Influenza del trattamento dopaminergico sulla corteccia

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UNIVERSITÁ DI PISA
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Dottorato di Ricerca: “Esplorazione molecolare, metabolica
e funzionale del sistema nervoso e degli organi di senso”
Presidente: Prof. Giovanni Ronca
Titolo Tesi:
“Influenza del trattamento dopaminergico sulla
corteccia motoria nella Malattia di Parkinson:
studio di risonanza magnetica con spettroscopia”
Relatore:
Chiar.mo Prof. Luigi Murri
Candidato:
Dott. Claudio Lucetti
Anno Accademico 2007-2008
INDICE
RIASSUNTO
pag. 2-6
LISTA ABBREVIAZIONI
pag. 7-8
INTRODUZIONE
pag. 9-23
PAZIENTI E METODI
pag. 24-31
RISULTATI
pag. 32-35
DISCUSSIONE
pag. 36-46
BIBLIOGRAFIA
pag. 47-62
TABELLA
pag. I
FIGURE
pag. II-V
2
RIASSUNTO
La Malattia di Parkinson (MP) è caratterizzata, dal punto di vista
clinico, dalla presenza di rigidità, tremore e bradicinesia. La
fisiopatologia di questi segni e sintomi non è del tutto chiarita.
L’organizzazione anatomo-funzionale dei nuclei della base prevede
che, nella MP, si determini una minore attivazione delle aree corticali
motorie da parte del talamo, eccessivamente inibito in conseguenza
della deplezione dopaminergica nigro-striatale. La Spettroscopia con
Risonanza Magnetica (1H-SRM) è una tecnica non invasiva che
permette la valutazione in vivo di alcuni metaboliti cerebrali quali Nacetilaspartato (NAA), creatina (Cr) e colina (Cho). Sino ad oggi gli
studi di 1H-SRM in pazienti con MP hanno fornito contrastanti risultati
circa lo spettro di questi metaboliti nella sostanza nera, nello striato e
3
nel globo pallido. Tuttavia le casistiche di questi studi erano spesso
disomogenee sia per quanto riguarda lo stadio di malattia che per
l’inclusione di pazienti con e senza terapia. Inoltre, sono pochi gli studi
in cui è stata valutata la corteccia motoria.
In questo studio di 1H-SRM sono stati inclusi 11 pazienti parkinsoniani
mai trattati precedentemente ed un gruppo di controllo costituito da 11
soggetti sani. Dopo una valutazione clinica effettuata utilizzando le
scale Unified Parkinson Disease Rating Scale (UPDRS) e Hoehn &
Yahr (H-Y) è stato acquisito, con tecnica single-voxel, lo spettro di Nacetilaspartato (NAA), colina (Cho), creatina (Cr) e mioinositolo (mI)
a livello della corteccia motoria di ogni singolo paziente. Lo studio RM
convenzionale e quello di spettroscopia erano condotti nella stessa
seduta, utilizzando uno scanner total body da 1.5 Tesla, operante a 63.8
MHz (Signa 5.6, GE Medical System, Milwakee, Wis) e una bobina
standard per la testa.
4
Dopo l’esame di 1H-SRM, a ciascun paziente è stata somministrata
pergolide fino al dosaggio di 1 mg t.i.d. Dopo 6 mesi di follow-up, tutti
i pazienti sono stati valutati nuovamente dal punto di vista clinico
(sempre utilizzando le scale UPDRS e H-Y) e sottoposti ad una nuovo
esame con 1H-SRM.
Ridotti valori dei rapporti Cho/Cr e NAA/Cr sono stati osservati nella
corteccia motoria dei pazienti parkinsoniani se comparati con quelli
dei controlli (p<0.01). Dopo 6 mesi di terapia con pergolide (1 mg tid),
nei pazienti con MP si registrava un miglioramento delle
performances, misurato dale scale di valutazione motoria (UPDRS e
H-Y) (p<0.001), e un incremento del rapporto Cho/Cr nella corteccia
motoria valutato con il secondo studio 1H-SRM (p<0.05).
Sebbene nella MP il processo patologico coinvolga in maniera
preminente la degenerazione dei neuroni dopaminergici della SN, studi
anatomo-funzionali e studi di neuroimaging funzionale (PET ed RM
5
funzionale) hanno dimostrato la presenza di alterazioni nell’attività
della corteccia motoria e premotoria dei pazienti parkinsoniani.
L’importanza di un coinvolgimento corticale nella MP trova conferma
anche
in
studi
neurofisiologici
con
stimolazione
magnetica
transcranica.
E’ possibile ipotizzare che le modificazioni neurochimiche dei nuclei
della base, proprie della MP, comportino alterazioni funzionali a carico
delle aree corticali motorie ad essi connesse, che si riflettono nelle
alterazioni spettroscopiche osservate nel presente studio. D’altra parte
la tendenza alla “normalizzazione” dei rapporti dei metaboliti riportato
dopo trattamento farmacologico con pergolide appare supportare
l’ipotesi che i dopaminoagonisti possano giocare un ruolo di
modulatori dell’attività corticale probabilmente riducendo l’output
eccitatorio dai gangli della base e di conseguenza l’eccessiva
inibizione dei nuclei talamici.
6
Riassumendo i dati del nostro studio indicano:
1) I rapporti Cho/Cr ed NAA/Cr possono risultare ridotti nella
corteccia dei pazienti con MP de novo; 2) la terapia dopaminergica,
oltre a migliorare le funzioni motorie, determina un aumento
significativo
del
rapporto
Cho/Cr
nella
corteccia
Complessivamente questi risultati suggeriscono che la
motoria.
