TESI XVII
Con il passaggio da un’ontologia della
sostanza ad un’ontologia della relazione è
possibile predicare una relazione
essenziale di Dio con l’uomo.
L’amicizia tra Dio e uomo
prospettive a confronto
ARISTOTELE
Grande etica, II (B), 11, 1208b, 28-32
BIBBIA
Così il Signore parlava con Mosè
faccia a faccia, come un uomo parla
Vi è infatti, secondo quanto alcuni
con un altro uomo [LXX: prÕj tÕn
ritengono, anche un'amicizia verso dio ˜autoà f…lon] » (Es 33,11)
e verso gli esseri inanimati, però
questa
Il Padre stesso vi ama, poiché voi mi
è un'opinione non giusta. Infatti noi
avete amato» (Gv 16,27).
sosteniamo che vi è amicizia soltanto
dove vi è corresponsione, mentre
«Ma tu, Israele mio servo, tu Giacobbe,
invece l'amicizia verso dio non
che ho scelto, discendente di Abramo
ammette la corresponsione e neppure
mio amico» (Is 41,8)
in generale l'aver amicizia: sarebbe
infatti assurdo se uno dicesse di amare
«[Abramo] f…loj qeoà ™kl»qh» (Gc 2,
Zeus.
23)
Ontologia di sostanza
• Con ontologia della sostanza indichiamo ogni
tipo di metafisica che concepisce l’essere
originariamente nell’orizzonte della sostanza. La
scolastica definisce l’essere come ciò che-sipossiede (t¦ toÚtJ ØparcÒnta kaq'aØtÒ): è,
ciò o colui che si possiede.
• La concezione dell’essere come possesso
(Seinshabe) pone dunque la categoria di
sostanza come originaria rispetto a quella di
relazione.
Conseguenze
• Dio è immutabile
• Dio è libero e non dipendente dalla creatura
• Dio è perfetto
dunque non è in relazione reale
con il mondo e la storia degli uomini
J. Ratzinger
«Il Dio filosofico è essenzialmente rapportato solo a se stesso, in
quanto è pensiero esclusivamente auto-contemplante. Il Dio della
fede, invece, è fondamentalmente inquadrato nella categoria
della relazione. È l’immensità creatrice, che abbraccia l’universo.
Ne risultano così un quadro e un aspetto del mondo
completamente nuovi: la più alta possibilità di cui l’essere è
dotato, non viene più ad identificarsi con la scioltezza assoluta
d’un soggetto che basta solo a se stesso e sussiste per conto suo.
La suprema modalità dell’essere include invece l’elemento
“relazione”. Non c’è nemmeno bisogno di rilevare quale
rivoluzione debba comportare, per l’orientamento esistenziale
dell’uomo, il fatto che l’Essere supremo non si presenti più come
autarchia assoluta, ermeticamente chiusa in se stessa, ma denoti
invece al contempo relazione, potenza creativa, che crea e
sostenta ed ama qualcosa d’altro»
K. Lehmann
«Il fatto che Dio instauri a partire da sé una relazione
con l’altro come se stesso è l’elemento assolutamente
nuovo dell’idea cristiana di Dio. Non si tratta più della
totale separazione di chi è assolutamente
autosufficiente e resta solo in se stesso. Il fatto che
Dio instauri una relazione comporta una potente
intrinseca trasformazione dell’idea di Dio, una
trasformazione che forse finora non è stata pensata
sino in fondo da parte della teologia. Questa
possibilità e realtà della relazione si realizza nell’autocomunicazione del suo amore».
Ontologia di relazione
• «Nell’ontologia scolastica la relazione era – cosa sintomatica – la
determinazione più debole dell’essere; e si capisce, rispetto al
primato della sostanza. Ma se la concezione dell’essere viene
intesa in chiave strettamente relazionale, come un essere-insieme,
il concetto di sostanza viene a essere un’astrazione (ovviamente,
da un certo punto di vista del tutto giustificata). Il primato spetta
invece all’essere-insieme» (G. Ebeling).
• Con ontologia della relazione indichiamo quell’ontologia
che definisce l’essere a partire dalla relazione (prÕj ti) e
non tanto dalla sostanza (tÕ kaq'aØtÒ).
– «La realtà ultima e suprema non è quella della sostanza bensì quella della
relazione. Per Aristotele la relazione appartiene agli accidenti, che vengono
ad aggiungersi alla sostanza. Anzi, essa viene considerata come l’entità più
debole. Ma se Dio stesso si manifesta come il Dio dell’alleanza e del dialogo,
e il suo nome significa “per-noi” e “con-noi”, la relazione non viene dopo la
sostanza ma prima» (W. Kasper).
