Ci furono giovani che non accettarono di cambiare bandiera, alcuni di loro sentirono l’impellente
necessità di giurare invece fedeltà all’alleato con cui avevano combattuto fianco a fianco negli ultimi
anni e andarono verso i camerati tedeschi, chiedendo di combattere ancora.
Nell’ottobre del 1943 circa 13.000 uomini, provenienti dai reparti di Camicie Nere si unirono ai
tedeschi sia nei Balcani che nella Francia meridionale, furono mandati nel campo di addestramento
di Musingen e, a dicembre dello stesso anno, furono impiegati in Italia su vari fronti.
Nino Colombari, delle Waffen SS Italiane dopo lo sbarco di Anzio, fu tra i primi soldati schierati in
difesa di Roma e, sul fronte di Nettuno, le SS Italiane, insieme ai volontari del “Barbarigo” e della
“Folgore”, tennero le trincee oltre il limite delle umane possibilità. “…sui seicentocinquanta uomini
accorsi a Nettuno, trecentoquaranta rimasero a custodia delle trincee nelle fosse scavate dalla pietà
dei compagni; ventidue furono decorati della croce di ferro di seconda classe, dieci di medaglia
d’argento e cinquantadue promossi sul campo. I superstiti continuarono a combattere, contendendo
il terreno, palmo a palmo, nella drammatica ritirata che doveva condurli sugli Appennini (…) io
c’ero.” (Nino Colombari)
Uno dei valorosi soldati italiani decorati con Croce di ferro fu Pio Filippani Ronconi, grande
orientalista, storico delle religioni e professore universitario del dopoguerra. Anch’egli fece parte
delle SS Italiane “Mi arruolai nel primo reparto delle Waffen SS in cui mi imbattei” ebbe a dichiarare
in un’intervista. “Era il novembre del 1943. Dopo l’8 settembre, l’Italia era solo vergogna”.
Impegnato sul fronte di Anzio il Untersturmfuhrer (sottotenente) Ronconi era al comando di un
reparto d’assalto composto da soldati tedeschi e italiani. Incaricati un giorno di effettuare una
ricognizione dietro le linee nemiche, furono intercettati e presi di mira dal fuoco degli americani. Si
vide accanto uno dei suoi, un giovane diciottenne colpito a morte, nonostante fosse anch’egli ferito,
non pensò nemmeno un attimo ad abbandonarlo e, anche se ormai si trattava solo di un corpo senza
vita, se lo caricò sulle spalle e lo trasportò fino alla propria linea. Dopo tanto coraggio Ronconi,
incredulo di essersi salvato, si convinse di essere stato graziato proprio per questo gesto dai nemici
che gli stavano sparando contro.
“Chiudo questa mia rivista di ricordi non ancora cancellati dal tempo rammentando che, spesso
sconosciuta, la presenza italiana – dopo l’infausto armistizio – fu attiva nelle varie Divisioni tedesche
sul Baltico e sul fronte orientale, oltre che in Occidente. Ricordo a tale proposito i 6830 volontari
italiani della Divisione Götz von Berlichinger, che si batterono in terra francese, dalla Normandia al
Reno, tenendo alto e onorato il nome della loro razza e della Patria lontana.”(Pio Filippani
Ronconi)
Ci è stato ripetuto fino alla nausea che la Germania era il “secolare nemico” dell’Italia. Il ritornello è
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cominciato nei giorni subito dopo la firma dell’armistizio con la diffusione di volantini e manifesti
propagandistici che terminavano con la seguente frase “l’armistizio è una nuova magnifica occasione
per gli Italiani, soldati e civili, di riconquistare le proprie libertà accelerando la cacciata dall’Italia
del “TEDESCO L’ETERNO NEMICO”
Si tratta di falsità, invenzioni, divulgate dagli alleati che confidavano nell’ignoranza degli Italiani e
nella malafede di chi avesse raccolto e diffuso tali messaggi.
Andando a ritroso nella storia si può scoprire che dopo il crollo dell’impero romano l’Italia subì
molteplici invasioni e non furono certo Francesi e Spagnoli a saccheggiarla meno dei Germani. Basti
solo pensare a cosa rubò Napoleone Bonaparte del nostro patrimonio artistico. Va sottolineato
peraltro che fu proprio la sintesi tra la razza romana e quella germanica a plasmare il nostro popolo
e il popolo europeo. Il medioevo fu il loro prodotto culturale e l’Italia, come l’Europa, godette per
secoli della luce di tale unione in termini di pensiero e forza politica e soltanto l’epoca delle grandi
scoperte e il fiorire degli stati occidentali, portarono alla fine dell’Evo romano-germanico.
Nel 1799 non furono i “secolari nemici”, ma l’ammiraglio Nelson, inglese, a tradire i patti di resa,
quando Caracciolo aveva chiesto l’onore di non essere impiccato come i delinquenti comuni ed egli
invece diede ordine di appenderlo all’albero maestro e poi di gettare il suo corpo in mare.
