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Così oscuro l’inganno dell’uomo!
“Nel nome della Democrazia,
tra Forme di Governo e ricerca del sapere,
cospirazioni, insabbiamenti e poteri nascosti…”
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o luoghi e/o a persone
realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Giuseppe Trizzino
COSÌ OSCURO L’INGANNO
DELL’UOMO!
“Nel nome della Democrazia,
tra Forme di Governo e ricerca del sapere,
cospirazioni, insabbiamenti e poteri nascosti…”
Saggio politico
www.booksprintedizioni.it
Copyright © 2015
Giuseppe Trizzino
Tutti i diritti riservati
Introduzione
Decidere di scrivere un libro non è cosa facile, al contrario di quanto avevo pensato sino ad ora, pur rappresentando comunque un’esperienza suggestiva.
Il mio libro parte da una semplicissima riflessione
dei miei pensieri e domande su questioni che interessano la democrazia nella società ed il potere oggi, ed
in questo senso cerca di offrire un’analisi del fenomeno.
Sento di dovere a mia figlia delle risposte, lo devo a
Lei ed alla sua generazione.
Sono nato ed ho sempre vissuto in uno Stato democratico, anzi una Repubblica democratica, in cui il
“popolo” è il sovrano, titolare del potere.
Da sempre mi sono interrogato su questa immagine, ed oggi voglio andare alla ricerca del mio straccio
di potere… sovrano.
Nel nostro tempo, il contesto storico in cui viviamo
è molto confuso, la società stenta a trovare la sua
identità da esercitare attraverso il potere popolare e,
lo Stato democratico, continua ad affermare di essere
semplicemente mandatario di questo esercizio popolare affidatogli.
Ovviamente le due asserzioni non convergono, c’è
una discrasia che deve essere chiarita.
La società moderna, il “popolo” è alla ricerca continua del suo legittimo esercizio attribuitogli, lo Stato
non è più in grado di offrire risposte convincenti e, la
Nazione lo avverte.
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Voglio dunque spingermi sin là, dove è nascosta la
risposta,… cos’è la democrazia,… dov’è la democrazia,… come si esercita il potere democraticamente,…
il potere è del popolo…? Chi decide? Chi governa chi?
Vale la pena di ricordare che l’attuale relazione di
potere è ancora insita nella relazione definita nella
cristianità medievale.
Le forme sono cambiate, ma la sostanza è rimasta
la stessa.
Nel suo significato tradizionale, la parola potere ha
sempre e solo un significato positivo.
Il potere è uno dei principali attributi di Dio, forse
l’attributo più importante, perlomeno nella devozione
cattolica.
Il potere è puramente positivo, affidato dal popolo
ai propri rappresentanti perché si facciano portatori
dell’interesse del popolo sovrano.
Ora, il potere opera per mezzo degli umani e, questi
mediatori rivestiti di una partecipazione al potere per
realizzare la volontà popolare costituiscono la gerarchia.
Il potere della gerarchia è anch’esso puramente positivo, perché è lo stesso potere del popolo che ha scelto alcuni uomini come amministratori della cosa
pubblica; questo potere è affidato democraticamente e
chi lo esercita, lo fa all’interno di istituzioni democratiche, almeno questo pensiamo.
È evidente che questa identificazione tra potere e
servizio procede dall’ideologia imperiale.
In questa ideologia, ogni potere è positivo perché
ogni potere è un servizio alla società.
“Dominare per servire” è la definizione di tutti i colonialismi.
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Ora, i membri della gerarchia non possono essere puri
rappresentanti del potere del popolo.
Nell’esercitare il loro potere, non comunicano semplicemente il messaggio del popolo, ma anche
un’intera ideologia.
Creano un certo orientamento della società, non
creano la società che è prodotto dell’essenza culturale
di ogni popolo.
Allora, il potere diventa dominazione, come in tutte
le istituzioni umane.
Per questo esiste sempre un problema politico nella
società, il problema che i membri dello Stato sono esseri umani e non puri depositari del potere del popolo. Il loro potere non è, come il potere di Dio, pura
forza creatrice, non è puro dono di vita.
È anche imposizione, arbitrarietà, dominazione
dell’uomo sull’uomo.
Non solo per vizi personali, ma per strutture di peccato.
La concezione medievale del potere nello Stato e il
conseguente abisso tra i governanti e il popolo sono in
crisi da secoli, per quanto la gerarchia l’abbia negato
fino ad oggi.