1
H-SRM
costituisce un valido mezzo per la comprensione dell’evoluzione del
processo patologico e degli effetti dei farmaci nei pazienti con MP.
7
LISTA ABBREVIAZIONI
Cr = Creatina.
Cho = colina
GPL = globo pallido laterale.
GPM = globo pallido mediale.
1
H-SRM = Spettroscopia con Risonanza Magnetica.
H-Y = Hoehn-Yahr.
mI = mioinositolo
MMSE = Mini Mental State Evaluation.
MP = Malattia di Parkinson.
NAA = N-acetil-aspartato.
PET = Positrone emission tomography.
SE = Spin Echo.
SNr = pars reticulata sostanza nigra
8
SNc = pars compacta sostanza nigra
STEAM = Stimulated Echo Acquisition Mode.
TE = tempo di eco.
TR = tempo di rilasciamento.
UPDRS = Unified Parkinson’s Disease Rate Scale.
VOI = volume di interesse.
9
INTRODUZIONE
La Malattia di Parkinson (MP), descritta per la prima volta da James
Parkinson nel 1817 come paralysis agitans, è una malattia
neurodegenerativa ad andamento progressivo la cui incidenza aumenta
con l’età e colpisce l’1% dei soggetti al di sopra dei 65 anni.
E’ stato ipotizzato che alla base della malattia potrebbe esserci una
predisposizione genetica che rende alcuni soggetti più vulnerabili ad
eventuali agenti tossici od infettivi.
La lesione anatomo-patologica caratteristica è rappresentata dalla
degenerazione dei neuroni dopaminergici della pars compacta della
sostanza nigra che proiettano allo striato e dalla presenza di inclusi,
definiti corpi di Lewy, negli stessi neuroni.
10
Il quadro clinico, caratterizzato principalmente da un disordine del
sistema motorio, si rende manifesto solo quando la deplezione di
dopamina nel putamen supera l’80%.
La perdita dei neuroni dopaminergici nella MP comporta una globale
disorganizzazione dell’attività dei gangli della base, caratterizzata
soprattutto da un incremento dell’attività eccitatoria del nucleo
subtalamico e della pars reticulata della sostanza nigra (Albin e coll.,
1989).
I sintomi cardinali della MP sono rappresentati da rigidità, tremore a
riposo (frequenza 4-6 Hz), bradicinesia, perdita dei riflessi posturali.
Il circuito neuronale maggiormente coinvolto dalla deplezione
dopaminergica è quello dei gangli della base, fondamentalmente
costituito da un proiezione afferente glutammatergica eccitatoria che
dalle aree corticali motorie si dirige allo striato e da proiezioni
efferenti inbitorie gabaergiche che dallo striato si portano al pallido,
11
dal pallido al talamo e dal talamo di nuovo alla corteccia, in particolare
quella motoria supplementare.
Negli anni ’60 Barbeau e coll. avevano formulato la teoria della
bilancia
striatale
dopamina/acetilcolina,
gli
unici
due
neurotrasmettitori allora noti a livello dei gangli della base.
Nel modello proposto da Albin e coll. (1989), i neurotrasmettitori
coinvolti nella fisiopatologia della MP sono molti di più e quasi tutte le
strutture anatomiche dei gangli della base, cioè striato, globo pallido
laterale (GPL), globo pallido mediale (GPM), pars reticulata della
sostanza nigra (SNr) e pars compacta (SNc), nucleo subtalamico,
nuclei del talamo, sono interessate.
Attualmente si ritiene che esistano due vie principali di connessione
dello striato con il globo pallido, originanti da popolazioni cellulari
striatali separate: un circuito “diretto” ed uno “indiretto” (Alexander e
coll., 1986; DeLong, 1990; DeLong e coll., 2007).
12
Il circuito diretto connette lo striato al GPM e alla SNr ed utilizza
come mediatore chimico il GABA; l’attivazione di questo circuito
tende pertanto ad inibire i neuroni del GPM e della SNr.
L’attivazione del circuito indiretto provoca l’effetto opposto sui
neuroni del GPM per mezzo di una proiezione glutammatergica
eccitatoria a provenienza dal nucleo subtalamico. Dal GPM e dalla
SNr si dipartono le principali efferenze dal sistema dei nuclei della
base, anch’esse GABAergiche inibitorie dirette al talamo (nuclei
ventrale laterale, ventrale anteriore, centromediano) che a sua volta
proietta alla corteccia motoria.
Normalmente la dopamina inibisce la trasmissione lungo la via
indiretta attraverso la stimolazione dei recettori D2 e facilita quella
lungo la via diretta per attivazione dei recettori D1. Pertanto la
stimolazione glutammatergica striatale da parte delle afferenze
corticali (così come la stimolazione acetilcolinergica da parte di
13
interneuroni striatali) attiva la via striato-pallidomediale, GABAergica
ed inibitoria, che di conseguenza riduce il tono inibitorio esercitato,
tramite il GABA, dal pallido sul talamo; ne deriva una facilitazione
della
trasmissione
eccitatoria
talamo-corticale,
che
consente
l’attivazione di programmi motori.
Quando questi stessi trasmettitori agiscono sulla via indiretta, l’effetto
finale sulla corteccia motoria è di segno esattamente opposto, inibendo
pertanto l’attività motoria. La via dopaminergica nigrostriatale,
modulando l’attività delle due vie, fornisce alla corteccia motoria
istruzioni facilitatorie circa l’esecuzione di programmi di tipo
prevalentemente automatico.
