26 ottobre 2016_Opuscoletto La battaglia di

Comitato per le Celebrazioni del Centenario
della Grande Guerra – Boretto (Re)
MEERRCCOOLLEEDDÌÌ 26 OTTTTOOBBRREE 2016
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presso “i magazzini del Genio” la Bottega del Tempo Libero, Boretto
II° CONFERENZA SUL TEMA
“Verdun 1916”
“Cronaca dalle trincee della più grande battaglia di annientamento”
Curatore e docente della serata
Andrea Fontanesi
del Comitato per le Celebrazioni del Centenario della Grande Guerra di Boretto.
con la partecipazione del
Sindaco Massimo Gazza
Verdun 1916
La più grande battaglia
di annientamento della storia
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1914-1915: L'avvicinamento a Verdun
28 giugno 1914, a Sarajevo, l'anarchico nazionalista Gavrilo Princip, aderente al gruppo terroristico
serbo “La Mano Nera”, uccide l'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria-Ungheria.
Nel mese di luglio 1914 le cancellerie europee cercano di mediare una soluzione fra il governo
imperiale di Vienna e il governo Serbo (Crisi di luglio). Malgrado gli interventi diplomatici l'Austria, di
fronte alla mancanza di risposte di Belgrado, il 23 luglio 1914, lancia un ultimatum alla Serbia.
Il 28 luglio 1914, in mancanza di una risposta positiva di Belgrado, l'Austria dichiara guerra alla Serbia e
dà inizio alle operazioni. La dichiarazione di guerra dell'Austria alla Serbia darà inizio ad una catena di
eventi che porterà alla Prima Guerra Mondiale.
Dopo la rottura dei rapporti diplomatici fra Austria e Serbia, il governo tedesco, in conseguenza alla
mobilitazione generale russa (30 luglio 1914) in favore della Serbia contro l'Austria, il 31 luglio mandò
un ultimatum alla Russia e alla Francia e mobilitò le proprie truppe sul Fronte Occidentale e Orientale.
Nei due giorni successivi la Germania dichiara guerra alla Russia (1° agosto) e la Francia dichiara
guerra alla Germania (2 agosto).
Il piano tedesco, in caso di guerra era quello di eliminare la Francia con una “Azione Lampo” ad
Occidente e, confidando nella lenta e pesante macchina bellica russa (le previsioni davano almeno tre
settimane di tempo per la mobilitazione), rivolgere poi tutte le proprie forze sul Fronte Orientale.
Il piano strategico con il quale la Germania contava di colpire la Francia era denominato “Piano
Schlieffen”.
Il Piano Strategico, completato nel 1905, che prende il nome dal suo ideatore dal Capo di Stato Maggiore,
Alfred von Schlieffen, prevedeva che la Francia fosse attaccata da nord attraverso il Belgio e i Paesi
Bassi, così da evitare la lunga linea fortificata alla frontiera e rendere inutile il Piano Strategico Francese
(Piano XVII) e consentire all'esercito tedesco di calare su Parigi.
Il generale Von Moltke, successore di Schlieffen come capo di Stato maggiore dell'esercito, poco prima
dello scoppio del conflitto, nel 1912, accorciò il tratto di fronte su cui effettuare l'offensiva escludendone
i Paesi Bassi, lasciando solo la penetrazione nel Belgio.
Le truppe tedesche si sarebbero suddivise: 70% sull'ala destra dello schieramento (che avrebbe invaso
il Belgio e colpito la Francia fino a Parigi), 10% sul centro (come difesa del territorio tedesco in caso di
una controffensiva francese) e 20% sull'ala sinistra (posizionata in Alasazia e Lorena, fino al confine
con la Svizzera, e che avrebbe eseguito manovre di disimpegno e disturbo nel settore si Verdun).
Secondo il piano, Parigi sarebbe stata occupata e la Francia soggiogata nel giro di sei settimane; la
Germania avrebbe potuto allora rivolgere tutte le proprie forze contro la Russia.
Il 2 agosto, data della dichiarazione di guerra della Francia alla Germania, alcune pattuglie tedesche
attraversarono la frontiera francese dando luogo a sporadici scontri: a Jocherey, un paese vicino al
confine svizzero-tedesco, venne ucciso il caporale Andrè Peugeot che divenne il primo morto ufficiale
francese nella Prima Guerra Mondiale.
Seguendo i piani, alle 19 del 2 agosto la Germania inviò un ultimatum al Belgio, concedendo dodici ore di
tempo per acconsentire al passaggio delle truppe tedesche; i belgi rifiutarono.
Il giorno seguente (3 agosto) la Germania dichiarò guerra alla Francia, e in ottemperanza al piano
Schlieffen le truppe tedesche si apprestarono a varcare il confine belga.
La Gran Bretagna , in base al trattato del 1839, che prevedeva la neutralità del Belgio, inviò, allora, un
ultimatum alla Germania, con scadenza alle 23 del 4 agosto, per la sospensione delle operazioni militari.
La Germania rifiutò l'ultimatum e sette ore prima della scadenza dell'ultimatum britannico le truppe
tedesche oltrepassarono la frontiera belga; di conseguenza alle 23 la Gran Bretagna dichiarò guerra alla
Germania.
Il 4 agosto gli eserciti iniziarono le grosse operazioni militari.
Le truppe tedesche, penetrate in Belgio, assaltarono Liegi con la sua guarnigione di 35.000 soldati.
L'attacco durò più del previsto e solo il 7 agosto la fortezza centrale capitolò, ma non così gli altri dodici
forti: alcuni resistettero per molti giorni prima che i tedeschi potessero proseguire l'avanzata secondo i
piani.
