Salutiamo il teorico della “liquidità relazionale”, della perdita di

Salutiamo il teorico della “liquidità relazionale”, della perdita di legami, a volta anche con se stessi,
concentrandoci sugli esiti duraturi di ogni innovazione che sia in grado effettivamente di cambiare
le “cose”.
«Una società può essere definita liquido-moderna se le situazioni in cui agiscono gli uomini si
modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il
carattere liquido della vita e della società si rafforzano a vicenda»: inizia così il saggio «Vita
liquida» del 2005 che porta avanti i concetti espressi cinque anni prima in «Modernità liquida» e
approfonditi anche in «Amore liquido» nel 2003 sulla fragilità dei legami affettivi nel mondo
odierno.
Sottotraccia, ritorna l'idea d'una tumultuosa (caotica) obsolescenza che non è riferita solo a
strumenti, procedure, tecniche, bensì – squarciando il velo dell'ignoranza omertosa – allude
all'ontologia (1) ed all'antropologia 2.
A questo proposito, Umberto Eco ha scritto: La società liquida inizia a delinearsi con quella
corrente detta post-moderno (peraltro termine “ombrello” sotto cui si affollano diversi fenomeni,
dall’architettura alla filosofia e alla letteratura, e non sempre in modo coerente). Il
postmodernismo segnava la crisi delle “grandi narrazioni” che ritenevano di poter sovrapporre al
mondo un modello di ordine, si è dedicato a una rivisitazione ludica o ironica del passato, e in vari
modi si è intersecato con le pulsioni nichilistiche.[ … ] anche il postmodernismo è in fase
decrescente. Esso era di carattere temporaneo, ci siamo passati attraverso senza neppure
accorgercene, e sarà un giorno studiato come il pre-romanticismo. Serviva a segnalare un
avvenimento in corso d’opera, ha rappresentato una sorta di traghetto dalla modernità a un
presente ancora senza nome.
In “Un popolo di frenetici informatissimi idioti” Franco Ferrarotti scrive: Il termine “idioti” del
titolo non è un insulto gratuito. È da intendersi nel senso etimologico di “circoscritti”,
“localizzati”, “irretiti”, “prigionieri nel web”. È sempre più tardi di quanto si crede. Ora anche i
periodici a grande tiratura (si veda “Newsweek” del 13 luglio 2012) i fini dicitori del giornalismo
salottiero e i compunti maggiordomi del potere quale che sia, i vati dell’ovvio e gli specialisti
dell’aria fritta se ne vanno accorgendo. Un’intera generazione — come da almeno trent’anni vado
documentando — appare nello stesso tempo informatissima di tutto, comunica tutto a tutti in tempo
reale, ma non capisce quasi nulla e non ha niente di significativo da comunicare. È una
generazione al macero, appesa agli schermi opachi di TV, Internet, Facebook, Youtube, eccetera,
destinata all’obesità catatonica e alla lordosi sedentaria. La stessa molteplicità e eterogenea
abbondanza delle informazioni la deforma, la fagocita, le impedisce di stabilire una propria tavola
di priorità. Internet, priva della critica delle fonti, è la grande pattumiera planetaria e paratattica,
in cui giovani e giovanissimi, adolescenti, ma anche giovani adulti, vanno quotidianamente
affondando. Questo è un grido di allarme che non si fa illusioni. Non sarà ascoltato. Quest’epoca
avrà il malessere del benessere che si merita.