La perdita di dopamina nigrostriatale, che si ha nella MP , altera
l’equilibrio di questa bilancia riducendo la facilitazione D1-mediata
lungo la via diretta e l’inibizione D2-mediata lungo la via indiretta. Il
release di glutammato e acetilcolina a livello striatale risulta pertanto
14
in un aumento di attività GABAergica inibitoria lungo la via striatopallidale destinata al GPL .
La conseguente disinibizione dei neuroni glutammatergici del nucleo
subtalamico attiva i neuroni del GPM, il cui output inibitorio riduce il
feed-back del circuito talamo-corticale. Per quanto riguarda la via
diretta, l’aumentato output dei neuroni del GPM, comporta lo stesso
effetto finale di eccessiva inibizione dei neuroni talamo-corticali, che
sul piano clinico si traduce in bradicinesia e rigidità.
La Spettroscopia con Risonanza Magnetica (1H-SRM) è una tecnica
analitica non invasiva che consente la misurazione in vivo della
concentrazione di alcuni metaboliti cerebrali (Frahm e coll., 1990).
Le origini di questa metodica di indagine hanno radici pressochè
contemporanee rispetto a quelle della RM per immagini. Se, infatti, i
lavori basilari di Block e Purcell sulla RM sono datati 1946, il lavoro
15
di Proctor e coll., in cui viene delineato il principio del chemical shift,
alla base della Spettroscopia, è del 1950.
In quegli anni, fisici e biochimici utilizzarono le tecniche di RM
eminentemente nel campo della ricerca di base. Dagli anni ’70 in poi,
l’avanzamento delle tecnologie ne ha consentito l’ingresso in campo
clinico come strumento utile sia alla formazione di immagini, che allo
studio del metabolismo di organi e tessuti in vivo.
Nell’RM le immagini vengono prodotte utilizzando il protone
dell’idrogeno quale nucleo soggetto al fenomeno di risonanza
magnetica; esso è l’elemento numericamente più rappresentato nel
nostro organismo e, perciò, quello in grado di fornire il maggior
segnale per atomo. Con tale elemento è possibile ottenere immagini
con risoluzione spaziale nell’ordine dei millimetri, senza operare, però,
alcuna separazione spettroscopica.
16
L’intensità di ogni pixel, cioè di ogni unità di superficie formante
l’immagine digitale, non è altro che la somma dei segnali provenienti
da tutti i complessi molecolari contenenti idrogeno, la maggior parte
dei quali è costituita dall’acqua.
Nella 1H-SRM, al contrario, il segnale derivante da un dato elemento
chimico viene separato nelle sue varie forme chimiche. La base di
questo processo risiede nel fatto che il campo magnetico che agisce sul
nucleo di un atomo viene minimamente, ma significativamente
modificato dai campi elettromagnetici prodotti dagli elettroni presenti
nella stessa molecola. Ne consegue il cosiddetto chemical shift o
spostamento chimico, cioè uno spostamento della frequenza di
risonanza del nucleo, dipendente dalla conformazione molecolare ed
espresso in parti per milione (ppm).
Si viene così a delineare uno spettro, cioè una rappresentazione di un
segnale di RM in funzione della frequenza di risonanza, in cui le varie
17
molecole contenenti un determinato elemento (1H, 31P, per citare i più
studiati) determinano un picco in posizioni caratteristiche e diverse tra
loro.
La tecnica della 1H-SRM è stata applicata a molte patologie del
sistema nervoso centrale, contribuendo ad aumentarne la conoscenza
dei meccanismi fisiopatologici, quali sclerosi multipla (GonzalesToledo e coll., 2006), infarto cerebrale (Weber e coll., 2006), tumori
cerebrali (Fayed-Miguel e coll., 2006), demenze (Jones RS, Waldman
AD, 2004), epilessia (Hammen e coll., 2003) ed assumendo talora
valore diagnostico.
I metaboliti cerebrali più studiati con la 1H-SRM sono:
- composti contenenti colina (Cho), quali i fosfolipidi costituenti
di membrana (fosfocolina e glicerofosfocolina), ed i relativi
prodotti di degradazione. Una loro alterazione è indicativa di un
18
danneggiamento del metabolismo di membrana o di un processo
di gliosi
- creatina e fosfocreatina (Cr, PCr); il picco di queste sostanze é
relativamente costante e pertanto viene comunemente utilizzato
come standard per il calcolo dei rapporti fra i vari metaboliti.
Alterazioni spettroscopiche del picco Cr e PCr sono espressione
di alterato metabolismo ossidativo cellulare (Barker e coll.,
1994)
- lipidi (Lip) riscontrabili nelle distruzioni di membrana e nei
tumori
- N-acetil-aspartato (NAA) e altri composti N-acetilati. Il picco
relativo a queste sostanze non è visibile alle normali
concentrazioni fisiologiche di 1 mM. L’NAA è un aminoacido
contenuto quasi esclusivamente all’interno dei neuroni (Birken e
coll., 1989; Vion-Dury e coll., 1994; Howe e coll., 1993); la sua
19
presenza
indica
probabilmente
un
alterato
metabolismo
cellulare, come si verifica, ad esempio, in condizioni di
ipossiemia.
- mioinositolo (mI), che è un metabolita contenuto nelle cellule
gliali.
Un campo applicativo particolarmente interessante della 1H-SRM è
rappresentato dalle malattie extrapiramidali ed, in particolare, dalla
MP e dalle sindromi parkinsoniane. Gli studi condotti sino ad oggi
sull’argomento non sono molto numerosi; inoltre, le casistiche sono
spesso costituite da pazienti non omogeneamente selezionati per
quanto riguarda lo stadio di malattia, il tipo e la durata dell’eventuale
trattamento farmacologico.
