Diodi e transistor Diodi e transistor sono componenti di circuiti elettrici e differiscono per composizione e quindi funzione. Dopo avervi parlato di cosa sono i circuiti elettrici e della legge fondamentale che li regola, la legge di Ohm, qui aggiungo un ulteriore tassello alla nostra comprensione di quel mondo meraviglioso ed invisibile che è l’elettricità ed i suoi usi. Vari tipi di transistor Il diodo ha due elettrodi (Positivo e Negativo) ed è utilizzato principalmente per convertire la corrente alternata in corrente continua, mentre il transistor ha tre elettrodi (PNP o NPN) e viene utilizzato per amplificare il segnale o come interruttore per controllare la corrente o la tensione applicata su un elettrodo. Diodi e transistor sono utilizzati in una molteplicità di dispositivi elettronici, per esempio le tv e i computer, ma vediamo come sono fatti e come funzionano. diodo I diodi sono componenti elettrici formati da semiconduttori, ossia materiali che presentano caratteristiche intermedie tra quelle dei conduttori elettrici e quelle degli isolanti; sono materiali semiconduttori il silicio, il boro, il germanio, tra i più utilizzati. Il diodo è una struttura, chiamata giunzione P-N, composta da due semiconduttori attaccati, uno di tipo N perché possiede una carica elettrica (elettrodo) negativa ed uno di tipo P perché possiede una carica elettrica (elettrodo) positiva. I diodi in un circuito funzionano come una valvola che permette alla corrente elettrica di scorrere solo in una direzione, pertanto trasformano la corrente alternata in corrente continua; la proprietà che permette alla corrente di passare solo in una direzione si chiama rettificazione. transistor I transistor sono dispositivi a semiconduttore che, a differenza dei diodi, sono formati da tre semiconduttori attaccati (positivo negativo positivo oppure negativo positivo negativo); la loro funzione è quella di amplificare i segnali oppure vengono usati come interruttori per controllare la corrente o la tensione applicata su un elettrodo. I tre elettrodi dei transistor vengono chiamati B base (quello centrale), C collettore ed E emettitore quelli laterali. I transistor così fatti permettono alla corrente di collettore di diventare molto più intensa della corrente di base, ne risulta che la corrente di collettore cambierà in modo significativo in risposta ad una variazione lieve della corrente di base permettendo l’amplificazione dei segnali, ma anche la loro interruzione, agendo sulla corrente di base. L’interruzione con transistor, rispetto agli interruttori tradizionali, è più affidabile e non c’è rischio di usura perché non c’è contatto fisico, ma solo di cariche P/N. A presto! Cinzia Malaguti Bibliografia: K. Fujitaki, Elettromagnetismo, I manga delle scienze, Roma, La Repubblica Le Scienze, 2016 Cosa sono i circuiti elettrici e la legge di Ohm Per capire cosa sono i circuiti elettrici dobbiamo comprendere la differenza tra tensione, corrente e potenza, gli elementi dell’elettricità, oltre a quello di resistenza che ne definisce le caratteristiche. Dobbiamo poi conoscere i due modi principali con cui si possono collegare i componenti elettrici in un circuito e la legge più importante che ne regola il funzionamento, la legge di Ohm. Bene, iniziamo! Tensione, corrente, potenza e resistenza In ogni apparecchio elettrico troviamo dei numeri con a fianco delle sigle: V, W, A. V sta per Volt ed è l’unità di misura della tensione che prende il nome da Alessandro Volta, il fisico italiano inventore della batteria; i Volt misurano la tensione di alimentazione, ovvero la differenza di potenziale o “pressione” che fa fluire la corrente elettrica. A sta per Ampere ed è l’unità di misura della corrente (i) che prende il nome da Andrè Marie Ampére, fisico francese; gli ampére misurano la quantità di carica al secondo che percorre una linea elettrica. W sta per Watt ed è l’unità di misura della potenza che prende il nome da James Watt, l’ingegnere meccanico scozzese inventore della macchina a vapore; i watt misurano l’energia elettrica consumata in un secondo. Per misurare la potenza di un dispositivo elettrico basta moltiplicare la tensione (V) per