a proposito di…

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bollettino
d’informazione
sui farmaci
ANNO XIII - N. 3 2006
EDITORIALE
97 Studi di non inferiorità e di equivalenza:
limiti e ambiguità
AGGIORNAMENTI
99 Farmacovigilanza dei farmaci antipsicotici
con la partecipazione dei familiari
ANNO XIII N.3 MAGGIO-GIUGNO 2006 Bimestrale - Poste italiane s.p.a. Spedizione in abbonamento postale 70% - DCB Roma
FARMACOVIGILANZA
106 Coadiuvanti delle diete ipocaloriche
108
Analisi dei segnali:
telitromicina e reazioni oculari
111
Dear Doctor Letter
• Importanti informazioni di sicurezza
su lamotrigina (Lamictal®)
ROASTBIF
113 La spremuta di pompelmo.
Rinfrescante o intossicante?
BIMESTRALE DELL’AIFA - MINISTERO DELLA SALUTE
DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA
115 Corticosteroidi per via inalatoria:
nessun aiuto nel prevenire l’asma
nei bambini
FARMACOUTILIZZAZIONE
120 L’uso dei farmaci in Italia nel 2005.
Il sesto Rapporto Nazionale dell’OsMed
BENE, BRAVO, BIF!
126 Studi di non inferiorità ed equivalenza:
lezioni e precauzioni
LA GALLERIA
130 Transaminasi e malattie del fegato:
liberiamo Prometeo
FARSI UN’IDEA
134 I fogli illustrativi dei farmaci
STRUMENTI DEL MESTIERE
136 L’uso delle banche dati biomediche
PAROLE IN CROCE
140 Off-label
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in giugno 2006.
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A questo numero, oltre ai
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scientifico e della redazione,
hanno contribuito:
M. Baviera, C. Bassi, R. Cuscito,
L. De Fiore, P. Dri, R. Joppi,
Gruppo di Lavoro OsMed,
G. Longo, F. Mannino,
E. Matarangolo, I. Pagano,
S. Ricca Rosellini, E. Ricci,
L. Sottosanti
Le comunicazioni relative a variazioni di indirizzo dovranno essere inoltrate utilizzando
l’apposita scheda di variazione dei dati anagrafici allegata alla rivista
EDITORIALE
Bif XIII N. 3
97
2006
Studi di non inferiorità e di equivalenza:
limiti e ambiguità
L’incertezza del trattamento come
fondamento del trial
dimostrata, implica la superiorità del nuovo trattamento.
Obiettivo degli studi di non inferiorità è quello di dimostrare che un nuovo trattamento non sia peggiore rispetto
a quello di confronto, stabilendo a priori una differenza limite (-∆ - 0), che si possa considerare irrilevante dal punto
di vista clinico, che permetta di considerare il nuovo intervento non inferiore rispetto a quello di confronto.
Analogamente, attraverso uno studio di equivalenza si vuole verificare se i due interventi indagati
presentino lo stesso profilo di efficacia e/o di sicurezza, predefinendo la massima differenza (-∆ a + ∆),
clinicamente non rilevante, che consenta di ritenere i
due trattamenti sovrapponibili2.
In questo numero, la rubrica “Bene, bravo, bif!”
(pag. 126-7) propone una riflessione su alcuni importanti problemi posti dagli studi di equivalenza e non
inferiorità: le indicazioni per il loro utilizzo, il disegno,
l’analisi, il reporting, la loro interpretazione e soprattutto la loro utilità per la pratica clinica.
Condurre uno studio di non inferiorità o di equivalenza
potrebbe rivelarsi utile quando si voglia valutare se un
trattamento sia più sicuro rispetto a quello di riferimento,
possa offrire dei vantaggi in termini di compliance o di
costi, o ancora quando si vogliano mettere a confronto
diversi dosaggi, formulazioni o vie di somministrazioni di
uno stesso farmaco. In tutti gli altri casi sussistono forti
dubbi circa l’accettabilità etica e scientifica di tali studi.
Dal punto di vista
metodologico è importante sottolineare che
Nel
negli studi di equivaprogettare
lenza/non inferiorità la
definizione del ∆ è cruqualsiasi trial
ciale per la pianificaclinico non si
zione del trial, per la depuò prescindere terminazione della didel campione
da un principio mensione
e per la successiva interetico e
pretazione dei risultati.
Pertanto la scelta del ∆
scientifico
deve essere sempre motifondamentale:
vata clinicamente, adeguata a quello che è l’oil “principio di
biettivo principale dello
incertezza”
studio, giustificata dal
a sperimentazione clinica randomizzata e controllata
(Randomized Controlled Trial, RCT), universalmente accettata come gold standard della ricerca medica, prevede
il confronto di due trattamenti per verificare se essi si
equivalgano oppure se uno dei due risulti migliore.
Nel progettare qualsiasi trial clinico non si può prescindere da un principio etico e scientifico fondamentale: il “principio di incertezza”. Infatti uno studio clinico è giustificato unicamente se il paziente e il medico
sono incerti circa il trattamento da adottare tra quelli disponibili. In questa condizione il trial consente di superare l’incertezza e rappresenta il modo migliore per scegliere il trattamento per il paziente. Peraltro, nell’incertezza il trial rappresenta anche l’unico modo eticamente
corretto di trattare il paziente: somministrare il trattamento sperimentale senza controllarne l’efficacia significherebbe esporre il paziente a un potenziale rischio ancora non noto; viceversa decidere di non intraprendere il
nuovo trattamento significherebbe negare al paziente un
potenziale beneficio clinico. Affinché il “principio di incertezza” sia realmente rispettato si devono verificare
contemporaneamente due condizioni: che l’impiego del
nuovo intervento sia eticamente giustificato e che la
scelta del trattamento di confronto sia appropriata.
Il processo di pianificazione di un trial clinico comincia
con il riconoscimento e la definizione delle “incertezze”
circa il valore relativo dei trattamenti da testare, la traduzione delle “incertezze” in ipotesi di ricerca e la formulazione del testo dell’informazione destinata al paziente1.
L
“
I tipi di studio
A seconda del disegno pianificato si parla di studi di
superiorità, di non inferiorità e di equivalenza.
Scopo di uno studio di superiorità è dimostrare che il
nuovo trattamento sia superiore a quello di confronto, attraverso la formulazione di due ipotesi: l’ipotesi nulla della
non differenza tra i due interventi testati, e quella alternativa di superiorità del nuovo trattamento. Nella formulazione delle due ipotesi viene stabilita una differenza (∆) tra
i due interventi, rilevante dal punto di vista clinico, che, se
”
R
AIFA - Ministero della Salute
98
Bif XIII N. 3
EDITORIALE
2006
punto di vista statistico. Parimenti rilevanti, e talvolta
complesse, sono le analisi statistiche ed eventuali modifiche post-hoc del disegno dello studio. L’analisi tipo intention to treat (ITT) e quella per protocol (PP) sono da
considerarsi egualmente importanti. Infatti, entrambe,
prese singolarmente, presentano bias che possono inficiare i risultati della ricerca. In particolare, in presenza di
un elevato numero di drop-out (pazienti che si sono ririrati dallo studio) e di missing data, l’ITT tenderebbe ad
escludere la presenza di una differenza tra i trattamenti
indagati (effetto sfortunatamente spesso frequente in
questi studi). Più imprevedibile risulta essere la direzione
(pro o contro la non differenza/equivalenza dei trattamenti) dell’analisi PP, influenzata soprattutto dallo sbilanciamento dei due bracci dovuto ad eventuali differenti
percentuali e cause del drop-out2.
A causa della flessibilità del disegno i trial di non inferiorità/equivalenza presentano un elevato rischio di manipolazione dei risultati. Ad esempio, è stato dimostrato che
nel 62% dei report relativi a questi studi l’outcome primario
era stato cambiato, introdotto ex novo oppure omesso. Analogamente l’entità del ∆, che deve essere fissata a priori,
viene spesso aumentata per nascondere il fatto che il nuovo
trattamento si è dimostrato inferiore a quello di confronto3.
Infine, non di rado, studi inizialmente progettati per essere studi di superiorità vengono successivamente presentati come trial di equivalenza/non inferiorità qualora non
sia stato possibile dimostrare la superiorità del nuovo intervento. A tale proposito potrebbe risultare con il tempo
rischiosa la posizione assunta dall’autorità regolatoria europea (EMEA) che dichiara accettabile, sebbene in situazioni “estreme”, l’adozione di un disegno di superiorità con
un livello di significatività superiore allo 0,05 quale alternativa alla definizione di un ∆ di non inferiorità4.
Una recente revisione sistematica (peraltro presentata nella rubrica “Bene, bravo, bif!”) mostra che i report
relativi agli studi di non inferiorità/equivalenza sono
spesso carenti, probabile indice di un altrettanto carente conduzione degli studi stessi. Gli autori hanno evidenziato nella loro analisi che soltanto il 20% di tutti gli
studi analizzati (162) presentava i quattro elementi fondamentali per un corretto reporting: margine di non inferiorità/equivalenza (∆) predefinito, calcolo della numerosità campionaria sulla base di tale differenza (in tal
modo è possibile “smascherare” eventuali trial disegnati
per dimostrare la superiorità di un nuovo trattamento e
successivamente pubblicati come studi di non inferiorità/equivalenza, a seguito del fallimento della dimostrazione dell’ipotesi di superiorità), analisi tipo ITT e
PP, intervallo di confidenza al 95% dei risultati con la
specificazione del limite superiore e di quello inferiore,
per poter verificare un’eventuale inaspettata superiorità da parte del nuovo trattamento5.
A tale proposito è opportuno ricordare che lo stesso
CONSORT (Consolidated Standards for Reporting of
Trials) Statement, sviluppato con l’obiettivo di migliorare la qualità dei report degli RCT, è stato espressamente modificato rispetto alle esigenze sopra descritte
per una corretta presentazione dei dati relativi agli studi
di non inferiorità/equivalenza6.
Gli studi di non inferiorità/equivalenza presentano
forti elementi di ambiguità che vanno tenuti presenti da
tutti gli attori (comitati etici, sperimentatori clinici,
editori) coinvolti a vario titolo nella loro progettazione,
valutazione, reclutamento dei pazienti, conduzione,
presentazione dei dati, trasferimento dei risultati alla
pratica clinica. Un aspetto particolarmente delicato e
ambiguo di questo tipo di studi è rappresentato dall’informazione destinata ai pazienti cui viene proposta
la partecipazione a questi studi. Attualmente il testo del
“consenso informato” viene formulato allo stesso modo
per gli studi di superiorità e per quelli di non inferiorità/equivalenza. Tuttavia i due tipi di studi hanno
obiettivi decisamente diversi, pertanto servirsi della
stessa “formula” di consenso informato potrebbe non
essere ritenuto etico da tutti. Nel caso dei trial di superiorità bisognerebbe prevedere l’affermazione che “il
nuovo trattamento potrà dimostrarsi migliore, uguale o
peggiore rispetto a quello di confronto”, mentre chi partecipa ad uno studio di non inferiorità/equivalenza
deve essere messo al corrente che potrebbe andare incontro a rischi, senza che la ricerca si proponga alcun
vantaggio clinico o, qualora vi fosse, il disegno sperimentale potrebbe non essere in grado di rivelarlo. I pazienti dovrebbero sapere se lo studio a cui partecipano
non è in grado di fornire alcun vantaggio clinico, ma è
condotto con scopi puramente commerciali7.
Bibliografia
1. Djulbegovic B, Clarke M. Scientific and ethical issues in
equivalence trials. JAMA 2001; 285: 1206-8.
2. Gøtzsche PC. Lessons from and cautions about noninferiority
and equivalence randomized trials. JAMA 2006; 295: 1172-4.
3. Chan AW, Hrobjartsson A, Haahr MT, Gøtzsche PC, Altman
DG. Empirical evidence for selective reporting of outcomes
in randomized trials: comparison of protocols to published
articles. JAMA 2004; 291: 2457-65.
4. Guideline on the choice of the non-inferiority margin.
European Medicines Agency; July 2005.
www.emea.eu.int/index/indexh1.htm
5. Le Henanff A, Giraudeau B, Baron G, Ravaud P. Quality of
reporting of noninferiority and equivalence randomized
trials. JAMA 2006; 295: 1147-51.
6. Piaggio G, Elbourne DR, Altman DG, Pocock SJ, Evans SJ;
CONSORT Group. Reporting of noninferiority and equivalence randomized trials: an extension of the CONSORT statement. JAMA 2006; 295: 1152-60.
7. Garattini S, Bertele’ V, Li Bassi L. How can research ethics
committees protect patients better? BMJ 2003; 326: 1199201.
R
AIFA - Ministero della Salute
AGGIORNAMENTI
Bif XIII N. 3
99
2006
Farmacovigilanza dei farmaci antipsicotici
con la partecipazione dei familiari
Riassunto
stione dei problemi psichiatrici si è rivelata praticabile,
tale da produrre risultati che integrano in modo originale quanto può risultare dai programmi gestiti da operatori sanitari. Il progetto è ora stato adattato da
UNASAM per una sua estensione a livello nazionale.
Introduzione. I pazienti e i loro familiari possono
fornire un importante contributo alla farmacovigilanza, anche se, ad oggi, le esperienze concrete in
questo settore sono piuttosto rare, specie in aree come
la psichiatria dove definire il profilo beneficio/rischio
dei farmaci non è semplice.
Metodi. In quest’ottica, nell’ambito di un programma di farmacovigilanza attiva promosso dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in parallelo ad un
protocollo che ha coinvolto gli operatori di 180 Servizi
Psichiatrici Territoriali (SPT), distribuiti sul territorio nazionale (in 5 giorni indice hanno rilevato la prevalenza,
la qualità, la rilevanza degli effetti indesiderati su una
popolazione di circa 7500 pazienti), è stato avviato
questo studio pilota avente come protagonisti i familiari
dei pazienti. Il protocollo è stato disegnato in collaborazione con le associazioni dei familiari: Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale (UNASAM),
Unione Regionale delle Associazioni per la Salute Mentale (URASAM), Tartavela. I dati raccolti hanno riguardato le caratteristiche e il quadro clinico della persona, e
il grado di in/soddisfazione di coloro che l’assistono rispetto alle cure in corso. Sono stati inclusi nello studio
232 casi.
Risultati. Il profilo dei contesti di vita degli assistiti riflette una popolazione, prevalentemente priva di occupazione, a carico per lo più della famiglia o delle strutture residenziali. Sia per quanto riguarda le condizioni cliniche,
sia le caratteristiche della popolazione e le reti sociali del
campione vi è una grande variabilità. Ognuno dei casi incluso nella rilevazione trasversale è risultato esposto in
media a 2,6 principi attivi, corrispondenti a 614 specialità
medicinali; oltre la metà dei soggetti assume almeno un
antipsicotico “atipico” ed il 22,8% viene trattato con 4 o
più psicofarmaci. Il 76,7% dei soggetti ha riportato almeno effetto indesiderato, con una maggiore frequenza
tra coloro che assumevano antipsicotici “atipici”. Nel
34% dei casi è stato riportato un giudizio di insoddisfazione per quanto riguarda l’efficacia dei trattamenti farmacologici (40% di insoddisfazione per quanto concerne
tollerabilità ed accettabilità soggettiva dei farmaci).
Conclusioni. L’ipotesi di una partecipazione attiva
dei familiari nella sorveglianza epidemiologica della ge-
Abstract
Introduction. It is known that patients and their families may provide an important contribution to pharmacovigilance, even though, so far, these experiences have been
quite rare, particularly, in a field like psychiatry in which the
benefit/risk profile of a drug is not easy to define.
Methods. This pilot study was implemented in this direction, within a research programme on active pharmacosourveillance promoted by the Italian Medicines Agency
(AIFA). In parallel a study was activated in a national
network of 180 psychiatric services (which include a population of 7500 patients). Research protocol was specifically
addressed to patients’ families and was designed in collaboration with the associations of families coming from the National Union of the Associations for Mental Health, the Regional Union of the Associations for Mental Health, Tartavela. The data collected concerned characteristics and case
history of patients and the grade of un/satisfaction of people
assisting the patient under treatment. A total of 232 cases
were included in the study.
Results. The population included was mainly made up of
people without a job and dependent on their families or assistance services. Among patients, there was a great variability
as concerns case histories, characteristics of the population and
social conditions of the patients sample. Each case included in
the study was exposed to 2.6 active substances, corresponding
to 614 medicinal products; more than half of the patients took
an atypical antipsychotic and 22.8% was treated with 4 or
more psychotropic drugs. A percentage of 76.7% subjects reported at least an adverse effect, and that was more frequent
among patients taking atypical antipsychotics. In the 34% of
cases unsatisfaction was reported in relation to the efficacy of
pharmacological treatments (40% of the unsatisfaction was
related to the personal tolerability and acceptability of drugs).
Conclusions. This study was necessary to prove that the
active participation of families in the epidemiologic surveillance of psychiatric problems is possible and may lead to ori-
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AIFA - Ministero della Salute
100
Bif XIII N. 3
AGGIORNAMENTI
2006
potesse documentare:
a) le caratteristiche e il quadro clinico della
persona (età, sesso, diagnosi, durata della
malattia, responsabile/i della cura, terapia
farmacologica in atto);
b) il grado di soddisfazione o meno di coloro
che l’assistono rispetto alle cure in corso, per
quanto riguarda:
• il controllo dei sintomi di malattia e la situazione complessiva di autonomia nella
vita quotidiana;
• l’esperienza o meno di un miglioramento
della situazione in seguito ad un cambiamento di terapie farmacologiche precedenti;
• gli effetti collaterali attribuiti ai farmaci e
ritenuti particolarmente gravi;
• i “bisogni” che si ritengono specificamente inevasi e prioritari per interventi
migliorativi.
La scheda adottata per la fase operativa è stata il
prodotto di una serie di verifiche su piccoli campioni,
per assicurarne la comprensibilità e la gestibilità.
ginal results. The aim of the analysis is not to produce general implications but the data observed are needed to indicate what method should be implemented on a vast scale, focusing objectives even in a more targeted way.
importanza e l’originalità del contributo alla
Farmacovigilanza (FV) da parte dei pazienti e
dei loro familiari sono state progressivamente riconosciute in vari settori, anche se a tutt’oggi le
esperienze concrete e rappresentative sono sostanzialmente rare e frammentate. Questa carenza
d’informazione e di partecipazione è ancor più caratteristica dell’area della psichiatria, e può essere
specificamente utile per valutare il profilo di
terapie la cui efficacia-sicurezza non è facilmente
definibile.
A distanza di più di dieci anni dall’inizio dei trattamenti di alcune delle sintomatologie associate
alle forme psicotiche più gravi con i farmaci antipsicotici “atipici” o di “seconda generazione”, non
è ancora possibile vantare un insieme consolidato
ed organico di conoscenze che permetta di definirne un profilo soddisfacente sia per quanto riguarda l’efficacia che la sicurezza.
I risultati metodologici e i dati prodotti dal presente
studio pilota offrono vari spunti che spingono
nella direzione di una FV più articolata, che abbia
come protagonisti non solo i prescrittori, ma soprattutto coloro che nel quotidiano condividono
l’esperienza complessiva di (non-)autonomia di
vita, e non soltanto la componente non farmacologica della cura, dei malati mentali.
L’
Risultati
Tramite le 15 associazioni partecipanti sono
stati inclusi nello studio 232 casi. Le caratteristiche di base della popolazione dello studio (i
soggetti esposti ai farmaci antipsicotici) sono descritte nella tabella I.
La compilazione della scheda è stata eseguita
nel 52,6% dei casi da parenti conviventi, nel 34%
da parenti o altri non conviventi, mentre nel restante 13,4% il dato non era riportato.
Il profilo dei contesti di vita degli assistiti
(tabella II) riflette una popolazione prevalentemente priva di occupazione, a carico per lo più
della famiglia o delle strutture residenziali. La
tabella III sintetizza il quadro delle reti relazionali
e della gestione della vita quotidiana. Pur nella
relativa bassa numerosità del campione è possibile riconoscere una grande variabilità, sia per
quanto riguarda le condizioni cliniche che per le
caratteristiche della popolazione e le reti sociali:
tale variabilità può essere ricondotta alla definizione stessa della popolazione studiata, identificata cioè tramite l’esposizione a farmaci antipsicotici. È opportuno rilevare che per ben il 22%
dei soggetti in trattamento con antipsicotici la
diagnosi non era di psicosi, ma di disturbo di personalità, nevrosi, depressione, ritardo mentale,
Materiali e metodi
L’esperienza qui riportata è parte di un programma di ricerca di farmacovigilanza attiva
promosso dall’AIFA. In parallelo con un protocollo
attivato in 180 Servizi Psichiatrici Territoriali (SPT),
distribuiti sul territorio nazionale (in 5 giorni
indice sono state rilevate la prevalenza, la qualità,
la rilevanza degli effetti indesiderati su una popolazione di circa 7500 pazienti), è stato attivato un
protocollo di ricerca specificamente rivolto ai familiari. Il protocollo operativo è stato formulato in
modo collaborativo a partire da alcune riunioni
fatte con rappresentanti delle associazioni dei familiari (Unione Nazionale delle Associazioni per la
Salute Mentale; UNASAM, Unione Regionale,
URASAM, Tartavela).
È stata disegnata una scheda di raccolta dati che
R
AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
Tabella I – Caratteristiche della popolazione.
Sesso
N
maschi
femmine
Età (anni)
2006
Tabella III – Reti di relazioni e gestione della vita quotidiana.
%
Rapporti familiari
160
69,9
buoni
69
30,1
scarsa partecipazione
N
101
%
N
%
127
55,2
96
41,7
isolamento
7
3,0
Rapporti rete sociale
N
%
16-24
15
6,5
25-34
65
28,0
buoni
42
18,2
35-44
82
35,3
scarsi
137
59,3
45-54
41
17,7
52
22,5
55-64
23
9,9
Attenzione tempo libero
65-74
5
2,2
normale
> 75
1
0,4
va stimolato
media ± D.S.
media ± D.S. maschi
media ± D.S. femmine
inesistenti
N
%
33
14,5
123
53,9
39,7+11,1
inesistente
72
31,6
39,3+11,2
Cura di sé
N
40,5+11,0
buona
%
113
49,1
%
parzialmente adeguata
88
38,3
175
78,1
inadeguata
29
12,6
disturbo di personalità
22
9,8
disturbo ossessivo-compulsivo/
fobie/panico
10
4,5
Diagnosi
psicosi
N
depressione
8
3,6
ritardo mentale
4
1,8
nevrosi
1
0,5
demenza
1
0,5
altro
3
1,3
Cura della casa
buona
parzialmente adeguata
inadeguata
vive solo/a
famiglia primaria
famiglia secondaria
N
%
22
9,5
142
61,2
23
9,9
parenti
1
0,4
appartamenti protetti
9
3,9
struttura residenziale
34
14,7
altro
1
0,4
Lavoro
N
%
lavora regolarmente
30
13,2
lavora irregolarmente
19
8,4
non trova lavoro
32
14,1
non cerca lavoro
71
31,3
pensionato/a
75
33,0
%
61
27,1
107
46,1
57
25,3
demenza o altro. In 9 casi alla diagnosi principale
era associato un disturbo di dipendenza da alcol
o altre sostanze.