Durante l'avanzata in Belgio si materializzarono i timori di Schlieffen. Il problema delle operazioni in
Belgio, che era stato temuto da Schlieffen, era che la rete stradale dell'epoca, fino agli anni Ottanta,
prevedeva che le strade principali, le uniche che l'esercito tedesco potesse usare, seguissero un
itinerario che passasse dal centro delle città e l'unico modo per avanzare era controllare le città stesse(a
Liegi incrociavano 6 strade e a Bastogne 8).
La penetrazione in Belgio divenne lenta e pesante e gli assedi, la resistenza inaspettata del piccolo
esercito belga, i trinceramenti lungo le strade e i sabotaggi alle ferrovie fecero perdere all'esercito
tedesco circa 5 giorni, sufficienti perché più tardi l'esercito francese si trincerasse lungo le rive del
Fiume Marna in piena.
La lentezza delle operazioni era il timore principale di Schlieffen che basando il suo piano sulla velocità
di soggiogare il Belgio per poi aggirare velocemente la linea francese e costringere il nemico ad una
inesorabile ritirata, in punto di morte espresse le sue preoccupazioni con la frase “Tenete forte l'ala
destra”.
Dopo la caduta di Liegi la maggioranza dell'esercito belga si mise in ritirata verso ovest, mentre il 25 più
a nord i tedeschi bombardarono Anversa con una azione dei dirigibili Zeppeling, dando inizio ad un
assedio che durò fino al 28 agosto, mentre si eseguivano altre operazioni nella zona di Namur.
Il 20 le truppe tedesche entrano a Bruxelles, con 10 giorni di ritardo sulla tabella di marcia, mentre in
Normandia e a Calais sbarcavano i 120.000 uomini della prima parte del corpo di spedizione britannico
comandato da Sir John French.
Mentre i tedeschi combattevano in Belgio, l'esercito francese tentò una penetrazione per superare il
Reno seguendo il Piano XVII ma l'avanzata, come previsto dal piano tedesco, venne fermata.
Il 22 agosto l'esercito tedesco venne fronteggiato dall'unione delle forze di Francia, Belgio e Gran
Bretagna. I tedeschi riuscirono comunque a rompere la resistenza delle forze di French, che aveva
troppe poche forze per resistere e il 23 iniziarono ad avanzare; quello stesso giorno sia i francesi da
Charleroi che i belgi da Namur cedettero alla pressione nemica e iniziarono a ripiegare.
Superato l'ostacolo dell'ostinata resistenza belga l'avanzata divenne irresistibile: il 30 agosto le forze
anglo-francesi erano state respinte e sono costrette a ripiegare verso il fiume Marna, che diventerà
l'ultimo e disperato luogo della resistenza francese.
Il 2 settembre il governo francese si rifugiò a Bordeaux. Il 3 settembre l'esercito tedesco giunse a 40
chilometri da Parigi, ma inseguendo gli anglo-francesi in ritirata, gli invasori persero l'occasione di
espugnare la capitale e si lasciarono trascinare a est di Parigi ed a sud della Marna dove gli Alleati si
preparavano ad ingaggiare battaglia.
La battaglia della Marna iniziò il 5 settembre, i 5 giorni persi in Belgio e i 2 giorni persi a dare la caccia a
nord e a sud di Parigi alla truppe nemiche, si rivelarono la tragedia dell'esercito tedesco.
I francesi approfittarono della piena della Marna e, fatti saltare i ponti, si prepararono per un
contrattacco sul quale giocarono tutto.
Il contrattacco anglo-francese riuscì a fermare l'avanzata tedesca, che in quel momento era stanca
(dopo un mese di combattimenti) e in una situazione logistica insostenibile (i francesi avevano allestito
dei ripari, i tedeschi passarono giorni all'aperto in mezzo al fango), riuscendo a farli ritirare di circa
100 chilometri.
L'esercito tedesco era anche in difficoltà a causa di un problema di trasporti: le ferrovie che servivano i
territori conquistati non erano all'altezza del compito di trasportare le ingenti quantità di rifornimenti
indispensabili all'avanzata delle armate tedesche; né potevano sollevare il soldato dalla fatica di
marciare 50 o 60 km al giorno.
I rifornimenti che raggiungevano i posti di smistamento ferroviario tendevano a rimanervi bloccati e,
nonostante l'apertura di nuove strade, i veicoli a disposizione non riuscivano a soddisfare le esigenze di
cinque armate.
Dal punto di vista operativo, ogni giorno che passava portava il fronte sempre più vicino a Parigi:
quest'area ospitava invece una fitta rete di ferrovie che dava ai francesi la possibilità di muovere le
proprie truppe molto rapidamente.
Durante la battaglia, la comparsa di truppe anglo-francesi in punti imprevisti costrinse lo stato maggiore
tedesco ad autorizzare una ritirata generale.
La battaglia della Marna, durata quattro giorni, decretò la fine del piano Schlieffen e cancellò per sempre
la possibilità di una rapida vittoria tedesca sul fronte occidentale.
I contendenti cercarono allora di riprendere la guerra di manovra, spingendosi a nord: partì la “Corsa al
Mare” che vide le forze tedesche e le forze anglo-francesi spingersi a nord, verso la Manica, per aggirare
le forze nemiche da nord e colpire il fianco dello schieramento.
La corsa finì con un pareggio con le posizioni che si congelarono nella zona di Ypres facendo della
guerra di movimento una guerra di posizione.
