Un confronto da riaprire Reale: «Una nuova alleanza su scuola e medicina» Purtroppo oggi è tramontata l’idea dell’educazione come formazione, a scapito della sola informazione». DI LORENZO FAZZINI Un dialogo di vita, al di là di ogni ideologia del religioso. Con l’attenzione su due «emergenze »: la degenerazione dell’educazione e la medicina che dimentica l’uomo. Giovanni Reale, docente di storia della filosofia antica all’Università Vita e salute di Milano nonchè celebre esperto di Platone, individua qui lo spazio per quel «cortile dei gentili» di cui ha parlato Benedetto XVI. Su quale basi va impostato il dialogo tra credenti e non credenti? «Va riportato su un piano fortemente esistenziale. La concretezza del cristianesimo non è una teoria: la fede deve essere mostrata, oltre che dimostrata. Ma oggi rispondere alla sua domanda è assai più difficile che in passato. La posizione dei non credenti è diventata veramente radicale. Più che di 'ateismo' si tratta di totale 'indifferenza'. Occorre cercare di far rinascere il sentimento del religioso. Ritengo determinante ciò che Benedetto XVI ha scritto nella Deus caritas est : 'All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva'. Cristo deve diventare un contemporaneo. Scrive Kierkegaard in Esercizio del Cristianesimo : 'Signore Gesù Cristo, fa’ che possiamo diventare tuoi contemporanei così da vederti nell’ambiente dove realmente camminavi sulla terra, e non nella forma di un ricordo, vuoto e insignificante'». Quali i «territori» nei quali è più urgente praticare il confronto fra «laici » e cattolici? «L’insegnamento e la medicina. La scuola italiana è un disastro, rovinata dal troppo 'metodo' che ha squalificato i contenuti. Propongo una grande alleanza per l’educazione tra credenti e non credenti perché purE sulla medicina? «Le rispondo con un esempio: in Germania è stata di recente aperta una clinica 'moderna': ad un nuovo paziente che vi accede viene tolto il nome e gli si affida un numero. È questa la medicina che vogliamo? Una medicina che dimentica l’uomo? Bisogna avere a cuore il malato come persona, prima che come paziente». Diverse inchieste testimoniano il ritorno di Dio nel dibattito pubblico. C’è il rischio di strumentalizzare il tema religioso? «Sì, soprattutto nella politica. Ricordo quanto mi disse un traduttore polacco della mia Storia della filosofia antica. Gli avevo chiesto come mai affrontava una tale fatica. Mi ha risposto: 'Il marxismo ha cancellato dalle coscienze i tradizionali valori e ha creato il vuoto. Chi ha una fede, imbocca quella strada per uscirne; chi non ce l’ha cerca idee forti, non connotate politicamente'. Il cattolico dovrebbe ricordare Cristo che disse: 'Il mio Regno non è di questo mondo'. Quando il religioso vien strumentalizzato in chiave politica, perde il suo significato. L’ho imparato da Luigi Pareyson, che diceva: come si fa a spiegare Dio? Rispondeva: qualsiasi teoria su Dio è una forma raffinatissima di antropomorfismo perché rinchiude Dio in categorie umane». Quale l’apporto più salutare del cristianesimo oggi in Italia? «La cura spirituale dei giovani. Molti interventi proposti dagli psicologi sono palliativi, la vera medicina sta nel messaggio cristiano. Cristo è venuto sulla terra assumendo su di sé tutti i nostri mali per dar loro un senso. Camus scriveva: 'La notte del Golgota ha tanta importanza nella storia degli uomini soltanto perché in quelle tenebre la divinità ha vissuto fino in fondo, disperazione compresa, l’angoscia della morte. Si spiega così il Lamma sabactani e il dubbio tremendo del Cristo in agonia. L’agonia sarebbe lieve se fosse sostenuta dall’eterna speranza. Per essere uomo il Dio deve disperare'. E così la disperazione si capovolge in grande e salutare speranza». Natoli: «La Chiesa faccia risuonare Cristo nella società» Più predicazione spirituale della