Errori frequenti di Analisi Matematica

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G.C. Barozzi
Errori frequenti di Analisi Matematica
http://eulero.ing.unibo.it/~barozzi/PCAM Complementi/Errori.pdf
[Revisione: gennaio 2002]
Numeri reali e complessi
1. La radice quadrata di 4 è ±2.
Commento. La radice quadrata di 4 è 2, cioè la radice positiva dell’equazione x2 = 4.
2. La radice quadrata di x2 (x reale) è x.
Commento. La radice quadrata di di x2 (x reale) è |x|. Verifica sperimentale: digitare −3
su una calcolatrice scientifica, farne il quadrato, poi estrarre la radice quadrata del quadrato
ottenuto.
3. Il valore assoluto di −x è x.
Commento. L’affermazione è vera se x è ≥ 0, falsa in caso contrario. Se x = −2, allora
−x = 2 = |x|.
4. I numeri razionali hanno una rappresentazione decimale limitata.
Commento. I numeri razionali hanno una rappresentazione decimale limitata, oppure illimitata periodica. Ad esempio 1/3 = 0.3. Le rappresentazioni decimali limitate possono essere
considerate come rappresentazioni periodiche con periodo 0.
5. Un numero reale può avere una rappresentazione periodica in una certa base e una rappresentazione non periodica in un’altra base.
Commento. Falso: se un numero è razionale esso può avere una rappresentazione limitata in
una certa base e una rappresentazione illimitata periodica in un’altra base. Ad esempio 1/5 si
scrive 0.2 in base dieci e 0.0011 in base due. I numeri irrazionali hanno rappresentazioni non
periodiche in una qualsivoglia base.
6. Il minimo dell’insieme dei numeri reali > 0 è un numero piccolo a piacere.
Commento. Il minimo dell’insieme in questione non esiste; il suo estremo inferiore è 0.
7. Il massimo dell’insieme N dei numeri naturali è +∞.
Commento. L’insieme dei naturali è illimitato superiormente in R e dunque privo di massimo;
il fatto che esso sia privo di maggioranti si esprime dicendo che il suo estremo superiore è +∞.
8. Il valore assoluto del numero 1 + i è 0 in quanto 12 + i2 = 1 − 1 = 0.
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Commento. Il valore√
assoluto di a + ib è
trova il valore assoluto 2.
√
a2 + b2 ; nel caso in esame, essendo a = b = 1, si
9. L’argomento principale del numero −2 + i è dato da arctan(−1/2) + π = π − arctan(1/2).
Utilizzando una calcolatrice scientifica si trova il valore approssimato 3.141 . . . − 26.565 . . . =
−23.424 . . . .
Commento. È stata utilizzata la funzione arcotagente in modo che essa fornisca valori in gradi,
mentre per π si è utilizzato (correttamente) il valore approssimato 3.141 . . . . La risposta corretta
è arg(−2 + i) = 2.677 . . . .
Le funzioni circolari e le loro inverse utilizzano numeri reali che possono essere considerati come
misure di angoli in radianti. In definitiva l’errore commesso equivale a sommare le misure di due
grandezze omogenee, dove le misure sono state ottenute utilizzando due diverse unità di misura
(come sommare la lunghezza di un segmento in centimetri con la lunghezza di un altro segmento
in pollici).
Funzioni
1. Una funzione f : A → B è iniettiva se ad ogni valore di A essa associa un solo valore di B .
Commento. La condizione indicata è vera per ogni funzione (per definizione di funzione); f è
iniettiva se associa valori distinti di B a valori distinti di A. In breve: f è iniettiva se ad ingressi
diversi corrispondono uscite diverse.
2. Il prodotto di due funzioni da R a R, entrambe dispari, è una funzione dispari.
Commento. Al contrario: un tale prodotto è pari. Il prodotto di due numeri dispari è dispari.
3. Se una funzione da R a R non è pari, allora essa è dispari.
Commento. Falso: si consideri la funzione x → x + 1.
4. Se un polinomio p(x) è di grado pari, la corrispondente funzione x → p(x) è pari.
Commento. Falso: occorre che tale polinomio contenga soltanto potenze pari della variabile.
