1965 CAPITOLO 87 Antonella Castagna Roberto Novati Micosi profonde La patologia da miceti è polimorfa, in quanto comprende infezioni superficiali cutanee, estese alle mucose e disseminate che possono interessare qualsiasi organo e apparato. Gli agenti eziologici delle micosi profonde possono essere distinti da un punto di vista morfologico in lieviti e muffe. I lieviti, tra cui Candida spp. e Cryptococcus neoformans, sono cellule ovoidali o sferiche, si riproducono per gemmazione e, in alcuni casi, attraverso la formazione di spore sessuate. Non danno origine a miceli, benché alcune specie possano costituire pseudoife (catene di cellule allungate). Le muffe, tra cui Aspergillus spp . e Mucorales spp., si sviluppano come filamenti ramificati (ife) che tendono a interconnettersi fino a formare un micelio. Alcuni miceti (Histoplasma capsulatum, Coccidioides immitis, Blastomices dermatitidis, Paracoccidioides brasiliensis) sono detti dimorfi, poiché in relazione alle condizioni ambientali possono presentarsi sia in forma miceliale (in natura, nei terreni colturali) sia come lieviti (nei tessuti). Quando il microrganismo invade il tessuto viscerale, le lesioni anatomopatologiche più comuni consistono in reazioni di tipo granulomatoso, in cui istiociti, cellule giganti e cellule epitelioidi tendono a circoscrivere la colonia fungina; si formano quindi microascessi intervallati da aree di parenchima sano. Vari granulomi possono fondersi in formazioni anche di notevoli dimensioni e dare origine a manifestazioni di tipo escavativo, o ascessi, progressivamente occupati da miceti in attiva moltiplicazione. Nell’ospite immunocompromesso la reazione infiammatoria può essere minima o assente; in questo caso l’ascesso è composto solo da miceti e tessuto necrotico. Da un punto di vista clinico gli agenti eziologici delle micosi profonde possono essere distinti in due gruppi: miceti patogeni e miceti opportunisti. I primi, tra cui H. capsulatum, C. immitis, B. dermatitidis, P. brasiliensis, sono in grado di dare infezioni clinicamente manifeste anche nel soggetto sano. Si tratta di infezioni con una ristretta distribuzione geografica, contratte a seguito dell’inalazione di spore presenti nell’ambiente. Le infezioni, prevalentemente localizzate a livello polmonare, sono spesso asintomatiche, a rapida risoluzione e determinano nel soggetto un’immunità specifica. Le micosi profonde da opportunisti sono sostenute da miceti, saprofiti ubiquitari a basse virulenza e patogenicità, in grado di provocare una malattia di rilevanza clinica quasi esclusivamente nei soggetti debilitati o immunodepressi. In questi casi l’infezione comporta spesso malattia e la risoluzione dell’episodio non assicura la protezione nei confronti della stessa; sono invece frequenti le recidive. Sebbene in anni recenti siano state identificate nuove specie fungine in grado di provocare una malattia nell’ospite compromesso, le principali micosi sono candidosi, criptococcosi, aspergillosi e mucormicosi. 14 Micosi da miceti patogeni ISTOPLASMOSI L’istoplasmosi è una malattia causata da Histoplasma capsulatum, un fungo dimorfo, endemico nelle regioni centrali degli Stati Uniti, dove si stimano 500.000 nuove infezioni all’anno e dove oltre l’80% degli individui adulti è stato esposto all’infezione. Altre aree di endemia includono il Centro e Sud America, mentre sono stati descritti piccoli focolai epidemici in India e nel Sud-Est Asiatico. In Europa, Italia compresa, l’istoplasmosi è presente occasionalmente; infatti si possono avere casi di importazione, in immigrati, in soggetti affetti da AIDS e rari casi autoctoni (in Italia settentrionale è dimostrata la contaminazione dei suoli da parte di Histoplasma). Il fungo si moltiplica nel terreno, in particolare in aree inquinate dagli escrementi di uccelli. Inalato per via C0435.indd 1965 respiratoria, il fungo può causare nel soggetto normale, in relazione alla carica infettante, un’infezione asintomatica o un quadro clinico polmonare transitorio, mentre negli ospiti compromessi può condizionare l’insorgenza di un’infezione polmonare cronica o di un’infezione disseminata. Istoplasmosi polmonare acuta sintomatica L’infezione polmonare acuta sintomatica è caratterizzata dalla comparsa, dopo un periodo di incubazione di 1-3 settimane, di una sindrome similinfluenzale, con tosse e dolore toracico retrosternale o pleurico, associata nel 10% dei casi ad artralgie severe, artriti ed eritema nodoso. Queste manifestazioni tendono a risolversi spontaneamente nell’arco di 1-3 settimane, anche se in molti casi può persistere un’astenia intensa per alcuni mesi. 14 6/9/10 7:10:41 PM 1966 Parte 14 - MALATTIE INFETTIVE Figura 87.1 Pregressa istoplasmosi polmonare; la radiografia anteroposteriore del torace evidenzia numerose piccole calcificazioni disseminate a