Matteo Fagone www.pianetamarte.net CONTROVERSIE SPAZIALI _______________________________ Dalla Terra alla Luna, da Marte ai pianeti extrasolari, dalla nascita dell’Universo fino alla fine del mondo ed oltre… _______________________________ Versione E-Book con immagini a colori ed aggiornata a luglio 2010 _______________________________ 1 INDICE DEL LIBRO CONTROVERSIE: Introduzione pag. 4 Marte: pianeta rosso e cieli azzurri pag. 10 Su Marte qualcosa sta cambiando pag. 24 La vita intelligente su Marte pag. 40 La misteriosa Luna pag. 60 Origine e formazione della Luna pag. 69 Ipotesi sulla formazione della Luna pag. 79 Fantomatici pianeti extrasolari pag. 92 Universo, spazio-tempo ed extradimensioni pag. 105 Una fetta di Marte su Sodoma e Gomorra? pag. 123 La fine del mondo pag. 135 L’anno 2012 pag. 149 Non hanno occultato proprio niente? pag. 22 Le casette dei marziani pag. 50 Naturali o artificiali? pag. 51 Le classi spettrali e i sistemi planetari pag. 101 Alla ricerca dei pianeti extrasolari pag. 102 APPENDICI: 2 Thomas C. Van Flandern pag. 121 Near Earth Object Program pag. 133 Adamo ed Eva e la fine del mondo pag. 149 La controversia tra Creazionismo ed Evoluzionismo pag. 166 Scienza, mitologia ed esperienza umana pag. 168 Conclusione pag. 174 Bibliografia, siti internet ed approfondimenti consigliati pag. 178 CONTENUTI EXTRA: IL GIORNO MANCANTE pag. 182 IL CONTATTO FRA L’UOMO E GLI EXTRATERRESTRI pag. 186 3 INTRODUZIONE “La Scienza è per pochi eletti”, “Gli scienziati si esprimono con terminologie difficili e misteriose”, “La Scienza è manovrata da lobby e da affaristi senza scrupoli”, “La Scienza è solo un cumulo di bugie”. Queste sono alcune delle più gettonate critiche rivolte al cosiddetto Mondo Accademico, a prescindere naturalmente dalla disciplina scientifica di volta in volta messa sotto accusa. Dunque la domanda d’obbligo è palese: fino a che punto tali insinuazioni potrebbero fregiarsi del pregio di “verosimili”? Prendiamo come esempio la Medicina. Chi non si è mai imbattuto nelle terminologie strane e complesse usate dai medici nel formulare diagnosi, descrivere farmaci, parti anatomiche e composti chimici? Daremo la colpa a queste persone per il fatto che non afferriamo la loro conoscenza ed esperienza acquisite dopo anni di studi, sacrifici e innumerevoli ore di laboratorio? Sarebbe certamente poco rispettoso se adottassimo un simile modo di ragionare. Facendo invece un onesto esame autocritico scopriremmo che, in merito a questo ed altri campi della scienza, forse il vero “colpevole” è ciascuno di noi (compreso l’Autore di questo libro). ”Colpevole” di mancanza di conoscenza, magari in buona fede, vuoi per motivi di tempo o per problemi personali tali da impedirci di acquisire un’adeguata cultura in qualche settore di nostro gradimento. Talvolta è anche colpa della nostra medesima pigrizia mentale causata, a sua volta, dallo stress della vita moderna o da altri fattori. Quindi, in definitiva, una complessa serie di circostanze sociali le quali, messe insieme, possono generare un certo grado di stallo culturale collettivo. E che dire delle conseguenze derivanti dallo stallo culturale? Per esempio le tendenze al sospetto e al complotto scaturiscono quando non si capisce bene una determinata cosa (in senso generico) per cui la si guarda in modo negativo e paranoide. Ma c’è anche l’opposto, ovvero quando impariamo qualcosa di nuovo su un determinato argomento e proviamo la curiosa sensazione mentale di toccare il cielo con un dito. Nulla di strano: lo psicologo conosce benissimo queste attitudini umane. Tuttavia entrambe condurranno da nessuna parte. In realtà (esperienza vissuta in prima persona dall’Autore di questo libro) più si impara e più ci si rende conto di essere degli ignoranti! Sembrerà paradossale, eppure in fatto di informazione scientifica basterebbe recarsi presso le biblioteche pubbliche per trovare moltissimi libri che affrontano un po’ tutte le varie branche della scienza. Basterebbe recarsi 4 presso una fornita libreria per scoprire che esistono altrettanti testi di divulgazione scientifica per tutti i gusti e le tasche. Inoltre, oggi sono disponibili moltissimi prodotti editoriali su DVD e sotto forma di software didattico. Persino gli stessi testi scolastici (anche quelli universitari) non sono inaccessibili a chiunque volesse consultarli. Insomma non è certo l’informazione ad essere poi così carente! L’altra faccia della medaglia. Se, dunque, ciascuno di noi ha il diritto di conoscere ed imparare è chiaro che, da qualche parte, dovrebbe esistere qualcuno che ha il dovere di far conoscere e dare l’opportunità a tutti di imparare. Le scuole dell’obbligo costituiscono, per definizione, un dirittodovere. Le scuole superiori costituiscono invece un diritto-dovere meno vincolante, ma non per questo di minor valore rispetto alle prime. L’Università è, per certi aspetti, un mondo a sé con le sue regole ed i suoi conflitti interni, tuttavia è il luogo dal quale usciranno le menti di coloro che dovranno svolgere ruoli importanti nella società: medici, avvocati, ingegneri, architetti, ricercatori ecc. Il diritto-dovere all’informazione oggi più che mai è divenuto oggetti di accesi dibattiti su più fronti, in quanto ci si chiede fino a che punto i mezzi preposti a tale scopo siano veramente corretti ed obbiettivi. Ci si domanda anche se i mezzi di informazione stiano giocando un ruolo determinante nel manipolare la Collettività inducendola a credere ora una cosa e domani un’altra. Ci si chiede inoltre se esista un qualche genere di informazione “top secret” che tutti avrebbero diritto di conoscere e che invece viene tenuta deliberatamente sotto chiave per chissà quali ragioni. Da tali diatribe moderne sono sorti i cosiddetti movimenti complottisti e anti-complottisti, dove i primi vedono un po’ dappertutto oscure macchinazioni e cospirazioni, mentre i secondi cercano in tutti i modi di dimostrare che non c’è nulla di cui temere e che siamo in sante mani. Dunque, la nostra “civilizzata” società sembra racchiudere un assurdo paradosso caratterizzato dalla sovrabbondanza di informazione (resa più accessibile grazie allo sviluppo delle tecnologie multimediali), dalla mancanza di conoscenza da parte di molte persone e dal dubbio. Proprio così: il dubbio o, meglio ancora, la cultura del sospetto. “Controversie Spaziali”: perché? Il titolo del libro si direbbe azzeccato poiché va proprio a pizzicare le corde di un tipo di cultura del sospetto legato alle scienze spaziali e a tutto ciò che sta un po’ oltre l’ordinaria esperienza di vita quotidiana. Potremmo usare il termine “Borderline” o “Scienze di Frontiera”. Verrebbe allora da chiedersi “quando e dove si arriva alla frontiera 5 nell’ambito della scienza” ed è per questa ragione che abbiamo scelto il titolo “Controversie Spaziali”. Vedremo ad esempio il perché Marte rappresenti un pianeta oggetto di aspre polemiche scientifiche e (spesso) pseudoscientifiche. Vedremo anche come la stessa Luna sia divenuta oggetto di ulteriori diatribe. Butteremo uno sguardo al profondo Universo, ai Pianeti Extrasolari ed alle molteplici affascinanti teorie sorte su questi temi. Faremo un salto verso l’ignoto e la mitologia - collegandoci con il passato ed il (possibile) futuro dove l’immaginario collettivo e le nostre paure più profonde si incontrano. Controversie Spaziali significa dunque proporre qualche idea diversificata. Avremo finalmente modo di portare sulla carta stampata quella nostra controversa teoria che dal 2004 vive sul portale Pianeta Marte.net: Terra e Marte come iniziale sistema binario pianeta-pianeta. Illustreremo poi un’altrettanto controversa teoria sulla formazione della Luna ed entreremo nel reame degli universi extradimensionali. Affronteremo pure i più che mai controversi temi della Fine del Mondo e del veniente anno 2012. Quali aspettative. Cosa dovrebbe aspettarsi il Lettore da questo libro? Una cosa è certa: sostenere di offrire verità assodate sarebbe una bella pretesa oltre che un atto di arroganza. Quindi lasciamo stare i dogmi e gli assiomi. Forse si potranno trovare delle risposte ma, immancabilmente, verranno suscitati nuovi interrogativi. Pretendere di considerare le nostre ipotesi sulla Luna, su Marte e sull’Universo “le migliori di tutte” e reputare il lavoro svolto dagli scienziati come “mediocre” non contribuirà a rendere onore proprio a nessuno. Ed è nostro punto fermo che il Lettore mantenga sempre il massimo rispetto verso la Scienza e gli Scienziati, anche se non è detto che si debbano necessariamente condividere tutte le ipotesi e le spiegazioni offerte da queste valide persone. Altro aspetto di primaria importanza è il seguente: poiché un libro costituisce un documento “ufficiale” che stabilisce il pensiero dell’Autore in merito agli argomenti trattati, ne conseguono delle ovvie responsabilità. Pertanto, qualora le ipotesi esposte in questo libro trovassero nel tempo qualche riscontro grazie a nuove scoperte, studi e ricerche svolte da Scienziati – una considerevole parte di merito andrà comunque a queste persone per il semplice fatto di aver dimostrato scientificamente una determinata circostanza intuita da noi, come da chiunque altro. Qualora invece il tempo si mostrerà avverso alle nostre tesi (sempre per le medesime ragioni appena esposte) a ben poco servirà andarsi a nascondere dietro a un dito giustificandoci con frasi del tipo “ma erano solo ipotesi. Arrivederci e grazie!”. Abbiamo preso delle posizioni e quindi se l’errore ci sarà tale resterà. Che dire poi riguardo la 6 possibilità di definire le nostre ipotesi con l’appellativo di “scientifiche”? A rigor di termini non possiamo definirle tali perché una teoria scientifica necessiterebbe, nei limiti del ragionevole, di poter essere verificabile e falsificabile. Le nostre tesi al momento non si possono smentire perché non esistono prove contro, ma nemmeno prove a favore. Esempio: Terra e Marte come iniziale sistema binario non è di per se sbagliato in quanto non viola le leggi della meccanica celeste; tuttavia Marte si trova in una posizione orbitale ben definita e attorno alla Terra orbita la Luna. Come giustificare scientificamente ciò? Ringraziamenti. Doveroso è spendere qualche parola di ringraziamento e grande stima verso Persone ed Associazioni con le quali l’Autore del libro ha avuto rapporti di collaborazione. Prima di tutto le Associazioni Narkas (www.narkas.org) e Lunar Explorer Italia (www.lunexit.it) che si occupano rispettivamente di ricerche in campo storico-archeologico e nel settore delle Scienze Planetarie. In modo particolare Lunar Explorer Italia ha avuto nel corso dei suoi cinque anni di presenza sul web, una straordinaria evoluzione qualitativa che l’ha portata ai vertici dell’elaborazione delle innumerevoli immagini NASA provenienti da Marte; tutto ciò merito di eccezionali tecnici dell’immagine che operano “day by day” senza pretendere nulla in cambio. Possa il loro splendido lavoro ricevere il giusto merito e riconoscimento. Lunar Explorer Italia costituisce inoltre una “perla rara” in quanto pragmatismo e ricerca “di frontiera” coesistono splendidamente insieme. Un ringraziamento va anche esteso al prof. Emilio Spedicato, docente presso l’Università di Bergamo. Grazie alle numerose ottime conversazioni ed al materiale scientifico postato l’Autore ne ha tratto validi spunti per i successivi studi e ricerche incrociate sulle scienze planetarie e la mitologia comparata. Non meno importante è il sito Edicola Web (www.edicolaweb.net) che è stato in assoluto il primo portale italiano ad aver dato spazio all’Autore del libro pubblicandogli alcuni articoli tuttora letti. Un caro e affettuoso ringraziamento va al dr. Paolo C. Fienga (astrofisico e Presidente di Lunar Explorer Italia) e al dr. Alessio Feltri, due straordinarie Persone nonché grandi ricercatore in Scienze Planetarie. Per molti aspetti entrambi sono stati dei maestri verso l’Autore di questo libro in quanto lo hanno aiutato a focalizzare cose che intuiva, ma che non avevano trovato una adeguata collocazione pratica. Un ulteriore ringraziamento lo si deve all’Ing. Ennio Piccaluga il quale, sin dal primo contatto “virtuale” avvenute nel maggio 2006 ha avuto la lungimiranza di mantenere attivo il rapporto di 7 reciproca collaborazione, una scelta rivelatasi nel tempo proficua e saggia. Ed è proprio grazie a lui che si è presentata nel febbraio 2008 l’occasione di poter scrivere articoli sulla rivista “Area di Confine” della Acacia Edizioni. Infine, come non dire “Grazie!” di cuore al personale della NASA e dell’ESA? Se non fosse per il loro prezioso lavoro questo libro non sarebbe mai stato scritto e pubblicato. Benché problemi e traversie abbiano sempre accompagnato questi Enti durante i decenni dell’Era Spaziale, entrambe hanno continuato, e continuano tuttora, a portare avanti molti programmi di ricerca ed esplorazione dello Spazio. Questo libro costituisce una prova vivente che la Scienza non è in definitiva un mondo accessibile solo a pochi eletti o illuminati. L’Autore stesso, pur essendo affetto da un grave handicap alla vista, non ha mai abbandonato il suo “amore di tutta una vita”, cioè l’Astronomia e le Scienze Planetarie. Così, se è vero che l’uomo può essere colpevole di far cattivo uso della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni (anche occultando determinate informazioni per ragioni a volte giuste e a volte no) rimane altrettanto valido il concetto che nulla potrà esser tenuto nascosto a tempo indefinito. Il nostro incoraggiamento, a tal fine, è di mantenere le debite distanze dalla mentalità estremistica di chi vede solo complotti ovunque e di chi non riesce a distinguere (o non vuole distinguere) i finti santi, i quali continuano imperterriti a danneggiare il nostro Pianeta Terra (ed i suoi stessi abitanti). 8 Immagine a pag. 9: Marte ripreso dalla sonda Rosetta (credits ESA) PRIMA CONTROVERSIA: 9 PRIMA CONTROVERSIA MARTE: PIANETA ROSSO E CIELI AZZURRI Sono passati 33 anni dallo storico atterraggio dei due moduli Viking su Marte e, nonostante il tempo trascorso, una delle controversie nate in quel 1976 continua a resistere tutt’oggi. L’argomento della diatriba verte su come dovrebbe apparire Marte agli occhi di un osservatore posizionato al suolo, un dibattito certamente affascinante ma, purtroppo, dai connotati talvolta patetici, nel quale (tra l’altro) le frange complottiste e anti-complottiste hanno dato spettacolo. Nel nostro Paese la controversia dei “colori di Marte” ricevette un forte input a partire dal 2005 allorché l’Autore di questo libro, stuzzicato da alcune asserzioni del planetografo dr. Gianni Viola, iniziò a “ripulire” le immagini in “approximately true colors” diffuse dalla NASA, rendendole fruibili attraverso il portale Pianeta Marte.net. Successivamente altri bravi Ricercatori italiani (citiamo il dr. Marco Faccin e il dr. Gianluigi Barca) hanno sviluppato e migliorato la tecnica di “color processing” ottenendo elaborati probabilmente superiori persino a quelli realizzati dai tecnici NASA ed ESA (vedi www.lunexit.it). Dove nasca il concetto di “pianeta rosso” non è difficile da comprendere, basta infatti osservare Marte ad occhio nudo nei periodi in cui è facilmente visibile per scorgerne il suo inconfondibile colore bianco-arancione. Eppure, a memoria d’uomo, Marte è sempre stato descritto come “rosso”. Perché? Nemmeno questo è particolarmente complicato da afferrare: si trattava di assegnare all’astro un significato interpretativo di natura prevalentemente divinatoria. Evidentemente gli uomini vissuti migliaia di anni fa, guardando quel corpo celeste, proiettarono in esso tutti gli elementi mnemonici insiti nelle loro tradizioni scritte ed orali, costruendovi l’impianto del “dio della guerra”, negativo e sanguinario. In parole povere fecero nient’altro che un’associazione oggetto-idea, materializzandovi conoscenze fraintese e distorte in maniera approssimativa. Il colore apparente di Marte ad occhio nudo è prossimo al rosso, quindi per semplicità Marte divenne il “pianeta rosso”. In realtà non c’è nulla di nuovo sotto il sole in quanto l’arte di fraintendere ed approssimare all’idea più accomodante è ben nota agli psicologi. Con l’invenzione del telescopio, man mano che il potere risolutivo aumentava, dall’arancione-rossastro si stagliavano sempre più tonalità rosate, giallastre, marroni con gradazioni varie e macchie verdastre sempre meglio definite. Ciò 10 nonostante, Marte mantenne l’appellativo di “pianeta rosso”. E, come vedremo, molti errori scientifici sono nati perlopiù dal perpetrarsi caparbiamente di questa approssimazione folkloristica del “pianeta rosso”. Le prime immagini a colori. Finalmente nel 1976 le sonde Viking 1 e 2 giunsero con successo su Marte ma, a differenza delle precedenti sonde Mariner, i moduli Viking montavano dispositivi a colori sia sugli orbiter che sui lander (in realtà i lander avevano addirittura un dispositivo nativo per riprese in 3D!). Viking 1 atterrò il 20 luglio 1976 nella regione di Chryse Planitia mentre Viking 2 atterrò il 3 settembre 1976 nella regione di Utopia Planitia. Le aspettative erano davvero tante mentre le delusioni maturate in occasione delle precedenti missioni pesavano ancora. Cosa ci si poteva attendere ora? Lasciamo parlare le immagini (vedi figure da 1 a 10). A prescindere dal fatto che i moduli scesero in luoghi abbastanza distanti fra loro, è impossibile non notare la differenza cromatica del paesaggio marziano. Ed è proprio da situazioni del genere che alcuni Ricercatori e molti Appassionati di tutto il mondo fiutarono il sentore della manipolazione, motivata da chissà quali motivi. Paradossalmente, le Viking furono un vero successo, tant’è che non si verificarono mai gravi errori di trasmissione o perdite dati. Ma che ne era del “pianeta rosso”? Misteri della psiche umana. Osserviamo come entra di nuovo in gioco l’inveterata mania di accomodare le nostre ideologie al folklore popolare, quel folklore che diede i natali al “pianeta rosso”. Quando arrivarono le prime immagini a colori della superficie marziana ottenute dai lander Viking, con orgoglio furono proposte al pubblico dalle TV americane ma – incredibile – molti cittadini pare non gradirono molto la visione di un paesaggio così “terrestre”. Ciò indica quanto la nostra mente abbia associato il Cielo Azzurro alla Terra in modo indissolubile ed esclusivo. Non c’è da meravigliarsi: si tratta di un retaggio atavico infarcito di antropocentrismo, geocentrismo e tradizioni religiose varie. Il cielo azzurro racchiude un’associazione oggettoidea, ovvero la proiezione di quel bel luogo etereo denominato “Aldilà”. Come fu affrontato il caso? Ovviamente nel modo più economico possibile. Ad un problema di natura psicologica si adottò la relativa controparte: anziché intraprendere una campagna di educazione scientifica volta al superamento dello pseudo-chock, si andò a rispolverare il mito del pianeta rosso; così, in meno di 36 ore e miracolosamente, sbucarono le nuove immagini (a detta della NASA) corrette, in realtà pesantemente colorizzate con filtri rossi e gialli. Ne possiamo ammirare alcune (tuttora disponibili negli Archivi delle 11 Viking) osservando le figure 7 e 9. Fatica minima e costi ridottissimi! Ma la storia insegna che le contraddizioni non possono durare in eterno … Fig. 1: originale NASA 12B069 Fig. 2: originale NASA 22A158 Fig. 3: originale NASA 1h016 Fig. 4: originale NASA normal_ZE-IViking1-12h051 Fig. 5: normal_ZF-I-Viking222a158corr (credits NASA) Fig. 6: originale NASA vl2_22a166 (credits NASA) 12 Fig. 7: Immagine credits NASA Fig. 8. Elaborazione in natural colors: Matteo Fagone - Pianeta Marte.net Fig. 9: Immagine credits NASA Fig. 10: Immagine credits NASA Argomento chiuso? Niente affatto! La cosa davvero grottesca è l’aver constatato come in questi 33 anni i tentativi di mascheramento attraverso palliativi psicologici siano andati a male. Non molto tempo dopo sorse una corrente di pensiero “scientifico” secondo la quale le “troppo terrestri” immagini (vedi le figure 1, 2, 3, 4 e 10) erano nient’altro che l’espressione, o proiezione mentale, del desiderio di vedere un luogo simile alla Terra fuori dalla Terra. Capito? Dunque, chi le avrebbe editate e, soprattutto, a quale scopo? Oltretutto non ci deve scappare un particolare importantissimo: i fotogrammi ivi proposti sono rigorosamente tutti originali NASA! Fatto sta che da allora certe discutibili interpretazioni hanno avuto un’immancabile evoluzione. Alla base di tutto probabilmente c’è sempre stata l’innata dote umana a mentire, forse per mantenere l’attuale Status Quo (della serie “abbiamo iniziato e andiamo avanti così”); forse per risparmiare tempo e 13 denaro su futili “sciocchezze da poco” oppure, più semplicemente, per pigrizia mentale. Insomma, nessun grande complotto o cospirazione. True colors, Almost true colors, Approximately true colors, Natural colors. Cosa vogliono dire? Sostanzialmente significano: Colori veri, Colori quasi veri, Colori approssimativamente veri e Colori naturali. Si tratta di terminologie piuttosto ricorrenti nei commenti a moltissime immagini NASA. Ma che differenza passa tra colori veri e colori naturali oppure tra colori quasi veri e colori approssimativamente veri? Ebbene, la differenza può dipendere principalmente da due fattori base: la percezione visiva dell’occhio umano se fosse situato sulla Terra o su Marte e, per logica conseguenza, da come le fotocamere dei veicoli su Marte rilevano e fotografano l’ambiente marziano rispetto alle condizioni sulla Terra. Non si tratta di un argomento da poco perché molte “patacche marziane” hanno avuto origine proprio dall’interpretazione aleatoria dei colori di questo pianeta. Grazie al forte sviluppo dell’informatica oggi abbiamo la possibilità di rendere molto più semplici e veloci i procedimenti di fotoritocco delle immagini, pertanto i prodotti “finiti” uscenti da tali operazioni di editing potrebbero apparire convincenti e di indubbio effetto visivo. Modificare la Palette RGB, il contrasto, la luminosità, la nitidezza, ingrandire e rimpicciolire, tagliare ed incollare sono operazioni che si eseguono con un semplice “click”. Molti anni fa erano invece operazioni più macchinose. Morale della favola: volendo porre la questione sotto il profilo etico molti Appassionati (e persino alcuni Ricercatori) si sono chiesti (e si chiedono ancora) se sia il caso o meno di fidarsi dell’informazione offerta dalla NASA o dall’ESA. Come si ottengono le immagini a colori. I colori sono l’interpretazione fisiologica che il cervello fornisce agli stimoli luminosi dati dalle onde elettromagnetiche comprese tra 430 nanometri (blu-violetto) e 750 nanometri (rosso estremo). Il nostro cervello riesce a creare un’elaborazione in real-time dell’intero spettro luminoso senza salti o incoerenze cromatiche (a meno che non si frappongano difetti della vista o lesioni cerebrali). I colori in realtà non sono elementi reali oggettivi dell’universo fisico, mentre sono le onde elettromagnetiche a costituire elementi reali e misurabili attraverso strumenti di varia natura. Per la suddetta ragione possiamo comprendere l’importanza di riuscire ad ottenere immagini il più realistiche possibili. Si adotta allora un’efficace tecnica di ricombinazione basata sull’utilizzo di almeno tre filtri base (Red – Green – Blue) i quali coprono l’intera gamma cromatica percepita 14 dall’occhio umano. Spirit e Opportunity ad esempio montano nelle rispettive PanCam ben 8 filtri colore. Quando i Rovers ricevono l’ordine di scattare un fotogramma in realtà sarà stato ripreso utilizzando tre degli otto filtri a scelta, generando tre immagini grezze (RAW). La ricombinazione verrà eseguita a Terra dall’unione dei tre fotogrammi grezzi. Fig. 11. Ciascuno dei tre fotogrammi grezzi viene ricombinato per ricavarne uno ”quasi finale”. Dopo il riallineamento multi spettrale si otterrà il prodotto finito che, si spera, equivarrà al “reale” paesaggio marziano. Dov’è finito il giallo, qualcuno dirà? Niente paura, esso è parte integrante della palette RGB in quanto costituente il colore verde (giallo e blu). Abbiamo detto che si procederà all’unione (fusione) dei tre fotogrammi raw per ottenere il prodotto finale. Ma in realtà esso è ancora grezzo: l’immagine in “true colors” necessiterà di un ultima raffinatura, cioè la calibratura multispettrale detta anche riallineamento dei filtri. Solo dopo questa operazione (si spera) potremo ammirare la nostra immagine a colori approssimativamente veri. Il punto interrogativo inserito nella figura 11 rappresenta il bandolo della matassa relativa ai colori di Marte. Taratura ed interpretazione dei colori di Marte. A questo punto scopriamo le carte e proponiamo i due fotogrammi di figura 12 e 13: il primo è l’originale NASA; il secondo è la nostra versione “ripulita”. Quali dei due corrisponderà al vero aspetto del paesaggio marziano? Applicando il paradosso delle summenzionate tesi psicologiche dovremmo certamente concludere che sono errate entrambi. Le versioni NASA in “salsa rossa” sarebbero dei contentini creati ad hoc per placare lo sconcerto degli impreparati a vedere ambienti simili alla Terra fuori dalla Terra. Diversamente, quelle con i cieli azzurri sarebbero state create per soddisfare un bisogno di vedere ambienti simili alla Terra fuori dalla Terra. Ciascuno tragga le proprie conclusioni. 15 Fig. 12: originale NASA br_PIA00572 Fig. 13: versione in “natural colors” elaborata da Matteo Fagone – Pianeta Marte.net Non dimentichiamo che i lander delle Viking, come Pathfinder, furono preventivamente dotati di algoritmi automatizzati su valori standard, ma potevano operare anche in modalità “filter free”. Le Viking montavano inoltre una griglia di taratura “al volo”. Allo stesso modo, nei computer di bordo di Spirit e Opportunity sono stati caricati programmi automatizzati per la gestione dei filtri colore e dispongono anch’essi di una griglia cromatica per la taratura “al volo”. Per quanto il riallineamento multispettrale dei filtri sia un operazione non esente da difficoltà, resta viva la questione finale dei colori inviati dalle sonde. Molti Appassionati credono che le immagini contraddittorie siano da imputarsi a manipolazioni eseguite sulla trasmissione o sul metodo di elaborazione. Questo però non è vero perché, complessivamente, le missioni di successo si sono dimostrate efficienti e con minime perdite di dati, mentre il metodo di elaborazione adottato è sicuramente uno dei migliori che si possa immaginare. Il problema di fondo risiede piuttosto in sede di riallineamento dei filtri, quando le immagini grezze dovranno essere ricombinate. Quindi la domanda è: in base a quali presupposti esse vengono rifuse? Abbiamo detto che, grazie ai moderni software di fotoritocco, si possono letteralmente trasformare le immagini al punto da far sembrare vere quelle false e false quelle vere, a seconda dei propositi. Lasciamo il resto al giudizio del Lettore. 16 Fig. 14 (a sinistra) e Fig. 15 (sotto): griglie di taratura “al volo” montate sulle sonde Viking 1 e 2, e sui rovers Spirit e Opportunity. (Credits: NASA) Per intenderci, le immagini delle figure da 1 a 6 mostrano chiaramente l’effetto visivo che l’andamento climatico locale può assumere in presenza di un osservatore. Tenendo conto di fattori quali l’opacità atmosferica, il tasso di umidità relativa e l’illuminazione diurna potremmo vedere un cielo terso e blu oppure un cielo velato dai colori variabili tra il bianco, il rosa chiaro fino a tonalità cupe tipiche dell’accumulo di polvere a bassa quota. E, poiché il suolo di Marte abbonda di minerali ossidati, la dominante cromatica arancionemarrone avrà sempre un posto di primo piano. Facciamo il punto della situazione. Non dimentichiamo mai che a prescindere dai dubbi (legittimi o errati), dalle ragionevoli incertezze, dalle facili critiche e dai complotti, una buona dose di calma e sangue freddo ci aiuterà a capire il problema senza cadere nel facile laccio della bieca cultura del sospetto. Cerchiamo di tenere ben a mente innanzitutto i seguenti punti base: 17 1. Il sole che illumina la Terra è lo stesso Sole che illumina Marte, con la differenza che a) la distanza di Marte dal Sole è maggiore e può partire da un minimo di 206 milioni di km e arrivare ad un massimo di 248 milioni di km. b) Il gradiente termico introdotto dal Sole su Marte è parecchio inferiore rispetto a quello introdotto sulla Terra. 2. Fondamentalmente i gas atmosferici che troviamo sulla Terra li troviamo anche su Marte. Cambiano naturalmente la quantità, le proporzioni e la densità. 3. Polveri, pulviscolo e polveri sottili non hanno nulla di alieno ed eccezionale in quanto presenti su Marte come sulla Terra. 4. Le polveri sottili, per quanto leggere ed inconsistenti, pesano certamente più dell’aria marziana composta prevalentemente di CO2. 5. Su Marte tutto pesa in proporzione alla gravità pari al 38% di quella terrestre, aria compresa. Date queste premesse possiamo affermare che il Rayleigh Scattering, da un punto di vista strettamente fisico, dovrebbe creare su Marte un colore del cielo azzurro similmente a come avviene sulla Terra. Le frequenze corte (quelle del blu) vengono disperse e riflesse mentre quelle del rosso proseguono la loro strada senza subire deviazioni. Tuttavia, quando il vento solleva le polveri sottili esse tenderanno a disperdere le frequenze del giallo e del rosso e a lasciar passare quelle del blu. Di conseguenza avremo un cielo tendente al bianco-rosa con sfumature celestine (ampiamente dimostrato da numerosissimi fotogrammi a colori), fenomeno peraltro molto ricorrente sulla Terra e per nulla eccezionale. Molti fotogrammi scattati in superficie hanno mostrato un cielo chiaro dall’orizzonte fino ad una certa angolazione, dopodiché inizia a perdere gradualmente luminosità fino a quando, raggiunto lo zenit, tende ad essere molto scuro. Altre volte invece si nota un’opacità diffusa ed estesa. Altre volte ancora il cielo di Marte mantiene una luminosità elevata ed abbastanza uniforme. Cosa starebbe ad indicare tutto questo? Semplicemente che Marte è un pianeta dotato di variabili locali sufficienti a produrre notevoli cambiamenti nelle condizioni meteorologiche. Ci sono due ulteriori fattori da tener presenti: 1) il Rayleigh Scattering marziano è minore di quello terrestre; 2) poiché su Marte in pratica non piove (almeno non come sulla Terra) avremo sempre una certa presenza di polveri sottili a bassa quota. A quanto ammonterebbe la pressione atmosferica di Marte al suolo? In base alle informazioni rese dalla NASA e dall’ESA si stima un valore di 6-7 18 millibar. Sulla Terra la pressione di 6 millibar si riscontra a 35 km di quota, mentre su Marte si è stabilito un valore medio tra le varie differenze di altitudine misurate in superficie. Eppure… 1) quando la Mars Global Surveyor iniziò la sua attività venne registrato un tasso di umidità atmosferica più elevata del previsto; 2) quando la Mars Reconnaissance Orbiter entrò in orbita fu registrata una densità atmosferica superiore alle previsioni. 