16.2 Amplificatori operazionali L’amplificatore è un quadripolo costituito da componenti attivi (BJT, FET, ecc.), in grado di aumentare la potenza che un segnale può trasferire ad un carico. L’incremento di potenza può essere ottenuto aumentando la tensione del segnale, la corrente che può essere fornita al carico o entrambe le grandezze; la potenza necessaria ad elevare il livello dei segnali viene prelevata da una alimentazione in continua. L’amplificatore operazionale è un circuito costituito da decine di transistor, attualmente realizzato in forma integrata, che consente, con l’aggiunta di pochi altri componenti (in genere R, C o diodi), una grande varietà di elaborazioni sui segnali analogici: l’amplificazione, l’addizione, la sottrazione, il prodotto, la derivazione, l’integrazione, ecc. Il nome “operazionale” deriva appunto dalle operazioni rese possibili da circuiti comprendenti il componente. L’economicità e le buone prestazioni dell’amp. op. lo hanno reso il componente attivo fondamentale per la maggior parte dei circuiti analogici di bassa potenza e in bassa frequenza. Allo stato attuale è il componente le cui caratteristiche più si avvicinano a quelle del quadripolo attivo ideale: impedenza d’ingresso infinita, impedenza d’uscita nulla, guadagno infinito, comportamento lineare. Nel presente paragrafo viene descritto il comportamento ai terminali dell’amp. op., con alcune ipotesi semplificative che ne individuano un modello ideale e che comunque non incidono sulla validità dei risultati ottenuti. Si analizzano poi le principali applicazioni lineari e non lineari dell’operazionale. Le caratteristiche dell’amplificatore operazionale ideale Il simbolo elettrico dell’amplificatore operazionale (operational amplifier), riportato in figura 16.12, evidenzia: – – – – un ingresso invertente (); un ingresso non invertente (); un’uscita (vo); due ingressi di alimentazione (VCC e VCC). Come tutti i circuiti attivi, anche l’amp. op., per poter funzionare, deve essere alimentato. Normalmente l’alimentazione viene fornita mediante due tensioni simmetriche rispetto alla massa (alimentazione duale) ricavate, in genere, ponendo in serie due generatori di tensione continua e considerando come riferimento di massa il punto comune (fig. 16.12). La maggior parte degli operazionali funziona con tensioni di alimentazione comprese nel campo 5 V 20 V. Con opportuni accorgimenti l’operazionale può tuttavia essere alimentato anche con una tensione singola. D’ora in poi l’alimentazione duale verrà sottintesa e nel simbolo dell’operazionale non saranno più rappresentati i terminali VCC e VCC. Come di consueto le tensioni indicate in corrispondenza di nodi del circuito sono riferite a massa. Si riporta in figura 16.13 il pin-out dell’amp. op. A741, integrato dal basso costo e dalle medie prestazioni, presente nei cataloghi di tutti i produttori di circuiti integrati lineari. Altri Fig. 16.12 - a) Simbolo elettrico dell’amplificatore operazionale; b) alimentazione duale dell’amp. op. integrati, come TL081 e LF351 che hanno caratteristiche migliori specie per ciò che riguarda la resistenza d’ingresso, sono compatibili pin to pin con il A741. Si definisce tensione differenziale d’ingresso la differenza tra le tensioni presenti sull’ingresso non invertente e quello invertente: vd v v (16.11) La tensione di uscita è legata alle tensioni d’ingresso dalla relazione: vo AOL # vd AOL 1v v 2 (16.12) Fig. 16.13 - Pin-out dell’amplificatore operazionale A741 (compatibile pin to pin con gli integrati TL081 e LF351). dove AOL, detto guadagno ad anello aperto (open loop gain) o anche guadagno differenziale, rappresenta il rapporto tra la tensione d’uscita e la tensione differenziale d’ingresso. L’espressione anello aperto si riferisce all’utilizzo dell’amp. op. senza alcun