√
√
5. Se f (x) = x, x reale ≥ 0, allora f (x + h) = x + h.
√
Commento. No: f (x + h) = x + h.
6. L’inversa della funzione f (x) = ex è la funzione x → 1/ex = e−x .
Commento. No. l’inversa è la funzione x → ln x, x > 0.
√
√
√
7. Si ha x + y = x + y .
Commento. Questa è giusto una delle possibili incarnazioni della formula
f (x + y) = f (x) + f (y),
egregiamente rappresentata anche dalle sue sorelle sin(x + y) = sin x + sin y , log(x + y) =
log x + log y , ecc. La formula è corretta soltanto per le funzioni lineari, cioè quelle del tipo
f (x) = mx, con m ∈ R. Soltanto tali funzioni trasformano le somme in somme. Osserviamo che
le funzioni esponenziali trasformano le somme in prodotti:
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∀x, y ∈ R, ax+y = ax · ay ,
le funzioni logaritmiche trasformano i prodotti in somme
∀x, y ∈ R∗+ , loga (x · y) = loga x + loga y,
ed infine le funzioni potenza trasformano i prodotti in prodotti
∀x, y ∈ R∗+ , (x · y)a = xa · y a .
√
8. La funzione x → x, x ≥ 0 è l’inversa della funzione x → x2 , x ∈ R.
2
Commento. La funzione
iniettiva; essa infatti è
√ x → x non è invertibile su R non essendo
pari. La funzione x → x, x ≥ 0 è l’inversa della funzione x → x2 , x ∈ R+ , cioè l’inversa della
restrizione all’intervallo [0, +∞) della funzione di elevamento al quadrato.
9. Se la funzione polinomiale p(x) = ax2 + bx + c si annulla in corrispondenza dei valori x1 e
x2 allora si ha la scomposizione
ax2 + bx + c = (x − x1 )(x − x2 ).
Commento. La formula corretta è: ax2 + bx + c = a (x − x1 )(x − x2 ).
10. La funzione f : x → 1/x, definita sull’intervallo (0, 1], è priva di massimo in virtù del
teorema di Weierstrass.
Commento. La funzione in questione è certamente priva di massimo sull’intervallo considerato,
in quanto essa è illimitata superiormente, ma non come conseguenza del teorema di Weierstrass.
Il fatto che, in determinate circostanze, le ipotesi di un teorema non siano verificate, non implica
che la tesi dello stesso teorema sia falsa. In altri termini: da p ⇒ q (cioè p implica q ) non segue
¬p ⇒ ¬q (cioè non p implica non q ); l’implicazione p ⇒ q equivale a ¬q ⇒ ¬p.
Tornando al caso esaminato, la funzione f : x → sin(1/x), definita sull’intervallo (0, 1], non
verifica le ipotesi del teorema di Weierstrass, e ciononostante, avendo come immagine l’intervallo
[−1, 1], è dotata di massimo e di minimo.
11. La funzione f : x → 1/x, definita per x = 0, è discontinua nell’origine.
Commento. Non ha molto senso parlare di discontinuità di una funzione in un punto in cui essa
non sia definita. L’affermazione in esame è tollerabile se intesa nel senso seguente: comunque si
prolunghi la funzione f attribuendole un valore nell’origine, si ottiene una funzione discontinua
in tale punto. Si pensi, per analogia, alla funzione f : x → (sin x)/x, che è possibile prolungare
nell’origine (mediante il valore 1) in modo da ottenere una funzione continua.
Successioni e serie
1. La successione an tende al limite L se la differenza |an − L| diventa tanto più piccola quanto
più grande è l’indice n.
Commento. La condizione indicata non è né necessaria né sufficiente affinché la successione
tenda al limite L. Per la successione n → 1/n, la differenza |an − L| decresce al crescere di n
per ogni numero L ≤ 0 (e non solo per il limite L = 0).
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La successione n → an = (1 + (−1)n )/n (mostrata nella figura seguente) tende la limite L = 0,
ma la differenza in questione (che coincide con an ) non ha un andamento monotono.
