La Grande Guerra, l`Europa nel suo stesso tritacarne

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dossier
luglio 1914 – luglio 2014
Cambiò tutto,
non risolse niente
Una sentinella italiana all’imboccatura
di una caverna-rifugio al fronte
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51 STORIA IN RETE
Dossier
luglio 1914 – luglio 2014
Battaglia di Verdun, marzo 1916. Truppe tedesche assaltano ciò che resta
del villaggio di Cumières-le-Mort-Homme. La battaglia di Verdun durò otto
mesi e fu quella dove si registrò il maggior numero di morti per metro quadro
di terreno. Complessivamente caddero a Verdun oltre 300 mila soldati
L’Europa nel suo
stesso tritacarne
Una scintilla modesta come
quella dell’attentato di Sarajevo
fu in grado di appiccare
l’incendio a tutto il Vecchio
Mondo. Il progresso tecnicoscientifico, il nazionalismo
portato all’estremo e la
volontà di imporre al nemico
una pace punitiva resero il
conflitto lungo, sanguinoso e
devastante. Con conseguenze
pesantissime, ancora oggi
tutt’altro che superate
P
di Aldo A. Mola
er l’umanità la Grande Guerra fu la
peggiore sciagura dopo il diluvio universale. Ad affermarlo fu l’inglese David Lloyd George (1865-1945), Cancelliere dello Scacchiere dal 1908 al 1915,
e inizialmente contrario al ricorso alle
armi contro la Germania. Poi, secondo la tradizione
britannica («a torto o a ragione è il mio paese!») divenne prima ministro per le Munizioni e dal 1916 capo
del governo di coalizione nazionale del Regno Unito,
e come tale uno dei protagonisti della conferenza di
pace a Versailles. Può sembrare una valutazione esagerata ed eurocentrica. In passato altri immensi conflitti
(movimenti di popoli, imperi nati e dissolti...) avevano
sconvolto continenti e distrutto innumerevoli vite anche in modi atroci. Ma quelle ondate erano state pro-
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STORIA IN RETE 52
cessi «naturali». Gli uomini si erano consumati come
armenti. La Grande Guerra ebbe invece alle spalle le
due rivoluzioni industriali. Non solo l’applicazione
della «spoletta volante» ai telai e del vapore alle macchine ma l’enorme progresso delle scienze: fisica, chimica, medicina...
L’Europa del primo Novecento dominava il mondo
non con la sola conquista di spazi, risorse, genti ma
con le scienze e le loro applicazioni nei campi più disparati. L’Europa era una immensa officina. I tempi
tra invenzione, applicazione e diffusione dei prodotti
divennero rapidissimi. Ogni’innovazione ne generava
altre, sempre più audaci e subito condivise, fruite da
moltitudini. Basti l’esempio della stampa. Per mezzo
millennio aveva usato le stesse tecniche, basate su ca-
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ratteri mobili e torchi. In pochi decenni si passò alle
rotative. Fu quell’Europa a trascinare il mondo nella
grande fornace. Dal positivismo alla disperazione.
Dalla Belle Epoque – fulgore del liberalismo – a l collettivismo forzato, dall’individualismo alla massificazione. Lenin cercò di giustificare gli orrori della Rivoluzione bolscevica promettendo di universalizzare i
benefici della produzione di energia elettrica. Anziché
illuminare abbacinò. Ma, appunto, aveva alle spalle
la catastrofe della Grande Guerra: laboratorio per gli
esperimenti più azzardati su uomini e cose.
Le conseguenze della Grande Guerra del 1914-1918 furono ovunque devastanti. Tra il 1917 e il 1918 crollarono gli imperi di Russia, Austria-Ungheria, Germania
e quello Ottomano, con alle spalle secoli di storia. Le
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ripercussioni del conflitto si avvertirono anche in spazi lontani, non solo per le battaglie navali, decisive sul
corso della guerra, combattute in acque remote (sulla
costa del Cile, alle Falkland…) e per gli uomini tratti
dall’Australia o dall’India a rincalzare i reparti falcidiati sui campi di battaglia d’Europa, ma anche perché
il conflitto si estese al Vicino e al Medio Oriente, mentre il Giappone ebbe mano libera nei confronti della
Cina e dei possedimenti tedeschi nel Pacifico. Quella
del 1914-1918 fu quindi una autentica novità? A ben vedere forse non del tutto. In una lezione del 1942, pubblicata in «Meditazioni storiche» (Laterza, 1960) lo storico svizzero Werner Kaegi (1901-1979) osservò che sin
dal Settecento «la vita europea venne determinata da
guerre mondiali periodiche, che portano il nome fuori
moda di guerre di successione, mentre in realtà rap-
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