Alcuni studi sono stati effettuati utilizzando la tecnica single-voxel,
cioè acquisendo i dati a partire da una singola unità volumetrica
20
localizzata in una specifica area cerebrale di interesse, altri hanno
utilizzato la tecnica multi-voxel.
La tecnica single-voxel appare più vantaggiosa rispetto alla multi-voxel
in quanto fornisce una qualità di spettri decisamente superiore, per la
migliore omogeneità del campo magnetico in un volume di dimensioni
ridotte (Frahm e coll., 1990).
Nella metodica a voxel multipli è presente una contaminazione del
segnale di circa il 10%, dovuta alle interferenze date dai segnali dei
voxel vicini e ciò rende meno accurata la localizzazione delle
informazioni. Altro svantaggio non trascurabile della multi-voxel è
costituito dal problema del post-processing: dato l’ingente numero di
dati raccolti in ogni esame di questo tipo, l’elaborazione dei medesimi
richiede un tempo notevolmente maggiore rispetto a quello della
tecnica a volume singolo con un discreto incremento della possibilità
di errore.
21
Lo spettro dei diversi metaboliti cerebrali è stato acquisito
posizionando l’area volumetrica di interesse sia a livello dei nuclei
della base (striato e pallido), sia nella sostanza bianca profonda
(Holshouser e coll., 1995; Ray-Chaudhuri e coll.,1996; Ellis e coll.,
1997; Clarke e coll., 1997; Cruz e coll. 1997; Hu e coll., 1998; Clarke
& Lowry, 2000); meno frequentemente, è stata studiata la sostanza
grigia di determinate aree corticali (Tedeschi e coll., 1997; Hu e coll.,
1999; Camicioli e coll., 2006).
E’ noto che nella MP il processo patologico coinvolge in maniera
preminente la degenerazione dei neuroni dopaminergici della SN, ma è
altrettanto vero che i corpi di Lewy, che rappresentano l’elemento
anatomopatologico caratterizzante la MP, sono stati riportati anche a
livello della corteccia soprattutto in pazienti con MP avanzata
(Duyckaerts e coll., 2003; Wakabayashi e coll., 2003; Braak e coll.,
2004).
22
Secondo Braak e Braak (2004), il processo neurodegenerativo inizia a
livello del nucleo anteriore e nel nucleo motore dorsale del vago e nei
nervi glossofaringei; il processo ha poi uno sviluppo ascendente e si
estenderebbe attraverso le connessioni anatomiche ai nuclei della
formazione reticolare, al sistema del rafe, alla SNc, ai nuclei
magnocellulari del diencefalo e poi ai nuclei del talamo, all'amigdala,
al locus coeruleus ed infine alla corteccia con iniziale interessamento
delle aree comprese nel sistema libico e successivamente alla
neocorteccia.
Secondo tale ipotesi di sviluppo delle lesioni anatomopatologiche, il
processo degenerativo nella MP potrebbe essere organizzato in 6 stadi:
durante i primi due stadi al processo degenerativo non corrisponde
alcuna sintomatologia clinica (questa fase di durata variabile
rappresenterebbe la fase pre-clinica), che diventa manifesta
23
nel
passaggio dal 3° al 4° stadio quando il processo neurodegenerativo
arriva ad interessare anche la corteccia.
Studi effettuati con metodiche di neuroimaging funzionale hanno
evidenziato
alterazioni
nell’attività
della
corteccia
motoria
e
premotoria in pazienti con MP (Samuel e coll., 1997; Sabatini e coll.,
2000; Haslinger e coll., 2001).
In conseguenza di tali evidenze è
ragionevole ipotizzare che la
fisiologia e la biochimica della corteccia motoria nei pazienti
parkinsoniani sia in qualche modo modificata.
Gli scopi di questo studio sono:
1. investigare la presenza di alterazioni neurochimiche in un
gruppo di pazienti con MP “de novo” a livello delle aree
24
corticali motorie, parte integrante del circuito neuronale
maggiormente compromesso in tale patologia.
2. verificare se tali alterazioni della biochimica corticale
possano essere modificate
da un trattamento a lungo
termine con dopaminoagonisti.
25
PAZIENTI E METODI
Soggetti
Sono
stati
studiati
12
pazienti
affetti
da
MP,
reclutati
consecutivamente tra i pazienti afferenti all’Ambulatorio per la
Malattia di Parkinson ed altri Disordini del Movimento del
Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Pisa.
Tutti i pazienti non erano stati sottoposti in precedenza ad alcun
trattamento farmacologico antiparkinsoniano, ne’ avevano assunto
terapia neurolettica e/o con farmaci ad azione antidopaminergica. La
sintomatologia era di recente esordio e prevalentemente unilaterale. La
diagnosi di MP è stata posta in accordo con i criteri diagnostici della
United Kingdom Brain Bank (Gibb e coll., 1988).
26
Dodici soggetti di pari età e sesso sono stati reclutati come gruppo di
controllo. Tutti i soggetti di controllo sono stati sottoposti ad un esame
obiettivo generale ed a un approfondito esame neurologico per
escludere la presenza di segni della serie extrapiramidale. E’ stato
inoltre effettuato un Mental State Evaluation (MMSE); punteggi di
MMSE < 24/30 rappresentavano un criterio di esclusione.
