La Dissertazione De mundi sensibilis atque intelligibilis

Jordy 12
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La Dissertazione del 1770
La Dissertazione del 1770 De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis,, può essere
considerata sia come l’ultimo scritto del periodo precritico che il primo della fase critica di Kant.
La tradizione leibniziana vedeva un rapporto di continuità tra la conoscenza sensibile e quella
intellettuale, che venivano distintine soltanto dal grado di coscienza.
La conoscenza sensibile è fatta di piccole percezioni e risulta oscura e confusa, invece la
conoscenza intellettuale è costituita da percezioni consapevoli di se stesse ed è chiara e distinta.
Kant introduce una distinzione di genere tra le due conoscenze :
l’oggetto della conoscenza sensibile è dato dalle “ rappresentazioni delle cose come appaiono” e
riguarda la dimensione fenomenica delle cose e, l’oggetto della conoscenza intellettuale è dato
dalla”rappresentazione delle cose come sono” ,quindi le cose nella loro dimensione noumenica.
Il vero delle cose può essere colto solo con il pensiero.
Kant ,nella prima parte dell’opera, perviene all’idea che noi non percepiamo le cose come sono in
sé, ma le adattiamo alle forme soggettive della nostra percezione che sono a priori, lo spazio e il
tempo.
La Dissertazione può essere considerata l’essenza del criticismo. Per la filosofia critica, la
conoscenza, consiste nella costituzione dell’oggetto secondo le forme a priori del soggetto.
Per quanto riguarda la conoscenza intellettuale Kant è fedele al punto di vista “dogmatico”.
I concetti dell’intelletto, detti idee pure, non dipendono dalla rappresentazione della sensibilità.
Le idee pure possono cogliere la realtà nella sua essenza noumenica, senza alterazioni
soggettive introdotte dalla percezione.
Questo comporta due conseguenze principali: permette a Kant di sostenere la conoscibilità della
realtà in sé nella sua assoluta oggettività,gli impedisce di estendere alla conoscenza intellettuale
l’analisi critica . Questa estensione avrà come risultato la Critica della ragion pura( dopo undici
anni di lavoro).
Kant e Hume : il risveglio dal “sonno dogmatico”
La definizione dei limiti e delle possibilità della conoscenza umana caratterizza la ricerca di Kant. Il
passaggio di Kant al criticismo fu determinato da influenze complesse e non da un ammonimento
“al risveglio dal sonno dogmatico” di Hume, anche se egli costituisce un interlocutore essenziale .
Analizzando la nozione di causalità Hume aveva mostrato che l’esperienza fornisce soltanto una
successione temporale e una contiguità spaziale di fenomeni.
Nella terminologia kantiana si esprime dicendo che la necessità causale non può essere data da
alcun giudizio a posteriori.
Nello stesso tempo la causalità non è data da alcun giudizio analitico, in quanto l’effetto, è per
definizione diverso dalla causa e non è deducibile da essa.
L’obbiettivo di Kant è quello di salvare la validità oggettiva della causalità, ricerca perciò una
forma di connessione tra causa ed effetto, che possiede due caratteristiche fondamentali : non si
deve fondare sull’esperienza e non si deve ridurre all’applicazione del principio di identità.
I giudizi sintetici a priori.
Per ridare validità scientifica al principio di causalità i giudizi (proposizioni) , per Kant, devono
avere due requisiti: devono essere fecondi e devono essere necessari ed avere validità universale.
Per individuare i giudizi Kant opera una rigorosa distinzione tra tre tipi di giudizio.
Giudizio analitico a priori che è quello in cui il concetto del predicato è già contenuto nel concetto
del soggetto. È universale, ma è sterile.
Il giudizio sintetico a posteriori è quello in cui due concetti diversi appaiono uniti sulla base
dell’esperienza. È fecondo, ma privo di validità scientifica.
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I giudizi sintetici a priori, nei quali la sintesi tra soggetto e predicato non è data dall’esperienza,
ma da un principio a priori interno al soggetto conoscente. Sono fecondi e universali e sono gli
unici che possono essere considerati proposizioni aventi valore scientifico.
