Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 1 MODULO A Fisica di base dei semiconduttori CAP 1 GIUNZIONE PN 1 CONDIZIONI DI EQUILIBRIO DELLA GIUNZIONE Giunzione non in equilibrio 2 CARATTERISTICA CORRENTE-TENSIONE DELLA GIUNZIONE Influenza della temperatura sulla giunzione 3 COMPORTAMENTO DINAMICO DELLA GIUNZIONE 4 CONTATTI E GIUNZIONI METALLO-SEMICONDUTTORE 5 FABBRICAZIONE DI STRUTTURE DI SEMICONDUTTORI Selezione delle aree, ossidazione Metallizzazione Giunzioni epitassiali Tecniche di incapsulamento Prerequisiti Conoscenze basilari di chimica: principali elementi della tavola periodica, struttura dell’atomo, legami chimici. Concetti fondamentali della teoria quantistica della materia. Meccanismi di conduzione elettrica nei materiali semiconduttori. Conoscenze Conoscenze Meccanismi di funzionamento di una giunzione PN. Effetto della polarizzazione diretta e inversa di una giunzione PN. Caratteristica corrente-tensione ed effetto delle variazioni di temperatura. Comportamento statico e dinamico di una giunzione PN. Caratteristiche della giunzione metallo-semiconduttore. Competenze Saper valutare le caratteristiche elettriche di una giunzione PN. Saper applicare le conoscenze teoriche di base al comportamento dei principali dispositivi elettronici. Vol. 2 - MODULO A 1 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 2 CAP 1 GIUNZIONE PN Concetti chiave Affinità elettronica Barriera di potenziale Capacità di diffusione Capacità di transizione Corrente di deriva Corrente di diffusione Diffusione allo stato solido Effetto valanga Effetto Zener Estrazione di portatori minoritari Giunzione epitassiale Lavoro di estrazione Mascheratura Metallizzazione Resistenza termica Tensione di breakdown Tensione di giunzione Tensione di soglia Tensione diretta Tensione inversa Zona di svuotamento La giunzione PN è costituita da regioni di semiconduttore nelle quali la distribuzione non uniforme delle impurità produce un cambiamento, di solito brusco, da materiale di tipo P a materiale di tipo N. Nella zona di tipo P predominano le impurità accettrici, e quindi vi è una concentrazione predominante di lacune; nella zona di tipo N predominano le impurità donatrici, e quindi vi è una concentrazione predominante di elettroni. I due gradienti di concentrazione fanno sì che che gli elettroni e le lacune che si trovano nei pressi della zona di giunzione tendano a diffondere nella zona adiacente: le lacune dalla zona di tipo P verso quella di tipo N, gli elettroni dalla zona di tipo N verso quella di tipo P. Il flusso di diffusione delle cariche attraverso il piano della giunzione crea, per il fenomeno della ricombinazione, uno squilibrio di carica sia nella zona di tipo P sia nella zona di tipo N. Nei pressi del piano di giunzione prevalgono le cariche spaziali degli atomi donatori e accettori ionizzati: nella zona di tipo P si crea una zona caricata negativamente, in quella di tipo N si crea una zona caricata positivamente. Lo squilibrio di carica determina una differenza di potenziale o barriera di potenziale, vicino al piano della giunzione. Il campo elettrico, associato alla barriera di potenziale, è diretto dalla zona di tipo N verso quella di tipo P, e pertanto si oppone al moto di diffusione dovuto ai gradienti di concentrazione degli elettroni e delle lacune (elettroni dalla zona di tipo N verso la zona di tipo P) e a quello delle lacune dalla zona di tipo P verso la zona di tipo N. Il fenomeno della diffusione delle cariche maggioritarie dovute ai gradienti di concentrazione è quindi un fenomeno che si autolimita, raggiungendo in breve tempo una condizione di equilibrio 4 ( Fig. 1). Alla condizione di equilibrio, la zona di svuotamento si estenderà ai lati della giunzione con una profondità inversamente proporzionale alla concentrazione di drogaggio: ( x − xP ): ( x − xN ) = ND : N A 1 Nell’esempio mostratoVnella figura l 1.1 le due concentrazioni sono identiche, p = per cui le due zone si estendono ai due lati della giunzione in modo identico. Se la concentrazione di una delle due zone di tipo P o N è minore dell’altra, la zona di svuotamento si estenderà maggiormente nella zona a più basso drogaggio. La tensione della barriera di potenziale della giunzione, detta anche tensione di soglia Vp, è data da: p 2 Vp = VT ⋅ ln p pn dove: = pp rappresenta la concentrazione delle lacune nel semiconduttore di tipo P (maggioritarie) pn rappresenta la concentrazione delle lacune nel semiconduttore di tipo N (minoritarie) VT è la tensione termica VT = KT/q, alla temperatura ambiente (T = 300 K) VT = 25 mV/°C 2 Vol. 2 - MODULO A Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 3 Fig. 1 Formazione della regione di svuotamento: diagramma della carica fissa in una giunzione a gradino all’equilibrio; diagramma della barriera di potenziale. _ + Vp zona P + _ _ + _ atomo accettore _ zona N _ _ + + _ _ + + _ _ + + _ _ + + + _ + _ + + barriera di potenziale atomo donatore – elettrone libero + lacuna densità di carica distanza dalla giunzione potenziale elettrostatico distanza dalla giunzione campo elettrico distanza dalla giunzione Dalla (2) si può ricavare la legge della distribuzione delle cariche omonime per effetto della tensione esistente sulla giunzione. Vp 3 pp = pn ⋅ e V T = D La giunzione PN può essereNinterpretata in termini di bande di energia 4 ( Fig. 2): nelle regioni neutre, le lacune e gli elettroni si trovano nella loro posizione energetica di equilibrio (quella di minima energia), le lacune in cima alla banda di valenza e gli elettroni in fondo a quella di conduzione; Fig. 2 Diagramma dei livelli di energia (a bande) della zona P e N separate e della giunzione PN. + 쑗 쑗 왌 쐌 Vp e atomo donatore ionizzato atomo accettore ionizzato lacuna elettrone libero tensione della barriera di potenziale carica dell’elettrone energia degli elettroni banda di conduzione e · VP banda proibita banda di valenza zona P zona N zona P zona N zona di svuotamento della giunzione PN CAP 1 - Giunzione PN 3 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 4 nella zona di svuotamento le bande assumono un andamento di raccordo fra i livelli energetici delle due zone. Se si applica una tensione fra i terminali della giunzione si possono ottenere due comportamenti diversi. Se la tensione applicata fa sì che la zona di tipo N sia più positiva della zona di tipo P (cioè in modo che la barriera di potenziale aumenti), si parla di tensione inversa 4 ( Fig. 3). La corrente che fluisce attraverso la giunzione è modestissima, in quanto i portatori maggioritari devono superare una barriera di potenziale aumentata; inoltre, nelle due zone ci sono pochissimi portatori minoritari disponibili, per cui la corrente che essi possono sostenere è trascurabile e il comportamento del dispositivo è assimilabile a quello di un circuito aperto. Applicando una tensione di polarità opposta (detta tensione diretta), cioè tale da rendere la zona di tipo N meno positiva rispetto alla zona di tipo P, si ha una riduzione della barriera di potenziale sulla giunzione 4 ( Fig. 3). Tale riduzione favorisce il fenomeno della diffusione dovuto al gradiente di concentrazione; lo spostamento è favorito dalla generazione dei portatori ai contatti applicati alle zone in cui essi sono minoritari. Poiché vi sono molti portatori disponibili per la conduzione, la giunzione PN conduce bene. Questa asimmetria del comportamento elettrico della giunzione, e la distribuzione interna dei portatori e dei flussi di corrente, determinano le principali caratteristiche dei diodi a giunzione. Fig. 3 Diagramma dei livelli di energia di una giunzione PN di polarizzazione inversa e in condizioni di polarizzazione diretta. 