I tedeschi, troppo stanchi per continuare ad avanzare nel fango, gli inglesi, in numero ancora troppo
esiguo per pensare di attaccare le posizioni nemiche (la mobilitazione inglese si rilevò veramente lenta)
e i francesi, ancora troppo scossi dalla ritirata e dallo scampato pericolo di perdere la capitale, non erano
nelle condizioni per muovere grandi operazioni e la trincee divennero l'unico modo per mantenere le
posizioni.
Il fronte non ebbe sostanziali mutamenti per tutto il 1915, i francesi erano troppo in difficoltà per
passare all'attacco e i tedeschi cercarono di preparare una operazione che in un solo colpo avrebbe
eliminato il fronte occidentale; non va dimenticato che i tedeschi erano impegnati anche ad oriente
contro i russi, che per quanto fin dall'inizio sia stata una campagna vincente, impegnava comunque una
grossa quantità di forze che sarebbero potute essere impegnate ad occidente.
La città di Verdun
La città di Verdun, conosciuta già in epoca romana con il nome di Virodunum, era organizzata come
importante campo fortificato organizzato per sbarrare il passo alle popolazioni germaniche. Nell'843 il
Trattato di Verdun divise l'Europa in tre parti e segnò la nascita della Germania come nazione,
rappresentando, per i teutonici prime e per i tedeschi dopo, un simbolo quasi mistico e benché la
cittadina in base al trattato fosse in territorio francese, salvo brevi periodi sotto il controllo tedesco.
Nel 1652 iniziarono i lavori, sotto la direzione di Sebastien de Vauban, per far diventare la città una
imponente fortezza destinata ad essere regolarmente assediata nei secoli successivi.
La città fu duramente attaccata nel 1792 e nel 1870 dalle forze prussiane che la cannoneggiarono
pesantemente.
Nel 1916 Verdun era una cittadina tranquilla, considerata inattaccabile dai comandi francesi, che videro
il sistema fortificato intorno alla città resistere efficacemente all'assedio durante la Battaglia della
Marna (durante quella battaglia Verdun assunse un significato ancora più mistico nella retorica e nella
propaganda di guerra).
Da ogni lato Verdun era circondata da ripide colline lambite dalla Mosa, presidiate da numerosi forti
(nelle carte topografiche tedesche, al 1914, erano segnati 20 forti principali e circa una quarantina di
media importanza) che avrebbero impedito grazie ad un efficace tiro incrociato qualunque avanzata
nemica.
Dopo i primi scontri nel settore, i comandanti francesi, decisero di fortificare maggiorante il settore con
la costruzione di un sistema trincerato che collegava i forti intorno alla città.
Sulla carta, la città era il punto più forte dell'intero fronte francese, ma alla prova dei fatti si sarebbe
rivelato uno dei suoi punti più deboli.
Il motivo di questa debolezza deve essere ricercato nella mancanza totale di pezzi d'artiglieria, che
vennero spostati per disporli in altri punti del fronte.
Questa decisione di sguarnire la difesa di Verdun, rientrava nella filosofia che prevedeva: “ il posto del
soldato francese è in campo aperto e, se assolutamente necessario, in trincea, ma non certamente
nascosto sotto un blocco di cemento”.
In questo modo il sistema difensivo più potente venne privato delle sue armi e successivamente anche
di parte degli uomini, che vennero dislocati in altre parti del fronte, lasciando Verdun con un numero
inadeguato di uomini. Al momento dell'attacco tedesco il sistema fortificato-trincerato francese lasciava
molto a desiderare con molte zone non terminate causa la mancanza di personale militare che potesse
lavorare ai trinceramenti.
Operazione Gericht
Dopo il fallimento dello sfondamento sul fronte francese e il blocco delle operazioni sul fronte
occidentale, il Capo di Stato Maggiore Von Moltke venne rimosso.
La sua colpa fu non essere riuscito a sfruttare la vittoria in Belgio, durante l'operazione Schlieffen,
arrivando a puntare su Parigi quando ormai le piogge avevano reso impossibile la vittoria. Al suo posto
venne nominato il generale Falkenhayn.
Pochi giorni prima del Natale 1915, Falkenhayn, si recò al Comando Centrale per sottoporre al Kaiser
un piano per una offensiva contro la Francia per superare il momentaneo blocco e tornare all'attacco.
Il capo di Stato maggiore dell'esercito tedesco convinse l'Imperatore Guglielmo II ad attaccare il nemico
per "finirlo" costringendolo ad arrendersi e in questo modo rivolgere tutta l'attenzione verso la Gran
Bretagna. Falkenhayn sosteneva che un'offensiva “permetterebbe al nostro esercito, con mezzi limitati,
di impegnare duramente l'esercito francese nella difesa di Verdun costringendolo a impiegare nella
difesa fino all'ultimo uomo disponibile.
In questo modo le forze francesi si dissangueranno, e il nostro impegno in un fronte ristretto sarebbe
minimo”. Dopo il dissanguamento dell'esercito francese si sarebbe potuto passare ad una offensiva più
ampia non avendo, a quel punto, troppa resistenza da parte francese.
Oltre alla consueta meticolosità ed operosità, i comandi tedeschi diedero grande importanza alla
segretezza tenendo all'oscuro praticamente l'intero esercito tedesco.
L'Operazione Gericht venne comunicata solo ad alcuni comandanti e solo a poche settimane prima
dell'inizio delle operazioni. Il generale Gaede continuò i preparativi per alcune operazione che
Falkenhayn non aveva più intenzione di fare, ma non gli venne comunicato niente per timore che delle
informazioni passassero al nemico, decine di bombardamenti diversivi furono programmati in vari
punti del fronte, alle infermiere, dei nuovi ospedali da campo, venne detto che andavano a curare
“malattie intestinali ed interne”.
