Iperplasia prostatica benigna e ruolo della nuova molecola alfa

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Iperplasia prostatica benigna e ruolo
della nuova molecola alfa-litica, silodosina
Marco Bianchi, Francesco Montorsi
Dipartimento di Urologia, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
La presenza di LUTS (Lower Urinary Tract Symptoms) viene frequentemente riscontrata nella popolazione generale con un incremento di incidenza significativo a partire dalla sesta decade di età.
Lo studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer
and Nutrition) 1 è stato effettuato mediante sondaggio telefonico in
5 stati (Canada, Germania, Italia, Svezia e Regno Unito). In questo
studio sono stati contattati 58.139 uomini e donne di età superiore
a 18 anni, di cui 19.165 sono stati inclusi nelle analisi finali. Si è
osservato come, nella popolazione maschile, il 62,5% dei soggetti
contattati soffrisse di almeno un sintomo minzionale, percentuale
che saliva fino all’80,7% prendendo in considerazione solo i soggetti con più di 60 anni. Il 48,6% dei soggetti riferiva almeno un
episodio di nicturia, mentre 2 o più episodi venivano riportati nel
20,9% degli uomini. Un altro importante studio epidemiologico sui
LUTS è lo studio EpiLUTS (Epidemiology of LUTS) 2, in cui 30.000
uomini e donne di età superiore a 40 anni hanno accettato di
partecipare a un sondaggio condotto su Internet. Di tutti i soggetti
contattati, 20.000 provenivano dagli USA, 7500 dal Regno Unito
e 2500 dalla Svezia. In totale, 13.967 soggetti di sesso maschile hanno partecipato allo studio. Lo scopo principale dello studio
era di stabilire la prevalenza dei LUTS secondo le definizioni della
International Continence Society e di valutare l’associazione tra
LUTS e altre patologie. La prevalenza dei LUTS è stata definita
in base a due “soglie” di frequenza della sintomatologia: “qualche volta”, la cui prevalenza nella popolazione maschile era del
72,3%, e “spesso”, in cui risultava incluso il 47,9% dei maschi.
Ancora una volta la nicturia era il sintomo più frequente, con una
prevalenza del 69,4% negli uomini inclusi nello studio. Inoltre, la
presenza contemporanea di sintomi ostruttivi, irritativi e disturbi post-minzionali è risultata essere associata a varie patologie,
tra cui artrite, asma, ansia cronica, depressione, patologie cardiovascolari, sindrome dell’intestino irritabile, disturbi del sonno,
diabete, patologie neurologiche e infezioni ricorrenti dell’apparato
urinario. Rimane aperta la questione se siano i LUTS a condizionare queste patologie croniche o viceversa, oppure se non vi sia
alcuna correlazione tra le due condizioni e tutto sia dovuto ad altri
fattori ancora non identificati. È stato tuttavia suggerito che l’as-
N. 5 • Ottobre 2010
sociazione tra ipertensione, patologie cardiovascolari e disordini
sessuali possa essere imputabile alla sindrome metabolica e che
l’infiammazione sia un fattore comune e di connessione tra LUTS
e diabete, depressione, artrite e prostatite. Dallo studio EpiLUTS
è emerso inoltre come solo una piccola percentuale dei pazienti
cerchi una soluzione ai disturbi urinari. Basti pensare che solo
il 17,6% dei pazienti affetti da LUTS severi chiedeva al proprio
curante che gli venisse prescritta una terapia medica. Va inoltre
tenuto in considerazione che i LUTS maschili sono una condizione
progressiva, come dimostrato efficacemente nello studio MTOPS
(Medical Therapy of Prostatic Symptoms) 3. Tale studio, condotto
su 3047 uomini, è rivolto a valutare gli effetti del trattamento con
doxazosina, finasteride o terapia combinata vs. placebo sulla progressione della sintomatologia disurica. Nel braccio placebo dello
studio si è visto infatti come a 5 anni dall’arruolamento vi fosse un
peggioramento clinico nel 17% dei pazienti, con un incremento
≥ 4 punti nelll’American Urological Association (AUA) symptom
score. Questo è un elemento importante nella valutazione di
un paziente che riferisca un quadro di disuria iniziale, alla luce
dell’incremento nella prospettiva di vita.
