L'ARON HA KODESH E LA SINAGOGA DI AGIRA Un itinerario nel sacro ebraico nella Sicilia delle tre religioni RELAZIONE ILLUSTRATIVA AL PROGETTO DI cui ALL' ASSE 2.1. l. (RECUPERO E FRUIZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE ED AMBIENTALE (FESR) C.4- ITTNERARI DEL SACRO.) Premessa storica II grande convegno internazionale "Italia Judaica - Gli ebrei in Sicilia sino all'espulsione del 1492", organizzato a Palermo, dal 15 al 19 giugno 1992, dal Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, e vide la pafrtecipazione di studiosi di grande fama, provenienti da Università di tutto il mondo, ed in specie d'Israele e fu la molla che fece scattare negli storici di tutto il mondo un grande interesse verso la storia dei giudei di Sicilia. Tale interesse è ormai largamente diffuso anche per merito del dialogo ebraico-cristiano che inizia i primi timidi passi nel 1963 con il Concilio Vaticano II, per arrivare alle recentissime, epocali e fondamentali dichiarazioni dell'attuale pontefice sulle responsabilità morali del mondo cristiano circa la Shoà Il contesto storico che segue di pochi decenni l'unità d'Italia, consentì all' intellighenzia nazionale, dopo la ventata anticlericale, una certa normalizzazione per cui l'interessarsi di storia e cultura ebraica ridivenne, come ai tempi dell'inquisizione, un fatto che poteva suscitare sospetti di eterodossia religiosa. In Sicilia ad esempio, lo studio dell'ebraismo, la ricerca delle fonti, dopo i fratelli sacerdoti Lagumina, piombò nel più nebbioso disinteresse, rimanendo un fatto esotico, poco frequentato, circondato da tabù e blocchi psicologici. Situazione ben diversa nel centro e nord Italia dove, dalle antiche comunità ebraiche sorsero studiosi dello spessore di un Dante Lattes, di un Luzzatto, di un Attilio Milano per citare i più noti. Non così per l'esegesi vetero testamentaria che, pur rimanendo quasi esclusiva degli ambienti ecclesiastici, continuò quel cammino fecondo che doveva condurla, anche con il ritrovamento dei rotoli di Qumran sul Mar Morto, alla felicissima odierna evoluta scientificità. Ai fini illustrativi del presente progetto pilota sono costretto a sorvolare su molte delle pur condivisibili osservazioni dei fratelli sacerdoti Lagumina circa la necessità di sondare gli archivi notarili per approfondire la conoscenza della vita ebraica di ogni giorno onde tentare di conferire umanità all'immagine ufficiale burocratica delle Giudecche come ci perviene dal loro Codice diplomatico. Purtroppo la storia del giudaismo, e non solo di quello siciliano, troppo spesso è stata inquinata da superficialità, luoghi comuni, pregiudizi, esagerazioni negative o positive. Farsi largo tra questa ingombrante selva non è facile. La storia del giudaismo che fiorì per lunghi secoli in Sicilia è, certamente, pochissimo conosciuta. Oggi i documenti d'archivio, scoperti e trascritti, ci forniscono, però, un quadro abbastanza completo dell'ultimo secolo di permanenza in Sicilia degli ebrei, tanto da potere affermare che le comunità che fiorirono nell'Isola in quel periodo storico costituivano una componente non secondaria della società del tempo, quale elemento portante dell'artigianato e del commercio, anche se furono ben lontane dall'influenza che le consorelle Alijamas sefardite esercitarono nella società spagnola del loro tempo. Una enorme mole di documenti d'archivio nonché quelli rinvenuti nella Geniza del Cairo comprovano che gli ebrei siciliani svilupparono i loro commerci precipuamente e primariamente con le coste africane e mantennero stretti rapporti religiosi con le comunità di Ifriqiya ( Tunisia) dell'Egitto e della Palestina. Tuttavia le antiche comunità giudaiche siciliane vennero spesso definite come una etnia bastarda di berberi-arabi ebrei e siciliani di ogni provenienza che