Questa "segretezza" ebbe però il suo rovescio della medaglia, pochissimi sapevano dei piani divenne
difficile coordinare la preparazione delle forze, e durante il primo assalto a Fort Douaumont le truppe
tedesche furono insufficienti causa la mancanza di rinforzi, dispersi fra i vari campi di smistamento.
I preparativi furono comunque imponenti: oltre ad un afflusso record di pezzi d'artiglieria, i tedeschi,
portarono nei 14 chilometri di fronte: 200.000 pinze taglia fili, 17.000 badili, 125.000 granate, 1
milione di sacchetti di sabbia, 265.000 kg di filo spinato.
Ore 20:30, 20 febbraio 1916: niente da segnalare, attività nella norma. Ecco cosa comunicarono le
vedette francesi ai rispettivi comandi.
Nella foresta di Loison le forze tedesche sembravano ferme. I primi movimenti furono notati, dalle
sentinelle francesi, alle 02:30 del mattino nella zona delle reti mimetiche dove alloggiavano le artiglieria
tedesche. I movimenti erano i primi artiglieri che iniziarono a muoversi. Per i francesi non era una
novità: la notte fra il 20 e il 21 febbraio era la decima notte di fila in cui l'artiglieria tedesca faceva
esercitazioni notturne per poi tornare a dormire. Tutto si svolse quasi coma da copione: 03.15 inizio
delle operazioni (pulitura e manutenzione pezzi), trasporto munizioni dai depositi sotterranei fino ai
pezzi, preparare il colpo, per poi smontare tutto e alle 06.00 tutti a letto. Ma stavolta il copione subì una
variazione. Alle 06.00 l'ordine di smobilitare non arrivò e le truppe francesi sentirono gli artiglieri
tedeschi brontolare per essere stati svegliati per la decima volta in piena notte e ora dovevano stare a
prendere freddo in attesa di poter andare a dormire.
La mattina del 21 febbraio era una serena mattina invernale e tutto era tranquillo. Alle ore 08:11 il
telefono del comando artiglieria di Loison squillò, al telefono con il comandante di zona c'era il comando
centrale tedesco che diede l'ordine: “Feuer” (Fuoco). L'ufficiale uscì dalla tende e si pose al centro delle
sue batterie, subito dietro ai due cannoni di marina da 380mm smontati e portati a Verdun per portare
avanti la tattica tedesca di annientamento. Dieci secondi prima delle 08.12 diede l'ordine di armare i
cannoni, i serventi caricarono il proiettile da 1 tonnellata, chiesero la culatta e volsero la schiena al
cannone, mentre l'ufficiale diede l'ordine: “Feuer” (Fuoco).
L'operazione Gericht era cominciata, la più grande battaglia di annientamento della storia era scattata.
Alle 08:12 il primo proiettile sorvolò le linee francesi per poi cadere a 30 km di distanza colpendo il
palazzo vescovile di Verdun. Nei minuti successivi i due cannoni marittimi da 380mm distrussero la
ferrovia e la stazione di Verdun.
Le truppe francesi vennero colte di sorpresa. Il caporale Stephane (soprannominato il nonno per i suoi
46 anni) stava prendendo il caffè e stava mangiando la sua colazione. Era esperto e sapeva che dopo il
brutto tempo delle settimane precedenti, il 21 febbraio, sarebbe stato ideale per il primo attacco
dell'anno.
La sue sensazioni erano rafforzate dai voli che alcuni aerei tedeschi avevano fatto sulle postazioni
francesi la sera prima. Ma il rombo dei 380mm avevano colto di sorpresa anche un veterano come lui.
Al primo colpo, Stephane, da soldato navigato, si getto nel rifugio borbottando, in maniera poco elegante,
contro i tedeschi, per la scelta dell'orario: <<Quei figli di...non potevano aspettare che finissi il caffè!>>.
Un bombardamento violento e preciso martellò per ore le linee francesi, distruggendo trinceramenti e
linee telefoniche, e impedendo l'arrivo di qualsiasi rinforzo. Nel primo pomeriggio il bombardamento
tedesco raggiunse la massima intensità, alte colonne di fumo si alzarono dalle linee francesi.
Alle 09:12 venne impartito l'ordine di dare inizio alle operazioni di terra.
La 5ª armata tedesca, comandata dal Principe Ereditario Guglielmo di Prussia, si lanciò all'attacco. Gli
uomini, divisi in piccoli gruppi occupando il numero più alto possibile di posizioni nemiche, in vista del
massiccio attacco del giorno successivo. In alcuni casi le pattuglie riuscirono perfino a fare prigionieri
mentre i ricognitori aerei riportarono di una distruzione di vaste proporzioni nelle linee nemiche. Il
primo giorno di battaglia non sortì per i tedeschi l'effetto sperato. I francesi resistettero stoicamente,
anche se cedettero in vari punti non erano stati "spazzati via" come invece le prime ricognizioni
tedesche erroneamente riportarono.
Per il secondo giorno di battaglia, il comando tedesco, aveva previsto la stessa tattica del 21 febbraio:
bombardamento al mattino e assalto al pomeriggio. Intorno alle 16:00, del 22 febbraio, le forze tedesche
riuscirono a eseguire il primo vero affondo nelle linee francesi, approfittando della difficile situazione
delle forze francesi in prima linea. I vuoti dell'artiglieria francese risultarono evidenti e la controparte
tedesca continuò a martellarle sistematicamente. Solo alla sera del 22 febbraio, il comando francese,
impartì l'allarme ai comandi di seconda linea, sotto la pressione della manovra tedesca che stava
cercando di aggirare il bastione di Verdun da nord, passando per Samogneux.
