e - ASL Cagliari

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Progetto Formativo Aziendale
“Il controllo delle infezioni
correlate all’assistenza”
Dott. Antonello Antonelli
Cagliari, 25-26.01.2011
wPianificazione e Controllo Strategico
wQualità e Risk Management
Progetto Formativo Aziendale
“Il controllo delle ICA”
(Infezioni Correlate all’Assistenza)
Antonello Antonelli
Principi di statistica ed epidemiologia
applicati alle scienze biomediche
STATISTICA
Comunicare l’un l’altro, scambiarsi
informazioni è natura.
Tener conto delle informazioni che ci
vengono date, è cultura.
J. W. Goethe
Da:
M. Nonis L. Lorenzoni
“Guida alla versione 19.0 del sistema DRG”
Il Pensiero Scientifico Editore
BIO STATISTICA
Concetti, metodologia
. . . applicati alle
e strumenti della
discipline bio-mediche:
1. Biologia;
2. Medicina;
3. Scienze naturali;
4. Psicologia;
5. . . .
statistica . . .
STATISTICA
“Strumento per governare l’incertezza”
1. Statistica descrittiva:
ha a che fare con la presentazione, organizzazione e
sintesi dei dati (tabelle, grafici, indici di sintesi).
2. Statistica Inferenziale:
ci permette di generalizzare i risultati ottenuti dai dati
raccolti da un campione ad una popolazione più ampia
(Stima di parametri, Test di ipotesi).
OBIETTIVI
1. Descrivere i dati
Î condensare anche un gran numero di dati rilevati in
pochi valori riassuntivi, capaci di indicare importanti
proprietà del fenomeno oggetto di indagine.
2. Classificare
Î descrivere ed analizzare gruppi definiti di popolazione
sulla base di caratteristiche comuni misurate dalle
variabili rilevate.
3. Esplorare le relazioni
Î definire e descrivere le relazioni tra le variabili
rilevate.
4. Valutare ipotesi
Î stabilire quanto è verosimile che esista una relazione
tra le variabili (cioè, fare inferenze sulla popolazione
da cui i dati sono tratti).
5. Fare previsioni
Î utilizzare i dati raccolti per prevedere i valori che ci
si aspetta di trovare nella popolazione oggetto di
indagine in particolari condizioni.
6. Generare ipotesi
Î le fasi precedentemente descritte permettono di
avere una maggior comprensione del fenomeno in
studio ed è possibile avanzare proposte o ambiti di
indagine.
Tutti questi obiettivi hanno lo stesso problema: la
variabilità, che è la fonte principale dell’incertezza che
abbiamo nell’osservare, indagare i fenomeni di nostro
interesse.
Infatti, le caratteristiche d’interesse della popolazione
variano (es. età, presenza di malattie croniche, durata
della degenza, ecc.) e variano le relazioni tra le
variabili nella popolazione studiata (es. età -> presenza
di malattie croniche).
Il tutto varia da popolazione a popolazione
e nella stessa popolazione, nel tempo.
Tutta questa variabilità comporta un
certo grado di incertezza in ogni analisi.
Punto di partenza i dati Î definizione:
Rappresentazione,
in formati e secondo criteri predefiniti,
di un fenomeno di interesse.
Lo stesso fenomeno può essere rappresentato
in formati e criteri diversi
dando origine a dati diversi!
Sintetici
Generali
Analitici
Specifici
Formati
Criteri
ESEMPIO:
La condizione diabete può essere rappresentata:
1. in un formato dicotomico:
presente vs assente (1 – 0)
2. secondo scale categoriche di gravità:
assente → valore ennesimo di massima gravità
3. attraverso codici descrittivi di modalità specifiche di
presentazione (la ICD9-CM descrive il diabete attraverso
40 codici diversi e tra loro combinabili).
Anche fenomeni variabili, direttamente misurabili,
possono essere rappresentati da dati diversi!
Ad esempio l’età può essere rappresentata:
- In giorni;
- In anni compiuti;
- In classi pluriennali.
In ogni caso, per ciascun formato devono essere espliciti
i criteri utilizzati per attribuire ciascuno dei valori
previsti Æ CLASSIFICAZIONE.
Quali i dati di interesse?
1. Caratteristiche anagrafiche;
2. Caratteristiche socio-demografiche;
3. Esposizioni ambientali e/o occupazionali;
4. Condizioni cliniche;
5. Processi assistenziali;
6. Trattamenti;
7. Esiti;
8. Abitudini e stili di vita;
9. Costi;
10.Struttura;
11.Attività;
. . . . . . . . . .
I dati sono definiti sulla base dei fenomeni
che rappresentano e dalla loro capacità di
rappresentarli.
I dati compongono l’informazione,
ma non equivalgono all’informazione!
I dati sono solo su qualcosa, l’informazione
invece è sempre per qualcosa o per qualcuno!
Proprietà formali dei dati
1.
2.
3.
Relazione di equivalenza (=,≠): i membri di
una stessa sottoclasse devono essere
equivalenti rispetto alla proprietà misurata.
Relazione di posizione (<,>): è
ordinare logicamente le modalità;
possibile
Relazioni aritmetiche (+,-,x, :):
sono definite le distanze relative (+, -);
ed i rapporti tra le osservazioni (*, /);
Tipologie dei dati
Qualità Le modalità Quantità
Categorici
2
esprimono
Quante modalità
sono possibili?
No
Categorici
dicotomici
DATI
> 2
Categorici
nominali
Le modalità
sono solo
numeri interi?
Sì
Le modalità
sono ordinabili?
Numerici
No
Sì
Categorici
ordinali
Numerici
discreti
Numerici
continui
Numerici
discreti
Numerici
continui
Tipologie dei dati:
Categorici
dicotomici
Categorici
nominali
Categorici
ordinali
Relazione di equivalenza (=, ≠)
Relazione di posizione (<, >)
Relazioni aritmetiche (+, -, *, /)
Sesso
M/F
Malattia
Si/No
Evento
Vero/Falso
Scommessa
Vinta/Persa
Lavoro
Medico,
Avvocato, ...
Gruppo
sanguigno
0,A,B,AB
Nazionalità
Italiana,...
Stato Civile
Libero,
Coniugato,...
Patologia
codici
standard
Titolo di
studio
Elementari,
Medie,...
Gravità
stadi tumorali
Classi di
esposizione
Non fuma,
lieve,
medio,
forte.
CONTE DI
EVENTI
n° decessi
n° figli
n° abitanti
n° esami
svolti
n° piastrine
L ’unità
di misura
NON E’
frazionabile
MISURE
TECNICHE
temperatura
altezza
(lunghezza)
peso
durata nel
tempo
L ’unità
di misura
E’
frazionabile
GERGO (®):
Una pluralità di elementi, tutti portatori di un dato
carattere, costituisce un INSIEME STATISTICO
rispetto a quel carattere se, in almeno due degli
elementi dell’insieme, il carattere si presenta con
modalità differenti.
Gli elementi che compongono un insieme statistico si
dicono UNITA’ STATISTICHE.
Un carattere rispetto al quale è definito un insieme
statistico è una VARIABILE STATISTICA.
PROTOCOLLO ELEMENTARE
La successione dei valori di un dato carattere (ad
esempio l’età), senza alcun ordinamento è definita come
protocollo elementare: 19, 25, 30, … …, n.
La variabile rappresentante il carattere si indica con la
lettera latina maiuscola (X, Y, Z … );
Il valore della variabile con la lettera latina minuscola
(x, y, z …);
La numerosità del campione con n.
Il protocollo elementare si può schematizzare come: x1 ,
x2 , x3 … , xj …, xn ovvero {Xj} j=1, 2, 3, …, n.