쐌 왌 elettrone libero lacuna zona P zona N − zona P zona N + + − corrente elettronica inversa o di dispersione energia degli elettroni energia degli elettroni e · (Vp–V) e · (Vp+V) zona P zona N corrente inversa di lacune corrente elettronica diretta zona P zona N zona di svuotamento della giunzione PN zona di svuotamento della giunzione PN Affinché una giunzione possa manifestare il comportamento descritto è necessario che vi siano deviazioni locali dalla neutralità. Questo fenomeno si verifica soltanto se la concentrazione delle impurità cambia in un breve spazio da una predominanza di accettori a una di donatori. Nel silicio e nel germanio, per esempio, affinché si produca una giunzione è necessario che l’inversione di concentrazione delle impurità avvenga a una distanza non maggiore di 0,1 µm. Se la variazione di concentrazione avviene a distanze maggiori, non ci sarà una sostanziale deviazione della neutralità e la struttura PN si comporterà come un conduttore a due por- 4 Vol. 2 - MODULO A Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 5 tatori di carica nel quale la concentrazione degli stessi varia da punto a punto. La figura 4 mostra la caratteristica ideale di una giunzione PN in cui è evidenziata la brusca variazione della concentrazione delle impurità. La concentrazione netta, N, delle impurità presenti in ciascuna delle due zone, è data dalla differenza tra la concentrazione delle impurità donatrici, ND , e quella delle impurità accettrici, NA: 4 N = ND − N A Nella zona di tipo N prevaleI =la concentrazione delle impurità donatrici o (ND >> NA) per cui la concentrazione netta N è positiva. Nella zona di tipo P prevalgono le impurità accettrici (NA >> ND) per cui la concentrazione netta è negativa. ND e NA rappresentano, rispettivamente, il valore della concentrazione delle impurità nelle zone omogenee di tipo P e di tipo N. Fig. 4 Distribuzione delle impurità in una giunzione a gradino. concentrazione netta delle impurità N ND x 0 _N A tipo P tipo N piano della giunzione 1 CONDIZIONI DI EQUILIBRIO DELLA GIUNZIONE In una zona di tipo P, lontano dalla giunzione, il rapporto fra la concentrazione delle cariche maggioritarie e quelle minoritarie raggiunge valori notevoli: circa 108 e 1014. Nei pressi della giunzione entrambe le concentrazioni dei portatori devono cambiare bruscamente 4 ( Fig. 5). Fig. 5 Concentrazione dei portatori in condizione di equilibrio. La posizione è normale al piano sul quale cambia la concentrazione delle impurità. concentrazione dei portatori (cm–3) 1017 1016 ppo nno 1015 1014 1013 1012 1011 1010 109 npo 108 xp pno 0 piano di giunzione xn CAP 1 - Giunzione PN 5 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 6 All’equilibrio, i gradienti delle concentrazioni dei portatori associati al passaggio dalla zona di tipo N a quella di tipo P vengono bilanciati dal flusso dei portatori spostati dal campo elettrico, associato alla barriera di potenziale elettrostatico, diretto verso la zona di tipo P. Il diagramma mostrato nella figura 6 mostra la distribuzione del potenziale elettrostatico nei pressi di una giunzione PN in equilibrio. Chiamiamo barriera di potenziale la differenza tra i potenziali di equilibrio delle due zone. Per i valori tipici di concentrazione, l’altezza di equilibrio della barriera di potenziale è dell’ordine di pochi decimi di volt. Le lacune, cariche minoritarie, presenti nella zona di tipo N, trovano una condizione energetica favorevole alla discesa della barriera di potenziale verso la zona di tipo P, che possiede un potenziale minore. Le lacune maggioritarie presenti nella zona di tipo P trovano invece una condizione sfavorevole dal punto di vista energetico e solo pochissime particelle possiedono un’energia tale da poter risalire la barriera di potenziale, scambiando energia cinetica per energia potenziale. Quanto più la barriera di potenziale è alta, tanto minore è il numero delle cariche maggioritarie che hanno sufficiente energia per superarla. In condizioni di equilibrio, il valore della barriera di potenziale è tale da permettere un movimento di cariche maggioritarie che eguaglia il movimento delle cariche minoritarie. zona P Fig. 6 Distribuzione del potenziale elettrostatico nei pressi di una giunzione PN in equilibrio. Altezza della barriera di potenziale: ψ o = ψ no − ψ po KT pno ln ψo = − q ppo ψo = − KT npo ln q nno ψo barriera di potenziale zona N potenziale elettrostatico ψ ψ no 0 ψ po piano della giunzione zona nella quale le concentrazioni dei portatori variano in funzione della posizione Nella letteratura tecnica l’altezza di equilibrio della barriera potenziale è detta potenziale di contatto; quest’ultimo si instaura ogniqualvolta due conduttori differenti vengono in contatto, impedendo che i portatori maggioritari diffondano attraverso la giunzione. La zona nei pressi della giunzione viene chiamata strato di carica spaziale o zona di svuotamento (depletion layer). La quantità di carica non neutralizzata nella porzione di giunzione di tipo P è esattamente uguale a quella presente nella zona di tipo N. Al di fuori della zona le concentrazioni dei portatori sono costanti e il campo elettrico si annulla. Il campo elettrico nasce dalla carica positiva presente nella zona di tipo N e termina nella carica negativa presente nella zona di tipo P. 6 Vol. 2 - MODULO A Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 7 Giunzione non in equilibrio Quando si applica una tensione alla giunzione, il livello della barriera di potenziale si altera. Se la tensione applicata è tale da rendere la zona di tipo P positiva rispetto alla zona di tipo N, si ha una riduzione dell’altezza della barriera di potenziale. Si tratta di una tensione diretta che polarizza la giunzione direttamente. La riduzione dell’altezza della barriera di potenziale fa sì che vi sia un aumento del numero di portatori maggioritari che riescono a superarla. Le lacune, passando dalla zona di tipo P nella zona di tipo N attraverso la giunzione, provocano l’aumento delle cariche minoritarie nella zona di tipo N. Tale fenomeno si chiama iniezione dei portatori minoritari. Le lacune così iniettate nella zona di tipo N penetrano nella zona lontano dalla giunzione e si ricombinano con gli elettroni maggioritari. Lo stesso fenomeno accade agli elettroni maggioritari presenti nella zona di tipo N che, grazie alla riduzione della barriera di potenziale, diffondono nella zona di tipo P e si annichiliscono per ricombinazione con le lacune maggioritarie. Se la tensione rende, invece, la zona di tipo N positiva rispetto alla zona di tipo P, si ha un aumento dell’altezza della barriera di potenziale. Tale tensione è inversa e polarizza la giunzione inversamente. L’aumento della barriera di potenziale riduce la frazione di portatori maggioritari in grado di superarla. L’applicazione di tensioni inverse anche di pochi decimi di volt sono sufficienti a bloccare praticamente il flusso di cariche. Naturalmente esiste un flusso di cariche dovuto ai portatori minoritari il cui movimento risulta favorito dalla tensione inversa applicata. Tale flusso è però estremamente ridotto perché è sostenuto solo da cariche presenti in concentrazione minima e dal fatto che il ritmo di generazione dei portatori minoritari è praticamente indipendente dalla tensione inversa. La concentrazione dei portatori minoritari nei pressi della giunzione risulta diminuita rispetto ai valori di equilibrio, in quanto quasi tutti questi portatori scendono lungo la barriera di potenziale esaurendone la popolazione nei pressi della