Oggetto: concorso di scrittura creativa Sofia Marcelli IVC LA SOLIDARIETA’ Nell’antica tradizione popolare di Eretria, la luna è conosciuta come “l’Occhio di Artemide”. Quand’è spalancato, l’Occhio allontana il male, o induce alla pazzia chi commette azioni malvagie sotto il suo sguardo. Quand’è chiuso, sotto forma di falce, permette che le imprese compiute sia nel bene sia nel male passino inosservate. Anche quella sera, come tante altre, la piccola Erissa, appollaiata sul ramo del grande ulivo che sorgeva imponente nel suo orto, osservava incantata il cielo, affascinata dall’Occhio che la guardava dall’alto. La bambina era sempre stata incantata dalle antiche leggende, quelle che la madre le raccontava tutte le sere prima di andare a dormire. Rimuginava a lungo sulle storie di eroi e dei, che le avevano ispirato molti sogni popolati da magiche creature. Sentì all’improvviso una voce che la chiamava: - Erissa, ancora su quell’albero? Scendi o prima o poi ti romperai una gamba.- La bambina con ancora un pulcino di civetta tra le mani, volse il viso, illuminato dalla luce perlacea della luna, verso il fratello e rispose: - Ghitos, sei tu. Mi hai spaventata. Atena non permetterà che questi piccoli rimangano orfani: la loro madre tornerà, ne sono sicura.- Ghitos le rivolse un sorriso e andò a parlare con i genitori che si trovavano sotto il pergolato vicino casa. Erissa scese dal ramo con un agile balzo, atterrando sul terreno appena arato. - Figlio mio, hai sentito parlare della grande rivolta, messa in atto dalle colonie d’Asia Minore?- disse il padre, mentre la madre era intenta a rammendare. - Si, è di questo che ti volevo parlare: da molto tempo ormai le colonie greche d’Asia sono sotto il controllo dei satrapi persiani e sono costrette a versargli ingenti tributi, ma recentemente il tiranno di Mileto, Aristagora ha messo in atto una ribellione e ha scacciato i satrapi dalla polis. questo ha acceso una serie di ribellioni in tutta la Ionia. Le colonie si stanno coalizzando, per riavere la libertà e cacciare i barbari. Ma sanno che da soli non possono farcela, la potenza persiana è troppo forte, perciò Aristagora ha chiesto aiuto alla madrepatria, ma solo Atene ed Eretria hanno risposto positivamente. Io mi sono arruolato e tra cinque giorni partirò.- concluse il discorso e voltandosi vide l’espressione preoccupata della sorella, che aveva ascoltato la conversazione. 1 - Non partire. Io non voglio.- abbracciò il fratello. - Ma questo è un gesto di solidarietà verso i nostri fratelli della Ionia.- - Solidarietà? Che cos’è?- era qualcosa di cui non aveva mai sentito parlare, né tra le persone né nei suoi amati miti. - La solidarietà è qualcosa che lega tutti: le poleis greche sono unite dalla stessa cultura e sono un’unica nazione ideale. E’ vero che sono spesso divise da contrasti, ma si uniranno per sconfiggere un nemico comune. Noi abbiamo il dovere di difendere la nostra libertà e il nostro modello democratico, a cui si ispireranno i molti che verranno dopo di noi -. I giorni passarono in fretta , e presto arrivò quello della partenza. Ghitos si trovava già nel porto, i gemiti di dolore della madre si sommavano alle lacrime del padre, troppo vecchio per partire: ma sarebbe partito ben volentieri al posto del figlio, che tanto amava. - Dov’è Erissa?- chiese Ghitos - Ha detto che doveva aspettare qualcuno, e poi sarebbe venuta.- rispose la madre, singhiozzando senza ritegno. - Presto la nave salperà, spero che si sbrighi, altrimenti non la potrò salutare- Nell’aria riecheggiò il suono della campana che avvisava i soldati della partenza imminente. Ghitos si guardò attorno, senza trovare alcuna traccia della sorella. Rassegnato stava per incamminarsi verso la nave, quando sentì il grido di Erissa vibrare nell’aria, si voltò e la vide correre verso di sé. Abbracciò il fratello e gli mise al collo una collana, fatta di spago e perline colorate con al centro una bellissima piuma bianca. - Guarda lassù. Ti è venuta a salutare! Mi ha dato una sua piuma come talismano.nel cielo terso planava una bellissima civetta candida, volava bassissima tanto che se ne potevano scorgere i grandi occhi azzurri. Fece due giri nell’aria e poi volò via. I giorni passarono inesorabilmente, ad