OSPEDALI/RADIOLOGIA QUANDO IL RISCHIO VIAGGIA SUL MEZZO DI CONTRASTO Talvolta in radiologia, nell’attesa di una Tac o di una Risonanza magnetica, ci viene fatto leggere un foglio che illustra come l’esame potrà richiedere l’impiego di un mezzo di contrasto, con l’elenco dei possibili inconvenienti che questo può causare. Ma cosa sono i mezzi di contrasto, e quando vanno usati? “I mezzi di contrasto sono a tutti gli effetti dei farmaci spiega Fulvio Stacul, direttore della Radiologia dell’ospedale Maggiore e rappresentante italiano nel Contrast Media Safety Committee che si occupa a livello europeo di produrre le linee guida sull’impiego dei mezzi di contrasto – Si tratta però di farmaci molto particolari perché non hanno un’azione terapeutica ma permettono di vedere di più, di modificare l’immagine che otteniamo facendo una radiografia, una Tac, una risonanza magnetica, o anche un’ecografia”. Dottor Stacul, è sempre indispensabile usare il mezzo di contrasto? Non è sempre necessario. Spesso anche l’esame senza l’impiego del mezzo di contrasto è adeguato ai fini diagnostici. La scelta di utilizzarlo o meno viene fatta dal radiologo sulla base del quesito clinico (è indispensabile quindi esserne a conoscenza con precisione) e dei rilievi che possono emergere nell’eventuale esame preliminare senza mezzo di contrasto. A quali rischi ci si sottopone quando sono usati questi strumenti diagnostici? Il rischio dipende dal tipo di prodotto e dalla sua via di somministrazione, ma va detto che è molto basso. Se il contrasto è somministrato per bocca, per un esame radiologico del tubo digerente, i rischi sono quasi nulli. I contrasti iniettati in una vena o in un’arteria per un esame radiografico o una Tac suscitano spesso preoccupazione nel paziente, ma il rischio del loro impiego è probabilmente inferiore a quello dell’uso dell’aspirina. I mezzi di contrasto denominati non ionici, in uso ormai da trent’anni, possono causare reazioni di tipo allergico quali nausea o orticaria, che si verificano in un caso su 100. Reazioni severe, con problemi respiratori fino allo shock anafilattico sono rare, in un caso su 6 mila. E va chiarito come queste reazioni si verifichino per lo più in pazienti a rischio, che hanno avuto reazioni in precedenza o hanno importanti problemi allergici. E’ importante quindi che il radiologo ne sia a conoscenza. Esserne a conoscenza può quindi aiutare a prevenire? Certamente. Si può consigliare una semplice profilassi assumendo alcuni farmaci per bocca per uno o due giorni prima dell’esame. Va comunque anche chiarito, che nel caso raro in cui la reazione si verifichi, il personale è addestrato a farvi fronte. Gli operatori frequentano infatti regolarmente corsi specifici che li mettono in condizione di usare in modo corretto i farmaci e le apparecchiature necessarie. Ci sono altri problemi oltre a quelli di tipo allergico? I mezzi di contrasto usati per gli esami radiologici e la TAC possono talora peggiorare la funzione renale, ma ciò si verifica quasi esclusivamente in pazienti a rischio, per lo più soggetti con funzionalità renale già compromessa, soprattutto se diabetici. Il danno è spesso lieve e transitorio. Anche qui sapere che il paziente è a rischio aiuta a prevenire il danno. Anche i mezzi di contrasto usati in risonanza magnetica e ecografia possono dare problemi? Sì, ma ancor più di rado ed essenzialmente in categorie di pazienti ben definite, in particolare pazienti già in dialisi che si sottopongono a risonanza magnetica o pazienti con gravi problemi cardiaci che effettuano un’ecografia con mezzo di contrasto. Insomma, i mezzi di contrasto danno problemi raramente e perlopiù in categorie di pazienti ben definite. La preoccupazione dev’essere quindi ridimensionata? Questo è vero. Ma è altrettanto vero che per minimizzare il problema il radiologo deve essere consapevole di tutti i fattori di rischio. E qui serve la collaborazione con il medico curante, che deve fornire le informazioni necessarie. Si sta producendo a livello regionale un documento che auspicabilmente porterà a migliorare la gestione dei pazienti a rischio condividendo le strategie. Per quanto riguarda il paziente, legga con attenzione le informazioni che sono contenute sui moduli di consenso informato. E non abbia timori a chiedere ulteriori delucidazioni, se necessarie.