componente collegato tra l’uscita e gli ingressi, cosa che invece realizzerebbe un anello di reazione chiuso. Si tenga presente che, nella maggior parte di applicazioni, l’amp. op. si utilizza ad anello chiuso, ma tuttavia il rapporto tra vo e vd, imposto dall’amp. op., è sempre pari a AOL. Le caratteristiche dell’operazionale ideale sono: 1) guadagno ad anello aperto infinito (AOL ∞); 2) resistenza d’ingresso infinita (Ri ∞); 3) resistenza d’uscita nulla (Ro 0). Queste caratteristiche comportano alcune conseguenze: – poiché AOL ∞ l’intervallo di valori di vd in cui l’amp. op. si comporta in modo lineare è idealmente nullo e quindi qualunque tensione differenziale d’ingresso diversa da zero porta l’uscita alla saturazione positiva o negativa; per poter utilizzare l’amp. op. in applicazioni lineari occorre quindi ridurre il guadagno mediante un’opportuna rete di reazione; – poiché Ri ∞ la corrente assorbita dagli ingressi è sempre nulla; – poiché Ro 0 la tensione d’uscita vo è indipendente dall’intensità di corrente assorbita dal carico. La tabella 16.1 riporta i valori di questi tre parametri relativi a due tra i più comuni operazionali integrati: il 741 e lo 081; si noti che le prestazioni di questi amplificatori sono ottime, poiché i valori di Ri e AOL risultano elevati mentre quello di Ro è alquanto ridotto. TAB. 16.1 Valori tipici di AOL , Ri e Ro per gli operazionali integrati 741 e 081 e per l’amp. op. ideale Amplificatori operazionali 16.2.1 Parametro mA 741 LF 351 Ideale AOL Ri Ro 2 • 105 2 m 75 105 1 000 G 0,1 40 0 Applicazioni lineari dell’amplificatore operazionale Il funzionamento lineare di tutti i circuiti trattati nel presente paragrafo è determinato dalla rete di reazione negativa, realizzata mediante una rete resistiva che collega l’uscita con l’ingresso invertente dell’amp. op., con lo scopo di ridurne il guadagno. Si tenga comunque presente che la linearità dei circuiti è assicurata solo se la tensione d’uscita non raggiunge i valori di saturazione. L’ampiezza del segnale d’ingresso deve quindi essere inferiore ad un valore limite, che dipende dalle tensioni di saturazione e dal guadagno del circuito; se viene superato tale limite il comportamento è non lineare e il segnale subisce una distorsione. Per analizzare in modo semplice gli amplificatori con amp. op. si fa riferimento alle seguenti proprietà derivate dalle caratteristiche dell’amp. op. ideale, note come cortocircuito virtuale (CCV) tra i terminali d’ingresso: 1) CCV(a): la differenza di potenziale tra gli ingressi dell’amp. op. è sempre nulla, e quindi vd 0 vale a dire v v dalla espressione (5.2) si ricava vd vo AOL ma poiché il guadagno differenziale AOL ∞ e la tensione d’uscita, come ipotizzato, ha un valore finito compreso tra le tensioni di saturazione Vsat 6 vo 6 Vsat la tensione differenziale d’ingresso risulta nulla vd 0 e quindi il potenziale sui due ingressi è il medesimo v v 2) CCV(b): la corrente assorbita dagli ingressi è sempre nulla i i 0 a causa della resistenza d’ingresso infinita dell’operazionale. Si può quindi affermare che, se l’ampiezza dei segnali applicati all’ingresso è sufficientemente contenuta da non fare saturare l’uscita dell’amp. op., la differenza di potenziale tra gli ingressi e le correnti assorbite dagli ingressi dell’operazionale risultano nulle. Tali proprietà sono identificate come cortocircuito virtuale tra gli ingressi, in quanto la tensione differenziale risulta nulla, come in un normale cortocircuito, ma, diversamente da questo, non vi è circolazione di corrente tra i morsetti. L’amplificatore invertente Nella figura 16.14 è rappresentato lo schema dell’amplificatore invertente il cui guadagno di tensione è dato da G vo R2 vi R1 Fig. 16.14 - Schema dell’amplificatore invertente. (16.13) Dim. Nell’ipotesi che l’amp. op. lavori