I tedeschi, come da tattica, impedirono con un violento sbarramento di fuoco l'arrivo di rinforzi a
Samogneux, ma a facilitare le cose ci pensarono gli stessi francesi. Una precipitosa notizia che dava per
occupata già alla sera del 22 la cittadina, mise in allarme il generale francese Herr che ordinò un intenso
tiro d'artiglieria verso Samogneux per riconquistarne le posizioni, che sfortunatamente erano ancora
saldamente in mano ai soldati francesi, che in questo modo vennero decimati dalla propria artiglieria: i
tedeschi approfittarono dell'errore e alle 03:00 del mattino occuparono la cittadina.
I tedeschi con questa conquista rafforzarono il cuneo creato nelle difese francesi, la diga era stata
infranta, la 37ª divisione africana messa a tamponare la falla fu decisamente poco efficace, e i tedeschi
riuscirono ancora ad avanzare in direzione della importante piazzaforte di Fort Douaumont.
La situazione tra le linee francesi era pessima, il freddo imperversava e i ricoveri e le trincee erano state
spazzate vie, le truppe erano demoralizzate e decimate, le linee di comunicazione distrutte, le strade
interrotte e le ferrovie divelte mentre il servizio ambulanze impiegava in media 10 ore per percorrere i
30 km, che separavano la prima linea dagli ospedali militari (i fossi lungo le strade di Verdun si
riempirono di soldati morti durante il trasporto, le autoambulanze, quando perdevano il soldato lo
buttavano fuori, nel fosso, e facevano retromarcia per cercare di fare un altro trasporto). La situazione
era quindi favorevole ai tedeschi, che però non si accorsero subito della situazione e non colsero
l'opportunità di un possibile e decisivo sfondamento, anche se di lì a poco avrebbero effettuato una delle
più fortunate conquiste dell'intera campagna.
Il 23 e il 24 febbraio i combattimenti proseguirono ma in quelle 48 ore furono solo le artiglierie a
lavorare, mentre le avanzate vennero momentaneamente sospese. Il 25 febbraio le cose cambiarono.
Alle 09:00 del mattino le artigliere tedesche aprirono il solito bombardamento di annientamento e alle
10:30 le forze tedesche partirono all'attacco. La resistenza francese fu nulla. In meno di 25 minuti il 2°
battaglione avanzò di circa 1.200 metri (la media di avanzata era di circa 150 metri) facendo 200
prigionieri.
Nel primo pomeriggio Fort Douaumont, simbolo della resistenza di Verdun, cadde in mano tedesca
senza prestare una qualsiasi resistenza. Il forte era presidiato da soli 56 uomini, che per la maggior
parte si rifugiarono nei sotterranei per paura della artiglieria tedesca, il comandante il sergente
maggiore Chenote con alcuni uomini rimase nella torretta a sparare qualche colpo, andati tutti a vuoto,
con il cannone da 155 mm.
Quando le avanguardie tedesche raggiunsero il forte, furono sorprese dal totale silenzio delle armi dei
difensori e si avventurarono nella struttura più per curiosità che per un ordine diretto. Le avanguardie
del 24° reggimento tedesco superarono il fossato ed entrarono da una finestra lasciata aperta e
catturarono i francesi, che si arresero senza sparare un solo colpo.
I primi successi a Verdun furono esaltati dalla propaganda tedesca, mentre i francesi cercarono di far
“digerire” la sconfitta drammatizzando e aumentando le perdite tedesche fino all'assurdo.
I francesi per la loro inadeguatezza non furono in grado di riconquistare Fort Douaumont, i velleitari e
sprezzanti assalti alla baionetta non ebbero alcun effetto, i rifornimenti erano assenti e il morale era a
livelli bassissimi. Ciò aiutò la diffusione di panico ed a episodi di diserzioni sempre più frequenti, molto
spesso repressi con la forza.
Gli abitanti di Verdun si riversarono per le strade per fuggire e cominciarono a imperversare i
saccheggi.
La notizia della perdita di Fort Douaumont arrivarono velocemente anche al quartier generale francese.
Il generale Joffre inviò la 2ª armata, finora di riserva, comandata dal generale Philippe Pétain. L'ordine a
Pétain era chiaro: difendere fino alla morte le rive del fiume Mosa.
Pétain fu un generale in un certo senso più "umano" e capace rispetto a Joffre e ad Haig, che
sembravano impassibili di fronte alle perdite che stavano dissanguando le truppe.
Pétain al contrario aveva molto a cuore la sorte dei suoi soldati e riteneva inutili quelle immediate
controffensive, puntando fin da subito a una tattica difensiva in attesa di organizzare offensive con
obbiettivi più limitati ma con il vantaggio tattico della superiorità. Pétain giunto a Verdun si accorse
subito che la situazione non era così disperata.
Come prima cosa cancellò l'ordine di riconquista immediata di Douaumont, che in fondo era solo una
fortezza di forte valore simbolico più che tattico, altri rinforzi erano inoltre in arrivo, così venne deciso
di organizzare successivamente un contrattacco con mezzi migliori e più possibilità di riuscita.
Riorganizzò il sistema di comunicazione e il sistema dei rifornimenti. Pétain riuscì a riaprire l'arteria
stradale che collegava Verdun a Parigi, facendola diventare il cuore pulsante della resistenza francese.