entrambi i campi polmonari. Gli esami radiografici del torace documentano la presenza di piccoli infiltrati nodulari disseminati a entrambi i campi polmonari, spesso associati a ingrandimento dei linfonodi ilari e versamento pleurico. Questi infiltrati tendono a regredire nell’arco di alcuni mesi lasciando il posto a piccole calcificazioni (Fig. 87.1). di H. capsulatum nel sangue, nelle urine e nel liquor è invece un metodo utile per la diagnosi di istoplasmosi disseminata. La certezza diagnostica si basa sull’osservazione diretta e/o sull’isolamento colturale del fungo, che richiede in genere 4-6 settimane. Nella malattia disseminata, l’osservazione al microscopio è positiva su escreato, sangue, midollo osseo in oltre il 50% dei casi, sulle emocolture e sulle colture del midollo osseo nel 50-70% dei casi. La prognosi è riservata nelle forme croniche e spesso infausta nelle forme disseminate. L’istoplasmosi polmonare acuta non necessita di terapia, a eccezione delle situazioni in cui è necessario prevenire fenomeni di atelettasia e fibrosi mediastinica secondari all’ingrossamento dei linfonodi ilari; in questi casi è consigliato un trattamento con itraconazolo (200 mg/ die per 9 mesi). Nelle forme polmonari croniche il farmaco di scelta è l’itraconazolo (200 mg, 3 volte al giorno per 3 giorni, poi 200 mg, 1 volta al giorno per 6-12 mesi). Le forme disseminate a evoluzione fulminante o dell’ospite immunocompromesso devono essere trattate con amfotericina B liposomiale, fino a remissione clinica. Nei pazienti immunocompromessi e nell’istoplasmosi disseminata è necessario proseguire il trattamento con una terapia di mantenimento a lungo termine (itraconazolo 200 mg/die). Istoplasmosi polmonare cronica L’inalazione delle spore fungine può causare anche un’istoplasmosi polmonare cronica, in genere osservata nei pazienti con una malattia polmonare ostruttiva preesistente, nei quali si assiste a un’insidiosa distruzione del tessuto polmonare legata alla progressiva formazione di aree di fibrosi e di escavazione, specie a carico dei lobi superiori. Queste alterazioni polmonari condizionano l’insorgenza di emottisi, di frequenti sovrapposizioni batteriche e di un’insufficienza respiratoria grave. Istoplasmosi disseminata L’istoplasmosi disseminata è stata descritta nei bambini e negli anziani, ma soprattutto negli ospiti immunocompromessi e con particolare frequenza nei pazienti con AIDS. La malattia, secondaria alla disseminazione del fungo dal parenchima polmonare agli organi ricchi di macrofagi, può avere un decorso fulminante o più cronico ed è caratterizzata dalla comparsa di epatosplenomegalia, anemia, iposurrenalismo, ulcere mucose a livello del cavo orale, della mucosa rinofaringea, del tratto gastrointestinale e genitale. Nel 10-25% dei casi, in particolare nei pazienti con AIDS, vi è anche un interessamento del sistema nervoso centrale (SNC) (meningite, lesioni focali). La diagnosi clinica di istoplasmosi può essere difficile, perché la presentazione delle forme acute è simile a quella di altre infezioni polmonari (Chlamydia, Legionella, Mycoplasma), mentre le forme croniche entrano spesso in diagnosi differenziale con la tubercolosi e la coccidioidomicosi. Ai fini diagnostici è utile effettuare prove sierologiche; pur con alcuni limiti di sensibilità e specificità i test di immunodiffusione e fissazione del complemento evidenziano la presenza di anticorpi anti-istoplasmina nell’80% dei pazienti con infezione acuta. La ricerca dell’antigene polisaccaridico C0435.indd 1966 COCCIDIOIDOMICOSI La coccidioidomicosi è un’infezione provocata da Coccidioides immitis, un fungo dimorfo, endemico in alcune zone aride e calde degli Stati Uniti sud-occidentali e del Centro e Sud America, dove oltre l’80% della popolazione è stato esposto all’infezione. Nella maggioranza dei casi l’infezione avviene per via aerea, attraverso l’inalazione di spore prodotte e disperse con la polvere nell’aria, durante la lunga stagione secca estiva; in questo periodo vengono segnalati episodi epidemici, in rapporto a scavi, arature del terreno e tempeste di sabbia. Raramente il micete penetra attraverso soluzioni di continuo della cute provocando lesioni focali, linfangite e adenopatia satellite. Non è stato descritto il contagio interumano né da animale a uomo. In Europa sono stati descritti pochi casi, tutti d’importazione. Coccidioidomicosi polmonare acuta asintomatica In circa il 60% dei casi l’infezione polmonare acuta è asintomatica; nelle forme clinicamente manifeste, dopo un periodo di incubazione di 1-4 settimane, insorge una sindrome similinfluenzale, con tosse secca e dolore pleurico. Nel 50% dei casi compaiono, soprattutto nei bambini, eruzioni cutanee morbilliformi, localizzate al tronco e agli arti, o quadri simili all’eritema nodoso e polimorfo, più frequenti nelle donne, entrambi espressione di sensibilizzazione ad antigeni micotici. L’aspetto radiografico più frequente è una polmonite segmentaria, associata nel 20-30% dei casi a versamento pleurico e interessamento dei linfonodi ilari. L’infezione polmonare acuta si risolve spontaneamente nel 95% dei casi entro 1-3 settimane. 