LA RAPPRESENTAZIONE DEI DATI
Le tabelle di sintesi dei dati - tabelle a singola entrata
z
z
Generalità
ƒ presentano
i dati in forma analitica o sintetica,
organizzati secondo righe e colonne
ƒ è presentata la distribuzione di frequenza di UN
SOLO carattere statistico
A seconda dei tipi di dati
Î Dati nominali ed ordinali
„ Rappresentazione di tutte le modalità possibili
Î Dato numerici discreti e continui
„ Dati aggregati per classi
Età (in anni)
Frequenze
assolute
Frequenze
relative
Frequenze
relative %
Cum.
≤25
4
0.08
8
8
25-35|
13
0.26
26
34
35-45|
6
0.12
12
46
45-55|
11
0.22
22
68
55-65|
5
0.10
10
78
65-75|
5
0.10
10
88
75-85|
5
0.10
10
98
>85|
1
0.02
2
100
Totale
50
1.00
100
Distribuzione per Genere
30
27
Frequenze assolute
25
23
20
15
10
5
0
M
F
Genere
Distribuzione per Genere
F; 23
M; 27
Distribuzione per titolo di studio
25
Frequenze assolute
20
15
10
5
0
nessuno
licenza elementare
scuola media
inferiore
scuola media
superiore
laurea
Titolo di studio
Distribuzione per stato civile
25
Frequenze assolute
20
15
10
5
0
celibe/nubile
coniugato/a
vedovo/a
divorziato/a
Distribuzione altezza
Frequenze assolute
15
10
5
0
152 155 156 158 160 162 163 164 165 166 168 170 172 174 175 176 178 180 183 187 190
Distribuzione altezza
Frequenze relative
0.3
0.2
0.1
0
152 155 156 158 160 162 163 164 165 166 168 170 172 174 175 176 178 180 183 187 190
0
.01
Density
.02
.03
.04
Come sintetizzare i dati?
40
60
80
esempio_media_75_ds_10
100
120
Con l’analisi statistica possiamo sintetizzare il risultato
delle osservazioni in uno, o più, indicatori:
capaci di riassumere, in un singolo valore, una specifica
caratteristica delle osservazioni stesse.
In statistica descrittiva distinguiamo:
Î Indici di tendenza centrale
„ che esprimono il valore “tipico”
Î Indici di dispersione
„ che
esprimono quanto strettamente i dati si
raggruppano intorno al valore ”tipico”
Î Indici di forma (!) . . . Un’altra volta!
„ che esprimono le caratteristiche di “simmetria” e
“curvatura” della distribuzione dei dati
Indici di tendenza centrale
MODA
ÎIl valore, che si presenta più frequentemente nella
popolazione o nel campione;
ƒ
Per i dati numerici continui, è necessario prima
raggruppare in classi le osservazioni;
ƒ
Si determina contando le frequenza delle modalità;
ƒ
Non tiene conto di tutte le altre modalità;
Utile per sospettare la co-presenza di più popolazioni.
MEDIANA
ÎIl valore, che, dopo aver posto le osservazioni in
ordine crescente, divide la distribuzione in due
gruppi di eguale numerosità;
ƒ Nelle serie dispari è il valore al centro della
distribuzione ordinata - (n+1)/2esima posizione;
ƒ Nelle serie pari è la media dei due valori al centro
della distribuzione ordinata - media tra n/2 esima e
(n/2)+1 esima;
ƒ E’ detta anche 50° percentile;
ƒ Non è sensibile ai valori estremi;
ƒ E’ l’indice di sintesi nelle distribuzioni asimmetriche.
MEDIA ARITMETICA
ÎLa somma di tutti i valori rilevati divisa per la
numerosità
ƒ Esiste solo per i dati numerici continui e discreti;
ƒ Sintetizza tutti i dati: è il valore “più vicino” a tutte
le singole osservazioni;
ƒ
Minimizza la somma degli scarti quadratici;
ƒ
E’ valida soprattutto per i dati che seguono una
distribuzione di frequenza normale;
E’ sensibile ai valori estremi.
ƒ
MEDIA ARITMETICA - esempio
Il volume espiratorio forzato in 13 adolescenti asmatici
(in litri):
2.3, 2.1, 3.5, 2.6, 2.8, 2.8, 4.0, 2.2, 2.6, 3.0, 4.0, 2.8, 3.3
Somma dei 13 valori xi:
2.3+2.1+3.5+2.6+2.8+2.8+4.0+2.2+2.6+3.0+4.0+2.8+3.3= 38
n
Divisione per n=13.
xi
38 / 13 = 2.9
x=
Quanto sarebbe FEV dei soggetti che
∑
i =1
n
abbiamo studiato, se fossero tutti uguali!
Indici di dispersione
RANGE (ampiezza dell’intervallo min - max)
Î E’ un indice sintetico dato dalla differenza tra il
valore più grande e il valore più piccolo di una
distribuzione. E’ l’ampiezza del più piccolo intervallo
contenente tutte le osservazioni.
ƒ Si applica solo alle variabili numeriche;
ƒ Misura la dispersione;
ƒ E’ molto poco “stabile”, perché dipende solo dai
valori estremi. Per renderlo arbitrariamente grande
basta modificare un singolo dato.
QUANTILI, PERCENTILI
Î Per
QUANTILI si
intendono
i
valori
(compresi
nell’intervallo min-max) che suddividono la distribuzione
di una variabile numerica in gruppi ordinati e di eguale
numerosità (non di uguale ampiezza):
ƒ Decili -> dieci gruppi
ƒ
ƒ
Quintili -> cinque gruppi
Quartili -> quattro gruppi
Centili (o percentili) -> cento gruppi; sono chiamati
anche PERCENTILI e suddividono la distribuzione in
100 gruppi di uguale numerosità, ad esempio pesi o
altezze di bambini - Un bambino che superi il 90%
percentile avrà dunque un valore (es. di altezza)
superiore al 90% di tutti i bambini considerati.
DIFFERENZA INTERQUARTILE
Î E’ la differenza tra il quartile superiore (75°
percentile) e il quartile inferiore (25° percentile).
ƒ E’ l’ampiezza dell’intervallo che contiene il 50%
centrale dei dati;
ƒ Misura la dispersione;
ƒ Non è influenzata dai valori estremi;
ƒ E’ stabile - la modifica di un solo dato produce un
effetto limitato su di essa;
NB: sia il range che la differenza interquartile
sono singoli numeri, non intervalli.
Diagrammi a scatola
(box & whiskers plot)
z
z
z
z
Sono utili per sintetizzare le
distribuzioni di frequenza e
valutarne l’asimmetria
La scatola centrale si estende
dal 25° percentile al 75°
percentile (i “quartili” dei
dati)
La linea dentro la scatola
rappresenta la mediana
Le linee al di fuori della
scatola si estendono ai valori
adiacenti, osservazioni più
estreme che non superano più
di 1,5 volte l’ altezza della
scatola
esternamente
ad
ognuno dei quartili
VARIANZA
Î E’ un valore sintetico che vuole esprimere la distanza
media di ogni singola osservazione dalla media
aritmetica del campione:
„ Idealmente, la distanza media delle osservazioni
dalla media artimetica del campione si potrebbe
studiare calcolando la media aritmetica dei semplici
scarti. Tuttavia, per la stessa definizione della;
media artimetica, la somma degli scarti è pari a zero
„ Allora, per evitare l’ azzeramento della somma degli
scarti, si calcola la media dei quadrati degli scarti.
VARIANZA
n
σ =
2
∑ (x − μ)
i =1
2
i
n
Esiste solo per i dati numerici continui e
discreti;
E’ valida soprattutto per i dati che seguono
una distribuzione di frequenza normale;
w
E’ piuttosto sensibile ai valori estremi;
La sua unità di misura non è quella delle
osservazioni
quadrato!
e
della
media
.
.
.
è
al
QUALE DENOMINATORE PER LA VARIANZA?
Î La
formula della varianza che abbiamo visto prima (media
aritmetica degli scarti quadratici) è quella giusta se
vogliamo semplicemente descrivere le nostre osservazioni.
n
∑ (x i - μ ) 2
σ 2 = i =1
n
Î Tuttavia,
se passiamo dalla statistica descrittiva a quella
inferenziale, le cose cambiano leggermente.