Il programma della filosofia critica
Secondo Kant lo statuto gnoseologico delle scienze esatte come la matematica e la fisica non è del
tutto chiaro e considera la metafisica oscura e piena di contraddizioni.
Tre domande della filosofia critica sono riconducibili all’unica domanda fondamentale : Come
sono possibili giudizi sintetici a priori?
Nel caso della fisica i giudizi sintetici a priori istituiscono connessioni necessarie relative almondo
della natura. Kant ritiene che anche la matematica si componga di giudizi non già analitici ,bensì
sintetici, tutto, invece, è da verificare nel campo della metafisica.
La <<rivoluzione copernicana>>
I giudizi sintetici a priori istituiscono connessioni necessarie tra soggetto e predicato e determinano
così conoscenze di carattere universale.
Il soggetto proietta sull’oggetto la propria capacità sintetica. Questo punto di vista è detta da Kant
filosofia trascendentale.
Quest’ultima deve occuparsi degli elementi a priori che nel soggetto rendono possibile la
costituzione e la conoscenza di quegli oggetti.
La principale conseguenza della rivoluzione copernicana e che la conoscenza deriva dalla sintesi
1. di elementi a posteriori (dati sensibili)
2. e di elementi a posteriori ( le intuizioni pure della sensibilità; i concetti puri
dell’intelletto)
Il soggetto conosce le cose non come sono in sé stesse,ma come appaiono in seguito
all’elaborazione del materiale sensibile realizzata dalle strutture a priori della sensibilità (lo
spazio e il tempo) e dell’intelletto ( le categorie) .
Oggetto della conoscenza umana è dunque il fenomeno.
Noumeno è ciò che può essere soltanto pensato,e, per Kant è contrapposto a ciò che viene
effettivamente conosciuto.
La struttura della <<Critica della ragion pura>>
La Critica alla ragion pura è scritta sotto forma di trattato sistematico.
Per Kant la sistematicità è un’esigenza intellettuale e metodologica irrinunciabile, la ragione umana
ha una struttura architettonica.
La Critica alla ragion pura è divisa in due parti principali: la dottrina degli elementi e la dottrina
del metodo.
La dottrina degli elementi è a sua volta divisa in: L’Estetica trascendentale e la Logica
trascendentale.
La Logica è ulteriormente bipartita in Analitica trascendentale e Dialettica trascendentale.
L’Analitica trascendentale si suddivide anch’essa in due parti.:l’Analitica trascendentale dei
concetti e l’Analitica trascendentale dei principi.
L’Estetica trascendentale
L’Estetica trascendentale ha per oggetto le forme a priori della sensibilità, che è la facoltà di essere
modificati dagli oggetti esterni.
Ogni conoscenza deriva dall’esperienza,ovvero con l’affezione dei nostri sensi da parte degli
oggetti esterni e l’incontro tra un nostro organo di senso e gli oggetti del mondo esterno viene
registrato in un intuizione.
Da un lato,l’esperienza fornisce a posteriori il materiale della conoscenza, dall’altro, le forme a
priori del soggetto condizionano e rendono possibile la ricezione del materiale.
L’intuizione conterrà in sé due aspetti: da un lato il contenuto materiale della sensazione; dall’altro
la struttura formale che condiziona la possibilità del ricevere.
Questo aspetto formale dell’intuizione è l’intuizione pura; mentre la congiunzione di un intuizione
pura con la sensazione materiale costituisce l’intuizione empirica.
AG
Kant individua nello spazio e nel tempo le forme a priori della sensibilità.
Egli definisce lo spazio come la forma del senso esterno, il tempo come la forma del senso interno.
Essi sono precedenti a ogni esperienza possibile e costituiscono l condizioni a priori .A causa di
questo processo noi non conosciamo gli oggetti.
Lo spazio e il tempo inoltre stanno a fondamento della matematica:
a)L’intuizione pura della continuità temporale sta alla base dell’aritmetica
b)L’intuizione pura della continuità spaziale fonda la possibilità della costruzione delle
figure geometriche
L’Analitica trascendentale
Pensare è giudicare. Nell’estetica trascendentale Kant mostra come ogni conoscenza cominci con
l’esperienza.