1
0.8
0.6
0.4
0.2
5
10
15
20
25
30
2. La successione an tende al limite L se per tutti gli indici n maggiori di un certo n la differenza
|an − L| diventa più piccola di un numero ε piccolo a piacere.
Commento. È essenziale l’ordine con cui vengono scelti i numeri in gioco. Per primo va scelto
ε, numero positivo ad arbitrio, poi occorre dimostrare che esiste n (dipendente da ε) tale che si
abbia |an − L| < ε per tutti gli indici n > n. Per mettere in evidenza il fatto che n dipenda da
ε, è meglio usare un simbolo come nε in luogo di n.
3. Una successione si dice limitata quando essa è dotata di limite.
Commento. Una successione (o più in generale una funzione) è limitata se tale è la sua immagine;
nel caso di una successione an ciò significa che esistono due numeri m ed M tali che
∀n : m ≤ an ≤ M.
Se una successione è convergente, essa è limitata, ma non vale necessariamente il viceversa, come
mostra la successione n → (−1)n .
4. Se la successione an , n ∈ N, tende
n a 0, allora la serie costruita a partire da essa, cioè la
successione di somme parziali sn := k=0 ak , converge.
Commento. È vera l’implicazione in senso contrario. L’esempio più noto di serie divergente,
pur convergendo a 0 il termine n-esimo, è dato dalla serie armonica (v. esempio 6.2-1), la cui
somma parziale n-esima si scrive
1 1
1
Hn = 1 + + + . . . + , n ∈ N∗ .
2 3
n
Derivate
1. Un esempio di funzione continua ma priva di derivata è fornito da una funzione costante;
infatti la derivata di una costante è 0.
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Commento. Contro la stupidità, anche gli dei lottano invano. F. Schiller, Die Jungfrau von
Orleans, atto 3, scena 6.
2. La derivata della funzione f (x) = x2 + x + 1, calcolata per x = 0 vale 0; infatti f (0) = 1,
che è una costante e la derivata di una costante è 0.
Commento. Come sopra.
3. La retta tangente alla curva di equazione y = ex , nel punto (0, 1), si scrive y = x ex + 1, in
quanto la funzione esponenziale ha come derivata se stessa.
Commento. La derivata deve essere calcolata per x = 0, dunque l’equazione richiesta si scrive
y = x + 1.
4. Se f : [a, b] → R è una funzione continua, derivabile in (a, b), allora si ha
f (b) − f (a)
= f (c),
b−a
dove c è il punto medio dell’intervallo [a, b], cioè c = (a + b)/2.
Commento. Il teorema del valor medio di Lagrange afferma che esiste un punto c ∈ (a, b) per
cui vale l’uguaglianza scritta. Se f è un polinomio di grado ≤ 2, tale punto c è effettivamente
il punto medio dell’intervallo [a, b] (v. esercizio 4.5-4), ma in generale non è cosı̀ (si riveda, ad
esempio, l’esercizio 4.5-5).
In effetti la validità della formula precedente con c punto medio della coppia a, b caratterizza
i polinomi di grado non superiore al secondo. Sia infatti f : R → R una funzione due volte
derivabile per cui si abbia
f (x + h) − f (x)
= f (x + h/2),
h
per ogni x reale e per ogni h = 0. Abbiamo scritto x al posto di a e x + h al posto di b.
Fissato x, deriviamo rispetto ad h l’uguaglianza precedente, scritta nella forma f (x + h) =
= f (x) + h f (x + h/2), ottenendo
h h h
f (x + h) = f x +
+ f x+
.
2
2
2
Ponendo h = −2x si ottiene
f (−x) = f (0) − x f (0),
e finalmente, scrivendo nuovamente x al posto di −x,
f (x) = f (0) + x f (0).
Dunque f è un polinomio di grado ≤ 1 e pertanto f è un polinomio di grado ≤ 2.
5. La derivata di ax , x reale, è x ax−1 .
Commento. La derivata di ax è log a · ax . Occorre non fare confusione tra la funzione esponenziale x → ax , 0 < a, x ∈ R (base costante, esponente variabile), con la funzione potenza
x → xa , a ∈ R, x > 0 (base variabile, esponente costante) che ha come derivata a xa−1 .
