atomi con un elettrone
che tenga conto di altri effetti (come
correzioni relativistiche), gli stati diversi
per il momento angolare corrispondenti
allo stesso n hanno energie differenti.
Fig 7: Transizioni tra stati di diverso momento angolare.
10
Se la forza non dipende dall’inverso del quadrato della distanza, quei livelli che hanno lo stesso
valore di n ma momenti angolari diversi (cioè i livelli ns, np, nd,…) non hanno necessariamente
tutti la stessa energia. Perciò sotto forze centrali, l’energia dipende in generale da n e l. Tuttavia,
anche se il potenziale non è più di tipo coulombiano, l’energia non può dipendere da ml, poiché in
un campo di forze centrali l’orientazione dell’orbita è irrilevante.
Il fatto che ogni livello in un atomo idrogenoide sia composto da molti stati di momento angolare
è, tuttavia, importante dal punto di vista delle transizioni. Per il moto in un potenziale di una forza
centrale, le regole di selezione per le transizioni di dipolo elettrico sono
∆l = ±1 , ∆ml = 0,±1
(3.17)
Queste regole di selezione sono imposte dalla legge di conservazione del momento angolare,
poiché i fotoni emessi o assorbiti possiedono un momento angolare; perciò il momento angolare
dell’atomo deve cambiare per compensare il momento angolare portato via dai fotoni emessi o
assorbiti. La legge di conservazione del momento angolare e la regola quantistica per la
composizione dei momenti angolari (cfr. sezione 3.8) permettono ∆l = 0, ± 1 . Tuttavia, la parità
della funzione d’onda in un potenziale centrale (che sarà discussa nella sezione 3.5) non permette
∆l = 0 .
Le regole di selezione (3.17) richiedono che le transizioni avvengano solo tra stati di momento
angolare che stanno in colonne adiacenti nella figura 7. Alcune di queste possibili transizioni sono
state indicate nella figura. Notiamo che, in accordo con queste regole, lo stato 2s non può passare
allo stato 1s, che è l’unico livello di energia più bassa utilizzabile. Per quella ragione lo stato 2s è
detto stato metastabile. Le regole (3.17) sono valide per le transizioni di dipolo elettrico, che sono le
più probabili. Per le altre transizioni, come quelle di un dipolo magnetico o di un quadrupolo
elettrico, le regole di selezione sono diverse; queste transizioni hanno una probabilità molto più
bassa di quella delle transizioni di un dipolo elettrico. Per questa ragione, negli spettri atomici, di
solito si prendono in considerazione solo le transizioni di dipolo elettrico.
Commentiamo ora l’eq. (3.8). Notiamo che per un’orbita circolare rp è il momento angolare L,
quindi l’eq. (3.8) si può scrivere L = nh . Ma questo risultato non è in accordo con l’eq. (3.15) che
dice L = l (l + 1) h . Quindi il modello semplice e intuitivo usato nell’esempio 1 per ottenere l’eq.
(3.8) non è corretto (sebbene il risultato ottenuto sia corretto). Questo di nuovo mette in guardia lo
studente che non è possibile, a meno che si faccia grande attenzione, estrapolare alla meccanica
quantistica concetti ondulatori derivati classicamente. Nel caso del momento angolare, la
discrepanza è dovuta al fatto che è impossibile confinare in un cammino perfettamente circolare
“l’onda” che descrive l’elettrone. Tuttavia, ponendo l=n-1 nell’eq. (3.15) otteniamo
(
)
L2 = (n − 1) nh 2 = n 2 − n h 2
Se n è grande possiamo approssimare quest’espressione scrivendo L2 = n 2h 2 o L = nh che è in
accordo con l’eq. (3.8). Perciò l=n-1 con n grande approssima le orbite circolari classiche. Questo è
esempio del principio di corrispondenza di Bohr, che afferma che per grandi numeri quantici la
descrizione quantistica approssima la descrizione classica.
11
Scarica