Î Molto spesso avremo bisogno di stimare la varianza di una
variabile in una popolazione sulla base delle osservazioni
fatte su un campione.
Î Se
nella formula sostituiamo la media osservata nel
campione alla media “vera” (ma ignota) della popolazione
sottostimiamo sistematicamente la varianza (la media “vera”
rende minima la somma degli scarti quadratici).
Î Questo problema viene risolto riducendo di un’unità il
denominatore, dividendo quindi per (n-1) anziché per n.
n
∑ (x i - x ) 2
σ 2 = i =1
n -1
Î Alcuni
programmi (e.g. Excel) permettono di scegliere il
denominatore, altri (e.g. Stata) usano n-1.
“Se vi dovete preoccupare della differenza tra n ed n-1, allora
probabilmente siete già fuori strada, perché state cercando di sostanziare la
vostra ipotesi con dati insufficienti”
La variabilità: indici di dispersione
DEVIAZIONE STANDARD
Î E’
un valore sintetico che vuole esprimere la distanza media
di ogni singola osservazione dalla media aritmetica del
campione
„ E’ la radice quadrata della varianza, e ne ha le stesse
proprietà.
„ Riporta l’indice di precisione alla stessa scala della media
aritmetica.
COEFFICIENTE DI VARIAZIONE
Î E’
un indice che rapporta il valore della deviazione standard
alla media del corrispondente campione
„ E’ detto anche “Deviazione Standard Relativa”.
„ E’ utile per confrontare tra loro la precisione di metodi
diversi.
LA DISTRIBUZIONE NORMALE
(Curva Gaussiana)
Oltre le distribuzioni di frequenza relative a un numero
finito di casi si possono utilizzare distribuzioni con un
numero di casi infinitamente grande.
L’istogramma che ne deriva è rappresentato da curve
continue esprimibili attraverso equazioni matematiche.
La distribuzione normale è una di queste curve.
Carl Friedrich Gauss
30 aprile 1777 – 23 febbraio 1855
p(x)=
1
σ 2π
(x − μ)
−
e 2σ2
2
LA FORMA DELLA DISTRIBUZIONE NORMALE
L’area di ogni rettangolo rappresenta la proporzione di
casi che ricade nella classe.
L’area compresa sotto la curva continua all’interno di ogni
classe data può essere uguagliata all’area del
rettangolo corrispondente.
Con l’aumentare del numero dei rettangoli la somma delle
aree dei rettangoli stessi si avvicina sempre di più
all’area sottesa alla curva continua completa.
Considerato che la somma delle aree dei rettangoli
corrisponde ad una unità questo sarà vero anche per
l’area sottesa alla curva continua costruita.
Spesso è necessario determinare la proporzione di
casi che ricadono entro un dato intervallo ed è
importante sfruttare una proprietà della curva
normale:
L’area sottesa alla porzione di curva che vi è tra le
media e una ordinata posta a una distanza data,
determinata in termini di unità di deviazione
standard, è costante.
Si consideri ad esempio la statura media di una
popolazione di sesso maschile e di età adulta di 170 cm.
Con deviazione standard di 10 cm.
La legge di Gauss mi dice che il 95% circa di questa
popolazione avrà una statura compresa entro i limiti
170 ± 20, cioè 150 e 190 cm.
Ne deriva che nel 5% della stessa popolazione la statura
sarà inferiore o superiore a tali limiti.
Essendo la curva simmetrica il 2,5% della popolazione
avrà una statura inferiore a 150 cm e il 2,5% avrà una
statura superiore a 190 cm.
Quale distribuzione normale dobbiamo considerare?
DISTRIBUZIONE GAUSSIANA STANDARDIZZATA
Per agevolare il ricercatore la variabile x viene trasformata
in una nuova variabile:
x -x
z =
σ
La distribuzione standardizzata presenta il vantaggio di
consentire la predisposizione di tabelle che permettono di
calcolare porzioni di area della distribuzione in relazione a
determinati valori z.
STANDARDIZZAZIONE DELLA NORMALE
Non è necessario che le distanze dalla media siano
sempre multipli esatti della deviazione standard.
E’ sempre possibile determinare l’area sottesa alla
porzione di curva delimitata da due ordinate.
Infatti, è possibile trasformare ogni curva normale
in modo da permettere di calcolare il numero di
casi sottostante ogni porzione della curva
mediante l’uso di una tabella.
Quale frazione di casi ricade nell’intervallo 50 e 65?
Una distribuzione normale, media 0 e σ 1 viene indicata
come curva standardizzata e Z è il valore standardizzato.
Una z di valore 1,5 indica che la distanza tra l’ordinata è a
1,5 σ dalla media.
Esistono tabelle che riportano per tutti le ordinate della
curva standardizzata
sottesa.
qual’è
la
proporzione
−
x − x
z =
s
z=
di
area
65 − 50
= 1,5
10
I valori di z sono riportati nella prima colonna a sinistra e
nella riga posta in alto
Le prime due cifre di z si leggono sulla colonna, l’ultima sulla
prima riga.
I vari numeri riportati nella tabella individuano la
proporzione dell’area che è sottesa alla curva delimitate
da un lato dalla media e dall’altro dall’ordinata z.
Esempio precedente
Uno z di valore 1,5 indica che l’ordinata è a 1,5 σ dalla media.
L’area delimitata dai punti (z = 1,5) è 0,4332.
ANALISI DI UN FENOMENO
Statistica
inferenziale
Statistica
descrittiva
Popolazione
?
Campione
Una variabile numerica
sappiamo si distribuisce
nella popolazione generale di
riferimento con media μ e deviazione
standard σ
. . . . . ma μ e σ non sono noti!
(x − μ)
1
−
p(x)=
e 2σ2
σ 2π
2
Gli intervalli di confidenza
Se non è noto il valore vero di μ, come si può stimare a
partire da un singolo campione?
1.
Stima “puntuale”.
la media x.bar per un singolo campione è utilizzata
per stimare μ ma non ci sono informazioni sulla
variabilità di questa stima
2.
Stima “intervallare”.
Stime per intervalli
Fino a questo punto abbiamo trattato l’analisi delle
caratteristiche di una popolazione, calcolando media,
varianza ecc. ossia quantità chiamate genericamente
parametri.
Quando l’osservazione dei dati riguarda solo un
sottoinsieme
della
popolazione,
ovvero
si
svolge
un’indagine campionaria, l’analisi riguarderà solo i dati
osservati.
Quando un parametro della popolazione è stimato
attraverso un singolo valore, tale valore è chiamato stima
puntuale del parametro.
Oltre al valore puntuale di una stima, è interessante
conoscere qual è il margine di errore connesso alla stima
stessa.
Si possono stabilire dei limiti entro i quali si ha una
certa confidenza (1-α) che vi sia compreso il vero
valore del parametro nella popolazione:
LIMITI FIDUCIALI
Limiti di affidabilità della stima
L’intervallo che definiscono si chiama
INTERVALLO FIDUCIALE
INTERVALLO DI CONFIDENZA.
n
x=
∑x
i =1
n
i
Infatti, ci chiediamo se xbar è una buona
stima di μ. Purtroppo, essendo μ ignoto
ciò è impossibile.
Le proprietà della media campionaria si ricavano
teoricamente ipotizzando di poter estrarre da una
popolazione tutti i possibili campioni distinti di una
determinata dimensione. Calcolata la media su ciascuno di
questi, si ricava la sua distribuzione, che è detta:
distribuzione campionaria delle medie.
Se il campionamento è casuale semplice, la media di
questa distribuzione è uguale a μ ovvero la media
campionaria è uno stimatore corretto o non distorto della
media della popolazione. (Teorema Limite Centrale)
Se la distribuzione non è centrata, lo stimatore si dice
distorto. Le medie campionarie avranno una variabilità
più o meno elevata intorno al valore della media μ della
popolazione.