in zona lineare, per la proprietà CCV(a) vale che v v 0 poiché il terminale “” è collegato a massa; quindi anche il terminale “” può essere considerato a livello di massa (massa virtuale). Le correnti in R1 e R2 risultano vo vi i1 i2 R1 R2 Considerando che per il CCV(b) i 0 la I 0 al nodo v fornisce i1 i2 0 e sostituendo le espressioni di i1 e i2 vo vi 0 R1 R2 si ricava il guadagno G vo R2 vi R1 Caratteristiche: 1) si noti che il guadagno G dell’amplificatore invertente è legato solo ai valori dei resistori e non a AOL, quindi è indipendente dal modello di amp. op. utilizzato; la precisione e la stabilità del guadagno dipendono solo dalla qualità dei resistori; 2) il segno del guadagno indica uno sfasamento di 180o tra vi e vo; 3) il risultato ottenuto è valido anche sostituendo a R1 e R2 delle impedenze generiche Z1 e Z2; l’espressione del guadagno risulta così G Z2/Z1, funzione della frequenza del segnale d’ingresso. La resistenza d’ingresso vale Ri R1 (16.14) La resistenza d’uscita coincide con quella dell’amp. op. (ideale) e quindi vale Ro 0 (16.15) La vo risulta così indipendente dalla corrente assorbita dal carico. Osservazioni: 1) dimensionando un amplificatore invertente conviene fissare R1 ad un valore sufficientemente elevato (ad es. R1 10 k) per non abbassare eccessivamente la resistenza d’ingresso; 2) il resistore R2 si trova in parallelo al carico poiché è collegato tra l’uscita e l’ingresso “”, che si trova a massa virtuale e quindi a potenziale nullo se il circuito lavora in zona lineare. Per non sottrarre al carico una corrente eccessiva, rispetto a quella massima che può essere fornita dall’uscita dell’integrato, conviene scegliere valori elevati per R2 (generalmente R2 10 100 k). 3) Il massimo valore (in modulo) del segnale d’ingresso (Vi max) che garantisce la non saturazione dell’uscita, dipende dal guadagno dell’amplificatore e vale: Vi max Vsat G (16.16) Quando l’ampiezza del segnale d’ingresso supera Vi max il segnale in uscita risulta distorto e non si verifica più la condizione CCV(a), per cui v ≠ v. ➜ Esempio 16.4 Dimensionare un amplificatore invertente con guadagno G 10. Disegnare l’andamento nel tempo di vi e vo, quando all’ingresso è applicato un segnale sinusoidale di ampiezza 1 VP. Calcolare il massimo valore di picco del segnale d’ingresso che garantisce il funzionamento lineare dell’amplificatore, sapendo che le tensioni di saturazione valgono Vsat 13 V. Fig. 16.15 Soluzione Lo schema è rappresentato nella figura 16.15a; si scelgono due resistori di valori tali che il rapporto sia uguale al modulo del guadagno richiesto R2 10 R1 ad esempio R1 10 k e R2 100 k. Nella figura 16.15b sono riportate le forme d’onda d’ingresso e d’uscita, quando all’ingresso è applicato un segnale sinusoidale di ampiezza 1 VP. Il massimo valore del segnale d’ingresso che garantisce il funzionamento lineare dell’amplificatore è: Vsat 13 Vi max 1,3 V G 10 Si veda l’esercitazione di laboratorio n. 4.4 (ob. 1). ➜ L’amplificatore non invertente Nella figura 16.6 è rappresentato lo schema dell’amplificatore non invertente, il cui guadagno di tensione è dato da vo R2 (16.17) G 1 vi R1 Fig. 16.16 - Schema dell’amplificatore non invertente. Dim. La relazione tra vo e v è espressa mediante la formula del partitore di tensione, tenendo conto che, per il CCV(b), la corrente i è nulla: v vo R1 R1 R2 Se l’amp. op. lavora in zona lineare, per il CCV(a), si ha v v vi e quindi sostituendo si ottiene R1 vi vo R1 R2 da cui si ricava l’espressione (16.17), che fornisce il guadagno dell’amplificatore non invertente. Caratteristiche: 1) poiché il guadagno positivo, vi e vo sono in fase; 2) la resistenza d’ingresso è infinita (Ri ∞), perché coincide con quella dell’operazionale (ideale), e quindi la corrente assorbita in ingresso è nulla; 3) la