I dati clinici e demografici delle popolazioni studiate sono stati
riportati in tabella. Tutti i pazienti ed i controlli hanno dato il loro
consenso informato a partecipare allo studio in accordo con le linee
guida della Dichiarazione di Helsinki.
27
Disegno dello studio e valutazioni cliniche
Per escludere la diagnosi di parkinsonismi secondari e/o parkinsonismi
atipici i pazienti sono stati sottoposti a tests neurovegetativi e ad una
estensiva batteria neuropsicologica.
Sono stati inoltre effettuati tests di responsività dopaminergica con
levodopa e apomorfina a supporto dei criteri diagnostici. La risposta al
test farmacologico veniva
considerata positiva quando i farmaci
dopaminergici inducevano un miglioramento dei parametri motori
(tapping, rigidità e walking) di almeno il 30%.
Lo stadio di malattia è stato valutato mediante scala di Hoehn-Yahr
(H-Y), la severità dei disturbi motori mediante la Unified Parkinson’s
Disease Rate Scale (UPDRS) e lo stato cognitivo mediante Mini
Mental State Evaluation (MMSE) integrato da un’estesa batteria
neuropsicologica ad hoc predisposta.
28
Segni riferibili a disautonomia, Mini Mental Examination scores
(MMSE) < 24/30, patologie significative a carico del cuore del fegato
o
dei
reni,
l’uso
di
precedenti
terapie
antiparkinsoniane
rappresentavano criteri di esclusione.
Dopo l’approfondita valutazione clinica i pazienti che soddisfacevano i
criteri di inclusione venivano sottoposti allo studio mediante 1H-SRM
e successivamente veniva somministrata terapia con pergolide con una
titolazione rapida fino al dosaggio di 3 mg/die:
la pergolide veniva somministrata ad una dose iniziale di 0.25 mg t.i.d.
e aumentata fino al dosaggio di 1 mg t.i.d. entro un mese. Tre giorni
prima di iniziare la pergolide, veniva somministrato domperidone (al
dosaggio di 20 mg t.i.d.); era permesso di continuare l’assunzione del
farmaco ad un dosaggio massimo di 30 mg t.i.d. non oltre il periodo di
titolazione.
29
I pazienti venivano valutati clinicamente dopo 1, 3 e 6 mesi dall’inizio
della terapia con pergolide. Durante ciascuna visita venivano effettuate
oltre all’esame neurologico standard anche le scale di valutazione
motoria (UPDRS e H-Y). Durante la visita venivano inoltre registrati i
parametri vitali (pressione arteriosa e frequenza cardiaca in clino ed
ortostatismo) e venivano raccolte informazioni circa gli eventuali
effetti collaterali.
Durante il periodo di follow-up di 6 mesi, non era permesso l’uso in
cronico di altri farmaci eccetto la pergolide o il domperidone (durante
il primo mese).
Dopo il periodo di follow-up clinico tutti i pazienti venivano
nuovamente sottoposti ad un esame mediante 1H-SRM.
30
Tecniche di RMI e 1H-SRM
Lo studio RM convenzionale e quello di spettroscopia erano condotti
utilizzando uno scanner total body da 1.5 Tesla, operante a 63.8 MHz
(Signa 5.6, GE Medical System, Milwakee, Wis) e una bobina standard
per la testa. Sono state acquisite immagini pesate in T1 (TR=600,
TE=10 msec, NEX 2, ET 8, matrice 256x192, spessore 4 mm) e in T2
(TR=3500, TE=17-103 msec, NEX 2, matrice 256x256, spessore 4
mm) con sequenze Spin Echo (SE). L’indagine spettroscopica era
eseguita utilizzando una immagine transassiale e posizionando il
volume di interesse (VOI) a livello della scissura interemisferica, in
modo da coinvolgere la corteccia motoria del lobulo quadrangolare dei
due emisferi (figura 1).
La1H-SRM a volume singolo veniva eseguita usando il sistema
PROBE/SV, apportando modifiche riguardo alla soppressione selettiva
31
del segnale proveniente dall’acqua, utilizzando la tecnica STEAM
(Stimulated Echo Acquisition Mode) (TR=2010 msec, TE=30 msec,
128-256 scansioni per segnale, dimensioni del VOI=3.4 cc).
Gli spettri erano acquisiti in 4.56-9.58 min, con una ampiezza di banda
di 2500 Hz, corrispondente a 2048 punti. Sebbene il sistema
PROBE/SV assicuri una analisi automatica dei dati e delle immagini, i
dati “grezzi” venivano analizzati off-line con il SAGE/IDL (Spectral
Analysis GE/Interactive Data Language) su una consolle Sun Ultra 1.
La fase di post-processing, anch’essa automatica, comprendeva
l’applicazione di una funzione esponenziale di apodizzazione con un
filtro di 20 Hz per ridurre il rumore di fondo; la fase veniva regolata
automaticamente utilizzando il segnale residuo dell’acqua.
Applicando la trasformata
di Fourier era possibile ottenere
informazioni spaziali (posizione degli n voxel). Con un’ulteriore
32
trasformata di Fourier si ottenevano i segnali nel dominio della
frequenza, cioè gli spettri.
Venivano misurati i seguenti metaboliti: N-acetil-aspartato (NAA, a
2.01 ppm), Creatina/Fosfocreatina (Cr, a 3.03 ppm), composti
contenenti Colina (Cho, a 3.22 ppm) e il mioinositolo (mI).
Gli spettri erano valutati confrontando l’ampiezza dei segnali di
risonanza; l’ampiezza di picco era determinata utilizzando una linea
Lorentziana e calcolando la deviazione standard (DS) corrispondente al
rumore di fondo.