Il
grado
di
addensamento
della
distribuzione
campionaria intorno alla propria media si esprime con il
termine efficienza e si misura con l’errore standard
(nota σ):
ES =
σ
n
Se σ è stimato con numerosità campionaria >60 allora:
s
ES ≈
n
Intervallo di confidenza di una media
Avendo stimato l'errore standard della media è
possibile costruire un intervallo di confidenza centrato
su di essa, cioè individuare due valori, gli estremi
dell'intervallo, che hanno una prestabilita probabilità di
contenere al loro interno la vera media della
popolazione.
L’intervallo di confidenza per la media della popolazione
nel caso di campionamento casuale semplice è definito
dalla seguente espressione:
P (x
σ
σ
zα ×
< μ < x + zα ×
) =1 α
n
n
2
2
Intervallo di confidenza
0.45
0.4
0.35
0.3
0.25
Stima
campionaria
0.2
0.15
0.1
2.5%
2.5%
0.05
0
Valore del
parametro
1.96 • ES
1.96 • ES
Intervallo di confidenza al 95%
Valore del
parametro
Intervallo di confidenza di una media
In generale la varianza della popolazione non è nota
quindi è necessario sostituirla con la sua stima.
Se la numerosità campionaria è elevata (n>60) allora
vale l’approssimazione alla normale con la varianza
stimata sulla base di quella calcolata sul campione.
Ma se abbiamo numerosità inferiori, allora l’intervallo di
confidenza per la media della popolazione diviene:
s
s
P (x t α ×
< μ < x + tα ×
) =1 α
n
n
2
2
dove t è il quantile della distribuzione t di student con
(n-1) gradi di libertà ed s è la varianza campionaria
corretta (n-1 al denominatore).
La distribuzione t di Student
Se la deviazione standard σ della popolazione non è nota,
non sempre è corretto utilizzare la distribuzione
normale standard per il calcolo degli intervalli di
confidenza (n sufficientemente grande - >60)!
Si utilizza allora la deviazione standard del campione (s)
ed un’altra distribuzione di probabilità continua, la
distribuzione t di Student.
Introdotta dal matematico inglese William Sealy Gosset
(1876-1937), che pubblicava articoli di statistica con
lo pseudonimo di “Student”
Per un campione casuale di dimensione n selezionato dalla
popolazione normale originaria, la distribuzione della
variabile aleatoria t è nota come distribuzione t di
Student con n-1 gradi di libertà:
Stima “intervallare”
Si ricostruisce un intervallo di valori entro i quali si ritiene sia
compreso il parametro in esame (μ) con un certo grado di
“confidenza”:
Intervallo di confidenza per il quale si utilizzano la media del
campione, l’ errore standard e una distribuzione di riferimento
(distribuzione normale o t)
L’intervallo di confidenza al 95% NON esprime una probabilità
del 95% che μ sia compresa nel range perché μ ha un suo
valore, che già esiste.
Piuttosto possiamo affermare che, ripetendo n volte lo stesso
campionamento, degli n intervalli calcolati, il 95% comprenderà
effettivamente μ.
ESEMPIO
Ho misurato la pressione sistolica a 100 studenti, che
considero rappresentativi di una popolazione (reale o
teorica) molto più ampia.
b.
Nel campione la media è 123.4 mmHg e la deviazione
standard (calcolata con n-1) è 14.0 mmHg
Cosa posso dire sul valore medio della pressione sistolica nella
popolazione?
a.
La prima considerazione, che non ha a che fare con l’inferenza statistica,
dovrà essere sulla qualità delle misure fatte!
La seconda considerazione, che non ha a che fare con l’inferenza
statistica, dovrà essere sulla
possibilità di selection bias nel
campione osservato!
Supponiamo che questi problemi non ci siano.
La stima puntuale del parametro ignoto sarà, ovviamente, uguale
alla media campionaria: Xbar = 123.4 mmHg
Per costruire un intervallo di confidenza dovrò considerare la
distribuzione campionaria del mio stimatore, che è, per ogni
valore μ del parametro, una distribuzione normale se:
La
distribuzione
della
pressione
nella
popolazione
è,
almeno
approssimativamente, normale.
oppure
La distribuzione non è normale, ma il campione è sufficientemente grande
(teorema del limite centrale).
La deviazione standard della distribuzione campionaria
della media, chiamata errore standard della media, è
dato da ES(x) = σ/√n.
Per trovare dei valori del parametro che darebbero luogo,
in caso di campionamento ripetuto, a meno del 5% dei
campioni caratterizzati da valori dello stimatore uguali,
o più estremi, di quello osservato, sfrutto la conoscenza
dei
percentili
della
distribuzione
normale
standardizzata.
Infatti, so che se il parametro fosse maggiore di
Xbar + 1.96 • σ/√n
la coda della distribuzione campionaria a sinistra di X
conterrebbe meno del 2.5% di probabilità.
Analogamente, se il parametro fosse minore di
Xbar - 1.96 • σ/√n
la coda della distribuzione campionaria a destra di X
conterrebbe meno del 2.5% di probabilità.
Ne concludo che:
Xbar ± 1.96 • σ/√n
è un intervallo di confidenza al 95% per la media osservata.
Purtroppo, non conosco σ!
La formula precedente si può usare:
nella (improbabile) ipotesi di conoscere la varianza della
variabile nella popolazione
per campioni grandi (n>60), utilizzando la varianza
campionaria (calcolata con n-1) come stimatore della
varianza della popolazione
Nel nostro caso (n=100), l’intervallo di confidenza al 95% sarà:
123.4 ± 1.96 • 14/√100 = (120.66, 126.14)
wPianificazione e Controllo Strategico
wQualità e Risk Management
Progetto Formativo Aziendale
“Il controllo delle ICA”
(Infezioni Correlate all’Assistenza)
Antonello Antonelli
Principi di statistica ed epidemiologia
applicati alle scienze biomediche
EPIDEMIOLOGIA
DEFINIZIONE DI
EPIDEMIOLOGIA
Dal punto di vista etimologico, epidemiologia è una
parola composita di origine greca, che letteralmente
significa «discorso riguardo alla popolazione»
A parte il chiaro riferimento all’infettivologia
(su cui si è mossa primariamente)
la definizione più consona è, forse:
LO STUDIO DELLA FREQUENZA, DISTRIBUZIONE E
DETERMINANTI DI SALUTE/MALATTIA (e non solo)
NELLE POPOLAZIONI.
. . . cioè l’analisi di tutti quei fenomeni
in un certo qual modo
correlati con lo stato di salute/malattia . . .
1° occorre sottolineare che l’attività non è sul singolo
individuo ma si studia un dato fenomeno collettivamente
in più individui, evidentemente organizzati o classificati in
popolazioni.
Infatti, l'epidemiologia “attuale” è disciplina che si
occupa di valutare tanti fenomeni +/- correlati con la
salute (sia umana, sia veterinaria) esclusivamente a livello
di popolazione, piuttosto che di individuo (esemplare).
Il singolo è importante
solo in quanto parte di un collettivo
Lo studio dei fenomeni correlati con la salute in senso
esteso comporta chiarire alcune parole chiave:
¾
¾
¾
¾
¾
FREQUENZA – “quanto” il fenomeno compare;
DISTRIBUZIONE – “dove” e “quando” il fenomeno
compare;
DETERMINANTI – “fattori” che se mutano
producono
una
variazione
della
frequenza
o
distribuzione del fenomeno di interesse;
SALUTE/MALATTIA – oggetto delle analisi e
valutazioni sono sia gli individui malati, sia sani;
POPOLAZIONI – gruppi di individui “raggruppabili” in
base ad alcuni fattori in comune (classificazione
naturale e/o logicamente indotta).