Le intuizioni empiriche sono formate da una molteplicità di dati empirici, a cui manca quella
connessione e quell’unità che ne fanno un oggetto di una conoscenza.
La facoltà che compie questo ulteriore processo è l’intelletto.
Esso pensa ciò che nella sensibilità era semplicemente intuito.
L’intelletto dunque opera attraverso concetti.
Qual è allora la funzione specifica del concetto?
Essa consiste nell’ordinare diverse rappresentazioni che possono a loro volta essere concetti o
semplici intuizioni sotto una RAPPRESENTAZIONE comune, conferendo loro unità.
L’atto con cui i concetti dell’intelletto esplicano la loro forza unificante è il giudizio:pensare
significa, quindi, sempre giudicare.
Dai giudizi alle categorie. L’attività di connessione delle rappresentazioni compiuta dall’intelletto è
resa possibile dai concetti puri.
I concetti puri sono le forme a priori dell’intelletto e, pertanto, le condizioni necessarie a partire da
cui esso può formulare i giudizi.
In altri termini, i concetti puri sono le regole mediante le quali l’intelletto giudica, unificando le
rappresentazioni.
Kant chiama questi concetti categorie , in quanto essi definiscono i modi universali del pensare
(ovvero giudicare).
Il loro numero e il loro carattere sono determinati in stretta analogia con il numero e il carattere dei
tipi possibili di giudizio.
Dalla tavola dei giudizi compilata in base alle regole della logica tradizionale, di ascendenza
aristotelico-scolastica , Kant deduce quindi la tavola delle categorie.
E’ importante notare che tra le categorie della relazione si trovano anche quelle di sostanza e
causa.
La deduzione trascendentale delle categorie. L’esposizione della tavola delle categorie lascia
tuttavia aperto il problema della loro legittimità e del loro uso.
Kant risponde a questa domanda attraverso la deduzione trascendentale delle categorie.
La dimostrazione della legittimità delle categorie presenta due aspetti.
1. In primo luogo,si tratta di mostrare che l’unificazione da esse operata porta alla costituzione
di un mondo di oggetti d’esperienza condiviso da tutti.
2. In secondo luogo, occorre accertare quale sia l’uso legittimo delle categorie, nel caso che
siano possibili usi diversi, cioè nel caso che possano essere applicate a diversi ambiti di
oggetti.
AG
L’Io penso. Secondo Kant esiste una <<unità originaria>> che precede - non cronologicamente,
ma logicamente – tutti i singoli atti di unificazione.
Essa consiste in un atto del pensiero. Inoltre questo atto del pensiero può essere compiuto
soltanto dal soggetto stesso, cioè dall’Io, che è la sede delle categorie dell’intelletto e della loro
funzione unificante.
All’unità originaria Kant dà quindi il nome di Io penso, esprimendo contale termine
l’autocoscienza ( o appercezione trascendentale ) del soggetto conoscente.
L’Io penso pur essendo un autocoscienza individuale è identico in tutti , ciò vuol dire che il risultato
dell’unificazione sarà valido universalmente e oggettivamente,e cioè lo stesso per tutti.
L’attività propria dell’Io penso consiste nella sintesi a priori delle rappresentazioni sensibili.
Per Kant le categorie non sono altro che articolazioni interne dell’Io penso , le <<funzioni logiche
>> attraverso cui esso opera la sintesi trascendentale.
Le categorie vengono quindi dedotte.
L’uso empirico delle categorie. L’uso delle categorie è sempre legittimo? Oppure si possono
distinguere diversi ambiti di applicazione delle categorie, e quindi i diversi usi, uno dei dei quali è
soltanto legittimo?
Kant segue due usi possibili delle categorie.
1. L’uso empirico è il oro unico uso legittimo. Le categorie devono essere applicate
esclusivamente alle intuizioni empiriche, all’ambito dell’esperienza. Come le intuizioni
della sensibilità, prive della funzione unificante dei concetti, sono <<cieche>>, cioè non
conduconoalla costituzione di alcuna conoscenza, così i concetti , se non sono riferiti al
materiale empirico, sono <<vuoti>>,cioè danno luogo a puri giochi intellettuali.