Quindi veniva calcolato il rapporto tra l’ampiezza del segnale di
ciascun metabolita e il segnale della Cr. Quest’ultimo era scelto
arbitrariamente dato che sembrava essere stabile rispetto al rumore di
fondo ed anche perché la sua ampiezza si modificava meno di altri
metaboliti.
33
Analisi statistica
I confronti sono stati effttuati utilizzando l’analisi della varianza
(ANOVA) e ANOVA per misure ripetute per le variabili quantitative,
e il chi-square test per le variabili qualitative.
Le relazioni fra i
rapporti dei metabolici e i dati clinici e demografici sono state
effettuate utilizzando una correlazione lineare e l’analisi della
varianza.
34
RISULTATI
Valutazioni cliniche
Dei 12 pazienti arruolati nello studio, 11 (6 maschi e 5 femmine; con
età media di 56.4 + 12.6 anni; durata media di malattia di 15.1+10.6
mesi) soddisfacevano i criteri di inclusione e completavano il periodo
di follow-up. Un caso è stato escluso per scarsa compliance e followup incompleto.
Al basale i punteggi della scala UPDRS erano 6.9 (DS, 3.04) per il
subitem II e 13.0 (DS, 3.9) per il subitem III ; i punteggi alla scala H-Y
erano 1.2 (DS, 0.3).
Tutti gli 11 pazienti che hanno completato il follow-up, hanno
raggiunto il dosaggio prestabilito di pergolide (1 mg t.i.d.); 3 (27%) di
questi pazienti hanno presentato effetti collaterali: 2 hanno avuto
35
nausea ed 1 sonnolenza. Gli effetti collaterali non sono stati tuttavia di
intensità tale da determinare la sospensione della terapia, sebbene in 2
casi un aumento posologico del domperidone si sia reso necessario
(dosaggio massimo raggiunto 30 mg t.i.d.) nelle fasi iniziali della
titolazione della pergolide.
Dopo 6 mesi di trattamento con pergolide, un significativo
miglioramento nell’UPDRS è stato registrato in tutti i pazienti
(p<0.001) (figura 2 ).
1
H-SRM
La media dei rapporti Cho/Cr, NAA/Cr e mI/Cr registrati a livello
della corteccia motoria dei soggetti di controllo era 0.87 (DS,0.13),
1.40 (DS, 0.14) e 0.67 (DS, 0.13) rispettivamente. La media dei
36
rapporti Cho/Cr, NAA/Cr e
mI/Cr dei pazienti era 0.71 (DS, 0.13),
1.24 (DS, 0.15) e 0.67 (DS, 0.12) rispettivamente.
Il confronto dei rapporti dei metaboliti indicava che i pazienti
presentavano valori ridotti rispetto a quanto riportato dai controlli sia
per quanto riguarda il rapporto Cho/Cr sia per il rapporto NAA/Cr
(p<0.01).
Nessuna correlazione è stata trovata fra i rapporti dei metaboliti
indagati e l’età, il sesso, la disabilità motoria (misurata attraverso i
punteggi alle scale UPDRS e H-Y) e la durata di malattia.
La media dei rapporti di Cho/Cr, NAA/Cr e mI/Cr registrati a livello
della corteccia motoria dei pazienti parkinsoniani riportati alla seconda
valutazione con 1H-MRS era 0.82 (DS, 0.13), 1.37 (DS, 0.14) e 0.67
(DS, 0.13) rispettivamente.
Un significativo aumento del rapporto Cho/Cr nella corteccia motoria
dei pazienti è stato registrato al controllo con 1H-MRS se confrontato
37
con il precedente dato registrato al basale (p<0.05);
per
quanto
riguarda il rapporto NAA/Cr, sebbene sia stato osservato un “trend in
aumento” (1.37 ± 0.14 vs 1.24 ± 0.15), l’incremento registrato non ha
raggiunto la significatività statistica.
Nessuna correlazione è stata trovata nel confronto fra le differenze
basale/follow-up dei rapporti dei due metaboliti e le valutazioni
motorie effettute con le scale UPDRS ed H-Y.
I risultati del confronto basale/follow-up per quanto riguarda i
metaboliti studiati sono riportati in figura 3.
Lo spettro di un paziente (M.C., ♂, 58 aa) prima e dopo terapia è
riportato in figura 4.
38
DISCUSSIONE
La maggior parte degli studi effettuati su pazienti parkinsoniani
utilizzando la 1H-MRS hanno preso in esame le strutture dei gangli
della base riportando risultati contrastanti (Holshouser e coll., 1995;
Ray-Chaudhuri e coll., 1996; Ellis e coll., 1997; Hu e coll., 1998;
Clarke & Lowry , 2000; Clarke & Lowry, 2001).
Infatti, solo Holshouser e coll. (1995) ed Ellis e coll. (1997) hanno
evidenziato una riduzione di NAA, Cho e Cr e/o dei loro rispettivi
rapporti nel putamen, nel caudato e/o nel globo pallido, in genere più
evidente controlateralmente al lato dell’emisoma più compromesso.
L’apparente discordanza dei dati ottenuti nei vari studi potrebbe essere
attribuibile alle diverse caratteristiche cliniche dei soggetti studiati.
Infatti, è interessante notare che negli studi di Holshouser e coll.
(1995) e di Ellis e coll. (1997), solo i pazienti rispettivamente con età
39
più avanzata e quelli de novo presentavano significative riduzioni del
rapporto NAA/Cho, mentre i pazienti in terapia con levodopa non
presentavano modificazioni rispetto a soggetti di controllo.