la corrente (A). Per conoscere il valore della corrente che attraverso un dispositivo elettrico, basta dividere il valore della tensione con cui funzionano (in Italia 230V) per la potenza indicata sul dispositivo stesso. Con il concetto di resistenza entriamo nel vivo di un circuito elettrico perché senza di essa non funzionerebbe. Un circuito elettrico consiste di tre elementi: la tensione di alimentazione che deriva dalla sorgente elettrica (batteria o centrale elettrica), la corrente che esce dalla sorgente (batteria o presa a muro) e la resistenza elettrica che si oppone al passaggio della corrente stessa nel circuito. E’ la resistenza che produce gli effetti desiderati (luce, movimento, calore, ecc.); alcuni esempi: la resistenza della lampadina converte l’energia elettrica in luce, mentre in una stufa elettrica la resistenza converte l’energia elettrica in calore. La resistenza si misura in Ohm. Circuito elettrico semplice Corrente continua e corrente alternata In un circuito elettrico, la corrente può viaggiare nello stesso verso e ad una intensità costante oppure il suo verso può cambiare all’incirca 50 o 60 volte al secondo e la sua intensità può variare secondo una forma d’onda regolare. Un circuito alimentato a batteria fornisce corrente continua (stesso verso ed intensità costante), mentre la corrente elettrica che esce da una presa è a corrente alternata perché il suo verso cambia continuamente. La corrente continua e la corrente alternata danno scosse diverse: se prendi una scossa da corrente continua sentirai un dolore simile alla puntura di un ago, mentre proverai una sensazione di formicolio in caso di scossa da corrente alternata. Legge di Ohm La legge di Ohm è la legge fondamentale e più importante che regola i circuiti elettrici. La legge di Ohm afferma che la corrente (quella che si misura in ampére) è direttamente proporzionale alla tensione (quella che si esprime in volt) e inversamente proporzionale alla resistenza. In altre parole, più aumenta la resistenza minore sarà la corrente che esce dal circuito, ma più aumenta la tensione più aumenterà la corrente. Esempi di calcolo: se applico una tensione di 120 V ad una resistenza di 120 Ohm, la corrente risultante sarà 120/120 = 1A (ampére); se conosco il valore della corrente (1A) e quello della resistenza (120 ohm) posso ricavare il valore della tensione 1*120= 120 V. Ogni volta che due valori tra corrente, tensione e resistenza sono noti, sarà possibile ricavare il terzo valore grazie alla legge di Ohm. Circuito in serie (a sinistra) e in parallelo (a destra) con due resistenza Collegamenti in serie e in parallelo Quando in un circuito ci sono più resistenze possiamo sostituirle con un’unica resistenza equivalente, ossia contate come una sola, ma il suo valore cambia a seconda di come sono disposte, in serie o in parallelo. In un collegamento in serie, la resistenza equivalente si ottiene sommando i valori delle due resistenze; raddoppiando la resistenza, si dimezza la corrente, cosicché la luminosità, ad esempio, delle due lampadine sarà minore rispetto al caso in cui solo una lampadina è collegata al circuito; ne consegue che, per ottenere la stessa luminosità dovrai raddoppiare la tensione. Se, invece, colleghiamo due lampadine in parallelo, ossia in due rami del circuito, esse riceveranno la stessa tensione e, visto che sono attraversate dalla stessa corrente, la luminosità non cambia, ma la corrente risulta così raddoppiata e, di conseguenza, anche il consumo. A presto! Cinzia Malaguti Bibliografia: K. Fujitaki, I manga delle scienze, Elettromagnetismo, Roma, La Repubblica/Le scienze, 2016 Mar Glaciale Artico, la piattaforma Goliat parla italiano La piattaforma Goliat, la più grande piattaforma offshore della regione artica, è di proprietà della compagnia petrolifera italiana ENI e della norvegese Statoil. Oltre ad essere la più grande è anche la più settentrionale del mondo. Una conferma del valore dell’ingegneria italiana nel mondo. La piattaforma Goliat è, infatti, ancorata nel Mare di Barents, a 71 gradi di latitudine nord, corrispondenti a 85 chilometri a nord-ovest di Hammerfest in Norvegia e 225 chilometri più