3) Spirit e Opportunity da ben 5 anni stanno esplorando le regioni di Gusev Crater e Meridiani Planum a dispetto dei 90 giorni di vita previsti per i due Rovers. Lasciando da parte le politiche basate sui finanziamenti governativi, è sorprendente vedere due veicoli “economici” ancora funzionanti! Possibile? Sicché qualcosa starebbe accadendo su Marte, forse collegata al riscaldamento globale planetario. Pertanto, non sarebbe affatto da escludere che l’atmosfera stia lentamente, ed in modo costante, aumentando di densità acquisendo sempre più vapore acqueo ed ossigeno molecolare allo stato libero. Cosa accadrà nei decenni o secoli avvenire? Difficile rispondere con certezza. Forse, nel prossimo futuro, vi saranno condizioni migliori per la colonizzazione umana. Ma ancora non abbiamo risposto al quesito base di questo capitolo: per quale ragione molti credono che la NASA abbia “mascherato” l’ambiente marziano fotografato dalle sonde facendolo apparire come una perenne brulla distesa rossa? Innanzi tutto si tenga sempre conto che l’idea dei colori “mascherati” viene considerata negli ambienti anti-complottisti come una teoria spregevole. Tuttavia, la questione di base forse andrebbe attribuita alla reazione avversa della gente verso le prime bellissime immagini a colori ottenute da Viking 1. In parole semplici: è colpa nostra! Diversamente ci si potrebbe chiedere cosa sia quella sostanza verdastra che permea le sabbie di Erebus Rim (figura 19): forse una forma di micro vegetazione tipo muschio o licheni oppure una mistura chimica di idrocarburi ed altri composti organici. Vi sarebbero pure ampie indicazioni, deducibili osservando attentamente le impronte lasciate dai rovers, che farebbero pensare ad una certa fangosità del terreno (acqua liquida mischiata al suolo). Vi sarebbero inoltre numerose immagini satellitari mostranti grosse chiazze scure simili agli affioramenti di idrocarburi (petrolio?) e numerosissime conformazioni geologiche le quali indicherebbero una massiccia presenza di forme di vita in grado di interagire e modellare l’aspetto del pianeta. E’ chiaro che non siamo in grado di avanzare pretese di Verità Assodate, tuttavia la possibilità che su Marte, come a Casa Nostra, vi siano giacimenti di idrocarburi è compatibile con le rilevazioni di metano in atmosfera. Dunque, 19 l’eventuale presenza di petrolio, qualora sarà accertata, fornirà ulteriori argomenti a favore della tesi “Mars-just-like-Earth”. Per quel che concerne invece la vita, dobbiamo riconoscere quanto sia riduttivo limitarsi a definire semplicemente “strutture geologiche” tutte quelle peculiarità planetarie mostranti una straordinaria ricorsività non solo su piccola scala, ma su ampie porzioni di superficie (vedi figura 21); oltretutto tali peculiarità presentano una notevole compatibilità con i modelli tipici delle figure di Fibonacci, caratteristiche possedute generalmente dalle strutture biogeniche, nulla togliendo alle spiegazioni “convenzionali”. Fig. 16: Ares Vallis. (credits NASA) Fig. 17: versione elaborata in “natural colors” da Matteo Fagone – Pianeta Marte.net Fig. 18: Erebus Rim (credits NASA) Fig. 19: versione elaborata in “natural colors” da Matteo Fagone – Pianeta Marte.net 20 Fig. 20: Sol 248 (credits NASA) Fig. 22: Fotogramma V08512006_b (credits NASA) Fig. 21: versione elaborata in “natural colors” da Matteo Fagone – Pianeta Marte.net Fig. 23: Fotogramma m0804688 A0 (credits NASA) Poniamoci allora la domanda conclusiva: quale potrebbe essere il modo più semplice ed economico per nascondere senza occultare niente? A pensarci bene, un paesaggio “rosso” ci porterà inevitabilmente a concludere che Marte è un mondo dannatamente ossidato. Punto e basta! Dunque, chi c investirebbe i propri soldi solamente per andare a piantare una bandiera in una sassaiola arrugginita e praticamente priva di risorse? Se, d’altronde, d’altronde nei prossimi decenni si vorrà avviare una new-economy basata sullo sfruttamento sfrutta delle risorse marziane, cosa faremmo per creare oggi un deterrente psicologico in grado di scoraggiare la concorrenza? Probabilmente alterare i colori! Un sistema relativamente facile, economico e conveniente. Peccato però per che questo genere di strategia si sia tristemente rivelata un micidiale boomerang, 21 scoraggiando tutti (americani compresi) ad investire e puntare sulla conquista dello spazio interplanetario. Nel frattempo, mentre l’attuale crisi mondiale evolve, siamo veramente curiosi di sapere chi si farà avanti: forse la Cina? L’India? O magari (!) l’Europa? APPENDICE 1 NON HANNO OCCULTATO PROPRIO NIENTE? A rischio di sembrare ambigui, desideriamo ulteriormente evidenziare ciò che noi consideriamo la differenza tra un discorso di tipo cospirazionista e le nostre tesi. Dunque, è proprio vero che la NASA abbia occultato un gran numero di immagini provenienti da Marte? I fatti dimostrano ben altra realtà. Per esempio nel sito www.exploratorium.edu/mars sono depositate centinaia di migliaia di fotogrammi dei rovers Spirit e Opportunity perfettamente fruibili da chiunque ed in qualunque momento. Altro sito di notevole interesse è questo: http://themis.la.asu.edu/maps nel quale si possono visionare le mappature di Marte settore per settore eseguite dalla Mars Global Surveyor, Mars Odyssey, Mars Reconnaissance Orbiter e dalle Viking 1 e 2, senza contare poi la documentazione disponibile nel sito del Malin Space Science System (www.msss.com) Secondo numerose tesi complottiste, la NASA avrebbe nascosto al Pubblico un imprecisato numero di scatti “compromettenti”, i quali dimostrerebbero l’esistenza di qualche traccia lasciata da intelligenze non terrestri o comunque di evidenze “scomode”, diciamo imbarazzanti da spiegare alle fragili menti dei cittadini. Qual è invece la nostra opinione al riguardo? Anzitutto non c’è bisogno di cospirazioni per affermare che già le immagini pubbliche contengono molto materiale “imbarazzante” e sconcertante. Semmai, spiace constatare come l’interesse del Pubblico sia perlopiù incentrato sul gossip e sulle frivolezze proposte dai Mass Media. Peggio ancora, molte teorie complottiste sono contraddittorie perché evocano occultamenti da parte degli Enti Spaziali (NASA ed ESA) e poi, per avvallare determinate idee, viene utilizzato proprio materiale degli Enti medesimi! Quale potrebbe essere un metodo pragmatico e valido per scovare eventuali incongruenze nella documentazione pubblica? 1) mettere da parte il sensazionalismo; 2) non farsi suggestionare da ogni notiziola “mordi e fuggi”; 3) intraprendere un’accurata e meticolosa analisi non limitata solamente a poche immagini, ma anche coadiuvata dai dati tecnici (ora, data, angolo visuale, altitudine ecc). E lasciamo che il tempo faccia il suo corso… 22 Fig. 24. La sonda Phoenix ed il paesaggio marziano in “natural colors”. (credits NASA. Elaborazione aggiuntiva: Matteo Fagone - Pianeta Marte.net) 23 SECONDA CONTROVERSIA SU MARTE QUALCOSA STA CAMBIANDO Il 31 luglio 2008 la NASA rilasciò una notizia che, immancabilmente, fece il giro del mondo, rimbalzando su telegiornali, carta stampata ed un’infinità di siti web: la sonda Phoenix aveva prelevato un campione di terreno mediante la paletta del braccio robotico sottoponendolo ad analisi chimica all’interno del micro laboratorio TEGA. Risultato? Phoenix, come dichiarato dagli scienziati NASA, assaggiò per la prima volta l’acqua di Marte. Naturalmente, benché vada riconosciuta l’importanza dell’evento, non vorremmo certo dimenticare che la presenza di acqua sul “pianeta rosso” di fatto è una realtà ben conosciuta da molti anni. Sempre in quei caldi giorni estivi la NASA annunciava che il terreno di Marte era, in parole povere, coltivabile. Subito dopo un altro freddo comunicato annunciava la scoperta di sali perclorati nel suolo di Vastitas Borealis. Infine, poco prima che la Phoenix smettesse di inviare dati, fu individuato un fenomeno che gli scienziati definirono “nevicata”. Che altro aggiungere? Dal canto nostro riteniamo più profittevole, anziché ripetere la “tiritera” dell’acqua, rimandarvi al portale Pianeta Marte.net dove si potrà consultare dell’ottimo materiale inerente proprio la scoperta dei sali perclorati e la “nevicata”. Clamore e apatia. Uno dei manierismi più diffusi verso l’informazione spaziale è quello di distorcere il significato dei comunicati ufficiali emessi dalla NASA e dall’ESA, creando spesso più confusione che cultura. Capita sovente che, terminato il fugace momento di clamore, tutto cade nel sonno dell’apatia generale. Chi non ricorda, per esempio, la scoperta del dicembre 2006 riguardante – ovviamente – la possibile acqua liquida sgorgante dalle fessure di un cratere marziano? Poiché l’argomento di allora in realtà è estremamente determinante, oltre al fatto che ben si lega agli eventi dell’estate 2008, non sarebbe male, magari, rinfrescarci la memoria osservando le figure qui sotto: 24 Fig. 25. La NASA presentò questi due scatti della Mars Global Surveyor come “prova” che acqua liquida scorre su Marte. Ma cosa è accaduto nel frattempo dal 1999 al 2005 e quante altre volte il fenomeno potrebbe essersi verificato, sopratutto altrove nel pianeta? Fig. 26. Ecco altri due scatti della Mars Global Surveyor mostranti un fenomeno analogo a quello di fig. 25. Oltre a domandarci cosa accadde dal 2001 al 2005 ci piacerebbe sapere quanto tempo impiegano ad evolversi questo genere di eventi dal loro nascere fino al loro epilogo, visto che Marte sarebbe un mondo con atmosfera estremamente rarefatta. 25 Sembrò un evento di portata epocale, tant’è vero che radio, tv, stampa, siti web, forum e blog di appassionati parteciparono a quel ping-pong mediatico. Strano però che dinnanzi a siffatte “prove” quasi nessuno si pose una semplice e banale domanda: “cosa accadde nell’intervallo di tempo tra uno scatto e l’altro?” Troppo difficile, vero? Ma questo “sonno” è tipico della nostra mentalità moderna, abituata a ricevere solo informazioni masticate e, perché no, debitamente digerite da altri. Chiamiamola pure come ci pare, l’importante è che, almeno, ogni tanto qualcuno se ne renda conto ed apra gli occhi. Ma adesso, tornando al presente, il nostro passo successivo sarà quello di riportare una parte della news originale NASA del 31 luglio 2008 tradotta in italiano: Fig. 27. "workspace" di Phoenix. Credits NASA. La sonda spaziale NASA conferma l’acqua su Marte. […] “Abbiamo l'acqua" ha detto William Boynton dell'Università dell'Arizona, responsabile del Thermal and Evolved-Gas Analyzer, TEGA. “Avevamo ottenuto indizi riguardo l'acqua ghiacciata da precedenti rilevamenti satellitari di Mars Odyssey e dallo scioglimento di grossi blocchi osservati il mese scorso da Phoenix, ma questa è la prima volta che l'acqua marziana è stata raccolta, toccata ed assaporata". Considerati gli ottimi risultati finora raggiunti e le buone condizioni di salute di Phoenix la NASA ha annunciato che il finanziamento operativo verrà esteso fino al 30 settembre, così la missione principale di tre mesi avrà ulteriori cinque settimane di vita. “Phoenix è sana e si prevedono buoni approvvigionamenti di energia solare, in modo da poter trarre il massimo vantaggio dall'utilizzo di questo mezzo atterrato in una delle più interessanti regioni di Marte" ha detto Michael Meyer, responsabile del Mars Exploration Program della NASA. Il campione di terreno proveniva da 26 una scavo profondo circa 2 pollici. Infatti, non appena raggiunta quella profondità il braccio robot aveva colpito uno strato duro di terreno congelato. Due precedenti tentativi di trasportare campioni ghiacciati erano falliti quando la paletta li aveva raccolti. Tuttavia la maggior parte del materiale contenuto nel campione di mercoledì era stato esposto all'aria per due giorni, favorendo l'evaporazione di una parte dell'acqua e rendendo il terreno più facile da maneggiare. “Marte ci sta riservando alcune sorprese" ha detto il Ricercatore Peter Smith dell'Università dell'Arizona “Siamo emozionanti perché le sorprese giungono proprio dal luogo che stiamo esplorando. Una di esse riguarda il comportamento del terreno: gli strati ricchi di ghiaccio si attaccano alla paletta una volta esposti al sole sopra la piattaforma, diversamente da quanto ci si attendeva dalle prove che le simulazioni mostravano. Ciò ha presentato alcune sfide per effettuare il trasporto dei campioni, ma stiamo lavorando onde fra fronte alla situazione e raccogliere nuovi dati utili al miglioramento della comprensione di questo terreno” […]. Fig.28. Valori meteorologici relativi alla Missione Phoenix.(credits NASA) Ma è davvero una scoperta importante? Per rispondere in modo sensato a questa domanda occorrerebbe fare un piccolo sforzo per tentare di “leggere tra 27 le righe”. Nel qual caso abbiamo un elemento decisivo che, messo assieme ad altri, ci aiuterà a comprendere se davvero su Marte l’acqua potrebbe esistere allo stato liquido. D’altronde, com’è possibile che il campione di terreno ghiacciato, una volta esposto al sole, aderisse alla paletta del braccio robotico? Ammettendo che l’aria marziana sia estremamente rarefatta, un simile fenomeno - almeno in teoria - non troverebbe spazio così facilmente per verificarsi. Il processo di sublimazione dell’acqua avrebbe dovuto svolgersi con notevole rapidità, lasciando il campione di terreno asciutto; senza contare poi che il medesimo era stato esposto all'aria per ben due giorni prima delle analisi. Chiaro il concetto? Fig. 29. Grafico della transizione di fase dell’acqua ci mostra la relazione pressione/temperatura. La transizione di fase dell’acqua. La NASA sosteneva che a Vastitas Borealis, durante quel periodo dell’anno marziano. le temperature variavano mediamente tra i -30°C e i -80°C, mentre la pressione oscillava tra i 7,8 e gli 8,5 mb. D’accordo, prendiamo questi dati per buoni e proviamo ad invertire il ragionamento. Cosa sarebbe accaduto se la pressione atmosferica fosse stata ben maggiore? In altre parole, il ghiaccio d’acqua avrebbe sublimato ugualmente oppure no? Attenendoci al grafico di figura 29, spesso citato per confermare come l’acqua liquida su Marte sia praticamente inesistente, non è possibile fare valutazioni complete a causa del limitato range parametrico. 28 Sarà invece il grafico di figura 30,, sicuramente più esaustivo, a fornirci qualche risposta. Osserviamolo molto attentamente. Fig. 30. Grafico della transizione di fase dell’acqua qua comparativa tra Terra e Marte basato sui dati ufficiali NASA. Per prima cosa, si comprende come il ghiaccio d’acqua riuscirebbe a sublimare anche nella fascia intorno a 0°C su valori di pressione compresi tra 8 e 6 millibar, mentre a temperature inferiori allo zero Celsius la sublimazione sarà possibile qualora la pressione atmosferica scendesse sotto i 4 mb. 29 (rammentiamo ai Lettori che il Punto Triplo dell’acqua è situato a 6,1 mb e 0,1°C). In secondo luogo, dal momento che a Vastitas Borealis la pressione atmosferica toccherebbe (dal vangelo secondo la NASA) gli 8,5 mb e la temperatura massima solitamente si ferma tra -26°C e -30°C, il fenomeno della sublimazione non dovrebbe verificarsi nella misura generalmente immaginata da tutti. Vien spontaneo chiedersi se abbiamo scovato una probabile contraddizione tra il dire (della NASA) e il fare (di Marte). Interessante, no? Dopotutto la sublimazione dell’acqua ghiacciata avviene anche sulla nostra cara Terra ed è dimostrabile sperimentalmente: basta prendere un blocco di ghiaccio e accendere un ventilatore. Il residuo liquefatto sarà inferiore al totale della massa originale perché una parte di ghiaccio sublimerà direttamente saltando lo stato liquido. Niente di misterioso. Fig. 31. Si noti come il terreno si attacca alla paletta della sonda Phoenix. Sulla Terra è un fenomeno comune: il fango che aderisce sulle pale degli escavatori o di altri mezzi agricoli, la sabbia che si attacca sulla pelle quando facciamo il bagno al mare ecc. (credits NASA. Elaborazione “natural colors”: Matteo Fagone – Pianeta Marte.net) Cosa accade realmente? Non vorremo apparire come dei farneticanti rivoluzionari ma, a questo punto ci sarebbe qualche valido elemento per confutare l’idea “scientifica” secondo cui la sublimazione del ghiaccio sia la prova che su Marte l’acqua liquida non possa esistere in superficie e/o che la densità atmosferica al suolo sia estremamente bassa. Altrimenti, in accordo ai dati NASA, il ghiaccio estratto dagli scavi dovrebbe essere composto da CO2. Eppure la NASA ha detto “Abbiamo l’acqua!”. Ed ecco che il peso della contraddizione aumenta a vista d’occhio. Quali soluzioni offrirebbero allora delle valide alternative? 30 Fig. 32. E’ ghiaccio d’acqua oppure è ghiaccio secco ciò che sublima appena esposto all’aria aperta? Inoltre, se davvero fosse ghiaccio d’acqua, non valeva la pena di soffermarsi anche sugli affioramenti di superficie visibili nel panorama di Vastitas Borealis? (credits NASA) Ebbene, la bassa atmosfera di Marte (quella a contatto con la superficie) potrebbe essere considerevolmente densa nonostante le dichiarazioni “ufficiali”, per cui l'acqua, una volta esposta all'aria e al sole, sarebbe in condizioni di passare allo stato liquido e rimanervi per un determinato periodo prima di ricongelarsi o evaporare. Addirittura è persino plausibile che la paletta del braccio robotico creasse una specie di “microclima” capace di favorire lo scioglimento del ghiaccio, facendo poi aderire il terreno come se fosse fango. Così, le strutture a pattern poligonali di Vastitas Borealis potrebbero essere il risultato di un incessante ciclo di sublimazione, liquefazione e brinamento di ghiaccio d’acqua il quale, nel corso dei lunghi mesi marziani, ridisegnerà di volta in volta la superficie. Ovviamente, a temperature così basse, l’acqua dovrebbe rimanere perennemente allo stato ghiacciato ma, come vedremo tra breve, potrebbero verificarsi alcuni processi in grado provocarne la liquefazione. Molti scienziati ritengono comunque che la superficie di Marte sia massacrata dalle nocive radiazioni solari a motivo dell’assenza di un campo magnetico globale e di uno strato di ozono; ciò nonostante vi sarebbero valide ragioni per ritenere che qualche piccola “difesa” esista in virtù dei campi magnetici locali, della costante immissione di molecole d’acqua nella bassa atmosfera e dalla conseguente liberazione di ossigeno (dovuta all’azione dei raggi UV), da cui è ipotizzabile una successiva ricombinazione in O2 e O3. 31 Fig. 33 (sopra). Il terreno intorno alla sonda Phoenix ha mostrato una strutturazione a pattern di probabile origine idrogeologica. L’altra possibilità, esposta dal dr. Alessio Feltri, è che fra le “gobbe” e le venature del suolo si annidino forme di vita organizzate le quali creano connessioni secondo schemi istintivi basati sulle interazioni con l’ambiente locale.(credits NASA) Fig. 34, ( a pag. 36). Un altro spettacolare panorama di Vastitas Borealis elaborato in “natural colors” da Matteo Fagone (Pianeta Marte.net) nella quale sono ben visibili “nervature” incrociate di probabile origine biogenica. 32 33 Un ulteriore soluzione di grande fascino e suggestività - ma non per questo da buttare - chiama nuovamente in causa l’ipotesi biogenica. Come spiegava il ricercatore in scienze planetarie dr. Alessio Feltri, durante alcune conversazioni tenute con l’Autore del libro, è plausibile che esistano forme di vita altamente organizzate in grado di "bere" l'acqua (provocandone la liquefazione) ed utilizzarla nel loro “metabolismo”. In tal caso, almeno una parte dei pattern visibili nel terreno intorno alla sonda Phoenix anziché essere semplici disegni di matrice idrogeologica sarebbero invece dei tracciati “intelligenti” (in realtà basati su qualche tipo di istinto compreso tra la biologia vegetale e animale). In altre parole, queste forme vitali diverrebbero ulteriore causa di liquefazione dell’acqua ghiacciata (se non la principale causa) in aggiunta al riscaldamento solare e ad altre probabili fonti endogene. Fig. 35. La sonda Phoenix ed il relativo panorama a 360°.(credits NASA. Elaborazione "natural colors": Matteo Fagone - Pianeta Marte.net) La Mars Global Surveyor nei suoi 10 anni di vita ha ripetutamente fotografato presunti laghi di ghiaccio d’acqua. Ora, lasciando da parte le solite polemiche interpretative, non ci resta che applicare il modello di sublimazioneliquefazione-brinamento e accettare l’idea secondo la quale nei bordi e sopra i laghi stessi potrebbero formarsi patine di acqua liquida a seconda delle condizioni meteo locali; tanto più al di sotto della lastra ghiacciata. Resta inteso che la principale causa di liquefazione del ghiaccio d’acqua probabilmente è di matrice biogenica e non tanto meteorologica. Atmosfera rarefatta o sottile? Per offrire una spiegazione coerente alle innumerevoli immagini di Marte mostranti terreni apparentemente fangosi, nebbie, possibili laghetti d’acqua liquida ecc. dobbiamo fare un distinguo fra i termini “rarefatto” e “sottile”. Molti credono che questi due concetti siano uguali, ma così non è. Il Sole, per esempio, ha un’atmosfera estremamente rarefatta, eppure è così spessa che la Terra potrebbe starci dentro molte volte. 34 L’atmosfera di Venere ha uno spessore assai simile a quella terrestre, ma è così densa che alla superficie essa pesa 90 volte più della nostra. Fig. 36. Fotogramma MGS “bm0901354a”. Credits NASA Fig. 37.. Fotogramma MGS “be0900020a”. Credits NASA Sulla Terra la colonna d’aria pesa 1013 g/cm2 al livello del mare (1013 hPa). Su Marte, essendo la gravità pari a 1/3 circa della nostra, la colonna d’aria al suolo peserà proporzionalmente meno. Questo però non vuol dire automaticamente che la quantità di gas debba essere necessariamente minima. Inoltre, sulla Terra (fino ad una certa altitudine) la pressione diminuisce di un millibar ogni 8 metri circa, mentre di Marte non sappiamo esattamente cosa accada all’aumento di quota per “x” metri lineari. E’ probabile, babile, quindi, che l’aria marziana, considerate le diverse condizioni generali, possiederà una 35 elevata densità fino a qualche decina di metri di altitudine rispetto al cosiddetto “punto datum”. Pertanto, basandoci sull’assunto che l’atmosfera di Marte sia meno di un centesimo di quella terrestre, non dovremmo far altro che “ragionare all’inverso” spostando la virgola dei decimali di 2 posizioni ogni qualvolta la NASA ci indica un presunto valore della pressione al suolo: 6,80 mb diverranno 680 mb; 7,85 mb diverranno 785 mb e 8,50 mb diverranno 850 mb (in un certo senso la nostra vuole essere una provocazione). A quote sempre maggiori la densità scenderà rapidamente rispettando la media stabilita dalle misurazioni NASA. Questa è, per definizione, un’atmosfera “sottile” (Vedi Nota di fine Capitolo). Fig. 38. Panorama immaginario di Titano, un mondo meno luminoso, meno denso e con gravità inferiore a Marte, ma con pressione atmosferica superiore a quella terrestre e con oceani di metano in superficie. Credits NASA/ESA Significa allora che la NASA occulta e nasconde la verità? Non necessariamente. L’affermazione “pressione media di 6-7 millibar” di per se è corretta, come è giusto dire che da Torino a Milano ci sono meno di 500 km di distanza, oppure da Torino a Napoli ce ne sono più di 500 km. L’importante è, poi, approfondire il significato di certe asserzioni. Il futuro di Marte. Nel caso qualcuno dovesse rimanere sbigottito dinnanzi alle dissertazioni appena lette ha per certo tutta la nostra comprensione; ciò nonostante queste ipotesi offrono un quadro perlomeno coerente e capace di mettere pace alle numerose discrepanza esistenti fra dati, immagini e fenomeni fisici descritti dagli stessi scienziati. Assurdità? Può darsi. Citiamo allora un'altra situazione come esempio. Titano, satellite di Saturno è poco più piccolo di Marte, eppure la sua pressione atmosferica risulta essere 1,6 volte maggiore di quella terrestre, tant’è vero che, al posto di oceani d’acqua, sulla superficie di quella luna esisterebbero oceani di metano liquido a temperature di -180°C. 36 Fig. 39. Marte visto dal Telescopio Spaziale Hubble. Si noti l’atmosfera che circonda il pianeta evidenziata dal filtro utilizzato in questo scatto. (Credits NASA) Grazie a queste ipotesi siamo in grado di spiegare in modo altrettanto coerente i fenomeni delle Figure 25 e 26: solo l’acqua liquida riesce a percorrere tratti di terreno e lasciare segni tangibili, dimostrando che essa rimane in tale stato per periodi di tempo sufficientemente lunghi. Se la densità atmosferica di Marte fosse tanto bassa, come la NASA ci ha sempre detto, non sarebbe possibile. Resta un’ultima domanda in sospeso. Perché su Marte non esistono grandi estensioni d’acqua? Probabilmente le condizioni atmosferiche odierne rendono il ciclo dell’acqua troppo instabile non permettendo un riciclo pari a quello terrestre; di conseguenza il terreno di Marte non riesce più a creare condizioni di accumulo tranne che per minuscoli laghi e simili. E’ inoltre assai probabile che, a differenza del passato, molti terreni siano diventati talmente porosi da rendere l’acqua estremamente satura di elementi chimici locali. Ma di una cosa siamo convinti: le ipotesi esposte in questo capitolo forse ci sveleranno quale sarà il futuro di Marte a partire da quello che sembra essere il miglior terraforming naturale già all’opera sotto il naso di tutti! __________ Nota di Fine Capitolo: la Fisica insegna che i gas sono fluidi che si possono comprimere mediante l’applicazione di una determinata forza. Nel caso di un pianeta, sarà la stessa attrazione gravitazionale a fungere da agente di compressione. Ne consegue quindi che alla superficie la densità atmosferica raggiungerà sempre il massimo valore, ma la pressione e la densità non è detto che debbano essere quantità legate fra loro. Dal momento che su Marte l’azione dinamica del Sole è ridotta di oltre la metà di quanto accada sulla Terra, i gas dell’atmosfera tenderanno inevitabilmente ad addensarsi nei bassi strati a svantaggio però dello spessore globale dell’atmosfera stessa. In sostanza, la densità dell’aria di Marte alla superficie potrebbe benissimo raggiungere valori del tutto simili a quelli del nostro pianeta. 37 TABELLA RIASSUNTIVA DEL PIANETA MARTE Distanza dal sole media 228.000.000 km Distanza dal sole massima 248.000.000 km Distanza dal sole minima 206.000.000 km Distanza dalla Terra all'Opposizione perielica 56.000.000 km Distanza dalla Terra all'Opposizione afelica 99.000.000 km Distanza dalla Terra alla Congiunzione afelica 547.200.000 km Velocità orbitale Media 24,11 km/s Velocità orbitale all'afelio 21,95 km/s Velocità orbitale al perielio 26,97 km/s Velocità di fuga (parabolica) 5,04 km/s Velocità circolare alla superficie 9,56 km/s Diametro equatoriale 6.786 km Diametro polare 6.750 km Durata del giorno Durata dell’anno Eccentricità dell’orbita Inclinazione del piano orbitale rispetto all’eclittica Inclinazione dell’equatore marziano sulla sua orbita 24 ore 37 min 686,979 giorni terrestri pari a 668,599 giorni marziani 0,09336 1° 50’ 59,8" 23° 59 (altre fonti forniscono come dato 25°19') Massa (Terra = 1) 0,108 Volume (Terra = 1) 0,151 38 Fig. 40. Marte ripreso dal Telescopio Spaziale Hubble. Una tempesta di sabbia imperversava nella zona di Meridiani Planum, poco prima dell’arrivo di Spirit e Opportunity . Credits NASA 39 TERZA CONTROVERSIA LA VITA INTELLIGENTE SU MARTE Entriamo nei meriti di un’altra controversia dei nostri tempi, intrigante e fonte di accesi dibattiti fra possibilisti e scettici: l’ipotesi di vita intelligente su Marte. Certamente un argomento spinoso che non merita di essere liquidato in maniera semplicistica. Ad ogni modo, nel rispetto delle opinioni altrui possano essere a favore o contro questa suggestiva idea - abbiamo scelto una nostra logica di base per sviluppare il materiale esposto di seguito. Proprio nel primo capitolo di questo libro si era accennato al problema dell’impatto psicologico che eventuali nozioni e/o scoperte controverse potrebbero sortire nei confronti dell’opinione pubblica, ma c’è anche un ulteriore problema da non sottovalutare: il trattamento dell’informazione scientifica e le modalità di “somministrazione” alla Collettività. Un esempio pratico ci sarà nuovamente d’aiuto. La figura 41 mostra il bordo del cratere Endurance denominato “Karatepe” ripreso dal rover Opportunity e “colorizzato” dai tecnici della NASA. Visto così Marte sembrerebbe nient’altro che un mondo sterile, sciatto e polveroso, dannatamente ossidato e “rosso”. Come si può solo immaginare la vita in siffatto luogo? Figuriamoci poi la vita intelligente. Non scherziamo! Fig. 41. Immagine in “approxinately true colors” trasmessa da Oppurtunity mentre esplorava uno dei bordi di Endurance, denominato Karatepe, (credits NASA) 40 Fig. 42. La stessa immagine precedente sottoposta a rimozione del filtro colorato.(credits NASA) Elaborazione: Matteo Fagone – Pianeta Marte.net Soffermiamoci adesso sulla Figura 42. Si tratta esattamente del medesimo fotogramma precedente sottoposto a un processing di rimozione della patina monocromatica conferente al paesaggio quel colorito arancio-rossastro. Il nostro prodotto dovrebbe in teoria corrispondere approssimativamente a ciò che un essere umano vedrebbe se fosse li. Penseremmo ancora al pianeta sterile, sciatto, polveroso, dannatamente ossidato e rosso? Chissà, forse ora la parola “vita” non suonerà poi tanto male. Anzi, la patina verdastra di cui si parlava nel primo capitolo è visibile anche qui. Sarà solamente una miscela più o meno fangosa oppure una forma di micro vegetazione simile al muschio e i licheni? Quindi, alterando la percezione cromatica dell’ambiente marziano si può giungere facilmente all’instaurazione di una cultura deviata e potenzialmente contraffatta. La questione relativa all’esistenza o meno di vita intelligente su Marte non fa eccezione. Scopriremo come, in realtà, dietro il fascino (o la repulsione?) verso l’ipotesi “vita intelligente su Marte” si nasconde la solita insidiosa mente umana con le sue aberrazioni psicologiche. Per comprendere al meglio i pro e i contro dell’ipotesi “vita intelligente su Marte” dobbiamo fare un passo indietro, addentrandoci nella questione “Vita Extraterrestre” con le annose dispute combattute fra scienziati, ricercatori indipendenti ed appassionati di tutto il mondo. Fondamentalmente, gli scettici irriducibili sostengono che su Marte non v’è mai stata vita intelligente e non può essercene oggi, mentre i possibilisti ritengono che la vita intelligente ci sia stata e potrebbe addirittura esserci ancora. 41 Fig. 43 (sopra).. L’antenna del radiotelescopio di Arecibo. Com’è possibile far credere al Pubblico in un progetto che potrebbe non durare nemmeno 100 anni, ma con un target lontano 25 mila anni luce? messaggio di Arecibo sta Fig.44 (a sinistra). Il radio-messaggio viaggiando da oltre 30 anni verso l’ammasso M13, nella costellazione d’Ercole. Purtroppo si sta rivelando una spesa enorme destinata ad un futuro molto incerto. incerto Scetticismo. Dietro questa visione “negativa” è plausibile che si celi un intruglio culturale fatto di evoluzionismo deviato, malcontento intellettuale e orgoglio antropocentrico, il tutto arricchito dal morboso attaccamento verso l’establishment sociale odierno. La Teoria dell’Evoluzione racchiude in se stessa una colossale contraddizione autodistruttiva secondo cui la vita potrebbe svilupparsi ovunque le circostanze lo permettano, tuttavia difficilmente potrà svilupparsi perché le circostanze, il più delle volte, non lo permettono. La vita, per emergere dal caos, necessita non di uno, non di due e nemmeno di tre fattori propizi, bensì di un grandissimo numero di condizioni favorevoli in tempo reale! Praticamente esistono le stesse probabilità che la materia inanimata evolva in materia animata e le stesse probabilità contro. Si tratta di problematiche per niente sconosciute agli addetti ai lavori, ma sembra che molti preferiscano preferisc “ingoiare l’elefante” piuttosto che ammetterlo. Probabilmente questo modo di pensare avrà i suoi vantaggi, chissà… Da qui il primo ostacolo alla vita intelligente extraterrestre. 