MILANO. La morale, e cioé quel complesso di convenzioni e valori che regolano il comportamento di ogni essere umano, potrebbe avere radici biologiche ed essere regolata da particolari strutture del cervello. E' la conclusione cui sono giunti la neuropsicologa Manuela Fumagalli ed il neurologo Alberto Priori del Policlinico di Milano, con uno studio pubblicato online sulla rivista Brain. I due ricercatori, sulla base di una revisione della letteratura scientifica che include 10 anni di esperimenti condotti anche da loro stessi, hanno ricostruito le radici biologiche del comportamento morale umano, 'interpretandola' secondo criteri neuro-anatomici e funzionali. Per giungere a queste conclusioni, gli autori hanno analizzato circa 160 studi sugli effetti comportamentali della psico-chirurgia, ricerche di risonanza magnetica funzionale e analisi comportamentale di pazienti con lesioni cerebrali o con malattie psichiatriche. “Il nostro obiettivo - spiega Fumagalli - era quello di individuare le strutture del cervello che regolano il nostro comportamento morale e di capire che cosa accade quando tale comportamento è alterato da una lesione cerebrale”. Dagli studi è emerso che il comportamento morale umano è il risultato dell'interazione di diverse strutture, localizzate sia sulla corteccia che nelle parti più profonde, e che nel loro insieme possono essere definite il “cervello morale”. Una lesione o il malfunzionamento di queste strutture, spiegano gli esperti, “può produrre comportamenti moralmente devianti, cioé comportamenti violenti che ledono i diritti umani. Un possibile riscontro lo si potrebbe trovare negli psicopatici, nei criminali e negli assassini, che spesso presentano il malfunzionamento di aree cerebrali implicate nel comportamento morale”. Il comportamento morale umano, quindi, affonda le sue radici nel nostro cervello, sebbene non si possa escludere il ruolo della cultura e dell'educazione nello sviluppo morale. Questo cambio di prospettiva che si sta facendo strada nelle neuroscienze potrebbe avere importanti risvolti pratici a livello sociale. “Prima di tutto da un punto di vista clinico - spiega Priori - per la diagnosi e l'eventuale trattamento di pazienti con comportamenti violenti o moralmente devianti. Inoltre, da un punto di vista legale, le neuroscienze si stanno costruendo uno spazio importante nelle valutazioni psichiatricoforensi e nel decidere sulla responsabilità e sulla capacità di controllo del proprio comportamento. Questo lavoro solleva infine un'altra interessante questione: poiché esistono lesioni cerebrali, malattie del corpo e farmaci che possono interessare o influire abbastanza selettivamente sul funzionamento del 'cervello morale', ci si dovrebbe chiedere se personaggi che rivestono cariche di importante responsabilità politica o sociale debbano essere valutati per la loro capacità di decisione morale analogamente a quanto avviene, per esempio, alla visita periodica di idoneità per la patente di guida”.