Olivi a confronto mostra itinerante e incontri nel paesaggio del Garda "Saggio è l'uomo che pianta un seme sapendo che non sarà lui a sedersi all'ombra di quella pianta, ma i suoi figli" proverbio popolare Il lago di Garda è l’area più settentrionale, in Europa, dove si spinge la coltivazione dell’olivo. Un habitat felice, dovuto all’eccezionalità di questo lembo di terra, che affianca gli aspri profili rocciosi del paesaggio alpino alla dolcezza del clima, mitigato dall’azione del lago. Coltivato fin dall’antichità, vi sono tracce che risalgono direttamente all’epoca romana, l’olivo contraddistingue il paesaggio della zona, un microcosmo di piccole coltivazioni che si spandono a macchia d’olio sui declivi della valle glaciale del Sarca. “Olivi a confronto” indaga il profondo rapporto che lega la coltivazione dell’olivo alla cultura della zona, mettendo a confronto la realtà locale con quella di altri Paesi, attraverso un approccio multidisciplinare e sensoriale. Produzione e raccolta, note botaniche, peculiarità e caratteristiche dell’olio prodotto dagli olivi secolari dell’Alto Garda, ma anche mitologia, elementi simbolici, sacralità degli oli e delle piante, arte locale, sono solo alcuni degli aspetti che verranno affrontati in questa mostra itinerante attraverso i principali centri del Garda Trentino. 1 L’olivo nelle stagioni L’olivo può essere considerato come prova tangibile delle prerogative climatiche della valle di Arco. Nessun’altra parte del Tirolo può vantare la sua presenza Max Kuntze DIAGRAMMA OLIVO Le stagioni dell’olivo all’Arboreto di Arco Fasi vegetative (ruota interna) Le foglie giovani iniziano a formarsi dalla metà di aprile e completano la formazione alla fine di giugno (fase verde chiaro). Le foglie adulte (fase verde scuro) restano sull’albero 1 o 2 anni. Fasi riproduttive (ruota esterna) In primavera, alla fine di maggio, le gemme fiorali iniziano a schiudersi (fase gialla). L’apertura delle gemme dura circa una settimana, all’inizio di giugno (fase rosa). La fioritura piena (fase rossa) dura circa due settimane, nella prima metà di giugno. La formazione dei frutti (fase azzurra) avviene da metà giugno alla fine di ottobre, quando può iniziare la raccolta. La fase dei frutti maturi (fase violetta) dura un paio di settimane, dopo di che inizia la caduta dei frutti. (Media dei valori rilevati nella serie delle osservazioni fenologiche effettuate all’Arboreto di Arco dal 1995 al 2006) Polline di olivo Immagine al microscopio a scansione © Istituto di Botanica Università di Innsbruck Fiori di olivo Frutti verdi Frutti maturi © W.Larcher Il rischio delle gelate invernali Il rischio maggiore per gli alberi di olivo al limite settentrionale di distribuzione è costituito dal gelo invernale. 2 Dopo una gelata da -9 a -10 °C sulle foglie si osservano delle necrosi marroni a strisce. Da -12 a -13 °C le foglie sono danneggiate a metà, e sotto i -14 °C sono congelate. I polloni presentano danni già a -12 °C. I rami e il tronco si congelano solo a temperature inferiori a -18 °C. Una gelata storica per Arco è stata quella del gennaio 1985, quando le temperature minime scesero a -11,5°C. Gli olivi registrarono gravi danni, specialmente alle foglie, ma nel giro di qualche anno si ripresero pienamente. La fenologia all’Arboreto di Arco La fenologia vegetale è la scienza che si occupa della classificazione e registrazione degli eventi periodici e visibili delle piante. L’Arboreto di Arco è un posto davvero speciale dove poter studiare le piante, tra le quali anche l’olivo. In un contesto climatico e ambientale unico - l’olivo e il leccio raggiungono qui il limite settentrionale di distribuzione in Europa - l’Arboreto è un luogo di grande interesse scientifico, una eccezionale serra a cielo aperto dove crescono oltre 150 specie botaniche. Fondato nel 1872 dall’arciduca Albrecht von Habsburg, nel 1994 l’antico parco storico diventa sede territoriale del Museo Tridentino di Scienze Naturali, in convenzione con il Comune di Arco, proprietario dell’area. Il Museo promuove un programma di ricerche finalizzate allo studio del rapporto tra piante e clima, seguendo la metodologia della Rete Nazionale dei Giardini Fenologici. Al fine di determinare le risposte delle piante ai cambiamenti climatici, vengono osservate settimanalmente le fasi vegetative (da gemma a riposo a foglia adulta) e riproduttive (dalla gemma al fiore, e quindi al frutto maturo) di un centinaio di specie di alberi e arbusti, tra i quali anche l’olivo. Gli olivi all’Arboreto di Arco, foto B. Cadrobbi La raccolta delle olive a Cologna (Tenno) nel 1965 © W.Larcher La raccolta delle olive sul monte Brione nel 1963 © W.Larcher 3 Note botaniche e microscopiche “Olea prima omnium arborum est” Columella, De re rustica Nome scientifico: Olea europaea L. Nome comune: Olivo, Ulivo Si distinguono due sottospecie: Olea europaea ssp. sylvestris (Mill.) Rouy = syn. Olea europaea var. oleaster (Hoffmgg. et Link) DC. E’ conosciuto con il nome volgare di oleastro e rappresenta la pianta selvatica, è diffuso nelle Isole Canarie, in Portogallo, Crimea e Asia minore. L’oleastro è caratterizzato da un portamento per lo più arbustivo, da rametti a volte quadrangolari forniti di spine e robusti. Le foglie sono di dimensioni ridotte; nei giovani arbusti le lamine fogliari sono ovali, mentre nelle piante adulte sono lanceolate; la base è piatta. La drupa è di piccole dimensioni (1-2 centimetri). L’oleastro è diffuso lungo i litorali, si consocia soprattutto con il carrubo, creando delle macchie che sostituiscono il leccio nelle fasce climatiche più calde. Riveste quindi un grosso interesse dal punto di vista paesaggistico. L’oleastro è inoltre molto longevo ed ha lenta crescita, entra nella fascia più termofila della macchia mediterranea, prediligendo terreni argillosi a reazione neutra od alcalina. Non teme la siccità, ma non sopporta il gelo. Arbusti di oleastro (Olea europaea ssp. sylvestris) nella macchia mediterranea dell’isola di Minorca Olea europaea ssp. europaea L. = syn. Olea sativa Hoffmgg. et Link È conosciuto con il nome volgare di olivo, una tra le piante coltivate maggiormente diffuse in tutto il Mediterraneo. L’olivo è caratterizzato da un portamento arboreo, con rametti cilindrici e senza spine. Può