Chiesa, meno strumentalizzazione (bipartisan) della fede dalla politica. Puntando maggiormente sulla dimensione spirituale (non spiritualistica) del messaggio evangelico. Solo così secondo il filosofo Salvatore Natoli, docente di filosofia teoretica all’università Bicocca di Milano, il confronto tra credenti e non credenti può riprendere quota. Come può ripartire il dialogo tra laici e cattolici? «Il cristianesimo è resurrezione, ma soprattutto liberazione dalla morte. E la prassi del darsi reciproco è centrale nella comunità cristiana. In questo aspetto anche i non credenti vedono che la rivelazione possiede qualcosa che fa bene agli uomini. Penso, in particolare, al tema del 'prendersi cura': tale dimensione fa crescere la fiducia tra le persone e abbassa le tensioni. In questo mondo fatto di scontri, questo territorio è praticabile sia da chi ha fede sia da chi non crede. Per dirla con Spinoza, homo homini Deus: l’uomo può diventare salvezza per l’altro». Su quali argomenti vede praticabile tale confronto? «Vi è un percorso su cui è più facile trovare una reciproca permeabilità, e un altro dove essa è più difficile. Il primo è appunto il prendersi cura: la modernità ha distrutto le comunità naturali dove la cura tra le persone era il semplice stare insieme: penso alla famiglia. E cosa meglio del cristianesimo è indice di questo prendersi a cuore degli esclusi? Anche la tradizione politica di ispirazione cattolica (cito Sturzo) faceva riferimento a questo ideale. Lo stesso cardinale Tettamanzi si è mosso in questa direzione 'universalistica', per cui tra cristianesimo e diritti umani non vi è contraddizione ». E l’itinerario più difficile? «È quello dei diritti della libertà, un frutto maturo della modernità. Già il cristianesimo fa appello alla libertà come proposta mentre la democrazia ne è garanzia. Ma sui temi estremi della vita e della morte ora la Chiesa presenta il diritto naturale come valore assoluto, mentre per una lettura 'laica' ciò rimane un nodo controverso. Lo sviluppo tecnologico ha cambiato profondamente il quadro d’insieme: quando si nasce e si muore? Quanto c’è di naturale nell’'artificiale'? L’autodeterminazione non è più naturale dell’artificiale? Certo, la Chiesa può esprimere le sue posizioni, ma non può imporle alla politica». Lei cita il caso della solidarietà e la bioetica come elementi di 'dialogo facile' e di quello 'difficile' tra Chiesa e non credenti. Ma, rovesciando la prospettiva, non vi è un altrettanto rischio di strumentalizzazione? «Certo. E ci vuole davvero lucidità ed equilibrio. La Chiesa ha il diritto di convertire, ma non di travalicare il campo. Poi vi è anche chi, secondo una prospettiva 'sociale', usa la comunità ecclesiale a proprio vantaggio sui temi dei migranti. Ora, tanto più la Chiesa è spirituale, tanto meno è strumentalizzabile. Spirituale non vuol dire spiritualistica, ma partire dalla predicazione, ovvero dal fatto che il referente diretto della Chiesa non deve essere l’agone politico quanto la società intera». Cattolici più attivi e meno militanti, dunque? «Sì. Esemplifico: la risposta della Chiesa alla chiusura verso la mobilità delle persone consiste nel fatto che lei è abituata all’accoglienza. I cattolici non dicono che bisogna accogliere gli immigrati: li accolgono già. E quando parla dell’aborto, la Chiesa deve soprattutto cercare di convincere la gente a generare figli. A mio giudizio, compito della Chiesa è la pastoralità: produrre convinzione, entrare nelle coscienze piuttosto che in politica. Penso alla capacità di attrazione di una persona come il cardinale Martini, che suscitava una domanda di spiritualità. Bisogna riuscire a far sorgere la domanda: la figura di Gesù Cristo può pesare nella vita degli uomini? I cattolici devono far risuonare nella società il quesito di Cristo: Voi, chi dite che io sia?». Lorenzo Fazzini