2. L’uso trascendente delle categorie deriva dalla loro applicazione al di fuori delle
intuizioni sensibili. Da questo uso illegittimo traggono origine gli infiniti erramenti della
ragione metafisica. L’uso trascendente delle categorie consente infatti di pensare, ma non di
conoscere. Pensare per Kant, significa compuere la sintesi trascendentale indipendentemente
dagli oggetti a cui esse si applicano. Per conoscere io devo applicare le categorie a
intuizioni sensibili date.
L’Analitica trascendentale dei principi
In che modo le singole categorie possono essere applicate concretamente alle intuizioni, dando
così origine a giudizi di esperienza e quindi alla conoscenza della natura?
Kant affronta questo problema nella seconda parte dell’analitica trascendentale, che reca il nome di
Analitica dei principi.
La dottrina dello schematismo trascendentale. In che modo le categorie ( che sono intellettuali )
possono applicarsi alle intuizioni ( che sono sensibili )? Che cosa rende possibile congiungere due
cose così eterogenee?
A tale questione risponde la dottrina dello schematismo trascendentale. Essa si propone di trovare
un termine intermedio che sia omogeneo con il carattere sensibile delle intuizione.
Questa facoltà è l’immaginazione pura ( o produttiva ): come la sensibilità, essa ha per oggetto
intuizioni; ma come l’intelletto, essa è in grado di operare la loro sintesi dei dati empirici. Che
prepara la sintesi trascendentale. In altri termini l’immaginazione, da un lato, predispone le
rappresentazione sensibili all’azione unificatrici delle categorie e,dall’altro,consente alle categorie
di intervenire sulle rappresentazioni sensibili.
Qual è la funzione dell’immaginazione?
Essa ci permette di intuire i dati empirici nono soltanto nel tempo, ma in una determinata modalità
temporale. Oltre a essere offerti nel tempo, i materiali empirici sono dati anche in una
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particolare modalità del tempo: come simultanei, oppure successivi gli uni agli altri, come aventi
una certa durata nel tempo oppure come permanenti nel tempo.
Ora se il tempo è una semplice forma a priori della sensibilità, la modalità del tempo è prodotta
dall’immaginazione, in quanto comporta già una comparazione tra diverse situazioni temporali.
L’elemento di raccordo tra intuizioni e categorie sono gli schemi trascendentali puri, prodotti
dall’immaginazione.
Kant li definisce come <<determinazioni del tempo secondo regole>>: in quanto determinazioni (
o modalità) del tempo , essi sono omogenei con l’elemento sensibile. In quanto però queste
modalità sono determinate secondo “regole” essi sono invece omogenei con l’elemento
intellettuale e rimandano alle categorie. In questo modo Kant stabilisce una corrispondenza
precisa tra i singoli schemi puri e le singole categorie. Per limitarci alle categorie della
relazione, allo schema puro della permanenza corrisponde la categoria della sostanza; a quello
della successione la categoria della causalità; a quello della contemporaneità la categoria della
comunanza d’azione.
I principi puri dell’intelletto. Gli schemi sono determinazioni del tempo secondo regole. Ma
queste ultime non sono altro che i criteri che stanno a fondamento di ogni uso legittimo
dell’intelletto. Tali regole prendono il nome di principi puri dell’intelletto.
I principi puri esprimono dunque le strutture più generali del pensiero, senza le quali non è possibile
in alcun modo pensare. Da essi dipende la possibilità della sintesi trascendentale. Sia le categorie
che gli schemi obbediscono alle medesime regole dell’intelletto, e questo spiega la corrispondenza
necessaria che intercorre tre le une e gli altri.
Poiché le categorie si dividono in quattro gruppi anche i principi puri si dividono in quattro,
ciascuno dei quali è guidato da un principio.
1. gli assiomi dell’intuizione hanno come principio “ che tutte le intuizioni sono quantità
estensive” . Si intuiscono gli oggetti nello spazio e nel tempo dati come quantità. Questo
implica la possibilità e la necessità di applicare la matematica, alla conoscenza degli
oggetti naturali, ossia la fisica.