Eretria giungevano raramente notizie dal fronte. Quel giorno arrivò la notizia che i Greci erano riusciti a penetrare nella città di Sardi e avevano raso al suolo alcuni quartieri della città sulla quale regnava Artaferne, il fratello del Gran Re Dario. Erissa sentì una grande angoscia, dopo aver appreso la notizia, corse a casa e la raccontò ai genitori, che esultarono pensando che presto il figlio sarebbe tornato vittorioso. Ma Erissa non condivideva lo stesso pensiero: “ il fratello del re persiano è il satrapo di Sardi, questo vuol dire che presto Re Dario si vendicherà.” Ma non volle dire niente ai genitori per non farli preoccupare ulteriormente. Uscì di casa, con una strana sensazione che le annodava lo stomaco, si diresse verso l’ulivo, lì vi trovo la civetta appollaiata su un ramo, che finalmente si prendeva cura dei suoi piccoli, il suo sguardo malinconico rispecchiava i sentimenti della bambina. La piccola Erissa, si svegliò, si ritrovò nel suo letto madida di sudore. Il brutto presentimento che l’aveva accompagnata per tutto quel tempo non l’aveva mai 2 abbandonata. Quella notte, Erissa si alzò, appena aprì gli occhi li sentì pizzicare e dopo averli stropicciati per qualche minuto, non riuscì a rendersi conto di quello che stava succedendo. La stanza e l’intera casa era satura di fumo. Aprì disperata la finestra e vide l’intera città avvolta e rosa dalle fiamme. Corse nella stanza dei genitori, premendosi sul volto un panno umido. Era invasa da un fumo grigio e denso, i genitori erano ancora distesi nel letto, si avvicinò li scosse e li chiamò ad alta voce, ma niente, non rispondevano e non davano segni di vita. Con gli occhi straripanti di lacrime pose le dita sui polsi freddi dei genitori. Erano morti soffocati dal fumo. Erissa uscì dalla casa ormai in fiamme. Arrivò senza volerlo al suo ulivo. La civetta era lì, la guardava dall’alto del suo nido, dal quale scaturiva una benefica luce bluastra, che non permetteva alle fiamme di lambire l’albero sacro. Poi si trasmutò in Atena che planando con le sue possenti ali bianche, le indicò un buco profondo nel tronco dell’albero. Erissa ipnotizzata dalla luce argentea che la dea emetteva, si intrufolò nel foro e si strinse le ginocchia al petto. L’ultima cosa che vide, fu il fuoco che avvolgeva la sua città, riflesso negli occhi della dea. La sacerdotessa avanzava lungo la navata centrale del tempio di Atena, con passo deciso facendo oscillare la lunga tunica bianca che le lambiva le caviglie sottili. Arrivò all’altare, si inginocchiò davanti alla statua della dea trionfante e ricoprì l’altare di fiori, come offerta. Sentì un suono di passi rimbombare nel tempio. La sacerdotessa si voltò, sapendo già in cuor suo di chi fossero quei passi. Vide Temistocle avanzare verso di lei, lo stratega di Atene si prostrò dinnanzi all’altare di Atena: - Rassegnati, Ghitos è morto dieci anni fa in Asia Minore.- - Io credo che sia vivo e ancora di più credo che Atena lo abbia protetto per tutto questo tempo.- rispose Erissa. Le parole di Temistocle le ricordarono quelle che pronunciava sempre la Madre sacerdotessa, che l’aveva allevata fin da piccola. L’aveva trovata sulla soglia del tempio, mal ridotta, affamata e in fin di vita. Le era sembrato un miracolo che fosse l’unica sopravvissuta di Eretria. Ma come la piccola fosse comparsa ad Atene rimase un mistero. La Madre sacerdotessa aveva fin da subito accolto il segno della dea: quella bambina era speciale, l’aveva quindi curata come la figlia, che non aveva mai avuto e la iniziò alle arti sacerdotali. Ma Erissa non aveva mai smesso di pensare al fratello e pregava la dea di riportarglielo e di custodirlo come aveva fatto con lei. Fu riscossa dalla voce di Temistocle: - Dopo la vittoria a Maratona, l’esercito persiano sembrava non rappresentare più una minaccia, soprattutto dopo la morte del re Dario. Ma con l’ascesa al potere dell’ambizioso figlio Serse, l’esercito nemico si è riarmato e sta marciando in Tracia, mentre la possente flotta si sta dirigendo verso le Cicladi. Presto saremo circondati sia via terra sia via mare. Ma questa volta non rifaranno lo stesso errore di dieci anni fa, non ci sottovaluteranno, ma ci combatteranno con tutta la forza a loro disposizione. Sono venuto qui per avere un tuo oracolo.