raggiungere e superare l’altezza di 10-15 metri. Le foglie sono lanceolate e la drupa ha il mesocarpo molto polposo e ricco d’olio. Viene coltivato intensamente e si può spingere a latitudini leggermente più elevate dell’oleastro, ma caratterizzate comunque da un clima mite. Nelle zone interne con clima continentale abbastanza rigido (es. pianura padana), può essere coltivato ad esclusivo scopo ornamentale in vaso o interrato in luoghi estremamente riparati e con particolari microclimi miti. In questo caso manterrà portamento arbustivo e dimensioni contenute. L’olivo viene coltivato per la produzione della drupa (oliva), che può essere spremuta in frantoio 4 per ottenere l’olio, oppure, per le cultivar di grossa pezzatura, può essere destinata al consumo diretto. I residui della spremitura (buccette e sanse d’oliva) sono destinati all’alimentazione zootecnica o come combustibile. Antichi olivi (Olea europaea ssp. europaea) nel villaggio di Zaljevo in Montenegro, nel 1967 © W.Larcher 5 Note botaniche e microscopiche Seguita la solita tecnica di preparazione, all’esame microscopico ogni pelo risulta formato di tante cellule ramificate elegantemente, gli ultimi rami terminanti a punta Ricci, Guida alle esercitazioni di botanica Origine, diffusione, parentele Originario del bacino del Mediterraneo, in Italia è presente in quasi tutte le regioni nelle loro fasce climatiche più miti. Con clima favorevole può spingersi fino alla quota di 800 metri. Sulla basi di indagini genetiche finalizzate a chiarire le relazioni filogenetiche tra Olea europaea ed altre specie del genere Olea, i “parenti” più stretti dell’olivo risultano essere Olea cerasiformis (Isole Canarie), Olea laperrinei (Algeria), Olea maroccana (Marocco). Olea ferruginea (India) ed Olea africana (Kenia) risultano invece essere “parenti” lontani. La coltura dell'olivo nel mondo. Limiti latitudinali: in Europa fino a 45°N (limite del gelo); in Africa settentrionale fino a 30°N (limite della siccità); in Africa meridionale fino a 30°-35°S; in America settentrionale da 50°N bis a 25°N; in America meridionale da 15°S (limite altitudinale nelle Ande) a 40°S; in Australia da 35°S a 38°S. Tra il tropico del Cancro e quello del Capricorno gli olivi non riescono a fiorire, poiché per la germogliazione dei fiori è necessaria una temperatura di circa 10-11°C Tronco e corteccia Il tronco dell’olivo è molto contorto ed irregolare, nelle piante adulte tende a fessurarsi sino a formare delle cavità. Tronco con evidenti fessurazioni a Cassandra La corteccia è chiara, grigiastra, piuttosto spessa, divisa in piccole placche Legno Il legno di olivo ha una porosità diffusa ed è difficile distinguere gli anelli di crescita annuale. I minuscoli vasi hanno spesse pareti a sezione ovale (30-100 µm). 6 Pure le fibre del legno hanno spesse pareti, è per questo motivo che il legno d’olivo è duro e pesante. I raggi del legno sono disposti in fila. Il parenchima di riserva circonda i fasci vascolari e le bande tangenziali. Nel parenchima e nei raggi legnosi si accumula molto amido, soprattutto in autunno e in inverno. Il legno è robusto, pesante, di colore bruno-rossastro, è molto apprezzato in falegnameria, per la produzione di piccoli oggetti di artigianato e di sculture. Un oggetto artigianale in olivo: la chiave della città di Arco © W.Larcher Sezione microscopica di legno d’olivo Sezione microscopica di legno d’olivo Gemme vegetative Le gemme sono situate all’ascella delle foglie e all'apice dell'asse vegetativo. Gemma apicale aperta, in inverno Gemme a riposo. In caso di danno ad un organo dell’albero (ad esempio: rami e tronchi gelati in inverno, rami secchi a causa della siccità estiva o di funghi patogeni), da queste minuscole gemme si possono formare nuovi polloni e nuovi rami Foglie Le foglie sono sempreverdi, semplici, bifacciali con inserzione opposta, mediante un corto picciolo, su rametti grigiastri, venati verticalmente. La lamina fogliare è coriacea, ovale o lanceolata, lunga fino a 7 cm ed è attraversata da una sottile nervatura penninervia; il margine è intero. La pagina fogliare superiore si presenta nel caratteristico colore verde oliva, mentre quella inferiore è ruvida e di colore grigioargentato. Sezione dorso-ventrale di foglia di olivo. Le cellule del parenchima a palizzata sono cilindriche e molto ravvicinate; ciò favorisce la diffusione e l’assorbimento dell’anidride carbonica da parte delle cellule, e di conseguenza la pianta può raggiungere un’alta resa fotosintetica, anche in caso di forte irraggiamento. Ingrandimento 200x Nel parenchima spugnoso si trova un reticolo di fibre lunghe ed elastiche; in caso di siccità le fibre si raccorciano, in modo che le foglie si arrotolano. Di conseguenza la 7 superficie traspirante delle foglie si riduce, come pure la perdita di acqua da parte dell’albero. Ingrandimento 200x Sezione trasversale di una foglia esposta a sud di Olea europaea var. Frantoio. E’ possibile osservare la spessa epidermide superiore (Eps), la cuticola (colore arancio), l’epidermide inferiore (Epi), i due strati del parenchima a palizzata (PP) sotto le epidermidi, il parenchima lacunoso (PL), un pelo scutato (sc). Nei fasci conduttori (nervatura laterale e nervature minori) si distingue lo xilema (colore rosso). Il reticolo di fibre flessibili è colorato di blu. Sezione trasversale di una foglia di olivo vista al microscopio a scansione (SEM) E’ possibile distinguere l’epidermide superiore (Eps), il parenchima a palizzata (PP), il parenchima lacunoso (PL), gli spazi intercellulari (sp), i fasci conduttori (fc), il reticolo di fibre flessibili (ff) disposto tra il parenchima a palizzata e il parenchima lacunoso, l’epidermide inferiore (Epi) con i peli scutati (sc). © Istituto di Botanica Università di Innsbruck Peli scutati I microscopici peli scutati che si trovano nella pagina interiore delle foglie assorbono i dannosi raggi ultravioletti (UV-B), proteggendo così i tessuti della foglia deputati alla fotosintesi. In caso di irraggiamento diretto sono in grado di riflettere fino al 20% della radiazione solare, motivo per cui la chioma appare come illuminata, circondata da un cerchio di luce, una specie di ”aureola”. Peli scutati nella pagina inferiore della foglia di olivo, ingrandimento 100x Fiori I fiori