2. le anticipazioni della percezione hanno come principio” in tutti i fenomeni il reale che è
oggetto della sensazione ha una qualità intensiva, cioè un grado”. Tutte le percezioni
hanno un determinato grado di intensità. Anche qui si garantisce l’applicabilità della
matematica alla conoscenza della natura.
3. Le analogie dell’esperienza sono forse le più importanti e hanno come principio generale
che “l’esperienza è possibile soltanto mediante una rappresentazione di una connessione
necessaria delle percezioni”. L’esperienza del mondo naturale è possibile soltanto in
quanto esso si configura come un insieme di leggi necessarie. Le connessioni che
l’intelletto intuisce sono tre: la permanenza,la successione la simultaneità.
Di qui scaturiscono tre analogie dell’esperienza : la prima analogia stabilisce il principio
Della permanenza della sostanza; la seconda analogia contiene la legge della causalità
necessaria; la terza analogia sancisce il principio della simultaneità secondo la legge dell’
azione reciproca.
4. I postulati del pensiero empirico in generale non riguardano la determinazione degli
oggetti quanto al loro contenuto, ma si limitano a decidere se esso è soltanto possibile o
è reale, oppure è necessario .
Le leggi universali della natura per Kant i principi puri dell’intelletto coincidono con le leggi
universali della natura. Il secondo quesito ,a cui la filosofia critica si proponeva di dare una
risposta era il seguente : com’è possibile una natura in generale e quindi fisica come scienza pura?
1) come insieme unitario dei fenomeni, la natura è resa possibile dalle leggi della sensibilità.
2) Come complesso unitario delle leggi che connettono i fenomeni in maniera necessaria,
invece, la natura è resa possibile dalle categorie e dai principi puri dell’intelletto.
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L’ unità che si riscontra nel mondo naturale non è dunque intrinseca alle cose in sé, ma è il
riflesso, nel mondo fenomenico, dell’unità trascendentale ( dell’Io penso).
Siamo noi che costituiamo la natura come un insieme unitario di fenomeni, connesso da
leggi necessarie.
La dialettica trascendentale
Nell’uomo esiste tuttavia la naturale tendenza a fare un uso trascendente delle categorie. In
questo caso vengono utilizzate dal soggetto come struttura puramente formali del pensiero.
Quali sono le conseguenze dell’uso extra-empirico dei concetti puri?
Se non vengono applicate a una quantità condizionata di fenomeni effettivamente esperibili, le
categorie operano sintesi puramente logiche. In tal modo esse producono concetti di totalità
assoluta.
Kant ritiene che nell’uomo esiste una facoltà specificamente preposta a questa erronea quanto
naturale tendenza: la ragione in senso stretto. I concetti di totalità assolute sono denominate da
Kant idee trascendentali.
Le idee della ragione sono tre;
1) L’idea dell’anima è il concetto della totalità incondizionata di fenomeni interni.
2) L’idea del mondo è il concetto della totalità incondizionata di tutti i fenomeni esterni
3) L’idea di Dio è il concetto della totalità incondizionata degli oggetti del pensiero in
generale.
L’anima il mondo e Dio sono i temi fondamentali della metafisica tradizionale: l’anima è
l’oggetto della psicologia razionale, il mondo è l’oggetto della cosmologia razionale e Dio è
l’oggetto della teologia razionale.
La pretesa della metafisica di conoscere l’essenza dell’anima, del mondo e di Dio, nasce
appunto dall’illusione di poter estendere l’uso delle strutture formali del pensiero umano al di là
dei limiti dell’esperienza.
La critica della metafisica è contenuta nella dialettica trascendentale.
Anche se dimostrano l’impossibilità della metafisica come scienza, le argomentazioni della
dialettica non potranno mai eliminare dall’uomo la tendenza metafisica.
L’idea di anima. L ’idea di anima si fonda su un paralogismo, cioè su un falso sillogismo.
Il ragionamento sul quale si basa la psicologia razionale è:
1) Una sostanza che è ciò che non può essere pensato altrimenti che come soggetto.
2) L’Io non può essere pensato che come soggetto.
3) Dunque, anche il soggetto pensante esiste come sostanza.
In altre parole, la categoria di sostanza, viene qui erroneamente applicata all’Io penso.
Per Kant, il soggetto può conoscere sé stesso soltanto come fenomeno.
