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18/4/10
TECNOLOGIA
SCIENZA 15/4/2010 (7:32)
Maurizio Ferraris, solo un ontologo
ci potrà salvare
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filosofiche ora è anche utile. E premia
Barry Smith, che la applica alla
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«Tutte le scienze sono più necessarie di questa, ma
nessuna è superiore». Così Aristotele, con opportuno
realismo, tesseva l’elogio della sua «filosofia prima»:
quella che dopo di lui, per un felice accidente
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I TUOI DIRITTI
Il filosofo inglese Barry Smith
biblioteconomico, sarebbe stata chiamata «metafisica», e che a partire dal ’600 gira nel dibattito filosofico
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come «ontologia». Ossia la scienza dell’essere in quanto tale, al di qua di ogni specificazione. Quanto di più
sfuggente, impalpabile, astruso, più ancora della teologia di cui è un calco lessicale.
Adesso però la scienza «superiore a tutte» comincia anche a mostrarsi utile. E conseguentemente dà luogo
a un riconoscimento, ideato da Maurizio Ferraris attraverso il Labont, il Laboratorio di ontologia che dirige
presso l’Università di Torino. Oggi la prima edizione del «Premio Paolo Bozzi per l’Ontologia» verrà
celebrata con la consegna al filosofo inglese Barry Smith, tra i pionieri nel pensare alla possibilità di
un’ontologia applicata: nel suo caso, alle scienze biomediche.
Prof. Ferraris, come può l’ontologia utilmente applicarsi in questo settore?
«In effetti noi disponiamo di enormi database di informazioni biomediche, il problema è che questi dati
sono spesso classificati in maniera difforme: quindi si crea una specie di Babele, tutto il sapere diagnostico
che si può incamerare attraverso questa accresciuta capacità di registrazione rischia di restare
sottoutilizzato per la debolezza dei sistemi di classificazione.
«Immaginiamo un signore che va al supermercato, ma si imbatte nelle merci disposte in modo diverso
rispetto alle sue abitudini: perde molto tempo e certi prodotti non li trova. A un livello di complessità
estremamente più elevata, è il problema che riguarda l’ontologia nella classificazione degli “oggetti” medici.
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I reumatismi, ad esempio, in certe tradizioni mediche sono classificati sotto le allergie, in altre tradizioni
sono classificati da altre parti. Barry Smith si è impegnato nella ricerca di una terminologia medica
unificata. Il che rinvia al problema più strettamente filosofico di riconoscere la natura specifica degli
oggetti. Torniamo al supermercato: il succo di pomodoro dove lo classifichi? Chimicamente, assieme alle
conserve di pomodoro e ai pelati, o teleologicamente, assieme agli aperitivi?».
Ma in questo modo non si incorre nella critica del suo maestro Vattimo, l’ontologia non si
esaurisce nella giustificazione filosofica dell’esistente?
«No, perché classificare il mondo è un primo passo per trasformarlo. Quando il giudice accerta il reato,
non lo sta affatto accettando, ma sta cercando di fare giustizia».
Chi era Paolo Bozzi, lo psicologo morto sette anni fa a cui è intitolato il premio?
«Era uno psicologo che non si occupava solo di anima, ma di percezione, di come ci rapportiamo, con gli
occhi, gli orecchi, il tatto, insomma con i sensi, al mondo esterno. E studiando la percezione ha elaborato
una teoria che ritengo filosoficamente importantissima, la “fisica ingenua”».
