MEDICINA Cos’altro comprende la diagnostica per immagini a diagnostica per immagini, o imaging, termine utilizzato per indicare tutte le modalità di formazione delle immagini biomediche utilizzate a scopo diagnostico e terapeutico, comprende la radiologia, convenzionale e digitale, la tomografia computerizzata, l’ecografia, la risonanza magnetica, la radiologia interventistica, nonché, pur nella sua peculiarità, la medicina nucleare. Tutte queste tecniche utilizzano l’energia generata da una sorgente e misurano l’interazione fra questa energia e l’organo di cui si vuole ottenere un’immagine, definito organo bersaglio. Quando l’energia prodotta dalla sorgente, propagandosi nello spazio (fenomeno della radiazione), incontra l’organo bersaglio, una parte di essa viene deviata, una parte rifratta, propagandosi attraverso (ed eventualmente oltre) il bersaglio modificandone le caratteristiche chimico-fisiche, e una parte viene assorbita dall’organo bersaglio stesso. Lo studio quantitativo delle caratteristiche dei suddetti fenomeni fisici (deviazione, rifrazione e assorbimento), che variano al variare dei tessuti e degli organi interessati e della tecnica di diagnosi, permette la formazione dell’immagine su un idoneo supporto. Le tecniche di imaging sono caratterizzabili sulla base della risoluzione dei dettagli e del contrasto con il quale rivelano differenti tipologie di tessuti. La tecnica di diagnostica per immagini è la risonanza magnetica (RM). L’indagine si fonda su un fenomeno fisico complesso, chiamato “risonanza del protone dell’idrogeno”, che si verifica quando questo sia sottoposto all’azione di un intenso campo magnetico e, nel contempo, a esso v e n g a c e d u ta energia tramite l’irradiazione con un’onda di radiofrequenza. L’energia ceduta viene riemessa dal protone e opportunamente localizzata da una particolare antenna; poiché il corpo umano è composto in gran parte da acqua, il segnale di tutti i protoni risonanti determina una magnetizzazione macroscopica, che ha caratteristiche diverse a seconda della modalità di emissione degli impulsi di radiofrequenza. L’indagine ha una risoluzione di dettaglio per lo più inferiore a quella della TAC, ma ha un contrasto notevolmente superiore; essa permette inoltre una visione del corpo in tutti i piani dello spazio, e non solo in quello trasversale, come nel caso della TAC. La prima tecnica di diagnostica per immagini a essere scoperta e utilizzata è stata la radiologia, la cui nascita è legata alla scoperta, dovuta a W.C. Rontgen (1895), della proprietà dei raggi X di attraversare il corpo umano e di impressionare l’emulsione di una pellicola fotografica. L’evidenza radiologica delle strutture del corpo umano e di eventuali loro condizioni patologiche si basa sull’esistenza di differenze di contrasto tra tessuti diversi, cioè sul fatto che i vari tessuti hanno caratteristiche di trasparenze diverse al passaggio dei raggi X. Tuttavia molto spesso, il contrasto “naturale” degli organi del corpo umano e delle loro possibili lesioni non è sufficiente per consentirne l’evidenziazione. Per tale motivo, fin dall’inizio della radiologia e negli anni successivi, è stata sviluppata una serie di mezzi di contrasto artificiali, cioè di sostanze relativamente opache ai raggi X, opportunamente immesse negli organi corporei, che permettono di incrementare la visibilità radiologica naturale dei vari organi. A partire dagli anni ’70 la diagnostica per immagini ha intrapreso uno straordinario percorso evolutivo, dapprima con l’avvento della ecografia e della tomografia computerizzata, poi con quello della risonanza magnetica. La tomografia assiale computerizzata (TAC) si fonda sulla ricostruzione, operata dal calcolatore, delle densità degli strati del corpo umano che viene attraversato da un fascio collimato di raggi X (l’operazione di collimazione consiste nel confinare le radiazioni in un fascio parallelo, di sezione costante, oppure in un angolo solido di ben definita ampiezza; il vantaggio derivante dall’impiego di un fascio collimato migliora, in generale, la capacità di risoluzione di uno strumento). Nel suo percorso, l’energia di tale fascio diminuisce in proporzione alla densità dei diversi tessuti, e l’attenuazione viene misurata da rivelatori situati sul lato opposto del tubo radiogeno, rispetto al paziente; il calcolatore, poi, converte i valori di attenuazione in una scala di grigi che fornisce l’immagine visibile. Anche in questo settore il progresso tecnologico ha permesso di passare dai primi apparecchi che eseguivano una rotazione intorno al paziente in diversi minuti a quelli attuali, che hanno un tempo di rotazione dell’ordine delle frazioni di secondo. La TAC è stato il primo esame non invasivo a consentire di eseguire indagini all’interno della scatola cranica; per la sua elevatissima risoluzione e il notevole contrasto costituisce l’indagine principe in numerose condizioni patologiche. L’ecografia sfrutta il principio della riflessione delle onde ultrasonore. Già i primi apparecchi consentivano di differenziare facilmente formazioni prive di echi, perché a contenuto liquido, quali le cisti, da formazioni ricche di echi, perché solide, come i tumori. Il progresso tecnologico ha poi permesso di perfezionare sempre di più gli apparecchi ecografici, capaci di fornire immagini ricche di dettagli. L’ecografia e la risonanza magnetica hanno il vantaggio, rispetto alla radiologia e alla TAC che fanno uso di raggi X, di non usare radiazioni ionizzanti e sono pertanto del tutto prive di effetti biologici, non comportando quindi alcun rischio per il paziente. Ciascuna tecnica di diagnostica per immagini presenta dei limiti di “potenzialità informativa”, per cui, per ora, si può escludere che una metodica sia in grado di soppiantare tutte le altre. Questa circostanza ha portato ad abbandonare l’approccio “monofasico” della radiologia tradizionale, in favore di un approccio “polifasico”, che prevede l’apporto integrato delle varie metodiche. Andreina Baccaro Dr.ssa in Scienze della Comunicazione pugliasalute - ventisette - settembre 2006