Il quadro assistenziale, per quanto riguarda la
storia del problema psichiatrico trattato e per le
strutture più direttamente responsabili della presa
in carico, è proposto nella tabella IV. Da notare che
nel 23,3% dei casi la medicina generale è indicata
come quella che condivide la responsabilità assistenziale con le strutture psichiatriche territoriali.
La tabella V sintetizza le informazioni riguardanti gli interventi non farmacologici. Solo per
il 57,3% delle persone sembra essere stato formulato
un intervento personalizzato, e nel 43% dei casi
non è in atto alcun trattamento non farmacologico.
La gestione dei farmaci è attribuita, nel 41,4%
dei casi, direttamente agli interessati (96), nel 25%
ai familiari (58), nel 28% alla collaborazione tra infermieri e familiari (65), mentre il dato non è riportato in 13 casi (5,6%).
Ognuno dei casi incluso nella rilevazione trasversale è risultato esposto in media a 2,6 principi
attivi, corrispondenti a 614 specialità medicinali
(tabella VI).
Tabella II – Contesti di vita.
Con chi vive
N
R
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Bif XIII N. 3
AGGIORNAMENTI
2006
Tabella IV* – Quadro della storia e dell’assistenza psichiatrica.
Primo contatto per disturbo
psichiatrico
N
< 1a
8
3,6
1-5a
33
14,7
6-10a
52
23,2
11-15a
37
16,5
> 15a
94
42,0
Seguito nel tempo da
N
%
%
SPT°
207
89,2
SPDC**
112
48,3
privati
88
37,9
cliniche private
56
24,1
altro
8
3,4
tutti
20
8,6
uno solo
80
34,4
Seguito oggi da
SPT
N
Tabella VI – Profilo dei trattamenti farmacologici (tutte
le prescrizioni).
%
224
96,6
privati
24
10,3
neurologo
10
4,3
MMG***
54
23,3
altro
35
15,1
*Salvo che per la durata del disturbo, le percentuali non corrispondono a totali di 100 in quanto i dati riflettono, per una frazione
di pazienti fino al 60%, l’intervento (in una fase o l’altra del processo
assistenziale, ma anche contemporaneamente) di più attori,
pubblici o privati.
°SPT: Servizio Psichiatrico Territoriale
**SPDC: Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura
***MMG: Medico di Medicina Generale
Tabella V – Interventi non farmacologici in corso al
momento della rilevazione.
Intervento
progetto personalizzato
riabilitazione
N
%
133
57,3
53
22,8
socializzazione
91
39,2
inserimento lavorativo
44
19,0
Ben oltre la metà dei soggetti (65,5%) assume
almeno un antipsicotico “atipico”; circa 1/6 (39)
dei pazienti è trattato con preparati depot; in circa
1/5 (52) ai farmaci antipsicotici si associa uno o
più antidepressivi; il 51% (118) riceve anche una
o più benzodiazepine; nel 13,8% dei casi (32) è riportato l’uso di un farmaco anticolinergico; 11
R
N
Tot %
Neurolettici pronti
olanzapina
aloperidolo
clozapina
risperidone
quetiapina
clotiapina
levopromazina
promazina
zuclopentixolo
clorpromazina
tioridazina
amisulpiride
flufenazina
perfenazina
bromperidolo
60
56
49
29
21
15
8
8
6
4
4
2
1
1
1
9,8
9,1
8,0
4,7
3,4
2,4
1,3
1,3
1,0
0,7
0,7
0,3
0,2
0,2
0,2
Neurolettici depot
aloperidolo
flufenazina
zuclopentixolo
perfenazina
24
7
7
1
3,9
1,1
1,1
0,2
Antidepressivi
sertralina
paroxetina
citalopram
fluoxetina
fluvoxamina
clorimipramina
trazodone
venlafaxina
mirtazapina
amitriptilina+perfenazina
imipramina
mianserina
reboxetina
escitalopram
litio
14
13
7
5
3
3
2
2
2
1
1
1
1
1
11
2,3
2,1
1,1
0,8
0,5
0,5
0,3
0,3
0,3
0,2
0,2
0,2
0,2
0,2
1,8
Stabilizzanti umore
valproato/depamide/succimide
clonazepam
carbamazepina
gabapentina
oxcarbazepina
lamotrigina
topiramato
fenobarbital
30
10
9
4
4
3
1
1
4,9
1,6
1,5
0,7
0,7
0,5
0,2
0,2
Benzodiazepine
alprazolam
bromazepam
clordesmetildiazepam
brotizolam
diazepam
flunitrazepam
flurazepam
lorazepam
lormetazepam
nitrazepam
prazepam
temazepam
triazolam
zolpidem
meprobamato
antistaminici
6
5
48
1
24
1
15
28
4
1
1
3
1
1
1
2
1,0
0,8
7,8
0,2
3,9
0,2
2,4
4,6
0,7
0,2
0,2
0,5
0,2
0,2
0,2
0,3
Altri farmaci
metadone
antiparkinsoniani
l-tiroxina
ranitidina
muscoril
2
32
2
1
2
0,3
5,2
0,3
0,2
0,3
AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
Discussione
Il presente studio ha fornito la possibilità di
documentare che l’ipotesi di una partecipazione
attiva dei familiari nella sorveglianza epidemiologica della gestione dei problemi psichiatrici è
non solo praticabile, ma anche in grado di
produrre risultati originali.
Il progetto, discusso e condiviso con i partecipanti, ha caratteristiche peculiari rispetto a programmi “classici” di farmacosorveglianza:
a) il trattamento farmacologico era posto alla
valutazione come una delle componenti
del processo assistenziale;
b) al fine di esprimere un giudizio informato
sulla qualità (efficacia, sicurezza, accettabilità) degli interventi era centrale l’attenzione al contesto di vita, ai processi assistenziali, alla storia delle persone;
c) l’ipotesi metodologica di fondo prevedeva
esplicitamente non solo la registrazione oggettiva o fattuale di dati, ma uno sforzo di
riflessione e la formulazione di un giudizio.
Si proponeva in tal modo a coloro che normalmente hanno un ruolo più o meno
passivo di osservatori di sentirsi portatori di
una competenza tecnicamente meno
esperta, ma portatrice di una conoscenza
complementare e altrettanto informativa.
Tabella VII – Profilo degli effetti indesiderati più frequenti.
N
55,6
eccessiva sedazione
54
23,3
rigidità
39
16,8
disturbi del movimento
26
11,2
9
3,9
84
36,2
scialorrea
altri
Pur registrando una partecipazione minore di
quanto atteso (e perciò una numerosità della popolazione caratteristica più di uno studio pilota
che di un’indagine strutturata su vasta scala), il
fatto che 15 gruppi di lavoro abbiano contribuito
alla descrizione di più di 200 casi (in un periodo
di tempo molto limitato, pari a 20 giorni), significa che è possibile non solo immaginare, ma
%
129
aumento eccessivo di peso
2006
giudizio relativo all’efficacia delle terapie è
risultata particolarmente incerta (si arriva ad
un’assenza totale di giudizio in circa il 15%
dei pazienti);
c) il giudizio complessivo sulla tollerabilità ed
accettabilità soggettiva dei farmaci registra
il 40% di relativa insoddisfazione (ed un
15% di incertezza);
d) la soddisfazione per l’assistenza complessiva fornita dai SPT è buona in poco
più della metà dei casi (55%), molto
dubbiosa nel 41,3% (con una quota di
giudizio inespresso nel 3,5% dei casi).
persone (4,7%) sono trattate con litio; 50 (21,6%)
con un altro prodotto qualificabile come stabilizzante l’umore.
Dal punto di vista dell’appropriatezza prescrittiva, è utile sottolineare che il 22,8% dei pazienti è trattato con 4 o più psicofarmaci (fino ad
un massimo di 9); 62 persone (26,7%) sono
trattate con 2 o più neurolettici (fino a un
massimo di 5), in 11 casi si tratta di un neurolettico pronto e di un depot. Dosaggi decisamente superiori alle dosi giornaliere raccomandate (almeno 2,5 volte) sono documentati
nell’11,1% dei casi per quanto riguarda i neurolettici, e nel 10,8% dei casi per gli antidepressivi.
Tale dato potrebbe essere sottostimato, in quanto
in circa un terzo dei casi i familiari non sono stati
in grado di precisare le dosi dei farmaci prescritti.
Per quanto riguarda gli aspetti inerenti la FV
(tabella VII), sono stati 178 (76,7%) i soggetti per
i quali è stato riportato almeno un effetto indesiderato, con una maggiore frequenza tra coloro
trattati con antipsicotici “atipici” (80,9%) rispetto a quelli “tipici” (68,8%).
Informazioni complementari importanti
hanno riguardato il giudizio formulato dai compilatori delle schede sulla gestione complessiva
dei farmaci:
a) un cambiamento di farmaci si è reso necessario nel 42,7% del campione per motivi
d’inefficacia, nel 20,7% per la presenza di
effetti collaterali, nell’11,2% per un
giudizio complessivo d’inefficacia e sicurezza;
b) nel 34% dei casi è stato riportato un giudizio
di insoddisfazione per quanto riguarda l’efficacia dei trattamenti farmacologici, che si
somma ad un giudizio di sostanziale non
miglioramento sintomatologico anche in
caso di cambiamento di farmaci (24%).
Come era atteso, la formulazione del
Effetti collaterali
103
R
AIFA - Ministero della Salute
104
Bif XIII N. 3
AGGIORNAMENTI
2006
farmaci, sia per quanto riguarda l’efficacia
che gli effetti indesiderati: il problema (ed
il dato rimanda allo studio nazionale sugli
SPT) non sono i farmaci, ma la gestione
complessiva dei problemi, rispetto ai quali
il farmaco ha un ruolo sintomatico e/o di
accompagnamento, di cui valutare contestualmente l’appropriatezza delle indicazioni, il raggiungimento effettivo di risultati efficaci, la prevenzione di effetti indesiderati “evitabili” o correggibili;
e) la qualità e l’estensione di comportamenti
assistenziali e farmacologici non sempre razionali, come ad esempio la poliprescrizione di più neurolettici allo stesso paziente o le dosi molto superiori a quelle
raccomandate, riguardano una proporzione verosimilmente compresa tra un
quarto e un terzo dei soggetti, e segnalano
gruppi importanti che hanno bisogno di
un livello di attenzione (verosimilmente
non solo farmacologica) più adeguato.
anche pianificare una rete multicentrica di sorveglianza farmacologica, contestualizzata in una
sorveglianza epidemiologica e assistenziale.
La rilevanza metodologica e culturale dei risultati ottenuti permette di qualificare questa
esperienza pilota come un esempio di ricerca innovativa; a prescindere dai dati, indica la possibilità di sviluppare e condividere un linguaggio
che permette un dialogo, un confronto, una dialettica su basi diverse da quelle che tradizionalmente vengono affrontate dagli esperti. Al di
là delle tante affermazioni e raccomandazioni di
assicurare un dialogo ed una condivisione di
giudizi e di punti di vista, sono di fatto molto
poche (e certo non facilmente reperibili nella letteratura più accreditata) le esperienze di “presa di
parola” diretta da parte degli utenti.
Sulla base di una partecipazione assolutamente volontaria, i dati che sono emersi indicano con chiarezza alcuni punti su cui sviluppare potenziali progetti più organici, oltre che
iniziative formative fortemente condivise:
a) la percezione degli effetti indesiderati di cui
si ritiene importante segnalare la presenza
descrive un quadro diverso da quello che
emerge da studi di farmacosorveglianza
basata su operatori sanitari (prevalentemente medici, o osservatori esterni): per
circa tre quarti dei soggetti è segnalata
un’esperienza di effetti indesiderati, rispetto al 16% rilevato nell’indagine
condotta in parallelo a questa nei SPT;
b) la descrizione degli effetti indesiderati è
precisa, pertinente, e riproduce in modo affidabile quanto è atteso dalla letteratura, documenta soprattutto che lo spettro di situazioni “sfavorevoli” create dal farmaco
coinvolge a pieno titolo l’autonomia di vita;
c) questa segnalazione non è frutto di pessimismo o giudizio critico a priori; anzi, i
partecipanti si dimostrano sostanzialmente
tolleranti e ben disposti rispetto a quanto
viene fatto: segnalano giustamente (con
percentuali che riproducono molto da
vicino le stime della letteratura) che nel 3040% dei casi le cose non vanno bene, né
possono essere dichiarate soddisfacenti;
d) rispetto al quadro evidenziato – confermando un dato complessivo che emerge
anche dalla letteratura – i vantaggi dei
“nuovi” farmaci neurolettici risultano
tutt’altro che definitivi rispetto ai “vecchi”
Conclusioni e prospettive
Lo scopo di questo studio pilota non è quello
di derivare indicazioni o implicazioni generali. Le
osservazioni fatte sono più che sufficienti per indicare l’opportunità e la modalità di proseguire,
su scala più estesa, lungo questo percorso, focalizzando, dove necessario, gli obiettivi in modo
ancor più mirato. Si tratta di fatto di scrivere un
capitolo che è nuovo nella cultura e nella pratica
epidemiologica ed assistenziale della psichiatria,
non essendo presenti molti esempi con cui confrontarsi, neppure a livello internazionale.
Il passaggio da compiere riguarda l’interpretazione del ruolo delle associazioni dei familiari
e dei pazienti, e più in generale di coloro che
sanno che, nella psichiatria in modo specifico, la
partecipazione dei “soggetti” non può essere semplicemente oggetto di richiesta di più attenzione
e più risorse: deve includere, come espressione di
un diritto, la produzione di conoscenze diverse,
che rendano visibile e contrattualmente forte il
punto di vista dei contesti di vita delle persone.
Le reti operative, affinché questa produzione
di epidemiologia e di diritto diventi una realtà,
ci sono e possono essere capaci di produrre conoscenze non meno affidabili di quelle che si
propongono dai più diversi livelli della ricerca accademica o istituzionale.
R
AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
105
2006
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Secondo quanto recentemente deciso dalle Associazioni che firmano questo contributo, un
progetto allargato su scala nazionale dovrebbe
essere attivato nel settembre 2006.
Si ringraziano le Associazioni per la Salute Mentale
UNASAM/URASAM/TARTAVELA, con il coordinamento di E. Terzian e G. Tognoni, Consorzio Mario
Negri Sud.
Bibliografia di riferimento
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7. Medawar C. The antidepressant web. Marketing depression and making medicines work. Version downloaded
from www.socialaudit.org.uk
a proposito di…
Flunitrazepam
Il flunitrazepam deve essere prescritto su ricetta a ricalco per un massimo di 30 giorni di terapia. Sulla ricetta possono essere
riportate una o più confezioni di uno stesso medicinale contenente flunitrazepam.
La misura restrittiva che limitava la prescrizione di flunitrazepam a una sola confezione per non più di 60 mg per ricetta è stata
abrogata1.
1
D.M. 28/06/2006 pubblicato sulla G.U. n. 160 del 12/07/2006.
R
AIFA - Ministero della Salute
106
Bif XIII N. 3
FARMACOVIGILANZA
2006
Coadiuvanti delle diete ipocaloriche
caloriche” possa esporre i pazienti ad un rischio
reale di insorgenza di reazioni avverse.
Nonostante i comitati consultivi dell’autorità
regolatoria abbiano più volte affrontato il tema
del rischio associato a queste preparazioni, purtroppo, ancora oggi non è semplice adottare
un’azione restrittiva idonea a contrastare il fenomeno. Non è possibile infatti intervenire sui
singoli componenti, perché spesso si tratta di
principi attivi contenuti in specialità medicinali
regolarmente registrate, né è possibile limitare il
numero dei componenti perché gli stessi diminuirebbero per singola preparazione con contestuale aumento del numero delle preparazioni;
d’altro canto la libertà di prescrizione del medico
va salvaguardata per non recare un danno a quei
pazienti che ricevono altri tipi di prescrizioni
magistrali, su prescrizioni mediche effettuate in
scienza e coscienza e nel rispetto delle norme esistenti.
La prescrizione delle “formule magistrali” è disciplinata dall’articolo 5 del Decreto Legge del 17
febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni dalla Legge 8 aprile 1998, n. 94. La piena
applicazione di questa legge da parte di tutti gli
operatori sanitari offre di per sé un’adeguata garanzia a tutela della salute pubblica.
In particolare il comma 3 dell’articolo 5 recita:
“il medico deve ottenere il consenso del paziente
al trattamento medico e specificare nella ricetta le
esigenze particolari che giustificano il ricorso alla
prescrizione estemporanea…”. Da parte sua il farmacista dovrebbe realizzare la preparazione solo
in presenza di una ricetta correttamente compilata nella quale siano riportate anche tali
“esigenze particolari”, cosa che non sempre
accade.
In conclusione le preparazioni magistrali, cosiddette coadiuvanti delle diete ipocaloriche, rimangono un problema aperto in sanità pubblica
e, in attesa che ne venga trovata la soluzione, si
auspica un maggior senso di responsabilità da
parte di tutti gli attori coinvolti.
ell’ambito dell’attività di monitoraggio
delle reazioni avverse ai medicinali, l’UfN
ficio di Farmacovigilanza riceve anche segnalazioni relative a reazioni avverse insorte dopo la
somministrazione di preparazioni galeniche
magistrali. In particolare, sono molto diffuse le
preparazioni galeniche magistrali prescritte
come “coadiuvanti delle diete ipocaloriche”.
Tali preparazioni contengono spesso in associazione molti principi attivi combinati anche con
prodotti erboristici; la somma di sostanze farmacologicamente attive che, anche singolarmente, sono note per la loro intrinseca tossicità
(ad esempio l’Ephedra) rendono spesso tali prescrizioni pericolose.
Sono diversi gli aspetti che concorrono a
rendere poco sicure queste formulazioni magistrali:
• la difficoltà nel reperire in letteratura
evidenze sull’efficacia e la sicurezza delle associazioni utilizzate in queste preparazioni; la
documentazione disponibile sui singoli
principi attivi, quando somministrati in associazione, non garantisce la sicurezza degli
stessi; ne è un esempio la combinazione buspirone più fluoxetina;
• la mancanza nelle preparazioni galeniche di
fogli illustrativi relativi alle caratteristiche
delle preparazioni prescritte ai quali i pazienti possano far riferimento;
• la dubbia acquisizione di un consenso
informato del paziente per ogni prescrizione;
• l’abuso legato all’utilizzo di questi principi
attivi per finalità estetiche piuttosto che terapeutiche.
I rischi di insorgenza di reazioni avverse
possono aumentare, quindi, sia per l’incongruità
della preparazione sia per la mancanza di un’adeguata informazione al paziente.
Nella tabella sono descritti alcuni casi segnalati
all’Ufficio di Farmacovigilanza, che mostrano
quanto il ricorso ai “coadiuvanti delle diete ipo-
R
AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
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2006
Tabella – Alcuni casi di reazione avversa a coadiuvanti delle diete ipocaloriche registrati dall’Ufficio di Farmacovigilanza.
Preparazioni
galeniche assunte
Reazioni
avverse
1. Benfluorex 200 mg, Pancreatina 300 mg,
Acido triiodotiroacetico 0,8 mg, Valeriana 20 mg,
Fluoxetina 30 mg, Metformina 300 mg,
Sodio deidrocolato 40 mg (3cp/die).
Età/sesso
Durata
della terapia
Arresto cardiaco da fibrillazione
ventricolare.
Paziente intubata e ventilata
meccanicamente,
TSH ai limiti inferiori.
Esito: miglioramento.
Residua lieve diminuzione della memoria
di fissazione.
Impiantato defibrillatore.
54/F
4 giorni
1. Pseudoefedrina 60 mg, Deanolo 40 mg,
Fluoxetina 10 mg, Benfluorex 100 mg,
Teobromina 50 mg, Metformina 10 mg (2 cp/die).
Ripetuti attacchi epilettici, almeno 4 crisi
di grande male. Dimessa in trattamento
con carbamazepina.
48/F
10 mesi
1. Metformina 0,2 g, Pancreatina 0,15 g,
Sodio deidrocolato 0,08 g, Triac 0,0008 g,
Fluoxetina 0,006 g
(forma farmaceutica non specificata X 3/die).
Tachicardia, tremori, dispnea da piccolo
sforzo, sensazione di trafitture toraciche.
28/F
8 giorni
Cefalea continua, sbandamento nella
deambulazione, stato di agitazione
psicomotoria, disorientamento
spazio/temporale, tachicardia, vomito
ripetuto. Segni di encefalopatia
epilettiforme, stato febbrile e valori non
determinabili fuori scala di FT3, FT4 e TSH.
Esito: miglioramento con parametri vitali
nella norma, in attesa di ulteriori controlli
EEG con rivalutazione neurologica,
funzione tiroidea e surrenalica.
26/F
8 giorni
Dolori addominali,
tremori agli arti inferiori.
12/F
Un mese
Segni di intossicazione acuta atropino
simile da contaminazione della partita di
Coleus utilizzato nella preparazione (altri
casi segnalati). La paziente ha iniziato
l’assunzione della nuova preparazione del
galenico (che comunque assumeva
da tempo) e della sibutramina il
giorno che è comparsa la reazione.
46/F
Sertralina 2
mesi.
Sibutramina 1
giorno. Galenico
alcuni mesi, ma
la nuova
preparazione
solo un giorno.
33/F
2 giorni
2. Fucus 180 mg, Equiseto 60 mg, Uva Ursina 150 mg,
Pilosella 50 mg, Spirea 60 mg,Tarassaco 150 mg
(3 cp/die)
3. Senna 100 mg, Cascara 100 mg (2 cp/die).
Dimessa con diagnosi di
tirotossicosi factitia.
Esito: miglioramento.
2. Benfluorex 100 mg, Metformina 150 mg,
Pancreatina 100 mg, Sodio deidrocolato 80 mg,
Triac 0,4 mg
(forma farmaceutica non specificata X 3/die).
1. Metformina 100 mg, Pancreatina 100 mg,
Sodio deidrocolato 100 mg, Triac 0,4 mg,
Fucus 100 mg (3 cp/die).
2. Metformina 200 mg, Pancreatina 150 mg,
Sodio deidrocolato 80 mg, Triac 0,8 mg,
Levotiroxina 35 mg, Fluoxetina 6 mg (3 cp/die).
1. Triac 1 mg, Buspirone 1 mg, Efedrina 15 mg,
Fluoxetina 10 mg, Pancreatina 150 mg,
Acido Deidrocolico 100 mg, Garcinia 150 mg,
Metformina 300 mg, Amido q.b. tali 120 cps (2 cp/die).
2. Triac 0,8 mg, Buspirone 1 mg, Fluoxetina 10 mg,
Acido deidrocolico 100 mg, Garcinia 150 mg,
Pancreatina 150 mg, Metformina 300 mg
Amido q.b. tali 140 cps (2 cp/die).
3. Triac 0,5 mg, Buspirone 0,5 mg, Fluoxetina 8 mg,
Hoodia gordonii 100 mg, Garcinia 150 mg,
Pancreatina 150 mg, Tarassaco 100 mg,
Ortosiphon 100 mg, Amido q.b. tali 120 cps (2 cp/die)
1. Hoodia Gardoni 100 mg, MaHuang 200 mg,
Coleus Forskolij 30 mg, Buspirone 4 mg,
Fluoxetina 15 mg (posologia non specificata).