- 3 In quel preciso momento un vento caldo attraversò la navata del tempio spegnendo le lucerne che lo illuminavano, una sola lampada rimase accesa, quella centrale. Il volto della sacerdotessa d’un colpo si fece serio e teso, illuminato a tratti dalla flebile luce che era rimasta. Lo stratega fu costretto a ridurre gli occhi a due sottili fessure, troppo sensibili per resistere all’incenso aromatico che saturava l’aria. Poi all’improvviso la voce della sacerdotessa si fece profonda e cadde in trans: - Γνῶθι σεαυτόν: è necessario che le poleis si alleino tra loro. Manda dei messaggeri e chiedi loro di riunire tutti i capi per ideare insieme un piano di battaglia. Lascia il comando delle forze di terra agli Spartani e quello di mare agli Ateniesi. Posiziona l’esercito e la flotta in punti strategici: alle Termopili e all’Artemision. Due luoghi dove il numero non conta, ma solo il coraggio e la strategia. L’esercito di terra occuperà e sfoltirà il più possibile l’esercito nemico, mentre la flotta, all’imboccatura dell’Eubea, cercherà di affondare il maggior numero di navi possibile. Se questo piano dovesse fallire fai in modo che i nemici avanzino fino ad Atene. Dopo di che fai evacuare la popolazione nell’isola di Salamina, e attira la flotta nemica nello stretto braccio di mare che separa Atene dall’isola: le navi persiane sono grandi e pesanti, mentre le triremi ateniesi sono leggere e maneggevoli; lì le navi nemiche non avranno facilità di manovra e saranno un facile bersaglio per le triremi-. - Grazie sacerdotessa-. Il generale pallido e turbato se ne andò dopo essersi inchinato davanti alla statua di Atena, che lo guardava altera con i suoi occhi di marmo. Lo Spartiata che aveva accompagnato il re Leonida notò subito la sacerdotessa di Atena, nell’assemblea della Lega panellenica. Temistocle l’aveva supplicata affinché fosse venuta per portare con sé il consiglio e la benedizione della dea. Appena i loro sguardi si incrociarono un fiume di ricordi riaffiorò. I due fratelli si appartarono in un angolo del cortile, lontano dalla politica, dalle alleanze e dalle strategie. Da lontano giungevano le voci ovattate dei capi che discutevano il piano da seguire. Tutti uniti contro un unico nemico, uniti nella guerra ma non nella pace. Il guerriero posò a terra il pesante elmo e lo scudo possente, con l’effige di una civetta. La sacerdotessa gli saltò al collo per la prima volta dopo dieci anni. - Ci ritroviamo così, dopo tanto tempo in due uniformi che non ci rappresentano: io Spartiata e tu sacerdotessa, io di Sparta tu di Atene-. - Ghitos, sapevo che eri vivo. Ho pregato a lungo la dea dagli occhi ceruli e ora sei qui-. rispose commossa Erissa. Il giovane ricordò cosa era avvenuto dieci anni fa in Asia. La disgrazia si era abbattuta sull’esercito greco. I Persiani avevano ucciso molti soldati, molti altri erano stati deportati. Poi si era sentito trafiggere da una spada, aveva visto le tre Parche: stavano per recidere 4 il filo della sua vita, ma poi come in un sogno una grande civetta canuta, l’aveva avvolto con le sue grandi ali. Dopo si risvegliò a Sparta. Un vecchio Spartiata l’aveva curato. Si era sentito morire quando era venuto a sapere che Eretria era stata rasa al suolo e la sua famiglia sterminata. Ma ora dopo tutto quel tempo i fratelli si erano finalmente ritrovati. Ma per poco, si sarebbero di nuovo separati, ma stavolta per sempre. Lui sarebbe partito per le Termopili e avrebbe perso la vita da grande soldato. Lei invece sarebbe morta nell’acropoli di Atene, nel tempio della sua dea, dopo la sua distruzione da parte dei Persiani. Ma qualcosa di loro era rimasto. Una grande parola, per la quale avevano lottato, per la quale avevano dato tutto e per la quale avevano perso tutto. Quella parola risuonò ancora una volta nelle fredde stanze del tempio dato alle fiamme e sull’arido campo di battaglia, dove non avrebbe contato il numero, ma solo il coraggio e la strategia degli uomini. Quella parola risuonò ancora una volta sotto il cielo notturno illuminato dal grande Occhio spalancato e solcato da una maestosa civetta dagli occhi azzurri, e l’eco di quella parola diceva solo una cosa: “solidarietà”. 5