Su questa strada, che venne denominata “Via Sacra”, viaggiarono rifornimenti e soldati, arrivando, nel
momento di massimo impegno bellico, a sostenere 12.000 mezzi al giorno, un passaggio ogni 14
secondi. Malgrado l'iniziale impeto, l'attacco tedesco tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo si era
lentamente impantanato anche per via del riassetto che Pétain dette alle linee del fronte.
I tedeschi si trovarono a dover avanzare in un terreno fangoso e sconvolto dai loro bombardamenti, che
non consentiva di far avanzare i pesanti cannoni come la loro tattica prevedeva.
Ora l'intensità del fuoco tedesco era minore e i francesi riuscirono a resistere con grande efficacia
causando ingenti perdite agli attaccanti, che non riuscirono più a sfruttare il vantaggio di potenza di
fuoco che avevano all'inizio.
Falkenhayn fin dall'inizio dell'offensiva negò i rinforzi richiesti dai comandanti sul campo, nonostante
in quel momento le forze francesi fossero vicine al collasso decisivo. L'indecisione cronica del capo di
Stato Maggiore precluse al comandante della 5ª armata, il Principe Ereditario, altre forze utili allo
sfondamento; l'erede al trono tergiversò aspettando i rinforzi perdendo così la più grande occasione di
sfondare le linee francesi, in quel momento nel caos più totale.
Sfruttando l'indecisione nemica, le linee francesi si rinforzarono rendendo la battaglia in tutto e per tutto
simile alle sanguinose offensive di logoramento che caratterizzarono il fronte occidentale.
Solo dopo lunghe riflessioni Falkenhayn decise finalmente di rinforzare le forze della 5ª armata, in vista
di un nuovo slancio offensivo. Le forze che Falkenhayn mise sul campo erano ben lontane dalle "limitate
risorse" con cui si intendeva condurre inizialmente l'azione nel settore di Verdun, e ben superiori a
quelle che a febbraio sarebbero servite se il comando tedesco avesse rinforzato le forze e portato a
termine lo sfondamento del fronte francese, in quel momento allo sbando. Venne deciso di condurre una
vasta azione anche sulla riva sinistra della Mosa per alleggerire la riva destra ormai teatro di violenti
scontri. E proprio sulla riva sinistra, vi era un'altura allungata e scoperta, perpendicolare al fiume che
aveva una notevole visuale in ogni direzione: Mort-Homme.
La sua conquista avrebbe eliminato le batterie francesi riparate dietro di questo, e consentito di
dominare anche la successiva altura verso Verdun: Bois Bourrus.
Nonostante i preparativi per affrontare l'attacco le truppe francesi si fecero trovare di nuovo
impreparate, la 77ª brigata tedesca superò la Mosa e conquistò importanti posizioni. Il 14 marzo un
primo attacco venne condotto dai tedeschi verso il Mort-Homme, la battaglia durò per alcuni giorni, ma
sistematicamente come per i successivi due mesi ondate di fanti tedeschi avanzarono in un terreno
dilaniato dai loro bombardamenti preliminari per poi essere massacrati dalla risposta dell'artiglieria
francese. Le perdite crebbero vertiginosamente da ambo le parti, alla fine di marzo il totale delle perdite
tedesche era di 81.607 unità contro le 89.000 unità. Il 20 marzo l'11ª divisione tedesca ebbe un
insperato successo conquistando alcune posizioni ai piedi delle due alture con limitate perdite, e
catturando 2.825 francesi.
Malgrado le difficoltà, i tedeschi continuarono ad avanzare. Dal 31 marzo al 9 aprile vennero
conquistate parecchie posizioni, ricacciando i francesi verso Verdun.
Il 9 aprile venne decisa una grossa offensiva lungo l'intero fronte di Verdun, su ambedue le rive della
Mosa, "facendo cioè quello che avrebbero dovuto fare il 21 febbraio". Fu lo sforzo maggiore dal primo
giorno dell'offensiva a febbraio, vennero impiegati 17 treni carichi di munizioni e decine di migliaia di
uomini. Ma tutto ciò non fu sufficiente, seppur con piccoli cedimenti il fronte francese resistette, da
quel giorno però fu un continuo susseguirsi di sanguinosi attacchi e contrattacchi. Il 3 maggio i
tedeschi prepararono un nuovo e forse decisivo attacco, posizionando 500 pezzi d'artiglieria lungo un
fronte di 2 km, che martellarono le linee francesi per oltre due giorni, causando tra le file francesi
terribili perdite.
Nonostante le avanzate tedesche sulla riva sinistra, sulla riva destra della Mosa le cose non andavano
bene per l'esercito del Kaiser. Nei successivi tre mesi le avanzate da entrambe le parti furono minime al
costo di perdite gravissime.
Nella riva destra appunto, i combattimenti si svolsero per tutto il periodo in una piccola zona, chiamata
il "quadrilatero della morte" a sud di Fort Douaumont, dove i soldati cadevano a migliaia per un tira e
molla da entrambe le parti (avanzata massima nella zona 975 metri).
Nonostante i primi segni di tensione tra i comandi tedeschi, l'offensiva non venne fermata sulla base di
considerazioni che facevano credere di poter sopportare altre grandi offensive, che al contrario i
francesi a corto di uomini, non avrebbero potuto reggere.
L'esperimento del "dissanguamento totale" funzionava, ma coinvolgeva anche le truppe tedesche. Al
primo maggio infatti le perdite erano rispettivamente di 126.000 uomini per i tedeschi contro i 133.000
francesi. Tra le file dei primi serpeggiava però il timore di un'offensiva inglese di "alleggerimento", così
Falkenhayn decise per una energica offensiva della 5ª armata verso Fort de Souville.