5
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Integrali
1. Se
b
a
f (x) dx ≥ 0, allora f (x) ≥ 0 per ogni x ∈ [a, b].
Commento. La deduzione è illecita: si consideri, ad esempio la funzione f (x) = x2 − x
sull’intervallo [0, 2]: l’integrale è positivo pur essendo la funzione negativa sull’intervallo [0, 1].
b
Vale invece l’implicazione in senso contrario: se f (x) ≥ 0, allora a f (x) dx ≥ 0.
1 √
2. Si vuole calcolare l’integrale 0 x 1 − x dx. Utilizzando il cambiamento di variabile
√
1 − x = t ⇐⇒ x = 1 − t2
si ottiene
√
x 1 − x dx =
1
1
t(1 − t ) (−2t) dt = −2
0
0
= −2
1
3
−
1
5
t3
1
(t2 − t4 ) dt = −2
2
0
=−
3
−
t5 1
=
5 0
4
.
15
Commento. Il risultato è certamente sbagliato, in quanto una funzione positiva non può avere
un integrale negativo su un intervallo [a, b] con a < b. L’errore è chiaro se si esamina il grafico
della funzione x = ϕ(t) = 1 − t2 .
1
x
0.5
t
-1
-0.5
1
0.5
Tanto l’intervallo [−1, 0] quanto l’intervallo [0, 1] dell’asse t vengono trasformati nell’intervallo
[0, 1] dell’asse x; tuttavia sul primo intervallo la funzione ϕ è crescente (dunque al valore t = −1
corrisponde x = 0, al valore t = 0 corrisponde il valore t = 1), mentre sul secondo essa è
decrescente: dunque essa
√ associa al valore t = 1 il valore x = 0 e al valore t = 0 il valore x = 1.
Poiché abbiamo posto 1 − x = t, tacitamente abbiamo supposto t positivo, dunque dobbiamo
utilizzare l’intervallo [0, 1] “a ritroso”, cioè andando da 1 a 0:
1
√
x 1 − x dx =
0
0
t(1 − t ) (−2t) dt = 2
1
1
(t2 − t4 ) dt =
2
0
4
.
15
Come mostra la figura precedente, la funzione ϕ trasforma anche l’intervallo [−1, 0] dell’asse t
sull’intervallo [0, 1] sull’asse x. Volendo utilizzare
√ tale intervallo occorre tenere conto del fatto
2
che, essendo t negativo, da 1 − x = t segue 1 − x = |t| = −t, dunque il nostro integrale
diventa
0
−1
t3
t5 0
(t2 − t4 ) dt + 2
=
− ]
3
5 −1
−1
13
1
4
= −2 −
+
=
.
3
5
15
0
(−t)(1 − t )(−2t) dt = 2
2
6
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3. Il teorema fondamentale del calcolo integrale affema che la derivata della primitiva di una
funzione f è la funzione stessa.
Commento. La frase precedente è una parafrasi della definizione di primitiva (come dire: Tizio
è il padre del figlio di Tizio). Il teorema fondamentale del calcolo fornisce una risposta affermativa
alla seguente questione: se f : I → R è un funzione continua (dove I è un intervallo di R),
esistono primitive di f su I ?
Il teorema afferma che, per ogni x0 ∈ I , la funzione
x
F (x) :=
f (t) dt
x0
è una primitiva di f , e precisamente la primitiva che si annulla per x = x0 .
4. Due funzioni che siano primitive di una stessa funzione su un intervallo I differiscono per una
costante, in quanto la derivata di una costante è nulla.
Commento. E’ ovvio che la derivata di una costante è nulla, ma qui si tratta dell’implicazione
inversa. Se F1 e F2 sono primitive della stessa funzione f , allora la derivata di F1 (x) − F2 (x) è
f (x) − f (x) = 0 per ogni x ∈ I ; se ne deve dedurre che F1 (x) − F2 (x) è costante su I . Ciò è
conseguenza del teorema del valor medio.
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