Pertanto sia la progressione della malattia che la terapia farmacologica
possono influenzare il risultato dell’esame spettroscopico, alterando, in
particolare, i livelli di NAA e Cho striatali. Poiché in questi studi non è
stato misurato il valore assoluto dei vari metaboliti, non è stato
possibile stabilire se le alterazioni del rapporto NAA/Cho erano dovute
ad una riduzione di NAA o della Cho.
Ellis e coll. (1997) suggeriscono che la riduzione del rapporto
NAA/Cho striatale nei parkinsoniani de novo e la sua normalizzazione
nei pazienti cronicamente trattati con levodopa richiamano le
modificazioni PET e SPECT dei recettori dopaminergici D2 striatali,
aumentati nella MP iniziale e normali o ridotti in fase avanzata di
malattia (Rinne e coll., 1993; Schwarz e coll., 1992). Poiché il segnale
40
della Cho è espressione del metabolismo fosfolipidico e può essere
considerato un indice dell’integrità delle membrane neuronali, è stato
ipotizzato che la modificazione del rapporto NAA/Cho nei
parkinsoniani de novo sia conseguenza di modificazioni della Cho in
relazione alla up-regulation dei recettori dopaminergici D2.
La discrepanza tra i risultati degli studi presi in esame potrebbe essere
ascrivibile, tuttavia, non solo alle diverse caratteristiche cliniche dei
pazienti selezionati, ma anche alle diverse dimensioni del volume di
interesse posizionato sui nuclei della base ed alle diverse tecniche di
acquisizione dello spettro.
Solo pochi studi con 1H-SRM ad oggi hanno concentrato l’attenzione
sulla corteccia motoria dei pazienti con MP, sebbene esista una
significativa messe di dati estrapolati da studi neurofisiologici e di
neuroimaging funzionale che evidenziano un interessamento della
corteccia motoria nei pazienti parkinsoniani.
41
L’importanza del coinvolgimento corticale nella fisiopatologia della
MP trova conferma in studi PET, con
18
FDG, che mostrano una
riduzione assoluta nel metabolismo regionale del glucosio nella
corteccia parietale di pazienti parkinsoniani (Piert e coll., 1996). Altri
studi PET che hanno utilizzato l’inalazione di 15O, hanno documentato
un deficit regionale del metabolismo ossidativo, soprattutto a carico
della corteccia parietale del lato affetto (Lenzi e coll., 1979).
Modificazioni funzionali corticali in pazienti con MP sono confermate
da studi anatomo-funzionali (Davis e coll., 1997; Smith e coll., 1998;
Brown e coll., 1998), in cui si ipotizza che la deplezione
dopaminergica nigro-striatale possa inibire il talamo che, a sua volta,
inibirebbe le aree corticali motorie, in modo tale da rendere possibile
la comparsa dei segni e sintomi cardinali della malattia.
Circuiti neuronali corticali sembrano, infatti, coinvolti nell’origine
della rigidità: tramite studi condotti con potenziali evocati motori
42
(PEM), Cantello e coll. (1991) hanno dimostrato una ipereccitabilità
della corteccia motoria in pazienti con MP. La rigidità deriverebbe
dalla disinibizione di una via riflessa propriocettiva transcorticale.
Per ciò che riguarda la bradicinesia, studi PEM con stimolazione
transcranica hanno rilevato che, durante una contrazione volontaria, i
periodi silenti post-stimolazione sono più brevi nei pazienti con MP
rispetto ai controlli (Priori e coll., 1994) e che l’inibizione corticocorticale è molto ridotta, suggerendo l’esistenza di anormalità nei
meccanismi di inibizione esercitati dalla corteccia motoria (Berardelli
e coll., 1996). E’ noto, inoltre, che in pazienti con MP è presente una
compromissione dell’esecuzione automatica di programmi motori
complessi,
il
cui
svolgimento
è
regolato
dall’area
motoria
supplementare .
Il complesso area motoria supplementare-nuclei della base è anche il
substrato dell’organizzazione temporale dei movimenti sequenziali
43
volontari (Cunnington e coll., 1996), come dimostrato anche da studi
PET (Jahanshahi e coll., 1995) e della scelta del movimento piú
appropiato (Tourge e coll., 1995).
Per quanto riguarda la genesi del tremore, studi effettuati utilizzando
microelettrodi impiantati nel talamo, hanno dimostrato la presenza di
cellule pacemaker, ritmicamente attivate, localizzate a livello del
nucleo ventrale intermedio, il quale proietta alla corteccia motoria (Lin
e coll., 1994). Il ruolo prioritario della corteccia come sede di relè
neuronali coinvolti nella genesi del tremore è supportato anche da
studi di flusso cerebrale regionale, che sembra aumentare, durante il
tremore, a livello dell’area motoria supplementare e della corteccia
precentrale e paracentrale (Dietz e coll., 1974).
Un interessamento verso lo studio della corteccia attraverso l’utilizzo
della 1H-SRM si manifesta alla fine degli anni ’90, quando per primi,
Tedeschi e coll. (1997) hanno impiegato la 1H-SRM per studiare aree
44
corticali a livello frontale, parietale, precentrale, temporale ed
occipitale in pazienti con MP, senza riscontrare alcuna modificazione
spettroscopica. Hanno, invece, trovato ridotti rapporti NAA/Cho e
NAA/Cr nella corteccia frontale e precentrale nella PSP e nella
corteccia parietale in pazienti affetti da degenerazione cortico-basale,
probabile espressione di perdita neuronale.