42 Abbiamo detto anche il malcontento intellettuale, ovvero l’espressione della frustrazione scaturita da insuccessi scientifici come le missioni spaziali fallite, l’evidente difficoltà nel trovare spiegazioni a fenomeni cosmici inesplicabili, le aspettative spaziali non ancora realizzate o continuamente rimandate, per non parlare poi di cose meno rilevanti tra cui cattivi rapporti fra docenti e allievi, docenti e docenti, acrimoniose competizioni fra ricercatori che si contendono cattedre e finanziamenti pubblici o privati… Insomma, una jungla di predatori la cui furba preda continua a sfuggire di mano. E così si sceglie la via più facile: “La vita extraterrestre? Non esiste oppure, semmai esistesse, deve essere tanto lontana ed irraggiungibile”. Problema risolto! E poi non vogliamo tralasciare l’antropocentrismo e l’establishment sociale odierni, due tetre facce della stessa medaglia. La Storia dell’Umanità testimonia in modo agghiacciante questo “gioco delle parti” fra l’uomo dominatore ed il servo della gleba. Ruoli che nel corso del tempo hanno visto servitori diventare dominatori e viceversa. Assurde lotte intestine, guerre, truffe e inganni assortiti, tutto nel sacro nome della Civiltà e del Progresso. Luoghi comuni nei quali non c’è mai stato posto per l’elevazione morale e spirituale della Collettività, ma solo l’acquisizione di sempre maggior potere e profitto di pochi, sfruttando la conoscenza scientifica e rovinando l’ambiente terrestre. Complici dell’attuale degrado intellettuale sono una parte di Mass Media, impegnati nell’immettere idee contorte su molti temi scientifici e morali, ivi compresa l’ipotesi di vita intelligente extraterrestre. Risultato? “Non può essere, quindi non è”. Argomento esaurito? Veramente no! Sebbene una parte della Comunità Scientifica sia moderatamente aperta verso l’ipotesi extraterrestre occorre non lasciarsi ingannare da certe “dottrine” tecniciste, apparentemente logiche e terribilmente “realistiche” le quali, pur essendo accettabili, si prestano ad interpretazioni molto discutibili ed estremistiche. Infine, parlando di Marte, dobbiamo arrenderci alle ormai “indubbie” condizione avversa del pianeta: atmosfera sottile e rarefatta, assenza di ozonosfera, misere tracce di acqua liquida, ambiente sterilizzato dai raggi UV e abbondanza di elementi ossidanti letali per la vita. Peggio di così… Possibilismo. Paradossalmente, alcuni scienziati e una piccola parte di Mass Media hanno cercato, e cercano tuttora, di proporre tesi “open mind” nonostante la spettacolarizzazione grottesca (ancorché commerciale) operate da altri mezzi d’informazione. Il guaio degli esobiologi sta però nella difficoltà di conciliare lo sviluppo di civiltà intelligenti con i rigori dello Spazio interstellare. Eppure alcuni di loro hanno voluto crederci ugualmente, 43 basti pensare a Nomi celebri quali Svante Arrhenius, Carl Sagan e Francis Crick, le menti della cosiddetta Teoria della “Panspermia”. Fig. 45.. Il messaggio inviato con la sonda Pioneer 10. La speranza degli scienziati è che qualche forma di vita intelligente possa raccoglierlo. E se invece fosse stato già intercettato ed ignorato? (credits NASA) La Panspermia si basa sull’idea che una Civiltà tà pregressa abbia immesso nello Spazio le spore contenenti il “Messaggio della Vita”, le quali avrebbero raggiunto pianeti di tutta la Galassia attraverso le comete (o altro mezzo) per poi evolversi in loco. Certo è un’ipotesi affascinante, ma decisamente “scarica barile” perché in effetti non fa altro che spostare il problema di fondo altrove. Anche l’Equazione di Drake può essere, tutto sommato, un discreto ausilio per ragionare razionalmente sulla vita intelligente extraterrestre; sarà sufficiente “adattare” le sue variabili a seconda della nostra “fede” ed il gioco è fatto: potremo ottenere un risultato con numerosissimi simi pianeti “evoluti” oppure no. Provare per credere! E fin qui abbiamo parlato di possibilismo scientifico e, tutto sommato, pragmatico. Con l’avvento dell’Esplorazione Spaziale si è aperta la strada ad un’ulteriore sviluppo del possibilismo, e questa volta la parte del leone spetta al “pianeta 44 rosso”. In effetti Marte, nelle enciclopedie degli anni 60 del secolo scorso, era spesso descritto come un mondo in cui le uniche forme di vita indigene possibili erano muschi e licheni. Eppure, con l’arrivo delle Viking, tutto mutò drasticamente, forse a causa del presunto esito negativo dei tre famosi esperimenti biologici eseguiti su campioni di suolo marziano. Ciò nonostante, furono proprio le immagini orbitali e della superficie a far esplodere il caso “vita intelligente su Marte” e non ci fu esperimento che riuscì a imbavagliare le voci di quel coro che sarebbe sorto negli anni a venire. Fig. 46. Modello del Viking. Tre furono gli esperimenti eseguiti sul suolo marziano, ma i risultati sono ancora oggetto di dibattito. (credits NASA) La superficie del pianeta rosso agli occhi degli orbiter Viking mostrò una straordinaria complessità geologica, che divenne ancor più marcata con l’arrivo delle successive sonde Mars Global Surveyor, Mars Express, Mars Odyssey e Mars Reconnaissance Orbiter. Fra le centinaia di migliaia di immagini emersero strutture simmetriche ed ortogonali, strutture dall’aspetto antropomorfo, reticolati assortiti, strutture canalizzate singole o addirittura intersecate fra loro ecc. Dunque, tracce di un’antica Civiltà vissuta su Marte? Per tentare di rispondere a questa intrigante domanda sorsero numerose Associazioni (alcune attive ancor oggi) formate da privati cittadini, ricercatori indipendenti e qualche scienziato con l’intento di studiare tutta la documentazione rilasciata dagli Enti Spaziali e cercare di interpretare queste cosiddette “anomalie di superficie”. 45 La guerra dei trent’anni. Ufficialmente la “guerra” iniziò nel 1976 con le prime fatidiche immagini orbitali Viking che, secondo il parere del dr. Richard Hoagland, del dr. Vincent Di Pietro e del dr. Gregor Molenaar (a quel tempo consulenti NASA), mostravano una collina dalla sagoma di volto umano ed una struttura ad essa vicina dalla forma simile ad una piramidale pentagonale. Anche nei siti di atterraggio dei landers Viking essi sostennero che vi si trovassero possibili resti di “qualcosa” di artificiale. Ad oggi la quantità di presunte “tracce” di artificialità è impressionante, destinata ad aumentare ulteriormente. Ma il problema, sin dal suo nascere, è sempre stato lo stesso: la difficile interpretazione delle immagini nel tentativo di raccogliere prove certe di una Civiltà Intelligente pregressa su Marte. Figura 47. Immagine a colori naturali di Utopia Planitia. Secondo molti Ricercatori Indipendenti ed altrettanti Appassionati, l’intero Marte potrebbe essere un sito archeologico. (credits NASA) Purtroppo le aberrazioni psicologiche hanno sovente contraddistinto l’evolversi della Ricerca in questo ambito. Da una parte, gli scettici irriducibili si sono dimostrati abili nell’infierire con arroganza e scarsa professionalità. Dall’altra parte, i possibilisti hanno spesso dato spazio ad interpretazioni “di fantasia” vedendo artefatti ovunque senza usare un minimo di analisi critica e mostrando scarsa competenza tecnica, attirando così lo scherno e il disappunto degli scettici. Giunti nell’anno 2009 A.D. nessuno ha ancora dimostrato, al di la di ogni dubbio, che le celeberrime “Face” e “D&M” Piramide di Cydonia Mensae, la “Inca City”, l’altrettanto criticata - quanto presunta - “scritta” di Juventae Chasma, lo “Ziqqurrat” della Valle Marineris ecc… siano effettivamente di origine artificiale. Quindi il problema della “Vita intelligente su Marte” ora 46 come ora riguarda soprattutto noi e le nostre proiezioni mentali, le nostre paure e le nostre aspettative. Prendere di mira un ricercatore che individua “qualcosa” di curioso sulla superficie marziana non significa automaticamente che la curiosità debba essere una bufala, e a ben poco servirà schernire le ipotesi che si potranno imbastire intorno alla presunta “scoperta”. Idem vale per il ricercatore di “anomalie marziane”: dare addosso agli scettici non gioverà mai al proprio lavoro e nemmeno a quello di altri. Solo un modo di fare critica equilibrata e costruttiva porterà validi contributi, anche se dovessero alla fine venire a galla prove sfavorevoli verso le ipotesi di “Civiltà di Marte”. Figura 48. Rappresentazione artistica della sonda Mars Reconnaissance Orbiter. (credits NASA) Del resto, l’idea che l’uomo possa aver già messo piede su Marte nel suo stesso passato sembra far ribollire il sangue a diversi “esperti” del settore. Eppure, nessuno ha mai obbligato ad ascoltare o leggere tali “sciocchezze”. Anche la possibilità che oggi esista una qualche forma di vita intelligente su Marte risulta essere un po’ fastidiosa. Tuttavia, forse è meglio concentrarsi nella ricerca di elementi probatori piuttosto che rispondere inutilmente ad ogni minimo segno di ostilità proveniente da chi non vede di buon occhio le tesi più ardite. Avvaliamoci, ad esempio, delle spettacolari immagini inviate da Mars Reconnaissance Orbiter, dotata di un sistema HIRISE (ereditato da tecnologia militare) in grado di focalizzare particolari nell’ordine dei 30 cm, sempre sperando che non abbiano subito alterazioni di qualche tipo alla fonte! 47 Vita intelligente su Marte; impossibile? Proviamo ad affrontare il problema da un’altra prospettiva. Intanto, noi uomini abbiamo già inviato numerosi veicoli automatici alla volta del pianeta rosso e stiamo pianificando la prima missione con astronauti. Quindi, per forza di fatti, la vita intelligente su Marte diverrà una realtà. Se l’uomo sarà in grado di compiere questo grande passo, per quale motivo dovremmo scartare brutalmente l’ipotesi che altri ci abbiano preceduti nel passato? Ragioni scientifiche o psicologiche? Gli scettici irriducibili, in funzione delle enormi distanze che separano le stelle fra loro, ritengono praticamente impossibili le comunicazioni tra Civiltà intelligenti. Inoltre, considerando i presunti lunghissimi tempi dell’evoluzione e la stessa età dell’Universo, essi ritengono estremamente improbabile la contemporaneità tra civiltà intelligenti. D’accordo, il ragionamento è tutto sommato valido. Ma se invece anche solo una di queste Civiltà riuscì a raggiungerci nel nostro passato? Per quale motivo non dovremmo valutare l’idea di trovare tracce della loro presenza fra i confusi racconti della Mitologia e della Storia antichissima? Impossibile perché qualche “esperto” avente la sua rispettabile cattedra universitaria, avrebbe sentenziato “No”? La domanda se oggi il pianeta rosso sia stato o sia in qualche misura abitato da esseri intelligenti si presta a molte controversie e poche certezze. La NASA e l’ESA ci dicono che Marte è un mondo sostanzialmente inadatto alla vita complessa. Ciò nonostante, sappiamo che esistono emissioni di metano (anche se probabilmente la maggior parte è di origine geologica) e tracce di formaldeide; c’è ancora molta acqua e fortissimi indizi di attività biogeniche sulla superficie e nel sottosuolo. Non abbiamo certezze purtroppo. Tuttavia, se fossimo dei visitatori in esplorazione del nostro sistema solare e volessimo insediarci in un pianeta che, oltre alla Terra, ci possa garantire un minimo di risorse e di stabilità strategica, quale sceglieremmo? 48 Fig. 49. Opportunity durante il sol 464, ore 18, 30 poco dopo il tramonto. (Credits NASA. Elaborazione: Matteo Fagone – Pianeta Marte.net) Fig. 50.. Un’altra immagine a colori di Opportunity sempre al tramonto. La coltre di opacità atmosferica radente in un mondo quasi senz’aria sarebbe impossibile! (credits NASA) Fig. 51.. Tramonto ripreso dalla sonda Pathfinder. Cielo azzurro ma con leggera velatura rosa dovuto alle polveri in sospensione.(credits NASA) 49 APPENDICE 2 LE CASETTE DEI MARZIANI 2P284917435ESFAZ89P2597L6M1(Credits NASA – Elaborazione: Lunexit) Fra le centinaia di migliaia di immagini scattate dai rovers Spirit e Opportunity abbiamo voluto scegliere questa, la quale rappresenta in realtà solo un’infinitesima frazione della straordinaria ricorsività geologica tipica delle rocce marziane. Che ci si creda oppure no, su Marte ne esistono veramente un grandissimo numero simili (talvolta identiche) fra di loro! Quali ipotesi potrebbero offrire delle – quantomeno – ragionevoli spiegazioni? Di seguito ne citeremo tre: 1) Biogenica. Le rocce non sono vere rocce, ma forme di vita adattate all’ambiente marziano che utilizzano l’acqua e molti generi di minerale per vivere e proliferare. 2) Quantizzazione grafica. La similitudine delle rocce è il prodotto di un processing basato su ricostruzioni digitalizzate che tendono a “quantizzare” le irregolarità alle forme regolari più approssimative. 3) Cristalli. Le rocce di Marte sono composte in prevalenza da strutture cristalline. Generalmente i cristalli tendono infatti ad assumere forme tipicamente poligonali, tetraedriche e, comunque, regolari. Per coloro che desiderassero approfondire maggiormente l’argomento suggeriamo di iscriversi a Lunar Explorer Italia (www.lunexit.it) 50 APPENDICE 3 - NATURALI O ARTIICIALI? Fig. 52: Valle Marineris Fig. 53: Cydonia Mensae 51 Fig. 54:Cydonia Mensae Fig. 55:Juventae Chasma 52 Fig. 56:Polo Sud Fig. 57:Medusa Fossae 53 La controversia relativa alla “vita intelligente su Marte”, a prescindere dalle simpatie o dalle antipatie, si compone di Personaggi di tutto rispetto da entrambe le fazioni. Probabilmente fra dieci, cento o mille anni si dibatterà ancora sulle medesime strutture geologiche marziane di oggi. E, poiché le prove finora portate alla cortese attenzione degli appassionati di tutto il mondo non riescono comunque a metter fine alla querelle, riteniamo più proficuo capovolgere l’intera faccenda guardandola da un’altra prospettiva: quella incentrata sulla vita in se. Le celeberrime strutture conosciute come “Face” e “D&M Piramide” - portate alla ribalta dal prof. Richard Hoagland - sono costantemente dibattute per la somiglianza apparente con un volto umanoide e con una piramide pentagonale. Benché siano ipotesi molto suggestive, la spiegazione per il momento più efficace, oltre alla classica pareidolia, potrebbe essere quella biogenica. Perché? La ragione sta proprio nella medesima struttura dei rilievi controversi. Sia la Face che la D&M piramide rispettano in maniera notevole la simmetria bilaterale (speculare) tipica di tutte le forme di vita conosciute, addirittura la D&M presenta una doppia simmetria fra la sezione anteriore (quella che termina a punta) e la parte posteriore (che si “apre” biforcandosi in due. In realtà Marte è pieno di strutture geologiche a simmetria bilaterale, per cui l’ipotesi chiamante in causa un qualche genere di attività biogenica è senz’altro più pratica rispetto alle spiegazioni di tipo convenzionale. La Face, invece, considerando la sua posizione e la sua sagomatura, rispecchia molto i rilievi marini che sulla Terra chiamiamo “isole”. In altre parole, è probabile che le acque di Vastitas Borealis si protendessero fino ad Acidalia Planitia terminando a Cydonia Mensae. L’azione erosiva del mare avrebbe dunque delineato i contorni di ciò che un tempo era un’isola poco distante da un litorale. Ciò comunque non toglie merito all’ipotesi biogenica, la quale potrebbe essere, insieme ai naturali processi geomorfologici del suolo marziano, il fattore determinante al conferimento della sua curiosa forma. Lo stesso discorso vale anche per la meno famosa, ma ugualmente discussa, struttura di Medusa Fossae, considerata tuttora una “nave spaziale insabbiata” o una “sorgente di luce che emerge dal suolo”. In realtà le due interpretazioni si riferiscono al medesimo oggetto ubicato in Medusa Fossae: una piccola struttura geologica “a ceppo” accompagnata da “wind-streak”. Per chi volesse approfondire l’argomento potrà consultare dell’ottimo materiale sul portale Pianeta Marte.net e su Lunar Explorer Italia. In questa sede, invece, vogliamo far notare ai Lettori come pure la struttura “a ceppo” rispetti la medesima 54 regola di simmetria bilaterale analoga alla Face ed alla D&M Piramide. Di conseguenza, la spiegazione più adatta anche in questo caso è quella biogenica (indubbiamente coadiuvata ai naturali processi idrogeologici del pianeta). La cosiddetta “Inca City” situata al Polo Sud di Marte, (nome attribuito a causa dell’apparente similitudine con alcune strutture tipiche degli Inca), è stata considerata dagli scienziati NASA un probabile antico cratere da impatto una volta ricoperto e, successivamente, venuto parzialmente alla luce. Se nonché permangono molti dubbi sull’origine dei pattern squadrati visibili nella sezione più scoperta. Ed anche in questo caso la matrice biologica operante sulla superficie, unita ai mutamenti climatici ed ai cicli di scioglimento dei ghiacci d’acqua e di CO2, potrebbe meglio spiegare il perché esistano le sagomature a quadrilateri messi in sequenza. Sulle controverse strutture di Valle Marineris e Juventae Chasma è tuttora in corso una diatriba tra chi sostiene l’artificialità di alcuni rilievi e chi, invece, non ci vede proprio nulla oltre a bizzarre montagne, colline e terreni assortiti. Ma fin qui potrebbe andare persino bene, dopotutto è vero: si tratta effettivamente di montagne, colline e terreni vari. La controversia sorse a metà del 2006 con la pubblicazione del libro “Ossimoro Marte” da parte dell’Ing. Ennio Piccaluga, nel quale l’Autore avrebbe raccolto studi da lui effettuati sin dal 2004 riguardanti alcuni fotogrammi rilasciati dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Secondo l’Ingegnere, nella Valle Marineris esisterebbero diverse costruzioni di chiara origine artificiale tra cui una struttura “a gradoni”, un’altra struttura simile agli antichi ziqqurat e una specie di grosso “hangar”, mentre nella regione di Juventae Chasma esisterebbero una montagna di solfati a stratificazioni che ricorda alcuni tipi di “miniere a cielo aperto” ed una curiosa conformazione del terreno, vicino alla montagna, la quale sembrerebbe proprio una “scritta” in antichissimi caratteri terrestri. Verso la fine del 2006 l’ing. Piccaluga interpellò il semiologo dr. Patsy Nicolas Di Falco per tentare di interpretare quella conformazione del suolo come se fosse stata veramente una scritta e, ad opera ultimata, si trovò una’apparente convergenza con l’antica lingua brami. La traduzione effettuata dal semiologo diede come risultato tre possibili opzioni, in base al contesto in cui la parola venisse usata, e cioè: “asterismo”, “costellazione” e “nitrato”. Verso la fine di febbraio 2007 l’Autore di questo libro, in qualità di direttore del portale Pianeta Marte.net, intervistò il dr. Di Falco nella speranza di mettere in luce alcuni aspetti critici e pragmatici di quella traduzione. Dopotutto chi avrebbe mai preso sul serio fantasie simili? 55 Fig. 58. Il libro “Ossimoro Marte”presenta una serie di suggestive ipotesi circa l’esistenza di tracce di Civiltà intelligenti sul pianeta rosso, ipotesi comunque sottoposte ad una pesante critica da parte di numerosi ricercatori italiani. www.elleepi.com/mars Fig. 59. L’ing. Ennio Piccaluga Posizioni divergenti. Se da un lato gli studi dell’ing. Piccaluga hanno incontrato qualche dura critica è però vero che vi sono stati altrettanti consensi ed apprezzamenti, ma tale genere di reazioni non dovrebbe stupirci in quanto facenti parte dell’inevitabile modo in cui la natura umana evidenzia i propri caratteri individuali. Trattandosi di ipotesi molto “borderline”, oltretutto legate al nostro stesso passato, non si può certo pretendere di trovare subito le porte aperte, specie negli ambienti più conservatori. In ogni caso bisogna ammettere che gli scettici, specie i più accaniti, non sono stati in grado finora di contrastare efficacemente le ipotesi oggetto di una loro critica inutilmente astiosa (a prescindere da ragioni e/o torti). Al contrario, hanno ancor più catalizzato l’interesse del Pubblico verso questi autori e le rispettive idee. Quindi, raccomandiamo sempre di dosare possibilismo e pragmatismo con equilibrio e buon senso, evitando estremismi e personalismi. Fig. 60 (a sinistra) Il libro del dr. Gianni Viola: “La Civiltà di Marte”. Fig. 61 (a destra) il planetografo dr. Gianni Viola. Anche questo libro è stato oggetto di critiche. Ciò nonostante si è ugualmente dimostrato di grande valore didattico. 56 Fig. 62. Missione Apollo 11. Questo fotogramma è stato a lungo criticato e ritenuto una prova a favore delle tesi cospirazioniste secondo cui la NASA avrebbe inscenato l’itero Programma Spaziale al cinematografo. (credits NASA) Fig. 63. Missione Apollo 12. I cospirazionisti si sono attaccati su ogni minimo difetto delle immagini o apparentemente inesplicabili per screditare 3 anni di esplorazione della Luna. Senza contare l’aver infangato coloro che sono morti o che hanno rischiato il collo durante il Programma Spaziale Apollo. (credits NASA) 57 QUARTA CONTROVERSIA LA MISTERIOSA LUNA Nel film “L’impero colpisce ancora” (facente parte della celebre saga di “Guerre Stellari”) c’è una scena in cui il giovane Apprendista jedi Luke Skywalker cade nel laccio del dubbio dopo aver fallito una dura prova d’esercizio nell’uso della Forza. Così, il piccolo Omino Verde (ma grande Maestro jedi) Yoda gli sussurra una frase emblematica e, allo stesso tempo, fondamentale. Yoda disse: “Luke, tu devi disimparare!” Perché “disimparare”? Premesso che questa parola non dovrebbe essere fraintesa in modo esasperato, scopriremo quanto la Scienza “convenzionale”, per il semplice fatto di ancorarsi spesso su posizioni rigide e troppo pragmatiche, lasci in realtà ampio spazio a percorsi alternativi per spiegare (o almeno tentare di spiegare) il mondo che ci circonda. Fig. 64. La Luna: Il nostro satellite naturale? (credits NASA) Disimparare non significa comunque rinnegare e/o ripudiare le meravigliose conoscenze finora acquisite intorno ai Corpi Celesti del nostro Sistema Solare. Disimparare vuole essere, in questo contesto, una sorta di provocazione ed uno stimolo a guardare oltre le apparenze. Quindi, cerchiamo di non dare mai per scontate opinioni e “certezze” evidenti in alcuni ambiti dell’informazione scientifica odierna, ma nemmeno di essere altrettanto ingenui da bere 58 passivamente qualsiasi altra cosa, spacciata per verità, senza un minimo di cognizione e senso critico. Il nostro satellite. La Luna è il corpo celeste più vicino alla Terra ed è l’unico pianeta nel quale l’uomo abbia messo piede; eppure, sebbene da qualche anno si vocifera a proposito di un possibile ritorno con astronauti verso il 20152020, la Luna sembra non attrarre più di tanto l’interesse generale (se nonché, con le ultime scoperte riguardanti la presenza d’acqua, l’attenzione potrebbe riaccendersi). A peggiorare il quadro si sono aggiunti alcuni benpensanti, dotati di furbesca lungimiranza, i quali hanno saputo sfruttare la credulità umana per riempirsi le tasche creando un florido business basato sulle presunte finte Missioni Lunari inscenate dalla NASA. Fig. 65. Apollo 11. Senza nessun pudore è stata imbastita una colossale opera di diffamazione verso il Programma Spaziale Apollo che portò l’Uomo sulla Luna (credits NASA) Ad ogni modo, tralasciando lo squallore offerto da certa sottocultura, le attuali conoscenze intorno alla Luna sono ragguardevoli, ma ciò non toglie il fatto che esistono ancora molte lacune scientifiche da colmare le quali probabilmente richiederanno parecchio tempo e tanti investimenti. E non dimentichiamo i rischi ed i sacrifici occorsi per raggiungere tale conoscenza. Basti pensare ai tre sfortunati astronauti, componenti l’equipaggio di Apollo 1, morti carbonizzati a causa di un incendio sviluppatosi nel modulo di rientro durante un test di prova, oppure la missione Apollo 13 che non si trasformò in tragedia per un pelo: furono la bravura ed i nervi saldi di tutti (astronauti compresi) a permettere il recupero del modulo Odyssey (purtroppo l’atterraggio sulla Luna non avvenne). 59 Uniformismo e Gradualismo. Nelle Scienze Planetarie esiste una logica analitica – in parte ereditata dalla Geologia terrestre - la quale sostanzialmente presuppone che il presente ci svela il passato. Essa viene genericamente definita “gradualismo” oppure “uniformismo” ed ha influito profondamente nello sviluppo delle moderne teorie sull’origine e l’evoluzione del Sistema Solare. Dal momento che queste logiche d’analisi hanno permeato intere generazioni di studenti, si evince il problema di fondo: ciò che vediamo oggi nello Spazio è davvero il prodotto di una interminabile e lentissima serie di cambiamenti e trasformazioni? Ebbene, ritenere di conoscere la risposta esatta potrebbe anche essere considerato un atto di arroganza. Oltretutto non è detto che il gradualismo sia necessariamente un presupposto errato in nuce. Fig. 66. Missione Apollo 15. La Terra vista dalla Luna (credits NASA) Solo miti e racconti per bambini? In questo capitolo, e nei prossimi due, prenderemo in esame le quattro principali Teorie sull’origine della Luna; inoltre, ciliegina sulla torta, ne proporremo una anche noi. Tuttavia, prima di addentrarci, vorremmo sfatare un paio di “miti” facenti parte della storia biblica. Fino ad alcuni secoli or sono i sedicenti detentori del potere religioso, scientifico e culturale sostenevano che la Terra fosse il Centro dell’Universo, ferma ed immutabile. Nei Paesi dominati dal clero della cristianità si tendeva ad avvallare tali convinzioni citando addirittura la Bibbia come prova. Oggi, invece, accade praticamente l’opposto: alcuni preminenti Critici Letterari e 60 altrettanti Scienziati sostengono che il racconto della Creazione di Genesi sia un ammasso di fantasie. E, in entrambi i casi, la Luna gioca un ruolo determinante. Nel libro di Giosuè al capitolo 10, versetti da 12 a 14 si legge: “Allora, quando il Signore mise gli Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al Signore sotto gli occhi di Israele: «Sole, fèrmati in Gàbaon e tu, luna, sulla valle di Aialon». Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto: «Stette fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno intero. Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva ascoltato il Signore la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele»” Se fosse stato esclusivamente il sole a “fermarsi” si poteva al limite discutere l’idea della Terra centro dell’Universo. Ma, dato che oltre al sole anche la Luna si “fermò”, questo rende la faccenda decisamente più complicata. Sicché riesce un po’ difficile credere che Dio li abbia fermati entrambi, violando deliberatamente le leggi Fisiche da lui stabilite, soltanto per un evento svoltosi entro una piccola area di superficie terrestre. Nel tentativo di cercare una possibile spiegazione sono state proposte varie ipotesi tra cui (1) un tipo di ipnosi collettiva, (2) un raro fenomeno ottico di riflessione della luce solare e (3) una montatura letteraria. Naturalmente noi rispettiamo tali ipotesi, tuttavia vorremmo riproporne un’altra, peraltro già ben conosciuta: (4) la rotazione terrestre si arrestò per tutto il tempo di quella battaglia. In questo caso la Luna non si fermò affatto perché considerata la durata della sua orbita (pari a 27 giorni e 7 ore) la porzione di cielo percorsa dal nostro satellite non avrebbe dato all’occhio più di tanto, specie di giorno e con il sole ancora alto sopra l’orizzonte. Può darsi che questa sembrerà una spiegazione “da manicomio”, ma non è poi così brutta e, in definitiva, dimostra come i corpi celesti potrebbero essere, tutto sommato, soggetti a sistemi di controllo che noi probabilmente non conosciamo (o piuttosto non vogliamo riconoscere). Inoltre l’episodio costituisce una formidabile prova biblica a favore della rotazione terrestre (suggeriamo la lettura dello speciale capitolo “Il giorno mancato”). La Luna, come vedremo, è un pianeta estremamente bizzarro. Non facciamoci ingannare dalle apparenze perché dietro quella maschera di tranquillità, silenzio e monotonia cromatica si nasconde forse uno corpo celeste alquanto anomalo. Ed ora passiamo all’altro passo biblico. Genesi 1, 14-18: “Dio disse: «Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; 61 servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre…” Fig. 67. Terra e Luna viste dalla sonda Galileo, (credits NASA) Esiste una corrente di pensiero secondo la quale questi versetti cadrebbero in contraddizione dimostrando l’inattendibilità del racconto di Genesi. Per carità, ognuno è libero di pensarlo. Ma, supponiamo invece che la Terra esisteva già in quanto formatasi insieme ai Cieli (cioè l’Universo). A questo punto dovremmo ragionevolmente dedurre che il Sole e la Luna esistevano pure, altrimenti non avrebbe alcun senso leggere sempre nella Genesi: “lo spirito di Dio si muoveva sulle ondeggianti acque”. Senza una fonte di calore l’acqua sarebbe congelata e basta! D’altro canto è curioso notare come il racconto di Genesi non entri in dettagli riguardo al modo in cui la Terra, la Luna o l’Universo vennero “costruiti”, ma si limita a descrivere i cambiamenti graduali della biosfera terrestre, ovvero nell’atmosfera, negli oceani e sulla superficie asciutta. Evidentemente, ad un certo punto nel corso dell’evoluzione del nostro pianeta, sia il Sole che la Luna divennero visibili dalla superficie. E poi, se il Sole non ci fosse stato, la Terra attorno a che cosa avrebbe dovuto orbitare? Quindi, per logica, anche la Luna esisteva già: era semplicemente invisibile a causa dell’impenetrabilità dell’atmosfera primitiva. Cosa sappiamo? Non c’è ombra di dubbio nell’affermare che l’origine del nostro satellite sia alquanto misteriosa. I vari miti della Creazione in genere 62 non hanno offerto un aiuto significativo per far luce sulla sua formazione. Oltretutto, l’unico racconto che racchiude una notevole coerenza persino scientifica (quello di Genesi) in effetti tace al riguardo; di conseguenza dobbiamo cercare indizi percorrendo altre strade. La Scienza odierna ha fatto notevoli progressi sulla conoscenza del nostro satellite, l’avevamo già accennato. Per esempio sappiamo che non possiede un campo magnetico, bensì alcune aree locali magnetizzate; eppure ha tutta l’aria di essere un corpo polarizzato, praticamente diviso in due blocchi corrispondenti alla faccia rivolta alla Terra e a quella nascosta. Non possiede atmosfera escluso i pochi atomi di vento solare catturati e qualche prodotto di degassamento sotterraneo. Ha rivelato una curiosa riflessione dei raggi X emessi dal sole nonché un’emissione di raggi gamma prodotti dagli elementi radioattivi presenti nel suolo. Infine, le onde sismiche tendono a propagarsi a lungo come quando si picchia sopra una superficie vuota. Sulla Luna non esistono significative tracce di elementi organici, ma abbondano metalli e metalloidi. Paradossalmente a quanto appena detto, il nostro satellite sembra non possedere alcun nucleo ferroso, tant’è vero che esistono aperti dibattiti fra scienziati sul tema “nucleo sì, nucleo no” e anche sul perché la distribuzione relativa del ferro pare non rispettare i modelli teorici sulla formazione dei corpi rocciosi, specie considerando le sue dimensioni e la presunta età ritenuta uguale a quella terrestre. Fig. 68. Missione Apollo 12. La superficie lunare (credits NASA Fig. 69. Missione Apollo 15. Il Lunar Rover (credits NASA 63 Sulla Luna c’è molto ossigeno imprigionato nelle rocce e si stima che i suoi isotopi siano presenti in quantità analoghe a quelli della Terra. Il nostro satellite ha una densità media di 3,5 g/cm3 ed una massa pari a 1/82 di quella terrestre: in pratica la Luna, rispetto alle sue dimensioni, è assai leggera, forse anche troppo. Sulla superficie lunare si registrano temperature da record con sbalzi di oltre 200° C tra giorno e notte, meglio ancora tra l’esposizione al sole o una roccia in ombra. C’è poi un’altra curiosità da rimarcare: mentre le catene montuose e le colline appaiono nettamente chiare e “pulite” le pianure mostrano invece un colore scuro, essendo ricoperte da uno spesso strato di regolite. Da qui l’ipotesi che le pianure siano tendenzialmente molto più vecchie delle montagne (sempre ammesso che quelle siano veramente “montagne” in senso strettamente geologico). Se quindi volessimo rispondere alla domanda “qual è l’origine della Luna?” e non sapremmo a quale santo rivolgerci, probabilmente basterà appellarsi al folklore popolare pronunciando la comunissima parola “boh!”. In tal caso l’eleganza verrebbe però sostituita da uno snobismo di bassa leva. Teorie vecchie e nuove. Poiché non conosciamo esattamente quale sia stata la dinamica dei processi formativi ed evolutivi del nostro satellite, permangono tuttora tante, troppe incertezze sul piano sia teorico che pratico; così, anche avvalendoci delle migliori simulazioni computerizzate dovremo accontentarci di modelli magari ben formulati, ma approssimativi. In realtà non abbiamo ancora idea del perché la Luna esista! La Teoria della Fissione presuppone che la Luna si formò quando la Terra era ancora una sfera fluida. Ad un certo punto una considerevole massa si staccò a causa dell’accelerazione impressa dalla stessa rotazione terrestre divenendo il nostro satellite naturale. La Teoria della Cattura presuppone che la Luna si formò altrove nel Sistema Solare ma, trovandosi a transitare nei pressi della Terra primordiale, venne catturata dal campo gravitazionale del nostro pianeta divenendo così satellite naturale. La Teoria dell’Accrescimento presuppone che la Luna si formò insieme alla Terra dallo stesso materiale locale della nebulosa proto-planetaria e per questa ragione entrambi i pianeti ebbero un’evoluzione parallela. Infine, la Teoria della Fusione sostiene che la Luna si formò quando la Terra era ancora fluida. Un colossale impatto con un protopianeta grande più o meno come Marte produsse una fusione tra i due corpi e, contemporaneamente, l’espulsione nello spazio di una notevole quantità di materiale del mantello terrestre. Col tempo questi detriti si consolidarono divenendo il nostro satellite naturale. 