giunzione. Tale processo viene denominato estrazione dei portatori minoritari. PER FISSARE I CONCETTI 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Che cos’è una giunzione PN ? Spiega brevemente come avviene il fenomeno della diffusione delle cariche maggioritarie. Come e dove si forma la zona di svuotamento? La zona di scarica spaziale si allarga maggiormente nella zona più drogata o in quella meno drogata? L’estensione della zona di svuotamento dipende dalla concentrazione relativa delle cariche? Che cos’è la barriera di potenziale in una giunzione PN ? Quando la giunzione è in equilibrio? Che cosa succede se si applica una tensione diretta? E una tensione inversa? CAP 1 - Giunzione PN 7 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 8 2 CARATTERISTICA CORRENTE-TENSIONE DELLA GIUNZIONE La caratteristica corrente-tensione di una giunzione PN si presenta nel modo indicato nella figura 7. La corrente aumenta rapidamente quando la giunzione è polarizzata in modo diretto perché aumentano i portatori maggioritari che possono superare la ridotta barriera di potenziale. La corrente inversa è di piccola entità e pressoché costante perché il numero dei portatori minoritari disponibili per discendere la barriera di potenziale è esiguo. La variazione dell’ampiezza dell’altezza della barriera viene chiamata tensione di giunzione Vj. La corrente totale circolante attraverso una giunzione PN è proporzionale alla somma delle densità di corrente di lacune ed elettroni su ogni piano della struttura. Se si suppone che nello strato di carica spaziale la generazione e la ricombinazione dei portatori di carica siano trascurabili, la corrente circolante nel diodo è data dalla seguente relazione, detta equazione del diodo a giunzione PN ideale: ( I = Io ⋅ e qVj / kT ) 5 −1 La corrente Io è detta corrente di saturazione e vale: Io = D p Io = q ⋅ A ⋅ p no W dove: A W Dp pno 6 = della giunzione è l’area della sezione del piano è la larghezza della zona di carica spaziale è la densità di carica delle cariche maggioritarie è la concentrazione di equilibrio delle cariche minoritarie o I (mA) Fig. 7 Caratteristica corrente-tensione di una giunzione PN. polarizzazione diretta BV V (V) polarizzazione inversa I ( µ A) La tensione esterna, applicata a una struttura PN, indipendentemente dal segno altera l’equilibrio delle due correnti di diffusione e di deriva a favore di una di esse, generando una corrente che può fluire attraverso la giunzione. Polarizzazione inversa 8 Vol. 2 - MODULO A Se la tensione applicata è concorde con quella che si è creata spontaneamente per effetto della diffusione (tensione inversa), la diffusione viene Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 9 ulteriormente ostacolata. Si genera uno squilibrio fra le due correnti, in quanto la corrente di diffusione, dovuta ai portatori maggioritari, diminuisce, mentre aumenta, sostenuta dai portatori minoritari, la corrente di deriva. Quest’ultima, però, è molto piccola a causa dello scarso numero di questi portatori, per cui la corrente generata è bassa e può essere determinata con la seguente equazione: 1 7 I = Io ⋅ V − 1 V e L’andamento della corrente inversa in funzione della tensione inversa è mostrato nella figura 8. All’equilibrio, in assenza di polarizzazione, la corrente circolante è nulla. Aumentando la tensione, la corrente aumenta finché il valore assoluto dell’esponenziale diventa tale da essere trascurabile rispetto all’unità per cui la corrente tende ad assumere il valore di saturazione Io. j T Fig. 8 Andamento della corrente inversa in una giunzione PN. VR(V) VBRK IS 0 I (µA) La corrente inversa in un diodo a giunzione è piccola ed essenzialmente indipendente dalla tensione inversa. Quando però la tensione inversa diventa abbastanza grande da superare un valore detto tensione inversa di rottura, tutti i diodi presentano una zona di funzionamento in cui può passare una forte corrente. Questa tensione nei diodi a giunzione va da pochi volt a qualche centinaio. Questo comportamento della giunzione può essere provocato da due meccanismi causati entrambi dall’aumento del valore del campo elettrico nello strato di carica spaziale all’aumentare della tensione inversa: moltiplicazione a valanga ed effetto Zener. In una giunzione polarizzata inversamente la corrente inversa è dovuta al passaggio dei portatori dalle zone in cui sono minoritari verso le zone in cui sono maggioritari, attraverso la zona di carica spaziale. I portatori scendono quindi la barriera di potenziale, e tra una collisione e l’altra vengono accelerati dal campo elettrico. In presenza di un campo elettrico sufficientemente elevato (> 200 kV/cm) l’energia acquistata dai portatori può essere sufficiente a produrre la rottura di un legame covalente, e quindi a produrre una nuova coppia elettrone-lacuna. Per cui da un singolo portatore di carica se ne producono altri due, che a loro volta partecipano alla conduzione e al meccanismo di generazione. In questo modo la corrente inversa viene moltiplicata e può assumere valori significativi. Questo effetto è detto moltiplicazione a valanga. CAP 1 - Giunzione PN 9 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 10 Il secondo effetto che spiega il fenomeno della conduzione inversa dovuta a rottura è detto effetto Zener. Se il campo elettrico nella zona di carica spaziale è elevato (> 500 kV/cm), esso esercita una forza tale da strappare alcuni elettroni dai legami covalenti del reticolo cristallino (elettroni di valenza) creando così coppie elettrone-lacuna che contribuiscono, incrementandola, alla corrente inversa. In questo caso non si ha un effetto di moltiplicazione delle cariche, ma una generazione dei portatori di carica dovuta all’effetto diretto del campo elettrico. Se il drogaggio è leggero, il diodo a giunzione presenta tensioni di rottura dell’ordine delle decine o centinaia di volt, e la corrente inversa è dovuta sostanzialmente all’effetto valanga. Se il drogaggio, invece, è forte, le tensioni di rottura possono essere anche di pochi volt. In questo caso la corrente di rottura inversa è dovuta all’effetto Zener; il campo elettrico è molto forte e lo strato di carica spaziale è estremamente sottile, per cui, durante la diffusione, le cariche restano troppo poco tempo nella zona di carica spaziale per poter generare, per effetto valanga, una corrente inversa apprezzabile. Entrambi i meccanismi descritti, moltiplicazione a valanga ed effetto Zener, non sono distruttivi o irreversibili: è infatti sufficiente ridurre la tensione inversa applicata al di sotto del valore critico di innesco perché il meccanismo di rottura si arresti e il diodo riprenda il comportamento normale. Le forti correnti e tensioni associate al fenomeno della rottura inversa devono essere attentamente valutate perché è necessario non surriscaldare la giunzione affinché non venga danneggiato il diodo in modo irreversibile. Oltre un determinato limite della tensione inversa, l’intenso campo elettrico inverso agisce sulla struttura fisica rompendo i legami covalenti e generando un gran numero di portatori di carica, per cui il semiconduttore diventa bruscamente conduttore e tende a comportarsi come un cortocircuito. Il valore di tensione inversa al quale si manifesta questo fenomeno è detto tensione di rottura (o di breakdown). Per utilizzare in modo corretto la giunzione occorre dimensionare il circuito in modo tale che la tensione inversa sia sensibilmente minore della tensione di rottura. Polarizzazione diretta Se la tensione applicata è discorde con quella che si è creata spontaneamente per effetto della diffusione (tensione inversa), la diffusione viene favorita. Si genera uno squilibrio fra le due correnti in quanto la corrente di deriva, dovuta ai portatori minoritari, diminuisce, mentre aumenta la corrente di diffusione sostenuta dai portatori maggioritari. La corrente di deriva diventa trascurabile quando la tensione applicata supera di qualche ordine di grandezza la tensione termica e la corrente diretta assume valori rapidamente crescenti. Il termine esponenziale dell’equazione caratteristica diventa dominante e si può trascurare l’unità: Vj I = Io ⋅ e per Vj >> VT. VT 8 C = L’andamento della corrente diretta in funzione della tensione diretta è mostrato nella figura 7. 