(Paziente già in trattamento con Sertralina +
Sibutramina 10 mg).
1. Acido deidrocolico 300 mg, Sinefrina 20 mg, Metformina Agitazione, astenia, parestesie.
150+300 mg, Fluoxetina 40 mg,
Benfluorex 150 mg, Bupropione 150 mg,
Clorazepato 3 mg, Caffeina 20 mg, Fenilalanina 100 mg
Cromo picolinato 0,4 (posologia non specificata).
R
AIFA - Ministero della Salute
108
Bif XIII N. 3
FARMACOVIGILANZA
2006
Analisi dei segnali:
telitromicina e reazioni oculari
Uno degli scopi principali di un sistema di segnalazione spontanea è quello di generare “segnali”, cioè
identificare reazioni avverse non note o rilevare un aumento della frequenza di reazioni già note.
Il sistema ha però dei limiti: non è facile calcolare il dato di incidenza preciso, in quanto le reazioni sono
sottosegnalate e non si conosce il numero esatto degli esposti al farmaco.
Nonostante ciò, dalla segnalazione spontanea arrivano molte informazioni sul profilo di rischio di un
farmaco. Analizzare questi segnali non è facile; tuttavia, l’aumento negli anni del numero di segnalazioni
presenti nel database della Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) permette di passare da una selezione
quantitativa delle segnalazioni a un’analisi di tipo qualitativo.
Il segnale
D
alla Rete Nazionale di
Farmacovigilanza
(RNF)
giungono segnalazioni che associano l’impiego della telitromicina con la comparsa di reazioni
avverse oculari note e non
comuni.
La telitromicina, è un agente
semisintetico appartenente ai ketolidi, una nuova classe di antimicrobici strutturalmente correlati
al macrolide eritromicina. La telitromicina, commercializzata in
Italia nel gennaio 2002, è impiegata nel trattamento della polmonite contratta in comunità di
“
Nella maggior
parte dei casi i
disturbi visivi si
sono verificati
dopo la prima o
la seconda dose
e, di solito,
hanno avuto una
durata di
parecchie ore
”
gravità da lieve a moderata, dell’esacerbazione acuta di bronchite cronica, della sinusite
acuta e delle tonsilliti e faringiti
provocate da ß-streptococchi di
gruppo A, come alternativa agli
antibiotici ß-lattamici nel caso
non siano adeguati. Lo spettro
di attività antibatterica della telitromicina è simile a quello dei
macrolidi. Specifiche modifiche
strutturali conferirebbero alla
telitromicina la capacità di superamento della macrolido-resistenza, che sembra variare a seconda della specie batterica.
I più comuni effetti indesiderati della telitromicina includono diarrea, nausea, vomito,
cefalea, vertigini, diarrea, disgeusia. Meno comune tra gli effetti correlati all’uso del farmaco
è l’alterazione della funzionalità
epatica caratterizzata dall’incremento delle transaminasi. Tale
effetto solitamente è asintomatico e reversibile. In letteratura
sono stati descritti casi di epatite1 acuta associata all’uso della
telitromicina.
La telitromicina ha un modesto effetto sull’intervallo QT2. I
risultati di uno studio3 hanno,
tuttavia, rilevato che la telitromicina non determina allungamento dell’intervallo QT quan-
R
AIFA - Ministero della Salute
do somministrata a soggetti sani.
Come altri macrolidi la telitromicina può causare esacerbazione della miastenia gravis4.
Recentemente, l’impiego della
telitromicina è stato associato a
disturbi visivi reversibili quali
diplopia, offuscamento visivo e
difficoltà nella messa a fuoco. Alcuni autori2 hanno stimato che
l’incidenza di tali effetti è più
elevata nelle donne di età inferiore a 40 anni. Nella maggior
parte dei casi i disturbi visivi si
sono verificati dopo la prima o la
seconda dose e, di solito, hanno
avuto una durata di parecchie
ore. La gravità degli effetti oculari è stata valutata prevalentemente lieve o moderata. Tuttavia, sono stati anche riportati
casi di reazioni oculari gravi. In
alcuni pazienti i disturbi visivi si
sono risolti nel corso del trattamento, mentre in altri hanno
continuato a persistere per tutta
la durata della terapia.
Da una ricerca bibliografica
condotta utilizzando le banche
dati PubMed ed Embase (ultimo
accesso effettuato in giugno
2006) non sono stati rilevati lavori in cui venga analizzata la
correlazione causa-effetto tra
utilizzo di telitromicina e comparsa di disturbi visivi.
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
I dati della Rete Nazionale di Farmacovigilanza
109
2006
oculari e quelle con altre tipologie di ADRs. L’andamento temporale di queste segnalazioni mostra
come nel 2002 e nel 2005 le reazioni oculari rappresentano più del 50% del totale delle segnalazioni (figura 1).
Il 5% (4) delle segnalazioni di ADRs oculari è
stato classificato come grave (2 ospedalizzazioni, 1
invalidità e 1 in pericolo di vita), il 59% come non
grave e per il 36% delle segnalazioni non è stato indicato il livello di gravità.
Il maggior numero di ADRs oculari si è osservato nelle donne: il rapporto F/M è stato pari a 2,3
(53 femmine e 23 maschi). L’età media dei pazienti è risultata pari a 38 anni, con un range compreso tra 14 e 90 anni.
L’86% (69) delle ADRs oculari da telitromicina
ha riguardato i disturbi visivi propriamente detti.
In particolare, nel 43% dei casi sono stati descritti
problemi di visione offuscata, nel 19% disturbi visivi non specificati, nel 14% disturbi dell’accomodazione, nel 10% diplopia, nel 7% miopia, nel 3%
acuità visiva ridotta, nell’1% amaurosi fugace e
nell’1% ipermetropia.
Di particolare interesse sono anche le ADRs
Nell’analisi di seguito presentata sono state
prese in esame le schede di segnalazione di sospette reazioni avverse (ADRs – adverse drug reactions) registrate nella RNF dal 01/01/2002 al
15/06/2006, associate ai farmaci appartenenti alla
classe ATC (anatomica terapeutica chimica) dei
macrolidi. Complessivamente nella RNF sono
pervenute 622 segnalazioni di sospette ADRs da
macrolidi, telitromicina inclusa (tabella I).
Prendendo in considerazione le segnalazioni
totali per ogni singolo principio attivo si osserva
che il 47% delle segnalazioni da telitromicina è relativo a ADRs oculari, mentre per claritromicina e
azitromicina queste sono rispettivamente il 3% e
il 2%. Per gli altri macrolidi non sono state segnalate reazioni avverse di tipo oculare.
Vista l’elevata percentuale di segnalazioni di
ADRs oculari da telitromicina rispetto al totale
delle segnalazioni della molecola, si è proceduto
ad analizzarle in dettaglio.
Le segnalazioni della telitromicina sono state
quindi suddivise in due gruppi: quelle con ADRs
Tabella I – Segnalazioni di ADRs oculari da macrolidi. Periodo 2002-2006.
Principio Attivo (PA)
Segnalazioni
con ADRs oculari
Totale
segnalazioni
% Segnalazioni di ADRs oculari/
segnalazioni totali per PA
TELITROMICINA
76
163
47%
CLARITROMICINA
9
338
3%
AZITROMICINA
3
121
2%
TOTALE
88
622
14%
Figura 1 – Segnalazioni di
ADRs da telitromicina.
Periodo 2002-2005.
30
25
20
15
10
5
0
2002
2003
2004
Segnalazioni con ADRs non oculari
Segnalazioni con ADRs oculari
R
AIFA - Ministero della Salute
2005
110
FARMACOVIGILANZA
Bif XIII N. 3
2006
• un numero elevato di reazioni oculari rispetto a quanto riportato nel RCP;
• la percentuale di reazioni oculari della telitromicina rispetto agli altri macrolidi è nettamente maggiore;
• alcune ADRs segnalate non sono note.
quali edema palpebrale (3), ptosi palpebrale (3),
blefarospasmo (1) e midriasi (1), non incluse nei
disturbi visivi ma in altre patologie oculari, e non
riportate nel Riassunto delle Caratteristiche del
Prodotto (RCP).
La maggior parte delle ADRs segnalate si è verificata entro le 24 ore ed è insorta dopo la prima o
la seconda dose risolvendosi in maniera completa
(tabella II). Solo in 2 casi la risoluzione è stata con
postumi.
Nella maggior parte dei casi (83%), la somministrazione del farmaco è stata sospesa, nell’8%
dei casi il farmaco è stato risomministrato e nel 3%
dei casi i sintomi sono ricomparsi.
Nel RCP le reazioni oculari descritte riguardano
soltanto i disturbi visivi, quali visione offuscata,
difficoltà nella messa a fuoco e diplopia. La frequenza d’insorgenza riportata nel RCP è minore
dell’1%.
Dalle segnalazioni di sospette ADRs da telitromicina emerge:
Sulla base di questi dati vale la pena prestare attenzione al rischio di reazioni oculari associate all’uso di telitromicina, soprattutto riguardo alla
capacità di guidare veicoli e all’uso di macchinari.
Una riduzione del rischio potrebbe anche derivare dal riservare l’uso della telitromicina al trattamento di quelle specifiche condizioni in cui
viene isolato uno pneumococco macrolide-resistente o penicillino-resistente. Infatti, la prescrizione non appropriata di telitromicina è legata ad
un aumento del rischio di precoce insorgenza del
fenomeno della resistenza verso l’intera classe dei
ketolidi.
Bibliografia
Tabella II – Tempo di insorgenza delle ADRs oculari da
telitromicina.
Tempo di insorgenza
N°
ADRs (ore)
segnalazioni
%
segnalazioni
Entro le 24 ore
50
66,7%
Entro le 48 ore
11
14,7%
Entro le 72 ore
6
8,0%
Oltre le 72 ore
8
10,7%
Totale
75
100%
a proposito di…
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and myasthenia gravis. Clin Infect Dis 2003; 37: 1579.
Codice comunitario dei medicinali
Il 6 luglio 2006 è entrato in vigore il Decreto Legislativo1 di recepimento del codice comunitario dei medicinali.
Tale decreto raccoglie in un unico testo disposizioni in materia di autorizzazione all’immissione in commercio, produzione e importazione, etichettatura e fogli illustrativi, classificazione ai fini della fornitura, distribuzione all’ingrosso, pubblicità e farmacovigilanza dei medicinali.
1
D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219, pubblicato sul Supplemento ordinario n. 153/L alla Gazzetta Ufficiale n. 142 del 21 giugno 2006 – Serie generale.
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AIFA - Ministero della Salute
DEAR DOCTOR LETTER
Bif XIII N. 3
111
2006
Si pubblica di seguito una Dear Doctor Letter (DDL) recentemente inviata ai medici per diffondere tempestivamente nuove evidenze sulla sicurezza del medicinale Lamictal®. Le DDL sono concordate con l’Agenzia Italiana
del Farmaco (AIFA) che quindi ne condivide i contenuti; con la loro pubblicazione sul Bollettino d’Informazione sui
Farmaci si intende sottolinearne l’importanza e facilitarne l’archiviazione. Si ricorda inoltre che per ulteriori informazioni ci si può rivolgere via fax all’Ufficio Farmacovigilanza dell’AIFA, al numero: 06/59784142.
Nota informativa importante
concordata con le autorità regolatorie europee e l’AIFA
n Importanti informazioni
di sicurezza su lamotrigina
(Lamictal®)
19 Giugno 2006
Gentile Dottoressa, Egregio Dottore,
GlaxoSmithKline (GSK) in accordo
con l’AIFA desidera informarLa in
merito a nuove importanti informazioni di sicurezza riguardanti lamotrigina (Lamictal®).
• Un aumento del rischio di labiopalatoschisi associato all’uso di
lamotrigina (Lamictal®) durante
il periodo iniziale della gravidanza è stato di recente rilevato
in un registro di gravidanza.
• Il Riassunto delle Caratteristiche
del Prodotto di lamotrigina (Lamictal®) verrà aggiornato con
questa nuova informazione.
• Il possibile rischio di labio-palatoschisi deve essere valutato in base
alla necessità del trattamento. La
brusca interruzione della terapia
antiepilettica può portare alla
comparsa improvvisa di attacchi
convulsivi con gravi conseguenze
sia per la madre che per il feto, e
deve essere evitata.
I dati che emergono dal Registro
delle Gravidanze “North American
Antiepileptic Drug (NAAED)” suggeriscono un’associazione tra lamotrigina (Lamictal®) ed un aumento del rischio di labio-palato-
schisi non-sindromica. In particolare, il Registro delle Gravidanze
NAAED ha rilevato una elevata incidenza di casi di palatoschisi isolata, non-sindromica in neonati,
esposti in utero a lamotrigina in
monoterapia durante il primo trimestre di gravidanza, in confronto
alla popolazione di riferimento utilizzata in tale Registro1. Dati pubblicati di recente, tratti dal Registro,
riportano tre casi di palatoschisi
isolata, non-sindromica e due casi
di labioschisi isolata non-sindromica senza palatoschisi su un totale
di 564 neonati esposti a lamotrigina in monoterapia nel primo trimestre di gravidanza, da cui risulta
una incidenza di 8,9 per 10002.
Questo in confronto con un tasso
di prevalenza di 0,37 per 1000 osservato nella popolazione generale
del Brigham and Women’s Hospital (BWH) Surveillance Program
(rischio relativo nei pazienti trattati con lamotrigina rispetto alla
popolazione generale del BWH è
pari a 24; IC 95% = 10,0-57,4). Come
riferimento, l’incidenza complessiva di malformazioni maggiori riportate dal Registro NAAED è stata
di 15/564 (2,7%, 27 per 1000) e non
differisce da quella riscontrata
nella popolazione di riferimento.
La prevalenza di labio-palatoschisi
osservata nel Registro NAAED è
anche più elevata rispetto alla prevalenza naturale di labio-palatoschisi non-sindromica riportata in
letteratura, che comprende studi
effettuati negli Stati Uniti, Australia, Europa. Sebbene studi dif-
R
AIFA - Ministero della Salute
ferenti abbiano ottenuto risultati
diversi a seconda dell’area geografica e delle differenti modalità di
valutazione dei casi, il range riportato è 0,50-2,16 per 10003-17.
Nonostante tali risultati non siano
stati confermati da altri studi, GSK
sta valutando con le autorità regolatorie dei vari paesi del mondo
questi nuovi dati e altre informazioni rilevanti, inclusi gli esiti di
oltre 2000 gravidanze, presenti in
altri registri di gravidanza, per meglio comprendere il significato di
tali riscontri. GSK, in accordo con
l’AIFA, sta provvedendo ad aggiornare il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto e il foglio illustrativo in modo da tenere in considerazione questi nuovi dati.
Al momento, i medici devono avvisare le pazienti di informarli qualora abbiano iniziato una gravidanza o abbiano intenzione di iniziarla in corso di terapia. Il possibile
rischio di labio-palatoschisi associato all’uso di lamotrigina (Lamictal®) nel primo periodo di gravidanza deve essere valutato in
base alla necessità del trattamento.
Va considerato che anche altri farmaci antiepilettici sono stati associati a malformazioni congenite.
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SI
RIPORTA DI SEGUITO IL PARAGRAFO RELATIVO AI FARMACI ANTIEPILETTICI
TRATTO DA “FARMACI E GRAVIDANZA”*
Tra tutti i farmaci oggi in commercio, gli antiepilettici (FAE) sono stati senza dubbio quelli più studiati per valutarne la tossicità embrio-fetale, neonatale e a distanza. Nonostante una serie molto lunga di problemi di studio il quadro appare recentemente più chiaro, almeno per quanto riguarda i
FAE classici e di più classico uso, e anche se non in modo conclusivo.
Difetti congeniti maggiori
I dati forniti dalla recente metanalisi di Gutierrez-Alvarez (2003) forniscono un punto fermo formale sulla dimensione del rischio di difetti congeniti
associato a FAE. L’incidenza di difetti congeniti tra i nati di donne con epilessia in trattamento con FAE è intorno al 10%, circa 3 volte superiore a
quello osservato in nati da madri senza epilessia e studiati in modo analogo. Questo dato conferma quanto riportato precedentemente in letteratura in numerose revisioni sull’argomento. Il rischio non è omogeneo per tutte le malformazioni, dipende dal tipo di esposizione e naturalmente
dal rischio di base. Quindi le malformazioni più comuni tra i nati esposti a FAE rimangono le cardiopatie congenite (1 su 70 invece che 1 su 150) e
le schisi orali (labioschisi 1 su 300 invece che 1 su 2000, palatoschisi 1 su 800 invece che 1 su 2500).
L’annoso problema del rischio attribuibile proprio ai farmaci o all’epilessia di per sé sembra essere risolto grazie ad un buon numero di studi effettuati su donne con storia di epilessia, ma che non avevano preso farmaci in gravidanza. Queste donne infatti probabilmente non hanno la stessa
patologia di base di quelle che hanno avuto bisogno di continuare la terapia.
Il rischio associato ai FAE è variabile e dipende dal regime terapeutico, con un rischio più elevato nelle politerapie e quando vengono utilizzati dosaggi elevati.
Ciò è stato osservato ripetutamente. L’associazione acido valproico (VPA) + carbamazepina (CBZ) + fenobarbital (PB) presenta un rischio più elevato delle altre. Il rischio associato ai singoli farmaci in monoterapia è abbastanza simile. Esistono tuttavia delle differenze tra i vari farmaci:
– VPA presenta un rischio più elevato per spina bifida (1-2%) ma anche per ipospadia, difetto preassiale degli arti (raro, ma specifico) ed altri difetti,
ed è dose dipendente.
– CBZ presenta un rischio più elevato di spina bifida (0,5%).
– PHT (fenitoina) è più spesso associata a ipolasia delle unghie e falangi terminali delle dita e a ipertelorismo.
– PB e PHT presentano un rischio più elevato per schisi orali e cardiopatie.
Raccomandazioni per la prevenzione dei difetti congeniti associati a FAE
1. Consulenza preconcezionale ripetuta più volte per stabilire la possibile sospensione di FAE o identificare il migliore regime terapeutico per iniziare la gravidanza.
2. Preferire quando possibile le monoterapie.
3. Utilizzare i dosaggi minimi efficaci, controllando livelli ematici.
4. Evitare picchi durante la giornata, utilizzando dosi frazionate (soprattutto per VPA).
5. Assunzione di dosi aggiuntive di acido folico (nonostante l’efficacia sia per ora solo teorica).
6. Diagnosi prenatale in centri di terzo livello.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti si rimanda al volume “Farmaci e Gravidanza”, consultabile anche all’indirizzo: www.farmaciegravidanza.org
*AAVV. N03 - Antiepilettici in: Farmaci e Gravidanza, AIFA – Ministero della Salute. Roma: IPZS, 2005: 542-5.
R
AIFA - Ministero della Salute
roastbif
Bif XIII N. 3
113
2006
La spremuta di pompelmo.
Rinfrescante o intossicante?
tibatterici, antidepressivi, antifungini, antivirali,
immunosoppressivi) è una nota causa di interazioni tra farmaci. Che anche il succo di
pompelmo provochi tale inibizione è un dato imOltre a queste qualità, la cultura popolare attriportante ed è ritenuto un meccanismo di intebuisce al pompelmo proprietà digestive e ritiene
razione tra farmaci e cibo.
che il ‘prodigioso’ frutto aiuti anche le funzioni
Di notevole importanza pratica è il fatto che
del fegato e della cistifellea.
tale interazione si verifica anche con un singolo
In farmacologia il pompelmo non è certo cobicchiere di succo di pompelmo o con un frutto
nosciuto per le sue proprietà terapeutiche, è noto
fresco. L’inibizione intestinale del CYP3A4 dura
piuttosto per le interazioni farmacologiche con
fino a 24 ore dopo l’assunzione del succo3. Così
farmaci assunti contemporaneamente.
Questa insolita scoperta è stata fatta nel 1989
anche se si ritarda di diverse ore la sommininel corso di una sperimentazione disegnata per
strazione del farmaco l’interazione viene ritenuta
verificare gli effetti dell’etanolo su un bloccante
ugualmente significativa.
del canale del calcio. La risposta osservata è stata
La rilevanza clinica dell’interazione è estremasuccessivamente attribuita al succo di pompelmo
mente variabile, può dipendere dal tipo di fare non all’alcol1.
maco e di somministrazione. I medicinali con una
bassa biodisponibilità orale da metaLa possibilità che 250 ml di succo
bolismo di primo passaggio possono
di pompelmo possano interferire
avere i maggiori aumenti nei livelli
con il metabolismo di molti farmaci
ematici. La variabilità del fenomeno
è quindi una recente scoperta, poco
Il pompelmo è
dipende anche dal paziente interesconosciuta dai pazienti e spesso sotin grado di
sato, in particolare, dal contenuto intostimata dai professionisti sanitari.
aumentare
in
testinale di CYP3A4: gli individui con
Negli ultimi dieci anni, la lista di
i livelli più elevati sono quelli con i
interazioni tra farmaci e pompelmo
maniera
maggiori incrementi nelle concentrasi è estesa fino ad includere nusignificativa la
zioni plasmatiche di felodipina. La
merose classi terapeutiche2.
somministrazione ripetuta di succo
Il pompelmo è in grado di aumenbiodisponibilità
di pompelmo provoca il mantenitare in maniera significativa la biodidi diversi
mento dell’interazione e le concensponibilità di diversi medicinali, atmedicinali,
trazioni plasmatiche di felodipina
traverso un meccanismo di inibipossono aumentare ulteriormente.
zione dell’attività di alcuni enzimi
attraverso un
Finora sono stati individuati circa
che a livello epatico sono responsameccanismo di
30 farmaci, appartenenti a diverse cabili della trasformazione dei farmaci.
tegorie terapeutiche, che interagiIl risultato è nella maggior parte dei
inibizione
scono con il succo di pompelmo (tacasi un aumento della concentradell’attività
di
bella). In generale si tratta di medicizione di farmaco libero che può
alcuni enzimi che nali con biodisponibilità orale da inquindi comportare un aumento
termedia a molto bassa, legata al medella tossicità del farmaco con consea livello epatico
tabolismo di primo passaggio meguenti effetti collaterali anche gravi.
sono
responsabili
diato dal CYP3A4.
Il succo di pompelmo agisce atdella
Importanti reazioni avverse che
traverso l’inibizione selettiva, nel
possono
essere provocate dall’interatratto gastrointestinale, del citrasformazione
zione tra farmaci e succo di pomtocromo CYP3A4. L’inibizione del
dei farmaci
pelmo sono:
CYP3A4 da parte di certi farmaci (an-
l succo di pompelmo è particolarmente utilizzato durante la stagione estiva come bevanda
Irinfrescante,
ricca di vitamine e oligoelementi.
“
”
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AIFA - Ministero della Salute
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Bif XIII N. 3
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2006
Tabella – Potenziali interazioni tra succo di pompelmo e farmaci metabolizzati dal CYP3A41.