6/9/10 7:10:41 PM Capitolo 87 - MICOSI PROFONDE Coccidioidomicosi polmonare cronica Nei casi rimanenti l’infezione evolve verso una coccidioidomicosi polmonare cronica con formazione di lesioni granulomatose. Gli esami radiologici evidenziano noduli polmonari, zone di fibrosi e aree di escavazione, localizzate in prevalenza ai lobi superiori, che talora comportano episodi di emoftoe; queste lesioni perdurano mesi o anni, ma tendono anch’esse a guarire spontaneamente. Coccidioidomicosi disseminata L’1% degli individui infetti sviluppa una coccidioidomicosi disseminata, una forma clinica grave, spesso fatale, in genere osservata nel soggetto immunocompromesso. La disseminazione ematogena del fungo può avvenire a seguito dell’infezione primaria o per riattivazione di infezioni pregresse, latenti. Le manifestazioni più tipiche consistono nell’insorgenza di una polmonite miliare, di noduli cutanei e subcutanei con un centro ulcerato e di un interessamento osteoarticolare con lesioni litiche al cranio, alle vertebre, alle ossa delle mani e dei piedi. Particolarmente frequente e grave nei pazienti con AIDS è l’insorgenza di una meningite, a decorso insidioso, spesso complicata da idrocefalo. La diagnosi clinica di coccidioidomicosi è difficile, poiché le forme croniche e disseminate possono avere una presentazione analoga alla tubercolosi. La diagnosi si basa sull’osservazione diretta del micete nei campioni biologici e tissutali e sull’isolamento colturale; la coltura dell’escreato è positiva nel 40-70% delle forme polmonari acute, mentre nelle forme disseminate le emocolture, le urinocolture e le colture del liquor sono più di rado positive. Se i test epicutanei sono utili solo ai fini epidemiologici, i test sierologici sono spesso diagnostici; in oltre il 90% dei casi con infezione polmonare acuta sintomatica, sono documentabili anticorpi di classe IgM (test di precipitazione) o più tardivamente di classe IgG (test di fissazione del complemento). L’aumento o la persistenza di titoli elevati di IgG è significativamente correlato allo sviluppo di una malattia disseminata; nel 70% dei casi di coccidioidomicosi meningea sono inoltre presenti nel liquor cerebrospinale anticorpi fissanti il complemento. La terapia è indicata in tutte le infezioni polmonari acute severe e in tutte le localizzazioni extrapolmonari. Il trattamento si fonda sull’utilizzo di amfotericina B a dosi elevate (1-1,5 mg/kg/die) o a dosi equivalenti della formulazione liposomiale. Anche la terapia con i composti triazolici ha dato risultati soddisfacenti nelle forme meno gravi (fluconazolo, itraconazolo). BLASTOMICOSI La blastomicosi è una patologia rara, causata da un fungo dimorfo, Blastomices dermatitidis, endemica nel Nord America (Stati Uniti e Canada) e in alcuni Paesi dell’Africa. L’habitat naturale è costituito dal terreno, specialmente se contaminato da feci di uccelli e animali. Il contagio, più frequente tra i maschi, avviene attraverso le vie respiratorie con l’inalazione delle spore. C0435.indd 1967 1967 L’infezione polmonare acuta è asintomatica in oltre il 50% dei casi; nelle forme clinicamente manifeste la sintomatologia è aspecifica (tosse con espettorato purulento, dolori toracici, emoftoe, progressivo decadimento generale) e insorge dopo un periodo di incubazione di 3-12 settimane; gli aspetti radiologici sono variabili. In entrambi i casi la risoluzione spontanea dell’infezione polmonare è rara, più spesso la micosi tende a disseminarsi per via linfatica ed ematogena con localizzazioni cutanee (70%), osteoarticolari (30%), urogenitali (1535%) e più raramente con un interessamento dell’SNC. Le manifestazioni cutanee sono di tipo verrucoso o ulcerato, in genere localizzate agli arti, al collo e al cuoio capelluto. Le lesioni sono istologicamente caratterizzate da un’area centrale necrotico-purulenta circondata da un’ampia reazione infiammatoria granulomatosa. Nell’ospite immunocompromesso la disseminazione a seguito di un’infezione acuta o della riattivazione endogena di una precedente infezione è spesso rapida, gravata da un tasso di letalità elevato (30-40%), con un interessamento dell’SNC molto più frequente, soprattutto nei pazienti con infezione da HIV. La diagnosi clinica può essere problematica per la difficoltà a differenziare la blastomicosi da altre infezioni quali tubercolosi e coccidioidomicosi; indicativa appare l’osservazione di lesioni contemporaneamente presenti a livello di cute, ossa e polmone. L’accertamento diagnostico