sono ermafroditi, riuniti in piccole infiorescenze a pannocchia poste all’ascella delle foglie, chiamate mignole; sono di colore biancastro e delicatamente profumati. Ogni fiore completo è costituito da 4 verticilli: il calice, la corolla, l’androceo e il gineceo, ciascuno composto dagli elementi indicati dalla seguente formula fiorale: 4 S + 4 P + 2 S + 2 C. Mignole della varietà Frantoio Fiori di olivo Da sinistra a destra, sopra: fiore completo, corolla spiegata con gli stami, fiore senza corolla e senza stami, stame visto posteriormente; 8 sotto: stame visto anteriormente, pistillo in sezione longitudinale e trasversale, drupa in sezione trasversale (a - epicarpo, b - mesocarpo, c - endocarpo, d - seme), pistillo Frutti I frutti dell’olivo, le olive, sono drupe dicarpiche, cioè costituite dalla saldatura dei due carpelli dell’ovario. Frutti maturi Sezione trasversale di una drupa (particolare): C - cuticola è - cellule epicarpiche me - elementi sottoepidermici del mesocarpo Me - masse del mesocarpo sc - elementi sclerosi Radici Il sistema radicale, nella pianta adulta, è formato da radici che si dipartono direttamente dal pedale e, suddividendosi nel modo più vario fino ai capillari, penetrano nel terreno, verticalmente e orizzontalmente. Sezione microscopica di una radice di olivo lignificata, di circa 5 mm di diametro con fibre sclerenchimatiche (rosso) e parenchima legnoso (blu) Schema del sistema radicale di un olivo che dopo un quindicennio è stato ricoperto con 25 cm di terra. 9 L'olivo nel Sommolago “ed ora, mentre scendevo in questo anfiteatro di rocce, ho visto i primi ulivi già carichi di olive” W. Goethe, Italienische Reise Il paesaggio del Garda è tutto contraddistinto dall'olivo, tanto che la sponda orientale del lago è stata denominata la Riviera degli Ulivi. Anche il Sommolago, la parte trentina del Benaco, vanta un cospicuo numero di oliveti che ricoprono, rendendoli argentei, i declivi, i terrazzamenti dovuti al millenario e paziente lavoro dell'uomo, o interi versanti di monti, come il Brione. Da duemila anni la pianta d'olivo caratterizza il nostro paesaggio, stando alle scoperte archeologiche di questi ultimi anni. A Riva, infatti, sono stati scoperti in una tomba del I secolo d. C. dei noccioli che testimoniano che la sua introduzione è antica quanto la romanizzazione del nostro territorio. Proprio la presenza di quest'albero fu, per i visitatori d'Oltralpe, un preannuncio del Sud, il primo saluto dell'Italia a lungo vagheggiata. Fu esso ad accogliere Goethe quando, il 12 settembre 1786, lasciata alle spalle Nago, percorse la ripida mulattiera che l'avrebbe condotto a Torbole: “ed ora, mentre scendevo in questo anfiteatro di rocce, ho visto i primi ulivi già carichi di olive”. Attraverso quel percorso, che si hanno molte ragioni per identificare con l'antichissima strada di Santa Lucia, ancor oggi esistente e recante sulle sue pietre l'usura prodotta dal tempo e dall'uomo, erano transitate più di trecent'anni prima le galee veneziane che, portate via terra, si apprestavano a dare battaglia sul lago ai Visconti. Furono proprio gli olivi a rendere possibile questa titanica impresa, fino a sacrificarsi, come descrive Pier Candido Decembrio da Vigevano: “Nella bocca maggiore del Lago di Benaco o di Garda, dov'entra il fiume Sarca, da man sinistra avvi una valle piccoletta, la quale gli abitatori appellano le Torbole. Nel monte più alto v'è un castello detto Penetra. Avendo i veneziani preso questo luogo e avendo fatto tirare su per l'Adige venticinque Galee e Barche a Verona fecero tirare ai buoi queste Galee e barche per sessanta mila passi su per questo monte, e mandaronle giù nel Lago con tanto peso, che gli olivari vecchi, ai quali raccomandavano le corde colle quali queste Galee erano legate, si spezzavano in pezzi, quando lasciavano calare giù giù pel monte esse Galee”. Gli olivi del Brione, quelli che ricoprono il pendio meridionale del castello d'Arco, quelli di Varignano, di Laghel, di Torbole, hanno sempre attratto i numerosi visitatori che giungevano, e giungono, soprattutto dal Nord Europa. Le passeggiate attraverso i vasti oliveti facevano parte, alla fine dell'Ottocento, delle Terraincuren secondo il metodo Oertel, raccomandate dal Kuntze nella sua guida di Arco. A ricordo di questo e di una fra le tante presenze illustri che apprezzarono le peculiarità del nostro paesaggio, qualche anno fa si è inaugurata la Rilke Promenade, la 10 passeggiata rilkiana, buona parte della quale si snoda tra gli ulivi. Così il poeta ceco aveva scritto nel 1897 in una sua poesia composta ad Arco: “il pio campanile/emerge traboccante di sole/ dall'argento opaco degli olivi del pendio”. 11 L’olivo nell’Altogarda trentino: le dimensioni di una olivicoltura al limite CASALIVA (Sin. “Drizzar”, “Drezzeri”) E’ la cultivar più diffusa in tutta la regione, in forza della sua produttività pressoché costante anche in condizioni non ottimali di coltivazione G. Bargioni, Olivicoltura gardesana Produzione e incidenza economica Superficie: Piante da olivo: Varietà prevalenti: Giacitura: Altitudine: Ambiente climatico: Numero dei produttori: Produzione media di olive: Produzione media di olio: 500 ha di oliveto, dei quali 400 ha di oliveto specializzato e 100 ha promiscuo 90-100.000, di cui 85.000 oltre i 10 anni di età Casaliva e Frantoio, circa 95% pedemontana su terrazzamenti 100-300 m/s.l.m. montano mitigato 1.500 11.550 q.li all’anno 2.200 q.li all’anno, dei quali 450 q.li destinati al mercato (valore commerciale 450.000,00 Euro) e 1.750 destinati all’autoconsumo (valore stimato 1.000.000,00 Euro) La coltivazione Forma di allevamento: Potatura: Concimazione: Irrigazione: Difesa fitosanitaria: Raccolta: Biologico: libera, vaso policonico annuale, biennale concimi organici e minerali normalmente oliveti non irrigui sali di rame contro le crittogame, cattura massale contro la mosca delle olive nella norma brucatura a mano direttamente dalla pianta con uso di reti e scalini c’è una piccola produzione certificata 12 La spremitura delle olive dell’Altogarda trentino Raccolta delle olive: Conservazione delle olive: Impianti di spremitura: Commercializzazione: a metà invaiatura, novembre-dicembre in casse o bins per non più di 5 giorni (disciplinare DOP) 3 frantoi a