L’EPIDEMIOLOGIA è una disciplina che ha delle
specifiche sue proprie ed integra metodi e strumenti di
altre (matematica, statistica, biologia, medicina,. . . ):
questo aspetto la configura come estremamente
MULTIDISCIPLINARE
Disciplina che studia lo stato Salute/Malattia
fenomeni ad esse correlati attraverso:
e
i
9 l’osservazione della distribuzione e dell’andamento
della Salute/Malattia nelle popolazioni;
9 l’individuazione dei fattori influenzanti;
9 la programmazione di azioni preventive o curative
(epidemiologia sperimentale ed epidemiologia dei servizi)
AMBITI DI APPLICAZIONE:
•
studio dei fenomeni epidemici;
•
ricostruzione della storia naturale delle malattie e
della loro diffusione – nesso di causalità;
•
identificazione
protettivi;
•
valutazione degli interventi
diagnostici e terapeutici;
•
definizione delle priorità in sanità pubblica
•
valutazione di efficacia, efficienza e qualità dei
servizi sanitari;
•
evidence per la soluzione di problemi legali;
•
. . . . . .
fattori
di
rischio
e
di
sanitari
fattori
preventivi,
Storia dell’epidemiologia
Il primo RCT dell’umanità
La Sacra Bibbia: Libro di Daniele - Capitolo 1 (3-16)
I RAGAZZI EBREI ALLA CORTE DI NABUCODONOSOR, re di Babilonia
(…) Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli
giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, senza difetti, di
bell'aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter
stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei
Caldei.
Il re assegnò loro una razione giornaliera di vivande e di vino della sua
tavola; dovevano esser educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero
entrati al servizio del re. (…) Ma Daniele decise in cuor suo di non
contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese
al capo dei funzionari di non farlo contaminare.
Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei
funzionari. Però Asfenàz disse a Daniele: "Io temo che il re mio signore, che
ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre
di quelle degli altri giovani della vostra età e io così mi renda colpevole davanti
al re". Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva
affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria: "Mettici alla prova per dieci giorni,
dandoci da mangiare legumi e da bere acqua, poi si confrontino, alla tua
presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re;
quindi deciderai di fare con noi tuoi servi come avrai constatato". Egli
acconsentì e fece la prova per dieci giorni; terminati questi, si vide che le loro
facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che
mangiavano le vivande del re.
Da allora in poi il sovrintendente fece togliere l'assegnazione delle vivande e
del vino e diede loro soltanto legumi.
MISURE DI FREQUENZA DEI FENOMENI
Attività fondamentale in epidemiologia è la quantificazione
dei fenomeni di interesse e dei fattori ad essi correlati.
La conoscenza del numero di individui portatori di una data
malattia o a cui carico è erogata una data prestazione in
una popolazione, è funzionale a dimensionare e prevedere
l'evoluzione del fenomeno nel tempo.
Contare i singoli casi, senza fornire alcun significativo
riferimento, è raramente utile in epidemiologia.
Dati utilizzabili ed interpretabili debbono essere espressi in
FORMATI ADEGUATI.
MISURE DI FREQUENZA: Intro
• PROPORZIONE (proportion)
• TASSO (rate)
• RAPPORTO (ratio)
PROPORZIONE (proportion)
⇒ È una frazione;
⇒ il numeratore è compreso nel
denominatore;
⇒ adimensionale;
⇒ 0 - 1 (0 – 100%).
Ad esempio la % di maschi
in una popolazione.
TASSO (rate)
⇒ Variazione di una grandezza per ogni
variazione
unitaria
di
un’altra
(generalmente tempo);
⇒ i valori possono variare da 0 Ö + ∞;
⇒ istantaneo o medio;
⇒ dimensionale.
Ad esempio la velocità in km/h.
RAPPORTO (ratio)
⇒ Frazione;
⇒ il numeratore non è parte del
denominatore;
⇒ dimensionale.
Ad esempio il rapporto M/F.
INCIDENZA E PREVALENZA
Le misure di frequenza delle malattie possono descrivere:
1. L'insieme di tutti i casi esistenti in un determinato
momento e in una determinata popolazione;
2. il verificarsi di nuovi casi.
A questo scopo si usano quindi due misure fondamentali:
prevalenza e incidenza.
Caso Ö unità statistica in osservazione interessata dal
modificarsi del fenomeno in studio.
• INCIDENZA
n° di nuovi casi/popolazione
(in un determinato periodo)
• PREVALENZA
n° di casi presenti/popolazione
(in un determinato periodo)
Relazione tra incidenza e prevalenza
MISURE DI INCIDENZA
• Rischio (risk)
• Tasso (rate)
Rischio
(Incidenza Cumulativa)
È la probabilità per un individuo di una data popolazione e
senza il fenomeno in studio di sviluppare lo stesso in
un intervallo di tempo definito.
È adimensionale (senza unità di misura)!
Ha un valore nell’intervallo 0 – 1!
IC = n° nuovi casi / T popolazione all’inizio del periodo di
analisi in un dato Δt.
Proporzione della popolazione in studio che in un
determinato periodo di tempo manifesta il fenomeno
di interesse (Rischio individuale / P di manifestare il
fenomeno).
Tasso (rate)
(Densità di Incidenza)
Potenziale istantaneo di manifestare il fenomeno (divenire
caso) per unità di tempo, al tempo definito, in
rapporto alla dimensione della popolazione a “rischio”
al tempo definito.
Ha la dimensione 1/tempo!
Riferito alla popolazione.
Riferito ad un punto nel tempo.
I = n° casi / Σ persone – tempo.
È una misura istantanea della “forza” di manifestarsi di
un dato fenomeno!
Normalmente si utilizza un moltiplicatore (x 10, x100).
(esempio di Tasso Medio)
MISURE DI PREVALENZA
• Prevalenza puntuale
Probabilità che un individuo sia caso al tempo definito t.
• Prevalenza di periodo
Probabilità che un individuo sia caso nell’intervallo Δt.
Si parla anche di TASSO di PREVALENZA puntuale o di
periodo come:
P = n° di individui che manifestano il fenomeno in un dato
momento / n° complessivo di individui nella
popolazione in quel dato momento.
Relazione
Incidenza - Prevalenza
Se Incidenza e Durata sono stabili, la Prevalenza si può
approssimare al prodotto dell’incidenza per la durata:
P = I x D
Ad esempio:
I = 10 casi per 10.000 individui l’anno
D = 2 anni
P = 20/10.000.
L’ODDS
Il rapporto tra la probabilità di un evento e la
probabilità di un non evento:
ODDS di Incidenza:
I / 1-I
ODD di prevalenza:
P/ 1-P
Le tabelle di contingenza
Casi
Non
casi
Exp+
a
b
a+b
Exp-
c
d
c+d
a+c
b+d
n
(a+b+c+d)
Casi
Non
casi
Exp+
40
80
120
Exp-
60
320
380
100
400
500
Misure di associazione: il RR
Lo
scopo
di
uno
studio
epidemiologico
è
quantificare
l’associazione tra esposizione ed esito di interesse.
Per raggiungere tale obiettivo, si deve confrontare l’incidenza
di malattia in un gruppo di individui esposti al fattore di
rischio di interesse con l’incidenza in un gruppo di persone non
esposte.
Il rapporto tra incidenza negli esposti e incidenza nei non
esposti allo stesso fattore di rischio è definito RISCHIO
RELATIVO (RR) e rappresenta l’eccedenza di rischio degli
esposti rispetto ai non esposti:
RR =
IE +
a/(a + b)
=
IE c/(c + d)
Il Rischio Relativo (Risk Ratio) costituisce una misura della
forza dell’associazione tra fattore di rischio e malattia e
dovrebbe risultare pari a 1 (o un valore molto vicino,
considerando la fluttuazione dovuta al caso) se il fattore non
ha influenza nello sviluppo della malattia.
Esso risulta, invece, tanto più elevato quanto più l’esposizione
è associata alla malattia.
Se il RR ha un valore inferiore a 1, il fattore considerato
esplica un’azione protettiva nei confronti dell’insorgenza della
malattia.