Gli antagonisti dei recettori α-adrenergici (α-litici) sono attualmente il trattamento più efficace e certamente più diffuso per la cura
dei LUTS. Il loro impiego è consigliato in tutti gli uomini con sintomatologia disurica da moderata a severa nelle linee guida europee
di Urologia 4, con un livello di evidenza 1a. Tali farmaci agiscono
inibendo l’azione dei recettori α-adrenergici, di cui esistono diversi sottotipi (i più importanti sono α1a, α1b e α1d), distribuiti in
maniera differente nell’organismo. Il sottotipo α1a è certamente il più importante dal punto di vista urologico, dal momento
che è stata dimostrata la sua azione nel mediare la contrazione
della muscolatura liscia della prostata e che, a livello dell’uretra
prostatica, è presente praticamente solo questo tipo di recettore α-adrenergico 5 6, mentre tutti e 3 i sottotipi di recettore α1
sono presenti a livello dell’apparato cardiocircolatorio, mediando
la vasocostrizione 7. Questo suggerisce come un farmaco selettivo
per i recettori α1a possa causare meno effetti collaterali a livello
cardiovascolare, pur mantenendo un’azione efficace nel ridurre
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11
Iperplasia prostatica benigna e ruolo della nuova molecola alfa-litica, silodosina
la sintomatologia disurica. Sebbene tutti gli α-litici in commercio appartenenti alla famiglia delle quinazoline inclusi alfuzosina,
doxazosina, prazosina e terazosina abbiano una scarsa selettività
per i recettori del tipo α1a, si è osservato come tamsulosina sia
moderatamente selettiva per i recettori α1a rispetto agli α1b (di
circa 10-15 volte), con un’affinità intermedia per i recettori α1d 8.
A differenza degli altri antagonisti dei recettori α-adrenergici, silodosina si è dimostrata altamente selettiva per i recettori di tipo α1a
rispetto agli adrenocettori di tipo α1b e α1d 9 10.
Quindi silodosina non solo possiede una selettività superiore per
i recettori α1a rispetto agli α1b (maggiore di 100 volte), ma è
anche più selettiva per i recettori α1a rispetto agli α1d (di circa
50 volte). Durante l’iniezione endovenosa di silodosina nei ratti, il
farmaco ha dimostrato un legame specifico di lunga durata nei
tessuti che esprimevano recettori α1a come i vasi deferenti e la
prostata, mentre si è osservata un’affinità molto inferiore rispetto
a prazosina verso quei tessuti che esprimono recettori di tipo α1b
e α1d come l’aorta, la milza e il fegato, il che conferma biochimicamente in vivo la selettività di silodosina 11 12. Sono presenti in
letteratura ulteriori studi volti a dimostrare l’uroselettività di silodosina in vivo. Uno di questi studi ha valutato, in ratti anestetizzati,
l’effetto di silodosina e degli altri α-litici sulla pressione intrauretrale e su quella sanguigna dopo iniezione di fenilefrina 13. In questo modello silodosina ha dimostrato una uroselettività superiore
rispetto agli altri α-litici, inclusa tamsulosina.
Silodosina è attualmente approvata per il trattamento dei pazienti
affetti da ipertrofia prostatica benigna negli USA, in Giappone e in
Europa. Un primo studio di 6 settimane controllato con placebo,
volto a trovare il dosaggio ottimale, ha dimostrato un miglioramento nel punteggio dei sintomi dell’AUA nettamente superiore
nei pazienti trattati con silodosina 8 mg in singola dose giornaliera (SD) (-6,8 ± 5,8; n = 90), rispetto a 4 mg SD (-5,7 ± 5,5;
n = 88) o placebo (-4,0 ± 5,5; n = 86) 14. Sulla base di questi
risultati sono stati effettuati tre importanti studi randomizzati, in
doppio cieco, di fase III, in cui è stata somministrata silodosina 8
mg SD in più di 800 pazienti 15. Due di essi erano studi condotti
negli USA volti a valutare la superiorità di silodosina rispetto a
placebo, mentre un terzo studio è stato effettuato in Europa per
valutare la superiorità di silodosina rispetto a placebo e la sua non
inferiorità rispetto a tamsulosina (0,4 mg SD). I criteri di inclusione principali erano identici per i tre studi e consistevano in un
International Prostate Symptom Score (IPSS) o AUA total symptom
score ≥ 13, in un flusso urinario massimo (Qmax) di 4-15 ml/s con
un volume svuotato minimo ≥ 125 ml. I tre studi clinici avevano
anche il medesimo endpoint primario: le variazioni nel punteggio
IPSS totale rispetto al basale. Sono stati considerati anche alcuni
endpoint secondari come i valori IPSS riferiti ai sintomi ostruttivi e
irritativi, oltre alle variazioni nel Qmax e il tasso di pazienti responsivi
(effettuato solo nello studio europeo e definito come il tasso di
pazienti in cui si è osservata una diminuzione ≥ 25% nel punteggio IPSS totale rispetto al basale). Silodosina si è dimostrata nettamente superiore rispetto a placebo nelle variazioni del punteggio
IPSS rispetto al basale in tutti e tre gli studi (tutte le p < 0,001).