Classe
Farmaco
Possibili effetti avversi
Antiaritmici
Amiodarone
Propafenone
Chinidina, Carvediolo,
Aritmia
Antibiotici
Claritromicina
Aumento della tossicità
Terfenadina
Aritmia, prolungamento del tratto QT
Buspirone
Diazepam, Midazolam, Triazolam
Diminuzione della performance psicomotoria
aumento della sedazione
Amlodipina, Felodipina, Nifedipina, Nimodipina
Diltiazem, Verapamil
Tachicardia, ipotensione
Etinilestradiolo, Progesterone
Prednisone
Aumento della biodisponibilità del farmaco
Lovastatina, Atorvastatina, Simvastatina
Miopatia, cefalea, rabdomiolisi
Saquinavir
Aumento della tossicità
Ciclosporina, Tacrolimus
Insufficienza epatica/renale,
aumento immunosoppressione
Carbamazepina
Fenitoina
Clomipramina
Sonnolenza, atassia, nausea,
depressione respiratoria
Chemioterapici
Vinblastina
Aumento della tossicità
Anoressizzanti
Sibutramina
Aumento della tossicità
Metadone
Sildenafil, Tadalafil, Vardenafil
Teofillina, Warfarina
Ipotensione, depressione respiratoria,
cefalea, vampate di colore, dispepsia
Antistaminici
Ansiolitici
Calcioantagonisti
Corticosteroidi
Statine
Inibitori della proteasi HIV
Immunosopressori
Neurologici
Altri
tabolizzato, almeno in parte, dal CYP3A4 è prevedibile che la lista dei farmaci che interagiscono con il pompelmo potrà col tempo allungarsi4.
a. l’aritmia ventricolare potenzialmente fatale
da terfenadina, astemizolo e cisapride;
b. la rabdomiolisi da statine;
c. il danno renale da ciclosporina e tacrolimus;
d. l’ipotensione sintomatica e le complicazioni ischemiche da calcio-antagonisti
diidropiridinici;
e. l’eccessiva sedazione da benzodiazepine e da
buspirone;
f. l’atassia da carbamazepina.
Poiché è stato stimato che circa il 60% dei
farmaci soggetti a processi di ossidazione è me-
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AIFA - Ministero della Salute
DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA
Bif XIII N. 3
115
2006
Corticosteroidi per via inalatoria:
nessun aiuto nel prevenire l’asma nei bambini
asma dei bambini è particolarmente complicata da stuL’
diare poiché può manifestarsi in
modi diversi, a seconda dell’età
del paziente. Una terapia a base
di corticosteroidi, ad esempio,
può essere utile in certi casi e da
sconsigliare in altri.
Uno studio recentemente
pubblicato sul New England
Journal of Medicine, lo studio
PEAK (Prevention of Early
Asthma in Kids), dimostra che i
corticosteroidi inalatori sono efficaci nel trattamento dell’asma
NEJM
TITOLO
Corticosteroidi per via inalatoria
nei bambini in età prescolare ad
alto rischio di asma
(Titolo originali: Long-Term Inhaled
Corticosteroids in Preschool Children
at High Risk for Asthma).
AUTORI
Guilbert TW, Morgan WJ, Zeiger
RS, Mauger DT, Boehmer SJ, Szefler
SJ, Bacharier LB, Lemanske RF,
Strunk RC, Allen DB, Bloomberg
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Taussig LM, Martinez FD.
RIVISTA
N Engl J Med 2006; 354: 1985-97
Contesto e motivazione
della ricerca
Gli studi sull’asma rivelano che i
sintomi iniziali della patologia compaiono normalmente durante i primi
anni di vita del bambino. Si pensa che
siano ad alto rischio i bambini che pre-
infantile, ma non aiutano a prevenire la malattia.
Lo studio PEAK è stato
condotto su 285 bambini ad alto
rischio di asma. I ricercatori
hanno indagato gli effetti della
somministrazione precoce dei
corticosteroidi inalatori nei
bambini a rischio di asma,
perché convinti che la mancata
risoluzione della malattia fosse
da attribuire non alla terapia, ma
a un ritardo nell’inizio del trattamento, che avviene di solito
verso i 5-6 anni, quando la ma-
lattia è già giunta a uno stadio
relativamente avanzato.
Obiettivo dello studio,
dunque, è stato quello di dimostrare se la somministrazione di
steroidi in bambini affetti da
manifestazioni pre-asmatiche
potesse evitare o meno lo
sviluppo dell’asma conclamata.
I risultati sono stati chiari: il
trattamento annulla o riduce i
problemi respiratori finché è in
corso, ma appena lo si sospende
i bambini si comportano come se
non fossero mai stati curati.
sentano frequenti episodi di dispnea
(almeno quattro episodi durante il
primo anno di vita) e un altro
maggiore fattore di rischio (storia familiare di asma o storia personale di
dermatite atopica), o due/tre fattori di
rischio minori (rinite allergica, esinofilia, dispnea senza raffreddore).
Sebbene la terapia giornaliera con
corticosteroidi per via inalatoria appaia
efficace nel ridurre i sintomi nei bambini
di età prescolare con dispnea frequente,
non è stato ancora studiato l’effetto preventivo a lungo termine dei corticosteroidi per via inalatoria sull’asma dopo
sospensione del trattamento.
Nei bambini in età scolare, il trattamento con corticosteroidi per via inalatoria è associato ad un significativo
miglioramento nel controllo dell’asma;
questo miglioramento scompare nell’arco di mesi dopo la sospensione del
trattamento con corticosteroidi. Si
ipotizza che il fallimento di un effetto
sostenuto sull’asma a seguito di sospensione dei corticosteroidi per via
inalatoria sia attribuibile al fatto che il
trattamento è stato iniziato troppo tardi
nella vita del bambino. È stato a questo
proposito disegnato il trial clinico PEAK
(Prevention of Early Asthma in Kids) per
determinare se lo svilupparsi della malattia nei bambini ad alto rischio con
dispnea frequente possa essere prevenuto iniziando la terapia con corticosteroidi per via inalatoria in età prescolare, prima cioè che si sviluppi
malattia persistente e perdita cronica
della funzione polmonare.
R
AIFA - Ministero della Salute
Metodi dello studio
Lo studio ha arruolato 285 bambini
di 2-3 anni di età con indice predittivo
di asma positivo, che sono stati assegnati random a trattamento con fluticasone propionato (alla dose di 88 mg
due volte al giorno) o placebo in cieco
per due anni, seguiti da un periodo di
un anno senza somministrazione del
farmaco in studio. L’outcome primario
è stata la proporzione di giorni privi del
manifestarsi di episodi di dispnea
durante l’anno di osservazione dopo la
sospensione della terapia.
116
Bif XIII N. 3
DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA
2006
Risultati
Durante il periodo osservazionale
non è stata rilevata alcuna differenza
tra i due gruppi relativamente a giorni
privi di episodi di dispnea, numero di
esacerbazioni e funzione polmonare.
Durante il periodo in trattamento, rispetto all’uso del placebo, l’impiego
dei corticosteroidi per via inalatoria è
stato associato ad una proporzione
maggiore di giorni privi di episodi di
dispnea (P = 0,006), a un’incidenza
minore di esacerbazioni (P < 0,001) e
di uso supplementare del farmaco di
controllo (P < 0,001) (tabella). Ri-
spetto al gruppo placebo, nel gruppo
in terapia con fluticasone la crescita
media in altezza è stata inferiore di
1,1 cm alla fine dei due anni di trattamento (P < 0,001). Tuttavia, alla
fine della sperimentazione, dopo un
anno dalla sospensione del fluticasone, si è assistito ad un recupero,
almeno parziale, di questo difetto di
crescita, che è risultata 0,7 cm inferiore (P = 0,008). Nel corso del trattamento, pertanto, i corticosteroidi
per via inalatoria hanno ridotto i
sintomi e le esacerbazioni, ma hanno
anche temporaneamente rallentato la
crescita del paziente.
Conclusioni
Nei bambini in età prescolare ad
alto rischio di asma, due anni di
terapia continuativa con corticosteroidi per via inalatoria non hanno
modificato, nel corso del terzo anno
senza trattamento, l’andamento della
malattia né la funzione polmonare.
Queste evidenze non forniscono
alcun sostegno all’ipotesi di poter
modificare la storia naturale dell’asma con i corticosteroidi inalatori
anche quando questi siano iniziati nei
primi anni di vita del bambino, all’esordio della malattia.
Tabella – Controllo dei sintomi ed esiti durante i periodi di trattamento e di osservazione*.
Variabile
Termine del periodo
di trattamento di 2 anni
Fluticasone
Termine del periodo
osservazionale di 1 anno
Placebo
Valore P
Fluticasone
Placebo
Valore P
Esacerbazioni che hanno
richiesto un ciclo di
corticosteroidi per uso
sistemico – no./100 bambini
per anno (IC 95%)
57,4 (49,0-67,3)
89,4 (78,3-102,2)
< 0,001
85,5 (70,9-103,2)
82,5 (68,0-100,1)
0,78
Visite mediche straordinarie
– no./100 bambini per anno
(IC 95%)
79,0 (68,7-90,7)
83,9 (73,3-96,1)
0,51
108,1 (90,6-129)
88,0 (72,2-107,1)
0,11
Ospedalizzazioni – no./100
bambini per anno (IC 95%)
1,05 (0,34-3,25)
1,76 (0,73-4,23)
0,47
0,76 (0,11-5,38)
1,54 (0,39-6,15)
0,55
Impiego di broncodilatatori
– media di no. giorni/100
bambini per anno (IC 95%)°
14,4 (10,8-18,0)
18,0 (14,4-21,6)
0,07
18,0 (14,4-21,6)
18,0 (14,4-21,6)
0,73
Impiego di montelukast –
media di no. giorni/100
bambini per anno (IC 95%)°
11,4 (9,3-13,7)
24,2 (20,5-27,9)
<0,001
22,2 (18,3-27,3)
25,8 (21,3-31,2)
0,22
14/143 (9,8)
30/142 (21,1)
0,008
21/132 (15,9)
24/130 (18,5)
0,61
17,6 (14,9-20,9)
<0,001
20,1 (16,5-24,6)
27,0 (22,5-32,7)
0,007
Impiego di montelukast ≥ 2
mesi – no./totale no. (%)
Impiego supplementare di
fluticasone – media di no.
giorni/100 bambini per
anno (IC 95%)°
8,3 (6,8-10,4)
Almeno 2 mesi di
corticosteroidi per via
inalatoria no./totale no. (%)
10/143 (7,0)
19/142 (13,4)
0,08
24/132 (18,2)
25/130 (19,2)
0,86
Reazione a 5 Hz a fine
periodo – kPa/liter/sec
-0,39±0,12
-0,44±0,14
0,008
-0,38±0,12
-0,38±0,12
0,83
Resistenza a 5 Hz a fine
periodo – kPa/liter/sec
1,01±0,20
1,05±0,20
0,09
0,95±0,19
0,94±0,19
0,61
*I valori sono medie ± Deviazioni Standard (SD) stimate secondo il modello di regressione. Le medie sono state aggiustate per età alla randomizzazione, sesso, razza o gruppo
etnico (bianchi non ispanici vs tutti gli altri), centro, reattività al test cutaneo per gli aeroallergeni (sì vs no), durata dei sintomi alla linea base, gravità dei sintomi alla linea
base, percentuale esinofili alla linea base, e eczema alla linea base (sì vs no). IC = intervallo di confidenza.
°I valori si basano sui dati annualizzati delle segnalazioni fornite ogni due settimane dai genitori. I valori riportati per il periodo di 2 anni di trattamento sono stati annualizzati
per confronto con quelli riportati per il periodo di osservazione di un anno.
R
AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
Cosa insegnano gli studi
sull’impiego degli steroidi
inalatori nei bambini
PEAK e PAC potrebbero essere i
nomi di due allegri personaggi dei
fumetti di Walt Disney, mentre sono
l’acronimo di due importantissimi
studi clinici, destinati a condizionare
fortemente (per sempre?) l’approccio
terapeutico dell’asma bronchiale e, in
particolare, dell’asma bronchiale nel
bambino. PEAK è l’acronimo dello
studio di Guilbert TW et al. sopra presentato e PAC (Prevention of Asthma
in Childhood) quello di un secondo
lavoro, sempre condotto su bambini
nei primi tre anni di vita e pubblicato
sullo stesso numero dell’11 maggio
2006 del N Engl J Med1, che porta
alle stesse conclusioni: gli steroidi inalatori non sono in grado di modificare la storia naturale dell’asma.
Ma facciamo un passo indietro. In
questi ultimi dieci anni sono stati
compiuti importanti studi epidemiologici che, seguendo intere popolazioni di bambini con respiro sibilante, hanno potuto disegnare in
modo chiaro la storia naturale dell’asma dalla nascita all’età adulta2-6. Si
è potuto così comprendere che
nell’età prescolare non tutto quello
che fischia è asma e che quasi la metà
dei bambini che hanno sofferto di
episodi di “viral wheezing” (bronchiti
asmatiformi, nella terminologia nostrana) smetterà di “fischiare” già
all’età di sei anni, mentre soltanto
pochi, essenzialmente gli atopici con
sensibilità ad allergeni perenni
(perlopiù acari), sviluppano una persistente infiammazione bronchiale (ad
eosinofili) che può mantenere l’asma
fino all’età adulta6-8. L’infiammazione
“allergica” rappresenta l’alterazione
fondamentale della malattia asmatica
ed è rilevabile anche nelle forme più
lievi o iniziali 9 e ne condiziona la
prognosi e le alterazioni strutturali
progressive e irreversibili (il “remodelling”)10. Gli steroidi inalatori (SI)
sono i farmaci antinfiammatori più ef-
ficaci oggi disponibili11,12.
Da ciò ne deriva che le raccomandazioni di utilizzare gli SI per il trattamento di base dell’asma persistente
sono uniformemente condivise da
tutte le linee-guida internazionali13-17.
Ma mentre l’effetto degli SI sul
controllo dell’accessualità asmatica è
indiscutibilmente dimostrato18,19, non
può dirsi così per l’effetto di questi
farmaci sulla progressione del remodelling (della riduzione della funzionalità respiratoria)20. Nel “Childhood
“
Gli steroidi
inalatori non
sono in grado di
modificare la
storia naturale
dell’asma nei
bambini
”
Asthma Management Program
study” (CAMP) condotto su bambini
in età scolare con asma persistente
lieve o moderata, l’inalazione continuativa di budesonide due volte al
giorno per 4-6 anni non ha portato ad
alcun vantaggio sulla funzionalità respiratoria, né ha modificato la storia
naturale della malattia: tutti i vantaggi
clinici, che ovviamente ci sono stati,
sono regrediti in breve dopo la sospensione, e la stessa reattività bronchiale aspecifica, che si era fortemente abbassata sotto l’effetto del
trattamento steroideo, è ritornata ai
valori basali dopo appena 4 mesi dalla
fine del trattamento21.
Questi risultati così deludenti
hanno confermato quanto già evidenziato da precedenti lavori della letteratura22-25, ma l’averlo dimostrato
su una vasta casistica e con un tempo
così lungo di trattamento ha messo
definitivamente fine alle illusioni, o
alle speranze, di poter ottenere con
gli SI un effetto “curativo”, pre-
R
AIFA - Ministero della Salute
117
2006
ventivo, o perlomeno persistente, tale
da modificare sensibilmente la storia
naturale dell’asma.
Si è detto allora che nello studio
CAMP la gran parte dei bambini arruolati era in età scolare, con sintomi
asmatici presenti da più anni (5 mediamente), e che l’esito del trattamento steroideo avrebbe potuto
essere diverso se iniziato precocemente, all’esordio della malattia.
Questa ipotesi era oggettivamente
plausibile perché proprio dagli studi di
follow-up a lungo termine sulla storia
naturale dell’asma si è potuto comprendere come le alterazioni strutturali irreversibili delle vie aeree (il remodelling), che caratterizzano la
gravità e la prognosi a lungo termine
dell’asma, sono acquisite entro i primi
sei anni di vita7,26 e poi non si modificano più, né in senso migliorativo, né
peggiorativo, indipendentemente dai
trattamenti eseguiti per tutto il resto
della vita2,3, per quello che è stato definito “traking phenomenon” (effetto
traccia)3.
A questo punto nasceva ovvia l’ipotesi di studiare l’effetto di un trattamento a lungo termine con SI nel
bambino dei primi anni di vita, all’esordio delle prime accessualità
asmatiche (delle prime “bronchiti
asmatiformi”), ancora prima che la
diagnosi di asma fosse formalizzata,
ma con anamnesi positiva per criteri
di rischio asmatico8 (studio PEAK).
Durante i due anni di trattamento, i
bambini che inalavano il fluticasone
hanno avuto meno episodi di asma e
un maggior numero di giorni liberi da
sintomi, ma nell’anno successivo alla
sospensione del trattamento non era
più misurabile alcuna differenza tra i
due gruppi nei parametri considerati
e, quello che più conta, nessuna differenza nella funzionalità polmonare.
Come detto in precedenza, nello
stesso numero del N Engl J Med (11
maggio 2006) è stato pubblicato un
altro studio controllato e randomizzato con disegno molto diverso,
ma con lo stesso obiettivo, quello di
118
Bif XIII N. 3
DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA
2006
misurare l’effetto del trattamento steroideo inalatorio molto precoce
(entro il 1° anno di vita) nella prevenzione dell’asma persistente1.
In questo caso l’alto rischio
asmatico per i bambini selezionati
(411 da un’intera coorte di neonati),
era dato dall’avere la mamma affetta
da asma bronchiale. Il trattamento
con lo SI (budesonide) non è stato
fatto in modo continuativo come nello
studio PEAK, bensì per due settimane
a partire dal terzo giorno di broncospasmo in corso di “viral wheezing”.
L’originalità e la forza dello studio sta
nell’aver avviato questo trattamento
già dal primo episodio di broncospasmo, nei primissimi mesi di vita
(età media del primo episodio: 10
mesi). L’obiettivo, l’outcome primario,
era quello di valutare, entro i tre anni,
l’effetto del trattamento sul numero di
giornate libere da sintomi asmatici,
ma anche il numero di bambini che
uscivano dal trial per l’emergenza di
un’asma persistente. All’età di tre anni
non è stata rilevata alcuna differenza
nella durata dei singoli episodi acuti
(10 gg indipendentemente dalla
terapia), nella percentuale di giorni
liberi da asma (83% nei trattati vs
82% nel gruppo placebo), così come
nel numero di bambini che sono
passati da un asma episodico a uno
“
…Although
inhaled
corticosteroids
may control
persistent or
severe wheezing,
such drugs
should not be
used in the hope
of altering the
course of asthma
in childhood
”
persistente: 24% nel gruppo in terapia
steroidea contro 21% nel gruppo
placebo. Questa inefficacia del trattamento attivo non è cambiata anche
quando gli outcome sono stati valutati
nel sottogruppo di bambini con dermatite atopica (in altre parole nei
bambini con maggiore predisposizione allergica).
PEAK e PAC: due studi su larghissima casistica, ai limiti dell’etica o
quantomeno audaci, come si può ben
capire, difficilmente ripetibili se non
altro per l’età dei bambini arruolati e
la durata del trattamento, ma, anche
per questo, pietre miliari che mettono
definitivamente fine alle speranze di
poter modificare con il trattamento
steroideo inalatorio la storia naturale
dell’asma, anche quando iniziato precocemente, già nel primo anno di
vita, e mantenuto continuativamente
per tempi lunghi (due anni) nei
soggetti ad alto rischio asmatico.
E non vanno al contempo trascurati gli effetti collaterali negativi che
un trattamento protratto con SI potrebbe comportare nei bambini più
piccoli. Nello studio PEAK, a fronte del
marginale ed effimero vantaggio
clinico, i bambini trattati con fluticasone hanno lamentato una ridotta
velocità di crescita solo parzialmente
recuperata dopo un anno dalla sospensione del fluticasone. Ma al di là
del significato oggettivamente
modesto di queste misure (e probabilmente destinato a cancellarsi nel
tempo), questi dati dimostrano in
modo inequivocabile che gli SI producono misurabili effetti sistemici.
Questi, oltre tutto, non sono mai stati
studiati specificamente in pazienti nei
primi anni di vita che potrebbero risultare i più vulnerabili, basti pensare
che la crescita della massa alveolare
avviene negli ultimi mesi di gravidanza
e nei primi anni di vita e su questa il
cortisone può avere un effetto
inibente27.
Gli editorialisti del N Engl J Med
concludono il loro commento su
questi due lavori scrivendo:
R
AIFA - Ministero della Salute
“…although inhaled corticosteroids
may control persistent or severe
wheezing, such drugs should not be
used in the hope of altering the
course of asthma in childhood. Given
the potential risks of therapy in early
life, prolonged treatment for toddlers
under the age of two years should be
highly selective”28.
Poco o nulla da aggiungere,
quindi, ma anche nulla che debba sorprenderci. Accanto a questi importanti
studi clinici, infatti, abbiamo oggi acquisito molte altre conoscenze sui
meccanismi patogenetici, ma anche e
soprattutto sulla genetica dell’asma
bronchiale29; malattia che sempre di
più appare come un continente.
L’asma, nelle sue diversificazioni individuali, nei suoi diversi fenotipi, è
infatti il frutto di molteplici e variabili
genotipi 30 . Tra questi quello che
meglio di tutti fa capire l’inadeguatezza dei corticosteroidi nel modificare la storia naturale dell’asma è il
deficit nell’espressione di un fattore di
trascrizione, il C/EBPalfa31. Questa
“enhancer binding protein alfa”
permette agli steroidi, sia endogeni
che esogeni, di produrre l’effetto antiproliferativo sulle cellule della muscolatura liscia bronchiale. Gli asmatici
che ne sono carenti vanno pertanto
inevitabilmente incontro a quella ipertrofia e iperplasia della fascia muscolare che è l’elemento istopatolgico
fondamentale del “remodelling” e il
momento patogenetico base dell’ipereattività bronchiale10.
Le ricadute pratiche di queste
nuove conoscenze non sono certo
trascurabili e impongono di rivedere profondamente gli schemi
terapeutici più aggressivi, quelli
troppo prolungati, fatti con intenti
preventivi come nell’asma all’esordio, nell’asma lieve persistente e,
in particolare, nei primi anni di vita.
Una riflessione che dovrebbe coinvolgere anche le più note e diffuse
linee-guida internazionali. A questo
proposito bisognerebbe augurarsi
che, dopo le evidenze degli studi
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
PAC e specialmente PEAK, verrà ritrattata la raccomandazione introdotta nell’ultima versione delle
linee-guida nord americane del
“National Asthma Education and
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119
2006
vitava a considerare fortemente un
trattamento di fondo con SI nei
bambini in età prescolare con
bronchiti asmatiformi e fattori di
rischio asmatico. Ma anche le lineeguida GINA13 dovrebbero rivedere
gli schemi terapeutici raccomandati
che, se seguiti alla lettera, portano
a mantenere gli SI sempre per tempi
lunghi o lunghissimi (anni) e non
coerenti con quelli abitualmente
adottati e dimostratisi sufficienti32
nella pratica pediatrica corrente .
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R
AIFA - Ministero della Salute
120
Bif XIII N. 3
FARMACOUTILIZZAZIONE
2006
L’uso dei farmaci in Italia nel 2005.