Dopo tre mesi e mezzo di violenta battaglia, Verdun aveva ormai assunto un valore simbolico per
entrambe le parti. Una cittadina oramai praticamente disabitata e semi distrutta dai bombardamenti era
divenuta una questione d'onore più che strategica per la Francia. “L'Honneur de la France” appunto,
obbligava le forze francesi a mantenere a qualunque costo la cittadella e allo stesso tempo impegnava
ogni sforzo tedesco nella conquista di quell'angolo di Francia che ormai rappresentava un vero e
proprio crocevia per il destino di entrambe le nazioni coinvolte.
A giugno fallì l'assalto lo sfondamento nella zona di Fort Vaux e la “limitata offensiva” estiva voluta da
Falkenhayn costò 250.000 uomini. Il 28 agosto il Kaiser destituì Falkenhayn sostituendolo con il duo
Hindenburg e Ludendorff che fermarono le offensive in attesa dei contrattacchi francesi. La nuova tattica
era quella di respingere i contrattacchi francesi fino a farli sfiancare.
Tra aprile e settembre le truppe francesi avevano tentato diverse volte di respingere i tedeschi ma
praticamente ogni tentativo era stato vanificato dalla disorganizzazione degli attacchi che vennero
effettuati da un numero insufficiente di uomini e senza un appoggio adeguato dell'artiglieria (i mortai
da 370 mm francesi di rivelarono inadeguati a penetrare le mura di calcestruzzo del forte).
Ad ottobre l'andamento della battaglia sarebbe però drasticamente cambiato. I francesi cominciarono a
preparare una serie di offensive su larga scala che poterono contare sullo sforzo dei tre grandi
protagonisti della battaglia, il trio composto da Robert Nivelle, Philippe Pétain e da Charles Mangin, che
per la prima volta da febbraio avrebbero organizzato un'offensiva degna di tale nome, aspettando prima
di tutto di avere la superiorità nell'artiglieria e negli uomini. Il piano francese prevedeva la riconquista
di Fort Douaumont. L'attacco sarebbe stato condotto con otto divisioni e oltre 650 cannoni pesanti (a
disposizione, i francesi, avevano 15.000 tonnellate di proiettili). Il 19 ottobre partì un poderoso
bombardamento preliminare francese che per tre giorni sconvolse le linee tedesche, avvalendosi fino a
mezzogiorno del 23 di giganteschi pezzi da 400 mm, che colpirono Fort Douaumont, devastando le
casematte e svariate strutture del forte.
La mattina del 24 ottobre le truppe francesi, coperte da una pesante nebbia che impedirono
all'artiglieria tedesca di sparare (ad ottobre la consistenza dell'artiglieria tedesca era diminuita molto
fra danneggiamenti durante i combattimenti e trasferimenti sulla Somme), diedero inizio agli assalti.
Fort Douaumont fu riconquistato in giornata, e i soldati francesi furono impressionati dalle devastazioni
che lo stesso forte subì dai loro cannoni. Il 2 novembre cadde anche il forte di Vaux, sotto l'attacco della
2ª armata francese, mentre il 23 ottobre l'ultima guarnigione tedesca di Fort Douaumont si era ritirata
dalla zona del forte.
L'esercito francese avanzò di circa 3 km oltre Fort Douaumont, riconquistando anche parecchie delle
postazioni perse con l'attacco tedesco di febbraio.
La ritirata tedesca non si arrestò e continuò fino ad arrivare alle posizioni occupate a febbraio. Anche se
nel settore si segnalarono scontri fino al 1918, il 15 dicembre, con l'ultima spallata francese, la battaglia
di Verdun ebbe termine. Le posizioni, da febbraio, non erano cambiate. I 5 km guadagnati nel settore
centrale di Verdun dai francesi, vennero annullanti dai 3 km persi dai francesi nel settore a sud e a nord
di Verdun.
Verdan: Il bilancio del campo di battaglia
Il 15 dicembre, dopo 298 giorni di combattimenti, la battaglia di Verdun era finita. Al termine delle
operazioni nessuna delle parti aveva guadagnato un solo metro. Il 20 dicembre, allo stop dell'ultima
offensiva francese, tutti erano tornati, quasi interamente, alle posizioni iniziali, malgrado nel settore di
Verdun passarono il 70% dell'esercito francese e il 68% dell'esercito tedesco del fronte occidentale.
In 10 mesi di battaglia il prezzo di sangue fu:
Francia:
166.000 morti
216.000 feriti
Germania:
145.000 morti
190.000 feriti
Totale:
717.000 fra morti e feriti
I risultati di quella che sarebbe dovuta essere “una rapida e decisiva” vittoria tedesca, trasformatasi in un
calvario e in una strage senza precedenti, furono:
 il quasi azzeramento degli Stati Maggiori di entrambi gli eserciti, stravolti da destituzioni e
trasferimenti
 l'incapacità di entrambe le parti di svolgere qualsiasi operazione durante il 1917, l'unico
schieramento sul fronte occidentale a tentare qualche operazione seria fu lo schieramento
inglese
In quei lunghi 298 giorni la Battaglia di Verdun entrò nella storia per due dati che raccontano da soli il
massacro che percorse la zona di Verdun:
 la battaglia con il più alto numero di morti per metro quadrato
 nei momenti più importanti della battaglia, si arrivò ad avere, in media, un morto ogni 3 minuti e
mezzo
Verdun:
La guerra dei gas e i duelli d'artiglieria
Nella terza settimana dell'aprile 1915 le forze tedesche diedero inizio ad una nuova fase che avrebbe
dovuto farli uscire dalla situazione di stallo e condurli alla vittoria. All'alba del 22 aprile 1915, le truppe
speciali tedesche, aprirono le valvole di circa 5.000 bombole, contenenti 168 tonnellate di cloro. La nube
di cloro, spinta dal vento favorevole, si diresse verso il settore trincerato della cima Pilckem occupato
dalla truppe coloniali francesi.
