Componenti Elettronici vers. 2.0 COMPONENTI ELETTRONICI M.Zigliotto, S.Bolognani 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 1 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 Sommario Componenti per l’elettronica di potenza ............................................................................................................. 3 Materiali semiconduttori. .................................................................................................................................... 3 A. Giunzione p-n................................................................................................................ 4 B. Diodi a giunzione. ......................................................................................................... 5 B.1 Diodo polarizzato inversamente. ................................................................................... 5 B.2 Diodo polarizzato direttamente. .................................................................................... 6 C. Transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET). .................................................... 8 C.1 Tensione di pinch-off. ................................................................................................... 8 C.2 Zona a corrente costante. .............................................................................................. 8 C.3 Curve caratteristiche del JFET. ..................................................................................... 9 D. MOSFET di potenza. .................................................................................................. 10 E. Transistori bipolari a giunzione (BJT). ....................................................................... 11 F. Transistore bipolare di potenza. .................................................................................. 12 G. Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT). ................................................................. 13 G.1 Caratteristiche dell'IGBT. ........................................................................................... 14 H. Il tiristore (SCR). ........................................................................................................ 14 H.1 Innesco del tiristore. .................................................................................................... 15 I. I GTO. ......................................................................................................................... 16 J. Evoluzione dei dispositivi di commutazione. .............................................................. 16 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 2 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 Componenti per l’elettronica di potenza Materiali semiconduttori. Col nome di semiconduttori si denotano alcuni materiali aventi resistività intermedia fra quella dei conduttori e degli isolanti. I più comunemente usati sono il germanio e il silicio, che hanno rispettivamente una resistività alla temperatura ambiente di circa 0,6 e 2 x 103 m. Per confronto si tenga conto che il rame (ottimo conduttore) ha una resistività alla temperatura ambiente di circa 1,8x10-8 m, mentre quella della porcellana (ottimo isolante) è di circa 1x1012. Si tratta di elementi tetravalenti, aventi in altre parole quattro elettroni di valenza, i cui atomi si aggregano in cristalli ove ciascuno mette in comunione i suoi quattro elettroni di valenza con altrettanti atomi contigui. Ciò significa che intorno a ogni atomo ruotano otto elettroni, quattro propri dell'atomo stesso e quattro propri di quattro atomi contigui. Ne risulta una struttura cristallina assai stabile, in virtù degli stretti legami covalenti con cui gli elettroni in comune vincolano atomi adiacenti (Fig.1). Tuttavia, già a temperatura ambiente, alcuni degli elettroni di valenza acquistano un'energia sufficiente a svincolarsi dai loro atomi e a passare allo stato di elettroni liberi, lasciando ciascuno nell’intreccio dei legami covalenti un posto vuoto, cui si assegna il nome di «lacuna» (Fig.2). La lacuna rende disponibile nel semiconduttore una carica positiva. Fig.1 Fig.2 Se si sottopone a un campo elettrico un cristallo di materiale semiconduttore, ad esempio di silicio, gli elettroni liberi si muovono in verso opposto a quello del campo, secondo lo stesso meccanismo che dà origine alla corrente elettrica nei conduttori. Anche gli elettroni di valenza ancora legati ai loro atomi sono sollecitati a spostarsi in verso opposto a quello del campo elettrico, ma ne sono impediti dai vincoli di attrazione che li legano ai rispettivi atomi. Accade però che se un elettrone di valenza di un atomo è sospinto dal campo verso un atomo contiguo che presenti una lacuna, tale elettrone è catturato dall'atomo contiguo, neutralizzandone la lacuna ma dando origine a una nuova lacuna in corrispondenza dell'atomo da cui è partito. Tutto avviene cioè come se la lacuna si fosse spostata nello stesso verso del campo elettrico. Le lacune si comportano cioè come delle cariche positive. Poiché il fenomeno si ripete subito dopo per un elettrone di un atomo adiacente alla nuova lacuna formatasi, si può affermare che la presenza del campo elettrico provoca uno scorrimento delle lacune nello stesso verso del campo. È possibile perciò concludere che in un semiconduttore sottoposto a un campo elettrico si genera una corrente, avente lo stesso verso convenzionale del campo, costituita da uno scorrimento degli elettroni liberi in verso opposto a quello del campo e da uno scorrimento delle lacune in verso concorde a quello del campo. 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 3 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 Nei semiconduttori puri il numero degli elettroni liberi coincide evidentemente con il numero delle lacune. Questa situazione viene invece sensibilmente alterata se al semiconduttore sono aggiunte opportune impurità. Si supponga ad esempio di introdurre, nel processo di produzione di un cristallo di silicio, piccolissime quantità di un elemento pentavalente (ad esempio fosforo o antimonio o arsenico); gli atomi dell'impurità aggiunta si inseriscono, senza alterarlo, nel reticolo cristallino del silicio, occupando il posto di altrettanti atomi di silicio (Fig.3). Fig.3 Fig.4 Tuttavia solo quattro dei cinque elettroni di valenza dei nuovi atomi sono necessari a stabilire i legami covalenti con gli atomi adiacenti del reticolo, mentre il quinto elettrone passa immediatamente allo stato di elettrone libero, senza che con ciò si formi una nuova lacuna nell’intreccio dei legami covalenti. Ne consegue che la presenza di impurità pentavalenti provoca un aumento del numero degli elettroni liberi del