64 Fig. 70. Un Inedito prospetto delle quattro teorie sulla formazione della Luna. Quale preferite? Prese singolarmente le quattro teorie non sono di per sé irragionevoli, costituendo in definitiva dei buoni tentativi per individuare il miglior modello causa-effetto. I problemi sorgono mettendole a confronto le une con le altre oppure inserendole in un contesto più ampio. Ed è proprio a causa di questi problemi pratici che alcuni Ricercatori già decenni fa iniziarono a proporre teorie ardite. Fra tutte, la più celeberrima è senz’altro la “Teoria della Luna Artificiale” di Michail Vassin e Alexandr Cherbakov (Sputnik, luglio 1970). Ma non facciamoci illusioni: nel Mondo Accademico, della cosiddetta Scienza Ufficiale e Consolidata (che dir si voglia) mai e poi mai una teoria così pazza e maledettamente antitetica verrà accettata. Essa da fastidio, fa innervosire ed è odiosamente irritante perché scavalca inesorabilmente molti problemi che gli scienziati si pongono da tantissimi anni. Inoltre, colpisce duramente il Relativismo Moderno, dove tutto è nato dal nulla, per caso e senza nessun controllo intelligente: niente soprannaturale, nessun Dio e niente Alieni. Per la scienza moderna la Luna si è formata da sola, grazie ad eventi casuali e senza nessuna intenzione. Rimane quindi aperto il dilemma fondamentale per cui, anche non ricorrendo a teorie esotiche e “folli”, la scienza moderna cade a pezzi davanti all’incapacità di spiegare il perché esiste la Luna. Ma questo non dovrebbe costituire una ragione valida per disprezzare gli sforzi compiuti finora per ottenere la gran mole di dati sul nostro satellite, a prescindere dalla reale origine naturale o artificiale che possa essere. 65 Fig. 71. La Morte Nera della saga Guerre Stellari Fig. 72. La Luna vista dalla sonda Galileo (credits NASA) 66 TABELLA RIASSUNTIVA DELLA LUNA Perigeo 363 104 km Apogeo 405 696 km Circonf. orbitale 2 413 402 km Periodo orbitale (27 d 7 h 43,2 min) Periodo sinodico (29 d 12 h 44,0 min) Velocità orbitale 1 022 m/s (media) Inclinazione sull'eclittica 5,145396° Inclinazione rispetto a equat. terrestre da 18,30° a 28,60° Eccentricità 0,0554 Raggio 1738 km (medio) Schiacciamento 0,0012 Superficie 3,793 × 1013 m² Volume 2,1958 × 1019 m³ Massa 7,347 673 × 1022 kg Densità media 3,3462 × 103 kg/m³ Acceleraz. di gravità in superficie 1,622 m/s² (0,1654 g) Velocità di fuga 2 380 m/s Periodo di rotazione Rotazione sincrona Inclinaz. dell'asse sull'eclittica 1,5424° Figura a pag. 71: Missione Apollo 11: La Terra che “sorge” (credits NASA) 67 68 69 QUINTA CONTROVERSIA ORIGINE E FORMAZIONE DELLA LUNA Nel precedente capitolo abbiamo preso in esame qualche aspetto generale riguardante il nostro satellite, gettando pure uno sguardo alle quattro principali teorie formulate per spiegarne l’origine e l’evoluzione. Ma perché risulta tanto difficile trovarne una davvero soddisfacente? Probabilmente perché i ricercatori non sono stati finora in grado di spiegare con precisione il motivo per cui la Luna esiste. In altre parole non sappiamo esattamente come si sia formata e perché. E come spesso accade, allorché gli scienziati tentennano nell’affrontare determinati argomenti, spuntano puntualmente “contestatori” pronti a dimostrare quanto la “scienza ufficiale” sia corrotta ed in mala fede. In realtà le cose non stanno esattamente così. Le antiche bilance insegnano... L’essere umano è, per certo, dotato di grandi pregi e di notevoli potenzialità, ma ha i propri limiti. Per queste ragioni dobbiamo riconoscere che a volte tendiamo ad assumere atteggiamenti contrastanti fra eccessi di scetticismo ed eccessi di possibilismo. Fig. 76. Fotografia della Luna scattata durante l’eclissi lunare del 3 marzo 2007. Il nostro satellite iniziava ad uscire dal cono d’ombra della Terra (Matteo Fagone – Pianeta Marte.net) Potrà anche succedere che, come semplici appassionati o ricercatori indipendenti, cercheremo di rivolgerci alla scienza solo quando fa comodo, per poi tacciare gli scienziati di essere un cumulo di imbroglioni perché “secondo noi” essi sbagliano e/o non ascoltano le nostre “verità”. 70 Fig. 77. Non dimentichiamo mai di mantenere il gusto equilibrio tra il sano rispetto verso la scienza e il sacrosanto diritto di proporre teorie alternative a quelle “Ufficiali” Dunque, come le antiche bilance erano costituite da due parti adibite a pesare, possiamo fare nostro il significato di “corretto ed educato dissenso” bilanciato ad un sano rispetto verso scienza e scienziati. Tornando alla Luna, da un punto di vista strettamente tecnico le quattro teorie sulla sua origine sono tutte buone e valide, cioè l’una vale l’altra. Non andremmo molto lontano stando dietro al eterne diatribe su quale sia, secondo il nostro punto di vista, l’ipotesi migliore o la più simpatica. La Teoria della Fissione. Questa teoria sostiene che il nostro satellite si formò quando la Terra era ancora una sfera giovane e fluida. La rotazione del nostro pianeta doveva essere elevatissima, nell’ordine di 3 ore al massimo, per cui la struttura sferica iniziò a subire una consistente deformazione con schiacciamento dei poli e rigonfiamento equatoriale. Esistono alcuni apparenti punti a favore della Teoria della Fissione. Sappiamo, ad esempio, che la Luna si allontana dalla Terra a motivo dell’energia incidente dovuta alla gravitazione terrestre; inoltre sappiamo che la rotazione della Terra starebbe rallentando. Ovviamente, in entrambi i casi, trattasi di valori modestissimi, praticamente impercettibili. Comunque sia, per logica deduzione alcuni astronomi hanno ipotizzato che dovette esistere un tempo in cui i due corpi non erano separati. Sebbene applicando la Teoria della Fissione si potrebbero spiegare la densità lunare inferiore a quella terrestre ed il suo volgerci sempre la stessa faccia, rimangono molti altri quesiti senza un’adeguata risposta. Non si capisce come la Terra primordiale potesse ruotare ad una velocità così elevata; inoltre non 71 abbiamo la benché minima prova al riguardo. Se la Luna e la Terra fossero state inizialmente un unico corpo celeste dovremmo trovare la medesima composizione chimica in entrambi i pianeti ma, stando alle analisi effettuate sui campioni di roccia lunare, si è riscontrata una correlazione degli isotopi dell’ossigeno a discapito però di una sostanziale differenza nella composizione delle rocce. Dobbiamo poi fare i conti con ben altre contraddizioni tecniche. Se volessimo applicare questa Teoria ai modelli standard, considerato che i pianeti si formerebbero per aggregazione di planetesimali, questi ultimi poi (ad un certo ed indefinibile momento) dovranno allora frantumarsi per disgregazione dinamica. Curioso vero? E quante volte sarà accaduto agli altri pianeti? Pertanto, la Terra che conosciamo e sulla quale viviamo sarebbe il risultato di un incidente nel quale avrebbe perso “n” pezzi per strada. Ci siamo mai chiesti, allora, come avrà fatto la neoLuna a non ricadere o a non sfuggire nello Spazio? E che dire degli altri pianeti? Chi ci dice che Venere (per citare un esempio) non abbia subito un destino simile, ma il suo satellite sia sfuggito o ricaduto sul pianeta? In parole povere, questa teoria darebbe da intendere che un sistema planetario potrebbe nascere, svilupparsi per un certo tempo e poi andare in frantumi sostanzialmente ancora giovane. La Teoria della Fissione non è nemmeno compatibile con il modello geodinamico sul quale sono state postulate le basi della “Deriva dei Continenti”; questo perché un eventuale distacco di una considerevole massa fluida terrestre avrebbe influito in modo imprevedibile sulla futura strutturazione ed evoluzione delle placche continentali. Fig. 78. La Teoria della Fissione contraddice ampiamente la medesima teoria sulla formazione dei pianeti perché essi si frantumerebbero poco dopo la loro formazione. 72 La Teoria della Cattura. Si tratta di un’ipotesi che gioca a “scarica barile” spostando la formazione della Luna altrove nel Sistema Solare. Di fatto, non spiega come essa si formò. La Teoria della Cattura adotta sostanzialmente lo stesso criterio in base al quale la maggior parte dei satelliti orbitanti attorno ai Giganti Gassosi furono “presi al laccio” durante il loro vagare per lo spazio interplanetario; pertanto anche la nostra Luna, mentre si trovò a transitare nei pressi della Terra, fu attratta dalla forza di gravità del nostro pianeta e catturata, divenendo così il nostro satellite naturale. Sicché la Luna era già formata (ovviamente non si sa dove) e per ragioni ignote la sua orbita (peraltro sconosciuta) si trovò a coincidere con quella terrestre. Forse il lettore lo saprà o forse no, ma le catture gravitazionali divengono tanto improbabili man mano che aumenta la vicinanza dei corpi celesti alla stella madre. Nel nostro caso stiamo parlando di velocità orbitali relative che si aggirano a 30 km/s, per cui un’eventuale cattura avrebbe potuto realizzarsi se la Luna avesse sfiorato (se non addirittura oltrepassato) il limite di Roche della Terra (con le annesse disastrose conseguenze). Fig. 79. Rappresentazione schematizzata della Teoria della cattura Altra intrigante soluzione a questo dilemma fu il tema di una conversazione avvenuta alcuni anni or sono fra l’Autore di questo libro ed il prof. Emilio Spedicato (docente presso l’Università di Bergamo) mentre si trovavano a cena presso un rinomato Hotel-Ristorante del comune di Canelli (AT). Tra una portata e l’altra il prof. Spedicato disegnò su un foglio lo schizzo rappresentante l’ipotetico transito di un pianeta di taglia terrestre dotato di satellite. Sebbene tale costruzione non sia del tutto impossibile, essa comporta ugualmente una serie di circostanze altamente “improbabili”. Per esempio: a quale velocità si muoveva l’ipotetico pianeta? E a quale il satellite? Qual era il verso dell’orbita lunare: oraria o antioraria? Inoltre, l’orbita lunare era 73 inclinata rispetto al pianeta oppure no? E ancora, a che distanza la Luna orbitava attorno al pianeta? Venendo a mancare le basilari informazioni ci troviamo in presenza di un’affascinante ipotesi difficile però da quantificare. Certamente una serie di eventi non impossibili, ma così improbabili che praticamente sarebbe stato necessario un controllo intelligente per rendere il “passaggio di consegna” (o “Cattura Lenta”) fattibile. Fig. 80. Questo schema rappresenta un’ipotesi su come un Pianeta di passaggio cedette la Luna alla Terra (Cattura Lenta) La Teoria dell’Accrescimento. Questa teoria presuppone che la Luna si formò insieme alla Terra dallo stesso materiale locale della nebulosa protoplanetaria, per cui entrambi i pianeti ebbero un’evoluzione parallela fino a raggiungere le attuali condizioni. Di per se, come ipotesi, ha una sua coerenza poiché rispetta i modelli standard sui collassi gravitazionali e la formazione dei sistemi planetari. Ciò nondimeno, dobbiamo rilevare anche in questa teoria una consistente mole di problemi pratici da superare. Se la Luna fosse veramente nata insieme alla Terra, l’effetto di marea gravitazionale indotto dal nostro pianeta sommato ad una maggior velocità di rotazione lunare primitiva - avrebbe dovuto produrre sulla giovane massa fluida del nostro satellite uno schiacciamento polare più marcato di quanto appaia oggi. In questa teoria è logico supporre che anche la Luna, al pari della Terra, dovette subire il bombardamento primordiale da parte di comete ed asteroidi. Tuttavia, nonostante il gran numero di crateri da (presunto) impatto, la Luna sembra non conservare praticamente traccia dei componenti organici trasportati da tali oggetti. Lo stesso discorso vale pure per l’acqua. Certo, sono state proposte varie spiegazioni per giustificarne la modesta presenza tra cui le ridotte 74 dimensioni, la bassa gravità del nostro satellite e gli effetti delle radiazioni solari. Ma gli impatti con le comete furono (si suppone) in numero elevato, di conseguenza la Luna avrebbe dovuto in realtà possedere moltissima acqua ghiacciata sotto la superficie, al riparo dalle letali radiazioni cosmiche, e nelle regioni polari dove la luce solare è scarsa. Un altro ostacolo alla Teoria dell’Accrescimento è data dall’inclinazione dell’orbita lunare rispetto a quella terrestre, pari a circa 5° 19’. Generalmente la formazione di sistemi multipli avviene sul piano equatoriale del pianeta maggiore. In ogni caso, la peggiore rogna di questa teoria è scaturita, come già accennato, dall’analisi dei campioni di rocce portati a Terra. La composizione chimica ha evidenziato differenze notevoli rispetto alle rocce terrestri. Ulteriori esami del campo magnetico lunare e della propagazione delle onde sismiche hanno accentuato le incertezze sull’effettiva abbondanza di ferro, inducendo alcuni ricercatori a pensare che la Luna non possieda un vero e proprio nucleo centrale ferroso oppure, se tale nucleo esiste, deve essere molto piccolo. Fig. 81. Questa immagine schematizza la Teoria dell’Accrescimento La Teoria della Collisione/Fusione. Questa teoria è attualmente la più accreditata fra gli scienziati. Fu proposta verso il 1975 dal dr. William K. Hartmann ed il dr. Donald R. Davis ed acquistò grande impulso 9 anni dopo, durante un meeting internazionale indetto appositamente per fare il punto sulle conoscenze relative alla formazione della Luna. Nel 1997 venne ulteriormente migliorata nella tesi di dottorato esposta dalla dr. Robin Canup la quale, verso il 2001, aggiunse ai suoi modelli alcune simulazioni computerizzate. 75 La Teoria della Collisione-Fusione presuppone che agli albori del Sistema Solare dovevano esistere più Corpi Maggiori di quanti ne esistano oggi, ciascuno orbitante in modo più o meno stabile, e la Terra era ancora sostanzialmente un pianeta fluido. Ma cosa accadde? Si suppone che un colossale impatto tra la giovane Terra ed un proto-pianeta, grande all’incirca quanto Marte, fu responsabile della fusione tra i due corpi e, contemporaneamente, dell’espulsione nello spazio di una notevole quantità di materiale del mantello terrestre. I detriti entrarono in orbita alla “nuova” Terra (prodotta dalla fusione con il proto-pianeta) e col passare del tempo si “riunirono” per costituire il nostro satellite naturale. Teoria credibile? In parte sì. Tuttavia la contraddizione più eclatante finora riscontrata nello studio dell’origine della Luna è così riassumibile: in base alle analisi dei campioni lunari, sommate ad ulteriori esami effettuati con l’ausilio di strumenti a Terra e sonde automatiche, si è riscontrato che la composizione chimica della Luna sarebbe uguale a quella del mantello terrestre. Eppure è altrettanto risaputo che la composizione chimica delle rocce lunari differisce parecchio rispetto a quelle terrestri. La Teoria della Fusione/Collisione non manca poi di regalare altri paradossi davvero divertenti. Riducendola ai minimi termini avremmo un Pianeta di taglia “1” colpito da un pianeta di taglia “0,5” dai quali otterremo due nuovi pianeti, uno di taglia “1+ frazione del secondo” e l’altro come “rimanenza di se stesso” (la Luna). Ma, allora dovremmo chiederci se effettivamente il nostro pianeta fu il prodotto dell’accrescimento “naturale” da planetesimali oppure il prodotto della distruzione/fusione tra pianeti, mettendo in difficoltà le teorie standard sulla formazione dei sistemi planetari. E come facciamo a sapere se l’impactor esistette realmente? Siamo certi che la Terra, al momento del presunto impatto, era fluida o parzialmente fluida? L’Impactor era anch’esso fluido oppure no? Purtroppo questa teoria sembra cadere nella trappola del “modello ad hoc”, dove ogni singolo evento sarà calcolato in base a determinate premesse. E allora tutto si svolgerà nella più assoluta casualità, ma alla perfezione! Dunque, teoria ad hoc? Lasciamo il giudizio al Lettore: abbiamo l’Impactor giusto avente le dimensioni giuste, che arriva al momento giusto e colpisce la Terra nel punto giusto e nel modo giusto. Poi si fonde con essa nel modo migliore! Quindi i frammenti vengono scagliati nello Spazio in un getto di materiale che si dirige nella direzione giusta ed alla velocità giusta. Successivamente i frammenti decelerano (o magari si fermano!) alla distanza 76 giusta, entrano in orbita alla perfezione e, unendosi fra loro in modo appropriato, non formano anelli o mini-lune (oppure sì? Magari in base ai gusti ed alle varianti introdotte nelle equazioni della gravitazione). Comunque sia, essi si raggruppano e si fondono insieme dando origine, nei modi e nei tempi giusti, alla Luna, ovviamente quella giusta e delle giuste dimensioni. Detto in altre parole, un miracolo! Volendo inserire la Teoria della Fusione/Collisione in un ambito superiore, come la formazione stessa del Sistema Solare, verrebbe da pensare che il caos più assoluto sia dotato di intelligenza perfetta! Fig. 82. .Immagine simulata al computer sull’Impactor Theia che colpì la giovane Terra. Copyright William K. Hartmann Fig. 83 .Ulteriore immagine simulata al computer sull’Impactor Theia alcune ore dopo l’impatto con giovane Terra. Copyright William K. Hartmann 77 In conclusione, il quadro generale inerente la formazione della Luna è ancora assai vago. Oltretutto non possiamo nemmeno ignorare lo studio recentemente condotto dal dr. Mathieu Touboul (Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo) il quale avrebbe rimesso in discussione le ipotesi finora accreditate grazie ad un nuovo riesame dei campioni di rocce lunari. In pratica lo scienziato ha analizzato le percentuali di tungsteno-182 in rapporto ad altri elementi, tra i quali l’afnio-182 e il tantalio-182, arrivando alla conclusione che la Luna si formò insieme alla Terra, dallo stesso materiale spaziale, ma 30 milioni di anni dopo il nostro pianeta. Le teorie qui affrontate non hanno di certo risolto la questione sull’origine del nostro satellite, sebbene ciascuna di esse abbia in qualche misura contribuito ad accrescerne il grado di conoscenza. La strada è ancora lunga e c’è tanto lavoro da compiere. L’assenza d’aria, la presenza del cosiddetto KREEP, l’emissione di raggi gamma e le disomogeneità della massa lunare (mascons) sono fattori oggetto di accesi dibattiti tra i ricercatori di tutto il mondo perché le conclusioni portate da alcuni vanno a cozzare con quelle di altri. La presenza del KREEP dovrebbe costituire, ad esempio, un elemento “marcatore” della storia geologica lunare, ma per altri studiosi è invece un fattore di difficile interpretazione. Dobbiamo stare poi attenti a non cadere nel laccio del generalizzare, in quanto i campioni di roccia lunare portati sulla Terra sono comunque frammenti locali e, al massimo, potrebbero raccontarci la storia geologica di quella specifica regione. Che speranze abbiamo di pervenire ad una teoria soddisfacente e coerente? Fig. 84. Missione Apollo 14 (Credits NASA) 78 “Il ritorno di Persefone” in un dipinto di Frederic Leighton del 1891 79 SESTA CONTROVERSIA IPOTESI SULLA FORMAZIONE DELLA LUNA Dopo aver approfondito le principali caratteristiche del nostro satellite, constatandone tra l’altro le similitudini e le diversità dalla Terra, ed aver preso in attento esame le quattro teorie più conosciute per spiegarne spiega origine e formazione, è finalmente giunto il momento di esporre una nostra ipotesi la quale cercherà, nel limite del possibile, di fare altrettanto. Ma, a prescindere da differenze o uguaglianze, è innegabile che la Luna svolge nei confronti della Terraa e dei suoi cicli vitali un ruolo determinante: si pensi agli effetti che la sua - se pur debole - attrazione gravitazionale esercita nei ne mari e in molte piante, oppure alla capacità di mantenere l’asse terrestre stabile nel corso del tempo. Tuttavia, la concezione che le antiche civiltà generalmente avevano della Luna costituisce una contraddizione priva di apparente senso logico: da un lato veniva adorata come parte di un pantheon di divinità celesti immutabili e, soprattutto, subordinate ad una Terra piatta, atta, poggiante su elefanti, tartarughe… e indiscusso centro dell’universo; dall’altro lato le si attribuivano caratteristiche terrestri quali mari e vegetazione, come se fossero reali o magari reminescenze di realtà più antiche. Fig. 86.. Il Sistema Tolemaico, nel quale la Luna occupava un posto di “divinità” subordinata al Mondo. La Luna è artificiale? Dal momento che la scienza “ufficiale” non ha ancora offerto risposte esaurienti sul perché la Luna esista, alcuni Ricercatori di varie nazionalità iniziarono già decenni or sono a proporre ipotesi ardite e stravaganti secondo le quali il nostro satellite sarebbe stato letteralmente 80 fabbricato nello spazio interplanetario e, successivamente, trainato verso la Terra. A tal proposito vi suggeriamo la lettura del libro “Strutture Artificiali Extraterrestri” del dr. Roberto Pinotti al capitolo 5, pag. 99: “LA LUNA: SATELLITE, STAZIONE O VEICOLO SPAZIALE?”. Ciò che potrebbe lasciar perplessi sono la logica e la coerenza di questa “folle” teoria. Ad esempio: 1) il problema della sua formazione è risolto in quanto la Luna sarebbe stata costruita da una civiltà super-tecnologica a partire da una sfera metallica arricchita poi da terreno roccioso. 2) Il suo volgerci la stessa faccia sarebbe nient’altro che una normalissima orbita di parcheggio, procedura ben applicata anche dall’uomo, grazie alla quale molti satelliti artificiali (comprese le navette con equipaggio) volgono anch’essi la stessa faccia alla Terra. 3) Le librazioni sarebbero dovute in parte a disomogeneità nella massa lunare che, dalle rilevazioni sismologiche avviate durante il Programma Spaziale Apollo fino ad oggi, indicherebbero forse la quasi assenza di un nucleo ferroso centrale. 4) I terremoti lunari infatti sembrano propagarsi nel vuoto, conducendo all’idea che la Luna sia cava (almeno in modo parziale). 5) Ci sono poi i cosiddetti TLP (Fenomeni Transitori Lunari) i quali sembrerebbero anch’essi intimamente collegati al nostro satellite, accrescendo il pensiero che potrebbero comprovarne ulteriormente la natura artificiale. Nel complesso è una teoria davvero affascinante, ma non per questo esente da gap che non stiamo ora ad elencare. Fig. 88 Fig. 87 Due fotogrammi della superficie lunare effettuati durante la missione Apollo 15. Credits NASA 81 La logica e l’economia. Mettiamoci nei panni di una presunta civiltà supertecnologica e, per quanto possibile, proviamo a ragionare con la loro mente. Cosa o come avremmo fatto per fabbricare una Luna? Immaginiamo questa ipotetica civiltà che decide di scendere su un pianeta (se non di più) per stabilirvi insediamenti industriali adibiti all’estrazione e lavorazione di metalli vari da utilizzare poi per la realizzazione di strutture portanti, in quantità enormi, ed inviarle successivamente nello spazio in modo da poter essere assemblate. Una volta terminata la sfera metallica, occorreva poi ricoprirla con uno spessissimo strato di terreno roccioso. Ma preso da dove e in che quantità? Infine, non va dimenticata la fase di trazione verso l’orbita a cui tale “luna” sarebbe stata destinata. Ci siamo fatti un’idea del costo in termini di tempo e risorse, senza contare la scarsa praticità che un lavoro simile avrebbe comportato? Una soluzione tremendamente poco economica e molto dispersiva. “Ah, ma questa civiltà probabilmente sapeva manipolare le leggi fisiche al punto da dominare persino la forza di gravità” penserà qualcuno. Giustissimo! Ed è proprio qui che casca l’asino. La logica dovrebbe in teoria essere il perno di qualsiasi civiltà intelligente, per cui la fattibilità di un progetto di tali proporzioni avrebbe potuto concretizzarsi attraverso la ricerca di soluzioni più “economiche” e rapide. Dopotutto la tecnologia costituisce spesso un riflesso del motto: “massima resa, minima spesa”. E anche vero, d’altronde, che nel mare di fantasie sul quale stiamo navigando tutto sia possibile, persino la costruzione di una “Morte Nera” o di una “Sfera di Dyson”. Va bene! Fig. 89. Rappresentazione di una sfera di Dyson che ingloba l’orbita terrestre. Info: www.wikipedia.it “sfera di Dyson” 82 Fig. 90.: La “Morte Nera” nell’Episodio V di Guerre Stellari , “L’impero colpisce ancora” Fig. 91. Il satellite di Saturno, Mimas con il suo caratteristico cratere centrale. Credits ESA Le quattro teorie? Tutte vere! Ma allora la Luna è artificiale o naturale? Mettiamola così: potrebbe essere sia naturale che artificiale. Certamente un’affermazione dal sapore antitetico; tuttavia basterebbe riconsiderare ancora una volta le quattro teorie tradizionali (la Fissione, la Cattura, l’Accrescimento e la Collisione-Fusione) per captare qualcosa di sconcertante. Se presumibilmente esse non sono completamente esaustive, dovrebbe allora essere vero l’opposto, cioè che siano tutte e quattro esatte nel descrivere, ciascuna singolarmente, uno specifico elemento formativo del nostro satellite. Perché? Semplice: la Luna potrebbe essere nata per fissione di materiale del mantello terrestre trasportato mediante un corridoio gravitazionale ad andamento ciclonico, catturato ed inviato verso una bolla di contenimento (possibilmente ricca di gas, per esempio He3) e fissato sopra la bolla stessa onde accrescere la struttura sferica della Luna. Ammesso che la Natura possa o non possa annoverare un qualche tipo di fenomeno capace di sottrarre materia da un corpo celeste per farne accrescere un altro, siamo nostro malgrado costretti a chiamare in causa una colossale 83 tecnologia che supererebbe di gran lunga persino le migliori argomentazioni fantascientifiche romanzate su Star Trek, Guerre Stellari o Stargate SG1; una scienza tanto progredita da permettere la fabbricazione, lo spostamento e la distruzione di pianeti interi, e basata sulla manipolazione delle quattro forze fondamentali (gravità, elettromagnetismo, interazione nucleare forte e debole). Una tecnologia i cui nefasti segni può darsi ci circondino tuttora, disseminati dappertutto, ma che noi oggi interpretiamo come “residui del Sistema Solare primitivo”. Fig. 92. Le quattro teorie tradizionali trovano una perfetta integrazione in un modello alternativo in cui la Luna nasce in modo artificiale pur essendo naturale. Relazione fra deriva dei continenti e formazione della Luna. La Geologia si occupa tra le altre cose di far luce sui meccanismi che provocarono la cosiddetta “deriva dei continenti” sul nostro pianeta. Per quel che ne sappiamo, fino a poco più di 200 milioni di anni fa sulla Terra esistevano un supercontinente (Pangea) e un superoceano (Panthalassa). Poiché le zolle continentali si muovono sopra il mantello liquido, la Pangea iniziò a frammentarsi lentamente dando origine a continenti minori e nuovi oceani; perciò quello che vediamo oggi ne rappresenterebbe lo stadio attuale. Le prove a favore della deriva dei continenti sono schiaccianti, ma le reali cause non sono ancora del tutto chiarite. Alcuni scienziati ritengono che la Pangea sia essa stessa il prodotto di un precedente processo di movimenti e unificazione di antichi continenti; altri (per lo più non scienziati) invece ritengono che la Terra, dopo la sua formazione, aveva un solo supercontinente ed un solo superoceano. Eppure c’è qualcosa di straordinario su cui soffermarci e riflettere. Osservando la figura 93 si può ben notare come la Pangea non abbia subito una vera e propria frammentazione aleatoria, 84 piuttosto una suddivisione in grandi blocchi a partire da un preciso e chiaro “Punto Zero”. Fig. 93. La deriva dei continenti in questa serie di immagini sequenziale. Per vedere la gif animata: www.wikipedia.it “Pangea”, “deriva dei continenti”. I nuovi continenti, infatti, non seguirono un andamento particolarmente casuale ma, semplicemente, si allargarono da quelle coordinate iniziali. A rendere il tutto ancor più intrigante si aggiungono i seguenti fattori: 1) la presenza del cratere Chixculub proprio, nel Golfo del Messico al largo della penisola dello Yukatan (21° parallelo nord); 2) la presenza del cratere Richat in Mauritania (sempre al 21°parallelo nord); 3) la Corrente del Golfo la cui origine è situata approssimativamente nel “Punto Zero”; 4) gli uragani la cui formazione, nella maggior parte dei casi, partirebbero sempre nei pressi del “Punto Zero”; 5) la grande sismicità del pianeta Terra e l’evidente instabilità della crosta terrestre; 6) le anomalie magnetiche gassose rilevate in molti grandi terremoti, 7) il famigerato (e/o fantomatico) “Triangolo delle Bermuda”. Dovremmo restare stupiti da simili considerazioni? No perché questa serie di coincidenze in realtà è ben conosciuta da molti ricercatori italiani ed esteri. Che relazione esisterebbe, dunque, tra la deriva dei continenti e la formazione del nostro satellite? Attualmente le congetture più di moda vertono sulla presunta origine da impatto per Il cratere Chixculub, datato intorno a 65 milioni di anni fa, causa fra l’altro dell’estinzione dei dinosauri ed altre specie animali. Richat invece è ritenuto di origine erosiva e non da impatto. 