resistenza d’uscita coincide con quella dell’amp. op. (ideale) e quindi vale Ro 0. ➜ Esempio 16.5 Dimensionare un amplificatore non invertente con guadagno G 5. Disegnare l’andamento nel tempo di vi e vo quando all’ingresso è applicato un segnale sinusoidale di ampiezza 20 mVP. Calcolare il massimo valore di picco del segnale d’ingresso che garantisce il funzionamento lineare dell’amplificatore, sapendo che le tensioni di saturazione valgono Vsat = 13 V. Fig. 16.17 Soluzione Lo schema è rappresentato nella figura 16.17a; i due resistori devono avere valori tali che G1 R2 5 R1 per cui si ricava R2 4 R1 e quindi scegliendo, ad esempio, R1 10 k si ottiene R2 4 R1 40 k. Nella figura 16.17b sono riportate le forme d’onda d’ingresso e d’uscita, quando all’ingresso è applicato un segnale sinusoidale di ampiezza 20 mVP. La massima ampiezza del segnale d’ingresso che garantisce il funzionamento lineare dell’amplificatore vale: Vsat 13 2,6 VP Vi max 5 G Si veda l’esercitazione di laboratorio n. 4.4 (ob. 2). ➜ Il sommatore invertente Nella figura 16.18 è rappresentato lo schema del sommatore invertente a due ingressi; la relazione tra le tensioni d’ingresso (va e vb) e quella d’uscita (vo) è: vo R2 a va vb b R1a R1b (16.18) Fig. 16.18 - Schema del sommatore invertente a due ingressi. Caratteristiche: 1) la tensione d’uscita è pari alla somma delle tensioni d’ingresso, pesate rispetto ai corrispondenti resistori, invertita di segno; 2) le resistenze che presentano gli ingressi a e b valgono R1a e R1b (poiché v 0); 3) se R1a R1b R2 si ottiene vo 1va vb 2 (16.19) e quindi la tensione d’uscita è pari alla somma delle tensioni d’ingresso, invertita di segno; 4) la resistenza d’uscita coincide con quella dell’amp. op. (ideale) e quindi vale Ro 0; 5) per aumentare il numero degli ingressi è sufficiente collegare altri resistori (R1c, R1d, ecc.) all’ingresso invertente dell’amp. op.; la relazione tra uscita e ingressi diventa: vi vo R2 # a R i i ➜ (16.20) Esempio 16.6 Calcolare il valore della tensione presente all’uscita del sommatore invertente di figura 16.19. Fig. 16.19 Soluzione Confrontando il circuito con quello di figura 16.18 si può scrivere: va 1 V; vb 3 V; Ra 10 k; Rb 50 k; R2 100 k e quindi mediante l’espressione (16.18) si ricava: vo R2 a va vb 1 3 b 100 # 103 a b 4V R1a R1b 10 # 103 50 # 103 ➜ Il Mixer Il sommatore rappresenta il cuore dello schema di un mixer audio. Il mixer è un apparato elettronico impiegato negli impianti di registrazione e amplificazione sonora per miscelare i segnali provenienti da più sorgenti, come microfoni, chitarre, tastiere, lettori CD, ecc. Nella configurazione più elementare un mixer possiede un controllo del livello per ogni canale d’ingresso, con lo scopo di dosare il contributo fornito da ogni segnale al segnale d’uscita, e un controllo di volume generale (denominato master volume). I mixer commerciali, generalmente stereofonici, possiedono filtri per l’equalizzazione di ogni segna- APPROFONDIMENTO le d’ingresso e di quello complessivo in uscita, effetti (eco, riverbero, ecc.) per l’elaborazione dei segnali, un controllo di pan-pot per il posizionamento dell’elemento sonoro nell’immagine stereofonica, VU-meter per la misura del livello dei segnali, un’uscita per l’ascolto in cuffia. Nella figura 16.20 è rappresentato un mixer a quattro ingressi in cui i potenziometri P1-P4 consentono il controllo del livello di ogni ingresso, mentre il potenziometro PMV è il master volume. Fig. 16.20 - Mixer a quattro ingressi con regolazione indipendente dei livelli d’ingresso e master volume. L’inseguitore di tensione (buffer) Nella figura 16.21 è rappresentato lo schema dell’inseguitore di tensione; la relazione tra la tensione d’ingresso (vi) e quella d’uscita (vo) è: vo vi (16.21) e quindi il guadagno di tensione risulta