vicina al Polo Nord della piattaforma russa Prirazlomnaya. La piattaforma Goliat è alta 75 metri ed è in grado di pompare 100 mila barili di petrolio al giorno e di immagazzinarne un milione nel suo scafo arancione, in attesa che venga recuperato dalle petroliere. Goliat, la piattaforma petrolifera dell’ENI La piattaforma Goliat è stata costruita di forma cilindrica in modo da smorzare l’impatto dei venti e delle onde che nell’Artico sono particolarmente gravi; Goliat è infatti progettata per sopportare venti forza 12 e onde alte ben 15 metri. Nonostante questi numeri, la zona in cui è ancorata, è quella con condizioni climatiche artiche più benevoli, grazie alla Corrente del Golfo che protegge questa zona del mare di Barents dai ghiacci. Il progetto ENI prevedeva una serie di Goliat per lo sfruttamento dei giacimenti ancora più vasti che si trovano più a nord nel Mare di Barents, ma il calo del prezzo del petrolio e gli alti costi di produzione in quell’area, hanno bloccato il progetto perché divenuto non conveniente. Goliat, piattaforma petrolifera dell’ENI nel Mar Glaciale Artico Tutta la Regione Artica è ricca di petrolio, gas, fosfato, bauxite, diamanti, oro, ferro, ma le condizioni climatiche proibitive di lavoro nell’area ne pregiudicano l’estrazione o, nel migliore dei casi, alzano talmente i costi da disincentivare qualsiasi progetto. Operare nell’Artico significa sopportare lunghi periodi di oscurità e condizioni estreme; a volte violente tempeste, acque burrascose, temperature estremamente basse e venti pericolosi permettono di lavorare all’aperto soltanto due ore al giorno. Le riserve di materie prime sono, però, talmente appetibili che tutte le nazioni dell’area ci provano: come la Russia che ha bisogno dei giacimenti artici di gas e petrolio per sostituire quelli vecchi in Siberia occidentale, come la Norvegia che può fare a meno della Comunità Europea grazie alle riserve del Mare di Barents, come il Canada che ha trovato una miniera d’oro a cielo aperto nella suo deserto artico. Mar Glaciale Artico, mappa Le estrazioni di petrolio nella Regione Artica comportano però un problema ambientale: le fuoriuscite di petrolio durante l’estrazione ed il trasporto sono rese più gravi e pericolose dalla presenza dei ghiacci; succede che i ghiacci assorbono i residui di petrolio e li rilasciano nell’atmosfera, sotto forma di carbonio, durante lo scioglimento; il carbonio aumenta l’effetto serra e, quindi, la temperatura che favorisce un maggior scioglimento dei ghiacci, creando un circolo vizioso le cui conseguenze le vedremo a medio-lungo termine. D’altra parte, non c’è alternativa allo sviluppo, ma solo se responsabile, cioè rispettoso dell’ambiente, cioè non avido e non intensivo. Per il resto ci adatteremo ai cambiamenti climatici. Cinzia Malaguti Bibliografia: J. K. Bourne Jr, La corsa fredda, su National Geographic Italia, vol. 37 nr. 3 2016 Leggi anche: Eni accende il giacimento Goliat nei ghiacci dell’Artico, da Repubblica.it Eni ha iniziato ad estrarre petrolio nell’Artico, da Ilpost.it Digital influencer marketing Da sempre il passaparola influenza le nostre scelte d’acquisto, da sempre teniamo in considerazione le esperienze d’acquisto e le opinioni degli altri consumatori prima di decidere quale prodotto, di quale brand, acquistare. L’utilizzo di Internet ha poi ampliato il nostro ventaglio di fonti, più o meno autorevoli e più o meno competenti, a cui attingere prima di effettuare i nostri acquisti. Tutti, chi più chi meno, consultiamo il web prima di fare una scelta di prodotto. Una recente ricerca McKinsey ha misurato l’impatto di post e tweet sulle vendite in Europa di oltre 100 brand, evidenziando come il word-of-mouth (ossia “il passaparola”) sui social possa generare una redemption rate (tasso di fidelizzazione) e un volume di vendite superiore alla pubblicità sugli altri media. L’influenza del passaparola negli acquisti McKinsey) (fonte: L’importanza del passaparola è maggiore per le aziende o nei mercati in fase di sviluppo, piuttosto che in quelli maturi, come si vede nella tabella, il che farebbe pensare ad un ruolo più incisivo dei social media nell’acquisizione di nuovi