presero il nome di "giudaismo siciliano". Anche la loro ortodossia religiosa fu messa in dubbio ed in effetti le influenze dei dominatori islamici crearono un certo imbastardimento della fede giudaico-talmudica con una propensione verso forme magico cabalistiche che si avvicinavano alle consimili forme di esoteria islamica. Di ciò, in vero, non vi sono tracce documentali ma qualcosa si riesce ad intuire dal fatto, ad esempio, che moskea e sinagoga, agli occhi dei siciliani cristiani, non furono mai nettamente distinte se la Sinagoga in Sicilia venne chiamata Meskita, Chinisia o Moskitta, raramente Sinagoga, Bet Knesset, o Scuola. Tuttavia non è possibile paragonare le Giudecche di Sicilia alle Alijamas di Spagna, che brillarono per ben maggiore spessore culturale per l'eroico attaccamento alla tradizione religiosa, per le grandi personalità che le vivificarono e per l'influenza che riuscirono ad esercitare sulla società araba prima e cristiana poi. Il peso economico delle Giudecche di Sicilia rimase circoscritto all'artigianato, con qualche rara eccezione di mercanti internazionali e di grossi banchieri. Mancò certamente nell'isola una struttura finanziaria ebraica della portata di quella spagnola ma la mancanza di una solida struttura finanziaria non riguarda esclusivamente la minoranza ebraica bensì tutta la Sicilia che, periferia dei regni di Spagna, subì gli effetti negativi e di lunghissima durata, di una stagnazione economica senza speranza, schiacciata, per di più, da una nobiltà parassita e spendacciona che non ebbe mai interesse a migliorare il rendimento di feudi lontani dalle loro lussuose residenze, isolati e dominati sin da allora da quella classe di campieri, precursori della mafia ottocentesca. Il microcosmo giudaico in Sicilia, non ha avuto un Samuele ibn Nagrela, ministro del califfo di Granata Habbus, che segnò l'iniziò di quella che giustamente viene definita l'età d'oro del giudaismo, o un Mosé Maimonide; ma ciò non toglie che il giudaismo isolano merita di essere studiato ed approfondito per l'originalità della sua espressione e per la capillare diffusione che ebbe in tutta l'Isola, influenzando alcuni di quelli che sono divenuti caratteri ben definiti della sicilianità, come l'atteggiamento disincantato e scettico verso qualunque forma di fondamentalismo politico o religioso, o certe forme di attaccamento alla tradizione che possono ritrovarsi solo nella nazione ebraica. Ma i lasciti del giudaismo siciliano non sono solo questi. Tutta la cultura occidentale ha ricevuto positivi apporti dall'ebraismo, che per fortuna oggi, dopo la tempesta antisemita deU'ultimo conflitto mondiale, non vengono più messi in dubbio. È comunque compito arduo separare verità da pregiudizi e luoghi comuni quando si parla di "influenza ebraica" nella cultura siciliana. Uno dei pregiudizi riguarda il tanto decantato clima di estrema tolleranza che avrebbe contrassegnato la lunghissima presenza ebraica in Sicilia sotto le dominazioni che si succedettero nel tempo. Non vi sono più dubbi sul fatto che, sotto gli arabi, quella speciale minoranza etnica, certamente imbastardita con il tempo, divenne giudeo-siculo, fu assoggettata alla tradizione ed alla legge dei dhimmi, del resto corne tutte le minoranze etniche e religiose che vivevano entro i confini dell'impero islamico. Gli ebrei che durante e dopo la dominazione araba parlarono la stessa lingua dei musulmani godettero o subirono, a seconda dei pùnti di vista, della speciale posizione di minoranza protetta dietro pagamento dello speciale testatico che consentiva l'esercizio della propria religione ed una larga autonomia amministrativa all'interno delle varie judeche. Il sistema dei dhimmi, sino a quando lo spirito del monoteismo islamico non si trasformò in fanatismo intollerante, rispondeva alla real