ciclo continuo con presse centrifughe in bottiglie presso i frantoi, è molto diffuso l’autoconsumo Caratteristiche dell’olio extravergine di oliva Garda trentino (D.O.P.) Acidità: inferiore allo 0,5% Punteggio al panel test: superiore a 7 Sensazioni olfattive: fruttato leggero o medio, profumo di prato appena falciato, ortaggio da foglia, mandorla Sensazioni gustative: piccante ben presente, leggero retrogusto amaro Nell’insieme: armonico e delicato, ma allo stesso tempo concreto, fragrante e sapido 13 La coltivazione dell’olivo nell’Altogarda: una realtà ecosostenibile Mosca delle olive: colpisce esclusivamente le drupe dell’olivo nelle sue forme coltivate e spontanee e quelle delle altre specie del genere Olea A. Morettini, Trattato di olivicoltura Il clima dell’Altogarda e la giacitura degli oliveti sono favorevoli ad una naturale riduzione della capacità di sviluppo dei principali parassiti dell’olivo. Contro i parassiti dell’olivo si eseguono pochi interventi utilizzando principalmente biotecnologie e antiparassitari ammessi nella produzione biologica: sali di rame contro le malattie fungine; oli minerali contro le cocciniglie; cattura massale contro la mosca olearia. Quest’ultima consiste nell’abbassamento della popolazione attraverso la cattura e la devitalizzazione della forma adulta dell’insetto parassita; viene effettuata attraverso trappole contenenti attrattivi alimentari e sessuali, oltre a sostanze insetticide. Viene attuata su tutto l’oliveto altogardesano dal 2001, coinvolge circa 1.500 coltivatori, ogni anno vengono esposte circa 45.000 trappole. Da 8 anni, quindi, non si effettuano irrorazioni specifiche contro la mosca olearia. E’ praticato l’inerbimento del terreno, l’erba molto spesso è falciata a mano. Vi sono dei limiti nell’uso degli elementi fertilizzanti e dell’azoto in particolare. I concimi, spesso di tipo organico, sono distribuiti in maniera proporzionata alle esigenze del terreno e della pianta, in quantità abbondantemente al di sotto dei limiti di legge. La raccolta delle olive viene fatta in gran parte manualmente. Questi sono gli aspetti salienti del modo di coltivare l’olivo nell’Altogarda, molto vicini ai dettami della “produzione biologica”. L’olio biologico Può essere chiamato “biologico” solamente l’olio extravergine di oliva prodotto in aziende agricole condotte secondo quanto previsto dal Reg. CE 834/2007 sotto il controllo di un organismo certificatore riconosciuto dal ministero delle politiche agricole. Attualmente sono sottoposte a certificazione 14 aziende olivicole con una superficie complessiva di 27 ettari. Aspetti che spiegano la limitata diffusione della certificazione dell’olio nell’Altogarda: elevata quota di autoconsumo, circa l’80% dell’olio prodotto in Altogarda è consumato dagli stessi olivicoltori o dai loro familiari, 14 limitata dimensione aziendale, in media la superficie ad oliveto per ogni olivicoltore è di circa 3.000 mq, costo della certificazione in termini finanziari e di disponibilità di tempo per gli adempimenti burocratici. 15 L'olivo nella mitologia e nella storia “Albero benedetto, ignoto all’Asia, albero invincibile e immortale, nutrimento della nostra vita, olivo color pallido che protegge Atena, la dea dagli occhi brillanti” Sofocle, Edipo a Colono Vari sono i miti di origine mediterranea legati all'olivo. Gli egiziani attribuivano la nascita di questa pianta alla dea Iside, ma essa viene soprattutto associata alla greca Atena e la sua comparsa vista come conseguente alla contesa sorta tra lei e Poseidone, il dio del mare, per il predominio dell'Attica. Zeus, per dirimere la questione, propose ai litigiosi una gara che sarebbe stata vinta da chi dei due avesse procurato all'umanità il dono più utile. Poseidone col suo tridente colpì una roccia facendone scaturire una sorgente d'acqua marina insieme ad un cavallo veloce più del vento: la prima avrebbe assicurato ad Atene il dominio sul mare, mentre il secondo sarebbe stato utile all'uomo per il lavoro, fornendogli anche un importante mezzo per spostarsi e per combattere. Atena, da parte sua, fece nascere un albero mai visto prima, immortale, da cui l'umanità avrebbe tratto nutrimento, luce e sollievo ai propri mali. La vittoria spettò ad Atena che divenne, così, signora dell'Attica e l'olivo, questa la pianta a cui ella aveva dato vita, fu considerato sacro. Chi ad Atene avesse tagliato anche solo uno degli olivi derivati da quello primigenio sarebbe stato condannato a morte o, in epoca successiva, condannato all'esilio e alla confisca dei beni. Numerosi altri miti greci sottolineano l'importanza di questo albero e nei poemi omerici si trovano molti riferimenti ad esso. Polifemo venne accecato con una trave di olivo e il letto nuziale di Ulisse fu da lui stesso costruito con il ceppo di un poderoso tronco di tale pianta attorno al quale, data la sua grandezza e l'impossibilità di estrarlo dal terreno, fu edificata la stanza. L'olivo è pianta antichissima; secondo alcuni studiosi essa apparve per la prima volta in Asia Minore e si sarebbe poi propagata dapprima in Grecia e poi in Italia. Ma già nel I millennio sarebbe stata diffusa in tutto il Mediterraneo. Lo storico Tucidide (V secolo a. C.) non esitava ad affermare che i popoli che si affacciavano su questo mare cominciarono ad uscire dalla barbarie quando iniziarono a coltivare la vite e l'olivo. Diffuso dai fenici e dai greci, introdotto in Italia Meridionale da questi ultimi (VIII secolo a. C.), l'olivo, coltivato intensamente anche dagli etruschi che lo utilizzarono pure a scopo alimentare, fu soprattutto fatto conoscere nel resto d'Europa dai romani. Essi lo dedicarono a Giove e a Minerva e si servirono dei suoi rami per insignire i cittadini più illustri, gli sposi nel giorno delle 16 nozze e per inghirlandare i defunti, significando così che essi erano stati vincitori nelle lotte della vita terrena. Considerarono l'olio così prezioso, da imporre tramite esso il pagamento delle tasse ai popoli conquistati e da sottoporne produzione e vendita al controllo diretto dello stato. Dopo il crollo dell'Impero romano la coltivazione degli olivi subì un periodo di arresto e venne praticata quasi esclusivamente nei monasteri per ricavare l'olio necessario ai riti sacri. Furono proprio i monaci, in