Nel 1834 quando Giuseppe Mazzini fondò la Giovane Europa lo fece alleando la Giovane Italia con la
Giovane Polonia e la Giovane Germania.
Sono molte le occasioni nella storia che ci vedono piuttosto in sintonia con i tedeschi e non contro,
non starò ad elencarle una per una, ma certo tutto questo si concilia male con il principio per cui la
Germania era il nostro “secolare nemico”, oserei piuttosto affermare che fummo sempre noi a
tradire i patti.
Eravamo membri della Triplice Alleanza firmata nel 1882 con Austria e Germania durata oltre un
trentennio, l’accordo aveva consentito anche all’Italia di avere le sue colonie nel continente africano,
quando ciononostante nel 1914 decidemmo di schierarci con le forze dell’Intesa.
Nel 1939 poi fummo alleati nuovamente con la Germania siglando il Patto d’Acciaio, con una
Germania che non era più quella degli Asburgo e che come noi era stata penalizzata da inglesi e
americani dalla pace di Versailles, con quell’accordo noi trovammo sicurezza e affidabilità. Mentre a
Ginevra ci sanzionavano per le colonie africane, nel Mediterraneo non trovavamo certo i tedeschi,
ma erano sempre i francesi e gli inglesi a contrastare il nostro cammino.
Nello specifico col Patto di Acciaio le parti erano obbligate a fornire reciproco aiuto politico e
diplomatico in caso di situazioni internazionali che mettevano a rischio i propri “interessi vitali”.
Questo aiuto sarebbe stato esteso al piano militare qualora si fosse scatenata una guerra; i due Paesi
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si impegnavano, inoltre, a non firmare eventuali trattati di pace separatamente.
Hitler tenne fede alla parola data, mi pare che fummo noi a voltargli le spalle con la firma
dell’armistizio e non c’è da meravigliarsi se si sentirono traditi, mentre i nuovi alleati ci
disprezzavano, ci definivano inaffidabili e ci sollecitavano alla guerra civile.
Erano i tedeschi infatti i nostri alleati e non gli angloamericani.
Ecco cosa veniva scritto, fin dal 1942, su un opuscolo di strategia psicologica inglese ad uso dei suoi
ufficiali che si fossero trovati ad avere a che fare con prigionieri italiani:
– Stimolare l’avversione contro i tedeschi (…) eccitarli, convincendoli che andare contro la Germania
non è un tradimento ma un dovere patriottico..
– Incoraggiare la loro cooperazione al fine di scardinare i nuclei fascisti ed infondere in loro fiducia
che non saranno abbandonati nella miseria e nell’indifferenza…
– Fare risaltare che essere fascista non è essere italiano. Il fascismo non è altro che un veleno, un
parassita, un’edera intorno alla quercia.
– Fare in modo che si rendano conto che questa guerra è diversa da tutte le altre. Essa deve essere
considerata come la prima guerra civile mondiale e non come una una guerra fra nazioni.
– Fare comprendere che il Duce ha venduto l’Italia. Educare i giovani all’insegnamento dell’inglese.
– L’Italiano è “piazzaiolo” bisogna fargli comprendere, ad arte, che una volta abbattuto il fascismo
godrà di tutte le libertà di parola e di stampa. Bisogna convincere gli italiani che l’Inghilterra è al di
sopra di ogni critica a causa della della grande libertà che in essa vige da secoli (…) far capire che il
nostro affetto e la nostra simpatia sono disinteressati,che anzi noi vogliamo, una volta distrutto il
fascismo, che l’Italia sia grande e potente militarmente, dovendo essere la nostra guardiana nel
Mediterraneo.
– Gli Italiani sono bonaccioni e credono a tutto, purchè siamo trattati con gentilezza, col sorriso
accondiscendente; se è il caso dare ad essi dell’oro, il quale compra qualsiasi coscienza; però
bisogna stare attenti quando entra di mezzo il denaro, ed avere molto tatto, in modo che essi non si
sentano offesi moralmente, anche se internamente sanno di essere dei venduti.
– L’Italiano si gonfia facilmente per l’importanza e la fiducia che gli si concede e quindi, sotto
l’impressione della massima segretezza, esso è capace di vendere informazioni importantissime che
diversamente non si avrebbero mai. L’intellettuale italiano è molto sensibile alla lode e al rispetto
che si deve alla sua cultura. Bisogna saperlo manipolare e imbottire in modo che possa credere che
da lui molto si aspetta il paese. L’intellettuale è un genio meraviglioso, capace di diventare dopo un
crudele vampiro della sua terra. L’intellettuale è una leva senza paragone che, saputa usare, può
distruggere la sua Patria; dev’essere usata costantemente e con tatto. L’intellettuale è sempre
capace di attuare i piani più criminosi a danno del suo Paese. Questo si verifica specie tra gli Italiani.