politick dei capi arabi che anteposero l'utilità di servirsi delle potenzialità economiche ed intellettuali delle popolazioni conquistate alla spinta religiosa conversionistica dell'Islam. Ben diverso il sistema delle tasse imposte in seguito dai cristiani agli arabi residuali ed agli ebrei per l'esercizio delle loro religioni. Si tratta della Ghezia o Gizìa, autonomamente divisa tra i componenti delle comunità ebraiche isolane, ufficialmente definite Universitates judeorum . Nel mondo cattolico la ratio di tale sistema affondava in un miscuglio d'intolleranza religiosa,pregiudizio antiebraico ed avidità di denaro: elementi che suggerivano al potere religioso e politico l'utilità di trasformare la Universitas judeorum in un vero e proprio esattore delle imposte per conto dello Stato, del signore feudale o del vescovo, dando in tal modo certezza del riscosso per il non riscosso Con queste premesse ci si rende conto di quanto interessante sarebbe conoscere meglio la storia ebraica della Sicilia, specie durante il periodo arabo che risulta il più oscuro per la estrema povertà di fonti. Un sostanziale clima di tolleranza continuerà tuttavia a circondare gli ebrei, anche dopo la reconquista normanna della Sicilia al cristianesimo e ciò caratterizzerà la Sicilia sino agli inizi del XV secolo. Comunque sia, l'ebraismo siciliano inizia a svolgere un ruolo culturale ed economico peculiare degno di nota solo dopo la conquista normanna anche se agli occhi della maggioranza cristiana l'ebraismo appare, e non proprio a torto, una specie di sincretismo arabo-giudaico. Ma si rattava di scarsa conoscenza perché i giudei mantennero la loro originale individualità conservando le forme essenziali della loro identità religiosa anche se i contatti con i centri della spiritualità e della tradizione giudaica, con la Gerusalemme dei Gahonim, furono a lungo sporadici mentre normali e frequenti furono le relazioni con la vicina costa Tunisia. Nell'ebraismo delle coste del Magreb, ed in particolare della Tunisia, vanno dunque ricercate le radici più vitali dell'ebraismo siciliano dando ragione dell'intricata ragnatela genetica che ha prodotto il moderno siciliano e la varietà e contraddittorietà dei caratteri fisici e psicologici impresse nelle generazioni successive di siciliani. Le notizie, relativamente recenti, sugli ebrei yemeniti che, con un mirabile ponte aereo, sono stati trasportati in salvo nello stato d'Israele, hanno interessato per la spettacolarità dell'operazione ma non credo siano stati in molti a pensare che molti degli ebrei che si stabilirono in Sicilia al seguito dei guerrieri berberi ed arabi erano provenienti proprio dallo Yemen e dalla Siria. ! Come si evince dalle brevi riflessioni sopra esposte vi sono valide ragioni che giustificano questo nuovo e diffuso interesse verso l'ebraismo; interesse che per fortuna appare ben diverso -dalle altre manifestazioni filo semite che hanno caratterizzato la storia d'Europa:si pensi al filosemitismo politique che pervase l'Europa dopo la guerra dei trent'anni (1648) e che potè conciliarsi con quello ideologico ed economico pur con gli alti e bassi legati alla sensibilità od all'intelligenza dei monarchi e governi dell'epoca. Questa forma di interesse verso gli Ebrei, visti come lievito per lo sviluppo economico di una nazione se non addirittura come elemento indispensabile ai grandi commerci mondiali, come nazione specializzata nei grandi traffici, avvantaggiata dalle capillari ed estese ragnatele di parentele che abbracciano tutto il mondo ancora viva e vitale in Europa a partire dal XVII sec. allorché la ragion di stato iniziò a prevalere su motivazioni prettamente religiose e dopo secoli di persecuzione a sfondo teologico . Ma oggi prevale l'interesse per una storia poco nota il desiderio di conoscenza reciproca