Il sesto Rapporto Nazionale dell’OsMed
I contenuti e le novità del Rapporto 2005
Secondo uno standard di analisi ormai consolidato, il Rapporto fotografa la situazione a livello
nazionale e regionale, consentendo confronti e
valutazioni non solo in termini di spesa ma anche
di intensità d’uso dei gruppi terapeutici e delle
singole sostanze.
In questa sesta edizione, gli approfondimenti
relativi ai consumi per classe terapeutica offrono
spunti di riflessione importanti, avendo sviluppato ulteriormente il confronto con le
evidenze scientifiche disponibili. Inoltre, l’ampliamento della parte relativa all’analisi dei profili
di trattamento di alcune patologie rilevanti per la
medicina generale offre la possibilità di affrontare
più da vicino il tema dell’appropriatezza clinica.
Rispetto all’edizione precedente, è stata potenziata l’integrazione dei flussi informativi
OsMed con quelli provenienti dai sistemi di monitoraggio delle prescrizioni farmaceutiche,
alcuni attivati in ambito regionale, altri a livello
delle singole ASL. Ciò ha permesso di ricavare
informazioni relative alla popolazione assistita e
di stimare per il 2005 la prevalenza d’uso dei
farmaci in una popolazione molto più vasta di
quella analizzata nel rapporto precedente,
passando da un “campione” di 7 milioni di assistiti prevalentemente dell’area centro-nord del
paese, a oltre 26 milioni di cittadini, distribuiti
sull’intero territorio nazionale.
Inoltre, nel Rapporto 2005, vengono riportati
per la prima volta alcuni dati relativi ai consumi
farmaceutici ospedalieri. Si tratta di una prima
analisi di carattere qualitativo dei consumi, resa
possibile grazie all’istituzione, presso l’AIFA, di
una banca dati centrale finalizzata al monitoraggio delle confezioni di prodotti medicinali
immessi in commercio in Italia (cd “targatura”).
Tale banca dati viene alimentata giornalmente, a
partire da gennaio 2005, attraverso un flusso costituito dagli acquisti di tutte le specialità medicinali, di ogni classe di rimborsabilità e distribuzione (classe A, H, C, SOP e OTC), effettuati da
farmacie, strutture ospedaliere pubbliche e ASL.
el mese di giugno 2006 è stato pubblicato il
sesto Rapporto Nazionale dell’Osservatorio
Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed),
che si conferma ancora una volta come strumento
essenziale per l’analisi dei molteplici elementi che
influenzano l’area farmaceutica.
L’ultima edizione contiene importanti
elementi di novità: è stata stimata la prevalenza
d’uso dei farmaci in una popolazione molto più
vasta che nella scorsa edizione (26 milioni di cittadini); sono state introdotte per la prima volta
delle analisi sui consumi dei farmaci ospedalieri;
è stata approfondita l’analisi delle prescrizioni
nella medicina generale.
Sul fronte della spesa farmaceutica, la territoriale totale, pubblica e privata, ha raggiunto nel
2005 i 19.459 milioni di euro con un aumento
dell’1,4% rispetto al 2004. Il principale determinante della crescita della spesa farmaceutica risultano essere le quantità prescritte. Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) copre circa il 70% della
spesa complessiva per i medicinali.
Altri dati vengono di seguito illustrati in
sintesi, mentre il testo completo del rapporto è
disponibile in formato elettronico sul sito dell’Agenzia Italiana del Farmaco – AIFA (www.agenzia
farmaco.it).
N
R
AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
121
2006
(+39% dal 2000), con una ampia variabilità
tra le regioni. Il SSN copre circa il 70% della
spesa complessiva per i farmaci.
• Le dosi di farmaco prescritte a carico del SSN
sono state 807 ogni mille abitanti con un
aumento del 39% rispetto al 2000. Nel complesso, ogni abitante ha ricevuto in media 28
confezioni di farmaci di cui 15 a carico del
SSN e 13 acquistate privatamente.
• Dall’approfondimento della prescrizione
nella popolazione, effettuato sulla base dei
dati provenienti da sistemi di monitoraggio
relativi a oltre 26 milioni di assistibili, si
rileva che sette persone su dieci hanno ricevuto nel corso del 2005 almeno una prescrizione. La spesa ed il consumo aumentano con l’età: un assistibile con oltre
75 anni ha una spesa 10 volte superiore a
quella di una persona con età compresa tra
25 e 34 anni (tabella II). Analizzando la proporzione di spesa e di dosi nelle fasce di popolazione più anziana, si osserva che la popolazione con più di 65 anni assorbe circa il
55% della spesa ed il 58% delle dosi. La prevalenza d’uso, intesa come la percentuale di
assistibili che ha ricevuto almeno una prescrizione nel corso dell’anno, è complessivamente pari al 72% (66,2% negli uomini e
77,6% nelle donne).
In considerazione della novità e della complessità del processo messo in atto per la targatura delle specialità medicinali, sarà necessario
un ulteriore periodo per le opportune verifiche
e i controlli di qualità dei dati. Tuttavia la possibilità di disporre anche dei dati ospedalieri consentirà, in prospettiva, di effettuare analisi più
approfondite e dettagliate su un flusso finora
poco noto.
I principali risultati
• L’analisi condotta dall’OsMed evidenzia
che, nel 2005, la spesa farmaceutica territoriale totale, pubblica e privata, ha raggiunto i 19.459 milioni di euro con un
aumento dell’1,4% rispetto al 2004; la quota
di spesa privata è aumentata del 6,3%
mentre si riscontra una leggera flessione
della spesa pubblica (-0,6%) (tabella I). L’andamento della spesa pubblica è stato determinato da una riduzione sia dei prezzi (3,4%) sia dell’effetto mix (-1,1%), mentre
continuano ad aumentare le quantità di
farmaci prescritti (+4,0%) (figura 1). Il principale determinante della crescita della
spesa farmaceutica (+33,6% rispetto al
2000) risultano essere le quantità prescritte
Tabella I – Spesa farmaceutica territoriale e volume di consumi: confronto 2001-2005.
2001
(milioni)
2002
(milioni)
2003
(milioni)
2004
(milioni)
2005
(milioni)
∆%
02/01
∆%
03/02
∆%
04/03
∆%
05/04
12.154
12.644
12.354
13.491
13.408
4,0
-2,3
9,2
-0,6
703
569
674
619
837
-19,0
19,2
-8,1
35,2
12.857
13.213
13.028
14.110
14.245
2,8
-1,4
8,3
1,0
95
96
95
96
94
3 Classe C con ricetta
2734
2738
3100
3035
3102
0,2
13,2
-2,1
2,2
4 Automedicazione
(SOP e OTC)
1879
1897
2067
2040
2113
1,0
8,9
-1,3
3,5
5316
5204
5841
5694
6051
-2,1
12,2
-2,5
6,3
17.470
17.846
18.105
19.185
19.459
2,1
1,9
5,4
1,4
Spesa lorda
1 Spesa lorda*
2 Acquisto privato di
farmaci a carico SSN**
1+2 Totale
Quota a carico
SSN (%)
2+3+4 Totale spesa privata
1+2+3+4 Totale spesa
farmaceutica
*Negli anni 2001-2002 in questa voce sono stati ricompresi i farmaci di classe A e B.
**Il dato relativo alla spesa privata di farmaci rimborsabili dal SSN è ricavato per differenza tra la spesa totale (stimata da IMS) e la spesa a carico
SSN (ottenuta dai dati OsMed).
Nella seconda metà del 2005 è entrato in vigore il D.Lgs. per il contenimento del prezzo dei farmaci di classe C.
Fonte: elaborazione OsMed su dati IMS Health (per i dati di spesa privata).
R
AIFA - Ministero della Salute
122
FARMACOUTILIZZAZIONE
Bif XIII N. 3
20
2006
Effetto quantità (DDD)
17,4
Effetto prezzi
Effetto mix
15
9,8
Variazione %
10
5
0
Figura 1 – Andamento della
spesa lorda per i farmaci di
classe A: effetto quantità,
prezzi e mix.
2,3
3,4
3,1
4,0
3,1
0,8
0,3
0,6
-1,1
-2,2
-5
-1,1
-3,4
-5,9
-10
Anno 2001
Anno 2002
Anno 2003
Anno 2004
Anno 2005
Tabella II – Distribuzione per età e sesso della spesa pro capite e delle DDD/1000 abitanti die.
Spesa lorda pro capite
Fascia d’età
DDD/1000 ab die
uomini
donne
totale
uomini
donne
totale
0-4
47,9
37,5
42,9
109,1
80,5
95,2
5-14
56,2
37,0
46,9
112,7
67,4
90,7
15-24
56,2
40,1
48,3
116,8
123,4
120,0
25-34
60,4
63,5
61,9
136,0
211,4
173,3
35-44
90,6
98,4
94,4
222,7
303,5
262,8
45-54
161,1
158,7
159,9
522,5
554,8
538,8
55-64
308,8
284,6
296,3
1147,5
1039,8
1091,9
65-74
515,4
444,8
477,0
1963,5
1699,7
1820,3
≥75
680,4
536,8
588,7
2563,6
2223,8
2346,7
• L’analisi delle sostanze rimborsate più utilizzate evidenzia che nel 2005 la molecola più
prescritta a carico del SSN continua ad essere
l’acido acetilsalicilico usato come antiaggregante piastrinico (32 DDD/1000 abitanti
die). Tra le sostanze maggiormente prescritte
vi sono inoltre, come nel 2004, il ramipril
(28,7 DDD/1000 abitanti die), l’amlodipina
(24,7 DDD/1000 abitanti die) e la nitroglicerina (19,9 DDD/1000 abitanti die).
• Il mercato dei farmaci a brevetto scaduto risulta
in aumento, rappresentando il 13,1% della spesa
a carico del SSN ed il 24,1% delle quantità. È importante sottolineare come i farmaci unbranded
(farmaci a brevetto scaduto con il nome del
principio attivo) rappresentino ancora una
quota modesta dell’intero mercato (2,9%).
• In relazione ai consumi per classe terapeutica,
i farmaci del sistema cardiovascolare rappresentano da soli circa la metà delle dosi prescritte, con un aumento di circa il 5% rispetto
al 2004. I farmaci del sistema gastrointestinale
sono al secondo posto in termini di consumi
e rappresentano oltre l’11% delle dosi. Rispetto al 2004 sono in crescita i consumi dei
farmaci del sistema nervoso centrale e di
quelli ematologici (tabella III). Tra le categorie
terapeutiche, gli antagonisti dell’angiotensina
II, da soli o in associazione con i diuretici,
fanno registrare importanti aumenti sia in
termini di spesa che di dosi; aumenti importanti si osservano anche per i bifosfonati
utilizzati per la prevenzione dell’osteoporosi
e per gli analgesici oppiacei.
R
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bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
123
2006
Tabella III – Consumo nazionale a carico del SSN per categorie terapeutiche (ATC al I livello).
Spesa lorda
pro capite
%
∆% 05/04
DDD/1000
ab die
%
∆% 05/04
C - Cardiovascolare
80,1
34,6
-2,0
392,2
48,6
4,7
A - Gastrointestinale e metabolismo
32,3
13,9
4,3
92,9
11,5
5,3
J - Antimicrobici
27,3
11,8
-0,2
24,2
3,0
4,8
N - SNC
22,5
9,7
3,4
46,3
5,7
7,1
R - Respiratorio
16,5
7,1
8,8
48,0
5,9
5,4
L - Antineoplastici
12,6
5,4
-4,2
5,7
0,7
-3,0
B - Ematologici
12,4
5,3
-3,8
72,3
9,0
6,6
G - Genito-urinario e ormoni sessuali
10,4
4,5
1,6
40,2
5,0
-1,8
M - Muscolo-scheletrico
8,8
3,8
-19,7
37,9
4,7
-7,9
H - Ormoni sistemici
3,9
1,7
-0,1
27,7
3,4
7,9
S - Organi di senso
3,2
1,4
-0,8
15,7
1,9
0,8
D - Dermatologici
1,0
0,4
-6,5
3,0
0,4
-1,5
V - Vari
0,5
0,2
-4,8
0,2
0,0
-2,0
P - Antiparassitari
0,2
0,1
1,3
0,6
0,1
3,5
231,6
100,0
-0,6
806,9
100,0
4,0
base della rispondenza ad una serie di criteri qualitativi nell’imputazione dei dati durante il 2005.
La distribuzione territoriale degli assistibili di
questi medici è analoga a quella della popolazione
italiana censita dall’ISTAT, senza rilevanti differenze sia in rapporto all’area geografica, sia sulla
base dell’aggregazione per fasce d’età.
In media la popolazione del database Health
Search è più anziana di circa 2 anni rispetto alla popolazione italiana censita, a causa della non inclusione nel campione di soggetti in età pediatrica.
I dati presentati si riferiscono pertanto alle prescrizioni effettuate dal campione di 320 MMG su
una popolazione complessiva di 481.196 assistibili
di età maggiore di 14 anni che sono risultati vivi
e registrati nelle liste dei MMG al 31/12/2005.
Come principale criterio di analisi è stata utilizzata la prevalenza d’uso, ovvero il numero di
utilizzatori di una specifica classe terapeutica sul
totale complessivo dei soggetti con una specifica
patologia. Fanno eccezione le infezioni acute delle
vie respiratorie ed urinarie dove è stata considerata soltanto l’eventuale prescrizione dell’antibiotico di prima scelta.
Le analisi sono relative alle prescrizioni effettuate nel 2005 e si riferiscono alle seguenti situazioni patologiche:
• prevenzione primaria e secondaria del
rischio cardiovascolare;
• A livello territoriale, il consumo di farmaci
è maggiore nel Centro-Sud rispetto al Nord,
e mostra una consistente variabilità tra le
regioni, con un range compreso tra le 638
DDD di Bolzano e le 979 del Lazio. Gli
stessi estremi regionali si osservano per la
spesa pro capite. Consistente è anche la variabilità regionale in termini di costo medio
delle dosi prescritte. Calabria e Puglia sono
le regioni con il maggior incremento di
spesa netta pro capite (rispettivamente
+5,7% e +3,7%).
La prescrizione nella medicina generale
Relativamente ai dati di esposizione per patologia nella medicina generale, le informazioni
sulla corrispondenza tra diagnosi e prescrizione
sono stati messi a disposizione dalla Società
Italiana di Medicina Generale (SIMG) attraverso il
progetto Health Search, che ha lo scopo di raccogliere informazioni relative alla diagnosi e ai
profili di rischio nella popolazione degli assistibili,
nonché dati relativi all’utilizzazione dei farmaci.
Per le analisi utilizzate nel presente Rapporto,
sono stati selezionati 320 medici di medicina generale (MMG) da una coorte di 655 che operano
registrando i dati nel database Health Search, sulla
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AIFA - Ministero della Salute
124
Bif XIII N. 3
FARMACOUTILIZZAZIONE
2006
betici con complicanze cardiovascolari). Nell’ambito dei farmaci che agiscono sul sistema
renina-angiotensina, il confronto della prescrizione
degli ACE-inibitori rispetto agli antagonisti dell’angiotensina II mostra che i primi sono maggiormente prescritti in presenza di diabete con o
senza complicanze cardiovascolari, rispecchiando
le forti indicazioni delle linee-guida. I secondi,
invece, hanno un andamento sostanzialmente
simile nei diversi gruppi, con una elevata prescrizione anche negli ipertesi senza diabete e senza
complicanze; tale andamento non riflette le raccomandazioni delle linee-guida che concordano nel
suggerire specificamente tali farmaci in presenza di
diabete e di complicanze cardiovascolari.
Per gli altri antipertensivi, da segnalare la
elevata percentuale di ipertesi senza diabete e
senza complicanze trattati con calcio antagonisti
(19,8%), con un aumento nei pazienti ipertesi diabetici senza complicanze cardiovascolari (28,6%)
e con complicanze (33,8%). Nei pazienti diabetici
ipertesi l’uso di tali farmaci potrebbe essere
• insufficienza cardiaca congestizia;
• asma e broncopneumopatia cronica
ostruttiva;
• infezioni acute delle vie respiratorie ed
urinarie;
• malattie osteo-articolari;
• ipertrofia prostatica.
Per meglio comprendere la tipologia e il significato di queste analisi, viene riportato l’esempio
della prevenzione del rischio cardiovascolare, attraverso i dati di prescrizione nei pazienti ipertesi
con e senza diabete mellito (tabella IV).
L’analisi dei profili prescrittivi evidenzia che, su
una popolazione di ipertesi, i farmaci maggiormente prescritti sono gli inibitori del sistema
renina-angiotensina e che la loro prescrizione
aumenta se all’ipertensione si associa il diabete con
o senza complicanze cardiovascolari (nel 62,8% dei
pazienti ipertesi senza diabete e senza complicanze
cardiovascolari, nell’81,4% degli ipertesi diabetici
senza complicanze, nell’84,9% degli ipertesi dia-
Tabella IV – Prescrizione di farmaci nei pazienti ipertesi con e senza diabete mellito.
Categorie terapeutiche
Ipertesi senza diabete
e senza eventi CV
maggiori [N=47578]
ATC
Prevalenza
d’uso*
Età
media
75,0
Diuretici
C03
18,1
Beta-bloccanti
C07
Ipertesi diabetici
senza eventi CV
con eventi CV
maggiori [N=8095]
maggiori [N=1205]
Prevalenza
d’uso*
Età
media
Prevalenza
d’uso*
Età
media
66,5
82,9
71,2
24,0
69,4
84,0
72,0
72,5
37,0
74,1
21,3
62,9
19,9
67,5
34,9
69,6
Ca-antagonisti (diidropiridinici) C08CA
19,8
68,3
28,6
70
33,8
72,4
ACE-inibitori
C09A
ACE-inibitori+diuretici
C09B
22,7
67,8
32,5
69,3
41,3
71,8
16,7
67,7
19,0
69,4
15,6
71,3
Antagonisti angiotensina II
C09C
11,5
65,9
15,4
69,2
16,9
72,5
Antagonisti angiotensina II
+diuretici
C09D
11,9
65,7
14,5
69,1
11,1
72,2
Antiaggreganti piastrinici
B01AC
18,3
73,2
38,6
70,7
67,2
71,6
6,8
68
26,5
67,9
48,4
69,4
C10AA
6,2
68,1
24,0
68
45,5
69,4
C10AB
0,4
68,4
1,9
65,3
2,1
68,9
C10AC-X
0,7
64,5
2,7
67,8
10,0
67,3
23,3
61,9
11,5
71,5
11,4
76,5
Antipertensivi
Ipolipemizzanti
Statine
Fibrati
Altri (Omega polienoici)
Nessuna prescrizione°
*Percentuale di pazienti che hanno usato almeno una volta nel corso del 2005 una delle categorie terapeutiche descritte in tabella. La somma
delle percentuali può essere superiore al 100% in quanto ogni soggetto nel corso dell’anno può avere utilizzato diverse categorie di farmaci.
°Per le categorie terapeutiche considerate nella tabella.
CV: cardiovascolari.
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bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
125
2006
pazienti con cardiopatia ischemica (IMA e/o
angina) riceve un trattamento nonostante l’indicazione all’uso di tali farmaci in prevenzione secondaria sancito dalle linee-guida e consentito
dalla nota AIFA 13.
spiegato dalla politerapia spesso necessaria per il
raggiungimento del target pressorio, che in tale
popolazione è particolarmente basso.
Se si analizza il profilo prescrittivo nei pazienti
con cardiopatia ischemica (diagnosi di infarto del
miocardio o angina pectoris) si può osservare
come, nonostante la forte raccomandazione delle
linee-guida ad utilizzare i β-bloccanti, tali farmaci
sono prescritti in meno del 40% dei pazienti
(tabella V). Da segnalare inoltre che la percentuale
di pazienti sottoposti a terapia antiaggregante è
attorno al 62% e quindi suscettibile di un ulteriore
miglioramento. Il trasferimento delle migliori
prove scientifiche alla pratica clinica è comunque
un problema molto diffuso nel mondo occidentale.
Per i pazienti con pregresso ictus ischemico e/o
TIA si osserva una elevata percentuale d’uso dei
calcio antagonisti anche se tali farmaci non sono
oggetto di raccomandazioni condivise nelle
diverse linee-guida.
Per quanto riguarda la prescrizione di ipolipemizzanti si può osservare che meno del 50% dei
Conclusioni
Le analisi periodiche e sistematiche sull’uso dei
farmaci in Italia realizzate dall’OsMed si sono progressivamente arricchite nel tempo coerentemente con l’ambizione di essere un servizio indipendente sulla prescrizione dei farmaci in Italia.
L’ultimo Rapporto, anche in considerazione
degli ulteriori approfondimenti rispetto all’edizione precedente, conferma il ruolo dell’OsMed
quale servizio di informazione sulla prescrizione
farmaceutica di riferimento a livello nazionale e
come strumento per la tempestiva definizione di
interventi finalizzati al governo dei diversi fattori
che influenzano l’area farmaceutica.
Tabella V – Prescrizione di farmaci nei pazienti con diagnosi di IMA e/o angina e ictus ischemico e/o TIA.
Categorie terapeutiche
IMA e/o angina
[N=11512]
ATC
Antipertensivi
Ictus ischemico e/o TIA
[N=6790]
Prevalenza
d’uso*
Età media
Prevalenza
d’uso*
Età media
74,3
71,8
68,9
75,2
Diuretici
C03
28,0
75,4
26,3
77,7
Beta-bloccanti
C07
36,8
68,9
17,8
72,6
C08CA
21,0
72,6
25,5
75,4
C09A
33,3
71,7
29,1
75,2
Ca-antagonisti (diidropiridinici)
ACE-inibitori
ACE-inibitori+diuretici
C09B
11,1
72,4
13,5
75,0
Antagonisti angiotensina II
C09C
11,9
72,3
10,2
74,6
Antagonisti angiotensina II+diuretici
C09D
7,8
72,0
8,7
74,1
Antiaggreganti piastrinici
B01AC
61,6
72,5
59,6
74,9
43,2
68,0
27,4
71,6
C10AA
41,0
68,0
26,0
71,6
C10AB
1,2
66,8
0,9
71,2
C10AC-X
9,0
65,2
3,0
70,9
16,8
71,9
19,1
74,6
Ipolipemizzanti
Statine
Fibrati
Altri (Omega polienoici)
Nessuna prescrizione°
*Percentuale di pazienti che hanno usato almeno una volta nel corso del 2005 una delle categorie terapeutiche descritte in tabella. La somma
delle percentuali può essere superiore al 100% in quanto ogni soggetto nel corso dell’anno può avere utilizzato diverse categorie di farmaci.
°Per le categorie terapeutiche considerate nella tabella.
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126
Bif XIII N. 3
bene, bravo, bif!
2006
Studi di non inferiorità ed equivalenza:
lezioni e precauzioni
Uno studio di non inferiorità o equivalenza cerca di dimostrare che il trattamento sperimentale non è clinicamente peggiore
del termine di confronto (un trattamento di controllo attivo). Sulla base di questi studi è possibile ritenere che il nuovo trattamento abbia efficacia non inferiore o equivalente rispetto al trattamento standard e che possa presentare vantaggi per
quanto riguarda sicurezza, convenienza (es. somministrazione una volta anziché tre volte al giorno) o costo. I trial di non
inferiorità o equivalenza implicano pertanto una programmazione e un’analisi particolari.
