La fissazione dell’azoto La fissazione dell’azoto è operata dai batteri azoto-fissatori e da alcune alghe verdiazzurre. Tali microrganismi costituiscono un gruppo molto eterogeneo che presenta un ampio ventaglio di possibilità metaboliche: essi possono, infatti, essere autotrofi o eterotrofi, chemiosintetici o fotosintetici. Dal punto di vista ecologico gli organismi azoto-fissatori possono essere simbionti o vivere liberi nel terreno. I principali organismi azoto fissatori sono elencati nella Tavola I. Tra essi i rizobi in particolare rivestono un’enorme importanza agraria in quanto simbionti delle Leguminose. Essi invadono le cellule delle radici che sviluppano dei noduli all’interno dei quali avviene la fissazione dell’azoto necessario sia per il battere sia per la pianta. Tavola I - Principali organismi N - fissatori: Simbionti con Leguminose: Genere Rhizobium (ogni specie di leguminosa ha il suo rizobio specifico) Simbionti con non Leguminose Frankia alnus: con l’ontano Anabaema azollae: con Azolla, felce acquatica Nostoc (Cianoficea): con Gunnera macrophilla, pianta tropicale Citrobacter: nell’intestino delle termiti (il legno è una fonte insufficiente di azoto) Non simbionti (vivono liberi nel terreno): Clostridium, Klebsiella, Azotobacter, (non fotosintetici) Rhodospirillum rubrum (fotosintetico) La reazione della fissazione dell’azoto è la seguente: N2 + 3 H2 2 NH3 La molecola dell’azoto è molto resistente agli attacchi chimici per la presenza del triplo legame tra i suoi due atomi. Lavoisier definì, infatti, l’elemento “azoto”, che significa “senza vita” proprio perché è praticamente non reattivo. Per tale motivo la fissazione dell’azoto necessita di un elevato dispendio di energia che, a secondo dell’organismo azoto fissatore, varia dalle 12 alle 24 molecole di ATP richieste per ogni molecola di N2 fissata. Nei batteri azoto-fissatori autotrofi l’accettore finale di elettroni non è la CO 2, come nella fotosintesi, ma la molecola di N2 che è ridotta a NH3. Il donatore di elettroni è invece normalmente l’acqua. Nei batteri azoto-fissatori eterotrofi gli elettroni per ridurre l’azoto provengono invece generalmente dal glucosio: il glucosio si ossida e, a differenza della respirazione dove si riduce l’ossigeno, è l’azoto a ridursi al suo posto, trasformandosi in NH3. In tali organismi glucosio e azoto sono pertanto collegati da una catena di trasporto degli elettroni. In entrambi i casi l’NH3 è poi fissato sull’acido chetoglutarico, per dare acido glutamico, un amminoacido, a partire dal quale possono essere ottenuti, per transaminazione, tutti gli altri amminoacidi. E’ sotto forma di amminoacidi che, nei casi di organismi azoto fissatori simbionti, l’azoto passa poi alla pianta. L’azoto-fissazione si realizza grazie al complesso della nitrogenasi, un complesso multi enzimatico. Esso è costituito da due componenti contenenti atomi di molibdeno e di ferro1. La componente I è detta nitrogenasi e contiene 24 atomi di Fe e 2 di Mo; la componente II è detta reduttasi e contiene 4 atomi di Fe. Entrambi le due componenti sono irreversibilmente alterate dall’O2. Per tale motivo nei rizobi sono presenti proteine simili all’emoglobina, dette leg-emoglobine, che intrappolano l’ossigeno, mantenendone la concentrazione molto bassa. Altre specie presentano altri accorgimenti per proteggere dall’ossigeno il complesso della nitrogenasi, quali eterocisti contenenti la nitrogenasi separate dal resto delle cellule, o enzimi che riducono l’ossigeno. La labilità all’ossigeno della nitrogenasi, che comporta l’adozione di tutta una serie di modifiche enzimatiche o strutturali per la sua protezione, e la notevole energia necessaria per la reazione di fissazione, fanno sì che solo poche specie siano in grado di affrontare il costo metabolico della fissazione dell’azoto. Esse hanno tutte una notevole importanza agraria; in particolare i rizobi, per il fatto di vivere in simbiosi con le Leguminose, tra le quali sono presenti diverse specie importanti in agricoltura, come il pisello, il fagiolo, la lenticchia, il cece, il trifoglio, e molte altre, rivestono una enorme importanza al punto che spesso i rizobi sono aggiunti artificialmente alle piante al fine di migliorare la loro produttività. E’ infine importare ricordare che i geni “nif” per l’azoto-fissazione, codificanti per il complesso della nitrogenasi, sono oggetto di continui studi di ingegneria genetica. Essi sono stati già trasferiti da Klebsiella in E. coli e si sta tentando di inserirli stabilmente nel genoma delle cellule eucariote delle piante in modo da consentire loro di poter sfruttare direttamente l’azoto atmosferico. Da V. Boccardi, Moduli di Biologia, Volume B, La Scuola, Brescia, 2002 Anche nel processo Haber per la produzione industriale di NH3 a partire da N2 e H2 occorrono come catalizzatori Mo e Fe; sono necessarie inoltre condizioni molto drastiche, quali temperature di circa 500°C e pressioni di circa 300 atm, per poter rompere il legame N-N. 1