10 Vol. 2 - MODULO A Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 11 Influenza della temperatura sulla giunzione Il comportamento della giunzione è molto sensibile alle variazioni di temperatura. La corrente del diodo varia in modo notevole al variare della temperatura perché dipende linearmente dalla tensione termica VT = KT/q, che è presente nel termine esponenziale, e dalla variazione della corrente di saturazione I0 dovuta alla variazione della concentrazione dei portatori minoritari. Tale concentrazione varia fortemente con le variazioni di temperatura che, in condizioni di equilibrio, dipendono dal quadrato della concentrazione intrinseca, che a sua volta dipende fortemente dalla temperatura. Le figure 9a, b mostrano gli effetti dell’aumento di temperatura sulle curve caratteristiche di una giunzione. La tensione V corrispondente a una certa corrente I diminuisce all’aumentare della temperatura con un coefficiente termico negativo ∆V/∆T = – 2,5 mV/°C. Figg. 9a, b Andamento della caratteristica in funzione della temperatura: a. inversa; b. diretta. V 0 I T2 T1 T1 T2 T2 > T1 T3 T1< T2 < T3 I 9a 0 9b V La corrente inversa aumenta per effetto dell’aumento di temperatura, in quanto esiste una dipendenza lineare fra la variazione della concentrazione dei portatori minoritari (dovuta all’aumento della temperatura) e la corrente di saturazione (1.3). Poiché la corrente di saturazione dipende dalla concentrazione dei portatori minoritari, la cui variazione non influenza sensibilmente quella dei portatori maggioritari, la corrente diretta non varia sensibilmente al variare della temperatura. L’aumento di temperatura fa invece aumentare la tensione termica, e conseguentemente si ha, a parità di tensione, una diminuzione della corrente diretta (5). 3 COMPORTAMENTO DINAMICO DELLA GIUNZIONE Il comportamento dinamico della giunzione è determinato dal manifestarsi di due differenti fenomeni legati alle variazioni di tensione: — la variazione di carica attribuibile al dipolo presente nella regione di transizione (capacità di transizione CT); — la variazione di carica attribuibile alle cariche mobili che attraversano la giunzione per diffusione (capacità di diffusione CD). Ai due lati del piano della giunzione vi è uno strato dei dipoli, positivi e negativi. Le quantità di carica accumulate nelle due zone dipendono dalla caduta di tensione attraverso lo strato stesso. All’equilibrio questa caduta CAP 1 - Giunzione PN 11 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 12 − tipo P ρ tipo N 0 x QJ 10a n n, p P è pari al potenziale di contatto ψ0; quando viene applicata una tensione di giunzione essa diventa pari a ψ0 – Vj. Quando la tensione di giunzione aumenta (∆V) lo strato di carica spaziale si restringe leggermente, diminuendo la carica presente nei due strati del dipolo. Una certa quantità di cariche maggioritarie ∆Q fluisce nello strato di carica spaziale per compensare l’aumento ∆V della tensione di giunzione 4 ( Figg. 10a, b, c). La variazione di carica è proporzionale alla variazione di tensione e il coefficiente di proporzionalità viene definito capacità incrementale di carica spaziale sulla giunzione Cj: p Cj = x 0 10b 9 Tale capacità dipende unicamente dall’altezza della barriera di potenziale ed è definita dalla seguente relazione: ∆Q Cj = +∆Q 2 ⋅ kg ⋅ Ψ0 − Vj 3 ( ) 10 −1 / 3 ⋅ dove: x 0 kg è una costante che dipende dalla superficie della giunzione e dalla velocità di variazione della distribuzione delle impurità (lineare, a gradino); l’ordine di grandezza di questa capacità è di alcuni picofarad –∆Q 10c Vj dQ dV Vj + ∆V Figg. 10a, b, c Modifica della distribuzione della carica spaziale per un incremento della tensione di giunzione e relativo incremento della carica mobile: a. densità della carica spaziale; b. distribuzione dei portatori mobili; c. incremento della quantità di carica mobile. Fig. 11 Profili delle concentrazioni delle cariche minoritarie in una giunzione polarizzata direttamente. Quando la giunzione PN viene polarizzata direttamente, la capacità di diffusione assume valori più significativi di quella di transizione. La capacità di diffusione CD è dovuta al fatto che le cariche maggioritarie, dopo avere attraversato il piano di giunzione e la zona di svuotamento, giungono in una zona in cui sono minoritarie; l’annichilimento delle cariche minoritarie non è però immediato: esse sopravvivono per un certo tempo creando una zona quasi neutra 4 ( Fig. 11). La concentrazione delle cariche minoritarie in questa zona dipende dalla corrente di diffusione. La relazione è di tipo esponenziale, per cui la capacità di diffusione assume valori elevati dell’ordine del nanofarad. tipo P concentrazione delle cariche minoritarie zona neutra tipo N concentrazione delle cariche minoritarie zona neutra zone quasi neutre zone di svuotamento 4 CONTATTI E GIUNZIONI METALLO-SEMICONDUTTORE Il materiale semiconduttore viene connesso con i terminali metallici esterni dei dispositivi tramite fili di connessione collegati ad aree selezionate 12 Vol. 2 - MODULO A Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 13 eV, ELECTRON-VOLT – Energia assorbita da un elettrone che attraversa una differenza di potenziale di 1 V. Equivale a 1,6 · 10–19 Joule Figg. 12a-d Diagramma a bande del contatto metallo-semiconduttore: a. di tipo N: i due elementi non sono in contatto; b. di tipo N: i due elementi sono in contatto e formano la giunzione; c. di tipo P: i due elementi non sono in contatto; d. di tipo P: i due elementi sono in contatto e formano la giunzione. della superficie del semiconduttore sulle quali è stato depositato un sottile film metallico, di solito alluminio o una sua lega 4 ( Mod. A, cap. 3). Per effettuare le interconnessioni il sistema metallo-semiconduttore deve possedere caratteristiche elettriche tali da mostrare il minor valore resistivo in entrambe le direzioni per un ampio intervallo di temperatura (contatto ohmico). Se invece la metallizzazione costituisce un elemento essenziale del dispositivo elettronico, il contatto metallo-semiconduttore deve consentire il passaggio della corrente in una sola direzione; in questo caso si realizza una barriera Schottky il cui comportamento è simile a quello della giunzione PN descritto in precedenza. Il comportamento del contatto metallo-semiconduttore dipende dal tipo e dalla concentrazione del drogante nel silicio, dalla funzione di lavoro del metallo e dal grado di contaminazione della superficie del silicio. I contatti metallo-semiconduttore manifestano in genere una caratteristica corrente-tensione rettificante simile a quella di una giunzione PN. I contatti ohmici vengono ottenuti drogando pesantemente il silicio + (N o P+) e presentano una caratteristica corrente-tensione lineare; sono caratterizzati da un valore di resistenza specifica di contatto, definita come l’inverso della densità di corrente rispetto alla tensione ed espressa in Ω · cm. I contatti