unitario (G 1). Fig. 16.21 - Schema dell’inseguitore di tensione. Dim. Per il CCV(a) risulta: v v ma poiché vi v e vo v si ha: vo vi Caratteristiche: 1) la resistenza d’ingresso è infinita, perché coincide con quella dell’operazionale (ideale), e quindi la corrente assorbita in ingresso è nulla; 2) la resistenza d’uscita coincide con quella dell’amp. op. (ideale) e quindi vale Ro 0); 3) l’inseguitore di tensione, se collegato ad un carico, presenta guadagno di tensione unitario e guadagno di corrente maggiore di uno. Utilizzo: L’inseguitore di tensione è impiegato come adattatore d’impedenza (buffer), per disaccoppiare l’uscita di un circuito dal carico; grazie alla elevata resistenza d’ingresso dell’inseguitore, infatti, il circuito a monte lavora praticamente a vuoto, mentre la corrente al carico viene fornita dall’operazionale. Si veda a proposito l’esempio 16.7. ➜ Esempio 16.7 Dalla tensione di alimentazione VCC 10 V si vuole ricavare una tensione di riferimento VREF 7 V, mediante un partitore resistivo. Tale tensione di riferimento deve essere fornita ad un circuito che presenta una resistenza d’ingresso Ri 800 . Dimensionare il partitore e calcolare la tensione che si otterrebbe collegando il carico direttamente al partitore. Individuare la soluzione circuitale che permette di ottenere sul carico la tensione VREF. Fig. 16.22 Soluzione Con riferimento al partitore in figura 16.22a, la tensione d’uscita si ricava mediante la formula: Vref VCC # R1 R1 R2 Sostituendo Vref 7 V e VCC 10 V si ricava: R2 3 R 7 1 Scegliendo R1 1 k si ricava R2 428 . Nel collegamento diretto la resistenza di carico (Ri) si troverebbe in parallelo a R1; la resistenza equivalente del parallelo risulta Ri >>R1 Rp 444 . La tensione in uscita dal partitore risulta così: VO VCC # Rp Rp R2 10 # 444 5,09 V 444 428 nettamente inferiore alla tensione desiderata. Per avere sul carico Vref 7 V, è necessario interporre un inseguitore di tensione che, data la resistenza d’ingresso infinita, non altera la tensione del partitore a vuoto e fornisce in uscita la stessa Vref al carico (fig. 16.22b). Si veda l’esercitazione di laboratorio n. 4.4 (ob. 2). ➜ L’amplificatore differenziale L’amplificatore differenziale amplifica la differenza tra le due tensioni d’ingresso (vi e vi) e quindi ha una relazione ingressi/uscita del tipo: vo G # 1vi vi 2 (16.22) Nella figura 16.23 è rappresentato lo schema dell’amplificatore differenziale a uno stadio; la relazione tra le tensioni d’ingresso (vi e vi) e quella d’uscita (vo) è: vo R2 1v vi 2 R1 i (16.23) Fig. 16.23 - Schema dell’amplificatore differenziale a uno stadio. Il convertitore corrente-tensione (I→V) Il convertitore corrente-tensione (fig. 16.24) fornisce in uscita una tensione (vo) proporzionale alla corrente d’ingresso (ii). La relazione tra la corrente d’ingresso (ii) e la tensione d’uscita (vo) è: vo R # ii (16.24) Caratteristiche: 1) la tensione d’uscita (vo) è proporzionale alla corrente d’ingresso (ii); la costante di proporzionalità è R; 2) il segno meno nell’espressione (16.24) indica che quando la corrente ii è positiva (entrante) la vo è negativa, e viceversa; 3) per garantire il funzionamento lineare è necessario dimensionare R affinché in corrispondenza della massima intensità di corrente d’ingresso la tensione d’uscita non raggiunga la saturazione. Fig. 16.24 - Schema del convertitore corrente-tensione. Utilizzo: è impiegato per il condizionamento dei segnali prodotti da trasduttori con uscita in corrente e consente di fornire agli stadi che seguono un segnale in tensione, evitando effetti di carico sul trasduttore che ne altererebbero il funzionamento (esempio 16.8). ➜ Esempio 16.8 Un trasduttore produce una corrente continua (uscente) che varia tra 0 mA e 50 mA al variare dei valori della grandezza fisica trasdotta, nel