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«Provo a illustrarlo con una storia vera. Qualche anno fa mi è capitato a un esame, di filosofia teoretica,
uno studente “tolemaico”. Gli ho chiesto di parlarmi della “rivoluzione copernicana”, cioè della
trasformazione che Kant aveva introdotto in filosofia, e lui, che evidentemente non aveva aperto un libro,
mi ha fatto notare che non era un esame di astronomia. Gli ho detto che, se Kant non necessariamente è
noto a chi non ha studiato filosofia, Copernico sì, e gli ho chiesto che cosa avesse fatto. Non lo sapeva. A
questo punto gli ho domandato: “Secondo lei, è la Terra che gira intorno al Sole o il Sole che gira intorno
alla Terra?”. Lui ha guardato alla finestra, ci ha pensato un po’, e mi ha risposto: “È il Sole che gira intorno
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alla Terra”. Lo diceva col tono di dire “non ha gli occhi per vedere?”».
Non ci credo...
«Ma è assolutamente vero! Era un caso spontaneo di fisica ingenua: lo studente non sapeva niente di
niente (quasi un record) e descriveva il mondo a partire da quello che vedeva. Ora, Paolo Bozzi, studiando
la percezione, ci ha spiegato che anche il più grande astronomo vede il mondo come quello studente
tolemaico, perché il vedere non è dipendente dal pensare, come credono molti filosofi, ma è una esperienza
a parte, l’incontro con il mondo prima di ogni sapere. Descrivere il mondo per come lo vediamo,
prescindendo da tutto quello che pensiamo o sappiamo, per lo studente tolemaico era facilissimo ma
inutile, mentre per Bozzi (che era coltissimo, e che di formazione era un filosofo) era molto difficile, ma
estremamente produttivo dal punto di vista concettuale».
Filosoficamente produttivo dimenticarsi il sapere e limitarsi a descrivere ciò che vediamo?
Che cosa vuol dire?
«Semplice. La filosofia del ’900 ha insistito molto sul fatto che noi ci rapportiamo al mondo attraverso
schemi concettuali: questo è indubbiamente vero (chi legge queste righe deve aver imparato l’alfabeto e
deve sapere l’italiano), ma non significa che il mondo sia determinato dai nostri schemi concettuali. Ecco il
grande insegnamento della fisica ingenua: posso sapere tutto quello che voglio, il mondo resta quello che è.
L’essere, quello che c’è, è l’ontologia, mentre quello che sappiamo a proposito di quello che c’è è
l’epistemologia. È importantissimo non confondere queste due dimensioni. Altrimenti vale il principio di
Nietzsche secondo cui “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, un principio per cui non avrei potuto dire al
mio studente tolemaico che andasse a casa e si ripresentasse all’esame solo dopo aver studiato».
Vuol dire che, per esempio, nel mondo sociale non ci sono interpretazioni?
«Certo che ce ne sono. Ma la cosa più importante, per filosofi e non filosofi, è non confondere gli oggetti
naturali, come il Monte Bianco o un uragano, che esistono indipendentemente dagli uomini e dalle loro
interpretazioni, con gli oggetti sociali, come le promesse, le scommesse, i premi filosofici, le interviste sui
giornali e le crisi economiche, che esistono solo se ci sono degli uomini che hanno certi schemi concettuali.
«Immagini un matrimonio tra malati di Alzheimer. Dove non solo gli sposi, ma anche chi officia, i
testimoni, il pubblico sono malati di Alzheimer, in cui i registri sono scritti con inchiostro simpatico e le
riprese della cerimonia si cancellano poche ore dopo. La mattina dopo nessuno ricorda più niente. Si può
dire che questo matrimonio esiste? C’è da dubitarne. Mentre il Monte Bianco continuerebbe a esistere
anche se tutti si fossero dimenticati della sua esistenza. Per questo il mondo sociale è pieno di documenti,
negli archivi, nei nostri cassetti, nei nostri portafogli, e adesso anche nei nostri telefonini».
OGGI A TORINO
Barry Smith è un filosofo inglese che insegna negli Usa e si è distinto per le sue ricerche nel campo della
filosofia applicata alle scienze biomediche. Oggi a Torino, nella Sala lauree della facoltà di Lettere,
riceverà il «Premio Paolo Bozzi per l’Ontologia».
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