primo luogo i Benedettini e i Cistercensi, a diffondere nuovamente, tra i contadini, la cultura dell'olivo che ebbe il suo apice nel periodo rinascimentale, quando il suo mito si fuse con quello della “città ideale”, per dare origine alla più grande e concreta utopia, quella della “qualità della vita”. L'importanza di questa pianta subì una flessione nel '600, ma dal XVIII secolo in poi la sua produzione riprese a crescere fino a giungere ai nostri giorni dove la cultura dell'olivo si sta nuovamente proponendo come quella della qualità della vita. 17 L'olivo nelle arti figurative “Esili foglie, magri rami, cavo tronco, distorte barbe, piccol frutto, ecco, e un nume ineffabile risplende nel suo pallore!” G. D'Annunzio, L'ulivo L'olivo compare in numerosissime opere d'arte, soprattutto pittoriche, ma la sua presenza assume valenze diverse a seconda delle varie epoche. Fino all'Ottocento esso non fu mai rappresentato quale soggetto autonomo, bensì venne legato a precisi significati simbolici o metaforici, o introdotto come sfondo ed elemento distintivo di un paesaggio, o visto nella sua funzione pratica. Alcune anfore greche (anfora di Pelike) ed etrusche (anfora di Vulci) del VI secolo a. C. recano scene di bacchiatura delle olive e di vendita dell'olio; affreschi in ipogei etruschi ci tramandano la sua immagine (VI secolo) o altri, come ad Ercolano (I secolo d. C.), quella della lavorazione delle olive o di una pressa. Ma fu soprattutto nell'arte paleocristiana e in quella medioevale e rinascimentale che esso venne introdotto nelle raffigurazioni per divenire simbolo di pace, purezza, concordia, alleanza tra Dio e l'uomo, di unione coniugale, e, talvolta, anche di allusione al martirio (Catacombe, Simone Martini, Giotto, Duccio di Buoninsegna, Botticelli, Paolo Veronese). Assente nei cicli dei mesi scolpiti sulle cattedrali italiane, la sua immagine viene frequentemente riprodotta nei Tacuina sanitatis, piccole enciclopedie di medicina del periodo medioevale, dove è messo in risalto il suo utilizzo pratico. Nel Seicento compare su stemmi di casate illustri e frequentemente citato in motti. Solo dall'Ottocento in poi l'albero d'olivo venne rappresentato come soggetto autonomo e scevro da simbolismi da grandi pittori quali Renoir, Monet, Matisse, Braque o dai Macchiaioli toscani Signorini e Fattori, diventando una presenza costante nel paesaggio italiano e mediterraneo in genere. Esso ispirò anche numerosi quadri a Van Gogh, il quale, però, sottese a questo tema sia una ricerca religiosa - ne fa fede il suo “Cristo nell'orto degli ulivi” - sia grande parte della sua dolorosa esperienza personale, come si intuisce da una lettera del 1888: “Il primo albero è un tronco enorme ma colpito dal fulmine e caduto. Ciononostante un ramo laterale si slancia verso l’alto e ricade in una cascata di aghi verde scuro”. In questo pittore, dunque, la rappresentazione dell'olivo assume altre valenze, diventando simbolo di clausura, solitudine, sofferenza e morte. 18 L'olivo nelle religioni monoteiste “Ordinerai agli Israeliti che ti procurino olio puro di olive schiacciate per il candelabro, per tener sempre accesa una lampada” Esodo, 20 “...e tu, essendo oleastro, sei stato innestato al loro posto, diventando così partecipe della radice e della linfa dell'olivo” Ro, 11, 17 “Alkma Bin Amir riferì che il Profeta disse: Quest'albero benedetto (barak) vi fornisce l'olio d'oliva, curatevi con esso” Basur L'olivo, dono del Mediterraneo, fin dall'antichità considerato una pianta sacra, assume importanti valenze simboliche nelle tre grandi religioni monoteiste, ebraismo, cristianesimo, islamismo. Da sempre associata al significato di pace e concordia, questa pianta viene citata molte volte nell'Antico e nel Nuovo Testamento e in numerose sure del Corano. Quando, dopo il diluvio universale, la colomba ritornò da Noè, lo fece recando un ramoscello d'ulivo nel becco, per significare l'inizio di una nuova vita e la rigenerazione. Il valore simbolico dell'olio è espresso nell'ebraismo anche nella consacrazione degli uomini chiamati a mediare il rapporto tra il Dio dei Padri e il popolo d'Israele, i sacerdoti, i re, i profeti, come, ad esempio, Eliseo. Con esso venivano unti i re, alimentata la lampada del Santuario santificati e consacrati l'Arca dell'Alleanza e gli arredi di culto del Tempio. “Poi Mosè prese l'olio dell'unzione, unse la Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e così le consacrò. Fece sette volte l'aspersione sull'altare, unse l'altare con tutti i suoi accessori, la conca e la sua base per consacrarli. Versò l'olio dell'unzione sul capo di Aronne e unse Aronne per consacrarlo”(Lv. 8, 10-12). Di legno d'olivo era la porta che immetteva nel Santuario, la parte più sacra del tempio di Salomone, ed una leggenda tramanda che fu questa pianta, proveniente dal Giardino Terrestre, a nascere sulla tomba di Adamo sul Tabor. Olio d'oliva e religione ebraica sono legati nella festa di Channukkà che commemora la vittoria del popolo ebraico sui dominatori greci e ricorda il miracolo dell'olio sacro del tempio, che si rigenerò prodigiosamente per otto giorni, dando così il tempo per prepararne dell'altro per l'accensione della Menorah. Vista la sua importanza, non meraviglia che nella parabola di Yotan (Gdc. 9, 8) proprio all'olivo, prima tra tutte le piante, venga offerta dalle altre specie arboree, la 19 supremazia: “Dissero all'ulivo: Regna su di noi. Rispose loro l'ulivo: Rinuncerò al mio olio grazie al quale si onorano dei e uomini [...]