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La differenza media nel punteggio IPSS totale era sempre statisticamente significativa rispetto a placebo, variando tra -2,3 e
-2,9 15. Anche prendendo in considerazione i punteggi relativi ai
sintomi irritativi e ostruttivi, i risultati erano simili. La riduzione
(vs. placebo) nel punteggio dei sintomi irritativi ammontava a -0,9
(95% intervallo di confidenza [CI]; -1,4, -0,4) e -1,0 (95% CI;
-1,5, -0,6) nei due studi americani (entrambe le p < 0,001) 16
e -0,7 (95% CI; -1,1, -0,2) nello studio europeo (p = 0,002) 17;
la riduzione nel punteggio inerente la sintomatologia ostruttiva
rispetto a placebo era pari a -1,9 (95% CI; -2,6, -1,2) e -1,8
(95% CI; -2,5, -1,1) nei due studi americani e -1,7 (95% CI; -2,2,
-1,1) nello studio europeo (tutte le p < 0,001). Anche il tasso di
pazienti responsivi era nettamente superiore nel gruppo trattato
con silodosina rispetto a quello trattato con placebo: il 52,8 e il
53,6% dei pazienti rispondeva a silodosina contro il 31,6 e 32,8%
dei pazienti responsivi a placebo nei due studi americani (per
entrambe le differenze p < 0,0001). Nello studio europeo, il tasso
di pazienti responsivi era pari al 68% tra quelli trattati con silodosina rispetto al 53% di quelli trattati con placebo (p < 0,001) 17.
Nello studio europeo silodosina è risultata superiore, sebbene in
modo non significativo, anche rispetto a tamsulosina nel ridurre
il punteggio IPSS totale, così come quello inerente i sintomi di
riempimento (-0,7 vs. -0,6) e di svuotamento (-1,7 vs. -1,4) 17.
Va ricordato che lo studio è stato progettato per dimostrare la
superiorità vs. placebo e la non inferiorità rispetto a tamsulosina;
in assenza di paragoni preliminari diretti, la superiorità su tamsulosina non era tra gli obiettivi di questo studio. Tuttavia, tutti i dati
raccolti sembrano far propendere per una maggiore efficacia di
silodosina rispetto a tamsulosina. Le misurazioni del Qmax dopo
la prima somministrazione negli studi americani hanno dimostrato un’efficacia di azione di silodosina già dopo 2-6 ore dall’assunzione, e le misurazioni del punteggio IPSS durante la prima
settimana di trattamento diventavano statisticamente significative
rispetto al basale già dopo 3-4 giorni 16. Per valutare l’efficacia di
silodosina a lungo termine, 661 pazienti americani e 500 europei
sono entrati in una fase a lungo termine, in aperto, di ulteriori
40 settimane. Nei pazienti precedentemente sottoposti a placebo
è stata osservata una maggiore diminuzione nel punteggio IPSS
totale (-4,5 ± 6,7) rispetto ai pazienti precedentemente trattati
con silodosina, che hanno comunque continuato a percepire lo
stesso beneficio anche a lungo termine (-1,6 ± 6,0) 18. È stata
inoltre valutata la percentuale di pazienti che hanno riferito un
miglioramento contemporaneo dei tre sintomi più fastidiosi (svuotamento incompleto, frequenza minzionale e nicturia). Questi sintomi possono essere visti come correlati tra loro. La sensazione di
svuotamento incompleto indica che solo una scarsa percentuale
del volume urinario viene espulsa; di conseguenza il paziente è
obbligato a urinare più spesso per svuotare la vescica durante
