Capitolo sesto: Note conclusive prima che arrivino quelli. Siamo all’apoteosi ad alla fine di Roma caput mundi. Continuano i banchetti ma la presa sulle province si allenta, la struttura schiavistica sta crollando ma si brinda, a Roma, tra gli intrighi ed i veleni, i roghi e le lotte per il potere. Ma come è il banchetto romano. Dobbiamo dire molto più ricco di quello greco, con i commensali che non sono mai molti, normalmente 9, sdraiati sui triclini. Quello messo meglio era il “lectus magnum” in cui stava l’ospite d’onore e spesso il padrone di casa, poi il “lectus medium” che non c’è bisogno di spiegare ed infine il “lectus limus” detto megliochenulla. Per ogni letto, mediamente, tre ospiti che si agitavano e cambiavano continuamente di posizione, sistemandosi i cuscini, smadonnando e chiacchierando. In età più tarda i tre letti vennero sostituiti da un unico letto fatto ad arco, il “sigma”. Il nome deriva dalla omonima lettera dell’alfabeto greco. A portata di mano un tavolo rotondo, su cui venivano posati i vassoi, il sale ed altri aromi, il vino puro e l’acqua calda e profumata per allungarlo, nonché il filtro per purificarlo, perché ai romani non è mai venuto chiaro. I cibi venivano trasferiti nei piatti tenuti fermi con la sinistra mentre con la mano destra il cibo veniva portato alla bocca. Posate nisba, bisognerà aspettare parecchio. La tovaglia appare tardi, dopo il I secolo d.c. mentre il tovagliolo è più antico, ma più che per nettarsi la bocca era usato per portare a casa gli avanzi. Questa elegante consuetudine è ora ripresa in occasione di matrimoni, soprattutto al sud, dove il ristoratore stesso predispone eleganti contenitori in plastica. Poi si dice che il matrimonio è in crisi. Il banchetto pullulava di schiavi. Ora tutti sappiamo della bisessualità dei romani e quindi non ci meraviglia sapere che gli schiavi più bellini volteggiavano seminudi o vestiti di colori vistosi e mescevano il vino, pulivano in terra ( i commensali scaraventavano per terra tutti gli avanzi) e facevano altri lavori poco specializzati. Era possibile che i commensali portassero un proprio schiavo, anche per essere assistiti nei momenti più imbarazzanti ed eventualmente per essere riaccompagnati a casa quando erano troppo ubriachi. Non è che i Militi romani facessero gonfiare il palloncino di vescica di maiale, ma certo avere una persona di fiducia era sempre meglio. Gli schiavi più abili, magari meno avvenenti, provvedevano a fare le porzioni, a tagliare, a condire ecc. Le portate venivano dalla cucina su grandi vassoi ed in forma scenografica, ma il bello arriverà poi nel medioevo, in quanto a scenografia. Provare per credere. Dopo l’antipasto veniva servita la cena vera e propria e poi venivano portate le statuette dei lari e dei penati. Nuova occasione di libare alla fortuna della casa dell’ospite e poi via con la secundae mensae Una cosa strana era il richiamo continuo alla morte, pur in questo clima godereccio; molti mosaici ritrovati nelle sale da pranzo portano il teschio, molte coppe erano istoriate con figure di scheletri ( non si è capito se c’era anche la scritta “nuoce gravemente alla salute” come sui pacchetti di sigarette). Intorno al banchetto, magari non in vista dei commensali, una folla di clientes e di liberti in attesa degli avanzi o di una mancia, la sportula. Il banchetto era pomeridiano, ma si inoltrava nella notte. Quello di Trimalcione e gli altri esagerati, si concludevano mangiando il primo gallo che avesse cantato la mattina. Ma non stavano sempre a mangiare, le libagioni ed i piatti erano intramezzati da intrattenimenti che Plinio chiamava “gli onesti” e Marziale “i noiosi”. Erano letture fatte da schiavi, recitazioni, saggi di musica, almeno nei banchetti più seri, in quelli sciamannati invece si scommetteva, si rideva sguaiatamente con spettacoli di buffoni, nanerottoli, minorati in genere ed anche ballerine e ballerini. Un celebre e corrotto patrizio praticava il bunga-bunga. Lotterie, giochi di abilità, e financo lotte tra gladiatori allietavano i banchetti più suntuosi. Nel Satyricon Petronio scrive: Improvvisamente il tavolato del soffitto scricchiolò e la sala da pranzo tremò. Sgomento balzai in piedi, pieno di paura: un acrobata avrebbe eseguito i suoi giochi di abilità passando attraverso il tetto. Ed ecco improvvisamente il soffitto a cassettoni si sposta, aprendosi, ed un enorme cerchio inizia ad oscillare, con appesi corone dorate e flaconi di unguento del colore dell’alabastro, Nel frattempo era stato portato sulla tavola un vassoio con moltissimi dolci, al centro del quale un pasticciere aveva realizzato un simulacro di Priapo. Balzammo in piedi e gridammo: Viva l’Imperatore, padre della Patria” Ovviamente in questo gran casino c’era spazio e offerta di sesso, e quindi sia schiavi che schiave erano a disposizione degli ospiti. Ormai non si era più nell’ambito di un ritrovo tra epicurei, ma nella dissoluzione dei costumi che precederà e renderà possibile la dissoluzione dell’Impero. Stanno per arrivare, quelli. Ma intanto nel mondo stava succedendo un fatto nuovo. Il Cristianesimo conquistava l’impero. Possiamo domandarci se la nuova religione aveva portato novità nella gastronomia ? Domandiamocelo pure. Il casino è a rispondere. Io direi che si, il cristianesimo fa proseliti nei ceti medio-bassi, tra la gente che lavorava e quindi è in antitesi con gli eccessi e gli sfarzi dei crapuloni e con il potere rappresentato da quelle pratiche di sfarzo che abbiamo illustrato. Si rappresenta con animali/alimenti – simbolo, come quasi tutte le religioni e pratica una alimentazione più sobria, con forte presenza di vegetali, una sorta di ritorno alle origini etiche della romanità. Il pesce, l’agnello, il pane, il vino. E ho detto tutto, come Totò in “Totò, Peppino e la malafemmina” Ma, lo vedremo più avanti, anche l’Induismo e la religione Islamica si affermano come contrapposizioni alimentari ai regimi precedenti. Abbiate pazienza e se me lo dimentico fate un fischio. Per la Bibliografia relativa a questi capitoli dei Romani: • Storia della cucina Italiana di Francesco Alberini • Vita Romana di Ugo Enrico Paoli • La cucina dell’Antica Roma di Hans-Peter von Pesche ( sai cosa, si chiama Pio Po) e Werner Feldmann.