si basa sull’isolamento colturale del fungo da campioni di escreato, broncolavaggio, pus, urine. La prognosi è sempre riservata. Nelle infezioni disseminate più gravi e nelle forme dell’ospite immunocompromesso, il farmaco di scelta è l’amfotericina B (0,5-0,6 mg/kg/die e.v. fino a stabilizzazione clinica). Nei quadri ad andamento cronico, più indolente, o per la prosecuzione terapeutica nei pazienti che hanno inizialmente risposto all’amfotericina B si impiega l’itraconazolo (200-400 mg/die per almeno 6 mesi). PARACOCCIDIOIDOMICOSI La paracoccidioidomicosi è una patologia con una distribuzione geografica limitata al Centro e Sud America, provocata da Paracoccidioides brasiliensis, un fungo dimorfo saprofita del suolo e dei vegetali. L’infezione è più frequente nelle regioni montane subtropicali e nei soggetti di età compresa tra i 20 e i 50 anni. L’inalazione delle spore fungine causa un’infezione polmonare con caratteristiche simili all’istoplasmosi polmonare cronica. Altre forme cliniche secondarie a un’infezione polmonare inapparente o alla penetrazione del fungo attraverso la cute e le mucose comprendono: 1) la paracoccidioidomicosi mucocutanea, caratterizzata dalla comparsa di lesioni granulomatose croniche, spesso ulcerate, della cute del volto, della mucosa orale, nasale, laringea; 2) la paracoccidioidosi linfonodale con interessamento frequente delle catene latero-cervicali e sottomandibolari; 3) la paracoccidioidomicosi disseminata in cui le lesioni granulomatose-necrotiche possono estendersi a intestino, fegato, surrene, scheletro e SNC. 14 6/9/10 7:10:42 PM 1968 Parte 14 - MALATTIE INFETTIVE La diagnosi clinica non è facile, poiché questa patologia entra in diagnosi differenziale con la leishmaniosi mucocutanea, la lebbra, la tubercolosi e l’istoplasmosi. Di notevole utilità diagnostica sono le prove sierologiche; i test di immunodiffusione e di fissazione del complemento sono positivi in oltre l’80% dei pazienti con paracoccidioidomicosi; titoli anticorpali elevati sono associati alle infezioni più severe, mentre un declino dei titoli anticorpali è correlato positivamente con l’efficacia del trattamento. La conferma diagnostica si basa sull’isolamento del fungo, dopo incubazione della coltura a 25-30 °C per 3-4 settimane. La prognosi è riservata nelle forme disseminate. Poiché la malattia non va incontro a risoluzione spontanea e le recidive sono frequenti, il trattamento antifungino è previsto in tutte le forme cliniche di paracoccidioidomicosi. Il farmaco di scelta è l’itraconazolo (50-100 mg/ die per 6 mesi); in alternativa possono essere utilizzati il chetoconazolo, l’amfotericina B, la sulfadiazina. Micosi da miceti opportunisti CANDIDOSI I miceti del genere Candida sono abituali commensali della cute e delle mucose dell’uomo (cavo orale, intestino, vie urogenitali). Tra le oltre 150 specie di Candida, solo alcune sono patogene per l’uomo; la specie più spesso isolata è C. albicans, abituale saprofita delle mucose, che può contaminare anche cibo e oggetti ed è presente nel suolo e nell’ambiente ospedaliero. Altre specie di meno frequente isolamento sono C. guilliermondii, C. krusei, C. parapsilopsis, C. tropicalis, C. pseudotropicalis, C. lusitaniae, C. rugosa, C. glabrata. I fattori predisponenti più importanti nel condizionare l’insorgenza di candidosi profonde comprendono l’utilizzo di terapie antibiotiche protratte, la presenza di neutropenia e/o le alterazioni della funzionalità granulocitaria. Altre condizioni facilitano inoltre l’ingresso in circolo di questi microrganismi: l’utilizzo di cateteri intravascolari e vescicali, di nutrizioni parenterali, di protesi, gli interventi chirurgici sul tratto gastroenterico, nonché l’uso di stupefacenti per via parenterale. Le candidosi profonde possono interessare qualsiasi organo e apparato; le manifestazioni clinicamente più rilevanti comprendono polmoniti, endocarditi, meningiti, endoftalmiti e infezioni disseminate. Le candidosi viscerali in corso di AIDS sono descritte nel Capitolo 88. Polmonite La polmonite da Candida può presentarsi come una broncopolmonite focale o generalizzata secondaria a una colonizzazione endobronchiale o come una polmonite interstiziale, finemente nodulare, secondaria a una disseminazione ematogena, difficilmente distinguibile all’esame radiografico da uno scompenso cardiaco o da una pneumocistosi. La certezza diagnostica è raggiungibile solo attraverso la biopsia polmonare che documenti l’invasione tissutale del micete, mentre la presenza di Candida nell’escreato o nel broncolavaggio, in considerazione della frequente colonizzazione del tratto respiratorio nei malati debilitati, pur rivestendo significato diagnostico in un contesto clinico adeguato, non consente di per sé una diagnosi definitiva. La polmonite da Candida è fortunatamente rara