85 Fig. 94. Il cratere Richat situato in Mauritania, nell’Africa Occidentale. Credits NASA Fig. 95. I resti sepolti del cratere Chixculub, scoperti mediante rilevamenti satellitari. Credits NASA. 86 Al di là di datazioni e ipotesi scientifiche, quello che ci affascina sono le forme a spirale che si riescono ad intravedere nelle linee residue di Chixculub, estrapolate mediante modelli gravimetrici, e l’altrettanta chiarissima struttura a cerchi concentrici spiraliformi del cratere Richat. In tal caso, qualora un plausibile fenomeno di natura elettrica e gravitazionale fosse partito dal “Punto Zero”, separandosi poi in due fasci caratterizzati da potenziali differenti, potrebbe fornirci una base per la nostra ipotesi. Stiamo parlando, in linea teorica, di un “tunnel” ciclonico a due canali così intenso da perforare la crosta terrestre fino al mantello, tanto violento da produrre onde sismiche in grado di spezzare la Pangea e spingere con un’elevatissima intensità energetica le placche continentali in direzioni opposte fra loro, sollevando fronti di crosta per chilometri e generando catene montuose quali le Ande, gli Urali, il Caucaso, l’Himalaya, le Alpi, i Pirenei ecc.. Un devastante effetto a “pentola a pressione” fece inoltre rigonfiare tutta la crosta terrestre creando le estese dorsali che attraversano l’intero pianeta. L’ipotetico “tunnel gravitazionale” avrebbe dovuto essere bidirezionale: dapprima energia perforante, poi energia traente comunque dotata di un’elevatissima carica elettrica. Mediante questo sistema la Terra fu privata di 1/82 della propria massa a vantaggio del nuovo satellite. Fig. 96. La crosta terrestre conserva i segni causati dagli eventi che portarono all’estrusione di una piccola porzione di massa per la formazione della Luna 87 Fig. 97. Schema approssimativo che mostra la sottrazione dal mantello terrestre, la trazione ciclonica e la ricombinazione. Aspetti salienti dell’ipotesi. Questo modello potrebbe indicarci il perché la Luna mostri una certa differenza strutturale tra la faccia visibile e quella nascosta: essa sarebbe dovuta alla trazione bipolare del materiale terrestre indirizzato su due fronti di sedimentazione sopra la bolla di contenimento. Ci indica poi il perché della maggior parte dei crateri lunari: 1) impatti del materiale sulla superficie della neo-Luna; 2) fattori endogeni quali assestamenti e rimescolamenti di materiale aventi temperature diverse; 3) scariche elettriche ad alta energia. Il grande cratere situato al polo sud lunare (nella faccia nascosta) avente un diametro di oltre 2000 km ovviamente è difficile ritenerlo da impatto, questo perché un evento di tali proporzioni avrebbe prodotto come minimo effetti devastanti tra i quali la deviazione orbitale verso lo spazio esterno (se non verso la Terra!) oppure, addirittura, la frantumazione dell’intero neo-satellite. La nostra teoria potrebbe anche fornire indizi sul perché la Luna non possieda atmosfera, acqua o sostanze organiche: il materiale sottratto alla Terra non era della superficie ma del mantello e i gas (acqua compresa) eventualmente trascinati vennero ceduti in parte alo spazio a causa dell’alta velocità e della forte rotazione dei vortici gravitazionali. Semmai la piccola percentuale d’acqua presente sulla Luna dovrebbe essere comunque proveniente dal nostro pianeta. (Recenti scoperte indicano invece una certa presenza d’acqua sulla luna e persino di sostanze idratate simili a quelle terrestri. Così, anziché volgersi contro la nostra teoria, le scoperte sembrerebbe addirittura rafforzarla ulteriormente ed inaspettatamente). Ma che dire della rotazione terrestre? E’ plausibile ritenere possa aver subito qualche minima variazione? Non sarebbe da escludere; tuttavia, qualora la bolla di accrescimento fosse stata sistemata ad una distanza geosincrona la sua velocità orbitale avrebbe coinciso ovviamente con la rotazione della Terra. In altre parole, la Luna nacque volgendoci la stessa faccia quasi da subito, 88 adattandosi in modo graduale nella fase di assestamento orbitale fino all’attuale orbita definitiva. L’estrema sismicità e l’instabilità della crosta terrestre sarebbero quindi il risultato della sottrazione di una piccola percentuale del nostro mantello sottostante. Così, le anomalie cicloniche legate al clima anch’esse troverebbero una parte di spiegazione quale strascico di questo fenomeno sottrattivo. Quanto finora esposto potrebbe fornire un’indicazione del perché la Luna non sembri possedere un vero e proprio mantello caldo e tanto meno il nucleo ferroso: tutto il materiale sottratto alla Terra perse calore nella fase di trazione, giungendo a destinazione sotto forma di blocchi rocciosi di varia grandezza e temperatura. Anche i cosiddetti “mascons” troverebbero una plausibile spiegazione in quanto generatisi durante il trasporto del materiale terrestre. Stessa cosa dovrebbe valere anche per il regolite che ricopre molte aree della Luna e il cosiddetto “KREEP” scoperto sulla superficie lunare durante le missioni Apollo. Cosa ancor più interessante, la ragione per la quale il nostro satellite rimbomba a vuoto durante i terremoti registrati dai dispositivi di rilevamento potrebbe essere veramente dovuto al fatto che nel suo interno ci sarebbe il vuoto più assoluto! Un gigantesco guscio fatto di mantello terrestre e, al massimo, pieno di varie miscele di gas. I terremoti lunari, in funzione della loro ripetitività e regolarità, anziché indicare estese attività endogene potrebbero essere principalmente indotti dalla marea gravitazionale della Terra. Una domanda è più che legittima: cosa starebbe accadendo oggi sulla Luna? Se il nostro satellite fosse vuoto all’interno, allora l’effetto di torsione indotto dalla Terra, accentuato dal fatto che la Luna ci volge sempre la stessa faccia, starebbe sgretolando la crosta lunare dalla parte interiore in modo lento e costante. La densità della Luna sarebbe per questa ragione disomogenea e mutevole, percossa dai continui cambiamenti tra perigeo ed apogeo. La crosta lunare verrebbe sottoposta a effetti tali da fratturarla permettendo ai gas interni di emergere in superficie (outgassing). Inoltre, la torsione di marea potrebbe generare anche attriti fra differenti materiali della crosta lunare e provocare fenomeni elettrici di varia natura. Tutto questo costituirebbe forse una spiegazione per la maggior parte dei cosiddetti TLP. Le conclusioni. Bisogna ammettere che questa è una teoria piuttosto originale e un tantino “folle”. Essa stravolge letteralmente tutta la Storia Geologica terrestre, brucia le ipotesi finora proposte sull’origine della Luna e le riunifica in un modello a dir poco incredibile; definisce un modo di concepire il rapporto Terra-Luna inconsueto e paradossale; apre le porte per una visione alternativa sulla formazione stessa dei corpi planetari; risolve molti dilemmi, ma ne crea altri. E’ una Teoria grezza, non del tutto raffinata da inevitabili gap 89 Fig. 98. La Luna sarebbe in sostanza un guscio di mantello terrestre completamente vuoto al suo interno. Fig. 99. La forza di gravità dalla Terra sulla Luna eserciterebbe un effetto di torsione piuttosto rilevante Fig. 100. Questo schema mostra come la gravità terrestre provocherebbe una lenta “corrosione” della crosta inferiore sul nucleo vuoto, fratture interne e TLP. 90 concettuali e dovrà subire la prova del fuoco. Curiosamente, verso febbraio 2010, i ricercatori Rob de Meijer dell'Università del Western Cape e Wim van Westrenen della VU University di Amsterdam hanno presentato la teoria del “Georeattore Naturale” secondo cui la Luna sarebbe figlia della Terra formatasi da sottrazione di materiale del mantello ad opera di un enorme esplosione nucleare. Ci conforta vedere come, tutto sommato, la nostra teoria era già molto più avanti non solo cronologicamente ma, soprattutto, concettualmente. Sui fenomeni legati a Chixculub e Richat ci sono almeno due ipotesi alternative altrettanto affascinanti. La prima, del prof. Richard Hoagland, chiama in causa forze di natura multidimensionali. La seconda, del dr. Alessio Feltri (un caro Amico e specialista in Scienze Planetarie), chiama in causa un esteso fenomeno elettrico, probabilmente scaturito dal Sole e propagatosi sulla direttiva dell’eclittica attraverso lo spazio del sistema solare, il quale toccò tutti i pianeti. Sì, non v’è dubbio che entrambe potrebbero spiegare molte delle stranezze presenti nel sistema solare, ma non risolvono il problema di fondo: “chi, cosa e perché”. Per il momento lasciamo in sospeso queste domande alle quali certamente se ne aggiungerebbero molte altre. Abbiamo proposto una teoria che ci mostra come da un imponente fenomeno elettrico/gravitazionale di probabile matrice intelligente la nostra Luna sia venuta all’esistenza, proprio dalle stesse viscere della Terra. Speriamo che l’uomo, quando deciderà di rimetterci piede, non commetterà l’errore di far esplodere cariche nucleari nel sottosuolo. Sarebbe un grave e dolorosissimo passo falso dalle conseguenze imprevedibili. Fig. 101. Attività extraveicolare durante la missione Apollo 11. (Credits NASA) 91 SETTIMA CONTROVERSIA FANTOMATICI PIANETI EXTRASOLARI Sebbene la maggioranza di noi vive nella propria anonima quotidianità, chi non rimarrebbe comunque elettrizzato apprendendo dell’esistenza di un pianeta gemello della Terra? Pensiamoci bene: un pianeta uguale al nostro potrebbe assumere molteplici significati sia in termini di ipotetica vita locale, sia di plausibile vita intelligente che di abitabilità da parte dell’uomo. Ma cosa si nasconde realmente dietro il clamore e gli entusiasmi sollevati in questi ultimi anni da scienziati ed organi d’informazione? In questo capitolo prenderemo in esame l’affascinante tema dei pianeti extrasolari e cercheremo di comprendere fino a che punto le notizie diramate sono verosimili. Fig. 102. (1) Galileo Galilei (2) Johannes Kepler (3) Isaac Newton (4) Nicolò Copernico (5) Un telescopio del XIX secolo conservato a Madrid presso il Teodolito Museo Geominero Nel XVIII secolo la vecchia concezione geostatica del Mondo era ormai tramontata da oltre un secolo, merito di personaggi quali Nicolò Copernico, Johannes Kepler e Galileo Galilei. Qualcosa di innovativo stava invece prendendo forma: la teoria secondo cui il sistema solare ebbe origine dal collasso di una nube di polveri e gas. A dare man forte a questa concezione contribuì lo stesso Isaac Newton, un uomo straordinario per l’epoca in cui visse. 92 Fintantoché il concetto di “Terra centro dell’Universo” dominava non avrebbe avuto alcun senso pensare a possibili pianeti orbitanti attorno ad altre stelle. L’eliocentrismo, invece, introdusse una visione totalmente opposta alla precedente; di conseguenza ad un sistema solare nato da materia collassata ne potevano seguire un numero virtualmente infinito di altri. Semplice e logico. Negli scorsi trecento anni l’esistenza di pianeti extrasolari è sempre stata contemplata dagli astronomi, tant’è vero che non appena i telescopi “professionali” iniziarono ad offrire immagini di una certa qualità si intrapresero dei tentativi concreti per individuare probabili stelle candidate a possedere pianeti. Stiamo parlando del XIX secolo inoltrato, periodo in cui fu inventato il primo rudimentale spettrografo e si scattavano le prime foto. La ricerca proseguì durante il XX secolo tra conflitti d’ogni genere e cambiamenti di pensiero scientifico fino ad arrivare al 1963. Che accadde quell’anno? Pianeti, pianeti e pianeti! Chi è veramente appassionato dello Spazio e dei suoi misteri probabilmente si sarà accorto che da diversi anni a questa parte continuano a spuntare fantomatici pianeti “sosia”, “gemelli”, simili e/o uguali alla Terra orbitanti attorno ad altre stelle. Notizie clamorose le quali faranno il solito giro del mondo, rimbalzando da un’Agenzia Stampa all’altra, per essere date in pasto al Pubblico. Che poi la gente ci crederà o meno può essere relativo ma, inevitabilmente, qualcuno berrà il tutto come “scienza”. In fin dei conti, forse è meglio sentire ogni tanto “innocue” fantanotizie piuttosto che le tristi e insopportabili pagine di cronaca quotidianamente sbattute in faccia durante quelle poche e sospirate ore di relax. Fig. 103. Rappresentazione artistica di sistema solare in formazione. 93 C’è però un limite, superato il quale si rischia di cadere nella poca serietà se non addirittura nella pseudoscienza, cioè l’indurci a credere cose, magari non necessariamente impossibili, ma al momento non verificabili e molto difficilmente dimostrabili. Dunque, ci eravamo fermati all’anno 1963. Cosa accadde di così interessante per la cosiddetta xeno-planetologia? La stella di Barnard. Quell’anno l’astronomo Peter Van De Kamp si accorse che esisteva una perturbazione nel moto del piccolo astro, la quale venne ritenuta come evidenza di possibili 3 pianeti della massa di Giove. Per ben 20 anni questa suggestiva ipotesi tenne banco e la stella di Barnard fu considerata un possibile sistema planetario oltretutto a noi vicino, distando appena 6 anni luce dalla Terra. Sfortunatamente (o fortunatamente?), nuove misurazioni effettuate in pieni anni 80 del secolo scorso costrinsero gli astronomi a ridimensionare l’intera questione e chiudere praticamente in soffitta le tesi di Van De Kamp. Fig. 104. L’ipotetico sistema solare della stella di Barnard e posizione della stella nel 2006 Sul caso della stella di Barnard vogliamo però puntualizzare un ulteriore aspetto che probabilmente spinse gli scienziati a recalcitrare l’ipotesi dei possibili pianeti. Primo: la stella di Barnard è una nana rossa di classe spettrale M4. Secondo: questo tipo di stelle sono spesso soggette ad essere variabili. Terzo: affinché un ipotetico pianeta simile alla Terra possa avere acqua liquida (e condizioni adatte alla vita) dovrebbe trovarsi non oltre i 12 milioni di km di distanza impiegando poco meno di 20 giorni per compiervi un’orbita intera. Ne conseguirà che, a causa della forza di marea esercitata dalla stella, il pianeta probabilmente finirà per volgergli sempre la stessa faccia, senza contare poi gli effetti dovuti alla mancanza di luce bianca. L’astronomo Van De Kamp però non pretese che si trattasse per forza di pianeti di taglia terrestre. Tali fantasie si svilupparono nel corso degli anni ad opera di altri. Ciò nonostante è vero: la stella di Barnard (al pari delle nane rosse in 94 generale) non rappresenta un ambiente molto adatto ad avere pianeti. Eppure, la predilezione umana a far voltagabbana pur di averla vinta non conosce limiti. Vediamo perché. Il sistema di Gliese 581. Il recente caso di Gliese 581 è a dir poco paradossale, non tanto per la possibile scoperta in sé molto interessante, ma perché contraddice in piena regola la sentenza “scientifica” della stella di Barnard. Anche Gliese 581, tanto per intenderci, è una nana rossa, ma i Ricercatori dell’ESO (European South Observatory) sono tuttora convinti che attorno a questa stella c’è un sistema solare formato da pianeti rocciosi. In particolare uno di questi corrisponderebbe a 5 masse terrestri, avrebbe un diametro di circa 20 mila km, orbiterebbe a circa 10 milioni di km dalla stella e in superficie le temperature varierebbero tra 0°C e 40°C. Fig. 105. Rappresentazione artistica del sistema di GLIESE 581 Fig. 106. Confronto fra la Terra ed il presunto pianeta “gemello” di GLIESE 581 E’ palese che un neofita dell’astronomia farebbe i salti di gioia dinnanzi ad una scoperta di questa portata. Infatti la notizia del presunto pianeta era stata etichettata come “Il primo pianeta abitabile individuato al di fuori del nostro Sistema Solare” e “Pianeta uguale alla Terra”. Sembra che i fatidici effetti di 95 marea siano passati di colpo in sottofondo, oltre alla miracolosa (quanto altamente improbabile) presenza di acqua liquida e condizioni idonee alla vita prospettate dagli scopritori. Ma dove sarà andato a finire il famoso e osannato pragmatismo scientifico? Semmai un giorno metteremo piede su quel pianeta dovremo prima appellarci al mitico Capitan Futuro, inventore delle “tute gravitazionali”, in virtù del fatto che il povero astronauta peserà un bel po’ di chili in più non appena toccherà terra. Torniamo un attimo alla stella Gliese 581. Abbiamo detto trattasi di nana rossa, piccola, fredda e, per coerenza tecnica, relativamente instabile. Stando ai canoni classici dell’astrofisica e dell’astrochimica in effetti le nane rosse sarebbero stelle dalle contenute dimensioni, poco luminose e aventi temperature superficiali piuttosto basse (circa 3000°K). In rarissimi casi alcuni di questi oggetti potrebbero essere anche “stelle mancate” e quindi in fase di lento spegnimento. Pertanto, qualora la maggior parte delle nane rosse fossero ministelle è probabile che i loro pianeti prima o poi si perderanno nello spazio interstellare a motivo della ridotta forza gravitazionale di tali astri, specie se orbitanti a distanze elevate. Infine, c’è effettivamente da chiedersi quali prospettive di vita avrebbero da offrire simili sistemi planetari. Cosmologia e pianeti extrasolari. Chiunque fosse interessato alla xenoplanetologia e gradirebbe tenersi al passo con le nuove scoperte, suggeriamo di consultare l’Indice dei Cataloghi Candidati Pianeti Extrasolari a questo indirizzo web: http://exoplanet.eu/catalog.php ed il Catalogo dei Candidati Pianeti Extrasolari a quest’altro indirizzo web: http://exoplanet.eu/catalogall.php. E’ un archivio molto bello e ricco di dati tecnici. Ultimamente si è riusciti ad individuare molecole di acqua e idrocarburi in alcuni esopianeti, il che potrà risultare utile per comprendere meglio la natura di questi corpi, anche se le ipotesi di vita locale sono, ora come ora, illazioni allo stato puro. Ciò che lascia perplessi comunque è il prevalere dei pianeti gassosi sulla totalità di quelli finora scoperti. Peggio ancora è il fatto che molti di questi sembrano orbitare a distanze brevissime dalla stella madre. In funzione dei modelli generalmente accettati dalla Comunità Scientifica sulla formazione dei sistemi solari, i pianeti gassosi non potrebbero sussistere a lungo orbitando a brevissime distanze dalla propria stella per almeno tre ragioni: 1) i gas in genere vengono, in primis, spazzati via dal vento solare in direzione dello spazio più profondo; 2) le temperature così elevate renderebbero un pianeta gassoso estremamente instabile; 3) la stessa forza di Coriolis, sommata all’elevatissima velocità orbitale, deformerebbe il pianeta al punto di ridurlo prima o poi ad un anello gassoso attorno alla stella, per poi venire in un modo o nell’altro spazzato via, 96 se non addirittura risucchiato dalla stella. Quanto serviranno le varie ipotesi esplicative, come quella dei “Giovi Satellitari” o dei venti planetari che soffierebbero a oltre 10.000 km/h mitigando gli eccessi di calore, è difficile a stabilirsi. D’altro canto, se il sistema di Gliese 581 fosse davvero costituito da pianeti rocciosi di cui uno, guarda caso, orbitante alla giusta distanza come la Terra rispetto al Sole, dovremmo cominciare a riconsiderare seriamente molte teorie astronomiche oggi ben consolidate (in primis, proprio quelle sulla formazione delle stelle e dei sistemi planetari). Evidentemente abbiamo ancora tanta strada da percorrere magari anche da un punto di vista ideologico (l’Universo frutto del Caso o di una Mente Intelligente?). Fig. 107. Rappresentazioni artistiche di alcuni possibili pianeti extrasolari scoperti negli ultimi anni. A parte le poche informazioni tecniche essenziali, di tutti questi mondi non sappiamo praticamente nulla. I “fantomatici pianeti”. Ed ora godiamoci un piccolo riassunto di come alcune recenti “scoperte” siano state letteralmente gonfiate oltre ogni senso logico. (1) Attorno alla giovane stella HD 113766 è stato individuato qualcosa di simile a un disco di accrescimento nel quale sembra esistere un nucleo “solido” definito “pianeta simile alla Terra in formazione”. (2) In un sistema distante 5 mila anni luce formato da una stella grande la metà del Sole, più fredda e meno luminosa, sono stati individuati due presunti corpi planetari gassosi delle dimensioni inferiori a quelle di Giove e Saturno. Tale sistema è stato etichettato 97 come “versione ridotta del nostro sistema solare”. Certo! Molto ridotta… (3) Attorno a 55 Cancri F orbiterebbe un pianeta dalle condizioni “simili” alle nostre (definito per l’esattezza “un’altra Terra”), nel quale potrebbe esserci la vita. Qualcuno ha persino speculato su presunte lune dotate di condizioni adatte alla vita! Di questo sistema in realtà non si sa quasi nulla a parte pochi dati essenziali. Che altro aggiungere? (4) Infine una speciale menzione la dobbiamo al caso del “pianeta sosia della Terra” in Alpha Centauri. Sulla possibilità che questo sistema (formato da tre stelle) possegga pianeti di tipo terrestre ci sono da sempre pareri contrastanti. Tuttavia recentemente sarebbe stato scoperto un pianeta “sosia” della Terra attorno ad Alpha Centauri B. Ma cosa s’intende con il termine “sosia”? Il sosia è sostanzialmente una persona che assomiglia in modo impressionante ad un’altra. Sicché, per estensione, si può affermare la stessa cosa in riferimento ad oggetti, schemi, modelli ecc. purché ricalchino egualmente l’originale. La scoperta di questo pianeta “sosia” non è stata comunque il frutto di accurate osservazioni telescopiche (magari!), bensì di simulazioni al computer. Più o meno come scoprire il Santo Graal giocando al videogame di Indiana Jones! Nessuno ha infatti mai visto un bel niente. Ma è possibile che finora non ci siamo presi la briga di puntare i satelliti astronomici su Alpha Centauri per tentare di carpire qualche informazione pertinente? Troppo vicina? Fig. 108. La costellazione del Centauro. Incredibile ma vero! Anche il nostro sistema solare di quando in quando diventa un “Transformer”, a seconda delle mode del momento o forse per necessità degli Enti Spaziali di ottenere finanziamenti governativi. Tra gli ultimi aggiornamenti (fine 2007 ed inizi 2008) possiamo annoverare le centinaia, se 98 non migliaia, di pianeti adatti alla vita spuntati dal nulla! Citiamo testualmente le parole di Alan Stern della NASA: “La vecchia visione del Sistema Solare con nove pianeti (nove? n.d.a.) potrebbe cambiare ed essere soppiantata da una nuova che ha centinaia di pianeti, se non migliaia all’interno del nostro Sistema Solare. Molti potrebbero essere mondi ghiacciati, altri rocciosi e altri ancora potrebbero avere la stessa massa della Terra. Anche nella Nube di Oort potrebbero esserci oggetti che hanno la stessa massa del nostro pianeta, ma sarebbero pianeti congelati”. Di per se il ragionamento non è strettamente errato. Tuttavia si tratta comunque di un’affermazione sorprendente se pensiamo che dopo il recente declassamento di Plutone (straordinario esempio di sistema geosincrono) a “pianeta nano” saltino fuori queste “novità”. Senza contare che, per correttezza, la Nube di Oort è tuttora un’ipotesi e non ci sono prove certe della sua esistenza (ma non è certo questo il problema). Eppure, di colpo sono spuntati tantissimi fantomatici pianeti adatti alla vita dappertutto e con tanto di etichettature “simili alla Terra”, “piccole Terre congelate”, “gemelli”, “uguali” ecc. ecc. Non è un miracolo? Evidentemente risulta piuttosto facile dire tutto ed il contrario di tutto. Perché no? Trattandosi di stelle e pianeti relativamente lontani, chissà quando riusciremo a raggiungerli per vederci chiaro. Ma, si sa, l’uomo è un sognatore immaginifico per antonomasia. 99 Fig. 109. Diagramma HR. (credits Richard Powell) 100 APPENDICE 4 LE CLASSI SPETTRALI ED I SISTEMI PLANETARI Nelle Università Americane si recitava una simpatica frase: “Oh, Be, A Fine Girl. Kiss Me” come ausilio per ricordare le fondamentali 10 classi spettrali delle stelle. Nel corso dei decenni tale classificazione è stata ampliata con l’inserimento di ulteriori gruppi tra i quali la L, la T e le S, R, N. Ovviamente queste ultime si riferiscono a stelle ancor più fredde e meno brillanti delle già piccole nane rosse di classe M (come ad esempio le nane brune). brune) Il nostro Sole è di classe spettrale G2v, situato approssimativamente nell’area centrale della sequenza principale. Gliese 581 e la stella di Barnard sono invece stelle di classe spettrale M; quindi fredde, poco luminose e ricche di elementi pesanti. Ammettendo tendo che una stella, la cui evoluzione si svolga entro la sequenza principale (vedi il diagramma HR), dovrebbe raggiungere la fase di gigante rossa quando le riserve di idrogeno (trasformatosi tutto in elio) si esauriranno. In questa nuova fase verrà sintetizzato etizzato il carbonio dall’elio, ma si verificherà pure un’espansione dell’astro tale da poter inghiottire e distruggere qualsiasi ipotetico pianeta orbitante entro un raggio equivalente alla distanza di Marte dal Sole. Al termine dello stadio di gigante rossa ssa la stella collasserà riducendosi infine a “stella degenere” (nana bianca). In altre circostanze, qualora la massa dell’astro fosse superiore a quella del nostro sole, si avranno maggiori probabilità che la sua fine sopraggiunga in modo violento dando origine rigine ad esplosioni catastrofiche (nova e supernova) collassando poi in stella di neutroni (pulsar) o in buco nero. Poiché la maggior parte delle nane rosse sarebbero vere e proprie mini-stelle stelle c’è realmente da chiedersi come sia possibile che un sistema solare analogo a quello di Gliese 581, avente un pianeta posto presumibilmente alla distanza giusta per ospitare eventuali forme di vita, possa esistere. Non è forse arrivato il momento di rimettere in 101 discussione tutte le nostre idee e teorie sulle quali abbiamo costruito l’intero impianto cosmologico? Ultimamente, infatti, la nostra conoscenza intorno alle nane brune è aumentata in modo considerevole. Probabilmente si tratta di “stelle mancate” destinate ad un inesorabile raffreddamento, qualcosa di intermedio tra una stella ed un pianeta gassoso. Tuttavia, alcune recenti osservazioni starebbero fomentando un certo dibattito, poiché alcune di queste nane brune sembrano brillare troppo considerate le ridottissime dimensioni. _________________________________________________ APPENDICE 5 ALLA RICERCA DEI PIANETI EXTRASOLARI CON LA SONDA NASA KEPLERO Dopo un’attesa di oltre 13 anni, finalmente un telescopio spaziale dedicato specificamente alla ricerca di pianeti extrasolari ha iniziato la sua missione nel mese di marzo 2009. La novità interessante per questo strumento è la scelta dell’orbita intorno al sole anziché alla nostra cara vecchia Terra. Poiché le tecniche finora impiegate con i telescopi terrestri erano tutte, in un modo o nell’altro, soggette alle interferenze prodotte dall’atmosfera, nello spazio interplanetario sarà invece possibile raccogliere la debolissima luce di questi ipotetici pianeti in modo diretto e senza distorsioni. I metodi di individuazione messi a punto dagli astronomi nel corso di questi decenni si dividono fondamentalmente in due categorie: variazioni della posizione della stella centrale provocate dalla gravità del presunto pianeta oppure variazioni di luminosità della stella quando il presunto pianeta attraversa il suo disco apparente. Il Satellite NASA Keplero monta uno specchio di 1,7 metri di diametro e dispone anche di un sistema digitale a 95 milioni di pixel in grado di registrate l’immagine di qualsiasi oggetto su cui il telescopio verrà puntato. Come primo target Keplero sarà impiegato per scrutare un settore di spazio ampio circa dieci gradi nella costellazione del Cigno per un totale di tre anni e mezzo. L’obiettivo è quello di riuscire a controllare centomila stelle rilevando le possibili attenuazioni di luminosità prodotte dal transito di eventuali pianeti. Proprio nella zona designata ci sono già quattro dei 340 probabili corpi planetari finora individuati, pertanto i sistemi ottici e digitali di Keplero avranno una eccellente possibilità di essere calibrati attraverso l’osservazione di questi oggetti. 102 Più che mai controverse sono le opinioni su questa – comunque – splendida nuova stazione spaziale astronomica. Se da una parte le aspettative non sembrano più rosee di quanto l’osservazione a Terra abbia finora offerto, di parere nettamente favorevole sono invece gli addetti della missione scientifica, tra i quali lo stesso dr. Alan Boss della Cornell University il quale ha espresso apertamente il suo ottimismo al riguardo: “Fra quattro anni potremo contare molte nuove Terre. Rimarrà tuttavia da scoprire se queste sarebbero anche in grado di ospitare la vita”. La ricerca e l’individuazione di nuovi corpi planetari richiederà infatti accurate verifiche anche da Terra per raccogliere ulteriori conferme. Ed è questo un modo di ragionare saggio oltre che prudente. Ad ogni modo, Keplero possiede caratteristiche tali da consentire di scendere nella taglia di pianeti simili nelle dimensioni al nostro pianeta. L’esplorazione di Keplero costituirà certamente un significativo passo avanti nella xeno-planetologia. Dovremo comunque aspettarci sia ulteriori controversie che le solite fantanotizie da parte dei Mass Media. Il telescopio spaziale Keplero (credits NASA) www.torinoscienza.it 103 Il vettore con a bordo la sonda-telecopio Keplero (Credits NASA) 104 Fig. 111. Cosmogonia dell’origine della Via Lattea in un dipinto di Jacopo Tintoretto 105 OTTAVA CONTROVERSIA UNIVERSO, SPAZIO-TEMPO ED EXTRADIMENSIONI A chi non è mai capitato di volgere lo sguardo al cielo in una notte limpida e serena? Da tempi immemorabili l’uomo si interroga in merito all’origine dell’Universo, cercando risposte esaustive che soddisfino le famose quattro domande: “Chi? Come? Quando? Perché?” A tal proposito è rilevante notare la netta differenziazione verificatasi tra le antiche cosmogonie e la moderna cosmologia. Nonostante vi sia sempre stato un tentativo di quantificare in termini umani la nascita e l’esistenza dell’Universo, anticamente era più agevole partire dal “chi”. Oggi invece la Scienza preferisce evitare di immischiarsi nelle questioni mistico-religiose. Eppure il confine è davvero sottilissimo! Dibattiti e contrapposizioni. Riguardo l’origine e l’evoluzione dell’Universo abbiamo a disposizione tantissime opinioni e, per quanto possano risultare gradite a taluni e sgradite ad altri, esse tutte fanno parte del nostro bagaglio culturale. Se però volessimo sottoporle alla prova dello “spremiagrumi”, riducendole in sostanza al succo, probabilmente arriveremo a due sole conclusioni fondamentali: 1) L’Universo è una “macchina intelligente” ed ha avuto un Creatore. 2) L’Universo è una struttura che esiste in virtù di eventi casuali e non ha avuto alcun Creatore. Inoltre, i vari tentativi di pervenire a soluzioni “ibride” porteranno inevitabilmente o da una parte o dall’altra. Non è, quindi, nostro compito stare a dibattere sulle ragioni degli uni contro quelle degli altri anche perché, trattandosi di un altro argomento più che mai controverso, si rischierebbe di entrare dentro un vortice ideologico senza fine. Seguiremo invece un percorso alternativo che probabilmente non sarà condiviso da tutti i Lettori, ma che ci darà modo di riflettere su quanto il nostro Universo sia straordinariamente efficiente e – piaccia o meno - “intelligente”. Il punto della situazione. Nel XX secolo la contesa sull’origine dell’Universo ha avuto principalmente due teorie antagoniste: quella dello Stato Stazionario, proposta nel 1948 da Fred Hoyle, e quella del Big Bang 106 (nella sua formulazione originale). La teoria del Big Bang comunque partì avvantaggiata soprattutto grazie alle già ben avviate e collaudate osservazioni telescopiche (con l’utilizzo dei primi spettrografi) ed avvalorata poi nel 1929 da Edwin Hubble in virtù della scoperta del “red shift”. Fig. 112. Ammasso di galassie (credits NASA/JPL) Fig. 113. Claudio Tolomeo e la sua visione del Cosmo raffrontata al profondo universo fotografato dal Telescopio Spaziale Hubble Fig. 114. Il Nel redshift le linee spettrali tendono a spostarsi verso il rosso, indicando che l’oggetto osservato sembra in apparente allontanamento. Lo Stato Stazionario presuppone un Universo senza principio e senza fine: anche espandendosi verrebbe creata di continuo della nuova materia che lo manterrà eternamente stabile e costante. Il Big Bang invece presuppone che 107 l’Universo abbia avuto un principio (circa 13,7 miliardi di anni fa stando alle ultime rilevazioni WMAP); tuttavia lascia il campo aperto per quel che concerne il suo futuro e la sua possibile fine. Tra l’altro, oggi si pensa che l’orizzonte osservabile non corrisponda esattamente alle dimensioni effettive dell’Universo, stimate intorno a 50 - 100 miliardi di anni-luce. Naturalmente la Teoria del Big Bang non avrebbe mai potuto spiegare e risolvere da sé alcune “anomalie” scaturite dalle osservazioni visive. Oltretutto la scoperta della Radiazione di Fondo (un emissione di onde elettromagnetiche costanti ed omogenee a 3 gradi Kelvin) avvenuta nel 1963 e la più recente scoperta dell’accelerazione dell’espansione hanno creato un mix di entusiasmo e grande perplessità tra gli scienziati. Fig. 11 5. Da sinistra: Edwin Hubble, Albert Einstein, Werner Heisenberg, Marx Plank Fred Hoyle, Fortunatamente il XX secolo vide anche il fiorire della Fisica delle Particelle con i suoi acceleratori lineari ed il contributo intellettuale di numerose menti brillanti e geniali. Grazie a ciò si comprese da subito che la conoscenza dei primi istanti dell’Universo avrebbe richiesto un approccio non solo basato sull’osservazione del Macrocosmo, ma (e soprattutto) sull’esplorazione del Microcosmo. Vediamo alcuni contributi pratici della Fisica Teorica applicata all’Astronomia: 1) Si comprese che la velocità della luce rappresenta un limite invalicabile per la materia ordinaria. 