Una riduzione del rapporto NAA/Cr nella corteccia temporo-parietale
(con prevalente interessamento temporale) di 17 parkinsoniani non
dementi ed in terapia con levodopa è stata riportata in un altro studio
(Hu e coll., 1999). Questi Autori suggeriscono che tale alterazione
metabolica di aree associative corticali, potrebbe predire una futura
comparsa di deterioramento cognitivo, per la significativa correlazione
tra pattern spettroscopico e compromissione di alcuni tests
neuropsicologici osservata in questi pazienti
45
Più recentemente una riduzione del rapporto
NAA/Cr nell’area
supplementare motoria è stato osservato in un gruppo di 28 pazienti
con MP in assenza di alterazioni cognitive (Camicioli e coll., 2006).
Un altro dato interessante emerso da questo studio è che è stata
riportata una correlazione fra riduzione del rapporto NAA/Cr e gravità
della malattia intesa con maggiore compromissione motoria registrata
all’UPDRS.
Nel nostro studio è stata osservavata una riduzione delle medie dei
rapporti Cho/Cr and NAA/Cr rilevati a livello della corteccia motoria
in un gruppo di pazienti parkinsoniani non dementi e che non avevano
mai assunto terapie antiparkinsoniane.
E’ verosimile, pertanto, che le modificazioni neurochimiche dei nuclei
della base, proprie della MP, comportino alterazioni funzionali a carico
delle aree corticali motorie ad essi connesse, che si riflettono nelle
alterazioni spettroscopiche osservate nel presente studio.
46
Tuttavia i nostri risultati debbono essere valutati tenendo conto di
alcune possibili fonti di errore. Un problema può insorgere infatti
nell’esatta determinazione dell’area dalla quale è stato ricavato lo
spettro dei metaboliti: il VOI è stato posizionato sulla faccia mediale
della corteccia motoria che corrisponde grossolanamente all’area di
rappresentazione del piede e della gamba (Broadman area 4), ma
considerando le dimensioni del volume di interesse è possibile che
alcuni data provenienti dall’area motoria supplementare possano essere
stati inclusi nell’analisi. Un secondo punto di analisi origina dal fatto
che il VOI è stato posizionato in maniera tale da comprendere sia parte
della corteccia motoria dell’emisfero dx che di quello sin per cui non
possono essere disponibili dati provenienti da un solo emisfero.
Il risultato più significativo che emerge da questo studio è
rappresentato dall’aumento del rapporto Cho/Cr che è stato osservato
nella corteccia motoria dei pazienti parkinsoniani dopo un trattamento
47
di 6 mesi con il dopaminoagonista pergolide. L’aumento del rapporto
Cho/Cr è tale che il valore si avvicina in maniera significativa a quanto
osservato nei controlli (0.82 vs 0.87).
Questa tendenza alla “normalizzazione” del rapporto Cho/Cr riportato
dopo trattamento farmacologico con pergolide appare in accordo con
quanto già osservato in studi funzionali che utilizzavano la
stimolazione magnetica transcranica continua (Mir e coll., 2005;
Ziemann e coll., 1996). In uno di tali studi è stato osservato che la
terapia con farmaci dopaminergici era in grado di ristabilizzare le
interazioni fra le aree corticali premotoria e motoria (Mir e coll.,
2005); nell’altro studio la pergolide si dimotrava efficace nel
potenziare l’inibizione motoria corticale che è noto essere deficitaria
nei pazienti con MP (Ziemann e coll., 1996).
E’ possibile pertanto ipotizzare che un alterato input dai gangli della
base possa indurre modificazioni funzionali e della biochimica
48
corticale, e che i dopaminoagonisti possano modulare l’attività
corticale probabilmente riducendo l’output eccitatorio dai gangli della
base e di conseguenza l’eccessiva inibizione dei nuclei talamici.
Riassumendo i dati del nostro studio indicano:
1) I rapporti Cho/Cr ed NAA/Cr possono risultare ridotti nei pazienti
con MP de novo; 2) la terapia dopaminergica, oltre a migliorare le
funzioni motorie, determina un aumento significativo del rapporto
Cho/Cr nella corteccia motoria; 3) la 1H-MRS applicata allo studio
della MP rappresenta una valida metodica per una migliore
comprensione gli effetti dei farmaci e dell’evoluzione del processo
fisiopatologico.
49
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Tabella: Dati clinici e demografici delle popolazioni studiate
Età
Sesso
Durata Malattia
Stadio
(anni±DS)
(M/F)
(mesi±DS)
Hoehn-Yahr
Pazienti
56.4±12.6
6/5
15.1±10.6
1.2±0.3
Controlli
54.6±15.6
6/5
/
/
I
Figura 1
(a)
(b)
Immagini RM di un paziente (M.C., ♂, 58 aa) che illustrano il posizionamento
del VOI a livello della scissura interemisferica. In (a) è riportata una scansione
sagittale pesata in T1 e in (b) una scansione assiale pesata inT2.
69
II
Figura 2
e
Dopo 6 mesi di trattamento con pergolide, un significativo
miglioramento nell’UPDRS è stato registrato in tutti i pazienti
(p<0.001).
70
III
Figura 3
e
Un aumento del rapporto Cho/Cr nella corteccia motoria dei pazienti è stato
registrato al controllo con 1H-MRS dopo 6 mesi di terapia con pergolide (p<0.05)
IV
71
Figura 4
(a)
(b)
Spettro di un paziente (M.C., ♂, 58 aa) al basale (a)
dopo 6 mesi di terapia con pergolide (b)
72
V
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