rettificanti si generano nell’interfaccia del sistema metallo-semiconduttore 4 ( Mod. A, cap 3). Le figure 12a-d mostrano lo schema a bande di energia per un metallo e per un semiconduttore i cui lavori di estrazione differiscono di una quantità espressa in eV. La differenza tra l’energia potenziale ϕm di un elettrone esterno a un materiale (posto nel vuoto) e il livello di Fermi nel materiale stesso è detta lavoro di estrazione o funzione di lavoro. Il salto energetico fra il limite inferiore della banda di conduzione e il vuoto è detto affinità elettronica ed è un importante parametro dei semiconduttori (per il silicio vale: q·χ = 4,05 eV). metallo energia degli elettroni vuoto semiconduttore tipo N q·χ q·ϕm EC EF q·ϕm q·ϕn EF EV 12b EF W EV metallo vuoto semiconduttore tipo P q·χ EC q·ϕm metallo semiconduttore tipo P q·χ EC q·ϕm EF EF e·V q·ϕs q·ϕp EF EV 12c semiconduttore tipo N q·χ q·ϕs EC EF e·V 12a metallo EF EV W 12d CAP 1 - Giunzione PN 13 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 14 Quando i due materiali vengono posti in contatto, gli elettroni fluiscono dal metallo al semiconduttore e viceversa, finché non si crea fra i due il potenziale che controbilancia la differenza delle funzioni di lavoro. Quando si raggiunge l’equilibrio, il livello di Fermi del metallo si allinea con quello del semiconduttore e si forma una zona di svuotamento di spessore W alla superficie del semiconduttore 4 ( Mod. A, cap. 3). L’altezza della barriera ϕn (in eV) rappresenta l’energia necessaria agli elettroni per passare dal metallo alla banda di conduzione del semiconduttore. Se il materiale è di tipo N, l’altezza della barriera di potenziale è data dalla differenza tra la funzione lavoro del metallo e l’affinità elettronica del semiconduttore: q ⋅ ϕn = q ⋅ ϕm − q ⋅ χ 11 0 q ⋅ ϕ p di tipo P l’altezza della barriera di potenmentre nel caso di un materiale ziale è data da: q ⋅ ϕp = Eg – È l’ampiezza della banda proibita Eg = Ec – Ev Figg. 13a, b Diagramma a bande in corrispondenza di un contatto metallo-semiconduttore del tipo N sotto l’azione di una tensione: a. semiconduttore positivo: passaggio di elettroni dal metallo al semiconduttore; b. semiconduttore negativo: passaggio dal semiconduttore al metallo. + atomi donatori 쐌 elettroni di conduzione V tensione applicata alla giunzione metallo-semiconduttore q carica dell’elettrone Eg − q ⋅ (ϕ m − χ ) 12 T = j come si modificano le bande di energia Nelle figure 13a, b viene mostrato quando si perturba la condizione di equilibrio applicando una tensione alla giunzione metallo-semiconduttore di tipo N. Se la tensione sul semiconduttore è positiva, le sue bande di energia risultano abbassate e l’altezza della barriera di potenziale aumenta. Un numero minore di elettroni del semiconduttore riesce a superare la barriera e a entrare nel metallo, mentre la migrazione degli elettroni attraverso il contatto dal lato del metallo rimane invariata; si ha quindi il passaggio di elettroni dal metallo al semiconduttore (il massimo ottenibile) che tende ad assumere un valore di saturazione anche in presenza di aumenti di tensione. La resistenza assume valori elevatissimi e la condizione della giunzione è simile a quella della giunzione PN polarizzata inversamente 4 ( Fig. 13a). metallo energia degli elettroni semiconduttore tipo N metallo q·ϕs– q·V q·ϕs– q·V EC EF EF q·V EC EV EF EC EF q·V EV EC V 13a semiconduttore tipo N V 13b Se la tensione applicata rende il semiconduttore negativo, le sue bande di energia vengono innalzate e il passaggio degli elettroni dal semiconduttore al metallo aumenta perché gli elettroni di energia inferiore riescono a superare la cresta dello sbarramento dando luogo a una corrente di elet- 14 Vol. 2 - MODULO A Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 15 troni dal semiconduttore al metallo. Tale corrente può continuare indefinitamente in quanto, anche con basse energie, vi sono sempre elettroni in grado di sostenerla; di conseguenza la resistenza diminuisce al crescere della tensione. Questa condizione corrisponde a quella di polarizzazione diretta descritta per il diodo a giunzione 4 ( Fig. 13b). Come abbiamo detto, la caratteristica rettificante della giunzione metallo-semiconduttore viene sfruttata da un particolare componente: il diodo Schottky. Il contatto metallo-semiconduttore manifesta un comportamento ohmico se non aggiunge alcuna rilevante caduta di tensione in serie alla struttura che lo utilizza e non altera le concentrazioni di equilibrio dei portatori nel semiconduttore. La sua caratteristica corrente-tensione dev’essere lineare. Questo risultato viene ottenuto drogando fortemente il semiconduttore, sia di tipo P sia di tipo N, nei pressi dell’area della metallizzazione: in questo modo la zona di svuotamento diventa così sottile che la probabilità che un elettrone passi dal semiconduttore al metallo (e viceversa) per effetto tunnel, attraverso la barriera di potenziale, diventa finita. Il metallo, a sua volta, è sede di un’emissione termoionica che, combinandosi con l’effetto tunnel, fa sì che la giunzione manifesti una caratteristica lineare. PER FISSARE I CONCETTI 1. 2. 3. 4. Che cos’è l’effetto Zener? Un aumento di temperatura modifica il comportamento della giunzione? Come? Il comportamento dinamico della giunzione è influenzato dal suo comportamento capacitivo, che viene descritto da due capacità. Quali? Il contatto metallo-semiconduttore costituisce una giunzione? Quale tipo di diodo ne sfrutta le caratteristiche? 5 FABBRICAZIONE DI STRUTTURE DI SEMICONDUTTORI La struttura dei dispositivi a semiconduttori reali è influenzata dai metodi di fabbricazione. La maggior parte dei dispositivi a semiconduttore viene realizzata utilizzando tecniche note come tecnologia di diffusione planare. Questa, partendo da pezzi di silicio omogeneo, consente di pervenire a giunzioni PN e zone a differente conducibilità di dimensioni geometriche ben definite, e di collegarle ai terminali o a contatti esterni del contenitore del dispositivo 4 ( Fig. 14). All’equilibrio, le concentrazioni delle lacune e degli elettroni in un semiconduttore dipendono dalla concentrazione intrinseca ni, da quella degli atomi donatori ND e da quelle degli atomi accettori NA. La concentrazione netta N è data dalla differenza tra le concentrazioni dei donatori e degli accettori. Se la concentrazione netta è positiva, gli atomo donatori prevalgono sugli accettori e il semiconduttore è di tipo N; se è negativa, il semiconduttore è di tipo P. Poiché il tipo di conducibilità è determinato dalla concentrazione netta delle impurità, è possibile ottenere un semiconduttore (per esempio CAP 1 - Giunzione PN 15 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 16 di tipo N) convertendo un semiconduttore di tipo P mediante l’aggiunta di impurità donatrici in quantità sufficiente a cambiare localmente la concentrazione netta. Questa operazione è detta compensazione. Per invertire la conducibilità di una barretta di silicio che contenga una concentrazione di atomi accettori 1016 cm–3 (tipo P) bisogna aggiungere una concentrazione di atomi donatori doppia: 2 ◊ 1016 cm–3 (tipo N). L’inversione di conducibilità può essere ottenuta con tecniche diverse: — diffusione allo stato solido degli atomi di impurità; — impiantazione ionica. Fig. 14 Diodo reale ottenuto con tecnologia planare e modello monodimensionale (quote in µm; disegno non in scala). Vj strato di ossido 1 5 10 N+ P 100 P+ concentrazioni: Csub ≅ 1019 cm–3 Cepi ≅ 1016 cm–3 Vj Diffusione allo stato solido 16 Vol. 2 - MODULO A N+ strato epitassiale substrato area della giunzione: Aj ∼ 10–3 cm2 P Il metodo di diffusione allo stato solido si basa sulla possibilità di sciogliere nel cristallo di silicio piccole quantità di impurità trivalenti o pentavalenti, a seconda del tipo di inversione di conducibilità desiderata. Gli atomi di impurità aggiunti alla struttura del cristallo sostituiscono nel reticolo cristallino, nelle stesse posizioni, gli atomi di impurità precedentemente presenti. La concentrazione delle impurità che si possono sciogliere nel cristallo sono limitate dal basso valore della loro solubilità solida; con questo metodo si possono ottenere concentrazioni comprese fra i 1018 e i 1020 cm–3, che corrispondono a frazioni di impurità comprese fra lo 0,001 e lo 0,1%. Gli atomi di impurità si muovono per diffusione del reticolo del cristallo. Tale movimento viene misurato attraverso un coefficiente di diffusione: quanto maggiore è il suo valore tanto più profonda sarà l’area del cristallo interessata all’inversione di conducibilità. Il coefficiente di diffusione aumenta all’aumentare della temperatura. Quindi, per ottenere una certa distribuzione di impurità nel cristallo è sufficiente portare la temperatura del semiconduttore a circa 1000 °C per qualche decina di minuti, in un’atmosfera satura di atomi di impurità, e poi abbassare la temperatura; il coefficiente di diffusione diminuisce e gli atomi di impurità restano congelati nella struttura cristallina. Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 17 Fig. 15 Forno a diffusione (metodo di drogaggio a flusso gassoso). Fig. 16 Navetta di quarzo utilizzata per il processo di diffusione. Il processo di diffusione prevede che il semiconduttore omogeneo venga immerso in un vapore che contenga, fra i suoi costituenti, gli atomi di impurità che si vogliono far diffondere attraverso la sua superficie. Lo schema della figura 15 si riferisce a un forno a diffusione in grado di effettuare il drogaggio del monocristallo con il metodo a flusso gassoso. Nella figura 16 i wafer di silicio sono posizionati nella navetta di quarzo utilizzata per il processo. barretta di semiconduttore monocristallino tubo di quarzo gas di trasporto materiale di drogaggio supporto di quarzo forno a diffusione forno per la gassificazione dei materiali di drogaggio 16 15 Impiantazione ionica Le dimensioni dei dispositivi elettronici sono estremamente ridotte. La riduzione della superficie di un componente comporta una corrispondente riduzione dello spessore, e in aree così ristrette che il drogaggio non può essere eseguito con precisione con le tecniche di diffusione termica. L’impiantazione ionica è una tecnica recente che permette di effettuare il drogaggio a temperatura ambiente e con risultati qualitativamente buoni. Il drogaggio avviene a temperatura ambiente, con un apparecchio apposito detto impiantatore ionico 4 ( Fig. 17); l’apparecchio effettua un bombardamento di ioni sulla superficie del cristallo e fa sì che gli atomi droganti penetrino nel reticolo andando a sostituire gli atomi di silicio. La profondità di penetrazione degli ioni nel cristallo dipende dall’energia con cui questi colpiscono la superficie del wafer. Tale energia viene regolata attraverso gli anodi acceleratori, mentre la concentrazione del drogante viene regolata agendo sul tempo di esposizione del wafer all’azione del raggio ionico. L’impiantazione ionica presenta l’inconveniente di distruggere, sia pure in modo parziale, il reticolo cristallino; inoltre, il drogaggio non avviene per sostituzione degli atomi di silicio del cristallo con quelli del drogante: questi ultimi si inseriscono negli interstizi degli atomi presenti. Questi inconvenienti vengono risolti ricostruendo in modo quasi integrale il monocristallo originale, attraverso un postriscaldamento (annealing) in forni sottovuoto a una temperatura variabile fra 100 e 900 °C. Selezione delle aree, ossidazione Nei dispositivi reali le diffusioni di impurità non vengono effettuate su tutta l’area del substrato, ma solo su aree geometricamente (forma e dimensioni) ben definite 4 ( Figg. 18a, b, c). Nasce quindi l’esigenza di delimitare un’area ristretta del substrato e di effettuare la diffusione delle impurità droganti solo in quell’area. L’area che non deve essere interessata alla diffusione viene masche- CAP 1 - Giunzione PN 17 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 18 anodo filamenti Fig. 17 Impiantatore ionico. BF3 generazione ed estrazione del plasma elemento drogante trifluoruro di boro gassoso placca terminale magnete placca terminale estrattore accelerazione lenti elettrostatiche drupolari focalizzazione e centratura placche di centratura fenditure di collimazione bersaglio placche di deflessione separazione degli ioni magnete + F controllo del fascio collimazione − BF 2 rata con uno strato di biossido di silicio (SiO2): specie di vetro che agisce da isolante elettrico e contemporaneramente scherma il semiconduttore dalle impurità. Il coefficiente di diffusione degli atomi droganti nel biossido è così basso che praticamente essi non vi penetrano. Una pellicola di ossido dello spessore di 1 µm viene fatta crescere sul substrato esponendolo a un’atmosfera ossidante (ossigeno, ossigeno e vapore) ad alta temperatura. Tale lavorazione viene effettuata utilizzando appositi forni di ossidazione oppure reattori. Successivamente, sciogliendolo con acido fluoridrico, si toglie lo strato di ossido soltanto nella zona del substrato in cui si vuole realizzare la giunzione PN per diffusione. Attraverso la finestra praticata nell’ossido si fanno diffondere gli atomi di impurità. Figg. 18a, b, c Sviluppo di una giunzione PN attraverso una finestra ricavata nell’ossido: a. deposizione dello strato di ossido; b. apertura della finestra nello strato di ossido; c. giunzione PN ottenuta per diffusione. 18 Vol. 2 - MODULO A finestra nell’ossido strato di ossido tipo N strato di ossido tipo P piastrina di tipo P 18a 18b 18c Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 19 Figg. 19a-d Sviluppo di una giunzione a tre strati: a. ricrescita dello strato di ossido; b. incisione di una seconda finestra più piccola; c. seconda diffusione di tipo P; d. crescita di un nuovo strato di ossido. Esiste una piccola diffusione laterale di impurità anche sotto il bordo dell’ossido e nel corpo del semiconduttore. Lo strato di carica spaziale originato dalla giunzione si trova quindi sotto il bordo dello strato d’ossido, per cui non può essere contaminato dagli agenti esterni. Questa protezione offerta alla strato di carica spaziale dallo strato di ossido è una delle caratteristiche peculiari del processo per diffusione planare. Le dimensioni del substrato sono limitate dalla difficoltà di operare con strutture molto piccole: tipicamente un substrato ha dimensioni minime di 0,5 mm (lunghezza) per 100 µm (larghezza e spessore). Lo strato di ossido è sempre di pochi micron, ma può essere facilmente ricreato. Con una nuova ossidazione è possibile aprire nel nuovo strato una finestra e realizzare una nuova diffusione di impurità, e di conseguenza una struttura a tre strati e due giunzioni 4 ( Figg. 19a-d). P P P P P 19a 19b METODI LITOGRAFICI – Metodi di produzione basati su emulsioni e sviluppatori ad alto contrasto Mascheratura POLIMERIZZAZIONE – Fenomeno per cui due o più molecole si uniscono per formare un’unica macromolecola N N N N 19c P 19d Lo strato di ossido, oltre alle funzioni descritte, assolve anche al compito di proteggere la superficie del semiconduttore dall’azione degli agenti inquinanti, che modificherebbero le sue caratteristiche. In questo caso si dice che lo strato di ossido rende