Concepita in questo senso, il soggetto è anche detto da Kant “soggetto psicologico”.
L’idea di mondo. L’idea di mondo mette a capo una serie di antinomie cioè coppie di
affermazioni opposte.
Il concetto di mondo,quindi, cade al di fuori di ogni esperienza possibile.
L’idea di Dio. L’idea di Dio riposa storicamente su tre tipi di prove dell’esistenza dell’essere
necessario.
1) La prova antologica (S.Tommaso D’Aquino)
2) La prova cosmologica
3) La prova fisico teologica
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L’uso regolativi delle idee della ragione. Il concetto della totalità incondizionata è indispensabile
per promuovere l’unità sistematica del sapere.
Soltanto mediante il riferimento al tutto è possibile determinare la collocazione specifica delle
singole conoscenze.
Anche le idee trascendentali ricevono quindi la loro giustificazione, a condizione che di esse non si
faccia un uso costitutivo, come avviene invece per le categorie. L’uso legittimo delle idee
trascendentali è pertanto solo quello regolativo.
La morale .
Si tratta di indagare sulla possibilità di una legge morale, la cui universale validità sia determinata
dalle facoltà soggettive dell’uomo, e il problema morale consiste nella ricerca delle condizioni a
priori di un agire valido universalmente.
Ragione e sensibilità. Quali movimenti soggettivi dell’azione umana possono aspirare a valere
universalmente, ossia a diventare motivi oggettivi dell’azione?
La volontà buona deve dunque essere determinata non dalla sensibilità, ma dalla ragione.
Mentre l’uomo tende a seguire spontaneamente le inclinazioni sensibili, i precetti razionali, hanno
sempre un carattere imperativo, cioè consistono in comandi cui il soggetto si sottopone solo perché
è costretto dalla ragione.
1) Gli imperativi ipotetici comandano un’ azione in vista di un fine particolare, quindi non
possono avere validità universale.
2) L’imperativo categorico comanda incondizionatamente, esprime la legge del dovere per il
dovere, quindi ha validità universale.
3)
L’imperativo categorico. L’imperativo categorico non dipende da condizioni e scopi particolari,
esso non ha dunque un contenuto materiale, ma riveste un carattere puramente formale.
L’imperativo categorico non dice che cosa si deve fare, ma come si deve agire affinché l’azione sia
universalmente valida.
1) Agisci come se la massima della tua azione dovesse essere elevata dalla tua volontà a legge
universale della natura.
2) Agisci in modo da trattare l’umanità come fine e non come mezzo.
3) Agisci in modo che la volontà possa considerare contemporaneamente se stessa come
universalmente legislatrice.
Autonomia ed eteronomia. La morale si presenta come un’etica dell’autonomia, nella quale
l’uomo dà a sè stesso la propria legge.
Viceversa ogni comportamento in cui la volontà sia determinata dalla sensibilità è espressione di
eteronomia.
I postulati della ragion pratica.
La libertà. La legge morale è un fatto che l’uomo scopre nella propria coscienza razionale, la
presenza della legge morale dentro di noi consente a sua volta di giustificare l’esistenza di un
concetto: la libertà.
Dal punto di vista teoretico, l’esistenza della libertà non è suscettibile di dimostrazione poiché essa
cade fuori dall’ambito fenomenico.
Dal punto di vista pratico la libertà è una condizione essenziale della moralità, una moralità priva di
libertà non sarebbe possibile, perché verrebbe meno la capacità del soggetto di essere causa prima
della propria azione.
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In tal senso essa è un postulato della ragion pratica e non un oggetto conoscibile fenomenicamente.
L’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio. L’immortalità dell’anima dal momento che l’uomo
è un essere finito, solo l’immortalità dell’anima gli garantisce la possibilità di un progresso morale
infinito dopo la morte, in modo da potersi avvicinare progressivamente e indefinitamente alla
santità.
L’esistenza di Dio, il sommo bene, consiste nell’unione proporzionale di virtù e felicità.
Il primato della ragion pratica. La validità dei postulati non è teoretica, ma soltanto pratica.
Attraverso di essi si giunge alla certezza morale della libertà, dell’immortalità dell’anima e
dell’esistenza di Dio.