2) La Relatività di Einstein. Essa presuppone uno spazio-tempo legati, ma alterabili dalla forza di gravità; pertanto, a seconda del sistema di riferimento adottato, lo spazio ed il tempo possono apparire diversi fino 108 3) 4) 5) 6) alla curvatura estrema, con tempo = 0 (o infinito, a seconda della prospettiva). Le leggi della termodinamica (non strettamente legate alla Fisica Teorica, ma preziose in cosmologia) permisero di stabilire che l’Universo, se fosse veramente in costante espansione, morirebbe di freddo e tenderebbe al caos (entropia). Il principio di indeterminazione di Heisenberg e la meccanica quantistica aprirono le porte ad una nuova concezione dell’Universo basata sulle probabilità. In sostanza l’Universo avrebbe potuto nascere o non nascere, oppure evolversi in un modo o in un altro; le leggi fisiche costituirebbero dei pilastri base dove tutto, al loro interno, non sarebbe totalmente prevedibile, ma in balia della casualità. La Teoria delle Stringhe. Essa è conosciuta ormai da parecchi anni come approccio alternativo per la comprensione della natura di spazio, tempo, materia ed energia. Questa curiosa teoria sostiene che in realtà tutto l’Universo (compresi lo spazio ed il tempo) sarebbe costituito, nell’essenza, da “stringhe” o “brane” vibranti su circa 11 dimensioni (versione a supersimmetrie) o 26 dimensioni (versione bosonica). In pratica la realtà nella quale viviamo potrebbe essere solo la frazione di qualcosa di smisurato, formato da infiniti universi aventi ciascuno le proprie leggi fisiche. La Teoria Inflativa. Proposta come “soluzione” per colmare le incongruenze della Teoria del Big Bang standard, essa consentì (entro certi limiti) di inquadrare in modo coerente sia la radiazione di fondo che l’apparente accelerazione dell’espansione delle galassie. Alla Teoria Inflativa furono successivamente affiancate sia l’Energia Oscura in qualità di componente antigravitazionale, responsabile principalmente dell’accelerazione nell’espansione dell’Universo, che la Materia Oscura, quale costituente fondamentale dei buchi neri nei nuclei galattici. Ciò che oggi gli scienziati possono “vantare” è di aver praticamente eliminato la necessità di un Creatore dalla formazione dell’Universo. Le versioni più recenti delle teorie quantistiche presupporrebbero infatti che l’Universo sia emerso letteralmente dal nulla per cui, considerato che lo spazio ed il tempo comparvero in quell’istante, non avrebbe senso domandarsi cosa ci fosse stato prima. Viene allora spontaneo chiedersi cosa sia il “Nulla”. 109 Cos’è il Vuoto e cos’è il Nulla. Attualmente, grazie a potenti sistemi di pompaggio, è possibile ottenere condizioni di vuoto vicinissime a pressione = 0 hPa (etto-Pascal), ma il vuoto assoluto non è stato ancora raggiunto. Nello spazio intergalattico esiste solo qualche molecola per metro cubo. D’altra parte, il vuoto quantistico presuppone una condizione di perfetto equilibrio termodinamico tra vuoto e particelle elementari; tuttavia, poiché nel nostro Universo il vuoto perfetto, abbiamo detto, non esiste, c’è sempre la possibilità che particelle cosiddette “virtuali” compaiano e scompaiano in continuazione, specialmente in quelle regioni dove avvengono fenomeni particolari (ad esempio vicino ai buchi neri). Il Nulla, invece, è quasi inconcepibile a livello mentale; se nonché un piccolo esercizio di immaginazione visiva potrebbe aiutarci. Proviamo allora a focalizzare uno spazio vuoto di forma cubica con ben marcati tutti i 6 lati a,b,c,d,e,f (figura 116); adesso facciamo scorrere il nostro cubo su una linea avente il verso rivolto alla nostra destra t1→. Ora, pezzo per pezzo, iniziamo a smembrare il cubo seguendo una precisa logica: prima l’altezza; poi la lunghezza; infine la profondità. Eccolo qui il Nulla, o quasi. Esiste ancora il vettore t1→ che rappresenta il tempo. Togliamo anche quest’ultimo ed avremo finalmente ottenuto il Nulla! Dal momento che lo spazio tridimensionale esiste in virtù del tempo lineare, il Nulla potremmo definirlo (per noi) come “assenza dello Spazio e del Tempo”. Quindi, anche lo spazio-tempo in effetti è un qualcosa che, diciamo, ha una sua consistenza (si pensi all’energia del vuoto). Fig. 116. Il cubo potremmo definirlo anche “ripiegatura di uno spazio aperto bidimensionale”. Il vettore t1→ rappresenta lo scorrimento unidirezionale del tempo. Straordinario è il fatto che nelle Teoria Inflativa le particelle virtuali si fanno beffe persino del Nulla, apparendo e scomparendo continuamente, tant’è vero che esse sarebbero i mattoni stessi dell’Universo. Però, nello spazio ordinario le particelle virtuali riescono comunque ad apparire e scomparire liberamente, 110 mentre prima del Big Bang ciò non era consentito. Pertanto la conclusione dovrebbe essere ovvia: in mancanza di spazio e tempo l’unica soluzione plausibile sarebbe stata la comparsa e scomparsa in un solo punto di spazio e tempo delle suddette particelle virtuali, per cui esse avrebbero trovato un solo passaggio verso l’esistenza definitiva, sommandosi l’una sull’altra fino al raggiungimento della soglia critica di densità = infinito. Una babele cosmologica. Nessuno è in grado di affermare con sicurezza come e quando l’Universo abbia fatto la sua comparsa; tolte alcune evidenze tutto il resto è parte della pura speculazione più o meno scientifica. Non si sa bene fino a che punto l’Universo inflativo rimase connesso e quando iniziò a diversificarsi così da generare le disomogeneità necessarie alla formazione degli elementi conosciuti, di stelle e galassie. Tuttavia, in una cosmologia basata sulla meccanica quantistica e l’indeterminazione, tale dato potrebbe non essere poi così rilevante in quanto rappresentativo solo di un insieme di probabilità contro altre (attenzione: in realtà ha importanza). Sostanzialmente l’Universo avrebbe potuto semplicemente collassare da subito o strapparsi. Invece è accaduta la cosa più straordinaria: la giusta taratura delle quattro forze fondamentali (gravità, elettromagnetismo, interazione nucleare forte e interazione nucleare debole). Non esiste ancora una spiegazione definitiva a quanto appena descritto! Fig. 117. Il nostro Universo racchiude un incredibile mix di ordine e gioco delle probabilità. Altro acceso dibattito della cosmologia riguarda la presenza ed influenza dei buchi neri. Poiché si suppone siano veri e propri mostri gravitazionali capaci di risucchiare qualsiasi cosa, si ritiene che tali oggetti (prodotto di morte stellare o nati agli albori dell’Universo quali motori delle galassie) possano collegarci con altri universi paralleli. Come sostiene il celebre scienziato 111 inglese Stephen Hawking, la materia cadendo nella “singolarità” ripercorrerà il tempo a ritroso fino ad annullarsi, divenendo essa stessa la base di nuovi ipotetici Big Bang. Tale pensiero farebbe dunque supporre che il nostro stesso Universo sia nato grazie ad uno di questi passaggi di particelle elementari provenienti da chissà dove, senza poi tralasciare un’ulteriore peculiarità dei buchi neri: i “wormhole”, tipicamente delle “scorciatoie” tra differenti regioni del medesimo universo (ponte di Einstein-Rosen). Quanto finora detto lascia interdetti perché già non si riesce a capire se l’Universo è realmente nato dal nulla oppure come “regalo” di altri universi; di conseguenza, accettando come plausibile il labile equilibrio dato dalla costante di Hubble, viene ancor più difficile stabilirne l’evoluzione futura e la fine. Difatti, anche su questo fronte di ricerca piovono ipotesi da ogni dove; le più conosciute vertono su ulteriori contrapposizioni tra un probabile Big Crunch (collasso), un possibile Big Rip (strappo) e chissà che altro. Fig. 118. Uno dei più accesi e affascinanti dibattiti cosmologici verte sulla natura dei buchi neri e sulla loro capacità di alterare lo spazio-tempo, divenendo scorciatoie oppure fine di tutto. 112 Fig. 119. Secondo alcune varianti delle moderne teorie quantistiche vi sarebbero uguali probabilità che nuovi universi nascano quando la materia raggiunge la fine del tempo rispetto ad altri che non riusciranno a formarsi. A caccia di altre soluzioni. Con il massimo rispetto verso i cosmologi ed il loro prezioso lavoro, potremmo tentare un percorso alternativo nel vero senso della parola. Supponiamo che il nostro Universo fosse nato da un “Nulla Relativo” non attraverso il Big Bang inflativo, ma aprendosi a spirale e possedendo già le leggi fisiche adatte alla formazione di stelle e galassie. In questo contesto sia l’idea del cosiddetto “buco bianco” iniziale che le particelle “virtuali” e persino le stringhe vibranti calzerebbero alla perfezione. Fig. 120. Piuttosto che un big bang inflativo l’universo potrebbe essere nato con tutte le sue proprietà e leggi fisiche seguendo un andamento ciclonico. 113 Va sottolineato che nel nostro spazio il tempo è unidirezionale e le leggi della termodinamica, unite al principio di indeterminazione di Heisenberg, impedirebbero l’inversione temporale (sappiamo che su tale dettame esistono pareri molto contrastanti). Tuttavia le extra-dimensioni postulate dalla teoria delle Stringhe ci aprono le porte del “Paese delle Meraviglie”. Intanto rammentiamo che uno dei punti cardine di questa bizzarra teoria sostiene che le particelle elementari sarebbero costituite da brane vibranti; pertanto la nostra materia avrebbe, nel complesso, una sua frequenza grossomodo come accade per le onde elettromagnetiche. Ci troveremmo però un grosso problema da risolvere, ovvero come spiegheremo l’apparente espansione dell’universo e la sua evidente accelerazione in una cosmologia non- inflativa. La Grande Voragine spaziale. In realtà una soluzione potrebbe arrivare grazie alla recente scoperta, avvenuta nell’agosto 2007, di un enorme “voragine” nello Spazio. Tale “buco” sarebbe esteso circa 900 milioni di anni luce e si troverebbe ad una distanza compresa tra 6 e 10 miliardi di anni luce dalla Terra. Il dr. Lawrence Rudnick dell'Università del Minnesota (Usa), nonché autore della scoperta, disse che “non solo non è mai stato trovato un vuoto tanto grande, ma nessuna ipotesi sulla struttura dell'Universo lo aveva previsto". A quasi due anni dalla scoperta, peraltro una delle più importanti mai avvenute nel campo della cosmologia, dobbiamo purtroppo notare che sembra tutto caduto nel silenzio. Eppure, si noti cosa disse la dr. Laura Mersini-Houghton dell'Università del North Carolina a Chapel Hill (Usa): "E' l'impronta indelebile di un altro universo che sta oltre il nostro". La “macchia fredda” fu captata dal telescopio spaziale WMAP, ma il dr. Rudnick volle osservarla attraverso il sistema VLA scoprendo come da quella regione la radiazione di fondo si interrompeva indicando una totale assenza di materia. La dr. Mersini-Houghton continua: "Quando il nostro Universo si formò doveva interagire con gli altri Universi vicini. E quel buco è proprio il risultato di quell'interazione avvenuta subito dopo la nascita del nostro Universo che da allora, per le caratteristiche che esso possiede, continuò ad espandersi. Purtroppo non ci è possibile osservare ciò che ci arriva dai confini dell'Universo, che si trova tra 42 e 156 miliardi di anni luce da noi e quindi non possiamo vedere ciò che c'è oltre il buco". Ed ecco un’altra interessante affermazione del dr. Rudnick: "Le teorie correnti suggeriscono che tutte le strutture che oggi vediamo nell'Universo presero forma all'inizio del tempo e dello spazio. La struttura vera e propria fatta di vuoti e agglomerati di materia, poi, è cresciuta nel tempo guidata dalle forze gravitazionali". 114 A parte le ipotesi a valanga subito proposte per tentare di spiegare il perché del buco fatto di nulla, la dr. Mersini-Houghton si appellò proprio alla teoria delle Stringhe in quanto sembrava quella che più si adattava alla scoperta. In pratica, esisterebbero un numero di Universi pari a 1^500 (1 seguito da 500 zeri!). Poiché nessun attuale modello teorico sull’origine dell’Universo contempla un simile “buco”, e tenuto conto che la scoperta avrebbe il potenziale per mettere in discussione tutta la moderna cosmologia, rimane ora da capire se, effettivamente, la “voragine” si potrebbe applicare a contesti alternativi. In tal caso è plausibile che essa rappresenti (almeno in linea teorica) un remoto punto di emissione dell’energia necessaria ad aprire il nostro spaziotempo. Quindi avremmo un ulteriore indizio a favore del “buco bianco” ad apertura ciclonica dal quale scaturì un tipo di energia che diede origine alla forza di gravità, l’elettromagnetismo, l’interazione nucleare (forte e debole) e di tutta la materia conosciuta. E così la radiazione di fondo non è detto che debba per forza considerarsi l’impronta residua di un violento Big Bang inflativo, sebbene sia un’ipotesi da tenere in alta considerazione. Un fatto è abbastanza chiaro: per quanto si cercherà di vedere sempre più distante nel profondo Universo, osservarne la nascita rimarrà probabilmente un sogno a tempo indefinito; basti pensare a come – solo nel corso degli ultimi 100 anni – l’età presunta dell’Universo sia cambiata a più riperse: da 20 miliardi di anni si è scesi poi a 18, poi a 15 ed ora a 13,7 miliardi di anni. Fig. 121. L’universo non si espande, ma ruota. Le spire sono aperte a tal punto che ovunque guardiamo avremo sempre l’impressione di vedere le galassie in apparente allontanamento. In realtà la velocità di rotazione aumenta col crescere della distanza. Addirittura, verso il 1988 uno studio stranamente caduto nell’oblio effettuato su sorgenti luminose lontanissime indicava una distanza di tali oggetti stimata intorno a 25 miliardi di anni luce. Il commento espresso dai ricercatori fu che 115 “avevano l’aspetto di normalissime galassie già formate e non allo stadio primordiale”. Qualche anno dopo, nuovi studi realizzati grazie alle prime spettacolari immagini ottenute dal Telescopio Spaziale Hubble capovolsero la situazione e saltarono fuori stime dell’età dell’Universo inferiori a 10 miliardi di anni. Non solo. I dati raccolti offrirono già allora (a metà anni 90 del secolo scorso) nuovi spunti per ridiscutere la validità della teoria del Big Bang e si pensò che l’Universo “sembrava muoversi in una specie di fiume cosmico” piuttosto che espandersi. Naturalmente sia le stime che le idee controverse furono in seguito “corrette” e rimesse a posto all’interno delle teorie standard. Fig. 122. Secondo la Teoria delle Stringhe la materia e lo spaziotempo sono manifestazioni di brane vibranti su 11 dimensioni (versione a supersimmetrie). Universo, Stringhe ed Extradimensioni. Visto che la teoria delle Stringhe sta cominciando ad acquistare maggior peso rispetto al passato, sarebbe interessante, dunque, provare a gettare qualche ipotesi su alcune caratteristiche delle extra-dimensioni postulate dalla teoria. Il nostro spazio possiede 4 dimensioni: A,L,P ed il tempo lineare t1→, ma poiché i fisici sanno che, nel dominio subatomico, certe particelle avrebbero la proprietà di muoversi a ritroso è plausibile che esista una dimensione di tempo invertito t2←. Adesso immaginiamo di percorrere lo spazio-tempo ordinario in modo perpendicolare alla doppia linea del tempo t1→ e t2←. Questo nuovo vettore, che chiameremo t3↑, ci permetterà di esplorare l’Universo in modo “probabilistico” in quanto la linea di tempo non scorrerà in senso parallelo, ma in modo trasversale al tempo ordinario. In altre parole potremmo sperimentare infinite varianti del medesimo spazio-tempo di universi paralleli. Non ci resta che chiudere il cerchio immettendo la controparte della linea perpendicolare, cioè t4↓ la quale, appunto, scorrerà all’inverso di t3↑ (figura 123). 116 Fig. 123. Rappresentazione prospettica delle 4 dimensioni temporali. La loro sovrapposizione può generare infiniti continuum di tempo e spazio. Quali sarebbero le possibilità offerte da quattro basilari dimensioni di tempo? Ebbene, connettendo i vettori t1→ t2← t3↑ t4↓ in modo da formare un incrocio convergente in t0 otterremo l’equivalente di un grafico a valori positivi e negativi ai quali associare 7 punti per tracciare le coordinate (aggiungendo ovviamente le 3 dimensioni dello spazio solido) di un qualsiasi universo analogo al nostro. Qualora riuscissimo a manipolare lo spazio-tempo attraverso una simile strutturazione dimensionale saremmo in grado di definire infiniti universi non solo paralleli, ma anche trasversali o, addirittura, invertiti fra loro. Infatti i 4 vettori possono ruotare a 360° passando sempre dal punto t0 ed estendendosi in avanti: le combinazioni sono letteralmente infinite. A rigor di termini però il punto t0 non è detto che debba essere lo stesso per tutti gli universi; ne consegue che il grafico di figura 124 potremmo trasformarlo in ipersfera. Ad ogni modo, il nostro Universo equivarrà ad un “insieme di stringhe codificate e tarate su uno specifico segmento vettoriale di spazio-tempo”. Qualsiasi altro universo sarà, a sua volta, dotato delle proprie coordinate dimensionali impresse sulle rispettive stringhe costituenti la propria materia e il proprio spazio-tempo. Inoltre, potrebbero esistere persino universi con più di 4 dimensioni aperte nei quali, per esempio, un ipotetico abitante avrebbe la capacità di raggiungere qualsiasi distanza in modo istantaneo. Nella teoria delle Stringhe, comunque, le extradimensioni in genere sono considerate ripiegate o chiuse come nel caso degli spazi di Calabi-Yau (oppure il nostro spazio-tempo viene ritenuto “bloccato” rispetto alle altre dimensioni). 117 Fig. 124. Grafico bidimensionale con valori positivi e negativi per il tempo a 4 dimensioni. E’ possibile definire infiniti universi alcuni dei quali vicinissimi tra loro, altri trasversali o opposti. Forse accanto al nostro ne esistono più di uno appena “sfasati” rispetto a noi. E che dire della forza di gravità? Nonostante le affascinanti controversie tecniche sollevate tra la teoria della Gravità Quantistica a Loop, la Relatività Generale e la teoria delle Stringhe, potremmo collocare la forza di gravità nell’ambito della cosiddetta energia del vuoto o meglio all’energia di punto zero. Attualmente i Fisici stanno lavorando assiduamente per confermare l’esistenza dei “gravitoni” e del “Bosone di Higgs” (detto anche “particella di Dio”) in quanto si suppone che la gravitazione agisca nel macrocosmo mediante qualche tipo di particelle non ancora ben conosciute. A questo punto non ci resta che immaginare lo spazio-tempo come una smisurata brana vibrante aperta su 3 dimensioni fisiche (più una del tempo) e tenuta in equilibrio termodinamico dal costante flusso di particelle (o stringhe?) costituenti l’energia di punto zero (la forza di gravità), responsabili inoltre dell’apparente espansione in accelerazione dell’Universo, in realtà una struttura ciclonica rotante le cui spire dovrebbero essere molto aperte. Sarebbe straordinariamente fantastico poter riuscire ad osservare l’Universo da un contesto multidimensionale! Probabilmente la sua formazione e il suo futuro non ci apparirebbero più così ostici. Ammettiamo che prima della comparsa dell’Universo le nostre coordinate spazio-temporali fossero state chiuse (il Nulla in senso relativo) e supponiamo che, come sostiene Stephen Hawking, i buchi neri rappresentino davvero il punto di “fine del tempo e dello spazio”, allora è plausibile che la materia, quando cadrà nelle singolarità del buco nero, tornerà esattamente al punto d’origine. Pertanto il nostro Universo sarà figlio del suo stesso futuro in quanto la materia, essendo calibrata a specifiche coordinate, non potrà passare verso altri universi, nemmeno a quelli più prossimi al nostro, ma tornerà solo al punto di nascita di se stesso, dando origine ad un ciclo chiuso. Probabilmente durerà in eterno e, grazie a ciò, esisterà esattamente la quantità di materia giusta e necessaria alla 118 sua formazione. E’ interessante notare come la recentissima teoria proposta dall’astrofisico cinese Wun-Yi Shu della National Tsing Hua University di Taiwan avvalora tantissimo la nostra. Egli ha postulato che l’Universo non avrebbe avuto bisogno di un Big Bang, quindi nessun inizio e nessuna fine, ma solo costante evoluzione. Inoltre massa, materia e spazio si potrebbero convertire l’uno nell’altro. In effetti, rileggendo attentamente le nostre considerazioni, tale “conversione” sarebbe quasi inevitabile. Fig.125. Anche se la voragine cosmica fosse il residuo dell’inizio dell’Universo non saremo mai in grado di vederne la nascita perchè l’evento è collocato al di là dei limiti di spazio-tempo a noi visibili. Fig. 126. La forza di gravità potrebbe essere un tipo di energia del vuoto quantistico la quale subirà una deflessione ogni qualvolta si frapponga un oggetto dotato di massa M, generando le geodetiche della curvatura spazio-tempo. In altre parole, nessun oggetto dotato di massa M (e densità) possiede in se un campo gravitazionale e nemmeno lo genera. L’energia di punto zero in questo caso permea tutto lo spazio ed ogni cosa vi è immersa. Da non confondere però con l’obsoleta idea dell’etere. 119 Fig. 127. Anziché alimentare altri universi, la materia “calibrata” del nostro universo torna al punto d’origine quando cade nei buchi neri. In questo caso l’universo sarà figlio di se stesso e del suo futuro. Inoltre sarebbe ancora connesso: un solo buco bianco iniziale, ma moltissimi buchi neri. Può darsi che le elucubrazioni qui esposte potranno suscitare qualche allegra risata, oppure far cadere un po’ il velo di mistero dei buchi neri con i loro wormhole e ponti di Einstein-Rosen. In ogni caso, più che nello stiramento gravitazionale dello spazio-tempo è nelle brane vibranti che forse troveremo il segreto per passare da un universo all’altro. Il buco nero, abbiamo detto, riporta il tempo e lo spazio al momento della loro medesima comparsa, mentre nelle stringhe vibranti potremmo scoprire la chiave (le coordinate) per immetterci in altri spazi paralleli o d’altro tipo, solo se riusciremo a manipolarle e modificarne la frequenza. La dr. Mersini-Houghton ed il dr. Rudnick però avevano entrambi messo in relazione la “Voragine Spaziale” con la nascita dell’Universo e l’interazione tra il nostro ed altri spazi paralleli. Non è un controsenso rispetto a quanto esposto in questi paragrafi? No perché l’interazione tra Universi probabilmente avviene in modo indiretto e dall’esterno, in quel luogo dove tutte le dimensioni possibili ed immaginabili convergono. 120 Dunque, persino la teoria inflativa potrebbe assumere una sua logica se applicata ad un contesto multidimensionale nei quali gli spazi-tempi e l’energia di punto zero (ovvero la forza gravitazionale) hanno la priorità. Successivamente, dalle fluttuazioni di quella energia iniziale in ciascun universo, comparvero sia la materia che le altre forme di energia. Fig. 128. Il celebre scienziato Stephen Hawking ha messo in relazione materia, spazio e tempo con i buchi neri e gli universi paralleli. Il big bang sarebbe in pratica una delle infinite probabilità evolutive di un universo. Se realmente il “buco fatto di nulla” fosse in qualche modo collegato con la nascita dell’Universo, questo potrebbe suggerirci ulteriormente che l’uomo, anche utilizzando le migliori tecnologie per scandagliare il profondo spazio, non sarà mai in grado di superare un certo limite di distanza e di tempo da poter vedere l’inizio di tutto. Forse la nascita dell’Universo è situata molto oltre tale limite per cui oggi vediamo, praticamente, un’enorme “ciambella rotante” vuota ed immobile al centro, ma dotata di movimento sempre più accelerato verso i bordi esterni. Ragion per la quale non sarà mai possibile stabilire con certezza se la materia che precipita dentro ai buchi neri andrà ad alimentare nuovi universi, uscirà in altre parti del nostro oppure tornerà (meglio dire tornò) al luogo d’origine, sebbene noi lo pensiamo e ne siamo convinti. E benché ci siamo spinti verso l’ipotesi dell’Universo “ciambella rotante” non possiamo comunque pretendere di affermare con certezza che la “voragine” ne rappresenti davvero il centro; anche perché si dovrebbe - in qualche misura - poter distinguere una convergenza dell’espansione intorno ad essa. Forse è così, ma occorrerà cambiare il modo in cui osserviamo tale “espansione”. Oppure può darsi che esistano veramente più “voragini” con intorno altri sistemi di galassie. Certo si tratta di argomenti affascinanti e indubbiamente situati al di fuori della nostra esperienza di vita quotidiana, ma decisamente aperte alla possibilità che esistano forme di vita a noi simili (o superiori) in altre realtà invisibili. Ci conforta proprio il sapere come questa consapevolezza abbia in 121 un modo o nell’altro accompagnato sempre l’uomo sin dalla notte dei tempi, anche se purtroppo la Storia dell’Umanità è piena di pagine molto tristi. Che cos’è dunque l’Universo? Probabilmente la più straordinaria e incredibile opera di Architettura ed Ingegneria Informatica che si possa immaginare. APPENDICE 6 THOMAS C. VAN FLANDERN Nato nel 1940 e scomparso il 9 gennaio del 2009, Van Flandern conseguì il dottorato in astronomia nel 1969 alla Yale University. Appassionato sin dalla giovane età di materie attinenti allo Spazio, vi dedicò tutta la sua vita. Nel 1991 inaugurò la Fondazione “Meta Research” (www.metaresearch.org) che diresse con grande passione fino all’ultimo. Tom Van Flandern è stato un ricercatore controverso dal punto di vista scientifico a motivo delle sue ipotesi in campo cosmologico. La “Deep Reality Physics” ne è un esempio notevole: trattasi fondamentalmente di una serie di principi scientifico-filosofici che presuppongono la propagazione delle forze e dei campi gravitazionali ad una velocità maggiore della luce (“speed of gravity”). Anche le sue idee circa la presenza di strutture artificiali su Marte lo resero piuttosto impopolare presso la Comunità Scientifica. Ciò nonostante, l’Autore di questo libro conserva un bel ricordo del dr. Van Flandern con il quale ebbe modo di conferire via email, nel 2004, su alcuni dei “temi caldi” di Marte. Tra l’altro, a quel tempo il portale Pianeta Marte.net teneva il logo di Meta Research sulla propria homepage. Benché col passare del tempo Pianeta Marte.net ha maturato un maggior senso di pragmatismo e si è in parte distaccato da certe vedute troppo possibiliste, non ha mai perso l’apprezzamento verso la gentilezza e la disponibilità mostrate dal dr. Van Flandern. Inoltre, l’ipotesi di “Marte satellite di un antico pianeta esploso” ha contribuito sotto certi aspetti allo sviluppo della “Teoria dell’Antico Sistema Binario Terra-Marte” portata avanti sin dal 2004 dall’Autore di questo libro nelle pagine di Pianeta Marte.net. 122 Fig. 130. Gustave Doré (1832-1883), La fuga di Lot da Sodoma. Sodoma Incisione per l'edizione del 1866 della Bibbia. 123 NONA CONTROVERSIA UNA FETTA DI MARTE SU SODOMA E GOMORRA? Non si può certo negare che la domanda facente da titolo a questo capitolo sia, per certi aspetti, alquanto provocatoria. Generalmente, chi considera la Bibbia un insieme di simpatiche storielle per bambini, oppure un ammasso di miti e fantasie, non avrà certo molte difficoltà a liquidare qualsiasi tentativo volto invece ad avvalorarne l’attendibilità: “sono leggende e non c’è niente a cui dar credito”. Ma esiste anche l’altra faccia della medaglia, composta da coloro che per ogni parola letta si fanno 25 volte il segno della croce e poi, non ancora contenti, a fine lettura recitano 50 volte l’avemaria e l’atto di dolore. Naturalmente ci scusiamo per l’atteggiamento leggermente sarcastico che si evince nel nostro prologo, ma lo scopo era solo quello di definire da subito le due tipologie “estreme” a cui sconsigliare di perdere tempo a leggere il presente capitolo e i prossimi due. D’altro canto, le persone ragionevoli e dotate di mente aperta siamo sicuri che stravincono in numero. Chiarito il punto (scusandoci ancora) andiamo al sodo. Fig. 131. L’asteroide 243 Ida Tutte e tre le immagini sono credits NASA Fig. 132. L’asteroide Eros Fig. 133. L’asteroide Dactyl 124 Cosa sono i N.E.O. Esiste una categoria di oggetti cosmici denominati con il termine “N.E.O.”. Cosa sono? Ebbene, si tratta dei “Near Earth Objects”, una numerosa schiera di asteroidi, comete e frammenti vari che “svolazzano” nello spazio pressoché vicino alla Terra (ivi compreso il famigerato asteroide Apophis). Oltre ai N.E.O. abbiamo anche una succosa lista di presunti meteoriti provenienti da Marte e caduti sulla Terra in varie epoche. Forse, ai Lettori più arguti e perspicaci non sarà di certo sfuggito il sottinteso che tra i N.E.O. ed i presunti meteoriti marziani precipitati sul nostro pianeta potrebbe intercorrere un qualche legame di “parentela”. E magari, volendo andare fino in fondo, qualche Lettore dotato di speciale acume potrebbe aver accarezzato l’idea che la provenienza di quasi tutti i N.E.O. sarà la medesima dei meteoriti ritrovati: Marte appunto! Perché no? Tutto sommato il discorso può anche risultare al limite credibile e ragionevole. In definitiva stiamo parlando di pianeti e di frammenti vaganti facenti parte dello stesso sistema solare, oltretutto (riferendoci alla Terra e a Marte) nemmeno poi così distanti fra loro. Siamo inoltre convinti che il numero di frammenti di Marte caduti sulla Terra potrebbe essere molto elevato; non solo sassolini, ma veri e propri colossi sepolti e ormai irriconoscibili perché completamente metabolizzati dall’ambiente terrestre. Cosa c’entrano però la Storia Biblica e le antiche città di Sodoma e Gomorra in tal contesto? Argomento controverso. Dal momento che il tema degli impatti con asteroidi, comete e meteoriti di varia grandezza rientra a pieno titolo nell’ambito della scienza ufficiale, oltre che nelle speculazioni di molti “profeti” e ricercatori indipendenti, dobbiamo giustamente renderci conto che le evidenze di passate catastrofi provocate da eventi violenti non sono poi così inaccettabili. Ovviamente si può condividere o meno una determinata interpretazione geologica, cronologica ecc. ma, a prescindere dalle consuete controversie, qualcosa nel nostro passato ha lasciato dei chiari segni. Tornando ai frammenti di Marte, negarne l’evidenza oggettiva (peraltro ben documentata) sarebbe indicativo di cecità intellettuale. Il punto nodale è: cosa intendiamo esattamente con il termine “passato”? Ci riferiamo ad epoche remote e perse nella notte dei tempi oppure ad epoche recenti, addirittura storiche? Questo capitolo ed i prossimi due andranno proprio a toccare alcune tra le note dolenti più fastidiose della nostra cultura: le catastrofi, la fine del mondo e il temuto anno 2012. Ovviamente con tutte le annesse pieghe psicologiche possibili ed immaginabili. 125 Fig. 134. Secondo i calcoli effettuati dai tecnici della NASA, l’asteroide Apophis dovrebbe sfiorare la Terra nel mese di aprile del 2036. Nonostante si sostenga che le probabilità di impatto siano scarsissime resta comunque il dubbio. E’ possibile deviarne l’orbita prima che si avvicini troppo?