semiconduttore, mentre non aumenta invece il numero delle lacune. Il semiconduttore si dice in tal caso drogato di tipo n (negativo): in esso gli elettroni liberi sono chiamati cariche di maggioranza e le lacune cariche di minoranza. Viceversa se si aggiungono delle piccole quantità di un elemento trivalente (ad esempio boro o indio o gallio), Fig.4, i nuovi atomi si inseriscono nel reticolo cristallino al posto di altrettanti atomi di silicio. I legami con atomi adiacenti sono però imperfetti, perché gli atomi estranei contribuiscono ad essi con soli tre elettroni di valenza; ne segue che in corrispondenza di ogni atomo di impurità si forma una lacuna, senza che alcun elettrone di valenza passi allo stato libero. La presenza di impurità trivalenti provoca quindi un aumento del numero delle lacune, mentre non aumenta il numero degli elettroni liberi. Il semiconduttore si dice in tal caso drogato di tipo p (positivo); le lacune sono ora cariche di maggioranza e gli elettroni cariche di minoranza. In entrambi i casi, sia di cristallo di tipo n che di tipo p, la resistività elettrica ne risulta di molto diminuita e il materiale semiconduttore drogato diventa un discreto o un buon conduttore a seconda dell’intensità del drogaggio. A. Giunzione p-n Introducendo in un cristallo puro di silicio o di germanio impurità di tipo p da un estremo ed impurità di tipo n dall'altro, la superficie di separazione, nell'interno del cristallo, tra un tipo di impurità e l'altro è chiamata giunzione p-n (p-n junction). Poiché la situazione dei legami covalenti è completamente diversa nelle due zone, nasce una corrente di diffusione, indotta dal richiamo degli elettroni della zona di tipo n ad occupare le lacune della zona di tipo p per completare correttamente i legami covalenti. Alcuni elettroni liberi, che si trovano nella zona di tipo n, attraversano quindi la giunzione e, in prossimità di essa, occupano le lacune della zona di tipo p. Tale ricombinazione determina una diminuzione delle cariche libere in una piccola regione a cavallo della giunzione, chiamata strato di svuotamento (depletion layer o transition region). Si osservi che in prossimità della giunzione si determina un eccesso di elettroni (cariche negative) nella zona di tipo p, rispetto alle cariche positive presenti, e, allo stesso modo, una diminuzione di elettroni nella zona di tipo n. Immediatamente ai lati della giunzione, dunque, vi sono cariche fisse negative nella zona p (elettroni collocati nelle presistenti lacune) e positive a destra (protoni nei nuclei degli atomi pentavalenti non più compensati da quegli elettroni che si sono trasperiti nella zona p); lontano dalla giunzione, invece, ogni carica fissa è elettricamente neutralizzata dalla corrispondente carica mobile di segno opposto. La presenza di cariche non neutralizzate (uncovered charges) ai lati 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 4 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 della giunzione determina la creazione di un campo elettrico e, quindi, di una differenza di potenziale di valore massimo V0 (Fig.5), con la zona di tipo p (che ha ricevuto elettroni) a potenziale negativo rispetto alla zona n (che li ha ceduti). Viene così ostacolata l'ulteriore diffusione delle cariche mobili di tipo maggioritario. Soltanto quelle dotate di energia sufficiente a vincere la barriera di potenziale, cioè W = q V0, possono attraversare la giunzione. La corrente di diffusione, quindi, diminuisce all'aumentare di V0. Bisogna ricordare, però, che nel cristallo sono presenti anche le cariche minoritarie; in particolare delle lacune nella zona di tipo n, e degli elettroni nella zona di tipo p. La barriera di potenziale agevola il passaggio attraverso la giunzione di tali cariche minoritarie, che originano, quindi, una corrente di drift. zona P zona N Fig.5 Fig.6 In corrispondenza alla giunzione coesistono, dunque, sia una corrente di diffusione Il sia una corrente di drift I2, dirette però in senso opposto (Fig.6). Al crescere di V0 si riduce la corrente di diffusione, inizialmente preponderante, finché non diventa uguale a quella di drift: diventando nulla la carica complessiva che attraversa la giunzione, la d.d.p. V0 non può variare ulteriormente e si giunge ad una situazione di equilibrio. Il valore di V0 è appena inferiore al Volt. B. Deiodi a giunzion. Il diodo a giunzione è costituito da un cristallo di materiale semiconduttore (germanio o silicio), in cui sono a diretto contatto due zone drogate rispettivamente con impurità di tipo p e di tipo n. Il diodo è essenzialmente una giunzione, che viene opportunamente polarizzata tramite un circuito elettrico esterno. Più in dettaglio, polarizzare una giunzione p-n significa applicare ai terminali metallici, collegati alle zone p ed n di cui si è detto sopra, una tensione V, che risulta localizzata ai capi della giunzione p-n. A circuito aperto, si è detto che è presente in equilibrio un certo potenziale di contatto V0. Applicando una tensione tramite dei contatti ohmici, a seconda della polarità di V la barriera di potenziale può aumentare o diminuire ed in corrispondenza si ha una polarizzazione inversa o diretta (reverse/ direct biased junction). B.1 Diodo polarizzato inversamente. In Fig.7 il polo negativo della batteria V è collegato alla zona p e quello positivo alla zona n. La d.d.p. V è allora concorde con V0 e l'altezza della barriera di potenziale viene aumentata. Diminuisce di conseguenza la corrente di diffusione e prevale, quindi, quella di drift. Infatti, lacune della zona p vengono attratte dal polo negativo della batteria V ed elettroni liberi della zona n vengono attratti dal polo positivo della batteria V. Il depletion layer si allarga, aumenta cioè il numero di ioni non neutralizzati ai lati della giunzione e, quindi, l'altezza della barriera di potenziale. Al crescere in valore assoluto della tensione V, la corrente di diffusione diminuisce fino ad annullarsi: rimane allora la sola corrente di drift, I0, indipendente da V. Tale corrente viene detta inversa (reverse current): essa è normalmente trascurabile rispetto a quella che potrà attraversare la giunzione in senso diretto ed è dipende fortemente dalla temperatura, crescendo con essa circa esponenzialmente. Si deve infatti ricordare che la corrente di drift è dovuta alle cariche minoritarie (lacune di n che passano in p 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 5 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 ed elettroni liberi di p che passano in n), cioè coppie elettrone-lacuna del cristallo base il cui numero dipende esclusivamente, e fortemente, dalla temperatura. V Fig.7 V Fig.8 Tensione di rottura: Se la tensione V che polarizza inversamente la giunzione p-n assume valori troppo elevati, avviene