e la prognosi è molto grave. Endocardite L’endocardite da C. albicans può manifestarsi sia su valvola nativa sia su protesi valvolare; la malattia riconosce di solito una comorbilità di tipo neoplastico o legata ad altre C0435.indd 1968 malattie croniche; occasionalmente può essere l’esito di una candidemia non riconosciuta, secondaria a infezione di dispositivo venoso intravascolare (accesso venoso centrale). Nei pazienti tossicodipendenti la specie più spesso isolata è C. parapsilopsis e la valvola più spesso colpita è la tricuspide. Il quadro clinico è simile a quello delle endocarditi batteriche; caratteristica è la tendenza allo sviluppo di voluminose vegetazioni valvolari, per cui il 50% dei pazienti va incontro a gravi episodi di embolizzazione con potenziale occlusione di arterie anche di medio calibro. La diagnosi è possibile su emocoltura, positiva nella maggioranza dei casi, in presenza di un quadro ecocardiografico compatibile. Meningite La meningite da Candida, sostenuta in oltre il 90% dei casi da C. albicans, è in circa il 50% dei casi una complicanza di un’infezione disseminata; meno frequentemente può derivare da un’infezione di shunt ventricolari, traumi cranici, interventi neurochirurgici, contaminazioni durante rachicentesi. La sintomatologia è variabile e nel 50-60% dei casi l’esame liquorale evidenzia una pleiocitosi linfocitaria, ipoglicorrachia e iperproteinorrachia; l’esame microscopico a fresco o con colorazione di Gram del liquor è positivo in circa il 40% dei casi; la prognosi è molto severa. Endoftalmite L’endoftalmite da Candida è una patologia grave, spesso secondaria a una disseminazione ematogena del fungo, molto frequente nel tossicodipendente; più raramente è una complicanza di traumi oculari. La sintomatologia comprende visione offuscata, scotomi, dolore oculare; l’esame del fundus rivela la presenza di caratteristici essudati retinici bianco-giallastri mono- o bilaterali. Candidosi disseminata La candidosi disseminata è una malattia a prognosi severa, di crescente riscontro in ambiente ospedaliero. È una complicanza caratteristica degli ustionati gravi, dei pazienti con leucemia acuta, oppure con un decorso postoperatorio complicato soprattutto a seguito di trapianti, interventi cardiochirurgici o del tratto gastroenterico. Vi può essere un coinvolgimento di tutti gli organi con la tipica formazione di microascessi o granulomi, molto frequenti nel rene, nell’encefalo, nel miocardio e nell’occhio. In condizioni di profonda alterazione della risposta infiammatoria si possono formare macroascessi; la candidosi epatosplenica, osservata nei pazienti con leucemia acuta e neutropenia 6/9/10 7:10:42 PM Capitolo 87 - MICOSI PROFONDE prolungata, caratterizzata dal riscontro alla tomografia computerizzata (TC) di multiple lesioni ipodense, con enhancement perilesionale, ne rappresenta un classico esempio. La diagnosi eziologica di candidosi disseminata è spesso problematica; solo il 15-40% dei pazienti viene diagnosticato nei tempi necessari per ricevere un trattamento adeguato. La diagnosi di candidosi disseminata rimane in molti casi una diagnosi clinica; le emocolture sono infatti negative in circa il 50% dei casi. In considerazione dell’abituale presenza del microrganismo sulle mucose, l’isolamento di Candida spp. da altri campioni biologici (escreato, urine, feci, cute), pur dotato di valore predittivo, non costituisce di per sé una chiara indicazione al trattamento antifungino. Inoltre, la determinazione degli anticorpi anti-Candida nel siero è poco utile per la frequente possibilità di falsi positivi e falsi negativi. La presenza di un’emocoltura positiva per Candida spp. ha invece un elevato significato diagnostico, poiché è associata alla presenza di una candidosi disseminata nella quasi totalità degli ospiti immunocompromessi, a un tasso di letalità del 40% e può preludere allo sviluppo in futuro di complicazioni quali artriti, endoftalmiti, endocarditi. Il riscontro di una candidemia costituisce di conseguenza una chiara indicazione a intraprendere senza indugi un trattamento antifungino, a completare l’iter diagnostico volto a evidenziare l’interessamento pluriviscerale, a rimuovere rapidamente i cateteri intravascolari eventualmente presenti. La diagnosi definitiva di candidosi disseminata prevede il prelievo bioptico dell’organo interessato, al fine di documentare istologicamente l’invasione tissutale a opera dei miceti. Nel paziente neutropenico o in rapido peggioramento clinico, la terapia della candidemia e della candidosi disseminata per via ematogena si basa sull’utilizzo di amfotericina B a dosi crescenti (0,5-0,7 mg/kg/die e.v.) in associazione alla flucitosina (150 mg/kg/die in 4 somministrazioni per os o e.v.) nei casi più severi, al fine di ottenere rapidamente livelli ematici terapeutici. L’utilizzo