clienti. Il passaparola può indurre il consumatore a prendere in considerazione un brand o un prodotto; nell’era del web 2.0, il passaparola esce dalla cerchia degli amici e conoscenti a cui era confinato prima di Internet, dei Blog e dei Social Media. I messaggi giusti sul web risuonano e si espandono all’interno di reti interessate, arrivando ad influire la percezione di marca, i tassi di acquisto e la quota di mercato. Il passaparola può nascere spontaneamente, ma può anche essere innescato dalle attività di marketing. Per un’azienda, fare attività di social media marketing significa pianificare una strategia di digital influencer marketing, individuando la piattaforma su cui puntare (twitter, you tube, facebook, blogger, ecc.) e decidendo i parametri per scegliere l’influencer giusto. A livello base, fare digital influencer marketing significa coinvolgere blogger, youtuber, instagrammer ed altre celebrità del web, dotate di un discreto numero di followers, facendo in modo che promuovano il brand attraverso la loro pagina/profilo/blog personale. Si tratta di scegliere i bloggers che, per area di interesse ed influenza, abbiano costruito una reputazione di credibilità ed una specifica community, rilevabile dai tanti dati statistici recuperabili facilmente sul web o tramite appositi siti (Augure, Finder, ad esempio). La responsabilità del blogger. L’attività di influencer viene svolta a pagamento, ma il blogger deve metterci del suo, pena la perdita della sua credibilità. Il blogger/influencer deve pertanto selezionare le collaborazioni con le aziende e creare il giusto mix fra i contenuti spontanei e quelli sponsorizzati, privilegiando la qualità e non la quantità. L’equilibrio e la parsimonia delle sponsorizzazioni sono, dunque, indispensabili se il blogger vuole mantenere la sua presenza di fonte credibile e competente. Cinzia Malaguti Bibliografia e sitografia: F. Cardinali, L’anno degli influencer?, su Mente & Cervello nr. 135 A new way to measure word-of-mouth marketing, su McKinsey.com Foto: l’immagine di copertina è tratta dal sito di Erin Blaskie Robot empatici La ricerca sulle macchine robot in grado di comunicare con gli esseri umani è solo agli inizi, ma gli strumenti e gli algoritmi destinati ad assicurare spettacolari miglioramenti stanno già emergendo. Alla Hong Kong University of Science and Tecnology hanno approntato un prototipo di robot empatico che hanno chiamato Zara the supergirl, addestrata con centinaia di ore di dati. Zara è, al momento, solo un robot virtuale, un personaggio su uno schermo, ma l’anno prossimo i ricercatori hanno in programma di darle un corpo, installandola in un robot umanoide. Zara è dotata di un sistema software fatto di vari moduli, ciascuno dei quali è un programma che esegue un singolo compito; rispetto ad altre macchine intelligenti, Zara ha un modulo empatico che analizza indizi facciali, caratteristiche acustiche del parlato e contenuto del discorso per “leggere” le emozioni umane e dire al robot come rispondere. Per costruire il modulo empatico i ricercatori hanno dovuto individuare caratteristiche della comunicazione umana che le macchine possano usare per identificare le emozioni, quindi addestrare algoritmi a riconoscerle. Si tratta di catalogare le emozioni del parlato, ad esempio quando siamo di buon umore parliamo più in fretta e la nostra voce sale di tono; quando siamo tesi, la voce si fa secca ed inespressiva; grazie alle tecniche di elaborazione dei segnali, i computer possono individuare questi indizi. Si tratta anche di insegnare alla macchina a riconoscere gli indizi facciali, lo stress negativo, l’atmosfera emotiva e, cosa più difficile, comprendere significati. Zara è basata su algoritmi ad apprendimento automatico, pertanto le sue prestazioni miglioreranno man mano che aumenterà il numero di persone con cui interagisce e la quantità di dati che raccoglie. Ora immagino vorrete sapere cosa possano fare per noi questi robot empatici. Pascale Fung, professoressa di elettronica ed informatica alla Hong Kong University of Science and Tecnology e ricercatrice nel campo delle interazioni tra esseri umani e macchine, così afferma: “Caldi e