?” E sempre ad essa, secondo Osea (14,6), assomiglierà Israele risorto: “Avrà la bellezza dell'olivo”. Il paesaggio in cui si svolse la vicenda terrena di Gesù, dai primi anni della sua infanzia fino alla sua morte, fu caratterizzato dall'olivo, se si considera che la Galilea, dove è situata Nazareth, fu la regione della Palestina in cui esso fu maggiormente coltivato. Nel cristianesimo, che nel suo stesso nome (Christòs = unto) richiama l'importanza di questa pianta nelle cerimonie più solenni del popolo cui il Messia appartenne, l'olivo e l'olio da esso derivato sottolineano numerosi momenti fondamentali sia della vita del Cristo (l'Unto del Signore) che di quella dei suoi fedeli. Erano sicuramente a base di olio, la mirra che venne offerta dai Magi a Gesù, l'unguento di nardo con cui Maria a Betania cosparse i suoi piedi, asciugandoli poi coi propri capelli (Gv. 12, 13), e infine quello steso sul suo corpo prima della sepoltura, come ricorda ancor oggi “la pietra dell'unzione”, conservata nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Cristo stesso nel Nuovo Testamento è identificato con l'olivo domestico, fruttuoso, fecondo, sul quale vengono innestati gli olivi selvatici perché producano frutti (Ro 11, 17). Furono rami d'olivo che lo accompagnarono a Gerusalemme e furono esemplari di questa pianta che lo attorniarono nel Getzemani durante la notte precedente la sua passione, assistettero alla sua cattura e, successivamente, alla sua ascensione. E' sempre ancora l'olivo che viene benedetto la domenica delle Palme, e l'olio da esso prodotto quello che serve per la consacrazione degli altari, arde perennemente davanti alla lampada del Santissimo, il crisma che accompagna i vari momenti della vita del cristiano dal battesimo fino all'estrema unzione. Il ramoscello d'ulivo è inoltre il contrassegno di diversi santi, da San Bernardo Tolomei, fondatore degli Olivetani, a Sant'Ireneo, a San Bruno. Anche per l'Islam questa pianta, sulle cui foglie si ritiene siano scritti i nomi di Dio e qualche parola sacra, assume un'importanza fondamentale, ricoprendo il ruolo di albero cosmico per eccellenza, di centro e pilastro del mondo. Essa simboleggia il profeta, l'uomo universale, ed è vista, grazie al suo dono, come sorgente della luce e apportatrice di salute. 20 La sacralità dell'olio in India e in Nepal “Fatto sta che hanno cercato di imporci le loro cose e di toglierci quel che avevamo. Ma è proprio per questo, ad esempio, che continuiamo nei nostri riti tradizionali” Rigoberta Menciù L’uso rituale dell’olio è un punto di unione e contatto fra culti religiosi molto diversi, tanto che può essere assunto come simbolo della tolleranza interreligiosa, attraverso il recupero di una spiritualità capace di superare divisioni dogmatiche. Nell’antichità sia i templi che le case venivano illuminati con le lampade ad olio, lampade d’argilla, di bronzo o di vetro, portatili e piccole, oppure elaborate e preziose. E ogni Paese aveva il suo particolare tipo di olio, sempre pregiato e sacro. In India e in Nepal questa usanza permane ed è intrisa da un profondo valore simbolico e spirituale. Ancora oggi in ogni casa indù, sul piccolo altare familiare brilla un lume a olio che viene acceso durante le cerimonie rituali dell’alba e del tramonto. Ci aiuta a ritrovare la nostra luce interiore, a tenerla accesa e in contatto con quella dell’universo. La lampada a olio simboleggia la Trimurti: Brahma, dio della Creazione, è l’olio che ardendo dà luce, Vishnu, dio della Conservazione dell’energia cosmica, è la fiamma che brilla perpetua illuminando il cammino della spiritualità, Shiva, dio della Distruzione, che fa da perno tra passione e virtù, è il contenitore in cui brucia l’olio. La lampada a olio rappresenta sulla Terra l’energia del cosmo e il cammino verso l’Illuminazione. Arde perpetua nei templi e ha un ruolo di primaria importanza in alcune particolari festività religiose. Il lume a olio ha un ruolo di grande rilievo in entrambe le principali feste che si celebrano in Tamil Nadu, nel Sud dell’India. A gennaio si svolge il Pongal, la grande festa dei contadini e dei pastori, che coincide con la raccolta del riso, base dell’alimentazione locale. La mattina davanti a ogni casa, le donne disegnano con la calce dei bellissimi mandala al cui centro collocano una lampada a olio in ottone adornata di ghirlande di fiori. Il sacro lume, acceso quando non è né notte né giorno, ci rende consapevoli dell’energia divina che penetra ogni cosa. Davanti a quel lume, prima che sorga l’alba, si cucina il riso che verrà offerto al sole, per ringraziarlo dei doni fatti sbocciare dalla Terra. L’altra festa dedicata alla luce si svolge a fine anno, durante la luna piena del mese di Kartigai, tra novembre e dicembre. Fu in questo giorno che il dio Shiva si manifestò sulla sacra montagna di Arunachala sotto forma di un fascio di luce senza fine né inizio. Così ogni anno nello stesso giorno sulla cima delle sacre montagne del Tamil 21 Nadu si accendono grandi fuochi e davanti alle case per tutta la notte si fanno ardere dei piccoli lumi a olio di terracotta. Il lume ad olio rappresenta il sacro fuoco che distrugge gli attaccamenti della mente e ricongiunge l’anima individuale a quella cosmica. Nel giorno di luna nera dello stesso mese, nel grande tempio di Tenkasi, la Benares del Sud, 1008 donne appartenenti a vari gruppi di auto sostegno presenti nelle aree rurali del distretto si incontrano ogni anno per pregare insieme davanti alla lampada a olio, invocando con sacri mantra l’energia femminile, la Shakti, che le unisce al di là di divisioni di credo e di casta. La festa della luce sicuramente più importante che accomuna tutta l’India è comunque il Deepawali, che segna la fine della stagione delle piogge e l’inizio dell’inverno. La festa è un grande omaggio alla Dea della prosperità, Lakshmi, che ama oltremodo la luce, e per tre notti si tengono accese le lampade a olio sull’altare domestico e si accendono ovunque nelle strade e di fronte alle case piccoli lumi di terracotta. In Tamil Nadu la mattina prima dell’alba la gente si massaggia con olio di sesamo, poi si lava e indossa abiti nuovi. Durante il giorno si cucinano squisiti dolci e frittelle. In questo giorno l’uso abbondante dell’olio nella cucina e nella cura del corpo simbolizza l’arrivo della stagione fredda in cui secondo la medicina tradizionale è bene far uso di sostanze untuose. La mattina del Deepawali quando la gente si incontra si scambia questa frase: “Hai fatto il bagno nel Gange stamane?” riferendosi al massaggio con l’olio, per indicare che l’effetto purificatore dell’olio è paragonabile a quello delle sacre acque del Gange. In Nepal la festa del Deepawali coincide con l’inizio tradizionale del nuovo anno e dura ben cinque giorni. La festa ricorda la buona sorte toccata ad un antico re, a cui era stato predetto che sarebbe stato ucciso da un serpente entro la mezzanotte, ma si sarebbe salvato se avesse tenuta accesa per tutta la notte una lampada ad olio davanti al ritratto della dea Lakshmi. Se la lampada si fosse spenta sarebbe morto. Grazie alla luce offerta alla dea il re si salvò e diede inizio alle celebrazioni di questa festa della luce, in cui la devozione alla dea Lakshmi e al dio della morte si esprimono in numerosi rituali tra cui il più importante è quello di mantenere accesi dei lumi a olio sui focolari delle case e davanti a ogni porta e finestra. La fuliggine raccolta al mattino si usa come collirio per scacciare il malocchio e le malattie. 