La nube giallo-verde asfissiò i difensori della prima linea e causò il panico nelle retrovie aprendo una
breccia nello schieramento francese. Tuttavia i tedeschi non erano preparati ad una tale efficacia e non
avevano disposto, nei propri trinceramenti, un numero sufficiente di uomini per una offensiva su larga
scala.
Questo primo attacco chimico era stato pensato come sperimentale, per valutare gli effetti e le quantità
di gas da usare, e non aveva nessuno scopo tattico e mai il comando tedesco aveva pensato di poter
avere strada libera per prendere Ypres.
I comandanti tedeschi ebbero grosse difficoltà a coordinare l'avanzata delle truppe e il lancio del gas, che
ostacolò anche i soldati tedeschi. I comandanti tedeschi non riuscirono a sfruttare pienamente la
situazione a causa della decisione di non lanciare le poche truppe presenti nell'area per paura che il gas
colpisse anche i soldati tedeschi; a complicare le cose, verso le 10.30 della mattina arrivò anche il vento
che smise di essere stabile verso le trincee francesi, per diventare vario e fece spostare le nubi di cloro
fra le trincee francesi e le punte avanzate delle trincee tedesche.
Dopo che con lanci di gas avevano fatto arretrare i britannici fino alle porte di Ypres, il 1º maggio i
tedeschi erano sicuri di poter vincere ad occidente. Nonostante i ripetuti bombardamenti e attacchi, i
tedeschi non riuscirono però a superare lo stallo e il 25 le operazioni cessarono.
Dopo questo attacco anche gli Alleati cominciarono a sviluppare la nuova arma senza tuttavia riuscire
ad eguagliare i nemici nello sviluppo degli aggressivi né nelle tecniche d'impiego, che, inizialmente
piuttosto approssimative e vennero perfezionate solo con il tempo, dopo l'introduzione delle granate a
gas. Per tutto il conflitto i tedeschi riuscirono comunque a mantenere una netta superiorità tattica
nell'uso di tale arma.
A Verdun i gas vennero usati in misura minore e solo con attacchi mirati a postazioni singole;
principalmente gli attacchi di gas vennero lanciati tramite proiettili d'artiglieria caricati con i gas. I gas
usati prevalentemente a Verdun furono Iprite e Fosgene.
Dal primo attacco a Ypres fino al 1918 le perdite per attacchi chimici ammontarono:
 Francia e Gran Bretagna: 78.198 morti e 908.645 intossicati di varia entità
 Germania: 12.000 morti e 288.000 intossicati di varia entità
La Prima Guerra Mondiale vide un ampio dibattito sulle modalità di uso dell'artiglieria.
I generali anglo-francesi usavano l'artiglieria per aprirsi un varco tra le linee nemiche e quindi
riprendere le manovre a livello operativo costringendo i tedeschi alla ritirata. Il comando tedesco, con
l'arrivo del nuovo Capo di Stato Maggiore Erich von Falkenhayn, decise di usare l'arma dell'artiglieria
come mezzo per spazzare via la resistenza francese. Egli intendeva usare l'artiglieria per uccidere
quanti più soldati francesi possibile, spingendo così la Francia a rinunciare all'alleanza con la Gran
Bretagna e a cercare una pace separata, i suoi cannoni avrebbero dovuto colpire ciò che egli riteneva il
punto debole dell'alleanza anglo-francese: la riluttanza dei soldati francesi a morire per mantenere
l'alleanza con la Gran Bretagna per salvare la Serbia.
Per fare ciò Falkenhayn aveva bisogno della "collaborazione" dei francesi, e doveva trovare un luogo al
quale la fanteria francese non avrebbe rinunciato facilmente, una calamita che attirasse i francesi nel
raggio d'azione della sua artiglieria, per poi, dopo aver decimato le truppe francesi, lanciare una grossa
offensiva che avrebbe fatto crollare il fronte occidentale e chiuso i conti con gli anglo-francesi.
Il piano tedesco, che si basava sull'utilizzo massiccio dell'artiglieria, prevedeva l'utilizzo dei cannoni
pesanti che avrebbero dovuto scavare un solco profondo fra le linee francesi, permettendo alla fanteria
tedesca di avanzare. I bombardamenti tedeschi si sarebbero concentrati anche verso le retrovie, per
distruggere le via di rifornimento e di assistenza francesi. Il risultato della tattica tedesca fu che su un
fronte operativo di 14 chilometri vennero concentrati 1.220 pezzi di artiglieria (in media, uno ogni 12
metri), fra cui:
 542 pezzi di artiglieria pesante
 152 lanciamine “Minenwerfer”
 306 pezzi d'artiglieria campale
 13 mortai da 420 mm (le famose “Grandi Berta” e i “Gamma Moser” capaci di parare proiettili da
oltre una tonnellata)
 2 cannoni da marina da 380 mm
a questi 1015 cannoni andavano aggiunti circa 205 cannoni da 210 mm, 150 mm, 130 mm e 77 mm
che servivano come sbarramento al fuoco francese e a fermare eventuali contrattacchi.
La prima fornitura di munizioni, che avrebbe coperto le prime operazioni nel settore di Verdun era
conteggiata intorno alle 2.500.000 proiettili trasportati da 1.300 vagoni.