Morale e religione. La volontà di Dio non è dunque arbitraria, ma pienamente conforme alla
ragione universalmente legislatrice. La fede religiosa si traduce in fede razionale, nella quale nulla è
lasciato alla superstizione e al fanatismo.
La critica del giudizio.
Il giudizio sintetico a priori è un giudizio determinante: esso, infatti, per mezzo delle forme a priori
dell’intelletto determina il proprio oggetto come tale. Nella critica del giudizio al giudizio
determinante viene contrapposto il giudizio riflettente, il quale non costituisce teoreticamente il
proprio oggetto, ma si limita a interpretare gli oggetti naturali in base al principio della finalità.
Tale principio non ha valore conoscitivo, ma presenta comunque un carattere universale, poiché
risponde a un ‘esigenza presente a priori nel soggetto.
1) Il giudizio estitico.
2) Il giudizio teologico.
Il giudizio estetico. Nel giudizio estetico il sentimento della finalità scaturisce dall’accordo
spontaneo tra l’immaginazione e l’intelletto. La prima fornisce l’elemento sensibile, liberamente
interpretato secondo progetti dell’immaginazione stessa.
Sull’accordo dell’immaginazione con l’intelletto di fonda il giudizio di gusto, che ha per oggetto il
bello. Il soggetto percepisce nell’oggetto del bello un’armonia interna che gli consente di
considerarlo come un fine in se stesso.
L’accodo tra le facoltà è colto per mezzo di un “senso comune”.
In base a queste definizioni si evince che il bello è distinto sia dall’utile, sia dal gradevole, sia dal
vero. Il bello è anche distinto dal buono. Il bello è oggetto di un piacere del tutto disinteressato.
Riprendendo una tendenza già delineatasi nell’Illuminismo e destinata a rafforzarsi con il
Romanticismo, Kant afferma dunque la completa autonomia dal bello rispetto ad ogni altro genere
di valore.
Il giudizio estetico ha per oggetto il sublime. Quest ultimo nasce dal duplice sentimento che l’uomo
prova confrontandosi con la grandezza (sublime matematico) e con la potenza (sublime dinamico)
della natura.
Giudizio teleologico. Nel giudizio teleologico trova invece espressione concettuale: il concetto di
fine non è tuttavia un concetto dell’intelletto bensì della ragione. Soltanto facendo ricorso al
concetto razionale di finalità interna, l’organismo non è un semplice composto meccanico risultante
dalla giustapposizione di parti a sé stanti, ma è una totalità inscindibile.
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Cultura, diritto, pace perpetua.
Alla domanda : che cos’è l?illuminismo? Per Kant è il dovere dell’uomo di sviluppare
completamente le proprie facoltà razionali e scrisse nel 1784 l’Idea di una storia universale dal
punto di vista cosmopolitico. Attraverso il succedersi delle generazioni la specie realizza
progressivamente la sua destinazione razionale nella cultura. Secondo Kant, l’avanzamento
culturale dell’umanità è reso possibile dall’antagonismo sociale. Credendo di perseguire i propri
interessi soggettivi, gli uomini realizzano così a poco a poco il disegno di una forza storica
impersonale, la Natura-Provvidenza.
Per essere storicamente fecondo, l’antagonismo deve svilupparsi nel contesto di istituzioni
politiche. Per questo motivo esso deve essere compatibile con il diritto.
Diritto e cultura procedono dunque di pari passo nel corso della storia.
La prima tappa storica nel processo di realizzazione del diritto è il passaggio dallo stato di natura
alla società civile. Ma lo Stato potrà realizzare pienamente il diritto soltanto quando assumerà la
forma di governo repubblicana. In essa il sovrano esercita il potere in esclusivo ossequio della
legge. La costituzione repubblicana deve essere fondata sul principio della rappresentanza e sulla
divisone dei poteri.
Nel progetto Per la pace perpetua Kant auspica pertanto al costituzione di una federazione degli
Stti per la pace. Il progetto di una pace perpetua rappresenta un ideale. Per Kant infatti, il rifiuto
della guerra e l’instaurazione del diritto sono imperativi categorici della ragione pratica.
AG