Bene, questa relazione è in declino da tempo, e la
crisi si è accentuata sempre più nel XX e XXI secolo.
Milioni di persone abbandonano l’ideale della sovranità popolare, del potere democratico popolare e la
causa fondamentale, cosciente o incosciente; e la gerarchia nega il problema perché sente che sarebbe il
primo oggetto di contestazione.
Tuttavia, è chiaro che la nuova società urbana, alfabetizzata e sviluppata culturalmente, non accetta
più il tipo di relazione di potere presente.
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Non si può negare che ogni Stato, come qualunque
gruppo umano, necessiti di un’organizzazione di potere, ma non eternamente di un’organizzazione nata in
una determinata epoca in virtù di una situazione storica limitata nel tempo. Nessuno ignora che l’autorità
sia necessaria.
Ma l’attuale sistema di dominio fa sì che milioni di
persone, proprio quelli che appartengono alla nuova
cultura urbana, si allontanino dalle istituzioni, o semplicemente perdano anche inconsapevolmente il senso
di appartenenza ad essa.
È necessario vedere ed esaminare criticamente il sistema di potere almeno quello democratico che esiste
nello Stato, retto da un diritto sempre relativo.
È necessario vedere chiaramente la differenza tra
ciò che è permanente nella nostra comunità statale e
ciò che la storia ha fatto nei secoli successivi.
Al contrario, saremmo prigionieri della storia, prigionieri di un passato morto.
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Parte prima
Le radici della democrazia: Atene, 508 a.C.
Studiosi e dotti, fanno fatica ad indicare una data in
cui far partire la storia della democrazia.
C’è, certamente, la storia della parola “democrazia”:
come molti sanno il vocabolo democrazia proviene
dal greco demokratia, composto da demos e da kratia.
Demos aveva il valore di popolo, in opposizione al
re e alla nobiltà, ovvero – nelle antiche città-stato come Atene – i cittadini liberi che formavano
l’assemblea del popolo.
Kratia, da kratos (collegata alla base krat da cui nasce il nostro grazia) indicava la forza, la potenza, e,
nell’ambito della politica, la signoria, il potere.
Il concetto e la parola democrazia ci giungono dunque dall’antica Grecia: già Erodoto, il padre della storia, nel V secolo avanti Cristo utilizzava la parola democrazia nel senso di governo popolare.
E alla storia greca dobbiamo rifarci per scrivere
una brevissima descrizione dei colori che ebbe l’alba
della democrazia.
ATENE, 508 a.C.
Alla base della società greca primitiva intorno all
’800 a.C. si collocavano le famiglie riunite in clan e in
tribù.
Durante i sec. IX e X a.C. con l’espansione commerciale e coloniale un gran numero di Greci si erano resi
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indipendenti dai legami terrieri arcaici, segnando
l’inizio del declino della classe aristocratica.
Nel 630 a.C. ad Atene venne suscitato un primo tentativo di tirannide da parte di Cilone che sfruttò una
condizione di malcontento popolare.
In un passato mitico il primo sincretismo politico,
di natura vagamente democratica, fu considerato attuato da Teseo.
Costui, sette secoli prima di Clistene, si configurò
come colui a cui venne attribuita, in parte dalla tradizione, il ruolo di creatore di una prima democrazia,
per aver ceduto almeno una parte dei poteri al démos.
Il primo vero passo verso la democrazia può essere
considerato l’opera attuata da Dracone (VII sec. a.C.)
che mise per iscritto le leggi di una tradizione orale,
per volere degli aristocratici.
Quando però l’Attica fu scossa da una crisi agraria
che causò disordini civili, venne nominato per la città
di Atene un aisymnetes affinché regolasse la situazione politica e sociale.
Essendo stato nominato Solone (ca.594/3 o 592/1
a.C.) per questa carica, dunque, si avviò l’arché democratico, ovvero l’inizio evolutivo di questa forma di
governo.
Dall’intermezzo costituito dalla tirannide di Pisistrato (561 a.C.) che donò splendore artistico alla città
di Atene, si passò alla riforma di Clistene (508 a.C.)
che rappresenta una forma più popolare (demotikoteria) rispetto a quella di Solone: proprio la riforma di
Clistene del 508 a. C. è dai direttisti considerata l’atto
di nascita della democrazia nel mondo occidentale,
anche se molta strada sarebbe ancora stata fatta ad
Atene.
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