il giorno (frequenza) e durante la notte (nicturia). I risultati non
sono stati differenti neanche in base alla gravità della sintomatologia. Silodosina era significativamente più efficace rispetto a
placebo in tutti e tre gli studi nel ridurre i sintomi sia di lieve sia
di grave entità (p < 0,001). Anche tamsulosina si è dimostrata
12
Silodosina
Tamsulosina
45
35
40,7
*
35
32,4
30
25
Placebo
†
40
%
significativamente più efficace del placebo (p < 0,01). Si è inoltre
osservata una lieve superiorità di silodosina rispetto a tamsulosina. Prendendo in considerazione tutti i pazienti dei tre studi, la
percentuale di soggetti con un miglioramento contemporaneo dei
3 sintomi più fastidiosi (svuotamento incompleto, frequenza minzionale e nicturia) era superiore nel gruppo di pazienti trattati con
silodosina rispetto a quelli trattati con placebo (30,5 vs. 20,2%;
p < 0,0001). Nello studio europeo l’incremento della percentuale
di questi pazienti era significativamente superiore in quelli trattati
con silodosina rispetto a quelli trattati con placebo (p = 0,02) o
con tamsulosina (p = 0,03) (Fig. 1) 14.
Durante gli studi pilota, 1581 pazienti sono stati sottoposti a trattamento cronico con silodosina 8 mg SD. Di questi, 961 (62,4%)
sono stati trattati per un periodo ≥ 6 mesi e 384 pazienti (24,9%)
per un anno 15. Negli studi controllati vs. placebo il 28,8% dei
pazienti trattati con silodosina (n = 931) ha riportato uno o più
eventi avversi, contro il 9% dei pazienti nel gruppo placebo
(n = 733). Dei 1581 pazienti trattati con silodosina, il 31,8% ha
riferito almeno un effetto collaterale. Negli studi controllati vs. placebo il 4,3% dei pazienti trattati con silodosina ha sospeso il trattamento a causa di un evento avverso contro l’1,9% dei pazienti
trattati con placebo. Quindi la differenza tra trattamento attivo e
placebo ammontava solo al 2,4%. Il principale evento avverso,
che ha causato sospensione del trattamento, è stato l’eiaculazione retrograda (3,9%) seguita dalle vertigini (0,5%) e dall’ipotensione ortostatica (0,2%).
Gli effetti collaterali più frequenti, che hanno poi portato alla
sospensione del trattamento, sono stati l’eiaculazione retrograda (21,5% dei pazienti trattati con silodosina arruolati negli studi
controllati con placebo vs, 0,8% dei pazienti trattati con placebo; 23,6% complessivamente), seguita dalle vertigini (1,8% dei
pazienti trattati con silodosina negli studi controllati con placebo
vs. 0,8% dei pazienti trattati con placebo; 2,1% in tutto). Altri
eventi avversi riportati sono stati ipotensione, congestione nasale,
cefalea (tutti 1,3%) e diarrea (1,0%). È interessante notare come,
tra tutti gli studi, il 32% dei pazienti assumesse contemporaneamente farmaci anti-ipertensivi. Ciononostante, non si sono osservate differenze statisticamente significative negli episodi di ipotensione ortostatica rispetto a placebo (1,4 vs. 1% rispettivamente).
L’eiaculazione retrograda è un evento avverso comune correlato al
trattamento con antagonisti selettivi dei recettori α1-adrenergici
(dovuto alla presenza di recettori a livello di collo vescicale, vasi
deferenti e vescicole seminali). Negli studi pilota su silodosina,
ciò non è risultato essere un problema particolarmente fastidioso.