Già in passato erano stati avanzati dei dubbi riguardo a questo tipo di analisi. Una importante revisione dei report degli
studi di equivalenza pubblicati tra il 1992 e il 1996 ha cercato di valutare se quanto promesso in termini di nuove informazioni avanzate da questi report fosse coerente con i metodi e i risultati degli studi. La revisione ha concluso che circa la
metà dei trial non era indirizzata a dimostrare l’equivalenza1.
Più recentemente, un gruppo di studiosi francesi ha portato a termine una revisione analoga, ma con una diversa metodologia di selezione degli studi. Da un campione di trial condotti dopo la pubblicazione delle linee-guida in materia da
parte degli organi regolatori, sono stati selezionati gli studi che cercavano di dimostrare sia la non inferiorità sia l’equivalenza. Sono stati sistematicamente revisionati i trial controllati randomizzati di non inferiorità ed equivalenza pubblicati
nel 2003 e nel 2004 che presentavano elementi metodologici specifici di questo tipo di sperimentazioni. Gli autori hanno
cercato di far luce sulle aree in cui solitamente prevalgono equivoci e problemi comuni nel riportare gli studi di non inferiorità o equivalenza.
Di seguito presentiamo una sintesi (in italiano e in inglese) del lavoro di Le Henanff et al. pubblicato su JAMA e l’intervista
a Peter C. Gøtzsche*, direttore del Nordic Cochrane Centre e autore di un editoriale riportato nello stesso numero di JAMA2.
Intervista a
Peter C. Gøtzsche*
Quali sono le differenze principali tra i trial di non inferiorità
(NI) o di equivalenza (E) e le sperimentazioni controllate randomizzate finalizzate a valutare la superiorità di una terapia paragonata
ad un altro trattamento attivo?
Un trial di non inferiorità è uno
studio per natura ad una faccia sola,
dal momento che cerca di determinare se un nuovo intervento sanitario non ha effetti peggiori di un intervento di riferimento all’interno
di un intervallo di non inferiorità
specificato preliminarmente (∆ a 0)
rispetto all’esito principale. Allo
stesso modo, un trial di equivalenza
intende determinare se due interventi hanno un effetto simile, all’interno di un intervallo predeterminato (∆ a ∆).
Perché alcuni autori sospettano che i trial di non inferiorità/equivalenza siano di
scarsa qualità, sia per come sono
condotti sia per come sono riportati sulle riviste scientifiche?
Non si tratta di un sospetto, ma
di un’evidenza documentata dalle
revisioni condotte su questo genere
di sperimentazioni cliniche.
Quali sono i principali limiti
etici dei trial di non inferiorità/
equivalenza?
I medici devono soprattutto tenere bene in mente che i margini di
non inferiorità sono spesso troppo
grandi per essere significativi dal
punto di vista clinico, e che sbandierare l’equivalenza di un trattamento
rispetto ad un altro può essere fuorviante se la sperimentazione non è
stata condotta secondo standard appropriati e di qualità elevata.
*
Peter C. Gøtzsche è anche Professore di Teoria ed Etica della Scienza medica presso l’Università di
Copenhagen.
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Il rispetto di una terminologia più accurata potrebbe favorire un migliore confronto tra i
risultati degli studi clinici?
No, non credo che il problema risieda nel rispetto di una terminologia condivisa e più rigorosa.
Quanto frequentemente sono
pubblicati trial di non inferiorità/equivalenza?
Non lo sappiamo con esattezza,
sebbene l’articolo del gruppo del
CONSORT pubblicato sul JAMA3
offra una stima del numero di studi
di questo genere pubblicati in letteratura.
Ritiene che un sistema di peer
review più rigoroso possa svelare
i bias insiti in molti trial di non
inferiorità/equivalenza?
Forse sì, ma la peer review non è
un sistema infallibile.
Lei ha scritto nel suo Editoriale sul JAMA che “NI/E trials are
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
to stay” (i trial di NI/E sono destinati a rimanere), dunque non ce
ne libereremo presto; crede che la
proliferazione di questo genere di
studi sia da collegare al meccanismo perverso del “publish or
perish” (pubblicare o perire) o
piuttosto alle strategie commerciali dell’industria?
Questo tipo di disegno statistico non è utilizzato soltanto dall’industria, che però frequentemente ne abusa. Quando il margine di non inferiorità per la mortalità è fissato, per esempio, nel 50
per cento, non è difficile scegliere
nel trial quale trattamento di raffronto, invece di quello standard di
riferimento, terapie che aumentino la mortalità nel gruppo di confronto. Il problema reale è che le industrie farmaceutiche o produttrici
di dispositivi medici non vogliono
dichiarare nelle loro pubblicità che
“il mio prodotto non è inferiore a
quello standard rispetto al margine
predefinito della più piccola differenza clinica significativa”, ma
sono tentate di sostenere semplicemente che il loro prodotto è un’alternativa praticabile al trattamento standard, sebbene una con-
Riassunto
127
2006
clusione di questo tipo sia raramente difendibile.
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Reporting of non-inferiority and equivalence randomized trials: an extension to the CONSORT Statement.
JAMA 2006; 326: 1199-201.
pione, e altri 11 (6,8%) non hanno tenuto conto del
margine di non inferiorità o equivalenza predefinito.
Neppure la metà dei report (69 [42,6%]) ha descritto
sia l’analisi di intent to treat (ITT, tutti i pazienti randomizzati vengono inclusi nell’analisi), sia l’ITT modificato (vengono esclusi i pazienti che non hanno
mai ricevuto il trattamento) e per protocol (vengono
esclusi i pazienti che non hanno completato il trattamento), solo la metà circa di questi (39 [56,5%]) ha descritto entrambi i tipi di risultati. I risultati sono stati
descritti con intervallo di confidenza in 136 report
(84%). Soltanto 33 articoli (20,3%) hanno risposto
pienamente ai criteri di descrizione specifici per studi
di non inferiorità o equivalenza, 4 di essi (12,1%) con
conclusioni fuorvianti.
Conclusioni. Nei report degli studi di non inferiorità ed equivalenza sono presenti difetti rilevanti: assenza del margine di non inferiorità o equivalenza, presenza di una sola analisi ITT (o per protocol), infine, i risultati non sono stati riportati in maniera adeguata.
Inoltre, persino gli articoli che hanno risposto a questi
requisiti presentavano conclusioni talvolta fuorvianti.
Le Henanff A, Giraudeau B, Baron G, Ravaud P.
Quality of reporting of non-inferiority and equivalence
randomized trials. JAMA 2006; 295: 1147-51.
Contesto e motivazioni della ricerca. Le sperimentazioni di non inferiorità ed equivalenza tendono a mostrare che il trattamento in studio non è clinicamente
peggiore (non inferiore) o è clinicamente simile (equivalente) al trattamento di controllo. Gli obiettivi di
questi studi implicano una programmazione e un’analisi particolari.
Obiettivi. Valutare la qualità metodologica dei report degli studi controllati randomizzati di non inferiorità ed equivalenza.
Disegno dello studio. È stata condotta una ricerca,
su MEDLINE e nel Cochrane Register of Controlled
Trials, dei report delle ipotesi di studi controllati e randomizzati di non inferiorità ed equivalenza pubblicati
tra il 1 gennaio 2003 e il 31 dicembre 2004.
Misure di esito principali. I dati, estratti tramite
l’uso di una forma standard, prevedevano la valutazione
della scelta dei margini di non inferiorità o equivalenza,
il calcolo della dimensione del campione, la raccolta dei
pazienti analizzati, il metodo di verifica statistica e di descrizione dei risultati, e le conclusioni.
Risultati. Sono stati inclusi nell’analisi 162 report
(116 relazioni di non inferiorità e 46 di equivalenza).
Il margine di definizione di non inferiorità o equivalenza è stato descritto nella maggior parte di essi (156
[96,3%]), con giustificazione del margine in soli 33
studi (20,4%). Circa un quarto dei report (35 [21,6%])
non ha descritto il calcolo della dimensione del cam-
Abstract
Context. Noninferiority and equivalence trials aim to
show that the experimental treatment is not clinically worse
than (noninferior) or clinically similar to (equivalent) a control active treatment. These study objectives imply particular
planning and analysis.
Objective. To assess the methodologic quality of reports of randomized controlled trials of noninferiority and
equivalence.
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bene, bravo, bif!
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Design. We searched MEDLINE and the Cochrane
Central Register of Controlled Trials for reports of randomized controlled trials of noninferiority and equivalence
hypotheses published between January 1, 2003, and December 31, 2004.
Main outcome measures. Data extracted by use of
a standardized form involved assessment of choice of noninferiority or equivalence margins, sample size calculation, sets of patients analyzed, method of statistical testing and reporting results, and conclusions.
Results. A total of 162 reports were included in the
analysis (116 reports of noninferiority and 46 of equivalence). The margin defining noninferiority or equivalence was described in most reports (156 [96.3%]), with
justification of the margin in only 33 (20.4%). Almost
one quarter of the reports (35 [21.6%]) did not describe
a sample size calculation, and an additional 11 (6.8%)
did not take into account a prespecified noninferiority or
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Soluzione del cruciverba pubblicato sul BIF 2/2006.
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equivalence margin. Less than half of the reports (69
[42.6%]) described both an intent to treat (ITT; all randomized patients are included in the analysis) or modified ITT (patients who never received treatment are excluded) and per protocol (patients who did not complete
the treatment are excluded) analysis, and only about
half of those (39 [56.5%]) described both types of results. Results were displayed with confidence intervals in
136 reports (84.0%). Only 33 articles (20.3%) fulfilled
reporting requirements specific to noninferiority and
equivalence trials, 4 of them (12.1%) with misleading
conclusions.
Conclusions. Reporting of noninferiority and equivalence trials has important deficiencies: absence of noninferiority or equivalence margin, only an ITT (or a perprotocol) analysis performed, and results not adequately
reported. Moreover, even for articles fulfilling these requirements, conclusions are sometimes misleading.
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LA GALLERIA
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Transaminasi e malattie del fegato:
liberiamo Prometeo
“Custodit vitam qui custodit sanitatem. Sed prior est sanitas quam sit curatio morbi”. Flos medicinae Scholae Salerni1.
Il Mito
sdebitò con l’eroe fornendogli utili consigli per le
sue imprese. L’energia contenuta nel fegato martoriato era tale che l’organo, rigenerandosi, conservava nel tempo la forma iniziale e la sua
funzione. E dal sangue che sgorgava dalle ferite
nacque il colchico; con la linfa velenosa di questo
fiore (il croco caucasico) Medea, perdutamente innamorata di Giasone, fabbricò un unguento
magico. Giasone, spalmato il portentoso unguento3 sul corpo e sulle armi, divenne invincibile, riuscendo a sconfiggere e aggiogare i tori
sputafuoco. Il colchico è stato utilizzato, nei secoli,
come veleno e come farmaco. Il medico bizantino
Alessandro di Tralles (VI sec.), infatti, l’impiegò
con successo per i dolori articolari: il rimedio prese
il nome taumaturgico di “ermodattilo” e fu inserito nella farmacopea4 dell’Ottocento per la cura
della gotta. Nel Novecento la colchicina – il suo
alcaloide, scoperto nel 1820 – è stata utilizzata
anche nella cura di alcune malattie del fegato con
risultati, però, non incoraggianti5.
rrivato in prossimità delle smisurate catene
A
montuose del Caucaso, Eracle poté vedere lo
sfortunato Prometeo, così come è rappresentato in
questo quadro di Jean Louis César Lair2. Il Titano,
infatti, si trovava già da trent’anni incatenato ad
una roccia, esposto ai raggi del sole e al vento
gelido, mentre un’aquila inviata da Zeus lo tormentava con i suoi artigli, divorandogli il fegato.
Eracle uccise l’aquila e liberò Prometeo che, grato
per la libertà e reso saggio dalle pene subite, si
Un quadro
J.L.C. Lair, pittore storico e ritrattista, nacque
il 25 aprile 1781 a Janville e morì, nella stessa cittadina francese, il 28 maggio 1828. Allievo di Jean
Baptiste Regnault e di Jacques Louis David,
realizzò, oltre a questo Supplice de Prométhée,
grandi opere per chiese. Il Prometeo di Lair, qui
scelto come icona del Mito per la fierezza e la solennità della sofferenza del Titano, è una delle
tante rappresentazioni che conosciamo. Rubens
mostra, ad esempio, un Prometeo sofferente a terra
– come lo dipingerà, incatenato da Vulcano, una
decina d’anni dopo Dirck van Baburen, sotto l’influenza di Caravaggio6 – ma già dilaniato dal
becco e dagli artigli dell’aquila. Troppo lontano,
per l’angoscia e la rinuncia, dalla personalità di
“colui che prevede” – come suggerito dall’etimologia (Promhueú§) – al quale affidare la protezione degli uomini presso gli dei.
La pena di Prometeo. Jean Louis César Lair (1781-1828).
Musée Crozatier, Le Puy en Velay, Francia.
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2006
e, perché no, allo stato di salute di una data popolazione. L’Organizzazione Mondiale della
Sanità indica che la mortalità per cirrosi epatica
deve essere considerata “evitabile”, proprio
perché prevenibile. Forse è meno noto che «gli
antichi sacrificavano animali che si trovavano a
pascolare nei luoghi in cui si decideva di fondare
una città – come afferma Vitruvio10 nel suo De Architectura, scritto tra il 20 e il 30 a.C. – e ne esaminavano il fegato e, se alla prima prova questo
risultava bluastro e infetto, sacrificavano altri
Transaminasi, malattie del fegato
animali, essendo in dubbio se l’organo fosse stato
e prevenzione
danneggiato da una malattia o da un difetto dell’alimentazione». Ricerche epidemiologiche
È certo che – oltre il Mito e questa interprecome lo studio Dionysos11, condotto su più di
tazione – quando Wroblewski8 e de Ritis9 scoprirono, nei loro rispettivi laboratori, il significato
6000 persone a Campogalliano e a Cormons tra
clinico dell’attività sierica delle transaminasi non
il 1991 ed il 1993, hanno evidenziato segni sugavrebbero mai pensato che il loro test, insostigestivi di epatopatia cronica in un quinto dei casi
tuibile oggi nel riconoscere la citolisi nelle maesaminati. Un dato che avrebbe amareggiato Vilattie del fegato, sarebbe stato inserito nelle
truvio, forse inducendolo alla conclusione che
batterie degli esami di screening eseguiti per i più
«se continuavano a trovare fegati malati, gli
svariati motivi. E così – a distanza di migliaia di
antichi avrebbero da ciò dedotto che l’acqua e il
chilometri e quasi contemporaneamente, era il
cibo offerti dalla natura in quei luoghi erano
nocivi, e così sarebbe stato meglio cercare altrove
1955 – nascevano le “transaminasi” che, con le
loro elevazioni, avrebbero interessato, spaventato,
il requisito della salubrità».
coinvolto, per almeno cinquant’anni, medici,
L’attuale nostra situazione epidemiologica è
biologi, pazienti e ricercatori.
caratterizzata da una prevalenza della infezione
Da allora, ma soprattutto da quando è stata
cronica da virus B (studio Dionysos, relatiscoperta l’utilità dei marcatori delle epatiti virali,
vamente alla popolazione tra i 12 e i 65 anni)
sono stati pubblicati numerosissimi studi sulla
dell’1,3%. A conferma di questo dato, la difdiffusione di queste alterazioni di “laboratorio”
fusione della positività per HBsAg nelle donne
(perché spesso descritte in persone asintogravide nate in Italia è risultata – in un più
matiche) e sulla prevalenza delle malattie del
recente studio condotto in sei regioni italiane –
fegato. Si è potuto stabilire che, ad esempio, la
dell’1,4%12. La bassa diffusione osservata tra i
presenza delle epatiti virali segue una distrisoggetti di età compresa tra i 3 e gli 11 anni
buzione geografica non casuale, ma correlata alla
(0,4%) fornisce l’ottimistica proiezione futura
capacità dei servizi sanitari dei singoli paesi di
della prevalenza dell’epatite B nella popolazione
attuare misure preventive nei confronti della difitaliana, perché è nei primi anni di vita che si cofusione – alimentare o parenterale,
stituisce il pool dei portatori cronici
fuori o dentro gli ospedali – di
di questo virus. La prevalenza comqueste malattie. Al contrario, le alplessiva dell’infezione da virus C
terazioni delle transaminasi dovute
sembra essere in media del 3%, con
L’attuale
alla steatosi non alcolica (NAFLD)
una maggiore diffusione nelle classi
sono dovute alla incapacità di prenostra situazione di età più avanzate ed in particolari
venire, con stili di vita adeguati, la
geografiche. A Cittanova, citepidemiologica è aree
sindrome metabolica tra le popotadina calabrese di 10.000 abitanti,
caratterizzata da
lazioni più ricche. Transaminasi
la presenza dell’epatite C, fra 1600
elevate, quindi, figlie della povertà e
individui studiati, è risultata suuna prevalenza
dell’arretratezza o, paradossalmente,
periore al 6%13. E in Italia, pur con
della
infezione
dell’agiatezza e del benessere.
una grande variabilità fra regioni,
cronica da virus
La prevalenza delle malattie del
un terzo della popolazione consuma
fegato è, infatti, inversamente proalcol in eccesso, con una prevalenza
B dell’1,3%
porzionale alla salubrità di un luogo
di alterazioni di laboratorio attriChissà – possiamo chiederci oggi – se la quotidiana lacerazione del fegato avrà elevato gli enzimi
epatici dello sfortunato Prometeo, così come accade
nei traumi epatici7. Certo, se potessimo leggere il relativo case report, nella sezione Hepar dell’improbabile n. 1 del “Mount Olympus Journal of Medicine” (Editor-in-Chief, Asclepius), troveremmo la
sintesi clinica del caso e la sua interpretazione.
“
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buibili all’alcol superiore al 6%14: al contrario che
negli Stati Uniti, dove è stimata inferiore all’1%15.
In aggiunta alle epatiti virali e all’alcol, la NAFLD
(con la sua capacità di progredire anche verso l’epatite, la fibrosi, la cirrosi e l’epatocarcinoma) è
considerata una delle cause più importanti di
epatopatia nei paesi industrializzati. Nello studio
Dionysos la steatosi è stata evidenziata ecograficamente nel 16% della popolazione normale e
nel 76% degli obesi16. Considerando i soggetti
con enzimi epatici elevati, è stata riscontrata
steatosi nel 3,1% della popolazione di Cittanova,
nel 5% dei casi dello studio Dionysos e nel 5,5%
degli adulti negli Stati Uniti17,18. La stretta correlazione fra NAFLD, abitudini alimentari, obesità
e sindrome metabolica fa ritenere che la steatosi
stia diventando un fattore eziologico di epatopatia sempre più importante. E pare che le transaminasi elevate – come espressione di NAFLD e
non di epatite cronica virale o consumo di alcol
– possano indicare anche un maggior rischio di
cardiopatia ischemica19.
L’impegno sul fronte dei fattori di rischio di
trasmissione porterà, quindi, a risultati che
potremo misurare completamente solo quando –
fra alcuni decenni – ad una coorte di persone
esposte negli anni passati ai virus dell’epatite B e
C si sostituirà una coorte vaccinata per il B e
protetta dal contagio parenterale con il C. Se accettiamo il sacrificio di più corrette abitudini alimentari e migliori stili di vita, potremo anche
ridurre il danno metabolico e da alcol.
descritta una prevalenza dell’epatite B che raggiunge il 5,9%12. Nel deserto algerino la positività
delle gravide per il virus B è superiore al 10%.
Quanto cammino si dovrà percorrere in quelle
terre per giungere alla relativa “salubrità” dei paesi
più ricchi?
Comunque, anche con un diverso approccio
tra le une e le altre aree geografiche, deve vivere
la speranza di prevenire e curare le malattie del
fegato, affinché la pena di Prometeo abbia fine e
anche oggi arrivi Eracle a liberare il Titano dalla
prigionia e dal supplizio e a trafiggere con la sua
freccia l’aquila inviata da Zeus. Se ci è concesso,
per seguitare il confronto con il mito di Prometeo
dobbiamo sviluppare per le malattie del fegato,
accanto alle potenzialità degli interventi preventivi, anche cure più efficaci di quelle attuali.
Ma queste, per quanto riguarda ad esempio la
terapia dell’epatite B e C o della NAFLD, sono
ancora ben lontane dalla one-shot therapy rappresentata dalla freccia di Eracle.
Nella faretra dei medici – per rimanere in metafora – troviamo farmaci21 (come lamivudina,
adefovir, interferoni, ribavirina) che richiedono
di essere somministrati per mesi o anni; e per la
NAFLD i provvedimenti terapeutici sono in gran
parte affidati alla compliance dei pazienti e di
assai più incerta efficacia. È affidata alla ricerca
la speranza di fornire a noi medici cure più efficaci per i pazienti e ad Eracle frecce più acuminate e precise per liberare Prometeo dall’aquila di Zeus.
Salvatore Ricca Rosellini, Enrico Ricci
U.O. di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva
Dipartimento di Medicina Specialistica
Ospedale “G.B. Morgagni - L. Pierantoni”
Azienda Usl di Forlì
Gli autori sono grati al Prof. Luigi Pagliaro per le riflessioni,
i consigli, il contributo e la revisione del manoscritto.
Una riflessione
Si può quindi ipotizzare che le epatiti virali, che
hanno anche caratterizzato con le malattie infettive l’epidemiologia del Novecento, lasceranno
il posto – nel secolo appena iniziato e nei paesi
ricchi – ai disordini metabolici epatici. Al contrario, nei paesi più poveri, dove la alimentazione
è spesso carente, le epatiti virali continuano a
colpire la popolazione e non è facile porvi rimedio.
Ricordiamo che nel 2001 la spesa pro capite per la
salute negli Stati Uniti era di quasi 5.000 dollari,
in Algeria di 44, in Sierra Leone di appena 7 e, nel
Niger, di soli 6 dollari20, quando una fiala di
vaccino anti-epatite B costa quasi 30 euro e quella
di immunoglobuline, per i nati da madre B positiva, più di 100 euro. Nelle donne gravide –
viventi in Italia, ma nate in Asia, Africa, America
Centrale o del Sud e nell’Europa dell’Est – è stata
Bibliografia
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generalia, pars prima, pars secunda, pars tertia, tomo I.
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21.
22.
133
2006
the general population: lesson from the Dionysos Study. J
Hepatol 2001; 35: 531-7.
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Farrell GC, Larter CZ. Nonalcoholic fatty liver disease:
from steatosis to cirrhosis. Hepatology 2006; 43 (2 Suppl
1): S99-S112.
a proposito di…
Tramadolo
Il tramadolo e le composizioni medicinali che lo contengono sono stati esclusi rispettivamente dalla tabella II, sezione B e D,
delle sostanze stupefacenti e psicotrope1. Pertanto le specialità medicinali a base di tramadolo possono essere dispensate su
presentazione di ricetta medica non ripetibile (RNR) e sono rimborsabili, se classificate in fascia A, limitatamente alle condizioni
riportate nella Nota AIFA 3.