range di utilizzo. Progettare un circuito che converta tale segnale in un segnale in tensione, variabile tra 0 V e 13 V. Soluzione Per soddisfare le specifiche si deve utilizzare un convertitore corrente-tensione. Poiché a ii 0 deve corrispondere vo 0, è sufficiente utilizzare il circuito di figura 16.24, dimensionando opportunamente R; si collega poi in cascata un amplificatore invertente a guadagno Fig. 16.25 unitario per invertire il segno della tensione d’uscita. Per il dimensionamento di R si osserva che alla corrente d’ingresso massima ii max 50 mA deve corrispondere la tensione d’uscita vo max 13 V, e quindi per la (16.24), deve essere: R vo max 260 ii max Per l’amplificatore invertente a guadagno unitario è sufficiente porre R2 R1 10 k. Il circuito complessivo è illustrato nella figura 16.25. 16.2.2 ➜ Applicazioni non lineari dell’amp. op. Si analizzano ora le principali applicazioni non lineari dell’amp. op. Il funzionamento non lineare generalmente si ottiene utilizzando l’amp. op. ad anello aperto, oppure mediante reazione positiva, cioè riportando una porzione del segnale d’uscita sull’ingresso “”, e conseguendo così un ulteriore aumento del guadagno rispetto a quello già elevatissimo dell’amp. op. ad anello aperto. In questo caso la tensione d’uscita può assumere solo i valori di saturazione e quindi i terminali d’ingresso dell’operazionale non possono essere considerati in cortocircuito virtuale. Un’altra tecnica per ottenere un funzionamento non lineare consiste nell’inserire nel circuito componenti non lineari, come diodi o transistor. Il comparatore a soglia singola Il comparatore (comparator) è un circuito che fornisce in uscita un livello di tensione ALTO o BASSO in base al risultato del confronto tra la tensione d’ingresso con una o più tensioni di riferimento. L’amp. op. utilizzato ad anello aperto (fig. 16.26a) può essere considerato un comparatore, infatti dalla sua caratteristica di trasferimento (fig. 16.26b) si deduce che – per v 7 v l’uscita vale vo Vsat ; – per v 6 v l’uscita vale vo Vsat . È quindi sufficiente porre un livello di tensione di riferimento (Vref) su un terminale e il segnale d’ingresso sull’altro terminale per dedurre, dallo stato dell’uscita, se la tensione d’ingresso ha superato o meno la tensione di riferimento. La tensione Vref può essere prodotta in vari modi (fig. 16.26c): direttamente da un generatore di tensione, con un partitore di tensione alimentato da un generatore, mediante un potenziometro, con uno stabilizzatore a zener, tramite opportuni circuiti integrati, oppure può essere un’altra tensione variabile da confrontare con il segnale d’ingresso. Un comparatore può anche essere utilizzato per squadrare un segnale con i fronti poco ripidi, come nel caso dell’esempio 16.9. Fig. 16.26 - a) Comparatore a soglia singola, realizzato con un amp. op. ad anello aperto; b) caratteristica di trasferimento dell’amp. op. ideale; c) alcune possibili soluzioni per produrre la tensione di riferimento Vref. ➜ Esempio 16.9 Realizzare un comparatore che commuti l’uscita a livello ALTO, quando il segnale d’ingresso supera la tensione di riferimento Vref 5 V. Si ricavi, mediante un partitore di tensione, la tensione di riferimento Vref dalla tensione di alimentazione positiva VCC 15 V dell’amp. op. Disegnare l’andamento del segnale d’uscita in risposta al segnale sinusoidale di figura 16.27b. Modificare poi il circuito per poter tarare la tensione di riferimento, mediante un potenziometro, nell’intervallo di valori Vref 5 6 V. Soluzione Il circuito richiesto è rappresentato nella figura 16.27a, in cui è evidenziata l’alimentazione duale; il dimensionamento del partitore si effettua osservando che l’ingresso dell’operazionale non assorbe corrente e quindi deve essere Vref Fig. 16.27 R1 VCC 5 V R1 R2 