(credits NASA) Sodoma e Gomorra. La storia delle città di Sodoma e Gomorra è narrata nella Bibbia, precisamente in Genesi capitoli 18 e 19. Come sostiene il racconto, esse furono distrutte da Dio (il cui nome è Yahweh nella forma ebraica) fondamentalmente a motivo della depravazione degli abitanti. Tuttavia non sarebbe da escludere che, oltre alla depravazione sessuale, in quelle città fossero in corso attività pericolose di cui non siamo a conoscenza. Al di là delle innumerevoli speculazioni che potremmo avanzare, rimangono comunque alcuni dati salienti di tutto rispetto: 1) 2) 3) 4) 5) la loro distruzione non fu accidentale; non fu indiscriminata, bensì selettiva; aveva un preciso movente; fu eseguita attraverso elementi naturali di origine extraterrestre; fu eseguita da esseri intelligenti di provenienza non terrestre. In merito a questo episodio ci sono svariate correnti di pensiero le quali propendono verso l’ipotesi “ETH” intesa proprio nel senso lato del termine: alieni dotati di tecnologie aerospaziali e potenti dispositivi bellici, in attività sul nostro pianeta. In realtà quello che dovrebbe far riflettere è, piuttosto, l’estrema discrezione e umiltà mostrata dagli “uomini” venuti in visita presso la casa di Abramo. Non solo agirono come “messaggeri”, eseguendo fedelmente l’incarico che ricevettero da Dio (Yahweh), ma non mostrarono mai un aria di saccenteria ed arroganza tant’è vero che, pur conoscendo molto bene la depravazione degli abitanti di Sodoma e Gomorra, si esprimevano come se dovessero verificare la situazione in prima persona. Ancor più straordinaria fu la conversazione fra Abramo e uno dei tre “uomini” (gli altri due erano già diretti verso le città incriminate). Si ragionava sull’imminente 126 giudizio che stava per abbattersi e Abramo, parlando al messaggero rivolgendosi però a Dio, chiese se tale giudizio sarebbe stato eseguito ugualmente anche in caso fossero stati trovati pochi esseri umani “giusti” (dai 50 iniziali si arrivò a soli 10!). L’esito della conversazione fa capire oltre ogni dubbio che era tutto sotto controllo. Extraterrestri? Ad ogni modo, il racconto biblico di Genesi capitoli 18 e 19 identifica i tre “uomini” definendoli “angeli” (un termine che tradotto in italiano significa messaggero). Eppure essi mangiarono, riposarono e gli vennero persino lavati i piedi! Non sembra indossassero particolari abiti interpretabili come “tute spaziali” o “uniformi” di tipo militare, ma furono semplicemente visti come normalissimi uomini dell’epoca. Quando gli abitanti di Sodoma tentarono di violentare i messaggeri questi ultimi li colpirono con la cecità temporanea. Se fosse stata usata un qualche tipo di arma a fasci d’energia sui quei malintenzionati, avrebbero dovuto colpirli uno ad uno; invece pare che la cecità fu istantanea e contemporanea per tutti, ad indicare che il mezzo impiegato doveva essere ben diverso da una semplice arma tecnologica. Inoltre, la Bibbia non ha mai negato che i messaggeri angelici non siano di questo pianeta. Si comprende fin troppo bene che la loro origine è extraterrestre e che il loro luogo di provenienza potrebbe essere situato al di la del nostro spazio-tempo. Tuttavia vengono sempre descritti come persone simili a noi, benché dotati di forza e intelletto superiori. Non come “alieni”. Fig. 135. La distruzione di Sodoma (rappresentazione di un mosaico risalente al XII secolo) I fatti. Consideriamo ora la presunta ubicazione di queste città. Vi sarebbero almeno un paio di ipotesi: la prima sostiene che esse erano situate sotto il Mar Morto; la seconda sostiene che erano situate nei pressi del Mar Morto. Se la prima ipotesi fosse la più corretta allora tutta quella regione dovrebbe 127 teoricamente essere di recentissima formazione, praticamente una vasta area depressa che tocca quasi i 400 metri sotto il livello del mare! Un’altra curiosità consiste nella grande abbondanza di depositi di sale, oltre al fatto che le acque del lago (il Mar Morto) sono circa 10 volte più salate di quelle degli oceani. Qualora il sale non ci fosse stato prima della distruzione delle città, viene spontaneo chiedersi da dove arrivò e come. Chi conosce il racconto biblico saprà che la moglie di Lot, forse rimpiangendo la vita e le cose che dovette lasciare, si voltò e divenne una colonna di sale. Sarà vero? Sarà falso? Beh, ognuno deciderà per se. Però quella donna, evidentemente, fu letteralmente investita e ricoperta da qualcosa che le cadde addosso dal cielo, probabilmente la stessa materia che colpì tutta quella vasta regione: un’enorme bordata di meteoriti ricchi di depositi salini. Fig. 136. Il Mar Morto. Un’altra suggestiva ipotesi ancora di stampo “extraterrestre” sostiene che nel giudizio su Sodoma e Gomorra vennero impiegate armi nucleari. Ma, per quanto possa risultare affascinate, essa non è supportabile per una semplicissima ed ovvia ragione: quando Lot fu allontanato con la forza da Sodoma, egli chiese di poter scegliere il luogo dove andare, praticamente la vicina città che fu chiamata Zoar. Nel caso fossero stati fatti esplodere ordigni nucleari le radiazioni avrebbero di certo distrutto, o gravemente danneggiato, qualunque forma di vita nel raggio di moltissimi chilometri. Lot e la sua famiglia sarebbero comunque morti! Inoltre la contaminazione radioattiva avrebbe reso tutta quella regione inabitabile per decenni, se non per secoli. Invece la vita rifiorì di li a poco. Una possibile spiegazione. Come spiegare dunque l’enorme cambiamento avvenuto in quella regione? Ebbene, nel capitolo 14 di Genesi si dice che il Bassopiano di Siddim era pieno di pozzi di bitume e, guarda caso, quell’antica 128 regione corrispondeva esattamente a ciò che in seguito divenne il Mar Salato. Il bitume è un tipo di idrocarburo solido che, evidentemente, doveva essere presente in grandissima abbondanza sotto forma di giacimenti affioranti e depositi sotterranei su tutta quella vasta area. Fig. 137. Probabilmente tutto il Bassopiano di Siddim era un enorme giacimenti di idrocarburi con affioramenti in superficie. Si comprende abbastanza intuitivamente che le città di Sodoma e Gomorra erano letteralmente costruite su una bomba ad orologeria perfettamente naturale! Quando i due angeli eseguirono materialmente l’atto distruttivo sulle città, accadde che i frammenti meteorici in caduta libera si trasformarono in micidiali dardi incendiari i quali, una volta giunti al suolo, innescarono una reazione a catena sul bitume affiorante che, bruciando, si estese velocemente a tutto quello sottostante. Non sarebbe nemmeno da escludere che, oltre al bitume, potevano esserci stati anche giacimenti di petrolio e sacche di metano. Comunque sia, in breve tempo l’intero Bassopiano divenne un enorme tizzone infuocato tanto che il calore prodotto fece poi tutto il resto. Alla fine quella regione sprofondò ulteriormente. Un’avanzata arma spaziale? Altri sostenitori delle cosiddette ETH (ExtraTerrestrial Hypothesis) credono che la distruzione delle città di Sodoma e Gomorra fu eseguita con l’impiego di un qualche tipo di arma ultramoderna manovrata da una posizione presumibilmente elevata rispetto alla superficie da colpire. Il problema però sta nella dinamica degli eventi: a meno che non fosse stata presente un’intera flotta di veicoli volanti dotati di cannoni ad emissione di particelle ad alta energia, risulta un po’ complicato pensare che una sola presunta astronave potesse far fuoco su una superficie relativamente grande come il Bassopiano di Siddim. Escludiamo anche eventuali missili lanciati da centinaia di km di altezza in quanto, una volta entrati in atmosfera, 129 si sarebbero disintegrati con l’attrito generato tra le molecole d’aria ed il metallo, a meno che – ancora – non avessero invece seguito una traiettoria ad angolo molto stretto (come gli Space Shuttle quando rientrano a Terra). Peccato però che non sia mai stato rinvenuto nemmeno un pezzo di metallo a riprova di questa tesi. Meteoriti “guidati”? L’ipotesi meteorica potrebbe essere migliore di altre persino da un punto di vista strategico. Ma per comprendere il punto dobbiamo spendere ancora due parole sui meteoriti, notando come il discorso dei N.E.O. è molto legato. Questi oggetti cosmici possono presentare fra loro sostanziali differenze di densità, massa, composizione chimica, struttura intrinseca e velocità orbitale. Alcuni meteoriti quando entrano in atmosfera si scaldano moltissimo, ma non si disintegrano. Nell’impatto al suolo provocano tremende esplosioni con generazione di potenti onde d’urto e sollevamento di polveri in grado - nel peggiore dei casi – di modificare il clima dell’intera Terra per lungo tempo. Altri meteoriti si disintegrano in atmosfera prima di giungere al suolo. Talvolta esplodono violentemente nell’aria seminando distruzione su vaste aree di superficie, a seconda della potenza sprigionata (come nel caso di Tunguska, in Siberia, nel 1908). Ci sono poi quei meteoriti che quando entrano nell’atmosfera terrestre si frantumano in moltissimi pezzi e precipitano al suolo come frecce infuocate. Se non trovano niente oltre che terreno arido, o se precipitano in mare, allora nessun panico. Ma, se per disgrazia dovessero cadere presso zone densamente popolate, aree industriali o giacimenti di idrocarburi con affioramenti in superficie, allora sarebbero guai molto grossi! Infine esistono i meteoriti di piccola taglia che non recano sostanzialmente nessun tipo di danno rilevante. Le cosiddette “stelle cadenti” costituiscono uno spettacolo decisamente suggestivo e bello da vedere. Siamo convinti che i Lettori perspicaci, fattisi due conti in tasca, avranno già trovato il collegamento tra l’episodio di Sodoma e Gomorra, i N.E.O. ed il problema (o terrore?) degli impatti catastrofici con asteroidi. Se un grande meteorite fosse in rotta di collisione con la Terra le conclusioni sarebbero fin troppo chiare: un bel botto di capodanno e tutti a ballare il ballo di San Vito. A meno che non riuscissimo a deviarlo, come narrato in celebri film quali “Armagheddon” o “Deep Impact”. Guarda caso, a proposito del temuto asteroide Apophis, si vocifera da anni che sia in fase di studio una missione internazionale per tentare di modificarne l’orbita. La domanda ora è d’obbligo: per quanto sembri assurdo, nel caso l’uomo avesse la capacità e i mezzi per controllare il percorso di un asteroide, cosa ci impedisce di prendere 130 in considerazione l’idea che la distruzione di Sodoma e Gomorra avvenne mediante una pioggia di meteoriti “guidati”? Da un punto di vista strettamente logistico gli esecutori materiali dell’atto di giudizio furono i tre messaggeri angelici, ma il racconto dice che fu Dio a far piovere fuoco e zolfo dal cielo. Dunque, nel complesso, è palese che quegli eventi non furono lasciati in balia del caso. Oltretutto, per ottenere la pioggia di frammenti spaziali su misura bisognava rispettare specifiche condizioni: occorrevano i meteoriti giusti, dotati della giusta massa, di adeguata densità e della corretta composizione chimica. Chi poteva sapere dove andarli a pescare e gestirli poi nel modo più consono? Fig. 138 Fig. 139 Un gruppo di meteoriti ricchi di ghiaccio, depositi di sale e solfati entrarono nell’atmosfera terrestre, ma si disintegrarono in maniera non esplosiva producendo una miriade di piccoli frammenti incandescenti che si riversarono su Sodoma e Gomorra. La nostra ipotesi ci induce a ritenere che i frammenti originali erano non troppo grandi, ma nemmeno particolarmente densi e massicci; dovevano altresì essere composti in prevalenza da una mistura di ghiaccio d’acqua, rocce ricche di sale, solfati ed altri metalloidi in quantità minori. Non appena gli oggetti entrarono nell’atmosfera terrestre, il calore prodotto dall’attrito fece evaporare l’acqua provocando la frantumazione non esplosiva dei meteoriti e la formazione di una specie di nuvola ad alta quota. I frammenti divennero incandescenti, ma non si disintegrarono perché erano sufficientemente grandi da poter raggiungere la superficie. Una volta toccato il suolo i “dardi” incendiarono tutto, compresi gli affioramenti di idrocarburi di quella regione. E’ probabile che subito dopo la scarica dei frammenti minori cadde anche 131 molta pioggia dovuta alla cappa di vapore formatasi durante la frantumazione dei meteoriti originali. Provenienza dei frammenti. Nel nostro sistema solare ci sono un gran numero di comete dalle orbite bizzarre e imprevedibili. Alcune di esse arrivano dal profondo spazio e svaniscono senza far più ritorno. Altre invece posseggono orbite strane, ma sono periodiche (cioè ritornano al perielio, come la cometa di Halley ogni 76 anni). Ogni tanto vanno pure a schiantarsi contro i pianeti, come accadde nel 1995 quando la Shoemaker-Levy impattò su Giove. Perciò non siamo nelle condizioni di affermare con certezza da dove provenissero i meteoriti che distrussero Sodoma e Gomorra anche perché, da un punto di vista strutturale, dovremmo parlare di mini comete più che di corpi rocciosi. Resta inteso comunque che abbiamo diversi elementi in nostro aiuto: 1) il gran numero di meteoriti ritrovati e classificati dagli scienziati come “provenienti da Marte”; 2) la sostanziale conferma che Marte possedeva oceani d’acqua salata; 3) la relativa vicinanza tra Terra e Marte; 4) la notevole presenza di sale nei pressi del Mar Morto e l’elevatissimo grado di salinità delle sue acque; 5) la pioggia di meteoriti che contraddistinse la distruzione nel Bassopiano di Siddim, divenuto in seguito Mar Salato. Come sostiene il dr. John Ackerman nel suo sito www.firmament-chaos.com, molte comete a breve periodo potrebbero essere tutte frammenti dell’attuale “Pianeta Rosso”. Di conseguenza dobbiamo prendere atto che le probabilità giocano senza’altro a favore dell’ipotesi Marte rispetto ad altre, l’unico pianeta che oltre alla Terra - ormai è ben risaputo – sembra aver posseduto oceani d’acqua salata. Ci sarebbero infine due episodi che meriterebbero un occhio di riguardo: il primo si basa sul ritrovamento e la traduzione di una tavoletta assira datata presumibilmente al 700 a. E.V. la quale descriverebbe l’impatto di un piccolo asteroide nell’Europa Centrale. Il secondo, proposto qualche anno fa dal prof. Emilio Spedicato, descrive l’esplosione in atmosfera di un grosso macigno sopra l’Europa Settentrionale. Sulle rispettive datazioni attribuite a questi eventi meteorici preferiamo non pronunciarci, ma si tratta certamente di fenomeni plausibilissimi e per nulla da snobbare. Conclusioni. L’ipotesi che alcuni meteoriti marziani ricchi di depositi salini siano stati letteralmente indirizzati e scagliati sopra le città di Sodoma e 132 Gomorra, è comprensibile possa lasciare perplessi e dubbiosi. Per di più rischia di sollevare altre annose questioni del tipo “perché proprio Marte e non un altro pianeta?” oppure “cosa accadde su Marte al punto da trasformare lo spazio circumterrestre in un vero e proprio campo minato?”. Ciò nonostante abbiamo un ulteriore dimostrazione del fatto che le forze della Natura e le sue mille risorse non hanno segreti per Colui che le ha progettate (un’idea probabilmente non molto in sintonia con la teoria dell’Evoluzione ed i suoi sostenitori). Oltretutto, anche in caso di grave compromissione degli equilibri naturali - sulla Terra o nel Sistema Solare - c’è sempre la possibilità che le cose potranno infine essere rimesse al loro posto. 133 APPENDICE 7 http://neo.jpl.nasa.gov Nel corso degli ultimi anni la NASA ha preso coscienza del problema dei potenziali impatti tra la Terra e i meteoriti. La lista di Near Earth Objects conta attualmente la bellezza di circa 1053 oggetti di varie dimensioni e caratteristiche. Benché si ritenga basso il livello di pericolo, tali oggetti vengono tenuti sotto osservazione fin dove è possibile. L’esistenza stessa dei N.E.O. costituisce un elemento da non sottovalutare perché ogni singolo asteroide, a motivo della propria struttura, è sensibile più dei pianeti a interferenze di varia natura. Ad esempio, le differenze di densità e di distribuzione della massa possono col tempo provocare variazioni imprevedibili dell’orbita; i ripetuti passaggi nei pressi dei pianeti possono provocare deviazioni orbitali fino a quando, prima o poi, precipiteranno. Le forti escursioni termiche fra la parte esposta al sole e quelle in ombra potrebbero col tempo modificare l’integrità strutturale del meteorite, specie se contiene elementi leggeri, sacche gassose o ghiaccio. E poi ci sarebbero altri fattori di minore importanza. E’ vero che non sarebbe corretto alimentare ingiustificati allarmismi come sembra stia invece accadendo in questo periodo (si pensi alle psicosi del 2012 e del fantomatico Pianeta X); tuttavia sarebbe altresì poco saggio prendere sottogamba il potenziale pericolo dei i N.E.O. non tanto in virtù dei fattori prevedibili, ma per quelli imprevedibili e, di conseguenza, incontrollabili. 134 Fig. 142. Il Giudizio Universale di Michelangelo 135 DECIMA CONTROVERSIA LA FINE DEL MONDO Nel 1996 uscì un film di grande successo intitolato “Independence Day” la cui trama era incentrata sull’invasione della Terra da parte di una orribile razza aliena, interessata esclusivamente ad appropriarsi delle risorse planetarie onde assicurarsi la sopravvivenza a qualunque costo. In effetti il tema dominante del film era “la fine del mondo” intesa non tanto come distruzione del nostro pianeta, ma come annientamento della razza umana ad opera di fattori esterni (nel qual caso i cattivi extraterrestri). Destino vuole che proprio in concomitanza del 4 luglio, festa nazionale statunitense del “Giorno dell’Indipendenza”, gli invasori spaziali vengono loro malgrado messi in rotta con un espediente a dir poco da barzelletta: un banale virus informatico, omaggio dei terrestri agli alieni. Curiosamente (e supponiamo non a caso), nella scena iniziale del film in cui si vede il tecnico del SETI alle prese con un misterioso segnale criptato, c’è come sottofondo musicale una famosa canzone conosciuta in Italia nella versione intitolata “A che ora è la fine del mondo?” interpretata dal cantautore Luciano Ligabue. Fig. 143. La nostra cara e amata Terra. Sia la scienza che molte religioni danno da intendere che il nostro pianeta potrebbe essere distrutto. Sara vero? Il tema della fine del mondo, in un modo o nell’altro, è stato comunque affrontato diverse volte in ambito cinematografico; infatti tutti i registi che si sono adoperati nelle produzioni sul genere fantascientifico hanno spesso dato ampio spazio alle invasioni aliene (del tipo “La Guerra dei Mondi” oppure “Ultimatum alla Terra” remake 2008) ed alle catastrofi cosmiche quale ambiente ideale per evocare l’epilogo dell’Umanità. 136 La fine del mondo rappresenta un soggetto ambiguo e controverso: da un lato affascina e dall’altro irrita terribilmente perché ci pone dinnanzi alle nostre grandi paure collettive dalle quali cerchiamo sempre di sfuggire. A tal proposito, non possiamo non menzionare una delle migliori ed agghiaccianti trilogie cinematografiche che abbiano mai saputo esprimere, in un modo tanto raccapricciante, concetti attuali come “controllo”, “schiavitù”, “manipolazione della realtà” e “fine del mondo”: la trilogia di “Matrix”. Sulla fine del mondo è stato detto e scritto di tutto. Dovendo quindi affrontare l’argomento in questo libro, non è stato certo facile scegliere un approccio razionale il più possibile. Così, per cominciare, abbiamo pensato che una valida chiave di lettura poteva trovarsi nell’ambito psicologico e sociale. Nel prossimo capitolo invece affronteremo il soggetto da una punto di vista più tecnico e scientifico. Valuteremo meglio i motivi per cui il 2012 è temuto e faremo anche un salto nel passato ricollegandoci alla nostra Teoria dell’Antico Sistema Binario Terra-Marte che, insieme al portale Pianeta Marte.net, l’8 luglio 2009 avrà raggiunto il quinto anno di vita. La storiella di “Al lupo! Al lupo!”. In genere quando qualche profeta dell’ultima ora se ne esce con una nuova predizione della fine del mondo si tende istintivamente a riderci sopra; talvolta accade pure che la novità si trasforma in argomento da salotto. In effetti, bisogna purtroppo ammettere che i numerosi tentativi di pronosticare la data della fine del mondo ad oggi hanno mietuto brutte e magre figure. Ciò nonostante, il discutere su questo tema non dovrebbe essere considerato esclusivamente un’occasione di divertimento e sollazzi, incuranti della poco promettente epoca nella quale stiamo tutti vivendo. Fig. 144. Il “Lupo Cattivo” è una delle più ricorrenti rappresentazioni delle paure infantili. Ma, a quanto sembra, si adatta piuttosto bene anche a quelle dei più grandi. E’ un po’ come quella’antica storiella di “Al lupo! Al lupo!”: a forza di sentirlo dire e ripetere in continuazione si finisce per non crederci più, fino a quando poi il lupo arriva e divora la sua ambita preda. 137 Aspettative, delusioni e mutamenti. Nel Medio Evo si credeva che la fine del mondo sarebbe arrivata entro l’anno 1000 ma, giunta quella fatidica data, non accadde nulla. E le imponenti costruzioni religiose che si edificarono a partire da quel momento rispecchiavano in parte la gioia della scampata catastrofe. I primi cristiani vissuti durante il primo secolo E.V. effettivamente nutrivano forti aspettative riguardo la fine; le lettere degli apostoli Paolo, Pietro e Giovanni sono piene di riferimenti a tali attese. Ma poiché esse furono deluse, almeno secondo il punto di vista di molti credenti di allora, dopo la morte dell’ultimo apostolo cominciò a svilupparsi un malcontento sempre più crescente soprattutto tra coloro che avevano incarichi di responsabilità all’interno delle singole congregazioni (“chiese”). Iniziò allora un inesorabile processo di adattamento al sistema politico e religioso dell’Impero Romano; così, nel giro di tre secoli, dottrine non cristiane fecero di quella semplice ed umile organizzazione iniziale un potente impero pseudo religioso corrotto e assai lontano dagli insegnamenti del suo stesso Fondatore. Fig. 145. Il Duomo di Milano è senz’altro una delle più imponenti e maestose chiese della cristianità edificate in pieno medioevo. Per tutto il primo e gran parte del secondo millennio E.V. le credenze riguardanti la fine del mondo e altre questioni dottrinali rimasero in linea di massima dormienti ma, di quando in quando qualche voce si sollevava dal coro, uomini fanatici in seno al clero cattolico intraprendevano azioni spesso crudeli per tentare di metterle a tacere. Va sottolineato che in questo contesto storico la riforma luterana del XVI secolo non era, almeno inizialmente, rivolta alle credenze concernenti la fine del mondo. Martin Lutero infatti criticò duramente la Chiesa di Roma sulla vendita delle indulgenze e riguardo il perdono di Dio verso gli uomini peccatori (si narra che il 31 ottobre 1517 vennero affisse le famose 95 tesi nella porta della chiesa di Wittenberg). Dovevano passare ancora centinaia di anni fino a quando, giunti al XIX secolo, accadde qualcosa di notevole e straordinario. 138 Fig. 146. L’inquisitore spagnolo Tomas de Torquemada fu uno dei tanti squallidi esempi di fanatismo religioso. Fig. 147. Il riformista Martin Lutero criticò apertamente la Chiesa di Roma su dottrine non legate alla fine del mondo. Tuttavia diede inizio ad una lenta ed inarrestabile reazione a catena che portò la cristianità a frammentarsi. Il grande risveglio. Il XIX secolo fu caratterizzato da una serie di importanti cambiamenti di pensiero globale e da una maggior sensibilità verso la libertà di espressione. Così sorsero numerosi “profeti” e gruppi di persone dedite allo studio e l’analisi dei Testi Biblici, in particolar modo negli Stati Uniti d’America. Da questi si svilupparono parecchie organizzazioni religiose tra le quali gli Avventisti, i Pentecostali, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e gli Studenti Biblici oggi conosciuti come Testimoni di Geova. Nel complesso, tali organizzazioni hanno notevolmente riacceso l’attesa della fine del mondo e in poco meno di 150 anni si sono diffuse in tutto il globo facendo conoscere ad un sempre maggior numero di persone le rispettive dottrine. Che poi abbiano raggiunto eventuali obiettivi o meno, o che il loro messaggio piaccia o non piaccia questo dipende da vari fattori, discutibili fin che si vuole. Intanto, nel bene o nel male, esse fanno parte a pieno titolo della realtà odierna, talvolta persino della nostra quotidianità. 139 Una caratteristica interessante delle succitate organizzazioni non è tanto legata alle ovvie differenze esistenti tra di loro, ma alle similitudini concernenti proprio la fine del mondo. Quasi tutte in principio additarono grossomodo la seconda metà del XIX secolo come inizio della Presenza di Cristo e del successivo Giudizio di Dio sull’umanità impenitente. D’altra parte gli allora Studenti Biblici, preso atto dell’inefficacia di queste date, puntarono lo sguardo verso l’anno 1914, sul quale spenderemo due parole più avanti. A questo punto viene spontanea una riflessione: tanto più si è determinati nel diffondere le proprie convinzioni riguardo la fine del mondo e maggiori saranno le responsabilità che tale divulgazione comporta. Inutile citare la Chiesa Cattolica o quella Ortodossa visto che su tematiche del genere sembrano entrambe sonnecchiare. Le molte organizzazioni evangeliche, benché attive sul piano missionario, riguardo la fine dei tempi sono rimaste sostanzialmente ferme alle rispettive concezioni iniziali, ma non gli Studenti Biblici. Nel 1931 essi adottarono il nome “Testimoni di Geova” e, sebbene le dottrine fondamentali siano rimaste invariate, fu proprio la loro visione della Presenza di Cristo e della fine del mondo a subire una costante serie di evoluzioni nel corso dei decenni. Più di tutte le altre confessioni cristiane è stata quella che ha dovuto fare i conti con alcuni errori di valutazione nati quasi sempre da fraintendimenti e congetture di singoli individui. Idee forse troppo “possibiliste” che produssero certi problemi. Ciò nonostante i Testimoni di Geova hanno scatenato un vero boato mondiale sull’argomento della fine. Ed è per questa ed altre ragioni che da sempre incontrano una forte ed aspra opposizione da parte di politici intolleranti, del clero della cristianità, di ex membri frustrati e, last but not least, di svariati gruppi “specializzati” (a detta di questi ultimi) nel combattere le sette. La fine del mondo e la psicologia umana. Naturalmente siamo consci del fatto che il 2012 stia divenendo oggetto di panico, ansiosa attesa e angoscia forse ingiustificati. D’altro canto, se volessimo tranquillizzare gli animi dicendo che nel 2012 non accadrà proprio niente, potremmo star commettendo il medesimo errore di chi, invece, sostiene il contrario. Questo perché esistono solo due possibilità in merito: o qualcosa accadrà oppure no. Semmai, è il modo come noi reagiamo dinnanzi a tali aspettative che dovrebbe spingerci a riflettere un pochino. Che faremo? Ci indebiteremo fino al collo perché tanto tutto finirà nel 2012? Oppure venderemo ogni cosa per la medesima ragione? 140 Fig. 148. Joseph Smith jr. fu il fondatore del movimento mormone, da cui nacque la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Fig. 149. Ellen G. White fu la principale personalità di spicco a dare impulso al movimento evangelico Avventista. Fig. 150. Charles Taze Russel fondò un gruppo denominato Studenti Biblici, oggi conosciuti come Testimoni di Geova. (http://www.watchtower.org) 141 Fig. 151. Nel 2036 si pensa che l’asteroide Apophis si scontrerà con la Terra. Ma le probabilità che avvenga sarebbero comunque bassissime. Può darsi che il continuo pronosticare la data della fine possa apparire quasi come un innocuo passatempo, però simili illazioni potrebbero anche sortire effetti imprevedibili, soprattutto verso le fragili menti di quei poveri individui pronti a compiere azioni insensate in nome di una congettura tutta da dimostrare. E ci sarebbe anche da sottolineare quanto la natura umana sia strana e contraddittoria. Per esempio, benché viviamo in un epoca ultra tecnologica dedita alla scienza ed alle conquiste spaziali, da molti decenni continuiamo a crogiolarci il cervello andando a cercare in antichissimi reperti archeologici Sumeri, Egizi, Babilonesi, Maya ecc. informazioni che possano in qualche modo svelarci se durante questa epoca accadrà una catastrofe. Poi – paradossale, ma vero! – se per caso bussassero alla nostre porte i Testimoni di Geova spesso facciamo finta di non essere a casa, o attraversiamo dall’altra parte quando li incrociamo per la strada pur di levarceli dai piedi. Eppure l’argomento che queste rispettabili persone portano alla nostra infastidita attenzione verte proprio sulla fine di questo mondo, tutto sommato messo alquanto male. Che poi sia giusto o sbagliato quello che dicono ognuno deciderà per sé, ma è un po’ come la storiella di un uomo grandemente desideroso di bere acqua fresca di montagna. L’uomo, attrezzatosi a dovere, cammina per molte ore fino a quando, stanco ed assetato, giunge presso un rifugio situato ad oltre 2000 metri d’altitudine. Entrato nel locale, acquista una bottiglia da ½ litro di quell’acqua tanto desiderata per accorgersi poi che era stata imbottigliata proprio in uno stabilimento ubicato ai piedi della montagna! Psicologia applicata. Ecco perché, in definitiva, pronosticare se la fine arriverà nel 2012, nel 2034, nel 2036, o se avrebbe dovuto arrivare nell’anno 1000, nel 1975 o nel 1984 è futile e più adatto per redigere un buon trattato sui modelli comportamentali della società moderna. A che servirebbe saperlo? E a chi servirebbe saperlo? Supponiamo che veramente nel 2012 il temuto Nibiru 142 porterà uno sciame di asteroidi e meteoriti vari verso la Terra. Noi che faremo ora? Che faremo l’anno prossimo? E fra due anni? Ci crediamo veramente, oppure è solo un modo come un altro per provare qualche forte emozione ed evadere dalla noia quotidiana? Per rendere ancora più accattivante la nostra analisi psicologica vogliamo esporre un altro esempio di notevole spessore: stiamo guardando un film horror di quelli che fanno uscire il cuore dalla gabbia toracica, seduti da soli a casa nostra in piena notte. Ad un certo punto la tensione è altissima, sudiamo freddo, l’adrenalina è alle stelle ed ogni minimo rumore intorno a noi ci fa saltare dalla poltrona. Eppure, allo stesso tempo, sappiamo che è solo un film, scene girate da attori in uno studio cinematografico. Il film terminerà con la classica scritta “The End” e noi andremo a letto forse un po’ terrorizzati ma, tutto sommato, soddisfatti. In effetti l’idea che debba venire la fine del mondo solletica la mente, terrorizza il cuore, affascina l’intelletto e sottosotto piace; però, contemporaneamente, non ci vogliamo credere perché comunque tutto sembra procedere allo stesso modo di sempre. E allora ci lasciamo coccolare dalla finta quiete traspirante nei programmi televisivi di intrattenimento o dalla pubblicità con le sue canzonette, i suoi colori e gli inviti a comprare qualsiasi cosa “a tasso zero e pagamento fra cent’anni”! Noi esseri umani possiamo inquinare e deturpare la Terra illudendoci che tutto andrà bene; possiamo dedicarci a truffe e furti pensando che tutto filerà liscio; possiamo far la guerra e pregare Dio che faccia vincere noi e far crepare il nemico (il quale avrà pensato la stessa cosa ovviamente). E poi c’è anche la fine del mondo dove ogni cosa avrà termine. L’importante è scrollarci di dosso le responsabilità verso i nostri simili, verso la Terra e persino verso noi stessi, scrupolosi nel dare la colpa di esser ciò che siamo a chi meglio ci garba: al vicino di casa che vuole averla vinta, alla moglie o al marito che non ci capisce, al prete, al politico, a Dio, al Diavolo ecc. A che ora è la fine del mondo? Fondamentalmente quando si parla di fine del mondo essa viene intesa come atto di giudizio di Dio oppure come inevitabile fine catastrofica del nostro pianeta. E’ interessante però notare come diverse confessioni evangeliche, applicando “alla lettera” i passi biblici di 2 Pietro 3, 10-13, ritengano che tale giudizio comporterà l’effettiva distruzione fisica della Terra (addirittura dell’intero Universo!), il rapimento in Cielo degli eletti ed una successiva ricreazione del pianeta. Forse qualche Lettore storcerà un po’ il naso al pensiero che un Dio amorevole dovrebbe agire in modo così drastico ed esagerato, oltre che illogico. Si ipotizza persino che tale giudizio 143 scaturirà in virtù del deterioramento della situazione politica mediorientale. Complessivamente però tutti sono abbastanza unanimi nel ritenere la nostra epoca come momento cruciale della Storia umana, pertanto la cosiddetta Grande Tribolazione e l’Armaghedon descritti nei Vangeli e nell’Apocalisse sarebbero imminenti. Oltretutto giustificati. D’altra parte, in base all’attuale calendario ebraico, l’anno 2009 dovrebbe corrispondere al 5769mo anno dalla creazione di Adamo e poiché, in base alla tradizione ebraica, l’attuale mondo dovrebbe durare 6000 anni esso finirà presumibilmente verso il 2240 E.V. Fig. 152. La fine del mondo viene paventata come un giudizio verso i cattivi nel quale Dio distruggerà anche la Terra. Ma che male avrebbe fatto il nostro pianeta? Avevamo lasciato in sospeso il 1914. Gli allora Studenti Biblici, basandosi su una serie di calcoli cronologici, giunsero a tale data partendo dalla distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 607 a. E.V. ad opera dei Babilonesi. Sommando 2520 anni (periodo definito “fissati Tempi delle Nazioni” o “Tempi dei Gentili”) si arriva all’autunno del 1914. Essendo però un calcolo alquanto particolare (anche se non eccessivamente complicato) e non volendo troppo addentrarci in merito, rimandiamo chi volesse saperne di più ai diretti interessati. Cosa accadde quell’anno? Ebbene, scoppiò la Prima Guerra Mondiale, ma sembra che alcuni aspettassero proprio la fine del sistema attuale, evento che invece non si verificò inducendo qualche deluso ad abbandonare l’organizzazione. Comunque, la stragrande maggioranza di quegli Studenti Biblici manifestarono un’attitudine paziente e compresero che la fine era ancora futura. Non dobbiamo mai trascurare quindi che l’eccesso di aspettative è, per definizione, una tipica caratteristica umana la quale non conosce limiti di nessun genere. Colpisce tutti e lascia sempre qualche segno. Probabilmente, ancor oggi un gettonato argomento di critica ai Testimoni di 144 Geova riguarda l’anno 1975 corrispondente, in base alla cronologia biblica, a 6000 anni dalla creazione di Adamo (il primo uomo apparso sulla Terra secondo il libro della Genesi). In effetti, alcuni individui congetturarono che l’anno 1975 poteva combaciare con la fine dell’attuale mondo ma, poiché questa illazione prese il largo con gran rapidità, fu necessario affrontare l’argomento ripetute volte nella speranza di arginare i potenziali pericoli che avrebbe potuto nascondersi dietro tale ipotesi (sebbene fu lasciato aperto un piccolo margine di possibilismo peraltro anch’esso frainteso). Inevitabilmente, il senso di frustrazione e delusione dovuti al mancato appuntamento con la tanto attesa “fine del sistema” spinse parecchie persone ad andarsene via dall’organizzazione. Per certo fu una grande lezione ma, allo stesso tempo, costituì un raffinamento dal quale derivarono notevoli miglioramenti generali. Al di là però di queste problematiche, il 1914 viene da essi tuttora considerato l’inizio degli Ultimi Giorni del presente mondo malvagio, i quali culmineranno quindi con la Grande Tribolazione e la guerra di Armaghedon, evento finale che non causerà la distruzione della Terra. L’attitudine umana a far congetture sulla data della fine diede alito ad un altro fraintendimento durato qualche tempo: poiché si supponeva che la “generazione” menzionata in Matteo 24, 34 si riferisse alla lunghezza media della vita di un uomo, pari a circa 70 anni, alcuni pensarono che sommando 70 anni al 1914 portasse al 1984. Naturalmente quell’anno non fu mai additato ufficialmente e rimase solo una chiacchiera di sottofondo. Ci fu invece un caso andato a male proprio verso la prima metà degli anni 80 del secolo scorso, allorché una sedicente veggente predisse la fine del mondo entro il 1984 a causa di un presunto allineamento di pianeti. Ultimamente abbiamo notato la comparsa e diffusione (grazie soprattutto ad internet) di nuove tipologie di predizioni della fine del mondo le quali punterebbero alla decade 2030-2040, in modo particolare gli anni 2033, 2034 e 2036. Ad esempio, una di esse si baserebbe sul passo biblico di Genesi 6, 3, nel qual caso – contando 120 anni menzionati come “periodo finale dell’era antidiluviana”– condurrebbero appunto alla decade del 2030. Beh, dopotutto siamo dentro il medesimo tempo indicato per il temuto impatto con l’asteroide Apophis nel 2036… Dunque, in conclusione? Di ipotesi e pronostici se ne potrebbero avanzare a non finire da qualsiasi fronte del pensiero umano; che sia storico, religioso o scientifico, poco importa. Gli astrofisici sostengono che la Terra sarà distrutta dal sole quando esso raggiungerà la fase di gigante rossa, tra circa 5 miliardi di anni. Altri hanno il terrore di un immane (e prossimo) impatto meteorico o di una catastrofe ambientale. Non da meno è il dr. Zecharia Sitchin, la più 145 autorevole voce sul ritorno di Nibiru. Come giustamente ricordava il Direttore della rivista “Area di Confine”, ing. Ennio Piccaluga, nell’editoriale di dicembre 2008, Zecharia Sitchin ritiene ancora lontano l’avvicinamento di questo presunto pianeta (salvo ripensamenti dell’ultima ora). Tuttavia pare che molti non gli diano ascolto e preferiscono attaccarsi alle insistenti attese intorno al 2012! Significa allora che tutto il chiasso sorto intorno alla fine del mondo è solo fumo o, per usare un termine popolare, “fuffa”? La risposta a questa domanda potrebbe portare a diverse conclusioni e, supponiamo, a differenti reazioni. Ad esempio, se dicessimo: “La fine del mondo è imminente!” è plausibile che alcuni considerino arrogante e offensiva una tale presa di posizione. Se invece dicessimo: “Va tutto bene. Stiamo tranquilli perché non ci sarà nessuna fine del mondo!” può darsi che qualcun altro avrà da pensare esattamente la stessa cosa, ma per le ragioni inverse. Curioso e paradossale, persino logico. Fig. 153. C’è anche chi crede che la Terra sarà distrutta da un mini-buco nero vagante o da uno fabbricato dall’uomo stesso. Fig. 154. Se il sole diverrà una gigante rossa tra 5 miliardi di anni, ecco il tetro spettacolo che toccherà ammirare ai nostri lontani discendenti. 