Riassunto “Il ruolo del Sistema di Controllo Interno nella Prevenzione ed Individuazione delle Frodi Aziendali” L’obiettivo principale di questa tesi è di esaminare un fenomeno assolutamente complesso quanto articolato come quello delle frodi aziendali e di analizzare come i legislatori internazionali, europei ed italiani si sono mossi per creare leggi ad hoc atte a contrastare tale problema e tappare i vuoti legislativi esistenti o che si creavano con le nuove condizioni di mercato e, soprattutto, analizzare come le aziende hanno operato ed operano internamente per prevenire ed individuare le frodi e quali meccanismi e strumenti hanno adottato ed adottano. In tutto il mondo le frodi si confermano come una delle principali minacce per le aziende indipendentemente dal settore di appartenenza, dalla dimensione delle stesse e dal paese in cui operano. Tale fenomeno è molto diffuso ma spesso sottovalutato dagli agenti stessi. Ciò spesso accade sia perché il management di un’azienda spesso si illude di aver realizzato una struttura in cui semplicemente tali cose non succedono e pertanto proteggersi sarebbe solo superfluo: sia perché tante volte si crede che la frode sia qualcosa di fisiologico ed incontrollabile; sia perché si è convinti che basti un semplice sistema di controllo interno per risolvere il tutto. In molti casi la stessa vittima non si accorge neanche della frode che sta subendo, e quando la scopre preferisce tenere nascosto l’accaduto per salvaguardare la propria immagine piuttosto che renderlo noto. Fin dall’antichità la frode ha sempre rappresentato un male innegabile della società. Già Petronio, nel I secolo D.C., in una delle sue opere maggiori il “Satyricon” descrive come l’alta società dell’impero romano fosse caratterizzata da individui dediti alla corruzione ed ad altri comportamenti riprovevoli nella gestione del denaro pubblico. Ma nonostante il fatto che questo male esista da sempre e gli innumerevoli danni da esso provocati, solamente all’indomani dello scoppio del caso Enron, che ha causato il crollo della fiducia nel sistema economico e fatto tremare i mercati finanziari di mezzo mondo, i governi dei paesi maggiormente sviluppati, insieme ad Authority e Associazioni di Categoria, hanno incrementato l’emissione di leggi, regolamenti, codici professionali, volti a prevenire futuri casi del genere e non solo. Questo movimento regolatorio si è finora focalizzato essenzialmente sul miglioramento di tre aspetti aziendali: la corporate governance, il sistema di controllo interno e la valutazione del rischio (risk assessment). Tra le norme principali che hanno trattato tali temi si ricordano: la “Sarban Oxley Act” o SOX, emanata negli Stati Uniti e madre delle leggi antifrode, la 262/2005 o “Legge sul risparmio”, considerata da molti la SOX Italiana e diretta conseguenza della frode Parmalat e la 231/2001 italiana, che ha introdotto il concetto di “responsabilità amministrativa” delle imprese per i reati commessi da amministratori, manager o dipendenti collegando ad esse pesanti sanzioni pecuniarie ed interdittive e cercando di creare, all’interno delle aziende, la cultura dei controlli interni come strumento di prevenzione dei reati. Strumenti come il Sarbanes Oxley Act statunitense, il decreto legislativo 231/2001 e la “legge sul Risparmio” (leggi entrambe emanate in Italia) hanno contribuito ad accrescere la responsabilità delle organizzazioni in materia di gestione del rischio di frode, ma tutto ciò da solo non basta. È fondamentale anche che le organizzazioni creino delle “barriere” che siano veramente efficaci nel contrastare tale problema. Infatti, le organizzazioni possono fronteggiare il rischio di frode attraverso vari approcci che risultano essere molto differenti tra di loro. Questo dipende molto dall’assetto organizzativo adottato dalle aziende ma anche e soprattutto dalle decisioni che vengono prese da parte del vertice aziendale. Le organizzazioni pertanto possono scegliere di: rinunciare ad azioni concrete di fronteggiamento del rischio di frode; trasferire ad altri la copertura di eventuali danni andando incontro ad un danno certo per fronteggiare un danno potenziale e cioè l’eventuale frode; implementare un Sistema di Controllo Interno volto alla scoperta e alla prevenzione delle frodi. Quest’ultima rappresenta nella realtà l’alternativa maggiormente seguita dalle organizzazioni anche se la migliore soluzione sarebbe la combinazione delle tre opportunità. La definizione di un efficace “Sistema di Controllo Interno” come componente integrante della governance di impresa è uno dei compiti a cui i vertici aziendali di qualsiasi organizzazione dovrebbe tendere per il conseguimento di benefici strutturali duraturi nel tempo, a prescindere da qualsiasi coercizione di tipo normativo. Con specifico riferimento alla prevenzione delle frodi, l’organo amministrativo