Fissando a piacere il valore di un resistore, ad esempio R1 18 k, si ricava il valore dell’altro: R2 36 k. Nella figura 16.27c è rappresentato l’andamento del segnale d’uscita in risposta al segnale sinusoidale di figura 16.27b. Per tarare la tensione di riferimento nel campo Vref 5 6 V, è necessario porre un potenziometro in serie a R1, per poterne incrementare il valore; la resistenza Rpot del potenziometro deve essere tale che sommata a R1 produca, quando completamente inclusa, Vref 6 V. Di conseguenza deve risultare R1 Rpot Vref VCC 6 V R1 Rpot R2 da cui si ricava Rpot 6 k Si veda l’esercitazione di laboratorio n. 4.4 (ob. 3). ➜ Il comparatore con isteresi (trigger di Schmitt) I comparatori a soglia singola nella pratica possono comportare alcuni problemi, dovuti ai seguenti motivi: – la caratteristica di trasferimento presenta una zona lineare che, se pur molto ristretta, fa sì che quando la tensione d’ingresso è prossima alla soglia l’uscita assuma valori intermedi; ciò comporta tempi di transizione del segnale d’uscita dipendenti dalla velocità di attraversamento della soglia da parte del segnale d’ingresso, come si osserva nella figura 16.28a; – se, come spesso accade, al segnale d’ingresso sono sovrapposti dei disturbi, in corrispondenza della soglia non si ha una commutazione netta dell’uscita, ma una serie di commutazioni dovute a ripetuti attraversamenti della soglia; il segnale d’uscita si stabilizza solo quando la differenza tra la tensione d’ingresso e quella di riferimento è superiore all’ampiezza del disturbo (fig. 16.28b). Si pone rimedio a questi problemi utilizzando un comparatore con isteresi, detto anche trigger di Schmitt, che può essere realizzato mediante un amp. op. con rete di reazione positiva, cioè dotato di un partitore esterno che riporta all’ingresso “” una porzione del segnale d’uscita. Fig. 16.28 - Problemi dei comparatori ad una soglia: a) i tempi di transizione dipendono dalla velocità con cui vi attraversa la soglia; b) i disturbi sovrapposti a vi provocano commutazioni multiple dell’uscita. La figura 16.29a rappresenta la caratteristica di trasferimento di un trigger di Schmitt, in cui si notano due tensioni di soglia ( VT e VT ); il funzionamento è il seguente: – supponendo inizialmente l’uscita ALTA, quando vi diventa maggiore della soglia superiore ( VT ) l’uscita commuta a livello ALTO; – perché l’uscita torni BASSA, non basta che la tensione d’ingresso scenda sotto VT, ma è necessario che raggiunga la soglia inferiore ( VT ); – quando l’ingresso torna maggiore di VT l’uscita ritorna ALTA, ecc. Nella figura 16.29b si vede l’andamento del segnale in uscita da un trigger di Schmitt che riceve in ingresso un segnale affetto da rumore: quando il segnale d’ingresso attraversa in salita la soglia VT , l’uscita commuta una sola volta, anche se il disturbo provoca numerosi attraversamenti di tale soglia; una nuova commutazione dell’uscita si ha solo quando l’ingresso scende sotto il valore VT . Fig. 16.29 - a) Caratteristica di trasferimento di un trigger di Schmitt. b) Se l’ampiezza massima del disturbo è inferiore alla distanza tra le soglie (isteresi) in uscita non si verificano commutazioni multiple. Di conseguenza se l’ampiezza massima del disturbo è inferiore alla distanza tra le soglie VH VT VT , detta isteresi (hysteresis), in uscita non si verificano commutazioni multiple. Inoltre i tempi di commutazione dell’uscita non dipendono dalla velocità di variazione del segnale d’ingresso, come si vedrà esaminando il funzionamento dei circuiti presentati in seguito. Trigger di Schmitt invertente a soglie simmetriche Funzionamento: – si supponga inizialmente che l’uscita si trovi al livello ALTO 1 Vsat 2 e quindi che sul terminale “” dell’amp. op., a causa del partitore resistivo, sia presente una tensione