la così detta rottura (breakdown): la corrente inversa cresce rapidamente a tensione presso che costante, determinando la distruzione della giunzione, se non viene opportunamente limitata tale corrente e, quindi, la potenza dissipata sulla giunzione stessa. Il fenomeno può essere dovuto a due cause: l'effetto Zener oppure l'effetto valanga o entrambi. L 'effetto Zener è prevalente per tensioni di breakdown inferiori alla decina di Volt. Esso determina un aumento delle cariche minoritarie dovuto alla rottura di nuovi legami covalenti ad opera del campo elettrico, divenuto particolarmente intenso. L’effetto valanga (avalanche effect) prevale quando la tensione di rottura è superiore alla decina di Volt. Ad opera dell'elevato campo elettrico le cariche che attraversano la giunzione per drift acquistano una velocità molto elevata. Nell'urto contro gli atomi di semiconduttore, l'elevata energia cinetica ceduta è sufficiente a rompere nuovi legami covalenti, determinando una moltiplicazione "a valanga" delle cariche disponibili per la conduzione. Il breakdown può avvenire per tensioni molto diverse, secondo il drogaggio: da pochi Volt a oltre 1000V. B.2 Diodo polarizzato direttamente. In Fig.8 il polo positivo della batteria è collegato alla regione di tipo p e quello negativo a quella di tipo n. La d.d.p. V è allora discorde da quella V 0 e l'altezza della barriera di potenziale viene diminuita. Sulla corrente di drift prevale quella di diffusione, che può assumere valori molto maggiori della prima, tanto più quanto maggiore è V. Il meccanismo della conduzione diventa il seguente. Nel circuito esterno circolano, naturalmente, soltanto elettroni, uscenti dal polo negativo ed entranti in quello positivo della batteria. Da un lato elettroni escono dal polo negativo della batteria, entrano e si diffondono nella zona n. Dall'altro lato elettroni dalla zona p entrano nel polo positivo della batteria, che ha determinato la rottura dei loro legami covalenti e la formazione di nuove lacune. La corrente nel cristallo, prevalentemente di diffusione, è costituita da elettroni e lacune: elettroni liberi passano da n a p e qui si ricombinano. Lacune passano da p a n e qui si ricombinano. Tale corrente, prevalentemente di diffusione, si dice diretta (direct current): essa è funzione, soprattutto, della tensione applicata e, in minor misura, della temperatura. Il suo valore diventa decisamente più grande di quello I0 della corrente inversa solo quando V supera un determinato valore, detto tensione di soglia (threshold voltage). Normalmente per il germanio si ha una tensione di soglia di 0,1 V; per il silicio, invece, essa vale 0,5 V. Massima tensione diretta. Quando V tende ad annullare V0, non esiste più il depletion layer: la barriera di potenziale non limita più il valore della corrente diretta, che viene limitata esclusivamente dal circuito esterno. La tensione V, tuttavia, non si trasferisce tutta ai capi della giunzione, perché non è più trascurabile la caduta di tensione sui contatti metallici e sul semiconduttore drogato, esterno al depletion layer. La corrente deve però essere limitata dal circuito 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 6 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 esterno, se si vuole evitare la distruzione del dispositivo. La massima tensione V non distruttiva è dell'ordine del Volt per il silicio e di qualche decimo di Volt per il germanio. Macroscopicamente, il diodo presenta una resistenza assai piccola ad una corrente avente verso convenzionale diretto (all'interno del cristallo) dalla zona di drogatura p alla zona a drogatura n, mentre interdice praticamente ogni circolazione di corrente in verso opposto. Questo fatto può essere rilevato sperimentalmente mediante il circuito riportato in Fig.9. Fig.9 Fig.10 Quando la tensione U applicata al diodo D è positiva, l'amperometro indica la circolazione di una corrente, che va crescendo col crescere della tensione applicata. Si dice allora che il diodo è polarizzato direttamente e si trova in stato di conduzione. Se invece il diodo è sottoposto a una tensione negativa, l’amperometro non dà alcuna indicazione apprezzabile di corrente e si dice che il diodo è polarizzato inversamente e si trova in stato di interdizione. È evidente quindi che la giunzione p-n che costituisce il diodo si comporta come una «valvola» che permette la circolazione della corrente in un dato verso, mentre la impedisce nel verso opposto. Ciò vuol dire, in altri termini, che il diodo è un dispositivo a semiconduttore assimilabile a un interruttore ideale comandato (con rapidità elevatissima) dalla sua stessa tensione o corrente: l'interruttore (diodo) è chiuso, cioè in conduzione, se la corrente che lo atraversa è positiva e si apre nel momento in cui la corrente si annulla e tende ad invertirsi (per diventare negativa): è invece aperto, cioè non in conduzione, se la tensione applicata è negativa ed esso si chiude nel momento cui cui la tensione si annulla e tende ad invertirsi (per diventare positiva). Questo particolare comportamento del diodo a giunzione viene messo in evidenza dal grafico di Fig.10 che rappresenta la caratteristica di conduzione del diodo. Come si può osservare, quando la tensione applicata assume valori positivi (tensione diretta U D), il diodo si lascia liberamente attraversare da una corrente diretta ID la cui intensità è tanto maggiore quanto maggiore è la tensione diretta applicata. Per ogni diodo disponibile in commercio è fissato un valore della corrente massima diretta che non deve mai essere superato poiché, al disopra di questa intensità di corrente, il riscaldamento diventa intollerabile per la buona conservazione del dispositivo. Assegnata la curva caratteristica del diodo si può analizzare il funzionamento di un circuito che includa il diodo stesso. Si consideri ad esempio il circuito di Fig.11. In serie con il generatore di f.e.m. E si ha il diodo D e la resistenza di carico R. Tra la corrente I e la tensione U esistente ai capi A e K del diodo si ha il legame funzionale dato dalla curva di Fig.12. Fig.11 Fig.12 Fra gli stessi punti A e K vale anche la relazione U = E -R I, caratteristica del bipolo costituito dal generatore di f.e.m. E e dalla resistenza di carico R: nel diagramma tale relazione è rappresentata dalla cosiddetta retta di carico tra P1 e P2. Il punto P1 è determinato dalla tensione a vuoto Uo = E; il punto 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 7 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 P2 dalla corrente di cortocircuito Icc = E/R. E' evidente che l'intersezione tra la caratteristica del diodo e quella del carico determina l'unico punto P (punto di lavoro) che appartiene sia alla caratteristica del diodo che alla retta di