tra ebrei e cristiani che fa sì che molti siciliani sentano il desiderio di riallacciare gli antichi legami con la cultura ebraica che tanta parte ha avuto nella formazione della nazione Italiana e siciliana in particolare. Di questo interesse si sono fatti portatori una schiera di amministratori pubblici dando vita Alla Federazione tra i Comuni di Sicilia che ospitarono comunità ebraiche, denominata "Charta delle Judeche", con 10 scopo di trasformare questo affascinante aspetto culturale in vero e proprio motore di sviluppo economico e sociale per la Sicilia. Ed è in questo contesto che nasce il progetto di restauro dell'Aron ha kodesh e la ricostruzione della sinagoga di Agira ove l'armadio sacro rimase collocato, al suo posto originario, sino al 1987. Il progetto nasce dunque dalla collaborazione tra l'Amministrazione Comunale di Agira e l'Istituto Internazionale di Cultura Ebraica slm ( shalom) che hanno concordemente preso atto delle grandi ed affascinanti prospettive di sviluppo culturale e socio economico collegate alla presenza nel proprio territorio comunale dell'Aron ha Kodesc ( armadio che custodisce i rotoli della Legge nelle sinagoghe ) della Sinagoga -oratorio di Agira datato 1454, in pietra arenaria. Si tratta infatti di un reperto eccezionale per antichità e tipologia in tutta l'area del mediterraneo e davvero testimonianza unica e preziosa delle fiorenti e numerosissime Comunità Ebraiche di Sicilia, come noto, estintesi per l'espulsione del 1492 e mai più ricostituite. Con l'elaborazione di tale progetto il Comune di Agira intende dare concreto seguito agli obiettivi statutari della "Charta delle Judeche - Federazione tra 54 Comuni ed Enti Territoriali di Sicilia, di cui il predetto Comune è tra i soci fondatori; che, tra l'altro recitano tra che tra gfr scopi sociali vi è quello di : - -contribuire all -sviluppo economico e sociale dei Comuni associati attraverso la riscoperta delle affinità socio culturali esocio strutturali nate da una millenaria simbiosi della Sicilia araba prima normanna, sveva ed aragonese poi con la cultura ebraica ". Il recupero di questo eccezionale reperto archeologico , di cui in seguito si parlerà più dettagliatamente ,-mettndo- in luce l'aspetto ebraico della lunga e gloriosa storia comunale rappresenta un vero motore di sviluppo socio-economico per la valenza culturale assolutamente peculiare ed attrattiva in una rinnovata centralitàdella Sicilia in Area mediterranea specie per il grande messaggio di tollerante e pacifica convivenza cui esso progetto è portatore nel nuovo favorevole clima di dialogo tra il mondo ebraico e quello cristiano cattolico ed in una prospettiva di fattiva collaborazione per il consolidamento di tale ecumenica svolta di cui il mondo ha pressante bisogno in un momento storico che vede riaccendersi i fuochi del fanatismo politico-religioso. Stato di fatto. Lo stato di fatto del reperto archeologico e del sito originario dell'antica sinagoga diAgira hanno spazzato via secoli di ignoranza ed incomprensione. Si rammenti che ancora sino a pochi anni addietro anche alcune autorevoli fonti accademiche aveva scambiato l'Aron ha Kodesc ( l'armadio per i rotoli ) con il portale di una sinagoga . (vedasi ad esempio in AA:VV "Architettura judaica in Italia: ebraismo , sito, memoria dei luoghi « Ed. Flaccovio -Palermo 1994 pagg.161\162.) Soltanto dopo gli attenti studi effettuati nel 1995 per l'Istituto Intemazionale di Cultura Ebraica slm da chi scrive e da Mons. Benedetto Rocco, il mondo degli studiosi ha preso atto che non di un portale si trattava bensì di un rarissimo Aron in pietra arenaria, in stile goticocatalano, le cui scritte dedicatorie in ebraico lo datano nell'anno ebraico 5214 corrispondente all'anno 1454 della nostra era. ( cfr. Mons.Benedetto Rocco in "Ho theológos" 