dell’amfotericina B liposomiale, alla posologia di 3-5 mg/kg/die, consente di ridurre l’entità degli effetti collaterali di tipo idiosincrasico (nausea, vomito, febbre), l’incidenza di tromboflebiti in sede di iniezione, la tossicità renale e midollare e di raggiungere più velocemente le concentrazioni plasmatiche terapeutiche. Nel paziente non neutropenico e in condizioni cliniche stabili, l’utilizzo del fluconazolo (400800 mg/die per os o e.v.) ha dato risultati incoraggianti in termini di efficacia e tossicità. Nei confronti delle specie di Candida resistenti al fluconazolo si sono dimostrati efficaci la caspofungina, echinocandina con attività fungicida verso diverse specie di Candida (70 mg per il primo giorno, poi 50 mg/die e.v.) e il voriconazolo (6 mg/kg e.v. ogni 12 ore il primo giorno, poi 3 mg/kg e.v. ogni 12 ore). CRIPTOCOCCOSI La criptococcosi è una patologia causata da Cryptococcus neoformans, un lievito capsulato a distribuzione ubiquitaria, diffuso nel terreno tramite le deiezioni di numerose specie aviarie. Il sierotipo neoformans è responsabile della maggioranza dei casi di criptococcosi umana. La variante gattii è molto diffusa nelle aree tropicali dell’Africa e dell’Asia orientale e ha come nicchia ambientale gli alberi di Eucalyptus camaldulensis. C0435.indd 1969 1969 C. neoformans infetta l’uomo prevalentemente per via respiratoria, anche se raramente è stata dimostrata la possibilità di un contagio attraverso la cute e la mucosa nasofaringea. Criptococcosi polmonare La manifestazione clinica più comune è la criptococcosi polmonare, anche se raramente diagnosticata, poiché nel soggetto immunocompetente si tratta di solito di un’infezione subclinica o paucisintomatica, autolimitante. La sintomatologia è aspecifica (tosse con espettorato mucoso, dolore toracico, febbricola, sudorazioni notturne, calo ponderale) e gli aspetti radiologici sono variabili; frequente è la presenza di lesioni nodulari con un interessamento ilare minimo o assente, mentre più rari sono gli infiltrati polmonari diffusi o peribronchiali. La diagnosi di criptococcosi polmonare viene posta in base all’esame microscopico e colturale dei campioni biologici (broncoaspirato, broncolavaggio, biopsia transbronchiale e transtoracica) e mediante la ricerca dell’antigene polisaccaridico criptococcico nel siero (test di agglutinazione al lattice, metodo immunoenzimatico); quest’ultima prova riesce positiva soltanto in una minoranza dei casi. Nell’ospite immunocompetente la prognosi è favorevole; la terapia con amfotericina B (0,5-0,8 mg/kg/die e.v.) o fluconazolo (400-800 mg/die per os o e.v.) è indicata nei pazienti con sintomatologia protratta. Criptococcosi polmonare disseminata Negli ospiti con compromissione dell’immunità cellulomediata, l’infezione polmonare evolve molto spesso in un’infezione disseminata, la cui manifestazione clinica più frequente è la meningoencefalite criptococcica, patologia grave con un tasso di letalità, nonostante la terapia, del 25-30%. Questa patologia, molto frequente nei pazienti con AIDS, è caratterizzata da un esordio spesso insidioso e indolente; il sintomo principale è una cefalea da modesta a gravativa, bilaterale e diffusa. Possono coesistere nausea, vomito, rigor nucalis. La febbre è modesta o assente, per lo meno nelle fasi iniziali, mentre sono spesso presenti alterazioni dello stato di coscienza quali sopore e disorientamento. In oltre il 90% dei casi vi è ipertensione liquorale e l’esame del liquor evidenzia ipoglicorrachia, iperproteinorrachia e una pleiocitosi linfocitaria di grado variabile. Nel 5% dei pazienti con interessamento neurologico la TC o la risonanza magnetica (RM) cerebrale documenta la presenza di criptococcomi, piccole lesioni nodulari iperdense con contrasto ad anello. L’idrocefalo rappresenta la complicanza più severa. La diagnosi di meningoencefalite criptococcica è relativamente semplice; la determinazione dell’antigene criptococcico mediante test al lattice su liquor è positiva in oltre il 90% dei pazienti non trattati e l’esame microscopico del liquor mediante colorazione con inchiostro di china consente di riconoscere i criptococchi nel 70% dei casi. La conferma diagnostica si basa sull’isolamento colturale di C. neoformans nel liquor cerebrospinale. In tutti i pazienti con un’infezione criptococcica sospetta o documentata, il completamento dell’iter diagnostico prevede l’accertamento o l’esclusione di una forma disseminata attraverso la determinazione dell’antigene criptococcico su liquor e siero e degli esami colturali di sangue, urine, liquor. 