22 Uso cosmetico e medicinale “Ungersene il corpo garantisce agilità fisica e mentale e forza morale. Ingerito crudo dà la calma necessaria per affrontare le lotte della vita” Erica Del Dosso Come la pianta da cui deriva, l’olio è simbolo di pace, prosperità e illuminazione spirituale. Rappresenta infatti quella intrinseca armonia tra spirito e materia che è la base di saggezza, salute e bellezza. Fin dai tempi antichi l’olio di oliva è stato usato nella cosmesi e nella medicina tradizionale. Negli antichi testi di medicina egizi si fa riferimento all’uso dell’olio di oliva sia per applicazioni esterne che per via orale. Si riteneva che la stessa dea Iside avesse insegnato agli uomini la tecnica dell’estrazione dell’olio, usato sia per curare i vivi che per preparare i defunti al loro ultimo viaggio. Nel corredo funerario egizio non poteva infatti mancare l’alabastron, una piccola boccetta in cui si conservavano pregiati oleoliti profumati, ottenuti lasciando macerare erbe officinali nell’olio di oliva. Dio ordinò a Mosè di curare i lebbrosi con l'olio di oliva. Per i greci era ‘il balsamo che dà la luce ’, definito da Omero oro liquido. Essendo un pregiato cosmetico, l’olio di oliva costituiva un ambito premio sia durante i giochi disputati in onore di Zeus ad Olimpia sia durante le Panatenee. Era pratica comune ungersi il corpo ed i capelli con olio di oliva profumato con essenze ricavate da erbe e fiori, che si conservava in un contenitore appeso al polso o alla cintura. Gli antichi atleti greci usavano l’olio di oliva per sciogliere i muscoli, i lottatori romani per sfuggire alla presa degli avversari. Dopo le gare e i combattimenti il massaggio con l’olio aiutava a lenire e guarire eventuali abrasioni. Le donne usavano gli oleoliti profumati per la cura della pelle e dei capelli. Si pensava che il massaggio della testa con l'olio aiutasse a mantenere lucidi e sani i capelli evitandone la caduta e l’incanutimento. Nell’antica Grecia i medici prescrivevano sia l’olio d'oliva che vari oleoliti di cui era la base per curare numerosi disturbi e malattie, fra cui nausea, colera, ulcere e insonnia. Col tempo nelle varie culture si svilupparono sofisticate tecniche di preparazione di creme e unguenti a partire dai primi oleoliti preparati con alloro, sesamo, rosa, finocchio, menta, ginepro, salvia e altre foglie e fiori. In alcune zone rurali dell’Italia è ancora presente l’uso di ungersi i capelli con olio a cui si sono aggiunte bucce di mandarino. Secondo il filosofo greco Democrito una dieta a base di miele e olio d'oliva consentiva di vivere più di cento anni. In alcune tribù del Marocco si ritiene che l’uso abbondante di olio d'oliva aumenti la virilità. 23 L’olio d’oliva è un alimento di elevato potere nutrizionale, che esalta ed armonizza i sapori degli alimenti. Considerato nei secoli simbolo di benessere e prosperità alimentare, ha un forte effetto purificante ed è ottimo anche per la conservazione dei frutti della terra. Oltre alle eccellenti caratteristiche alimentari e dietetiche, “l’olio di oliva è utile al tratto gastroenterico per isolare la mucosa gastrica irritata e ulcerosa, favorisce il rammollimento e l’espulsione delle feci e stimola l’attività della cistifellea del rene, favorendone, al tempo stesso, l’eliminazione dei calcoli. In tal caso si consiglia di berlo crudo a cucchiai, specialmente a digiuno.” (Palombi, D., 2003:77) In Liguria esiste l’antica tradizione di mescolare l’olio con sale e limone, agitandolo per alcuni minuti finché diventa torbido. Si ottiene così un ottimo rimedio per le scottature, in grado di conferire anche benessere e protezione. L’antica medicina popolare italiana considerava l’olio di oliva un rimedio estremamente efficace per lenire i dolori muscolari. Contro il mal di testa si usavano impacchi di olio caldo sulla fronte. In alcune aree rurali della Campania sopravvive la credenza secondo cui se si unge con olio benedetto il collo nel giorno di San Biagio, il 3 febbraio, si eviteranno per tutto l’anno il mal di gola e il torcicollo. Un’altra antica tradizione è quella di somministrare olio fritto con la salvia ai bambini che soffrono di sussulto nervoso. A chi ha un orzaiolo si consiglia di guardare, per tre mattine di seguito, con l’occhio ammalato dentro a una boccettina piena di olio. 24 Uso dell’olio nella Medicina Ayurveda “Il nostro corpo è costituito da sostanze oleose e da esse dipende tutta la nostra vita” Sushruta Samhita Nella tradizione indiana l’Ayurveda cita il valore nutritivo dell’olio di oliva e ne paragona le proprietà a quelle dell’olio di sesamo, raccomandandone l’uso sia alimentare che per applicazione esterna alle costituzioni di tipo Vata. La costituzione di tipo Kapha può farne solo uso saltuario. (Tiwari, M., 1999:463). In alcune parti dell’India del nord, sulla catena transhimalayana, si sta iniziando a coltivare l’olivo con risultati molto promettenti. L’olio di oliva è in effetti estremamente apprezzato in India soprattutto tra i ceti alti dato il costo elevato rispetto ad altri oli. Viene raccomandato soprattutto per il massaggio dei bambini. Può quindi essere usato anche in Italia per il massaggio ayurvedico, mischiandolo con altri oli meno densi, con oli essenziali o con erbe officinali che ne acuiscano l’effetto attenuandone allo stesso tempo l’odore troppo intenso. Nella tradizione indiana l’olio simbolizza l’energia spirituale insita nella natura umana: il massaggio con oli medicati serve a risvegliare la memoria cognitiva di questa nostra essenza (Tiwari, M., 1999:125). Il termine sanscrito sneha significa amore generoso e immensa tenerezza. Il massaggio riapre i canali attraverso cui fluisce la nostra energia e ci aiuta ad eliminare gli elementi negativi e le sostanze tossiche. Secondo