Se RR=1 (il valore è compreso all’interno dell’IC)
questo significa che non c’è eccesso di rischio nel
gruppo degli esposti. Quindi non c’è una relazione
dimostrata tra la malattia e l’esposizione.
Se RR >>1
questo significa che esiste un eccesso di rischio nel
gruppo degli esposti. Quindi esiste una relazione tra
l’esposizione al fattore studiato e la presenza della
malattia. Il fattore può essere considerato come un
fattore di rischio. Si conclude affermando che se un
individuo è
esposto, il rischio di contrarre la malattia
è RR volte superiore rispetto a chi non è esposto.
RR<1
Fattore protettivo
RR=1
Assenza Rischio
RR>1
Fattore di Rischio
0
1
∞
Casi
Non
casi
Exp+
40
80
120
Exp-
60
320
380
100
400
500
R Exp+ = 40/120 = 0.33
R Exp- = 60/380 = 0.16
RR E+ vs E- Ö RE+/RE- = 0.33/0.16 = 2.0
Allo stesso modo, ma con specifiche di calcolo differenti si
calcolano:
Rapporto tra Tassi (Rate Ratio)
Rapporto tra Odds (Odds Ratio)
Rapporto tra Prevalenze (Prevalence Ratio)
NB: in inglese Rapporto tra Rischi e Rapporto tra Tassi ha lo
stesso acronimo Ö RR!
INTRODUZIONE
AL DISEGNO
DEGLI STUDI
EPIDEMIOLOGICI
Studio epidemiologico
- Processo;
- Documentato dal disegno . . .
alla realizzazione;
- Finalizzato a produrre “prove
(evidence) empiriche” su un
argomento dato.
Studio epidemiologico
1° Obiettivo dello studio
Ipotesi di ricerca;
2° Disegno
Ö identificare il disegno di studio
che valuta con maggiore validità ed
efficienza l’ipotesi di ricerca (.doc).
Studio epidemiologico
Esperienza in una popolazione
dell’occorrenza di stati/eventi di
salute in rapporto a
caratteristiche/esposizioni.
Studio epidemiologico
“Catturata” da uno studio
epidemiologico è l’occorrenza di
outcome in funzione di un
determinante, tenendo conto di
confondenti e modificatori di
effetto!
Per “fare inferenza”
Studio epidemiologico
Obiettivo generale:
Massimizzare VALIDITÀ
(capacità di “misurare” quello che
“veramente” accade nella
popolazione)
Al costo (dello studio)
più basso possibile.
Studio epidemiologico
SEMPLIFICAZIONE
DELLA REALTA’
(nessuno studio potrà mai specificare tutti i possibili confondenti e
modificatori di effetto)
IMPOSSIBILE RAPPRESENTARE
LA COMPLESSITA’ DELLA
NATURA
Unità di osservazione
- INDIVIDUI-EVENTI
- GRUPPI DI INDIVIDUI-EVENTI
cd studi ecologici
Tipologia dei dati
- PRIMARI
raccolti per lo scopo dello studio
(ad hoc);
- SECONDARI
raccolti originariamente per altri
scopi (ad es. sistemi informativi).
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
Tipologie di
Studio epidemiologico
osservazionali/analitici
sperimentali/osservazionali
retrospettivi/prospettici
… … … …
studio epidemiologico
assegnazione
controllata
assegnazione
non controllata
studi sperimentali
studi osservazionali
non
randomizzati
trial
comunità
randomizzati
RCT
nessun campionamento
studi ecologici
correlazionali
“serie di casi”
campionamento basato
sulla malattia (o effetto)
campionamento basato
su esposizione, “causa”
studi trasversali
e/o caso-controllo
studi con
componente
temporale
esposizione
contestuale
esposizione
precedente
trasversali
caso-controllo
studi di coorte
follow-up
1. Casi clinici e serie di casi
Descrivono l'esperienza di un solo paziente (o di un
gruppo di pazienti con la stessa diagnosi).
Infatti, osservazioni mediche insolite possono essere il
primo indizio di una nuova malattia, di effetti nocivi di
una esposizione o di efficacia di un trattamento.
L’analisi delle caratteristiche dei casi osservati può
portare alla formulazione di una nuova ipotesi.
Ad es:
3 casi angiosarcoma epatico (Cloruro di Vinile Monomero)
5 casi polmonite da Pneumocystis Carinii (AIDS)
Abbiamo interesse ad indagare sulla
plausibile relazione tra
PESO ALLA NASCITA dei neonati
e
CONSUMO DI PESCE
2. Studi ecologici e serie temporali
Disponibili:
- dati di popolazione sul peso alla nascita;
- dati di popolazione su consumo di pesce
Possiamo affrontare uno
STUDIO DI CORRELAZIONE / ECOLOGICO
peso medio alla nascita (gr.)
4000
3500
3000
2500
2000
0
100
200
300
400
500
consumo pesce pro-capite (gr./giorno)
Studio di correlazione, ecologico → alcune indicazioni:
• Il peso alla nascita aumenta in relazione al consumo di
pesce, . . . E ciò si osserva in più popolazioni!
Ma:
1.Non sappiamo se sono le persone che mangiano più
pesce ad avere bambini di più alto peso alla nascita!
2.Le popolazioni con più alto consumo di pesce potrebbero
essere diverse per:
• caratteristiche genetiche;
• fumo;
• altri comportamenti alimentari;
• caratteristiche gestazionali;
3.Direzione dell’associazione (?).
Studio di correlazione, ecologico:
Mostra una associazione tra caratteristiche (peso alla
nascita e consumo di pesce) della popolazione;
popolazione
Ma poiché le “Unità di osservazione” sono “popolazioni” e
non individui >>>>
>>>> nulla possiamo dire sull’associazione tra consumo di
pesce degli individui (esposizione) e peso alla nascita
(esito) dei bambini che nascono da questi individui.
Gli studi ecologici e le serie temporali . . .
Vantaggi: usano informazione già disponibile, veloci, poco
costosi → "primo passo“!
Svantaggi:
• impossibile collegare esposizione e malattia nei singoli
• individui componenti la popolazione;
• mancanza di controllo dei fattori di confondimento;
• incapacità di definire direzione dell'associazione.
Inoltre: la mancanza di correlazione non esclude la
presenza dell'associazione e presentano difficoltà ad
indentificare relazioni non lineari.
morti per malattia
coronarica
Studi ecologici e serie temporali: esempi . . .
sigarette vendute (procapite)
Negli studi ecologici si usano misure che
rappresentano caratteristiche di intere popolazioni
per descrivere una malattia in relazione a un
fattore di interesse!
Frequenza dell’utilizzo di cinture di sicurezza e
numero di casi di infortunio in Gran Bretagna
4000
80
3000
60
2000
40
1000
20
0
0
G F M
A M G L A S
1982
O
N D G F M A
M G L A S O N D
1983
Legge sulle cinture di sicurezza in vigore
No di infortuni
Uso delle cinture di sicurezza (%)
100
3. Studi trasversali (cross-sectional)
Indagine campionaria di popolazione (ad un dato t)
• Campione di madri;
• Raccolta informazioni “retrospettiva” e “concorrente”:
→ su esposizioni (comportamenti alimentari in gravidanza)
ed altri possibili confondenti;
→ esito (peso alla nascita del bambino)!
Problemi:
Dimensioni del campione, rispetto a:
→ Distribuzione attesa dell’esposizione - consumo pesce
→ Distribuzione attesa dell’esito - peso alla nascita
→ Effetto (RR) che si vuole stimare.
Funzionalmente al livello di precisione (significatività
statistica che voglio utilizzare) . . . il valore di alfa!
Misura contemporanea e retrospettiva di esito,
esposizione e confondenti;
Impossibile valutare la “Direzione” delle eventuali
associazioni osservate.