amichevoli, penseranno in anticipo ai nostri bisogni materiali ed emotivi. Impareranno dalle interazioni con gli esseri umani. Ci renderanno migliore la vita e ci faranno diventare più efficienti nel lavoro. Si scuseranno per i loro errori e chiederanno il nostro permesso prima di fare le cose. Si prenderanno cura degli anziani e insegneranno ai bambini e potrebbero persino salvarci la vita in situazioni critiche, sacrificando sé stessi, il culmine assoluto dell’empatia.” Potranno arrivare a tanto? Forse, comunque è sempre un relazione con una macchina! L’utilizzo dei robot emotivi lo vedo molto utile a supporto delle condizioni di handicap. Cinzia Malaguti Bibliografia: Robot con il cuore, P. Fung, in Le Scienze nr. 569, gennaio 2016 Tecnologie nuove frontiere: eye tracking Si chiama eye tracking qualsiasi tecnologia in grado di monitorare la direzione dello sguardo e il comportamento degli occhi, generando dati che forniscono indizi sulle nostre intenzioni. Basta un sensore ed un apposito software per giocare con i videogames, comandare dispositivi e diagnosticare malattie solo tramite gli occhi. Eye tracking, pubblicità, le parti in rosso sono quelle che catturano di più l’attenzione L’ eye tracking rileva i movimenti oculari e dove si ferma lo sguardo permettendone un impiego interessante anche nel campo della pubblicità. Le società di marketing, infatti, usano le mappe di colore basate sull’ eye tracking per capire dove si fissa il nostro sguardo quando guardiamo una pubblicità fornendo così dati importanti per renderla più efficace; ad esempio, se una mappa di colore rileva che lo sguardo dell’utente è catturato dal volto di un bambino, modificando la pubblicità in modo che il bambino guardi il blocco di testo, i pubblicitari portano anche su di esso l’attenzione del lettore. L’ eye tracking applicato alla diagnostica in campo sanitario è utile per migliorare lo screening e la diagnosi di svariati disturbi con componenti visive e presto aiuterà le persone con disabilità a migliorare la loro vita. Sotto l’aspetto diagnostico, l’ eye tracking è particolarmente utile per rilevare il morbo di Parkinson, la schizofrenia, la dislessia, l’autismo, la sindrome da deficit d’attenzione e iperattività; i movimenti oculari di persone affette da questi disturbi sono caratteristici e si possono individuare con semplici test al computer. I bambini dislessici, ad esempio, hanno difficoltà a seguire gli oggetti in volo cosicché la mappa del movimento del loro sguardo risulta più discontinua. Anche il test della schizofrenia si basa su un’anomalia nei movimenti oculari in quando si è rilevato che le persone schizofreniche presentano movimenti oculari a scatti quando cercano di seguire un oggetto in movimento; quindi per rilevare la schizofrenia i tecnici chiedono ai soggetti di seguire un punto che si muove su un monitor e segnalano chi ha movimenti oculari con saccadi significative. Eye tracking di pagina internet, le parti in rosso sono quelle che catturano di più l’attenzione L’ eye tracking potrà servire anche ad aiutare le persone con disabilità fisiche a vivere autonomamente attraverso l’utilizzo di computer dotati di tecnologia ad interazione visiva, più semplici e a comunicazione immediata rispetto alle attuali apparecchiature basate su interfaccia neurale. Aprire un browser, trovare la casella e-mail e selezionare le parole su uno schermo avverrà solo attraverso lo sguardo. L’ eye tracking offre vantaggi anche nella protezione di apparecchi tecnologici; ad esempio, il proprio computer non potrebbe essere usato da un estraneo perché il sistema rileverebbe che non è il proprietario dai suoi movimenti oculari. L’ eye tracking applicato alla pubblicità su internet riserva qualche timore dovuto ad un eventuale suo uso invadente, allora è importante che questi dispositivi non vengano preinstallati sui nuovi computer in vendita, ma lasciati alla discrezione e libera scelta dell’utente che peserà vantaggi (velocità e immediatezza di navigazione) e svantaggi (minore privacy). Cinzia Malaguti Fonte: A. Robbins, M. C. Hout, A me gli occhi, Mente & Cervello, n. 132, dicembre 2015 Sitografia: Eye tracking (in inglese)