l’Ayurveda l’olio ha un effetto lubrificante e riscaldante, fortifica e struttura i tessuti e contribuisce ad attivare il fuoco digestivo. E’ particolarmente indicato per le costituzioni di tipo Vata, in cui domina l’elemento dell’aria, della secchezza. Vata ha infatti bisogno di calore ed equilibrio, e l’olio scalda e armonizza. Il massaggio fa parte delle terapie di ringiovanimento e purificazione che si svolgono in particolari periodi dell’anno, nella stagione delle piogge e d’inverno. Secondo l’Ayurveda senza il massaggio la vita è fredda e priva di amore. Il massaggio viene praticato in India da migliaia di anni: fu insegnato dai saggi, ispirati dal fatto che le foglie vengono costantemente massaggiate dal vento, le rocce dai fiumi, gli animali dal vento e dagli alberi della foresta. Secondo i Rig Veda le mani che massaggiano sono benedette da Dio e portano in sé i segreti della guarigione. Questa terapia olistica stimola sia il corpo che la mente, ma va praticata in condizioni che garantiscano calma e tranquillità, in atmosfera rilassante, da parte di persone spiritualmente elevate e professionalmente preparate. Le tecniche di massaggio sono varie e comportano l’uso di diversi tipi di oli medicati con erbe officinali, che variano in base alla stagione e in base alla costituzione e ai disturbi del paziente. 25 Particolare importanza hanno il massaggio della testa e dei piedi. Il massaggio della testa oltre a rilassare e stimolare il sistema nervoso fa bene alla vista, previene l’emicrania e stimola la crescita dei capelli. Il massaggio dei piedi è particolarmente tonificante e rilassante e dovrebbe far parte della routine quotidiana. Oltre che per il massaggio, l’olio andrebbe usato ogni giorno per i gargarismi, in quanto tonifica le gengive, rende i denti resistenti alla carie, stimola l’appetito e il senso del gusto e previene la screpolatura delle labbra. Agli occhi l’olio viene applicato in forma di kajal, un collirio di origine antichissima che viene tradizionalmente preparato mischiando olio di mandorle o di cocco con vari ingredienti tra cui la fuliggine ottenuta dalle lampade sacre. Solo di recente è stato introdotto in India l’uso dell’olio di oliva nella cosmesi e nella medicina tradizionale. Gli oli tradizionalmente più usati sono quello di sesamo, quello di cocco e quello di senape. Come l’olivo, anche queste piante sono sacre e vengono usate nell’ambito dei rituali religiosi. 26 Consapevolezza ecologica e sacralità delle piante “Ogni foglia d’albero è una pagina della Sacra Scrittura, e contiene la rivelazione divina. Se chi la guarda sa come leggere e come capire, potrà essere ispirato in ogni momento della sua vita.” Hazrat Inajat Khan La sacralità delle piante è una forma di rispetto profondamente legata alla consapevolezza della loro utilità e della necessità di tutelarne la conservazione che caratterizza la cosmologia delle culture tradizionali di tutto il mondo. L’albero sacro accompagna l’uomo lungo il suo cammino spirituale, è Albero della Conoscenza, capace di rappresentare il mistero della creazione, Albero della vita, fonte di nutrimento e di cura, Albero cosmico, ponte divino che si innalza dalla Madre Terra per sancire un rapporto di armonia tra spirito e materia. Gli alberi sacri furono i primissimi oggetti di culto venerati come dimora di esseri divini. Ai loro rami venivano appesi nastri colorati e ai loro piedi venivano offerti doni. I boschi e le foreste in particolare sono sempre stati considerati importanti luoghi di raccoglimento, di meditazione, di vaticinio e di preghiera, protetti da tabù che ne hanno consentito nel corso dei millenni la conservazione. Nei tempi antichi, finché perdurò tale tipo di credenze, il rispetto per gli alberi era molto radicato in tutta l’Europa, in particolare tra le popolazioni celtiche e teutoniche del Nord, per cui i boschi erano veri e propri templi, impregnati dall’aura sacrale delle divinità che li abitavano. La persecuzione cristiana dei culti pagani passò attraverso la distruzione di questi boschi, scardinando una visione del mondo per cui ogni essere vivente ha un’anima. Ma questo tipo di pensiero non è scomparso del tutto, è la linfa vitale delle leggende e delle tradizioni popolari, una saggezza antica che non può morire. In molti Paesi del Sud del mondo, il fatto che gli alberi siano sacri è un dato di fatto. E’ il caso dell’Amazzonia, in cui le comunità indigene sono così consapevoli delle leggi dell’ecosistema in cui vivono da aver mantenuto intatta nei millenni quella sacra foresta, che l’uomo bianco sta ora distruggendo in tempi brevissimi. In Oriente i boschi e le foreste hanno sempre avuto un ruolo molto importante sul cammino della conoscenza e della ricerca spirituale. Erano i luoghi in cui vivevano gli antichi saggi, che oltre a diffondere il sapere relativo all’uso delle piante medicinali hanno anche ribadito la necessità di utilizzarle con rispetto senza turbare il sottile equilibrio su cui si regge l’ecosistema di cui fanno parte. Quando invasero l’India nel 326 a. C., gli uomini di Alessandro Magno riferirono che gli Indiani “consideravano divina qualunque cosa venerassero, specialmente gli alberi, offendere o danneggiare i quali costava la morte” (Philpot, J.H., 1994:14). 27 Nella cosmologia indù varie divinità sono collegate a diverse piante e ogni tempio ha un suo albero sacro, asse centrale dell’universo, fonte primordiale di vita e fertilità. Dalle montagne della catena himalayana fino alle foreste pluviali del Kerala, si estendono in India circa 14000 boschi sacri, aree di foresta vergine di varie dimensioni in cui è vietata la caccia e non si possono tagliare gli alberi. Oasi di tutela della biodiversità, ricco di piante e animali rarissimi, oramai estinti altrove, il bosco sacro è un agente di controllo biologico per le aree rurali circostanti e un polmone verde per quelle urbanizzate. Purtroppo anche in India come in altre parti del Sud del Mondo è in atto un forte processo di erosione della cultura tradizionale con gravi conseguenze per la conservazione ambientale. Anche qui la scomparsa della biodiversità va di pari passo con la scomparsa di quella visione del mondo che l’ha conservata per millenni. Che cosa succederà quando spariranno gli ultimi boschi sacri? 28