pari a v VT Vsat R1 R1 R2 (16.25) e si supponga inoltre che la tensione d’ingresso sia vi 6 VT ; – se si aumenta il valore di vi fino a raggiungere vi VT , l’amp. op. entra in zona lineare, poiché si annulla la tensione differenziale, e la tensione d’uscita diminuisce facendo scendere v al di sotto di vi; – poiché la tensione differenziale ( vd v v ) è ora negativa, la tensione d’uscita si porta al livello BASSO ( Vsat ); – sul terminale “” dell’amp. op. si stabilisce ora la tensione V VT Vsat R1 R1 R2 (16.26) Fig. 16.30 - Trigger di Schmitt invertente a soglie simmetriche: a) schema circuitale; b) caratteristica di trasferimento. che rappresenta il valore di soglia che deve raggiungere la tensione d’ingresso per fare commutare nuovamente l’uscita. Le tensioni di soglia, espresse dalla (16.25) e dalla (16.26) hanno quindi modulo identico e segni opposti; l’isteresi vale R1 (16.27) VH VT VT 2Vsat R1 R2 I tempi di commutazione dell’uscita, a causa del funzionamento appena descritto, non dipendono dal segnale d’ingresso, ma solo dalle caratteristiche dell’amp. op. Raddrizzatore di precisione a una semionda I circuiti raddrizzatori descritti nella ➜ unità 15 sono adatti per trattare segnali di ampiezza relativamente elevata, come accade ad esempio negli alimentatori, ma non si prestano all’elaborazione di segnali di piccola ampiezza, a causa della tensione di soglia Vg 0,6 V che è necessario superare per porre in conduzione un diodo. I raddrizzatori di precisione impiegano amplificatori operazionali con diodi inseriti nell’anello di reazione; questo accorgimento permette di raddrizzare segnali di ampiezza anche di molto inferiore alla tensione di soglia dei diodi, con un funzionamento prossimo a quello di un raddrizzatore ideale. Il funzionamento del raddrizzatore di precisione a una semionda in figura 16.31a è il seguente: – semionda positiva in ingresso: la tensione d’uscita dell’amp. op. è positiva e polarizza direttamente il diodo che entra in conduzione. Il circuito funziona in zona lineare come inseguitore di tensione e quindi vo v v vi (16.28) per cui la semionda positiva viene riprodotta identica in uscita. Si noti che la tensione in uscita dall’amp. op., per mantenere in conduzione il diodo, deve risultare superiore rispetto a vo di una quantità pari a VF 0,7 V; ciò si verifica non appena il segnale d’ingresso assume l’ampiezza di pochi microvolt, dato l’elevatissimo guadagno dell’operazionale; – semionda negativa in ingresso: la tensione d’uscita dell’amp. op. diventa negativa e il diodo si interdice annullando la vo. Si noti che ora v vo 0 V e quindi anche una piccolissima tensione negativa in ingresso produce la saturazione dell’amp. op. a Vsat . Il circuito trasferisce in uscita solo le semionde positive, mentre per selezionare quelle negative è sufficiente invertire la direzione del diodo. Fig. 16.31 - a) Raddrizzatore di precisione a una semionda; b) forme d’onda; c) caratteristica di trasferimento. Il rivelatore di picco attivo Anche il funzionamento del rivelatore di picco descritto in questa unità può essere migliorato con l’inserimento di un amplificatore operazionale, conseguendo così il disaccoppiamento dal carico e un’influenza trascurabile della tensione diretta dei diodi e quindi la possibilità di ricevere in ingresso segnali di piccola ampiezza. Il rivelatore di picco attivo può essere realizzato ponendo un condensatore all’uscita di un raddrizzatore di precisione (fig. 16.32a); l’amp. op. A2 svolge la funzione di inseguitore di tensione ed evita che il carico assorba corrente direttamente dal condensatore, modificandone la tensione ai capi. Il circuito rivela i picchi positivi, mentre per ottenere quelli negativi basta invertire la direzione del diodo. Fig. 16.32 - Rivelatore di picco attivo: a) schema; b) forme d’onda.