carico, e perciò definisce la tensione U e la corrente I a cui il circuito si porta a funzionare. C. Transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET). Il transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET, Junction Field Effect Transistor) è costituito da una barretta di semiconduttore (Silicio, raramente Germanio) debolmente drogato ai cui lati si hanno due zone drogate in modo opposto e più intensamente. Le zone laterali sono chiamate gate (G), e quella centrale canale. Esistono due tipi di transistore: il tipo a canale n (più diffuso) e il tipo a canale p. Si chiama source (sorgente, S) l'estremità del canale da cui provengono i portatori di carica, e drain (pozzo, scarico, D) l'estremità verso cui si dirigono. C.1 Tensione di pinch-off. Si consideri, ad esempio, un transistore a canale n, come in Fig.1. Se si polarizza inversamente la giunzione gate-canale, e la corrente di drain è nulla (ID = O), attorno alla giunzione si ha una zona di svuotamento e la corrente di gate è nulla. Si può osservare che in assenza di corrente circolante nella barretta, tutti i punti del canale sono equipotenziali ed il depletion layer presenta, quindi, spessore uniforme (Fig.1). Quanto maggiore è la tensione VGS di polarizzazione inversa, tanto più si allarga la zona di svuotamento e si restringe il canale. Ad ogni valore di V GS corrisponde una sezione del canale e quindi una diversa resistenza tra drain e source. Si ottiene dunque una resistenza controllata dalla tensione di polarizzazione inversa (voltage controlled resistance, VCR). Poiché il canale è drogato più debolmente del gate, la zona di svuotamento si estende notevolmente nel canale ed il controllo è molto sensibile. All'aumentare della polarizzazione inversa, ad un certo punto, quando la tensione di polarizzazione inversa gate-canale raggiunge il valore detto tensione di pinch-off (VP), la zona di svuotamento occupa tutto il canale che risulta privo di cariche libere. In corrispondenza, la resistenza tra i terminali D e S, teoricamente infinita, è dell'ordine del M . C.2 Zona a corrente costante. Si supponga ora VGS = 0, e al drain sia applicata una tensione positiva rispetto al source, V DS > 0, come in Fig.2. In presenza di piccole tensioni VDS la la sbarretta di tipo n si comporta come una semplice resistenza a semiconduttore, e la Id cresce linearmente con VDS. Al crescere della corrente, la caduta resistiva tra regione del canale e gate polarizza inversamente la giunzione e la parte conduttrice del canale comincia a restringersi, come evidenziato in Fig.2. Il restringimento non risulta uniforme. Al crescere della tensione si arriva ad una strozzatura quasi completa del canale. Il canale, infatti, non può chiudersi completamente, perché verrebbe meno la Fig.1 corrente e con lei anche la caduta di tipo resistivo che attua la polarizzazione inversa. La corrente Id dipende dalla mobilità delle cariche maggioritarie, ovvero dagli elettroni. Tale mobilità è costante per campi magnetici inferiori a 1000 V/m. Dunque la corrente cresce con la tensione, secondo la legge di Ohm. Quando il canale si strozza sulle cariche agiscono campi magnetici molto elevati, per i quali la mobilità delle cariche risulta inversamente proporzionale al campo elettrico. Il 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 8 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 risultato è che aumentando la tensione la corrente nella strozzatura rimane costante. Si giunge dunque ad un equilibrio dinamico con una corrente costante ed uno spessore della strozzatura pure costante. Al crescere ulteriore di VDS la zona strozzata si allunga, dunque si allunga il tratto in cui la velocità delle cariche (data dal prodotto della mobilità per il campo elettrico) è costante. Fig.2 Naturalmente, se si applica anche una tensione VGS il canale risulta già in parte (ed uniformemente) strozzato, per cui si arriverà alla stozzatura (pinch off) con una tensione canale-gate dovuta alla caduta resistiva inferiore, ovvero con correnti di drain più basse e tensioni V DS minori, come si può riscontrare nelle caratteristiche d’uscita del componente. C.3 Curve caratteristiche del JFET. Il funzionamento del transistore è rappresentato completamente dalla famiglia delle caratteristiche di drain o d'uscita. Queste rappresentano la corrente di drain ID in funzione della tensione drain-source VDS, con parametro la tensione gate-source VGS. Una tipica caratteristica (ID, VDS) è riportata in Fig.3. Nel tratto di funzionamento normale oltre la tensione di pinch-off, ID è costante e il suo valore dipende solo da VGS. Con buona approssimazione il circuito equivalente del transistore FET può essere rappresentato da un generatore ideale di corrente comandato in tensione da V GS, cosi come rappresentato in Fig.4. La grandezza gm = ID/VGS viene definita transconduttanza. Per quanto riguarda l'ingresso del transistore, si presenta come un diodo polarizzato inversamente, ed ha quindi resistenza elevatissima (anche 1011 ). La corrente di gate IG è dunque praticamente nulla, e ciò giustifica la parte sinistra del circuito di Fig.4. Si può concludere che il FET può considerarsi un dispositivo controllato solo in tensione. Fig.3. – Caratteristica d’uscita di un JFET. 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto Fig.4 9 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 Fig.2 - MOSFET D. MOSFET di potenza. I transistori MOSFET di potenza, detti anche FET a struttura verticale o VMOS poiché la corrente li attraversa da una parte all'altra, interessando tutta la superficie del dispositivo, possono avere correnti nominali di drain fino ad alcune centinaia di ampere e tensioni di blocco UDS pure di qualche centinaia di volt. Sono componenti veloci, capaci di frequenze di lavoro elevate, perché possono commutare fra gli stati ON e OFF in tempi dell'ordine della decina di nanosecondi, molto inferiori a quelli dei BJT di potenza. I MOSFET di potenza trovano applicazione come interruttori statici nei controlli dei motori, negli alimentatori switching, nel comando delle bobine dei relè, oltre che come componenti negli stadi di uscita audio di potenza. Un semplice esempio di impiego è mostrato in Fig.2 a) ove un MOSFET è impiegato come interruttore per comandare un carico R-L. Nella Fig.2 b) sono rappresentate le caratteristiche UDS-ID oltre alla retta statica di carico. Il guadagno di potenza del MOSFET è molto alto, richiedendosi una modestissima potenza d'ingresso per il pilotaggio. Il dispositivo entra in conduzione quando al gate è applicata una tensione positiva superiore ad una soglia che varia fra 0.8 e 2V, mentre non è praticamente assorbita corrente 1. Un livello di tensione alto al terminale G porta in conduzione il MOSFET (stato ON) e