1 (1996) pag. 129-138. Come ben noto agli studiosi della materia,i reperti archeologici della pur massiccia presenza ebraica in Sicilia, protrattasi per più di un millennio, non annoverano nessun aron ne in legno né in pietra. Per quanto riguarda le Sinagoghe della maggior parte di quelle che erano presenti in Sicilia sino al 1492 si sono perse le tracce o perché demolite completamente o perché con la trasformazione di molte di esse in Chiese cattoliche le opere di adattamento e trasformazione sono state tali da non consentire più di rintracciare i caratteri peculiari di un Bet ha midrash. ( altro termine ebraico ,che significa casa di studio, per indicare la sinagoga o meschita come veniva chiamata in Sicilia.) Di alcune sinagoghe delle Comunità siciliane si ha notizia solo nei documenti d'archivio ma si parla di esse o per una richiesta di ingrandimento, o per la costruzione di una nuova. Solo della "meschita" di Palermo si ha la descrizione dettagliata che ne fa Rabbi Obadyah Yarè da Bertinoro che durante un suo viaggio in Sicilia nel 1487, ebbe modo di visitarla e ne scrive al padre dicendo tra l'altro che "la Sinagoga di Palermo non ha l'eguale nel mondo.........). La meschita e\o oratorio di Agira trasformata ( probabilmente subito dopo la espulsione) in oratorio cristiano della confraternita di Santa Croce ha conservato non solo i caratteri architettonici originari ma, soprattutto , il suo punto focale che è costituito dall'Arca Santa o Aron che è rimasto murato nella parete di fronte all'ingresso secondo la sua collocazione originaria come si desume dall'orientamento verso Gerusalemme della parete su cui era addossato e dalla presenza di una piccola antisala che , secondo la tradizione ancora operante,deve immettere nella sala di preghiera e studio perché il fedele non vi entri direttamente. Esternamente il silenzio architettonico nulla ci dice di essere in presenza di una piccola meschita \oratorio mentre all'interno il funzionalismo delle strutture risulta rigoroso anche in assenza delle evocazioni simboliche ( per esempio bassorilievi dello scudo di David o di Menoroth che sono i simboli più comuni che venivano, di solito, scolpiti negli stipiti interni. ( pi. di Menorah o candelabro a sette braccia). Il manufatto architettonico, per quanto la documentazione riferentesi ad una comunità ebraica in Agira e quindi ad una sinagoga od oratorio, sia assente, è una realtà che non lascia spazio a dubbi specie per la scritta dedicatoria ancora abbastanza visibile nel frontale dell'Aron che è caratteristica di tutti gli armadi per i rotoli della legge. Quella dell'Aron di Agira è identica a quella che riporta l'Aron della sinagoga medioevale di Gerona in Spagna sul cui frontone superiore è scolpito un bassorilievo con un passo di Isaia .2,5 t r a d u z i o n e N e l l ' a n n o 5 2 1 4 " C a s a d i G i a c o b b e , v e n i t e e c a mminiamo a l l a l u c e ( d e l s i g n o r e ) . Sempre per quanto riguarda il manufatto architettonico sinagogale di Agira, oggetto della presente relazione vi è da aggiungere che la piccola comunità o il benestante ebreo che fece costruire l'edifìcio si attenne alle poche regole prescritte dalle fonti talmudiche la prima.delle quali può essere quella che la Sinagoga deve elevarsi sulla città. Il piccolo oratorio ebraico divenuto oratorio di i Santa Croce si eleva infatti in alto appena poco sotto la rocca del castello seguendo una tendenza rilevata acutamente da Maria Luisa Garaffa allorché afferma "Una seconda necessità dei quartieri delle giudecche è la protezione politica. In una coesistenza segnata da umiliazioni non frequenti ma anche da una vigorosa e a volte sprezzante propaganda giudaica, la giudecca ritrova protezione e sicurezza in prossimità del castello, rappresentanza del potere pubblico e punto