Infatti, sebbene sia stata riportata in più del 20% dei pazienti,
solo nel 3,9% ha portato alla sospensione del trattamento. Questo
effetto collaterale è comunque completamente reversibile entro
pochi giorni dalla sospensione del trattamento 15. Va inoltre considerato che, a fronte di un’efficacia notevole della molecola nel
migliorare la sintomatologia disurica, questo effetto collaterale
non rappresenta un problema di sicurezza del paziente. Rimane
aperto il dibattito sull’influenza dell’eiaculazione retrograda sulla
qualità dell’orgasmo. Tuttavia, secondo uno studio preliminare
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30,6
27,7
25
20
15
10
5
0
*
†
Tutti i pazienti
Sottogruppo di pazienti
con due o più episodi
di nicturia
p = 0,02 vs. placebo; p = 0,03 vs. tamsulosina.
p = 0,04 vs. placebo; p = 0,03 vs. tamsulosina.
Figura 1
Percentuale di pazienti con miglioramento contemporaneo nello svuotamento
incompleto, nicturia e frequenza minzionale. Adattata previa autorizzazione di
Chapple 17.
randomizzato in doppio cieco effettuato su 15 volontari, l’orgasmo
risultava preservato indipendentemente dalla disfunzione eiaculatoria 19. Inoltre va ricordato che esistono vari studi che dimostrano
come vi sia una stretta correlazione tra sintomatologia disurica e
disfunzioni sessuali. Rosen et al. 20 hanno ad esempio dimostrato
come, in una popolazione di 12.815 soggetti di età compresa tra
i 50 e gli 80 anni, sebbene l’83% venisse definito come sessualmente attivo, nel 50% dei casi veniva riportata un’erezione ridotta
o assente e nel 47% anche l’eiaculazione veniva definita come
diminuita. È stata inoltre osservata una riduzione dal 36 al 53%
nella frequenza dei rapporti sessuali nei soggetti con LUTS moderati e severi, nonché una riduzione della soddisfazione dei rapporti
crescente in base alla gravità della sintomatologia disurica. Anche
le disfunzioni dell’eiaculazione aumentavano significativamente
con la gravità dei LUTS (nei pazienti con sintomatologia moderata
erano presenti nel 51,8% dei casi contro il 67,1 e l’80,1% dei
pazienti con sintomi moderati o severi rispettivamente). Quindi,
sebbene l’eiaculazione retrograda sia un effetto collaterale comune agli antagonisti dei recettori α1-adrenergici, va tenuto in
considerazione che tali farmaci sono diretti verso una parte della
popolazione che già in assenza di terapia può presentare diversi
disturbi nella sfera della sessualità.
In conclusione, silodosina si è dimostrata essere più efficace
del placebo ed è stato riscontrato un effetto sovrapponibile
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Iperplasia prostatica benigna e ruolo della nuova molecola alfa-litica, silodosina
a tamsulosina nel controllare i LUTS. Si è inoltre dimostrata
superiore a tamsulosina nel migliorare contemporaneamente i
tre sintomi più fastidiosi (svuotamento incompleto, frequenza e
nicturia). È stato inoltre evidenziato il perdurare della sua efficacia anche a lungo termine con una buona tollerabilità da parte
dei pazienti. Data inoltre la sua elevata uroselettività, gli effetti
collaterali a carico dell’apparato cardiovascolare sono risultati
essere trascurabili. L’eiaculazione retrograda, pur essendo frequente, non sembra rappresentare un effetto collaterale significativo. Tale risultato può essere giustificato dall’alta incidenza
di alterazioni nella sfera sessuale della popolazione target di
silodosina.
messaggi chiave
• Silodosina ha dimostrato maggiore uroselettività per i recettori adrenergici α1a rispetto a α1b e α1d in studi di
legame e funzionali
• Silodosina ha un’efficacia almeno uguale a quella di tamsulosina e ha dimostrato una significativa superiorità in
presenza di sintomatologia con svuotamento incompleto, frequenza minzionale e nicturia
• Grazie alla sua elevata uroselettività, gli effetti collaterali a livello dell’apparato cardiovascolare sono risultati
minimi
• Il più comune effetto collaterale è l’eiaculazione retrograda, che è rapidamente reversibile al momento della
sospensione del trattamento e non rappresenta comunque un problema di sicurezza
• I pazienti con LUTS hanno già un’elevata prevalenza di disfunzioni sessuali, come riduzione della libido e alterazioni dell’eiaculazione, anche senza assumere alcun trattamento
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