il punto di lavoro si stabilizza nel punto S della Fig.2 b). E' essenziale nelle applicazioni di potenza, come si vede per i BJT, che il punto di lavoro in conduzione cada alla sinistra della linea s tracciata in Fig.2 b) nella cosiddetta regione resistiva del dispositivo. Ciò al fine di ridurre al minimo la perdite di potenza che non sarebbero sopportabili dal MOSFET se lavorasse nella regione lineare a destra della linea s. Allo scopo la tensione di pilotaggio applicata al gate deve essere sufficientemente alta, in genere compresa fra 10 e 15 V. Un tensione negativa o nulla al gate porta invece all'interdizione il MOSFET (stato OFF). La sua corrente va a zero, mentre la corrente del carico, che non può estinguersi istantaneamente per la presenza dell'induttanza, si richiude attraverso il diodo D per decadere con costante di tempo L/R. Si previene così la sovratensione distruttiva che si verrebbe a manifestare sul MOSFET se la corrente induttiva fosse bruscamente interrotta. Il punto di lavoro in interdizione finisce in B in Fig.2 b), ove tutta la tensione della sorgente Us è applicata fra drain e source del dispositivo. Si comprende che tale tensione non deve superare le capacità di tenuta del MOSFET oltre le quali si ha una distruttiva scarica a valanga (breakdown). Una caratteristica peculiare del MOSFET di potenza è che la loro struttura interna fa sì che fra source e drain venga a individuarsi un diodo parassita che è stato indicato a tratteggio in Fig.2 a). Ciò impedisce al componente di sostenere tensioni inverse, mentre conduce corrente inversa indipendentemente dalle condizioni di pilotaggio (Fig.2 b)). In molte applicazioni tuttavia questo è un vantaggio, anche perché il diodo parassita ha in genere caratteristiche statiche e dinamiche comparabili con quelle del MOSFET che lo ospita e può essere impiegato come diodo di potenza in tutti quei circuiti ove un diodo è richiesto in antiparallelo all'interruttore statico. 1 Poiché nelle applicazioni di potenza il comando che si vuole realizzare è di tipo ON-OFF, esso può realizzarsi con un comparatore o con una porta logica CMOS (ma sono possibili anche pilotaggi con logica TTL). 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 10 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 E. Transistori bipolari a giunzione (BJT). Il transistore bipolare a giunzione (BJT, Bipolar Junction Transistor) è costituito da un semiconduttore (silicio o germanio) diviso in tre parti drogate alternativamente in modo diverso, di tipo p o di tipo n. Esistono quindi due tipi di transistore: il tipo p-n-p e il tipo n-p-n. La zona centrale molto sottile e poco drogata viene chiamata base (H); le altre due zone sono dette emettitore (E) e collettore (C). Essenzialmente l'emettitore è una sorgente di cariche di maggioranza che passano attraverso la base e per la maggior parte raggiungono il collettore (Fig.13). Poiché la base è molto sottile e debolmente drogata, piccola è la frazione di cariche catturate dal suo elettrodo. Fig.13 Fig.14 Ovviamente per la corrente è valida la relazione IE = IB + IC. Il rapporto = IC/IB è detto coefficiente di amplificazione di corrente. In pratica esso dipende solo dalla struttura della base e non dalle tensioni collettore-emettitore (UCE) o base-emettitore (UBE); ha valore sensibilmente costante e compreso tra 10 e 150. Ad esso è dovuto il potere amplificatore del transistore, essendo IC = IB: al variare della corrente di base IB varia la corrente di collettore IC; in questo senso il BJT è detto «a comando di corrente». Nel funzionamento normale, cioè quando il transistore è in conduzione, la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente e la giunzione base-collettore è polarizzata inversamente (Fig.14). Perciò normalmente UBE è dello stesso segno di UCE. Quando la giunzione base-emettitore è polarizzata inversamente si ha IB = 0 (per il BJT al silicio è sufficiente che sia cortocircuitata), allora il transistor non conduce (resta solo una debole corrente di minoranza). In Fig.15 sono riportate le caratteristiche di collettore o d'uscita. Esse rappresentano la corrente di collettore IC in funzione della tensione collettore-emettitore UCE, parametrizzate dalla corrente di base IB. Si ha IC = f(UCE, IB). Nel tratto di funzionamento normale le curve sono quasi orizzontali, appunto perché le Ic sono circa costanti, cioè indipendenti da UCE, quando si tenga costante IB. In prima approssimazione questo funzionamento può essere rappresentato da un circuito equivalente costituito da un generatore ideale di corrente comandato da IB così come nella parte destra della Fig.17, in cui IC= IB. 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 11 di 18 Componenti Elettronici Fig.15 Fig.16 vers. 2.0 Fig.17 Al di sotto del ginocchio invece non si ha più questo funzionamento; UCE è bassa, inferiore a UBE, si inverte la polarizzazione della giunzione B-C, entrambe le giunzioni conducono. In Fig.16 sono riportate le caratteristiche di base o di ingresso. Rappresentano la corrente di base IB in funzione della tensione base-emettitore UBE. Le curve sono parametrate dalla tensione collettore-emettitore UCE. In realtà esse dipendono poco da UCE e spesso viene fornita una sola curva. In prima approssimazione, allora, poiché la corrente IB dipende solo dalla tensione UBE, nel circuito equivalente di Fig.17 si dispone la resistenza RBE. Questa figura nel suo complesso rappresenta quindi il circuito equivalente semplificato del transistore BJT. F. Transistore bipolare di potenza. Il transistore bipolare (bipolar junction transistor: BJT) è un componente a semiconduttore a tre strati e, quindi, due giunzioni n-p generalmente noto come amplificatore di segnale (vedi sopra). In questo contesto se ne illustra l'impiego come interruttore statico di potenza (power switch). Per descrivere le condizioni operative di un transistore di potenza funzionante da interruttore statico si faccia riferimento alla Fig.1 a) ove è mostrato un circuito in cui un transistore di potenza è utilizzato come interruttore per connettere o no un carico resistivo R ad una sorgente di f.e.m. Us. La Fig.1-b) illustra le a) caratteristiche UCE - IC del Fig.1 – Caratteristiche del transistor di potenza transistore assieme alla retta di carico definita dall'equazione IC = (US - UCE)/R. Si supponga dapprima che l'interruttore S sia aperto cosicché nessuna corrente interessa la base del transistore: IB = 0. Il punto di lavoro corrisponde pertanto al punto B nella Fig.1b) corrispondente all'intersezione fra la curva del transistore a corrente di base nulla con la retta di carico. Si dice in questo caso che il transistore è in condizioni di blocco (OFF) ed esso è assimilabile ad un interruttore aperto essendo molto piccola la corrente