di concentramento della forza pubblica." Ved. Maria Luisa Garaffa in AA: VV: Architettura Judaica in Italia: ebraismo , sito, memoria dei luoghi -ed . Flaccovio pag.47. op.cit. Si tratta del forte simbolismo biblico dell'ascesa, dell'altezza e della verticalità fatto proprio dal mondo cristiano e che trova la massima espressione nelle architetture religiose gotiche. Ovviamente per la piccola minoranza ebraica di Agira, cittadinanza di seconda categoria, popolo reietto secondo la ideologia cattolica del tempo, la simbologia dell'ascesa poteva essere espressa unicamente nella scelta di un sito elevato per quanto possibile. Dei servizi sinagogali ( bagni, forno comune per le azzime di Pesach ,macelleria rituale, cimitero , scuola, ospedale ed ospizio per i viaggiatori di passaggio ) non si ha traccia in Agira, ammesso che essi fossero presenti per intero e non ridotti all'essenziale e magari forniti dalla casa di qualche benestante mercante della comunità. Allo stato delle cose il manufatto architettonico è di facile accesso anche perché inserito in un tessuto urbano tuttora vissuto e che dista pochi metri dalla grande piazza antistante la Chiesa collegiata del SS. Salvatore postà nella parte alta del paese. Come in tutte le costruzioni sinagogali una particolare attenzione viene posta alla luce anche nella sinagoga di Agira con profondo significato simbolico. La luce è la vita, la luce è sicurezza e tranquillità, la luce è salvezza, la luce è opera divina. Le articolazioni di tale simbologia trasferite nell'architettura assumono carattere prescrittivi nel Sefer ha Zohar ( =Il libro dello splendore, molto diffuso tra le comunità ebraiche siciliane come risulta dai numerosi atti notarili di lasciti o donazioni, atti dotali ) che fissa in dodici le finestre dellò'ambiente sinagogale. Nella Sinagoga di Agira, allo stato delle cose non è possibile rilevare quante finestre avesse la costruzione originale ma è da sottolineare che tale prescrizione di solito non viene seguita come dimostrano le antiche sinagoghe di Venezia o le più antiche di area mediterranea dove, più spesso , la luce illumina l'Aron con una apertura al di sopra dello stipite della porta principale d'ingresso o attraverso un lucernario sul tetto. Trattandosi di studi specialistici, il progetto esecutivo sarà elaborato attraverso un concorso internazionale, il cui bando sarà diffuso nelle più prestigiose università israeliane,europee ed americane mentre della commissione giudicatrice verranno chiamati a farne parte alcuni docenti dell'Università di Gerusalemme. Una idea di come poteva essere la meschita di Agira la possiamocomunque avere attraverso la riproduzione di una sinagoga spagnola del XIV sec. riprodotta nella rivista di arte Kalòs, anno 13 n.2 aprile- gennaio 2001 alla pagina 5 in cui di vede un aron molto somigliante a quello di Agira. Il sito cui si accede petruna comoda strada cittadina possiede , come sopra specificato, ampi parcheggi nella piazza vicina cui si arriva con qualunque mezzo. La ricostruzione della sinagoga ed il restauro dell'Aron saranno inseriti in un apposito circuito turistico che denominiamo La scritta originale (ancora parzialmente visibile) è stata ricostruita attraverso 'antiche foto "percorso della memoria ebraica in Sicilia" e che si snoderà attraverso i luoghi più significativi di quello che fu l'ebraismo di Sicilia. Le attività culturali che ruoteranno attorno a tale eccezionale ed unico sito della memoria ebraica non solo saranno il polo di forte attrazione di un turismo colto e destagionalizzato, ma innescheranno una serie di attività collaterali quali ad esempio la creazione di un particolare artigianato artistico che avrà il suo punto di forza nell'unicità ( almeno in Sicilia ) degli oggetti che si richiameranno all'artigianato ebraico delle