Frenetici, informatissimi idioti … s'aggirano nei meandri dei
rapporti sociali quando, ad esempio, contaminati febbrilmente
ed esaltati dall'appartenenza egoica ad un logo (Mac),
bypassano la logica e “privatizzano” la stessa propria vita non
solo professionale. Precisiamo subito che “Open Source” non è
sinonimo di “gratuito”, tuttavia tra le prerogative della
maggiorparte dei programmi open source vi è quella di poterli
scaricare gratuitamente e utilizzare liberamente, eventuali limitazioni riguardano in genere l’utilizzo
per uso commerciale e sono stabilite dai termini di licenza consultabili nei siti ufficiali di
riferimento di ogni software. Come è noto, l’espressione “Sorgente Aperta” si riferisce al codice con
il quale un software viene scritto. Ogni programma che viene eseguito su un computer non è altro
1 Dal participio presente (ontos) del verbo greco einai ("essere") e logos ("legge"). L'ontologia è la disciplina filosofica che si occupa dello studio
dell'essere in quanto essere, ovvero al di là delle sue determinazioni particolari. L'ontologia si occupa quindi di studiare le qualità dell'esistenza delle
cose nella loro caratteristica di essere cose che esistono (enti); particolarità dell'ontologia è di fare riferimento al principio primo che caratterizza
l'esistere delle cose.
2 Dall'etimo della parola: ha come obiettivo di ricerca l'uomo, in rapporto al “tempo”, alla “storia”, all'interazione con i simili nel dare risposte circa la
sua natura, il suo essere ed il suo percepire.
che un insieme di istruzioni e comandi espressi sotto forma di codici, ovvero simboli alfanumerici e
caratteri speciali, sono proprio queste informazioni codificate a far funzionare in un certo modo
un’applicazione, o meglio: il codice è il programma stesso.
Un programma open source ha la peculiarità di poter essere utilizzato liberamente, chiunque può
scaricarlo da internet, fruirne e addirittura modificarne il codice. Lo sviluppo e la distribuzione di
softwares con codice sorgente aperto ha conseguentemente favorito la nascita e la diffusione di
piattaforme applicative sempre più potenti e flessibili. Infatti, grazie alla contemporanea evoluzione
di Internet, intere comunità di sviluppatori in tutto il mondo (spesso indipendenti e guidati da pura
passione per la programmazione informatica) hanno avuto accesso ai codici di scrittura di varie
applicazioni apportando modifiche e miglioramenti. È esattamente in questo modo che venne
concepito e in seguito notevolmente sviluppato un sistema operativo potente come Linux.
Nonostante ciò, i frenetici, informatissimi idioti di cui sopra insistono a non usare OpenOffice o
LibreOffice perché li ritengono inadeguati al loro uso coatto di “materiali” Mac.
Identica situazione può essere rilevata quando ci si
riferisce alla produzione di materiali culturali e/o didattici;
non tutti sanno che c'è da tempo la possibilità di rilasciare
“contenuti” inter-transdisciplinari sotto Licenza Creative
Commons (Attribuzione 3.0 Italia) in modo tale da condividere (riprodurre, distribuire, comunicare
al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare questo materiale con qualsiasi
mezzo e formato), modificare (remixare, trasformare il materiale e basarti su di esso per le tue
opere, per qualsiasi fine, anche commerciale) secondo dettami (vedi il prototipo di Licenza) di
promozione universale delle conoscenze svincolata dagli intenti aziendalistici di profitto sulle opere
d'ingegno.
Questo è quanto. Questo è oggi.
Il significato di open source è quindi da ricercare nella filosofia che ne ha propiziato l’inizio, una
filosofia che pone al centro la collettività e il sapere condiviso. I suoi fautori intendevano liberare
la conoscenza mediante la circolazione della cultura digitalizzata, resa accessibile attraverso un
computer. L’ascesa inarrestabile della rete telematica policentrica ha dunque avuto un ruolo
determinante nel processo di emancipazione e condivisione del sapere, ma non ha modificato il
sistema produttivo e, a ben guardare nihil sub sole novi, le mentalità che sostanziano il suo incedere
nella storia.
La scissione tra pratiche e teoria genera mostri. Il problema del rapporto tra teoria e prassi si colloca
nel punto generativo della stesso senso dell'operare professionale e della identità del soggetto. Porsi
il problema è tanto essenziale quanto quello della verità al quale è inscindibilmente correlato.
«i princìpi della morale devono essere categorici, se deve darsi in assoluto una morale e se questa
non deve essere degradata a dottrina della prudenza (Klugeitslehre)»
A. W. Rehberg
Gennaio 2017