14 6/9/10 7:10:42 PM 1970 Parte 14 - MALATTIE INFETTIVE Figura 87.2 Aspergilloma dell’apice polmonare; l’anatomia macroscopica evidenzia una cavità rotondeggiante, delimitata da tessuto fibrotico. modalità di risposta immune dell’ospite: una reazione di ipersensibilizzazione o una riduzione dei meccanismi di difesa dell’ospite. Aspergillosi broncopolmonare allergica La terapia si basa sull’utilizzo dell’amfotericina B o della sua formulazione liposomiale, in monoterapia o in associazione con la flucitosina fino a sterilizzazione del liquor. L’utilizzo di desametasone è indicato in presenza di un importante edema cerebrale, anche se un uso troppo prolungato può interferire con la clearance del microrganismo. In considerazione del rischio di recidive, molto frequente nei pazienti con AIDS, è indicata, dopo la sterilizzazione liquorale, l’introduzione di una terapia soppressiva a lungo termine con composti triazolici (fluconazolo o itraconazolo). Nel primo caso si sviluppa un’aspergillosi broncopolmonare allergica spesso descritta negli individui atopici, mediata da una risposta immunologica di tipo I, III e probabilmente IV nei confronti di antigeni rilasciati durante la colonizzazione dell’albero bronchiale. Febbre, asma bronchiale, tosse produttiva, malessere e calo ponderale sono i sintomi più frequenti. Caratteristica è l’espettorazione di tappi di muco brunastro, nei quali è comune l’osservazione al microscopio di eosinofili e delle ife fungine. L’esame colturale dell’escreato è saltuariamente positivo. Gli esami ematochimici evidenziano eosinofilia costante, titoli elevati di IgE totali e di IgG antiaspergillo. L’esame radiografico del torace evidenzia infiltrati nodulari (fugaci, unilaterali o bilaterali, più frequenti ai lobi superiori), ma anche aree di atelettasia polmonare e bronchiectasie, soprattutto in caso di esacerbazioni ricorrenti. L’aspergillosi allergica non richiede necessariamente una terapia. Nei casi più severi è indicata la somministrazione di steroidi per via sistemica e inalatoria, efficaci nel ridurre la sintomatologia e nel favorire la risoluzione degli infiltrati polmonari. In considerazione della patogenesi di questa forma il trattamento antifungino non è indicato. Formazione di aspergilloma ASPERGILLOSI Gli aspergilli sono miceti assai diffusi in natura. Sono presenti nel terreno, nella paglia, nel fieno, nei foraggi, nei cereali, nella vegetazione in decomposizione. Costituiscono le comuni muffe di abituale osservazione negli ambienti umidi e scarsamente soleggiati. Si possono isolare anche dalla cute, dal cavo orale e dall’apparato digerente dell’uomo; sono quindi considerati saprofiti occasionali dotati di scarse patogenicità e invasività. L’importanza clinica dell’aspergillosi è oggi legata ai casi nosocomiali, sia sporadici sia epidemici, nei pazienti immunocompromessi, soprattutto nei pazienti oncoematologici; in particolare non sono purtroppo rare epidemie nosocomiali di aspergillosi nei reparti di oncologia o nelle unità di trapianto in associazione con il rinnovo delle strutture, con la costruzione di edifici adiacenti, con la contaminazione del sistema di ventilazione; l’aspergillosi rappresenta circa il 60% delle infezioni nosocomiali fungine e la seconda infezione più comune nei trapiantati di midollo osseo; non ultimo, i costi sanitari e gestionali legati alle aspergillosi disseminate di origine nosocomiale sono elevatissimi. Aspergillus fumigatus è l’agente eziologico più spesso isolato in corso di aspergillosi, ma altre specie tra cui A. flavus e A. niger possono causare malattia nell’uomo. L’inalazione delle spore di aspergillo nell’apparato respiratorio può dare origine a quadri patologici diversi; le manifestazioni principali sono attribuibili a due differenti C0435.indd 1970 Nei pazienti con cavitazioni polmonari secondarie a bronchiectasie, pregressi ascessi polmonari batterici, tubercolosi, sarcoidosi, istoplasmosi, pneumoconiosi, l’esposizione al fungo può condurre alla colonizzazione saprofitica delle cavitazioni, con formazione di un aspergilloma, di solito localizzato ai lobi superiori. La lesione è inizialmente costituita da un ammasso di ife fungine vitali, fibrina, muco, nel quale compaiono successivamente aree di degenerazione centrale, circondato da una scarsa reazione flogistica locale (Fig. 87.2). L’esame radiografico del torace o, ancor meglio, la TC o la RM del torace evidenzia una massa rotondeggiante o ovalare a contenuto aereo nel tratto superiore. L’emottisi, a volte massiva, dovuta all’erosione di aree vascolarizzate della parete della cavità è il sintomo caratteristico che si verifica nel 50-80% dei casi. L’approccio terapeutico è di tipo conservativo; la resezione chirurgica è indicata in caso di emottisi severa o ricorrente. Non esistono studi clinici controllati sull’efficacia degli antimicotici e l’indicazione alla terapia con itraconazolo deriva da singole segnalazioni o da studi non controllati. Aspergillosi polmonare invasiva Nei pazienti immunodepressi l’esposizione al fungo può condizionare