ceramiche, del ferro battuto e degli argentieri: arti in cui gli ebrei di Sicilia eccelsero. B- Contenuto del progetto. Il progetto di recupero e restauro dell' Aron ha Kodesh e della Sinagoga di Agira si pone come progetto pilota finalizzato allo sviluppo socioculturale e turistico delle Provincie di Erma e Caltanissetta in generale e del circondario di Agira in particolare . Questa fase progettuale è conseguente ad una lunga fase di ricerca scientifica condotta per più di un decennio dall'Istituto Internazionale di Cultura Ebraica slm, sull'ebraismo di Sicilia. La ricerca scientifica dunque e la sensibilità culturale del Comune di Agira hanno prodotto il presente progetto che si innesta in un percorso che mira a recuperare i luoghi, gli ambiti urbani e le architetture delle antiche e gloriose giudecche di Sicilia e che trova nell'Istituto Internazionale di Cultura Ebraica slm non solo uno strumento di aggregazione di studiosi di tutto il mondo , ma anche la molla che farà scattare l'interesse internazionale verso questa pagina poco conosciuta dell'ebraismo mondiale e verso le cittadine che fanno parte del circuito della memoria ebraica in Sicilia. Nei luoghi infatti che furono della Sinagoga di Agira, divenuta poi oratorio della S. Croce oggi si vuole consegnare alla storia , con il consenso entusiasta della Chiesa di Sua santità Giovanni Paolo II un simbolo affascinante quanto unico di quella particolare storia di Sicilia che vide il fiorire delle numerose Giudecche di Sicilia. Il progetto evoca la memoria storica attraverso la valorizzazione di questo stupendo ed eccezionale reperto archeologico che è l'Aron in pietra tufacea e si sviluppa tra due cerniere: La prima consiste nel ricreare un esempio di una antica meschita come luogo di attrazione culturale e turistica di qualità da propagandare attraverso i circuiti turistici internazionali. La seconda con l'attivazione in Agira di un Centro di Studi sull'ebraismo medioevale in area mediterranea che possa diventare sede di appositi stages con professori e studiosi della materia provenienti da tutto il mondo e qui richiamati dall'unicità del sito collocato in un contesto, a sua volta ricchissimo di storia, di archeologia , di arte e di folklore nonché dall' iniziativa stessa. Un progetto di tale valenza culturale è destinato ad innescare particolari ed interrelate metodologie procedurali e scientifiche, culturali e gestionali che saranno possibili aggregando al progetto le locali specifiche competenze e quelle degli specialisti del mondo accademico internazionale. Il progetto prevede infattì di attivare la ricerca scientifica sull'ebraismo siciliano tramite una equipe di specialisti, provenienti dalle Università israeliane od ebraico-americane. La prevista presenza di studiosi stranieri impone la creazione di adeguate strutture ricettive di cui il Comune di Agira è già promotore. Le iniziative culturali consisteranno in seminali di studio, eventi legati anche alla tradizione gastronomica locale , nonché la creazione di un sistema informativo multimediale che possa far conoscere l'iniziativa e ricevere i contributi scientifici degli studiosi internazionali. La ricostruzione del manufatto ed il restauro dell'Aron saranno i soggetti di una speciale scuola di ceramisti che sarà attivata collateralmente, facendo perno sulla già esistente cooperativa giovanile Agira con tale progetto si dunque candida a diventare la sede di una serie di manifestazioni che avranno come tema dominante il Dialogo tra le religioni - monoteistiche. A somiglianzà di Erice, ormai conosciuta come la cittadina della scienza, Agira sarà la cittadina del dialogo e della storia, non dimenticando in proposito che il grande Diodoro Siculo che qui ebbe i natali fu il primo storico a parlare degli ebrei. Prof. Titta Lo Jacono de Malach