delle società dovrebbe seguire un’idonea realizzazione dei seguenti passaggi: 1)valutazione del rischio di frode: l’organizzazione valuta periodicamente la propria esposizione al rischio di frode, al fine di individuare potenziali atti ed eventi che richiedano un’azione di contrasto da parte dell’organizzazione stessa; 2)prevenzione delle frodi: ove possibile si adottano tecniche di prevenzione tese ad evitare potenziali eventi a rischio di frode, allo scopo di attenuarne le possibili ripercussioni sull’organizzazione; 3)individuazioni delle frodi: vengono stabilite tecniche di rilevazione atte a scoprire gli eventi fraudolenti nei casi in cui le azioni preventive risultano inefficaci o in cui si manifestano rischi che non sono stati mitigati; 4)indagine sulle frodi e azioni correttive: processo coordinato di indagine e di azioni correttive che contribuiscono ad affrontare le potenziali frodi in maniera adeguata e tempestiva. Il rafforzamento dei sistemi di controllo delle organizzazioni e la costituzione di un efficace impianto normativo da parte di molti Governi per contrastare tale problema ha permesso di raggiungere quell’obiettivo da molti sperato e cioè la diminuzione dei reati di frode aziendale. Tra il 2007 e il 2009, le aziende colpite da un reato di frode sono state: il 33% nel Mondo, il 33% in Europa e il 19% in Italia. Nonostante questi ottimi risultati, ottenuti da uno sforzo comune tra le organizzazioni e i Governi dei maggiori paesi capitalistici, secondo gli esperti del settore e secondo il mio modestissimo parere bisogna ancora lavorare molto per ridurre sempre di più tale fenomeno. La realizzazione di efficaci sistemi di controllo e l’adozione di misure preventive rappresentano sicuramente delle ottime soluzioni per moderare questo problema, ma non bastano da sole per sconfiggerlo definitivamente. Un ulteriore passo da compiere sarebbe quello, a mio giudizio, di affrontare un altro problema che sta alla base dei reati di frode e non solo, cioè il problema di un basso livello etico nel modo degli affari. Per “Etica” si intende la condotta dell’uomo improntata ad un ideale di giustizia e di onestà, contro il male. “L’etica negli affari” invece può essere definita come quel “settore dell’etica applicata che si esercita nell’analisi e nella giustificazione di pratiche, organizzazioni e istituzioni che hanno a che fare con il settore dell’economia e degli affari. Il problema del basso livello etico nel mondo degli affari non può essere affrontato esclusivamente attraverso la mera imposizione di alcune nuove regole sia da parte delle organizzazioni sia da parte dei Governi, poiché tutto ciò sembrerebbe troppo ingenuo ed ipocrita. L’imposizione di regole è una condizione necessaria ma non è sufficiente da sola a rendere una persona migliore. Infatti le regole saranno rispettate raramente perché se ne condivide il dettato morale, ma più probabilmente per non subire le conseguenze di un loro mancato rispetto. È ovvio che tale comportamento è molto diverso nella sostanza tra una persona che si attiene a sani principi morali perché glielo detta la sua coscienza ed intelligenza ed una che si comporta bene solo per paura della punizione. Quando una persona accede al mondo del lavoro la sua coscienza etica è già costituita. Conseguentemente se una persona non ha sani principi morali inculcati nel suo Io precedentemente, è utopistico aspettarsi che li possa acquisire successivamente. Quindi il processo educativo rappresenta sicuramente un aspetto molto importante su cui puntare l’attenzione oltre ad un progetto di recupero di livelli etici accettabili. Avanzare specifiche proposte per la formazione etica all’interno dei curricula di vario livello potrebbe, a mio giudizio, essere un’efficace soluzione. Ciò potrebbe essere realizzato attraverso: • l’introduzione di singoli corsi di “Etica degli Affari” nei diversi corsi di laurea di economia con l’obiettivo di sottolineare l’importanza della responsabilità morale per le professioni economiche svolte in qualsiasi ambito; • l’integrazione della dimensione etica con quelle discipline dove si crede che non abbiano a che fare con decisioni coinvolgenti giudizi di valore e giudizi morali (ad esempio micro e macro economia); • la definizione di piani di studi che permettano di formare figure professionali specialistiche in campo etico-economico; • la costituzione di dottorati in “Etica degli Affari” col fine di preparare docenti e ricercatori attraverso un ampia formazione basata sulla cooperazione tra competenze economiche, aziendali e competenze filosofiche, psicologiche ed istituzionali. Una tale rivisitazione dei sistemi educativi permetterebbe, a mio avviso, di sviluppare negli individui una chiara coscienza morale ed una personalità sufficientemente forte da permettere l’applicazione costante di sani ed onesti principi etici.