l’insorgenza di un’aspergillosi polmonare invasiva. I pazienti più a rischio sono quelli neutropenici con neoplasie ematologiche, i trapiantati, i bambini con 6/9/10 7:10:42 PM Capitolo 87 - MICOSI PROFONDE malattia granulomatosa cronica. Il quadro clinico, spesso rapidamente fatale, è determinato da un’invasione generalizzata del tessuto polmonare con infarcimento emorragico. Nel 30% dei casi vi è inoltre una disseminazione ematogena con localizzazione a livello del tratto gastroenterico (40% dei casi), renale (30% dei casi) e dell’SNC (10% dei casi). La sintomatologia clinica è aspecifica e gli esami radiologici evidenziano inizialmente la presenza di noduli polmonari singoli o multipli, meglio visibili alla TC; il quadro evolve rapidamente verso un consolidamento bilaterale diffuso, con formazione di cavitazioni e immagini periferiche cuneiformi tipiche delle aree infartuate. La presenza di questi aspetti radiologici, così come l’espettorazione di materiale necrotico, costituisce all’interno di un quadro clinico compatibile una chiara indicazione al trattamento antifungino. L’esame colturale del broncolavaggio è positivo in circa il 60% dei casi. Il metodo più attendibile per la diagnosi di aspergillosi acuta invasiva è la dimostrazione all’esame microscopico del materiale bioptico dei caratteristici filamenti settati e ramificati con una divisione dicotomica rettilinea. La conferma diagnostica definitiva è data dall’isolamento colturale del fungo dal tessuto biopsiato. Da qualche anno è disponibile la ricerca nel siero di antigeni aspergillari solubili con metodo ELISA; si tratta per ora dell’unico metodo sierologico in grado di migliorare la diagnosi di aspergillosi invasiva. I farmaci più attivi nella terapia dell’aspergillosi invasiva sono il voriconazolo, l’amfotericina B liposomiale e la caspofungina. L’amfotericina B va prescritta a dosaggi elevati (1 mg/kg/die). Tuttavia, l’utilizzo dell’amfotericina B liposomiale al dosaggio di 3-5 mg/kg/die consente un più rapido ottenimento dei livelli ematici terapeutici con una minore tossicità. Il voriconazolo, considerato da molti autori farmaco di prima scelta, viene somministrato al dosaggio di 6 mg/ 1971 kg e.v. ogni 12 ore il primo giorno, poi 4 mg/kg e.v. ogni 12 ore. La caspofungina viene somministrata alla posologia di 70 mg e.v. il primo giorno, poi 50 mg/die e.v. Nei pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo e in terapia con elevati dosaggi di corticosteroidi, viene preferita una terapia iniziale di associazione voriconazolo e caspofungina. Il trattamento deve essere iniziato rapidamente e protratto fino a risoluzione del quadro clinico. MUCORMICOSI La mucormicosi è un’infezione opportunistica rara provocata da muffe appartenenti all’ordine Mucorales, generi Absidia, Rhizopus e Mucor, ubiquitariamente presenti nel terreno e nei cibi avariati (frutta, pane). Si tratta di miceti dotati di scarsissime invasività e attività patogena, che si impiantano soltanto in soggetti gravemente compromessi, con neoplasie ematologiche, chetoacidosi diabetica, ustioni gravi o sottoposti a trapianti. L’infezione avviene soprattutto per inalazione delle spore per via aerea. Le manifestazioni cliniche possono interessare gli apparati respiratorio, gastroenterico, cutaneo; la forma clinica più frequente è la mucormicosi rinocerebrale, patologia rapidamente fatale se non trattata, in cui l’infezione, a partenza dai seni paranasali, coinvolge poi il volto, il palato, l’orbita e l’encefalo. Analogamente agli aspergilli, i Mucorales hanno un particolare tropismo per l’endotelio vascolare, causando trombosi, infarti e rapida necrosi tissutale. La diagnosi si basa sulla dimostrazione microscopica dei miceti nel materiale ottenuto dalle lesioni necrotiche. La prognosi è sempre grave. Le possibilità terapeutiche, modeste, si fondano sul precoce impiego dell’amfotericina B e sulla rapida rimozione chirurgica del tessuto necrotico. Bibliografia Afshar K, Boydking A, Sharma OP. Exudative pleurisy of coccidioidomycosis: a case report and review of the literature. J Med Case Reports 2008 Sep 3;2:291. Durkin M, Connolly P, Kuberski T et al. Diagnosis of coccidioidomycosis with use of the Coccidioides antigen enzyme immunoassay. Clin Infect Dis 2008 Oct; 236–41. Einollahi B, Lessan-Pezeshki M, Pourfarziani V et al. Invasive fungal infections following renal transplantation: a review of 2410 recipients. Ann Transplant 2008;13(4):55–8. Ellis M. Febrile neutropenia. Ann N Y Acad Sci 2008 Sep;1138:32950. Review. Holbrook ED, Rappleye CA. Histoplasma capsulatum pathogenesis: making a lifestyle switch. Curr Opin Microbiol 2008 Aug;11(4):318–24. Kauffman CA. Diagnosis of histoplasmosis in immunosuppressed patients. Curr Opin Infect Dis 2008 Aug;21(4):421–5. 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