passiva la superficie. Ciò spiega perché, dopo ogni diffusione, si provvede, tramite una nuova ossidazione, a ricreare lo strato di ossido. Le aree in cui si vuole effettuare la diffusione vengono definite utilizzando una tecnica di mascheramento basata su METODI LITOGRAFICI. In alcune realizzazioni il rivestimento di ossido viene oggi sostituito con il nitruro di silicio (Si3N4). Rispetto al biossido di silicio questa sostanza presenta una capacità protettiva superiore, un’elevata costante dielettrica e può anche essere depositata a bassa temperatura. Il nitruro di silicio è poco attaccabile dall’acido fluoridrico, è più reattivo nei confronti degli atomi droganti nella fase di deposizione ad alta temperatura e, se viene raffreddato in modo brusco, tende a incrinarsi. L’operazione di mascheratura inizia preparando il disegno di una maschera che riproduce la forma e le dimensioni (larghezza e lunghezza) dell’area (pattern) del semiconduttore interessata alla diffusione. Il disegno viene realizzato in scala fortemente ingrandita (fino a 100 volte) e poi viene ridotto fotograficamente alle dimensioni reali e trasferito, con il processo descritto nella figura 20, su un substrato di vetro. La delimitazione dell’area del substrato si effettua usando un liquido fotosensibile (fotoresist), versato uniformemente sulla superficie dello strato di ossido e fatto asciugare. Lo spessore del fotoresist è di circa 1 µm. Utilizzando una sorgente di luce ultravioletta di opportuna lunghezza d’onda e la maschera fotografica si espongono solo le porzioni di fotoresist che devono conservare lo strato di ossido. Il fotoresist esposto POLIMERIZZA o altera la sua struttura e indurisce, mentre la porzione di fotoresist che si trova sotto la parte esposta della maschera rimane inalterata. CAP 1 - Giunzione PN 19 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 20 evaporazione Fig. 20 Tecniche di realizzazione di maschere complementari tramite l’uso di resist positivi e negativi. po del resist po del resist o a fascio reattivo o a fascio reattivo one del resist deposito del resist resist ossidi di ferro, silicio, alluminio, cromo vetro (polisilicato) one del resist litografia resist positivo resist negativo sviluppo del resist attacco a fascio ionico reattivo rimozione del resist controllo della maschera Con un solvente si lava il fotoresist non polimerizzato e si lasciano scoperte le zone dello strato di ossido che sovrastano le zone in cui si intende effettuare la diffusione. Si rimuove, utilizzando l’acido fluoridrico, lo strato di ossido dalle zone non protette. L’ultima operazione consiste nel substrato Si rimuovere, utilizzando un solvente organico, il fotoresist indurito: il substrato è ora pronto per il processo di diffusione delle impurità metallo 4 ( Figg. 21a-g). Esistono tecniche e materiali fotografici che Si o permettono di semiconduttore ottenere le finestre di dimensioni dell’ordine di pochi micron. resist Il metodo di mascheramento fotografico descritto è noto come metometallo Si do a fotoresist negativo in quanto la configurazione orealizzata nello semiconduttore strato di ossido è il negativo di quella realizzata sulla pellicola fotograficon maschera ca. Esiste anche un metodo di fotoresist positivo, che(ottica, utilizza una raggi X) mascheesposizione ra ottenuta nel modo illustrato dalla figura 1.20. senza maschera EBL (scrittura diretta) laser Figg. 21a-g Processo litografico ottico-chimico convenzionale: a. substrato; b. strato di ossido; c. strato di resist; d. mascheratura; e. sviluppo del fotoresist; f. attacco chimico del metallo; g. attacco chimico del resist. Si substrato maschera 21a metallo o semiconduttore 21b resist metallo Si o semiconduttore 21c con maschera (ottica, raggi X) esposizione senza maschera EBL (scrittura diretta) laser Si Si 21d Si sviluppo del resist 21e Si attacco chimico del metallo (rie) (etching) 21f maschera Si Si Si 20 21g sviluppo del resist Vol. 2 - MODULO A Si Si attacco chimico del metallo (rie) (etching) attacco chimico del resist attacco chimico del resist Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 21 La tecnica litografica di tipo ottico-chimico è oggi quella più diffusa, anche se si stanno sviluppando nuovi metodi, come quello del fascio elettronico (EBL), che impiegano le stesse tecnologie utilizzate per realizzare i microscopi elettronici a scansione. Queste apparecchiature richiedono un controllo del fascio elettronico molto accurato, tale da garantire le specifiche di risoluzione e di precisione richieste. Viene utilizzato un elaboratore elettronico che, basandosi sui dati relativi alla geometria del percorso, guida il fascio elettronico nelle zone della superficie volute. Il fascio può incidere su un resist elettrosensibile e operare secondo le modalità delle tecniche tradizionali generando le maschera da utilizzare successivamente con il processo ottico-chimico; oppure può scrivere direttamente il pattern (direct writing) sulla superficie da rimuovere. Il sistema, in quest’ultimo caso, non opera con una maschera fisica ma con una maschera software. EBL – E-beam lithography Metallizzazione 2 1 3 4 Fig. 22 Montaggio della piastrina di silicio (die) di un transistor bipolare in un contenitore plastico tipo TO-92. 1. terminale a forma piatta 2. piastrina passivata (die) 3. contenitore in plastica epossidica 4. ancora di bloccaggio che impedisce ai terminali di sfilarsi dal contenitore Per ottenere un dispositivo reale (un diodo, un transistor), alle strutture a due o tre strati, una volta realizzate, è necessario applicare, nei punti di interesse, dei contatti metallici. L’operazione viene effettuata tramite le tecniche fotografiche e di mascheratura dello strato di ossido sulla superficie del semiconduttore. I contatti vengono applicati ricavando, nei punti opportuni della superficie dell’ossido che ricopre il substrato, delle finestre, e vaporizzando, sottovuoto e a bassa temperatura, il metallo (oro, alluminio) su tutta la superficie. L’area in cui la metallizzazione dev’essere lasciata viene definita utilizzando il liquido fotosensibile (fotoresist), con procedure analoghe a quelle che abbiamo già descritto. A queste zone metallizzate vengono saldati, per mezzo di una forte pressione ad alta temperatura (termocompressione), dei fili d’oro con diametro compreso fra 10 e 20 µm. Questi fili vengono poi, a loro volta, saldati ai terminali (pin) del contenitore dove sarà alloggiata la piastrina 4 ( Fig. 22). Le tecniche di metallizzazione descritte vengono utilizzate anche per interconnettere aree differenti di una piastrina, realizzando dei ponti metallici appoggiati su strati di ossido che isolano la pista di collegamento dal substrato. Esistono vari metodi di deposizione: elettrolitico, di evaporazione per riscaldamento, sputtering, a induzione. Una volta che si è conclusa l’operazione di metallizzazione, i vari dispositivi (die) realizzati sul wafer sono pronti per essere separati e incapsulati negli apposti contenitori. Per facilitare le operazioni di taglio si eseguono due lavorazioni: si riduce lo spessore del wafer e si tracciano, mediante una sottilissima punta diamantata, le linee di taglio. L’area rettangolare delimitata dalle linee di taglio contiene il singolo dispositivo elettronico ed è estremamente piccola (fra 0,1 e 1 mm2). Successivamente i vari dispositivi vengono separati e controllati, con mezzi ottici ed elettrici, per eliminare quelli che rivelano difetti. L’ultima operazione è l’incapsulamento in un contenitore che, come vedremo in seguito, svolge due funzioni: — adatta le connessioni subminiatura del