Bisogna saper sfruttare costoro e, una volta trovata la vena buona, seguirla sino all’esaurimento……
E noi abbiamo creduto a ogni parola, mentre ci facevano combattere la nostra guerra civile e ci
sganciavano democrazia in testa a suon di bombe. Gli “alleati” trattarono i civili italiani come carne
da macello, furono molteplici i bombardamenti effettuati, anche dopo la firma dell’armistizio, ne
ricordiamo uno su tutti quello della scuola di Gorla: la strage di bambini innocenti avvenuta il 20
ottobre del 1944.
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Quella mattina una formazione di aerei era partita per bombardare il centro siderurgico di Brera, ma
il capo stormo si accorse di un errore nella rotta che gli aveva fatto mancare gli obiettivi e decise di
rientrare considerando la missione fallita. Restava da risolvere il problema del carico: le bombe già
innescate costituivano un grosso pericolo per l’equipaggio, non si potevano riportare alla base e non
si conosce di chi fu la decisione finale, se si trattò di una scelta arbitraria del comandante o di un
ordine superiore, ma fu compiuto un atto di terrorismo vero e proprio verso civili inermi. Si conosce
con sicurezza l’orario, erano le 11, 45 del mattino,in pieno giorno e con piena visibilità quando
l’aviazione americana cominciò a scaricare il suo carico di morte. L’abitato di Gorla, un quartiere di
Milano,posto nella periferia nord-orientale della città,fu investito da oltre 30 tonnellate di esplosivo e
tra polvere, fumo, fiamme, grida di terrore e di dolore, tutto divenne un inferno di fuoco. Vennero
colpite case, negozi, uffici, strade, ma la bomba che compì la strage di innocenti fu quella che aveva
centrato la scuola elementare “Francesco Crispi” togliendo la vita a 184 bambini, ai loro insegnanti
e ad alcuni genitori accorsi al suono delle sirene per portare i figli in salvo nei rifugi antiaerei. In
tutta Milano i morti recuperati furono 614, di altre persone, date per disperse, non si trovarono resti,
né elementi identificativi, erano coloro che avendo avuto la sfortuna di trovarsi nelle immediate
vicinanze delle esplosioni erano stati completamente dilaniati.
Nessun processo di Norimberga e Tokio, nessuna accusa internazionale, nessuna voce si è levata
contro gli angloamericani. Nessun addebito fu mai mosso contro Russia e America per i “crimini
contro l’umanità”commessi nella seconda guerra mondiale, anzi proprio al processo di Norimberga
fu sottolineato a tal proposito che:
“durante la seconda guerra mondiale non esistevano leggi di guerra codificate riguardanti i
bombardamenti aerei”.
Tale “esenzione” riguardò non solo i terribili bombardamenti alleati come, ad esempio, quello su
Dresda, ma anche i bombardamenti atomici effettuati in seguito sul Giappone a guerra praticamente
finita.
Coscienza lavata per gli alleati, tutto a posto, la loro democrazia a senso unico puniva solo i crimini
dei tedeschi, queste sono la libertà e l’etica dei “Liberatori” che noi abbiamo sposato, con cui ci
siamo accasati dopo la caduta del Fascismo e che continuano a spadroneggiare a casa nostra.
Prima di chiudere vorrei spendere due righe per parlare della Francia che, in ogni celebrazione
ufficiale, si mette sempre in prima linea fra i vincitori e dei “cugini” francesi di cui in realtà furono
ben poche le “resistenze” ai tedeschi durante tutta la guerra: vi fu piuttosto una compiaciuta e
remissiva resa ai nazisti. Tutti sanno che la Repubblica di Vichy fu qualcosa di molto peggiore
rispetto alla Repubblica di Salò, fu repressiva e vessatoria nei confronti dei Francesi stessi, senza vi
fosse nessuna precedente alleanza coi tedeschi a cui tenere fede.
I francesi dopo la guerra, però ebbero De Gaulle che, seppe sbandierare e valorizzare accentrando
su di sé i risultati della poca resistenza, tutta comunista, che aveva avuto la Francia, riuscendo a
cancellare ogni collaborazionismo e quattro lunghi anni di completo assoggettamento alla Germania.
Il generale chiese ed ottenne dagli americani 475.000 prigionieri tedeschi da adibire ai lavori forzati
e quale risarcimento morale per il nostro intervento a danno della Francia gli furono concessi, senza
averne titolo, anche 40.000 prigionieri italiani che trattò peggio di animali rognosi.
Fece molti danni Badoglio col suo tradimento e le conseguenze che causò furono imperdonabili, ma
nessuno lo ha mai ammesso. Nelle mani dei Francesi il tasso di mortalità dei prigionieri fu sei volte
superiore a quello dei detenuti nei campi americani. Dopo la guerra però sono stati ricordati fino alla
nausea solo i campi di sterminio tedeschi e mai una volta si è raccontato agli studenti a cosa sono
stati sottoposti i soldati Italiani finiti nelle mani dei Francesi o degli Inglesi.
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