di collettore che lo percorre mentre la tensione UCE è praticamente pari alla tensione US della sorgente di alimentazione. Esiste un limite superiore alla tensione che un transistore di potenza è capace di sostenere in condizioni di blocco, superato il quale si hanno effetti distruttivi della sua struttura interna (breakdown). Se ora s’invia una corrente di base IB non nulla come la IB1 il punto di lavoro si sposta in A che si trova nella regione di funzionamento lineare o regione attiva del transistore. Essa corrisponde al settore che sta fra l'asse orizzontale e la retta a ed è la regione di funzionamento tipicamente impiegata nelle applicazioni del transistore come amplificatore di segnale, ma accuratamente da evitare nei transistori di potenza. Infatti, le correnti e le tensioni usualmente in gioco sono tali che la dissipazione di potenza nel transistore operante in A non è assolutamente sopportabile, neanche per tempi brevissimi. Inviando 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 12 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 invece una corrente di base come la IB3 il punto di lavoro si sposta in S ove si manifesta la minima tensione UCE possibile per quella corrente di collettore, quest'ultima essendo circa pari a US/R. Il regime di funzionamento descritto da punti come S che stanno sulla linea s prende il nome di funzionamento in saturazione e la tensione fra collettore ed emettitore corrispondente è indicata con UCEsat. In virtù della piccola caduta di tensione la potenza dissipata dal transistore è in questo caso modesta anche con correnti notevoli e quindi il funzionamento in saturazione è adatto alle applicazioni di potenza. Si afferma che il transistore è in conduzione (ON) ed esso è ora assimilabile ad un interruttore chiuso. I passaggi dal funzionamento in blocco a quello in conduzione e viceversa non sono in pratica istantanei, ma, con adeguate correnti di base, sono comunque estremamente rapidi. Per contenere le durate di tali transizioni e l'energia dissipata ad esse connessa, il punto di funzionamento in conduzione può essere portato in Q, nel settore fra le linee s ed a, detto di quasi saturazione, caratterizzato comunque da una ridotta caduta di tensione. Lo studio del comportamento fin qui fatto è stato limitato a tensioni UCE e correnti IC maggiori di zero. Sono queste in effetti le sole condizioni di pratica utilità: i componenti BJT non ammettono, per la loro struttura interna, correnti collettore-emettitore negative e la tensione di blocco inversa non supera i 20 V. Le perdite di potenza dei BJT possono esser distinte in perdite per conduzione e perdite per commutazione. Le prime sono dovute alle già citate cadute di tensione e correnti di conduzione come in un qualsiasi conduttore. Le seconde si manifestano durante i cambiamenti di stato, dipendono dalle modo di comando del transistore e dal circuito nel quale è inserito oltre ad essere proporzionali alla frequenza con cui si ripetono le commutazioni. I transistori di potenza oggigiorno disponibili sono capaci di sostenere tensioni di blocco che vanno da 100 V a 1000 V con correnti di conduzione comprese rispettivamente fra qualche centinaio e qualche decina di ampere. I tempi di transizione dallo stato ON a quello OFF e viceversa sono in genere di 10-20 s e la frequenza di commutazione arriva a qualche KHz. I transistori di potenza hanno avuto grandissima diffusione, ma ad essi sono attualmente quasi sempre preferiti i transistori IGBT. G. Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT). La capacità del FET di condurre corrente è severamente limitata dalla intrinseca elevata resistenza dello strato attivo. Per evitare dissipazioni eccessive la densità di corrente deve essere quindi limitata ad un basso valore. Pertanto per raggiungere correnti elevate sono necessarie ampie aree di silicio. I transistori bipolari, costruttivamente diversi, permettono densità di corrente maggiori. L'ibridazione di tecnologia FET e BJT costituisce un passo avanti fondamentale nella moderna elettronica di potenza, e forma la base tecnologica degli IGBT . Tecnologia: L 'IGBT è un dispositivo a quattro strati i cui componenti essenziali sono un MOSFET ed un transistore bipolare del tipo PNP. Il suo circuito equivalente è rappresentato in Fig.8. Fig.8 Fig.9 La base del transistore PNP è alimentata direttamente dal MOSFET. Quindi la connessione di gate dell'IGBT è isolata dalla base del bipolare attraverso il MOSFET. Di qui l'origine del termine Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT). Il transistor NPN presente è un elemento "parassita", che in 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 13 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 determinate condizioni di corrente di emettitore può causare la perdita di controllo da parte del gate. Questo fenomeno, abbastanza complesso, prende il nome di latch-up ("chiavistello"). G.1 Caratteristiche dell'IGBT. La caduta di tensione dell'IGBT è la somma della caduta di un diodo della giunzione PN (baseemettitore del transistor PNP) e di quella del MOSFET di comando. La Fig.9 illustra la caduta di tensione di due IGBT e di un MOSFET di uguale area di chip ed a pari corrente. La maggiore limitazione dell'IGBT è rappresentata dalla bassa velocità di turn-off, dovuta al tempo di vita delle cariche minoritarie della base del PNP. Tale base non è accessibile per cui non è possibile agire dall'esterno per ridurre il tempo di commutazione. La tecnologia attuale consente comunque tempi di ON e di OFF inferiori al microsecondo, per dispositivi di media potenza (decina di ampere). Per quanto riguarda la capacità di sopportare sovracorrenti, è da ricordare che questa è determinata da sole considerazioni termiche e che è possibile che un semiconduttore non possa sopportare una corrente elevata poiché, ad elevate correnti, il suo guadagno scende a valori molto bassi. Questo comporta un aumento della corrente di pilotaggio e della relativa tensione base-emettitore, con riscaldamento della giunzione. Il guadagno degli IGBT raggiunge un massimo a valori di corrente molto superiori a quelli di un bipolare e di un MOSFET, per i quali il guadagno diminuisce già al limite della corrente nominale. La migliore situazione dell'IGBT lo rende dunque in grado di sopportare transitoriamente anche correnti molto elevate. Esse provocano la desaturazione del componente, che deve essere prontamente rivelata con appositi circuiti di misura, per evitare la distruzione del componente. H. Il tiristore (SCR). Il tiristore C è un dispositivo a semiconduttore destinato a svolgere la funzione di raddrizzatore controllato. Strutturalmente il tiristore è costituito da un cristallo di silicio compreso fra due elettrodi principali A (anodo) e