dispositivo a quelle macroscopiche delle schede e degli apparati manipolabili; CAP 1 - Giunzione PN 21 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 22 — provvede a disperdere il calore prodotto dal dispositivo durante il normale funzionamento onde impedire che, localmente, la temperatura raggiunga valori tali da distruggerlo. Il die viene fissato, tramite saldatura a termocompressione o ad ultrasuoni, a un supporto metallico (header) e collegato ai terminali tramite fili 4 ( Fig. 22). Giunzioni epitassiali EPITASSIA – Accrescimento di un cristallo sulla superficie di un altro, in cui l’orientamento del nuovo cristallo è determinato dal reticolo del primo Il processo di crescita EPITASSIALE 4 ( Mod. A, cap. 3) forma uno strato sottile di semiconduttore drogato su un substrato di semiconduttore monocristallino drogato in modo differente. Lo strato epitassiale si forma facendo reagire, alla temperatura di 1270 °C, nei pressi della superficie del substrato, tetracloruro di silicio e idrogeno. La reazione può avvenire nei due sensi: se è destrorsa si forma lo strato epitassiale aggiungendo atomi di silicio alla superficie del substrato; se è sinistrorsa gli atomi di silicio vengono estratti dal substrato. La direzione della reazione dipende dalla concentrazione del tetracloruro di silicio, mentre lo spessore dello strato epitassiale dipende dalla velocità di crescita (circa 1 µm al minuto). Il drogaggio dello strato epitassialesi si effettua aggiungendo nella camera di reazione diborano B2H6 (drogaggio di tipo P) o fosfina PH3 (drogaggio di tipo N). Il profilo di concentrazione che si ottiene con una crescita epitassiale è molto uniforme, anche se è piuttosto difficile ottenere una profondità di giunzione precisa. Tecniche di incapsulamento DIL – Dual-in-line 22 Vol. 2 - MODULO A Un contenitore per dispositivi elettronici discreti o per chip di circuiti integrati (più dispositivi discreti assemblati su un unico substrato) costituisce, nella sua forma più elementare, un adattatore di dimensioni. In pratica, esso fa da ponte tra le piccole e ravvicinate piazzole di contatto poste sulla superficie del chip e la rete di connessioni di più grandi dimensioni definite sulle piastre di supporto per livelli di montaggio a più alta gerarchia. Fra i vari contenitori, uno dei più comuni è il modello DIL, realizzato mediante una capsula rettangolare di materiale plastico o ceramico, con una fila di terminali lungo ciascuno dei due lati maggiori 4 ( Fig. 23). I terminali sono distanziati di un passo costante di 2,54 mm (0,1in). Il contenitore a doppia fila di terminali sfrutta convenientemente lo spazio occupato sulla piastra solo nel caso di chip che integrano circuiti con un numero limitato di terminali, ma diviene ingombrante in presenza di numerosi terminali. Il contenitore DIL più lungo è provvisto di 64 piedini disposti in doppia fila, risulta troppo allungato e troppo largo in quanto è necessario aumentare lo spazio all’interno del contenitore per consentire l’interconnessione dei terminali con le piazzole di contatto del chip. L’evoluzione del contenitore ha cercato di ovviare agli inconvenienti del DIL classico optando per una forma quadrata 4 ( Fig. 24), distribuendo i terminali o i contatti su tutti e quattro i lati e adottando il passo ridotto di 1,25 mm (0,05in). La connessione viene eseguita saldando i terminali sulla superficie del circuito stampato. L’area occupata da questo tipo di supporto è pari a un quarto di quella di un corrispondente componente che utilizza un contenitore DIL classico. Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 18/06/12 14.25 Pagina 23 Fig. 23 Contenitore DIL (fonte: Motorola). Una certa tecnologia di montaggio è utile solo se è possibile rimuovere efficientemente il calore generato all’interno del chip. Il parametro che misura la capacità di raffreddamento che caratterizza un contenitore per dispositivi a semiconduttore è la sua resistenza termica, definita dal rapporto tra la differenza di temperatura esistente tra la sorgente di calore (il chip) e l’ambiente, e il flusso di calore che attraversa il contenitore. In condizioni di funzionamento normali, il flusso di calore deve uguagliare la potenza dissipata dal chip. L’unità di misura della resistenza termica è il grado centigrado su watt (°C/W). Il percorso termico del flusso di calore può essere suddiviso in due parti. 1. Una prima parte interessa il flusso che si origina per conduzione termica dalle regioni del chip dove si genera la maggior parte del calore (per esempio le giunzioni) fino alla superficie del contenitore. La resistenza termica equivalente, detta resistenza termica interna (Rthjc: resistenza termica giunzione-contenitore) dipende dalla geometria della piastrina di supporto e dalla conduttività termica dei materiali impiegati. 2. Una seconda parte del flusso termico che rimuove il calore dalla superficie del conduttore è originata per convezione forzata o naturale. La resistenza termica equivalente, detta resistenza termica esterna (Rthca: resistenza termica contenitore-ambiente) dipende dall’area e dall’emissività termica della superficie del contenitore, dalla velocità e dalla turbolenza del flusso d’aria. La resistenza termica complessiva Rth, data -dalla somma della resistenza termica interna e di quella esterna di un contenitore plastico DIL immerj so in aria in movimento, è di 50 °C/W; pertanto un dispositivo a semiconduttore che dissipi Pd = 1 W comporta un aumento di 50 °C della temperatura di giunzione Tj, rispetto Ea quella ambiente Ta: DT = Tj - Ta = Rth ◊ Pd 13 CAP 1 - Giunzione PN 23 Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 24 Fig. 24 Contenitore PLLC a forma quadrata (fonte: SGS). SCR – Silicon-controlled rectifier 24 Vol. 2 - MODULO A La resistenza termica interna può essere ridotta sostituendo il contenitore plastico con un contenitore a più elevata conduttività termica, per esempio quello ceramico, oppure aumentando l’area della piastrina di supporto sulla quale è fissato il chip. Utilizzando questi accorgimenti costruttivi è possibile dimezzare la resistenza termica interna e quindi raddoppiare la potenza massima dissipabile dal chip. La resistenza termica esterna può essere ridotta aggiungendo un dissipatore di calore (4Mod. C, cap. 8) che aumenti l’area effettiva del contenitore, oppure aumentando la velocità di circolazione dell’aria. Molti dispositivi a semiconduttore di tipo discreto possono raggiungere temperature di giunzione prossime ai 150 °C (transistor di potenza, triac, SCR), mentre per i circuiti integrati di tipo digitale tale temperatura non deve superare 75 ÷ 85 °C. Entro tali limiti è possibile garantire l’affidabilità e l’uniformità delle proprietà elettriche dei dispositivi. Per essere utilizzato per l’incapsulamento di un dispositivo elettronico, un materiale plastico deve: Vol2_ModA_Cap1_Internet:001-029_CAP23_3A 15/06/12 09.54 Pagina 25 — avere un buon adattamento del coefficiente di dilatazione termica con quello del silicio; — non interagire chimicamente con il silicio; — avere una buona aderenza con i terminali esterni; — essere caratterizzato da basso assorbimento di vapore acqueo; — presentare, in condizioni di alta umidità, un rigonfiamento trascurabile. PER FISSARE I CONCETTI 1. 2. 3. 4. Descrivi brevemente le fasi di produzione di un wafer di monocristallo di silicio. Quali funzioni adempie la custodia di un dispositivo a semiconduttore? Che cosa rappresenta la resistenza termica di un contenitore? Quali caratteristiche deve possedere un contenitore plastico per dispositivi elettronici? CAP 1 - Giunzione PN 25