STUDI TRASVERSALI
STIMARE LA PREVALENZA DI UNA
CONDIZIONE/MALATTIA/EVENTO/ESPOSIZIONE
A UN TEMPO DEFINITO
IN UNA SPECIFICA POPOLAZIONE
CAMPIONE CASUALE DELLA POPOLAZIONE
“PARTICOLARISTICI”
I RISULTATI SI APPLICANO ALLA POPOLAZIONE ED
AL TEMPO DELLO STUDIO
Il problema dell’uovo e della gallina
Poiché l'esposizione e la presenza di malattia sono
rilevati nello stesso punto del tempo in molti casi non è
possibile stabilire se l'esposizione è precedente (o
susseguente) l'insorgere della malattia.
Cautela nell'interpretazione!
Inoltre: poiché sono studiati i casi prevalenti (e non gli
incidenti), i dati ottenuti rifletteranno sempre i
determinanti della sopravvivenza (oltre agli eventuali
fattori causali).
STUDI TRASVERSALI
(fotografia della realtà)
Misura contemporanea di
esposizioni ed esito!
STUDI LONGITUDINALI
(film della realtà)
Misura longitudinale di esposizioni
ed esito!
STUDI LONGITUDINALI
CASI: BAMBINI CON ALTO PESO ALLA NASCITA
ESITO: ALTO PESO ALLA NASCITA
ESPOSIZIONE: CONSUMO DI PESCE (DELLE MADRI)
Studiamo i comportamenti alimentari, particolarmente il
consumo di pesce, durante la gravidanza delle madri dei
bambini con alto peso alla nascita per valutare una
possibile associazione causale.
Cerchiamo di misurare anche possibili “confondenti”!
STUDIO
ESPOSIZIONE
Misura
Casi
t
Quale confronto? Occorrono i Controlli.
Non Casi: bambini con peso alla nascita normale!
Su cui indagare la medesima esposizione (Madri di
bambini NON con alto peso alla nascita; madri dalla
stessa popolazione delle madri da cui avrebbero potuto
nascere/essere osservati i casi.
STUDIO
ESPOSIZIONE
Misura
Controlli
t
Definizione concettuale di Studio
CASO - CONTROLLO
Si indaga contestualmente sull’esposizione dei casi e di un
certo numero di controlli rappresentativi della stessa
popolazione da cui sono originati i casi.
In tal modo si ottengono informazioni da confrontare
sugli eventuali differenti livelli di esposizione tra casi e
controlli (consumo di pesce in gravidanza delle madri).
Manifestazione del caso ed esposizione sono longitudinali!
(l’indagine è retrospettiva)
Selezionati . . . .
casi
e
controlli
Per ogni individuo è accertata l’eventuale
esposizione al fattore di rischio in studio:
casi
E+
controlli
E-
E+
E-
Quale misura di associazione ?
Casi
Controlli
Exp+
a
b
?
Exp-
c
d
?
a+c
b+d
?
Il rapporto tra ODDS (OR)
Casi
Controlli
Exp+
5
15
?
Exp-
2
25
?
7
40
?
Casi
Controlli
Exp+
5
15
?
Exp-
2
25
?
7
40
?
Odds Casi = (5/7):((1-(5/7)) = (5/7):(2/7) = 2.5
Odds Cont = (15/40):((1-(15/40)) = (15/40):(25/40) = 0.6
OR Casi vs Cont Ö O_Casi/O_Cont = 2.5/0.6 = 4.2
• limiti nella misura dei confondenti
• distorsioni nella misura “retrospettiva” di esposizione e confondenti
• selezione dei controlli
• no stima incidenza
STUDIO
E+
n casi/non casi
E-
n casi/non casi
Osservazione
Coorte
t
Arruoliamo una coorte di donne di donne gravide e sulla
base della misura dell’esposizione (comportamento
alimentare Ö consumo di pesce) classifichiamo ESPOSTI
e NON ESPOSTI (gruppo di confronto).
• Rileviamo e misuriamo potenziali confondenti
• Follow-up gravidanza
• Misura esito Ö peso alla nascita.
Definizione concettuale di Studio
COORTE
Metodo di studio epidemiologico in cui possa essere
identificato un sottoinsieme di una popolazione definita
che è, è stato, o può essere nel futuro esposto o non
esposto, o esposto in misura diversa, ad uno o più fattori
che si ipotizza possano influenzare la probabilità di
verificarsi di una data malattia o di un altro evento
d'interesse.
COORTE:
gruppo di persone che condividono una esperienza comune
entro un intervallo di tempo definito.
Si indaga su un campione rappresentativo della
popolazione d’interesse per un dato Δt, raccogliendo
informazioni su esposizione ed altre variabili d’interesse.
L’esposizione o meno al fattore indagato discrimina la
classificazione di esposti/controlli.
Il follow-up della coorte permette di valutare
l’insorgenza dei casi (incidenza) ed alla fine del Δt si
potranno esprimere le misure di associazione.
Esposizione e manifestazione casi sono longitudinali!
(la relazione esposizione - esito è prospettica)
Studi di coorte
sinonimi:
• follow -up
• studi longitudinali
• studi prospettici
• studi d'incidenza
• concurrent studies ...
terminologia varia e incongruente perchè riferita a:
ƒ diversi elementi del disegno
ƒ diverse relazioni temporali
Studi di coorte
popolazione in studio
COORTE “CHIUSA”
- Ingresso definito dal verificarsi di un
evento/ condizione
- Uscita impossibile
POPOLAZIONE DINAMICA
- Ingresso definito da uno stato
- Uscita definita dal cessare dello stato
RETROSPETTIVI / PROSPETTICI
In uno studio di coorte l'esperienza della popolazione
osservata è caratterizzata da una sequenza temporale
definita.
Questa sequenza temporale, pur non modificando la sua
direzione, può essere allocata nel presente o nel passato
rispetto allo spazio temporale in cui l'osservatore si
trova.
STUDIO DI COORTE
e . . . il tempo!
esposizione
esito
t
studio
studio
“prospettico”
studio
“retrospettivo”
RETROSPETTIVI / PROSPETTICI
La definizione è relativa al tempo di calendario di
conduzione dello studio vs il tempo di calendario cui si
riferiscono gli eventi (esposizioni ed esiti) ;
Riferisce alla direzione dell’accertamento dell’esposizione
e dell’esito;
Nel senso dell’inferenza causale non cambia la logica,
semmai è differente l’accuratezza nell’accertamento di un
qualcosa che è avvenuto in passato!
STUDIO DI COORTE
Nell’esempio della relazione tra consumo di pesce
gravidanza ed alto peso alla nascita, il gruppo
confronto fornisce una stima dell’occorrenza attesa
esito (alto peso nascita) nel gruppo degli esposti
assenza dell’esposizione!
in
di
di
in
In ogni caso esposti e non esposti sono selezionati in
modo non casuale.
Evoluzione successiva nella definizione del protocollo di
studio comporta che:
Î sarebbe necessario assegnare la popolazione in studio
all’esposizione in modo CASUALE.
Cioe’ . . .
Î Fare in modo che esposti (trattati) e non esposti
(controlli) differiscano tra di loro solamente per
l’esposizione (trattamento) e per “caso”
“RANDOMIZZAZIONE”
STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO
RANDOMIZED CONTROLLED TRIAL (RCT)
• Randomizzazione = confrontabilità all’inizio dello
studio, no confondimento
• Cecità (Blinding) = compliance e misura dell’esito
confrontabili, no misclassificazione differenziale
Isolamento dell’effetto dell’esposizione allo studio
Gli RCT sono fondamentalmente degli studi di coorte in
cui l’assegnazione all’esposizione non è casuale ma
predefinita dallo sperimentatore su individui confrontabili
(ossia
provenienti
dalla
stessa
popolazione
di
riferimento)!
Nell’esempio dell’alto peso e consumo di pesce:
Esposizione/trattamento = dieta ad alto contenuto di
pesce o ω3 acidi grassi
Randomizzazione = donne gravide assegnate casualmente
al trattamento
Cecità (Blinding) = le persone arruolate non sanno se
sono trattate/esposte – non sanno cosa mangiano ( x ω3
acidi grassi)
Isolamento = ai non-esposti/non-trattati alimento simile
ai trattati ma senza ω3 acidi grassi
Se si osserva una differenza di occorrenza
dell’esito tra esposti e non esposti . . .