J. Ratzinger
L'amore per la creatura appartiene all’essenza di
Dio, e da questa essenza deriva quell’
autovincolamento, che arriva fino alla croce […]
Dio si lega nella sua propria esistenza alla creatura
uomo assumendo la natura umana. Questo
significa per altro verso che il sogno originario
dell'umanità trova adempimento e l'uomo diventa
come Dio: in questo scambio delle nature, che
costituisce la figura cristologica fondamentale,
l’assolutezza dell’alleanza divina è divenuta
definitiva bilateralità»
Conseguenze
• Dio è il terminus a quo ed origine della
relazione
• Il mondo, in particolare l’uomo Gesù, è il
terminus ad quem della relazione;
– perché Dio non dipenda dalla creatura, è
necessario che questo uomo sussista in Dio
(unione ipostatica),
– quindi che l’uomo Gesù sia definito
essenzialmente dalla relazione-a-Dio (figliolanza)
• Dio si lascia definire dalla relazione reale con
questo Gesù.
Si può predicare di Dio una relazione reale alla creatura, quando
è data identità reale tra Creatore e creatura. Nell’evento di Gesù
Cristo Dio ha vincolato la sua essenza e la sua esistenza alla
creatura di un uomo, assumendo la natura umana, fino al punto
di rendere possibile una relazione bilaterale tra Dio e uomo.
L’infinita alterità di Dio non esclude ma include la reciprocità tra
Dio e uomo. Questa reciprocità non mette in pericolo la
trascendenza di Dio, anzi questa è la condizione di possibilità per
una definitiva relazione tra Dio e uomo. Quanto più Dio si
relaziona al mondo, tanto più afferma la sua identità come Dio.
L’essere di Dio include l’altro in quanto altro, cioè l’uomo. In Gesù
Cristo ogni uomo è divenuto termine di relazione reale di Dio,
proprio perché Dio non vuole essere Dio senza di noi.
«Dio si lega all’uomo, si fa definire attraverso
la relazione che ha con il suo interlocutore, e
rende costui il partner di ciò che è, così come
invita l’uomo a definirsi in rapporto a lui» (J.
Moingt).
«Dio è colui che è per gli altri. Essendo per gli
altri egli è identico a se stesso» (E. Jüngel).
perché Dio è quello che è?
• né per caso o accidente
• né per arbitrio (ci sarebbe un primo e un poi)
• né per necessità (DH 526)
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• Dio è quello che è, perché lo volle!
• Dio determina se stesso ad essere Dio-con-Gesù
 preesistenza di Gesù Cristo
 l’umanità definisce l’essenza di Dio.
Dio proviene da Dio e solo da Dio, non viene determinato
da nessuno e da null’altro che da se stesso; egli stesso si
determina a non essere senza l’uomo-Dio.
Questo è il senso dell’affermazione neotestamentaria della
preesistenza del Figlio di Dio identificato con Gesù.
[...] Il fatto che Dio non voglia venire a se stesso senza l’uomo,
non fa dell’uomo il compimento della perfezione di Dio.
Dio si compie di per se stesso. Ma potremo e dovremo dire che
Dio non volle sapersi compiuto senza l’uomo.
Il venire-a-se-stesso di Dio deve essere compreso esso stesso
come un atto di libertà in cui si dà avvenire, in modo tale che
egli stesso decide su questo suo avvenire e quindi su di sé
(Jüngel)
Dio è come vuole essere (libertà),
ma vuole essere come è (necessità).
• Dio determinando se stesso ab aeterno come «Dio di
uomini», ha generato il Figlio che è identico con questo
Gesù.
– Questa auto-determinazione presuppone un «prima»: Dio Padre
che è fons et origino divinitatis, e dunque prima del Figlio lo
genera liberamente per amore. Si tratta, però, di un «prima»
ontologico e non crologico.
– «Che cosa era e che cosa ha fatto Dio “prima” del tempo e
“prima” della creazione? La differenza fra Dio e mondo non viene
negata, se di Dio si riconosce che abbia da sempre voluto
comunicarsi al radicalmente diverso di lui» (Vorgrimler)
• Questa originaria autocomunicazione di Dio all’uomo
definisce la natura di Dio come capax e potestas hominis
– in principio era il Logos: nel senso di  come legame tra Dio
e uomo
– legame profondo tra eternità e tempo