1
Decreto Ministero della Salute 19/06/2006, pubblicato sulla G.U. N. 147 del 27/06/2006.
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AIFA - Ministero della Salute
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Bif XIII N. 3
FARSI UN’IDEA
2006
I fogli illustrativi dei farmaci
dei fogli illustrativi5,7-10; per il resto della popolazione rimane un oggetto complicato e incomprensibile o un mero strumento burocratico che deve
assolvere a degli obblighi normativi7.
Un’occasione informativa mancata
D
avanti all’immagine di un paziente sempre più
attento alla propria salute e sempre più orientato ad acquisire le indicazioni utili alla gestione
della propria malattia, si potrebbe pensare che egli
sia anche un lettore accanito e gratificato dei fogli illustrativi dei farmaci. In realtà, per quanto redatti secondo precisi vincoli normativi1,2, i fogli illustrativi
sono il più delle volte una occasione informativa
mancata e non soddisfano le necessità e le aspettative dei destinatari3-6.
A scoraggiare la lettura di questi fogli sono l’eccessiva lunghezza, la presenza di un linguaggio spesso
troppo tecnico che risulta criptico per la maggior
parte della popolazione, l’impostazione grafica
poco accattivante, il carattere di stampa troppo piccolo (soprattutto per gli anziani), la mancanza di
risalto per le avvertenze principali, la scarsa chiarezza sui rischi e sugli effetti indesiderati7. Il risultato è che solo una bassa percentuale di “lettori”
riesce effettivamente a comprendere il contenuto
Un test per i fogli illustrativi
Il foglio illustrativo è stato pensato per essere uno
strumento informativo indirizzato all’utilizzatore
al fine di consentire un uso corretto e consapevole
del medicinale2. Per questo, il coinvolgimento diretto dei consumatori/pazienti nella verifica della
leggibilità può essere considerato un aspetto importante per attestare la qualità informativa del foglio. A questo proposito il codice comunitario introduce come elemento di novità l’obbligo di condurre dei test di leggibilità e stabilisce che “il foglio
illustrativo deve riflettere il risultato di indagini
compiute su gruppi mirati di pazienti al fine di assicurare che esso sia leggibile, chiaro e di facile impiego”2,11; per questo dovrà essere testato sia nel suo
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AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
aspetto grafico (il layout e la reperibilità delle informazioni nel testo) sia nel contenuto e nel linguaggio utilizzato. Per condurre questi test le
aziende non sono vincolate a seguire una metodologia standard, ma ci sono, comunque, dei precisi
requisiti da rispettare11 che sono poi gli elementi
che l’autorità regolatoria valuta per approvare o respingere il test e il relativo foglio illustrativo.
L’utilizzo dei test di leggibilità è per ora obbligatorio solo per i farmaci che sono in commercio
in Italia in seguito all’approvazione dell’Agenzia
Europea dei Medicinali (EMEA); per i fogli illustrativi dei medicinali approvati a livello nazionale, l’AIFA è da tempo impegnata in vari progetti che hanno l’obiettivo di analizzare le
incongruenze dei diversi fogli procedendo per
categorie terapeutiche; il fine è quello di trasformare il foglio illustrativo in un vero strumento
di educazione al momento dell’assunzione del
farmaco.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Bibliografia
10.
1. D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 540: “Attuazione della direttiva 92/27/CEE concernente l’etichettatura ed il foglietto
illustrativo dei medicinali per uso umano”. Pubblicato sul
S.O. n. 7 della Gazzetta Ufficiale 11 gennaio 1993.
2. D.Lgs. 24 aprile 2006, n. 219: “Attuazione della direttiva
2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad
un codice comunitario concernente i medicinali per uso
a proposito di…
11.
135
2006
umano, nonché della direttiva 2003/94/CE” (G.U. n. 142
del 21/6/2006 - Suppl. Ordinario n. 153).
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www.mhra.gov.uk/home/groups/pl-a/documents/publication/con2018041.pdf (accesso verificato l’ultima volta il 6
giugno 2006).
Il foglietto illustrativo: tra strumento comunicativo e
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Patient information leaflet (PILs): a review of past, present
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European Commission, Directorate-General III. A guideline on the readability of the package leaflet of medicinal
product for human use. Brussels: European
Commission, 1998.
Vaccino anticolera e diarrea del viaggiatore
A seguito di una serie di segnalazioni, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha disposto il ritiro di una brochure della Chiron
Vaccines rivolta ai pazienti contenente informazioni fuorvianti riguardanti un vaccino orale. Nella brochure viene dichiarata
un’ampia azione protettiva del vaccino contro le principali cause di diarrea del viaggiatore. Già nel luglio dello scorso anno,
l’AIFA aveva fatto sospendere la divulgazione di materiale analogo relativo al Dukoral® della Sbl Vaccin AB di cui Chiron S.p.a.
è il rappresentante per l’Italia. Il Dukoral® è stato autorizzato in Italia esclusivamente per la prevenzione del colera, in quanto
non ne è stata dimostrata l’efficacia nei confronti della diarrea del viaggiatore. Il vaccino peraltro è soggetto a prescrizione
medica e può essere pubblicizzato soltanto presso gli operatori sanitari.
Il messaggio trasmesso dalla brochure risulta inappropriato in relazione alla numerosità e varietà degli agenti etiologici responsabili di questa patologia, contro i quali non esiste alcun tipo di vaccino, come ricorda il Dipartimento della Prevenzione
del Ministero della Salute.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda, per la prevenzione della diarrea del viaggiatore, l’osservanza delle norme
di buona prassi igienica con particolare attenzione alla selezione dell’acqua e degli alimenti.
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AIFA - Ministero della Salute
136
STRUMENTI DEL MESTIERE
Bif XIII N. 3
2006
L’uso delle banche dati biomediche
La ricerca bibliografica è di gran lunga la più importante necessità che spinge il medico a navigare in Internet, dove si
possono reperire, più o meno facilmente, articoli full-text, riassunti o semplici citazioni, contenuti in banche dati bibliografiche. Per fare una buona ricerca è innanzitutto necessario scegliere con accuratezza le fonti (banche dati bibliografiche)
e, in secondo luogo, sviluppare una corretta strategia di ricerca. La scelta della banca dati dipende strettamente dal tipo
di quesito cui si vuole trovare risposta. Senza la pretesa di essere esaustivi, a partire da questo numero si vuole offrire al
lettore una breve panoramica sulle banche dati biomediche presenti in rete. Verranno qui descritte le principali banche
dati bibliografiche, commentandone l’utilità pratica; i prossimi numeri del BIF saranno, invece, dedicati all’uso di PubMed,
l’interfaccia gratuita di MEDLINE. L’obiettivo è quello di fornire un agile e breve vademecum che possa essere consultato e
utilizzato con lo scopo di recuperare con pertinenza e rapidità l’informazione documentaria desiderata.
Introduzione
altre relative a specifici settori (es. oncologia,
tossicologia, ecc.); alcune indicizzano fonti
d’informazione primaria, altre revisioni sistematiche. Per effettuare una efficace ricerca bibliografica è opportuno quindi conoscere la
struttura della banca dati che si è scelto di interrogare.
e banche dati bibliografiche sono archivi digitali che raccolgono le referenze bibliografiche di articoli pubblicati nelle riviste internazionali. Nel campo biomedico esistono un
centinaio di banche dati: alcune sono generali,
L
biftech
Dal quesito alla strategia
Dopo aver individuato tutti gli elementi
che caratterizzano la nostra domanda di
informazione, occorre tradurre il quesito
in strategia. Per prima cosa occorrerà
identificare i termini della ricerca per ogni
elemento e tradurli in inglese. I termini andranno poi combinati con gli operatori
booleani AND, OR , NOT. Solo da ultimo
andremo a considerare eventuali limiti rilevanti: anno di pubblicazione, lingua in
cui è stato pubblicato l’articolo, tipo di
studio che risponde meglio al nostro quesito (sperimentazione controllata randomizzata, linea-guida, ecc.).
Gli operatori booleani
Gli operatori booleani o operatori logici si
riferiscono ad un sistema logico sviluppato
dal matematico inglese George Boole e
permettono di combinare in vario modo più
concetti nella stessa ricerca. Gli operatori
Booleani sono AND, OR e NOT.
AND (e): esprime l’intersezione tra due insiemi; indica che due o più termini devono
essere presenti contemporaneamente nel
documento cercato.
OR (o): esprime la somma logica; si reperiscono articoli indicizzati con almeno uno
dei concetti indicati. La presenza di qualunque dei termini è sufficiente per selezionare il documento
NOT (non): esprime la differenza logica,
George Boole e la rappresentazione logica
George Boole nacque a Lincoln, in Inghilterra, nel 1815. Fu matematico e filosofo, inventore – per così dire – della cosiddetta algebra booleana, base dell’informatica moderna.
Il suo pensiero considerava strettamente correlati i simboli dell’algebra e quelli della logica;
approfondì i concetti studiati da Leibniz sul sistema binario, dimostrando che la logica può
essere rappresentata felicemente con equazioni algebriche.
Che la logica simbolica di Boole fosse applicabile con successo ad altri campi del sapere
fu intuito solo molti anni dopo la sua morte, avvenuta a Ballintemple, in Irlanda, nel 1864,
nella casa dove visse per molti anni.
Solo nel 1938, uno studente americano presentò una tesi al Massachusetts Institute of Technology in cui si utilizzava la logica booleana per rappresentare le funzioni degli interruttori nei circuiti elettronici.
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AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
Banche dati primarie
MEDLINE
È la più completa e importante banca dati elettronica prodotta dalla National Library of Medicine (NLM – www.nlm.nih.gov). Copre la letteratura biomedica internazionale dal 1966 ad
oggi nei settori della medicina, infermieristica,
odontoiatria, medicina veterinaria, organizzazione sanitaria. MEDLINE contiene circa 15
milioni di referenze bibliografiche (autori, titoli,
referenze bibliografiche) ed abstract relativi a oltre
4600 riviste biomediche pubblicate negli Stati
Uniti e in altri 70 paesi del mondo. Buona parte
delle informazioni si riferiscono ad articoli di medicina clinica e quindi il database rappresenta un
valido strumento informativo per i differenti
ambiti della medicina.
MESH
Vocabolario di termini controllati (o descrittori o parole chiave) utilizzati nell’indicizzazione dei documenti.
I termini MeSH sono organizzati gerarchicamente in una struttura ad albero
(MeSH Tree) che permette la ricerca a
vari livelli di specificità.
È sottoposto a continuo aggiornamento
(la versione del 2005 contiene 22.995
descrittori, 129 tipi di pubblicazione, 83
Subheadings).
2006
Dal giugno 1997 MEDLINE è consultabile gratuitamente sul Web attraverso il ser vizio
PubMed, con aggiornamento quotidiano dei dati
e con inclusione delle informazioni recenti, non
ancora indicizzate, attraverso PreMedline
(www.ncbi.nlm.nih.gov/PubMed).
Le banche dati primarie raccolgono citazioni
che traggono le loro fonti dalla letteratura medica
primaria (articoli pubblicati sulle principali riviste
biomediche).
cioè l’esclusione di un concetto. Indica termini che NON devono essere presenti nel
documento cercato. Viene impiegato
quando si voglia limitare la ricerca, eliminando gli articoli non pertinenti. Va usato
con cautela, in quanto in questo modo è
137
EMBASE (The Excerpta Medica Database)
È la banca dati bibliografica specializzata in letteratura medica con particolare riguardo ai settori
della farmacologia e tossicologia. Dal 1974 ha collezionato più di 9 milioni di citazioni bibliografiche
tratte da oltre 4500 periodici internazionali, molti
dei quali non indicizzati da MEDLINE. EMBASE
(www.embase.com)è prodotta da Elsevier Science e
ha costi di abbonamento molto elevati. Rispetto a
MEDLINE contiene in proporzione più letteratura europea e non esistono accessi gratuiti tramite Internet.
CINAHL Database (Cumulative Index to
Nursing and Allied Health Literature)
È il più importante database dedicato alle
scienze infermieristiche; le referenze si riferiscono
possibile escludere citazioni potenzialmente pertinenti alla ricerca.
Riassumendo:
AND: due o più parole devono essere tutte
presenti.
OR: deve essere presente almeno una delle
parole (ma anche tutte).
NOT: deve essere presente solo la prima,
ma non la seconda, delle due parole.
Com’è strutturata una banca dati bibliografica?
Le banche dati bibliografiche contengono citazioni di documenti, che solitamente sono articoli di periodici, ma possono anche essere libri, tesi, atti di congressi, ecc.
Ogni citazione costituisce un record
Possiamo dunque definire una banca dati
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AIFA - Ministero della Salute
anche come un insieme strutturato di record. Il record è una fonte informativa più
ampia rispetto alla citazione tradizionale
ed è strutturato in modo tale da aggiungere
altre informazioni a quelle di base per consentire strategie di ricerca più elaborate.
Il record bibliografico
2 Permette di identificare un articolo pubblicato su un periodico
2 È costituito da vari campi
2 Il numero e il contenuto dei campi varia
da un database all’altro
2 Ogni campo contiene una notizia relativa all’articolo
2 Le notizie possono essere ricavate dall’articolo stesso oppure essere attribuite
dagli indicizzatori
2 I campi costituiscono un punto di accesso al record. n
138
Bif XIII N. 3
STRUMENTI DEL MESTIERE
2006
ad articoli, capitoli di libri, opuscoli, audiovisivi,
testi, software, atti di convegni e sono incentrate
anche su altre discipline come biomedicina,
scienze del comportamento, educazione, salute dei
consumatori e altre. Sono indicizzate 1200 riviste
dal 1982 ad oggi. Non esiste una versione gratuita.
(http://libraries.uvm.edu/dana/guides/info/
cinahl.html).
•
Banche dati secondarie
Ad oggi i professionisti della salute trovano
grande difficoltà nel padroneggiare l’enorme
quantità di informazioni disponibili. Spesso, senza
un metodo di sintesi e di valutazione critica delle
conoscenze, sono incapaci di decidere quali nuove
conoscenze introdurre (e quali vecchie conoscenze
abbandonare) nella loro attività. Per questo motivo
hanno acquisito sempre maggiore importanza le
pubblicazioni secondarie, che si propongono di
fornire una sintesi rigorosa delle prove di efficacia
e delle conoscenze disponibili su un determinato
argomento clinico. Nelle banche dati secondarie
più efficienti sono principalmente contenute le revisioni sistematiche delle pubblicazioni originali e
le linee-guida basate sulle prove di efficacia.
•
•
COCHRANE LIBRARY
La Cochrane Library è una pubblicazione
elettronica, aggiornata ogni tre mesi, che raccoglie il lavoro dalla Cochrane Collaboration
(www.nicsl.com.au/cochrane/index). È
prodotta su CD-ROM e in versione on-line; sono
consultabili gli abstract delle ultime review disponibili, mentre per avere l’articolo in versione integrale occorre abbonarsi. Sulla Cochrane Library
sono disponibili revisioni sistematiche e studi
clinici randomizzati riguardanti trattamenti farmacologici, diagnosi e screening, promozione della
salute e organizzazione dei servizi, mentre non
sono presenti linee-guida e monografie. È
composta di molti database tra cui:
•
• The Cochrane Database of Systematic
Reviews (CDSR) è il database che raccoglie le
revisioni sistematiche di studi clinici randomizzati completate dalla Cochrane Collaboration e i protocolli di quelle in fase di lavorazione. Spesso i dati vengono combinati
statisticamente, attraverso la tecnica della metanalisi, per raggiungere risultati più affidabili.
Gli abstract delle revisioni e i titoli dei pro-
•
R
tocolli sono disponibili gratuitamente su Internet, mentre per il full text delle revisioni, regolarmente aggiornate, bisogna abbonarsi.
The Database of Abstract of Reviews of Effectiveness (DARE) contiene oltre 5500 abstract strutturati e citazioni di revisioni sistematiche non prodotte dalla Cochrane
Collaboration e pubblicate sulle maggiori
riviste mediche, nonché sottoposte ad una
verifica di qualità metodologica da parte del
NHS Centre for Reviews and Dissemination,
un’organizzazione che nel Regno Unito
riveste un ruolo chiave nella promozione
della Evidence-Based Health Care. Il DARE è
disponibile gratutitamente su Internet.
The Cochrane Central Register of Controlled Trials (CCTR/CENTRAL) è un registro
di tutti i trial clinici identificati dai gruppi di
revisione Cochrane, tramite la ricerca
manuale delle riviste biomediche internazionali, allo scopo di creare un database specializzato ed esaustivo degli studi clinici controllati. La ricerca dei trial viene fatta sulle
maggiori banche dati (MEDLINE, EMBASE,
PSYCHINFO, CINAHL). CENTRAL si basa sull’esame sistematico di atti dei congressi e su
molte altre fonti non incluse in MEDLINE,
EMBASE o in altre banche bibliografiche.
The Cochrane Review Methodological Database (CRMD) e The Cochrane Methodology Register (CMR) sono rispettivamente
un archivio di revisioni sistematiche e protocolli di studi metodologici, e una raccolta
di testi sui metodi di conduzione delle revisioni sistematiche, aventi lo scopo di riassumere la base empirica della metodologia
utilizzata.
The NHS Economic Evaluation Database
(NHS EED) è un registro di circa 13.900 pubblicazioni su valutazioni economiche
inerenti interventi di assistenza sanitaria, a
cura del NHS Centre for Reviews and Dissemination britannico. Le referenze includono
un abstract strutturato e una valutazione
qualitativa, oltre a considerazioni sulle implicazioni pratiche per la sanità pubblica.
Health Technology Assessment Database
(HTA) contiene oltre 3900 record di valutazioni di carattere medico, sociale, etico ed
economico di tecnologie sanitarie, sviluppate da membri dell’International
Network of Agencies of Health Technology
Assessment.
AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
Banche dati di linee-guida
• The National Library of Medicine Health
Services/Technology Assessment Text
(HSTAT) Collection. È la banca dati più prestigiosa, che comprende diversi database:
the Agency for Health Care Policy and Research (AHCPR) Supported Guidelines,
AHCPR Evidence Reports, AHCPR Technology Assessments and Reviews, AIDS
Treatment Information Service (ATIS Publications), National Institute of Health (NIH)
Clinical Studies, NIH Consensus Development Program, Guide to Clinical Preventive Services (2nd edition, 1996),
SAMHSA/CSAT Treatment Improvement
Protocol (http://hstat.nlm.nih.gov).
• National Guideline Clearinghouse. La
banca dati è prodotta dall’Agency for
Healthcare Research and Quality, American
Medical Association, American Association
for Health Plans. Contiene attualmente
1159 LG, per ognuna delle quali viene
800 571 661
2006
fornito un breve riassunto, un riassunto più
dettagliato ed il link al testo integrale della
LG. In banca dati è presente un sistema che
permette la comparazione di diverse LG tra
loro. Il database viene aggiornato settimanalmente (www.guideline.gov).
• Programma Nazionale Linee Guida
(PNLG). È la banca dati italiana di LG e nasce
sotto la responsabilità dell’Agenzia per i
Servizi Sanitari Regionali e dell’Istituto Superiore di Sanità (www.pnlg.it).
• Center for Disease and Control Prevention
Guidelines.
• Clinical Practice Guidelines Infobase
(http://mdm.ca/cpgsnew/cpgs/index.asp).
La produzione internazionale di linee-guida
(LG) viene effettuata da società scientifiche, da
agenzie governative e di technology assessment.
Tuttavia, solo alcune LG vengono pubblicate
sulle riviste ed indicizzate nelle banche dati
primarie; la maggior parte di esse è difficilmente
accessibile. Oggi, le maggiori istituzioni deputate
alla produzione di LG forniscono gratuitamente
su Internet le loro banche dati. Segnaliamo le
principali:
Farmaci-line Numero Verde
139
Letteratura grigia
Tra le fonti secondarie troviamo anche molte
altre generalmente raccolte sotto il termine di
“letteratura grigia”. Si tratta di tutti quei documenti non convenzionali e non diffusi attraverso i normali canali di pubblicazione commerciali e quindi difficilmente individuabili e
accessibili.
Fanno parte della letteratura grigia le dissertazioni, i report, gli atti di convegno, i risultati
non pubblicati, le comunicazioni informali e così
via; questi documenti sono scarsamente presenti
nelle principali banche dati, e sono per lo più reperibili sui cataloghi web delle maggiori biblioteche e collezioni specialistiche, sui siti governativi o di università e scuole.
Il Servizio d’Informazione sul Farmaco
è attivo dal lunedì al venerdì, non festivi,
dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.00
R
AIFA - Ministero della Salute
140
Bif XIII N. 3
PAROLE IN CROCE
2006
Off-label
i definisce “off-label” l’impiego nella pratica
clinica di farmaci già registrati ma usati in maniera
non conforme a quanto previsto dal riassunto delle
caratteristiche del prodotto autorizzato. L’uso offlabel riguarda, molto spesso, molecole conosciute e
utilizzate da tempo, per le quali le evidenze scientifiche suggeriscono un loro razionale uso anche in
situazioni cliniche non approvate da un punto di
vista regolatorio. Questa pratica è ampiamente
diffusa in vari ambiti della medicina, quali, ad
esempio, oncologia, reumatologia, neurologia e psichiatria e riguarda la popolazione adulta e quella pediatrica. In campo pediatrico, specialmente a livello
neonatale, una cospicua parte delle prescrizioni sia in
ospedale sia sul territorio sono off-label1-3.
La normativa che regola l’uso off-label dei medicinali4 indica che il medico, nel prescrivere un
farmaco, deve attenersi alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio, in quanto tali modalità
sono state valutate nella fase di sperimentazione del
medicinale. Tuttavia la legge permette un uso
“diverso” del farmaco qualora il medico curante,
sulla base delle evidenze documentate in letteratura
e in mancanza di alternative terapeutiche migliori,
ritenga necessario somministrare un medicinale al
di fuori delle indicazioni d’uso autorizzate.
La prescrizione di farmaci off-label è dunque
consentita e disciplinata da un punto di vista normativo e rappresenta un’importante opportunità
che può portare a progressi significativi nella conoscenza e nella terapia di alcune patologie.
D’altra parte, l’uso di farmaci off-label espone il
paziente a rischi potenziali, considerato che l’efficacia e la sicurezza di questi farmaci sono state valutate in popolazioni diverse da quelle oggetto della
prescrizione off-label5. Pertanto, è necessario che il
medico, oltre ad avvalersi del consenso informato
del paziente, spieghi il razionale della terapia, il
rischio di possibili eventi avversi, e quali dati di efficacia sono effettivamente disponibili nell’uso offlabel del farmaco che si intende somministrare.
Lo stesso medico, in termini di responsabilità,
non è agevolato nella decisione di usare farmaci al
di là delle indicazioni registrate, elemento che rende
più difficoltoso l’accesso a trattamenti che hanno
dimostrato di essere in grado di costituire una
opzione terapeutica efficace per patologie gravi nei
pazienti che non rispondono alle terapie correnti.
Sicurezza per il paziente, consenso informato
(tanto più necessario quanto maggiori sono i rischi
connessi all’assunzione del farmaco) e responsabilità del medico sono, quindi, le parole chiave
attorno a cui ruota la questione dell’impiego dei
farmaci off-label che in Italia non dispone ancora
di linee-guida specifiche che ne disciplinino l’utilizzo e che definiscano un piano di risk management per il paziente.