1. EFFETTO DELL’ESPOSIZIONE
2. ALTRE ETEROGENEITA’ TRA GRUPPI
(difetti di randomizzazione)
3. CASO
"Uno dei maggiori
disordini dello spirito è
vedere
ciò che si vuole vedere“
. e, conseguentemente, ancor più
NON vedere ciò che NON si vuol VEDERE!
A5.1
La distorsione dei risultati
negli
STUDI EPIDEMIOLOGICI
BIAS e Modificazione d’effetto
Cosa è il Bias?
Qualsiasi tendenza nella raccolta, l'analisi,
l'interpretazione, la pubblicazione o la revisione dei
dati, che possa portare a conclusioni che sono
sistematicamente diverse dalla verità (Last, 2001).
Un processo a qualsiasi stato di inferenza che tende a
produrre risultati che si discostano sistematicamente
dai veri valori (Fletcher et al, 1988).
Errore sistematico nella progettazione o conduzione di
uno studio (Szklo et al, 2000).
Il Bias è l’errore sistematico
Gli Errori possono essere differenziali (sistematici) o
non differenziale (casuali).
Errore Casuale
uso di misure non valide che incide in modo analogo
per casi e non casi
Errore Differenziale
uso di misure non valide che incide in modo diverso
per casi e non casi
Il termine “bias” dovrebbe essere riservato per gli
errori differenziali o sistematici.
Errore casuale
14
12
10
8
6
4
2
0
0
5
10
15
20
25
30
35
Errore sistematico
14
12
10
8
6
4
2
0
0
5
10
15
20
25
30
Caso o Bias
Il Caso provoca un errore casuale (errore di misura)!
Il Bias provoca un errore sistematico (staratura)!
Gli errori casuali tenderanno ad annullarsi l'un l'altro
proporzionalmente all’aumento della dimensione del
campione!
Gli errori sistematici non si annulleranno a vicenda
qualunque sia la dimensione del campione!
Il Caso determina l’inevitabile imprecisione dei risultati.
Il Bias genera risultati inesatti!
Il caso è un elemento delle nostre
osservazioni, misure o
determinazioni assolutamente
inevitabile, imprescindibile!
Il bias, la distorsione sistematica,
è un elemento assolutamente
arginabile, controllabile o evitabile!
Classificazione
• Bias di selezione
Natura del campione non rappresentativa
• Bias di Informazione
(misclassificazione)
Errori nella misurazione di esposizione o malattia
• Bias di confondimento
Distorsione della relazione esposizione - malattia da
parte di altri fattori.
Bias differenti non si escludono a vicenda
Bias di selezione:
Differenze selettive tra i gruppi in confronto che
alterano il rapporto tra esposizione e esito
Ad esempio in uno Studio caso-controllo . . .
I controlli hanno meno probabilità di esposizione vs casi.
Esito: tumore al cervello;
Esposizione: linee elettriche ad alta tensione
Casi scelti in aree dove non vi sono linee elettriche
Controlli scelti in aree dove vi sono linee elettriche
Differenze sistematiche tra i casi ed i controlli
Self-bias di selezione:
Ad esempio, si desidera determinare la prevalenza di
infezione da HIV
Arruolamento di volontari per la fase di test
É questa una popolazione adeguata per trarre delle
conclusioni?
Healthy worker effect (effetto lavoratore sano)
È un'altra forma di auto-bias di selezione cioè un
processo di "Auto-screening“ per cui (ad esempio in
coorti lavorative) le persone che sono malate si autoeliminano dalla popolazione lavorativa attiva
Bias di selezione (altro esempio)
Bias Diagnostico (o di workup):
La diagnosi (selezione dei casi) può essere influenzata
dalla conoscenza sull’esposizione.
Ad esempio in uno Studio caso-controllo dove l’esito è
la malattia polmonare e l’esposizione è l’abitudine al
fumo!
Il radiologo, consapevole che il soggetto fuma, durante
la lettura dell’esame può essere indotto ad osservare
con maggiore attenzione una radiografia o ad ipervalutare determinate evidenze diagnostiche.
Bias di Informazione
Fonti:
• Soggetto
• Osservatore
• Strumenti
Recall bias:
I soggetti esposti hanno una maggiore probabilità di
ricordare l'esposizione ed i casi tendono a valutare
con più attenzione la loro storia passata alla ricerca
di spiegazioni della loro malattia.
I controlli, di contro, non avendo percezione della
malattia, possono esaminare meno attentamente la
loro storia passata.
In particolare si verifica:
- in studi caso-controllo;
- negli studi retrospettivi (o a posteriori).
Individui con grave malattia tendono ad avere
ricordi più completi quindi più informazioni
sull’esposizione.
Persone che sono consapevoli di essere i
partecipanti di uno studio si comportano in
maniera diversa (effetto Hawthorne).
Come controllare il Bias di Informazione
- Cecità (Blinding)
Impedisce a intervistatori e investigatori di
conoscere quali sono i casi e quali i controlli o chi è
esposto e chi no!
- Uso di questionari
Utilizzare più domande che chiedono le stesse
informazioni (agisce come doppio-check)
- Precisione
Diagnosi formulata in base a raccolta di dati
provenienti da varie fonti o con strumentazione più
precisa.
Bias di Confondimento o Fattore di confondimento o . . .
CONFONDENTE
Un terzo fattore, ASSOCIATO sia all’esposizione, sia
all’esito, e che determina, parzialmente o
completamente, l’associazione tra i due.
. . . in una relazione E+ vs Esito
Esposizione
Esito
CONFONDENTE
Un confondente, per essere tale deve:
1. Essere associato con l’esposizione senza esserne una
conseguenza;
2. Essere associato all’esito indipendentemente
dall’esposizione;
3. Non entrare nel nesso di causalità tra E+ ed esito.
Un esempio
Caffè
K polm.
FUMO
Dall’analisi dei dati scopriamo che l’assunzione di caffè
(ed il dosaggio) è associata alla comparsa di K
polmonare. C’è confondimento?
1. Chi beve caffè è spesso fumatore;
2. Il fumo è associato al K polmonare;
Il fumo è un confondente dell’associazione (falsa) tra
assunzione di caffè e K polmonare.
Come controllare i fattori di confondimento?
Nello fase di progettazione dello studio
1. RESTRIZIONE di soggetti in base al potenziale
fattore di confondimento;
2. ASSEGNAZIONE RANDOM di soggetti ai gruppi di
studio;
3. MATCHING i soggetti per potenziali fattori di
confondimento assicurando così la distribuzione tra
i gruppi di studio.
Nell’analisi dei dati
ANALISI STRATIFICATE: analisi della varianza a
più fattori, analisi con tecniche di regressione (es.
della covarianza), modellizzazione.
Un esempio di Confondimento
T
Casi
mesi
persona
Exp+
40
1100
Exp-
101
1100
RT = 0.4
Giovani
Casi
Mesi
persona
Anziani
Casi
Mesi
persona
Exp+
20
1000
Exp+
20
100
Exp-
1
100
Exp-
100
1000
RT = 2.0
RT = 2.0
40
1100
0.036
101
1100
0.092
0.4
20
1000
0.020
1
100
0.010
2.0
20
100
0.200
100
1000
0.100
2.0
Modificazione di effetto
(interazione)
E’ la variazione della associazione esposizione-effetto
relativamente ai livelli di una terza variabile - il
modificatore di effetto, appunto.
E’ una proprietà intrinseca del fenomeno esposizioneeffetto.
Non c’è disegno che la possa evitare se c’è.
Matematicamente si può quantificare e pertanto, poiché
è un fenomeno interessante . . .
. . . occorre sia DESCRITTO!
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