C (catodo), suddiviso in quattro strati aventi ordinatamente, a partire dall'anodo, caratteristiche di drogatura p-n-p-n, come è illustrato nella Fig.5: allo strato p intermedio fa capo un terzo elettrodo ausiliario G, designato col termine inglese gate (porta); funzione di questo elettrodo è controllare 1o stato di conduzione o di blocco della corrente che circola dall'anodo verso il catodo. Fig.5 Fig.6 Il passaggio della corrente in senso inverso è invece permanentemente bloccato, come avviene nei diodi a giunzione. Il tiristore cosi descritto viene realizzato costruttivamente nella forma indicata in Fig.5 a) e viene rappresentato convenzionalmente con il simbolo di Fig.5 b) o c). Il simbolo è analogo a quello del diodo a giunzione, dal quale differisce soltanto per l'indicazione dell'elettrodo di controllo G. Fig.7 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 14 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 Per spiegare il comportamento del dispositivo si osservi che la presenza delle tre giunzioni G 1, G2 e G3 fra strati caratterizzati da drogatura di tipo opposto fa si che il tiristore possa essere rappresentato schematicamente come una connessione in serie di tre diodi a giunzione, nella forma indicata in Fig.6. Si comprende allora facilmente come, in assenza di un segnale di controllo applicato all'elettrodo G, il tiristore interdica la circolazione di corrente tanto in un verso che nel verso opposto. In particolare se il tiristore viene sottoposto a una polarizzazione inversa (l'anodo e il catodo vengono connessi rispettivamente al polo negativo e al polo positivo di un generatore}, mentre il diodo D2 corrispondente alla giunzione G2 sarebbe favorevole alla circolazione di corrente, i diodi D1 e D3 risultano invece bloccati. In queste condizioni il tiristore è interdetto e la circolazione di corrente è limitata alla corrente inversa di fuga, che è dovuta al flusso di cariche di minoranza, come la corrente inversa di un diodo a giunzione, ed è quindi assai debole. Questa situazione permane fino a che la tensione di polarizzazione inversa non raggiunge il valore VI cosi elevato da dare origine alla conduzione per scarica a valanga (Fig.7). Questo fenomeno si innesca per tensioni limite che variano da tipo a tipo di tiristore e che possono giungere anche fino a un migliaio di volt. Se invece il tiristore è polarizzato direttamente (anodo e catodo connessi rispettivamente al polo positivo e al polo negativo di un generatore), la situazione di blocco della corrente è assicurata dalla polarizzazione inversa del diodo D2. Anche in questo caso si ha tuttavia la circolazione di una debole corrente diretta di fuga, che assume il carattere di una scarica a valanga solo quando la tensione di polarizzazione raggiunge un valore limite VD analogo a quello per cui avviene la scarica in senso inverso. In conclusione nel tiristore è interdetta la circolazione di correnti rilevanti sia dirette che inverse. Il comportamento di blocco fin qui descritto è rappresentato dalla curva caratteristica del tiristore, riportata in Fig.7. H.1 Innesco del tiristore. Se in un istante t in cui il tiristore è polarizzato direttamente si applica fra l'elettrodo di controllo G e il catodo K una tensione che provochi la circolazione da G verso K di un debole impulso di corrente anche di durata molto breve, si verifica lo sblocco immediato del diodo D2 e il tiristore assume una caratteristica di conduzione del tutto paragonabile a quella di un diodo a giunzione direttamente polarizzato; esso ammette cioè il passaggio di una corrente diretta dall'anodo verso il catodo di intensità anche elevata, a cui corrisponde il tratto OF della caratteristica. L’SCR può essere visto infatti come l’interconnessione di due transistor, un pnp ed un npn. E’ importante notare che la base di ciascun transistor è pilotata con una corrente che è volte la sua corrente di collettore Se il prodotto dei guadagni dei due transistor è superiore all’unità, si può dimostrare che, una volta che un po’ di corrente sia cominciata a scorrere, i due transistor si piloteranno a vicenda fino alla saturazione. Un breve impulso al terminale di gate è una possibile strada per dare il via a questo processo. E’ importante ricordare che, una volta che l'impulso di corrente impresso all'elettrodo di controllo ha eliminato la situazione di blocco del tiristore e lo ha condotto in stato di conduzione, la nuova situazione permane inalterata anche dopo la fine dell'impulso stesso: l'elettrodo G dunque perde il controllo del tiristore e lo riacquista solo quando il dispositivo sarà ritornato in condizione di blocco. Quest'ultimo fatto si verifica quando la corrente che attraversa il tiristore da A a K scende per qualsiasi ragione al disotto di un determinato valore IDm (corrente di automantenimento). Dall'esame delle caratteristiche si può osservare che il comportamento del tiristore nello stato di blocco è assimilabile a quello di una resistenza di valore molto elevato, mentre nello stato di conduzione esso corrisponde abbastanza bene a quello di una resistenza di valore molto basso: si parla in questo senso di resistenza di blocco e di resistenza di conduzione del tiristore. Si sono realizzati tiristori aventi resistenze di blocco dell'ordine di 100 k e resistenze di conduzione dell'ordine di 0,01 . La 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 15 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 corrente di conduzione del tiristore è limitata soltanto dal pericolo che l'eccessiva potenza dissipata sul dispositivo lo porti a temperature troppo elevate: la corrente massima di conduzione IM varia da tipo a tipo di tiristore e può raggiungere valori dell'ordine delle migliaia di ampere; mentre le tensioni sopportabili, dirette e inverse, sono dell'ordine di alcuni kilovolt. Il più importante impiego dei tiristori si ha nella conversione industriale delle tensioni alternate (monofasi o trifasi) in tensioni continue, con ottima possibilità di regolazione. I. I GTO. Il termine GTO deriva da Gate Turn-Off thyristor per intendere un componente a semiconduttore della famiglia dei tiristori, che presenta tre terminali: i due principali A (anodo) e K (catodo) e quello di controllo G (gate). Un simbolo frequentemente impiegato per rappresentarlo è quello di Fig.4 a). Le sue caratteristiche sono poco inferiori a quelle degli SCR, con in più la pregevole proprietà che un impulso negativo di corrente applicato al terminale di controllo mentre il dispositivo è in stato di conduzione (ON) consente di interdire la corrente e commutare il GTO nello stato di blocco (OFF). Perciò il GTO è attualmente il dispositivo a semiconduttore dotato di comando di spegnimento, capace di essere interessato dalle più alte tensioni