LA CAUSA IN CONCRETO Causa come funzione economica individuale Cass. 8 maggio 2006 n. 10490 La causa, quale elemento essenziale del contratto, va intesa non funzione economico-­‐sociale, ma come funzione economico-­‐
individuale. Pertanto, anche nel caso di contratto legalmente tipico, è necessario verificare in concreto la sintesi degli interessi reali che il contratto è diretto a realizzare al di là del modello – anche tipico – adoperato, fermo restando che detta sintesi costituisce la ragione concreta della dinamica contrattuale e non anche della volontà delle parti. Causa del contratto è lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare (c.d. causa concreta), quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato. In senso conforme, cfr. Cass. 2 maggio 2006 n. 10108; Cass. 29 marzo 2006 n. 7296; Cass. 16 marzo 2006 n. 5851 L’orientamento in parola, ormai consolidato dal S.C., ha determinato il definitivo superamento della teoria della causa come funzione economico-­‐sociale precedentemente seguita dalla medesima S.C. Sulla causa come funzione economico-­‐sociale cfr., ex multis: Cass. 4 aprile 2003 n. 5324 La causa del contratto si identifica con la funzione economico sociale che il negozio obiettivamente persegue e che il diritto riconosce come rilevante ai fini della tutela apprestata, rimanendo ontologicamente distinta rispetto allo scopo particolare che ciascuna delle due parti si propone di realizzare ; ne consegue che si ha illiceità della causa , sia nell'ipotesi di contrarietà di essa a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume, sia nell'ipotesi di utilizzazione dello strumento negoziale per frodare la legge, qualora entrambe le parti attribuiscano al negozio una funzione obiettiva volta al raggiungimento di una comune finalità contraria alla legge. Motivo illecito Cass. 4 aprile 2010 n. 20576 Il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullità del contratto, si identifica con una finalità vietata dall'ordinamento perché contraria a norma imperativa, ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa. Pertanto, l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri -­‐ quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un'aspettativa giuridica tutelata o di impedire l'esercizio di un diritto -­‐ non è illecito, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale (come per il contratto in frode alla legge) l'invalidità del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale. In senso conforme cfr. Cass. S.U. 25 ottobre 1993 n. 10603 Il motivo illecito -­‐ che, se comune ad entrambe le parti e determinante per la stipulazione, determina la nullità del contratto -­‐ si identifica con una finalità vietata dall'ordinamento, poiché contraria a norma imperativa o ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume, ovvero poiché diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa. Pertanto, l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non è illecito, non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale, come per il contratto in frode alla legge, l'invalidità del contratto in frode dei terzi, qui qual, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale. Frode alla legge Cass. 26 gennaio 2010 n. 1523 La peculiarità del contratto in frode alla legge, di cui all'art. 1344 cod. civ, consiste nel fatto che gli stipulanti raggiungono, attraverso gli accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla legge, con la conseguenza che, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito il risultato che attraverso l'abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria si vuole in concreto realizzare. Il contratto in frode alla legge si caratterizza per l'unicità della dichiarazione negoziale, diretta alla realizzazione di una particolare finalità antigiuridica e per questo si distingue dalla simulazione in generale e dalla simulazione relativa fraudolenta, implicando quest'ultima la divergenza tra dichiarazione manifestata e dichiarazione voluta e, quindi, l'esistenza di due negozi giuridici (il simulato e il dissimulato) al fine di eludere norme imperative. In senso conforme, vd. Cass. 29 maggio 2003 n. 8600 Il negozio in frode alla legge è quello che persegue una finalità vietata in assoluto dall'ordinamento in quanto contraria a norma imperativa o ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume ovvero perché diretta ad eludere una norma imperativa. L'intento di recare pregiudizio ad altri soggetti non rientra di per sè nella descritta fattispecie, sia perché il negozio in frode alla legge è ipotesi del tutto distinta da quella del negozio in frode ai terzi, sia perché non si rinviene nell'ordinamento una norma che stabilisca in via generale, come per il primo tipo di contratto, l'invalidità del contratto stipulato in frode ai terzi, ai quali ultimi, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale. Frode al fisco Cass. 20 aprile 2007 n. 9447 La frode al fisco (nella specie realizzata, al fine di ottenere risparmi d'imposta, attraverso una simulazione soggettiva, facendo apparire come associato in partecipazione o come socio della costituenda società di fatto per la gestione di un parcheggio un prestanome -­‐ la moglie -­‐ al posto dell'effettivo titolare, in ragione dei minori redditi della parte apparente del negozio) rileva solo nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, ma non determina, tra le parti, nullità per illiceità dell'atto, quando non sia esclusa la loro volontà di concludere il negozio. Buon costume Cass. 21 aprile 2010 n. 9441 Ai fini dell'applicabilità della soluti retentio prevista dall'art. 2035 cod. civ., la nozione di buon costume non si identifica soltanto con le prestazioni contrarie alle regole della morale sessuale o della decenza, ma comprende anche quelle contrastanti con i principi e le esigenze etiche costituenti la morale sociale in un determinato ambiente e in un certo momento storico; pertanto, chi abbia versato una somma di denaro per una finalità truffaldina o corruttiva non è ammesso a ripetere la prestazione, perché tali finalità, certamente contrarie a norme imperative, sono da ritenere anche contrarie al buon costume. Collegamento negoziale Cass. 16 marzo 2006 n. 5851 Affinchè possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. (Nella specie, relativa alla stipula di due contratti, con uno dei quali da una parte veniva trasferita la titolarità di quote di una società proprietaria di un complesso immobiliare e dall'altra ci si impegnava a corrispondere una rendita vitalizia, mentre con l'altro si cedevano, verso corrispettivo, i diritti sulla produzione artistica di una delle parti, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva negato la tesi della fusione dei due contratti in un unico negozio complesso trattandosi, per converso, di contratti tipici, dotati ognuno di una propria causa). In senso conforme, cfr. Cass. 17 dicembre 2004 n. 23470 Affinchè possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale. (Nella specie, relativa alla stipula di due contratti preliminari con i quali un soggetto da un lato si impegnava all'acquisto di un immobile e dall'altro si obbligava a vendere il medesimo bene a un terzo, la S.C, confermando la sentenza di merito, ha negato che fossero ravvisabili tanto il collegamento negoziale quanto il cosiddetto contratto aperto, configurabile solo per i contratti associativi e per quelli con comunione di scopo e non per i contratti di scambio).