S
Bibliografia
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1
2
3
4
14
17
5
6
18
10
24
25
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91
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Pietro Dri
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AIFA - Ministero della Salute
bollettino d’informazione sui farmaci
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ORIZZONTALI
1 Una delle proiezioni della radiografia
del torace (sigla)
3 Obiettivi
7 Lo è un disturbo non raro
14 Qualora
15 Una vasculite... nodosa
17 L’antiaggregante principe (sigla)
19 Scorre dopo... panta
20 Uomini religiosi
21 Grido di incitamento
22 C’è quella di cuore
24 Negazione palindroma
26 Reggio Calabria
28 Pronto soccorso d’oltreoceano (sigla)
29 Il più noto è Maradona
31 Pressione del sangue in cartella
33 C’è quello di clivaggio
34 Preposizione articolata
35 Quelle discali possono essere
multiple
37 CEA e alfa-fetoproteina lo sono di
tumore
39 A volte dopo il trenta
41 Gas nobile (simbolo)
42 Bonificare un tratto di mare dalle
mine
45 Dittongo latino
46 Udine
47 Mezza glossina del sonno
49 Terzo latino
50 Bindi ex ministro della salute
(iniziali)
51 Può essere sede di ragadi
52 Zingaro
53 Uso sperimentale di un farmaco
per indicazioni diverse da quelle
registrate
56 Si usa anche per valutare gli organi
parenchimatosi dell’addome
57 Voce d’incitamento
58 La fibrillazione più frequente
60 Quotidiano inglese... solare
62 Somministrare un farmaco con una
siringa
64 Lungo digiuno
66 Nei prodotti dermatologici equivale
all’eccipiente
68 Enzima bersaglio di farmaci
antidepressivi (sigla)
70 Al posto di
71 Centimetri
72 Si misura con il termometro sotto il
braccio (sigla)
74 Colei che fugge a ogni compagnia
77 Dicesi di malattia rara
79 L’uomo del Similaun
80 Titolo d’oltremanica
81 Asportazione di utero e ovaie in
laparoscopia (sigla)
82 I sudditi di Priamo
84 Rimasti a bocca aperta
87 C’è anche quello indiano
89 Farmaco che ne sostituisce un altro
con i medesimi effetti
91 Lionello attore (iniziali)
92 Per loro è nota la... signora di
Dumas figlio
93 Filamenti fungini
94 Può essere displastico
VERTICALI
1 Lo sono per definizione le medicine
3 Sud Est
4 Lavorano in fabbrica
5 Possono essere di scarpe o di nervi
cranici
6 All’interno
7 Così si chiama la femmina dello yak
tibetano
8 Preceduto da in vale durante il
viaggio
9 Si usa nell’anemia sideropenica
(simbolo)
10 Un osso del cranio
11 Con CGIL e CISL
12 Mario Rigoni del Sergente nella
neve
13 Infiammazione dell’orecchio esterno
(sigla)
14 Società di un noto coro alpino
16 Devono esserlo i trattamenti da
prescrivere al paziente
18 Stupito
R
AIFA - Ministero della Salute
141
2006
19 La 486 che interrompe la
gravidanza
23 Il nome scientifico della pianta da
cui si deriva è Camellia sinensis
25 Acceso
27 Dotto che conduce la bile
29 Agenzia di notizie o tratto
d’intestino
30 C’è quello epatico
32 Ancona
33 “Rivestimento” delle ossa
35 Battito prematuro
36 Insieme al PIN consente di accedere
al Progetto ECCE dell’AIFA
38 La fine delle scie
40 Collinetta nel deserto
43 È l’agenzia italiana preposta ai
farmaci (sigla)
44 Fattore gastrointestinale (sigla)
45 Possono esserlo alcuni foci
aritmogeni
48 Il rapper più famoso
50 Ripetizione nell’errore
51 Presenza di una placca in un vaso
54 Fibre tessili
55 Tutela le nuove molecole
59 Ce ne sono di emostatici
61 Articolo per uomo
63 Precede Cid
65 Strumento per l’archiviazione dei
dati di uno studio
67 Lamina ossea dei pesci
69 Poco
70 Sono una famiglia di farfalle
73 Schiena di maiale cotta arrosto
74 Sono anche piangenti
75 Quelle intestine non hanno a che
fare con la medicina
76 Località nota per i bronzi
78 Grasso inglese
83 Gas luminoso
85 Preposizione articolata
86 Lo bloccano alcuni antipertensivi
88 L’undicesimo mese (abbr.)
90 Felix che insieme a Weil ideò la
reazione per la diagnosi di tifo
(iniziali)
142
SCHEDA
Bif XIII N. 3
2006
Scheda unica di segnalazione
di sospetta reazione avversa
(da compilarsi a cura dei medici o degli altri operatori sanitari e da inviare al Responsabile
di farmacovigilanza della struttura sanitaria di appartenenza)
1
6
INIZIALI DEL PAZIENTE
2
DATA DI NASCITA
3
SESSO
4
DATA DʼINSORGENZA DELLA REAZIONE
DESCRIZIONE DELLA REAZIONE ED EVENTUALE DIAGNOSI*
5
7
ORIGINE ETNICA
CODICE SEGNALAZIONE
GRAVITÀ DELLA REAZIONE:
GRAVE
u DECESSO
u OSPEDALIZZAZIONE O PROLUNGAMENTO OSPED.
u INVALIDITÀ GRAVE O PERMANENTE
u HA MESSO IN PERICOLO DI VITA
u ANOMALIE CONGENITE/ DEFICIT NEL NEONATO
9
EVENTUALI ESAMI DI LABORATORIO RILEVANTI PER ADR:
riportare risultati e date in cui gli accertamenti sono stati eseguiti
ESITO:
RISOLUZIONE COMPLETA ADR IL __/__/__
RISOLUZIONE CON POSTUMI
MIGLIORAMENTO
REAZIONE INVARIATA O PEGGIORATA
DECESSO IL __/__/__
u dovuto alla reazione avversa
10
u il farmaco può avere contribuito
u non dovuto al farmaco
u causa sconosciuta
AZIONI INTRAPRESE (specificare):
In caso di sospensione compilare i campi da 16 a 19
11
FARMACO (I) SOSPETTO (I) nome della specialità medicinale*
INFORMAZIONI SUL FARMACO
NON DISPONIBILE
A) ____________________________________________________ 12. LOTTO_________________________________ 13. DOSAGGIO/DIE ________________________
14. VIA DI SOMMINISTRAZIONE _________________________ 15. DURATA DELL'USO: DAL ________________________ AL______________________________
B) ____________________________________________________ 12. LOTTO_________________________________ 13. DOSAGGIO/DIE ________________________
14. VIA DI SOMMINISTRAZIONE _________________________ 15. DURATA DELL'USO: DAL ________________________ AL______________________________
C) ____________________________________________________ 12. LOTTO_________________________________ 13. DOSAGGIO/DIE ________________________
14. VIA DI SOMMINISTRAZIONE _________________________ 15. DURATA DELL'USO: DAL ________________________ AL______________________________
* Nel caso di vaccini specificare anche il numero di dosi e/o di richiamo e lʼora della somministrazione
16. IL FARMACO È STATO SOSPESO?
17. LA REAZIONE È MIGLIORATA DOPO LA SOSPENSIONE?
18. IL FARMACO È STATO RIPRESO?
20
21
A: u sì u no
B: u sì u no
C: u sì u no
A: u sì u no
B: u sì u no
C: u sì u no
A: u sì u no
A: u sì u no
19. SONO RICOMPARSI I SINTOMI DOPO LA RISOMMINISTRAZIONE?
INDICAZIONI O ALTRO MOTIVO PER CUI IL FARMACO È STATO USATO:
B: u sì u no
C: u sì u no
B: u sì u no
C: u sì u no
A:
B:
C:
FARMACO(I) CONCOMITANTE(I), DOSAGGIO, VIA DI SOMMINISTRAZIONE, DURATA DEL TRATTAMENTO
22
USO CONCOMITANTE DI ALTRI PRODOTTI A BASE DI PIANTE OFFICINALI, OMEOPATICI, INTEGRATORI ALIMENTARI, ECC. (specificare):
23
CONDIZIONI CONCOMITANTI PREDISPONENTI (se il farmaco sospetto è un vaccino riportare l'anamnesi ed eventuali vaccini somministrati nelle 4 settimane precedenti alla somministrazione)
24
QUALIFICA DEL SEGNALATORE
26
28
u MEDICO DI MEDICINA GENERALE
u MEDICO OSPEDALIERO
u SPECIALISTA
DATA DI COMPILAZIONE
CODICE ASL
INFORMAZIONI SULLA SEGNALAZIONE
u PEDIATRA DI LIBERA SCELTA
u FARMACISTA
u ALTRO
25
27
29
R
DATI DEL SEGNALATORE
u NOME E COGNOME
u INDIRIZZO
u TEL E FAX
FIRMA DEL SEGNALATORE
u E-MAIL
FIRMA DEL RESPONSABILE DI FARMACOVIGILANZA
AIFA - Ministero della Salute
"
8
La guida alla compilazione è consultabile anche on line all’indirizzo www.agenziafarmaco.it
NON GRAVE
* se il segnalatore è un medico
bollettino d’informazione sui farmaci
Bif XIII N. 3
143
2006
Guida alla compilazione della
scheda di segnalazione
Premessa
Compilazione
La segnalazione spontanea è una comunicazione
relativa all’insorgenza di una reazione avversa che si
sospetta si sia verificata dopo l’assunzione di un farmaco. È uno strumento semplice, pratico ed economico applicabile a tutte le tipologie di pazienti e a
tutti i farmaci, che consente di rilevare potenziali segnali di allarme. A tal fine la qualità e la completezza
delle informazioni riportate sono fondamentali. La
qualità dell’informazione è determinata dalla congruità dei dati, dalla loro completezza e dalla precisione con cui sono riportati. Ogni sezione della
scheda ha una ragione di esistere e dovrebbe essere
adeguatamente compilata.
Una scheda incompleta non consente di valutare il nesso di causalità tra farmaco e reazione.
Indipendentemente dall’algoritmo che verrà
usato non si può fare a meno di conoscere la relazione temporale, se esistono o meno spiegazioni
alternative sia per quanto riguarda le condizioni
cliniche che per quanto riguarda l’utilizzo di altri
prodotti, e cosa ha determinato la sospensione del
farmaco ritenuto sospetto.
È stata quindi eliminata la differenziazione in
campi obbligatori e facoltativi, prevista nel precedente modello, in quanto essa poteva portare
ad una compilazione parziale che non consentiva
di fatto la valutazione del nesso di causalità tra
farmaco e reazione.
Infine è predisposto un unico modello di
scheda per segnalare le sospette reazioni avverse a
tutti i farmaci inclusi i vaccini. I vaccini sono
infatti soggetti al doppio monitoraggio della farmacovigilanza (come per tutti i farmaci) e della
prevenzione, con il principale obiettivo di identificare e correggere rapidamente eventuali errori
nel programma di immunizzazione al fine di garantire, in modo più efficiente e più sicuro, quel
diritto alla salute rappresentato dalle vaccinazioni.
L’adozione di un modello unico di scheda, che
tiene conto degli standard internazionali, semplifica la segnalazione di reazione avversa a
vaccino, limita i possibili duplicati e velocizza le
operazioni di inserimento in banca dati essendo
previsto il suo invio al responsabile di farmacovigilanza della struttura sanitaria.
Vengono di seguito riportate alcune motivazioni relative all’esistenza dei diversi campi che
dovrebbero essere tenute in considerazione
durante la compilazione.
Paziente e data di insorgenza: i dati di
questa sezione sono importanti per l’identificazione
del caso ed il riconoscimento di duplicati (insieme alle
informazioni su farmaco e reazione).
Per motivi di privacy non è possibile scrivere per
esteso il nome e cognome del paziente; sarà comunque
sufficiente riportare prima la lettera iniziale del nome
seguita dalla lettera iniziale del cognome. L’indicazione della data di nascita, invece che dell’età,
risulta essere particolarmente importante in caso di segnalazioni di reazioni avverse a vaccino: infatti, le
vaccinazioni dell’età evolutiva vengono somministrate, di norma, ad età prestabilite. Le iniziali,
insieme alla data di nascita, consentono di distinguere i casi, operazione necessaria soprattutto in
occasione di segnalazioni di cluster di reazioni avverse
da vaccini derivanti da una stessa struttura.
Inoltre la data di insorgenza della reazione insieme
alle date di inizio e fine terapia sono indispensabili
perché consentono di stabilire la correlazione temporale tra assunzione del farmaco e reazione avversa.
Il campo codice della reazione va compilato dal responsabile di farmacovigilanza dopo l’avvenuto inserimento della scheda in banca dati.
Reazione: la compilazione di questo campo è ovviamente fondamentale, oltre alla descrizione della
reazione è prevista anche la sua diagnosi ed i risultati
di eventuali accertamenti diagnostici. È opportuno che
tale descrizione avvenga nel modo più chiaro e meno
fantasioso possibile considerato che la descrizione
dovrà poi essere interpretata e codificata da un altro
operatore all’atto dell’inserimento della scheda in
banca dati. Nel caso di segnalazione di reazioni
avverse a vaccini è necessario riportare anche l’orario
di insorgenza della reazione. Di seguito sono riportati
alcuni suggerimenti relativi alla descrizione delle
reazioni da vaccino e alla definizione di caso.
Nella sezione “esami di laboratorio e strumentali”
vanno riportati i risultati, rilevanti ai fini della
reazione avversa, degli esami effettuati e possibilmente
R
AIFA - Ministero della Salute
144
Bif XIII N. 3
GUIDA
2006
ministrazione ed il numero di dose (I, II III o di richiamo). Inoltre vanno specificati il lotto e la data di
scadenza.
Non va tralasciata l’indicazione terapeutica per la
quale il farmaco è stato assunto: da tale indicazione potrebbero emergere spiegazioni alternative all’insorgenza della reazione osservata che potrebbe essere in
realtà un aspetto della patologia trattata. Anche le indicazioni vanno riportate nel modo più preciso possibile
tenendo presente la classificazione internazionale delle
malattie (ICD IX: international classification disease).
Condizioni predisponenti: la disponibilità di
queste informazioni consente di accertare la presenza o
meno di cause alternative al farmaco nel determinare
la reazione avversa. In particolare nel caso di segnalazione di reazioni avverse a vaccini è necessario riportare i dati anamnestici, la storia clinica e farmacologica
rilevante. È opportuno anche specificare la sede dove è
avvenuta la vaccinazione: ASL, studio privato, scuola,
altro (specificare) ed il sito di inoculo del vaccino.
Farmaci concomitanti: l’informazione di
eventuali farmaci concomitanti va acquisita soprattutto in relazione alle possibili interazioni. Nell’apposita sezione andrebbero riportate anche le altre possibili interazioni con integratori alimentari, prodotti erboristici, ecc. Nel caso di segnalazione di reazioni avverse a vaccini è necessario riportare anche i vaccini
somministrati nelle 4 settimane precedenti alla somministrazione.
Fonte e segnalatore: il segnalatore deve essere
chiaramente identificabile, anche se i suoi dati sono tutelati, in primo luogo perché spesso c’è la necessità di
contattare il segnalatore per chiarimenti o follow-up ed
inoltre perché non sono accettabili schede anonime.
Qualora la fonte venga riportata come “Altro” deve
essere specificata chiaramente la tipologia di segnalatore.
le date a cui si riferiscono. La sola citazione dell’esame
senza conoscere il risultato non è dirimente.
È importante anche precisare se la reazione è stata
trattata e come. Il segnalatore può allegare alla scheda
eventuali referti, lettere di dimissioni ospedaliera, relazioni cliniche rispettando comunque la tutela della
privacy del paziente.
Gravità: l’importanza di una reazione avversa
varia anche in relazione alla sua gravità; va ricordato
che la gravità non deve essere stabilita su base soggettiva per cui non hanno senso le affermazioni:
media gravità o gravità moderata, ecc.
Una reazione è grave solo se:
• è fatale
• ha provocato o prolungato l’ospedalizzazione
• ha provocato invalidità grave o permanente
• ha messo in pericolo la vita del paziente.
Sono da considerare gravi anche le anomalie congenite e i difetti alla nascita in neonati le cui madri
avevano assunto i farmaci sospetti in gravidanza.
In questo ultimo caso la scheda sarà compilata con
i dati della madre, ma alla scheda stessa dovrà essere
allegata un’accurata relazione clinica che oltre ai dati
anamnestici dettagli la reazione a carico del feto o del
neonato e l’esito della stessa.
Esito: analogamente alla gravità è importante riportare l’esito della reazione facendo attenzione alle
voci poste al di sotto dell’esito “decesso”: infatti ad
esempio le frasi “il farmaco può aver contribuito” oppure “ non dovuto al farmaco” sono relativi ai casi fatali. Nel campo “esito” andranno riportate anche le
date di guarigione o di decesso.
Farmaco sospetto: è importante riportare il
nome commerciale del farmaco e non solo il principio
attivo, sia per consentire eventuali accertamenti legati
alla produzione dello stesso sia per consentire alle
aziende farmaceutiche titolari del farmaco sospetto di
assolvere ai numerosi obblighi di farmacovigilanza
nazionale ed internazionale previsti dalla legge.
Inoltre nel caso dei farmaci generici, al nome del
principio attivo deve essere aggiunto il nome dell’azienda. Senza questa informazione non sarà possibile
procedere all’identificazione del medicinale coinvolto.
Deve essere indicato il dosaggio e non solo l’unità
posologica (infatti per un dato farmaco potrebbero ad
esempio esserci compresse da 250, 500 o 1000 mg).
In questa sezione è importante fornire anche le
informazioni relative all’eventuale miglioramento
della reazione avversa dopo la sospensione del
farmaco e quando disponibile anche il dato sulla risomministrazione del farmaco (rechallenge).
Nel caso di segnalazione di reazioni avverse a
vaccini è necessario riportare anche l’ora della som-
Per le reazioni gravi, tanto più se non previste
nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto
(RCP) o per le quali l’esito non è conosciuto al
momento della segnalazione stessa, è opportuno
far seguire la segnalazione iniziale da un aggiornamento sul caso.
La scheda compilata va inviata al responsabile
di farmacovigilanza della struttura sanitaria di appartenenza per i successivi adempimenti ai sensi
del D.lgs. 95/2003.
Per approfondimenti sulla Farmacovigilanza si
rimanda alla lettura del volume IX di EudraLex disponibile all’indirizzo:
http://pharmacos.eudra.org/F2/eudralex/in
dex.htm
R
AIFA - Ministero della Salute
Glossario
EER (Experimental Event Rate)
Numero di eventi osservato nel gruppo randomizzato al trattamento in sperimentazione diviso per il numero totale di soggetti inclusi nel
gruppo in trattamento.
CER (Control Event Rate)
Numero di eventi osservato nel gruppo di controllo diviso per il numero totale di soggetti
inclusi nel gruppo di controllo.
IC 95% (Intervallo di confidenza 95%)
Il concetto di base è che gli studi (RCTs, metaanalisi) informano su un risultato valido per il
campione di pazienti preso in esame, e non
per l’intera popolazione; l’intervallo di confidenza al 95% può essere definito (con qualche
imprecisione) come il range di valori entro cui
è contenuto, con una probabilità del 95%, il
valore reale, valido per l’intera popolazione di
pazienti.
ä INDICATORI DI RIDUZIONE DEL RISCHIO
DI EVENTI SFAVOREVOLI
ARR (Absolute Risk Reduction)
Riduzione assoluta del rischio di un evento sfavorevole nei pazienti randomizzati al trattamento in sperimentazione rispetto a quelli di controllo. Corrisponde alla formula: [CER – EER].
NNT (Number Needed to Treat)
Numero di pazienti che devono essere trattati
per prevenire un evento. Corrisponde alla formula: [1/ARR], arrotondando per eccesso al
numero intero.
RR (Relative Risk)
È il rapporto tra il rischio nel gruppo dei trattati
(EER) ed il rischio nel gruppo di controllo (CER).
[RR = EER/CER].
RRR (Relative Risk Reduction)
Riduzione relativa del rischio di un evento sfavorevole nei pazienti randomizzati al trattamento in sperimentazione rispetto ai controlli.
Corrisponde al rapporto: [CER – EER]/CERx100.
OR (Odds Ratio)
Rapporto fra la probabilità di un evento nei
pazienti randomizzati al trattamento in speri-
mentazione e la probabilità nei pazienti di controllo. È un altro indice di riduzione relativa del
rischio di un evento nei pazienti randomizzati al
trattamento in sperimentazione rispetto ai controlli, e corrisponde alla formula:
[EER / (1 – EER)] / [CER / (1 – CER)].
OR è rappresentativamente uguale a RR se il
rischio di base nei controlli è basso (<10%); se il
rischio di base è alto, OR tende a valori costantemente più lontani dall’unità rispetto a RR.
ä INDICATORI DI AUMENTO DELLA
PROBABILITÀ DI EVENTI FAVOREVOLI
ABI (Absolute Benefit Increase)
Aumento assoluto del beneficio terapeutico nei
pazienti randomizzati al trattamento sperimentale rispetto ai controlli. Corrisponde alla formula: [EER – CER].
NNT (Number Needed to Treat)
Numero di pazienti da trattare per ottenere un
beneficio
terapeutico
in
un
paziente.
Corrisponde alla formula: [1/ABI].
RBI (Relative Benefit Increase)
Aumento relativo del beneficio terapeutico nei
pazienti randomizzati al trattamento in sperimentazione rispetto ai controlli. RBI corrisponde
alla formula: [EER – CER]/CER.
ä INDICATORI DI AUMENTO DEL RISCHIO DI
EVENTI SFAVOREVOLI
ARI (Absolute Risk Increase)
Aumento assoluto del rischio di una reazione
avversa nei pazienti che ricevono il trattamento
sperimentale rispetto ai controlli. ARI corrisponde alla formula: [EER – CER].
NNH (Number Needed to Harm)
Numero di pazienti che devono sottoporsi al
trattamento perché si manifesti una reazione
avversa. Corrisponde alla formula: [1/ARI] arrotondando per eccesso al numero intero.
RRI (Relative Risk Increase)
Aumento relativo del rischio di una reazione
avversa nei pazienti che ricevono il trattamento
in sperimentazione rispetto ai controlli.
Corrisponde alla formula: [EER – CER ]/CER.
FOTOGRAFARE LA RICERCA
Vinci col bif!
Al vincitore una fotocamera digitale.
Alle fotografie selezionate come meritevoli
la mug targata bif!
lancia un secondo concorso fotografico per sensibilizzare i lettori sul concetto
di ricerca, attraverso gli scatti fotografici di quanti seguono la rivista. È richiesto
l’invio di due fotografie in bianco e in nero, accompagnate da una didascalia,
dalla qualifica dell’autore e dalla liberatoria firmata dal soggetto eventualmente
fotografato. Le foto partecipanti al concorso dovranno pervenire entro e non
oltre il 31/10/2006. Per maggiori informazioni consultare il regolamento
all’indirizzo: www.test2it.com/concorsobif/
Scarica