e correnti. Il passaggio dallo stato di blocco diretto a quello in conduzione avviene in modo del tutto simile a quello dell'SCR mediante un impulso positivo di corrente al gate. Il passaggio inverso si ottiene prelevando dal gate G una corrente sufficientemente elevata (in pratica dal 20 al 25% della corrente di conduzione). Si osservi come tale intervento non sia efficace per gli SCR perché la conformazione estesa della loro giunzione G1, impedisce che un impulso negativo di corrente (di ampiezza sopportabile dall'SCR) riesca a interessare tutta la b) sezione del componente. Per ottenere questo risultato i GTO hanno una struttura interna ottimizzata all'uopo, che purtroppo comporta anche capacità di blocco diretto leggermente inferiori di quelle dei normali tiristori e cadute di tensione un po' maggiori. Le caratteristiche di uscita di un GTO possono essere rappresentate Fig.4 – GTO come in Fig.4- b) ove è evidenziata la possibilità di comandare sia l'accensione che lo spegnimento del componente. I GTO si stanno comunque affermando come gli interruttori statici a semiconduttore più adeguati per tutti i convertitori a commutazione forzata di elevata potenza (tipica applicazione è la trazione elettrica ferroviaria). Possono avere tensioni di tenuta diretta e inversa fino a 4000 V e correnti fino a 3000 A. J. Evoluzione dei dispositivi di commutazione. I limiti di tensione e di corrente per i dispositivi elettronici di commutazione continuano a crescere. Appaiono inoltre nel mercato nuovi componenti, più efficienti e veloci dei loro predecessori, con costruzioni più compatte e dunque meno ingombranti. La Tab.I.2.5.a riporta i limiti di tensione e corrente per gli attuali dispositivi di commutazione. L'aumento di potenza gestibile con gli interruttori statici è legato all'aumento dell'area di wafer di silicio utilizzabile, che a sua volta si è ingrandita per la possibilità tecnologica di distribuire in modo uniforme le impurità nel processo di diffusione nel silicio. Gli IEGT (Injection-Enhanced Gate Transistor) sono stati sviluppati da Toshiba come evoluzione degli IGBT. Essi integrano una resistenza termica estremamente bassa con perdite ridotte di 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 16 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 conduzione, e sono perciò adatti per applicazioni in cui si desideri ottimizzare gli ingombri e l'efficienza. La massima resistenza termica giunzione-contenitore (junction-to-case thermalresistance) è di soli 8°K/kW. Un contenitore in Alluminio Silicio Carbonio (AlSiC) permette di facilitare poi la dissipazione del calore verso l'ambiente e di aumentare il tempo di vita del componente. I componenti IEGT sono adatti ad applicazioni di alta potenza, che includono azionamenti per trazione elettrica (locomotive e tram), UPS (uninterruptible power supplies), impianti di trasmissione e distribuzione dell'energia. Le dimensioni dell'IEGT MG1200FXF1US53 (3.3 kV, 1.2 kA, one-to-one) sono 140 x 190 x 38mm. Gli HVIGBT (High voltage IGBT) e gli HVIPM (High Voltage Intelligent Power Modules) sono stati sviluppati da Mitsubishi per sostituire i GTO (Gate Turn-Off Thyristor) e i transistor di potenza. E' stata prestata una grande attenzione nell'aumentarne l'affidabilità rispetto ai dispositivi citati. Si sono ad esempio introdotte tecniche di wire-bonding, di saldatura sotto vuoto per eliminare le bolle vuote, e la successiva ispezione ai raggi X delle saldature interne. Rispetto ai GTO, i nuovi componenti possono essere pilotati in tensione, per ridurre le dimensione dei circuiti di pilotaggio, e permettono frequenze di commutazione più elevate (fino a 3 kHz). Rispetto ai GTO, hanno anche pesi ed ingombri ridotti, e ridotta circuiteria esterna. Tab.I.2.5.a - Limiti tecnologici per interruttori di potenza (anno 2000). dispositivo massima tensione massima corrente costruttore IGBT (Insulated Gate Bipolar Transistor) 3.3 kV 1.2 kA diversi 4.5 kV 1 kA 6.5 kV 0.6 kA Eupec IEGT (Injection-Enhanced Gate Transistor) 3.3 kV 1.2 kA Toshiba GTO (Gate Turn-Off Thyristor) 6 kV 6 kA Mitsubishi HVIGBT (High Voltage IGBT) 3.3 kV 1.2 kA Mitsubishi HVIPM (High Voltage Intelligent Power Modules) 3.3 kV 1.2 kA Mitsubishi 4.5 kV 4 kA Mitsubishi ETO (Emitter Turn-Off Thyristor) 6 kV 4 kA CPES IGCT (Integrated Gate Commutated Thyristor) 5.5 kV 2.3 kA ABB 10 kV 2 kA ABB 7.5 kV 1.65 kA Powerex 12 kV 1.5 kA Powerex GCT (Gate Commutated Turn-Off Thyristor) SCR (Silicon Controlled Rectifier) Rispetto agli HVIBGT, gli HVIPM includono sofisticata circuiteria interna di controllo e protezione, che elimina virtualmente tutti i guasti che normalmente possono affliggere un IGBT. Un esempio di schema a blocchi di un HVIPM è riportato in Fig.I.2.5.a. 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 17 di 18 Componenti Elettronici vers. 2.0 Fig.I.2.5.a - Schema a blocchi di un HVIPM (Courtesy of Mitsubishi Co, Japan) I picchi energetici (surge) di tensione durante lo spegnimento vengono monitorati attraverso un sensore di corrente, come pure le sovracorrenti in conduzione (desaturation) e la tensione di alimentazione insufficiente (supply undervoltage). Le applicazioni più frequenti degli HVIGBT e HVIPM sono nella trazione (power trains) e nei laminatoi delle acciaierie (steel mill equipment). La ricerca su questi componenti è ora rivolta verso la diminuzione delle perdite ed il contemporaneo aumento della loro frequenza di commutazione. I GCT (Gate Commutated Turn-Off Thyristor) sono stati studiati come ulteriore alternativa ai GTO, per rimanendo tecnologicamente dei tiristori. Ad essi si possono accumunare anche gli ETO (Emitter Turn-Off Thyristor), sviluppati dal Virginia Tech e gli IGCT, sviluppati dalla ABB. In tutti i casi si tratta di componenti sviluppati con un'attenzione particolare per ottenere la minima induttanza di gate possibile (pochi nH, cento volte più piccola dei GTO), in modo che sia possibile far transitare attraverso il gate la corrente di drain, allo scopo di forzare lo spegnimento del componente, in tempi brevissimi. La corrente nel gate durante lo spegnimento (turn-off) ha derivate dell'ordine di diversi kA/s, pur mantenendo tensioni di gate di soli 20 V. Rispetto ai GTO, anche i GCT hanno frequenze di commutazione maggiori (attorno ai 2-3 kHz) e perdite di commutazione ridotte di quasi il 50% a carico. Risulta anche più facile il parallelo e la serie dei componenti, comuni nelle applicazioni che richiedono tensioni e/o correnti più elevate di quelle che il singolo componente è in grado di sopportare. La tendenza attuale è quella verso la ricerca di dispositivi in grado di commutare a frequenze più alte, con minori perdite, tensioni e correnti più alte, ingombri e pesi minori. 2007 - S.Bolognani, M.Zigliotto 18 di 18