146 Fig. 155. Il dibattito sul ritorno di Nibiru è molto acceso. Non tutti sono concordi nel ritenere il 2012 come l’anno del suo ritorno, nemmeno lo stesso dr. Zecharia Sitchin. La nostra società racchiude un impietoso mix composto da situazioni comode ad un numero x di persone e scomode ad un numero y di altre. Qualcuno trae profitto dal/nel mondo odierno, ma molti subiscono e soffrono a causa del medesimo mondo odierno. Pertanto, il sentire/sapere che l’attuale società umana dovrebbe finire per mano di Dio, di un asteroide, di un invasione aliena, di una catastrofe ambientale o altro certamente non farà le gioie di quelli che gongolano nei propri “paradisi”, pur sapendo che intorno a loro si consumano drammi d’ogni genere. Chi invece soffre, vuoi per un motivo o vuoi per l’altro, sarà in teoria ben contento di sapere che tutto il marciume finirà. Ma c’è un però. Abbiamo constatato nello svolgimento di questo controverso capitolo che il tema della fine del mondo è strettamente legato alle responsabilità di ciascun individuo verso qualcosa/qualcuno. Il Lettore tragga le proprie conclusioni ma, dinnanzi ad un potenziale e drastico cambiamento epocale, chi sarebbe realmente disposto a rinunciare al proprio stile di vita, modo di pensare, posizione sociale ecc. se in cambio avesse salva la vita? Bella domanda! Mettiamola così: proviamo a guardarci intorno. Guardiamo in che condizioni versa il nostro pianeta; osserviamo in quali condizioni versa l’Umanità e cerchiamo di “vedere” l’ipocrisia, lo sfruttamento, l’arroganza, l’odio e l’avidità dell’uomo. Cerchiamo di inquadrare coloro che esasperano la realtà per trarre vantaggi e anche coloro che minimizzano la realtà per nascondersi e trarre altri vantaggi. Facciamo una analisi obiettiva di ciò che la religione ha offerto all’uomo e un’altrettante analisi obiettiva delle esperienze politiche maturate dall’uomo verso i suoi stessi simili. Tiriamo le somme e proviamo a rispondere a quest’altra domanda: “quanti anni di vita daremmo a questo 147 mondo?”. Escludendo quindi i vari “indovini mordi e fuggi” con le loro predizioni da giornaletto gossip (tra presunti allineamenti di pianeti, invasioni aliene a go-go e cataclismi assortiti) possiamo dire che la storiella di “Al lupo! Al lupo!” è molto educativa. Nessuno è perfetto, pertanto si possono commettere anche errori di valutazione oppure si può cadere nel laccio delle facili congetture. Ma il “lupo” (qualunque esso sia) alla fine arriverà e farà ciò che dovrà fare, che ci piaccia o no. “Solo chi sta zitto e non ha nulla da dire è colui che non sbaglierà mai”. Aggiungiamo allora questo: “Forse, chi sbaglia in partenza potrebbero essere proprio quelli che se ne stanno (o che se ne sono stati) volutamente zitti e non hanno niente da dire (o non hanno detto niente) per non perdere la faccia, dovendo ammettere che sapevano avendo invece taciuto”. 148 APPENDICE 8 ADAMO ED EVA E LA FINE DEL MONDO Abbiamo visto come il fascino e la suggestività possano talvolta creare nell’essere umano sentimenti di ansiosa attesa che, purtroppo (o per fortuna?), si risolvono spesso in bolle di sapone. Qualche tempo fa sorse una congettura della fine del mondo anche su Eva, la prima donna creata, stando al racconto biblico di Genesi, da una costola di Adamo. Ovviamente sappiamo bene che tale narrazione non è assolutamente compatibile con le moderne teorie basate sull’evoluzione della vita (almeno così pensano i sostenitori della Teoria dell’Evoluzione). Tuttavia è la questione cronologica ad averci incuriosito. Effettivamente, nessuno conosce il momento in cui Eva fu creata, non si conoscono l’anno e nemmeno il giorno. In pratica, un vero mistero. Ciò nonostante, dopo la comparsa della donna iniziò il cosiddetto “Settimo Giorno” o “Giorno di Riposo”. Pare che alcuni appassionati di profezie catastrofistiche abbiano avanzato l’ipotesi che allo scadere di 6000 anni dalla creazione di Eva dovrebbe avvenire la fine predetta nell’Apocalisse. Potrebbe avere una base credibile questa illazione? La nostra opinione è negativa e tenteremo anche di spiegarne la ragione. Nel vangelo di Matteo cap. 24 versetto 36 si legge “Quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre”. La domanda sorge spontanea: chi conosceva (e conosce) la data della creazione di Eva? Naturalmente Adamo, Dio stesso e proprio gli angeli! Infatti, parlando della formazione della Terra in Giobbe 38, 6-7 si legge: “Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio?” Se realmente la fine avvenisse allo scadere di un preciso tempo dalla creazione della prima donna (come del primo uomo) allora le parole di Matteo 24, 36 verrebbero meno in quanto gli angeli, presenti durante la creazione della prima coppia umana, lo avrebbero saputo. Oltretutto - per i credenti - lo stesso essere identificato come “Satana il Diavolo” (principale angelo ribelle) non conosce la data della fine, ma solo il periodo. 149 UNDICESIMA CONTROVERSIA L’ANNO 2012 Nell’editoriale di dicembre 2008 della rivista “Area di Confine” il direttore, ing. Ennio Piccaluga, scrisse: “Saremmo tutti ben lieti se qualche stimato luminare ci dimostrasse l’inconsistenza delle nostre paure … ma ciò non avviene … E non dispiacerebbe che un buon astronomo, con umiltà e senza saccenteria … si prendesse la briga di … dimostrare che non sta arrivando un bel niente dalle profondità dello spazio. Causerebbe, forse, la delusione dei catastrofisti, ma avrebbe di certo la nostra riconoscenza”. In realtà, proprio sul web si possono visitare alcuni siti che affrontano il tema del 2012 in chiave pragmatica, come ad esempio la stessa Wikipedia (www.wikipedia.org) oppure il blog “Disinformatico” del giornalista Paolo Attivissimo. Non da meno è stata pure la trasmissione scientifica di Raitre “TG Leonardo” in un servizio andato in onda agli inizi del 2009, nel quale si misero a confronto alcune credenze intorno al 2012 con i relativi dati acquisiti dagli scienziati. E’ chiaro che qualche sito internet ed un servizio televisivo saranno poca cosa se messi a confronto con l’autorevole voce di un luminare della scienza, tuttavia ciò che poi conta realmente è la qualità delle informazioni. Prendendo spunto da questo prologo, cercheremo nel limite del possibile di comprendere le motivazioni per le quali sono sorte molte delle paurose aspettative sul 2012 e tenteremo anche di offrire un modesto contributo per ridimensionarne alcune. D’altronde, benché certi messaggi apocalittici odierni risultino fastidiosi, questa è l’epoca in cui viviamo e non possiamo scappare se non attraverso “diversivi” e distrazioni varie. In tutta franchezza, nel caso la fine della nostra pazza civiltà fosse qualcosa di plausibile, faremmo meglio a non riderci con troppa leggerezza, anche perché messi bene non siamo. Inoltre, il vecchio detto “si raccoglie ciò che si semina” sembrerebbe proprio adatto alla presente situazione mondiale. Ma è veramente da temere il 2012 ormai prossimo? La Terra e la sua rotazione. Si ipotizza che la Terra dovrebbe cessare di ruotare sul proprio asse entro il 21 dicembre 2012 e rimanere ferma circa 72 ore per poi riprendere la rotazione in senso retrogrado. Di certo, una prospettiva non troppo rosea. Rivedere allora quanto già sappiamo in merito al nostro pianeta potrebbe aiutarci a capire che, in effetti, il rallentamento della rotazione accertato non corrisponde propriamente ai timori conclamati. 150 La differenza di 4 minuti tra giorno siderale (23 h 56 m 4 s) e giorno solare (24 ore) è dovuta ad un effetto di parallasse con il Sole. Infatti, la Terra ogni giorno percorre mediamente 2,5 milioni di km della propria orbita. La stessa velocità orbitale del nostro pianeta, inoltre, non è sempre uguale, pertanto le cicliche variazioni annuali della durata del giorno possono ammontare complessivamente a 15 secondi circa. Infine, i deboli effetti di marea esercitati dalla luna (in minima entità pure dal sole) e le disomogeneità della massa terrestre - dovute a vari fattori interni ed esterni - provocano il rallentamento della rotazione del nostro pianeta. Fig. 157. Relazione tra giorno siderale e giorno solare Proprio verso la fine del 2008, grazie alla precisione degli orologi atomici al cesio, è stato aggiunto 1 secondo in più alla durata del giorno (notizia diramata da TG3 Leonardo in data 31 dicembre 2008). Rimarrebbe però il dubbio relativo al lasso di tempo su cui il ritardo di 1 secondo sarebbe stato calcolato. Mettiamola allora così: perché non provare noi stessi a misurare la durata del giorno? Certo, sarebbe un tentativo alla bene-meglio, ma utile ad aver chiaro in mente che nessuno può arrivare al punto di occultarcene persino la durata. La Terra ed il suo campo magnetico. Strettamente legato alla rotazione terrestre è il campo magnetico che avvolge il nostro pianeta. Va detto però che i timori dell’imminente annullamento ed inversione probabilmente sono esagerati per diverse ragioni. Prima di tutto, l’argomento è di una complessità tale che affidarsi semplicemente alle profezie di antichissimi popoli potrebbe condurre a risultati fuorvianti se la profezia stessa non offrisse un minimo di dati verificabili: è lo stesso problema che talvolta affligge anche le previsioni fatte dagli scienziati in numerose circostanze (si considerino ad esempio le eruzioni dei vulcani “dormienti”). Secondariamente, dobbiamo tener conto dei 151 dati effettivi in nostro possesso e delle conclusioni a cui essi ci faranno pervenire. Le recenti stime scientifiche dimostrano che la diminuzione del momento magnetico è pari allo 0.05% annui, ovvero il 5% al secolo (≈4*10^19Am²); quindi l’annullamento e l’inversione, almeno in linea teorica, sarebbero ancora relativamente lontani. Tuttavia negli ultimi 10 anni le rilevazioni effettuate mediante satelliti (come l’Oersted danese) sembrano indicare che il campo magnetico terrestre stia dando evidenti segni di instabilità. Va inoltre sottolineato che, nonostante la maggior parte delle ricerche nel settore del paleomagnetismo vertono su una concezione gradualista dell’evoluzione geologica terrestre, esistono anche opinioni nettamente divergenti come quella del dr. Russel Humphreys, il quale ha proposto un modello a movimenti convettivi compatibile sia con inversioni rapide di polarità che con la diminuzione del campo magnetico globale. Fig. 158. Rappresentazio ne del campo magnetico terrestre e delle sue interazioni col vento solare. Quindi, è vero che la rotazione rallenta come è anche vero che il campo magnetico stia diminuendo, ma non siamo nelle condizioni di prevedere una data precisa per la loro rispettiva cessazione. Poiché il campo magnetico viene generato per il 94% all’interno della Terra - mentre solo il 6% è prodotto da interazioni con il vento solare - la cessazione della rotazione ne significherebbe pure l’annullamento (e la conseguente fine della vita sulla Terra). Ma la rotazione rappresenta l’imprinting del momento angolare originale acquisito dal nostro pianeta alla sua formazione; così, per fermare la rotazione occorrerebbe trasferire momento angolare sotto forma di energia meccanica da qualche altra parte (il debole effetto di marea esercitato dalla Luna ne è un esempio). Il fatto è che la potenza del campo magnetico è irrisoria, sufficiente solo a schermarci dalle radiazioni nocive, pertanto non potrebbe causare la frenata della rotazione planetaria. Inoltre l’annullamento della rotazione non può verificarsi nei sistemi inerziali dotati di moto 152 periodico ed armonico come quello dei pianeti e dei loro satelliti; nella peggiore delle ipotesi si stabilirà una risonanza di 1:1 (la Luna che ci volge la stessa faccia significa una rotazione su se stessa per ogni orbita attorno alla Terra). In conclusione, qualora il momento d’inerzia della rotazione terrestre venisse completamente ceduto in compensazione ad un altro corpo celeste, risulterebbe estremamente difficile ripristinarlo ne in un senso e nemmeno nell’altro. La Galassia ed il suo centro. Ulteriore elemento caratteristico del timore verso il 2012 riguarda il presunto allineamento con il piano galattico. Per intenderci, il sistema solare si muove alla velocità di circa 220 km/s attorno al nucleo della Via Lattea impiegando grossomodo 250 milioni di anni a percorrerlo. Il moto ondulatorio (anch’esso di tipo armonico) che porta il sistema solare a transitare sul piano galattico si compie in circa 85 milioni di anni (2,7 volte per ogni orbita). Ne consegue che, ogni qualvolta il sistema solare giungerà in quel punto, esso sarà – in linea teorica - maggiormente esposto alla gravità prodotta da una più elevata densità stellare caratterizzante il piano galattico ed i suoi dintorni. Cosa possiamo imparare invece dall’osservazione delle innumerevoli galassie uguali alla nostra, viste sia di profilo che di taglio? Le galassie a spirale posseggono proprio sul piano di rotazione un spessa coltre di pulviscolo che blocca la luce e le radiazioni provenienti dal nucleo centrale (dove si annida il potente motore gravitazionale, probabilmente un buco nero). Il nostro sistema solare dista circa 28.000 anni luce dal nucleo, per cui il pulviscolo si comporta da filtro schermante. Forse il problema al quale potremmo incorrere è legato ad eventuali piccole fluttuazioni nella densità di queste polveri, sufficienti da lasciar passare una maggior dose di radiazioni che, come risultato, provocheranno un modesto aumento del riscaldamento globale del sistema solare. In linea di massima però si direbbe che la struttura della nostra galassia sembri fatta ad hoc! Dal momento che uno dei timori del 2012 riguarda qualche non ben precisata onda galattica, ricordiamo ai nostri cari Lettori che, in virtù del limite della velocità della luce, quello che osserviamo oggi verso il centro della galassia è accaduto circa 28 mila anni fa. La luce e le altre radiazioni impiegano quel lasso di tempo per arrivare fino a noi. Quindi, qualsiasi antica profezia basata su presunti cicli galattici avrebbe dovuto tener conto anche dei fattori legati alla Relatività. Inoltre, se veramente fossimo tanto prossimi al piano galattico per quale ragione nel corrente anno 2009 dovremmo essere meno preoccupati 153 quando invece i presunti effetti sarebbero praticamente gli stessi già adesso? Si consideri oltretutto che tale “allineamento” sarebbe già avvenuto nel 1998! Fig. 159. Sei splendidi esempi di galassie a spirale. I pericoli maggiori sono le esplosioni di supernova e le radiazioni del nucleo galattico. Figura 160. La posizione occupata dal nostro sistema solare nella Via Lattea (NASA) 154 Fig. 161.L’ipotesi del Pianeta X è parte di una più grande teoria riguardante una probabile compagna invisibile del sole. (http://www.space.com/scienceastronomy/solarsystem/nemesis_010320-1.html) Nibiru: arriva il Pianeta X? Nel precedente capitolo si era evidenziato come la cinematografia fantascientifica abbia in certa misura accresciuto l’interesse ed il timore verso un certo tipo di catastrofismo. Di fatto, però, tali paure hanno radici molto profonde, almeno quanto lunga è la storia documentata della razza umana. Tuttavia quello che ci riguarda ora è valutare fino a che punto siano giustificabili le attese del presunto Pianeta X o Nibiru, definito dal sumerologo Zecharia Sitchin “il Dodicesimo Pianeta”. Stando alle attuali conoscenze del sistema solare non sarebbe affatto da escludere che esistano ulteriori pianeti di svariate dimensioni oltre l’orbita di Nettuno; tra l’altro ciò è ben risaputo dalla Comunità Scientifica (inclusa la stessa NASA per essere chiari). Da molti anni infatti la ricerca di questi pianeti è coadiuvata da sofisticatissimi telescopi a terra e da satelliti orbitali dotati di appositi sensori IR. Oggi come oggi prevale l’ipotesi di una compagna oscura del sole situata oltre la “Nube di Oort”, ma che 155 periodicamente si immerge all’interno d’essa; praticamente una nana bruna o nera capace di perturbare l’orbita di innumerevoli frammenti ghiacciati spingendone una parte verso il sistema solare interno. Alcuni nomi dati a tale ipotetica compagna sono: “Nemesi” (Richard. A. Muller), Dark Star” e “Little Brother” (Windsor e Patten). Si pensa che l’orbita di questo misterioso oggetto sub-stellare possa compiersi in parecchi milioni di anni (da un minimo di cinque a 26 o addirittura 30 milioni di anni). Idee abbastanza divergenti riguardano anche gli effetti dell’astro: si va da perturbazioni cicliche delle orbite dei pianeti alla messa in orbita dei pianeti stessi (ancora Windsor e Patten); altri ancora vedono in questo oggetto la causa dei cataclismi narrati in molti miti e nella storia biblica. Complessivamente, ad esso si associano le principali catastrofi abbattutesi sulla Terra nel corso delle Ere Geologiche. Onestamente non si può certo ritenere di aver le idee molto chiare al riguardo, ma non significa comunque che l’argomento debba essere trattato con disprezzo. Siccome dello Spazio interplanetario sappiamo meno di quanto presumiamo di conoscere, non dovremmo stupirci se, prima o poi, un nuovo oggetto di taglia planetaria verrà finalmente individuato (ammesso che dietro qualche odioso “top secret” non si nasconda proprio una simile scoperta). In tutto questo già criptico scenario si inquadra il terrore del Pianeta X (o Nibiru che dir si voglia). Infatti anche Nibiru non sembra seguire una strada tanto migliore rispetto alla conoscenza della misteriosa compagna oscura del sole. Basta sfogliare la gran mole di libri e pagine web per constatare come da un temuto pianeta infuocato si passa ad un pianeta infuocato con satelliti, ad una nana bruna con pianeti, poi ad una nana nera con pianeti. Non meno interessante è la più recente ipotesi concernente la nana rossa con pianeti: un vero e proprio mini-sistema solare! A causa delle palesi incoerenze venutesi a creare nelle varie ipotesi del Pianeta X, gli scettici si sono convinti di poter demolire tutto l’impianto ideologico e (pseudo?) scientifico in modo abbastanza semplice. Meglio sarebbe affrontare la questione sotto una luce diversa: ne carichi di scetticismo aprioristico, ma nemmeno di bieca ingenuità. Si consideri che, in fatto di passaggi nel sistema solare da parte del presunto Pianeta X, esistono opinioni molto contrastanti: si passa dai 3600 ai 4200 anni fino a periodi molto più lunghi, nell’ordine delle decine di migliaia di anni. A questo punto dovremmo seriamente chiederci come si possa predire una data specifica, basandosi sul calendario Maya ed i relativi “cicli cosmici”, se poi sappiamo poco o nulla del corpo celeste in questione. Probabilmente gli scettici riterranno l’attesa di Nibiru un atto di fede più che un fatto di scienza. 156 Dal canto nostro preferiamo rimanere con i piedi saldamente per terra e la mente aperta, ovvero mettere il Lettore in condizioni di poter far uso del buon senso e del sano ragionamento. Quindi, tornando al Pianeta X (Nibiru), se le nane nere sono oggetti ritenuti rarissimi, le nane brune sembrano invece essere corpi celesti difficili da individuare (seppur non rari), ma decisamente non idonei ad ospitare pianeti abitabili: questi astri hanno di per se temperature bassissime e luminosità esigua. Di conseguenza, qualsiasi pianeta gli orbitasse attorno sarebbe freddo e relativamente inerte (a meno che non gli orbiti vicinissimo). Qualcuno ovviamente potrebbe obiettare reiterando l’ipotesi della nana rossa con pianeti, tutto sommato, più sensata rispetto ad altre. In tal caso, non ci resta che riconsiderare la scoperta di Gliese 581. Riflettiamo un momento: se siamo stati in grado di risolvere un pianeta di taglia quasi terrestre attorno ad una stella così debole e distante 20 anni luce, non dovremmo ancor più essere nelle condizioni di poter distinguere chiaramente un mini-sistema solare che si aggira nei nostri paraggi? O forse siamo tanto ingenui da credere che quello che sta in cielo qualcuno ce lo può nascondere facendoci “vedere” chissà cos’altro? In parole semplici, una dose di buona volontà nello scandagliare il cielo notturno sarà di prezioso aiuto. Perché lascialo fare sempre e solo agli altri? Un salto nel passato. Non vorremmo essere fraintesi. Che il 2012 potrebbe essere un anno come un altro è una cosa, ma illuderci che la nostra epoca sia un periodo come qualsiasi altro, non siamo affatto d’accordo! Fig. 162. la compagna oscura del sole sarebbe in grado di perturbare la Nube di Oort. Circa il Pianeta X suggeriamo la lettura di questa pagina web: http://www.astrofilitr entini.it/tnp/hypo.htm l 157 Finora, però, ci siamo occupati del futuro, nella fattispecie il veniente 2012; resta solo da attendere quell’anno per sapere se le nostre paure avranno avuto senso oppure no. Qualsiasi ulteriore congettura sarà solamente un aggiunta a quanto già è stato detto. Null’altro. Dovremmo invece fare un salto nel passato per cercare delle coincidenze (o almeno delle date contigue) che possano avvalorare la formulazione di una teoria in grado di individuare la Causa Prima da cui sembra si siano sviluppate profezie e cicli cosmici. Di certo una Teoria con i suoi inevitabili difetti e senza alcuna pretesa di “Verità Assodata”. Ebbene, di queste “coincidenze” ne avremmo quattro. (1) La prima riguarda i Testi Sacri Veda ed il ciclo denominato Kali Yuga. Stando a questi antichissimi scritti il Kali Yuga iniziò nel 3102 a. E.V. e durerà complessivamente 432.000 anni. Esso coinciderebbe con la morte di Krishna e viene descritto come un periodo oscuro, di decadenza morale e destinata oltretutto a terminare in modo eclatante, sostituita da una nuova era di rinascita e rinnovamento totali. Molto interessante è l’opinione dello scrittore René Guénon (1886-1951), studioso di tradizioni spirituali orientali ed occidentali, il quale considerava prettamente simbolici i 432.000 anni del Kali Yuga. L’era del materialismo sarebbe iniziata in realtà verso il 4000 a. E.V. e dovrebbe durare in realtà circa 6000 anni, giungendo quindi al suo epilogo nei decenni dopo l’anno 2000. Fig. 163. René Jean-Marie-Joseph Guénon Nato a Blois il 15 novembre 1886 e morto al Cairo il 7 gennaio 1951 (2) La seconda riguarda la Bibbia e la cosiddetta era antidiluviana. In questo caso il soggetto che ci interessa è l’antico profeta Enoc, settimo uomo nella discendenza di Adamo, nato verso il 3534 a. E.V. e morto a “soli” 365 anni nel 3169 a. E.V. Naturalmente il libro di Genesi non offre molti particolari descrittivi circa le attività svolte dagli uomini vissuti in quell’epoca, pertanto 158 sarebbe un po’ azzardato ritenere sicuramente giusta qualsiasi ipotesi formulata attraverso libere interpretazioni del testo biblico. In realtà i primi capitoli di Genesi si limitano a seguire solo alcuni fatti principali degli uomini facenti parte della linea di discendenza del Messia, il promesso “Seme della Donna”. Per quel che concerne Enoc, il racconto di Genesi dice che l’uomo “non fu più perché Dio lo prese” (altre Bibbie traducono “Dio lo trasferì”). Ulteriori informazioni inerenti la morte di Enoc scarseggiano, per cui non è stato complicato il diffondersi di illazioni assortite tra rapimenti da parte di presunti extraterrestri a bordo di navi spaziali oppure – addirittura – il trasporto di Enoc su un pianeta di un altro sistema solare. Dopotutto, in un epoca come la nostra dove la fantascienza ha contribuito al dilagare di idee del genere (affascinanti sicuramente), viene quasi istintivo abbracciare simili speculazioni. Vedremo più avanti come, in realtà, le cose andarono in maniera differente. (3) La terza riguarda il calendario Maya ed in particolare l’attuale “quinto ciclo” iniziato il 6 settembre 3114 a. E.V. che avrà termine il 20 dicembre 2012. Sono state avanzate diverse ipotesi per tentare di spiegare il senso dei cambiamenti epocali, ma gli archeologi sembra non abbiano trovato prove convincenti da far ritenere che i Maya considerassero effettivamente il 20 dicembre 2012 come fine del mondo. Comunque, si ritiene che avvenimenti di una certa entità dovrebbero caratterizzare il passaggio da un ciclo all’altro, possibilmente anche di natura violenta seppur non da fine del mondo. Va inoltre rilevato che nei testi Maya esisterebbe qualche riferimento (ovviamente “adattato”) al Diluvio Universale descritto in Genesi; tuttavia non è detto che l’avvento del quinto ciclo abbia veramente coinciso con il diluvio noetico verificatosi, secondo la cronologia biblica, molti secoli dopo. Quindi, sarebbe più corretto identificare due specifici fenomeni accaduti sulla Terra in differenti periodi di tempo. (4) Resta ora la quarta riguardante la mitologia sumerica. Anche questo antico popolo pare abbia adottato un modo di datare avvenimenti cruciali della loro civiltà e religione che, per certi aspetti, ricorda il Kali Yuga. Secondo il sumerologo dr. Zecharia Sitchin il dominio degli Anunnaki sarebbe iniziato circa 445 mila anni fa con una lunga carrellata di “re” mezzo uomo e mezzo dio (per l’esattezza 432 mila anni prima del diluvio universale). Il Kali Yuga sarebbe iniziato invece 432 mila anni fa: si direbbe quasi una incredibile coincidenza! La mitologia dei Sumeri racchiude molti altri aspetti intriganti i 159 quali, una volta ripuliti dagli elementi fantasiosi (può darsi volutamente mistificati), potrebbe darci una mano a far luce su ciò che accadde sulla Terra in un periodo storico di difficile comprensione, ma non per questo totalmente oscuro. Un passato difficile da decifrare. Nel background della mitologia di tutte le culture antiche si nasconde la presenza di un oggetto cosmico simile ad un piccolo sole, il quale ebbe un ruolo determinante nella storia delle prime civiltà umane. Uno dei problemi di base però sta nel discernere chiaramente se tale oggetto fu la causa del diluvio universale biblico, come ipotizzato da numerosi studiosi indipendenti di varia nazionalità, oppure no. Ulteriori contrasti riguardano poi le presunte glaciazioni, le devastazioni, i diluvi e le annesse distruzioni delle varie Atlantide, Lemuria e Muh su cui è stato scritto di tutto. Si devono aggiungere anche le discordie sulle datazioni attribuite a questi cataclismi, le quali possono spaziare da qualche migliaio fino a 10-12 mila anni fa, se non di più. E, dal momento che nei miti è assai arduo riuscire a separare l’elemento storico dalla fantasia, non ci resta che procedere come quando si ricompone l’immagine di un puzzle, consapevoli della possibilità di commettere degli errori anche da parte nostra. Fig. 164. Il quinto ciclo Maya iniziò il 6 settembre 3114 a. E.V. e terminerà il 20 dicembre 2012. Per quell’anno è previsto un nuovo ciclo di intensa attività solare. 160 Fig. 165. Georges Leopold Chretien Frédéric Dagobert Cuvier. Nato a Montbéliard, 23 agosto 1769 e morto a Parigi il 13 maggio 1832 Fig. 166. A sinistra: la “caduta di Fetonte” in un dipinto di Johann Liss. Al centro: copia romana di Demetra tratta da un originale greco (Museo PioClementino). A destra: “il ritorno di Persefone” in un dipinto di Frederic Leighton del 1891 Tanto per intenderci, l’idea del valore simbolico e non “alla lettera” suggerita da René Guénon per definire la durata di epoche come quella del Kali Yuga o del dominio degli Anunnaki, presenta per certo dei vantaggi logici e si abbina meglio alla cronologia biblica tradizionale. Di notevole spessore è anche l’opinione a suo tempo espressa dal naturalista francese Georges Cuvier nel suo Discours sur les revolutions de la surface du globe pubblicato nel 1825: egli non ebbe alcun dubbio nell’indicare un periodo compreso tra i 5000-6000 anni fa durante il quale un evento globale ridisegnò la geografia dell’intero pianeta. Dunque, il nostro inquadramento storico inizia a prendere forma. 161 IPOTESI DI SEQUENZA CRONOLOGICA Cronologia biblica: Adamo viene creato verso il 4026 a. E.V. Non si conosce però la data della creazione della prima donna, la quale dovrebbe precedere l’inizio del cosiddetto “Settimo Giorno” o “Giorno di Riposo”. * Era del materialismo (René Guénon): Iniziata ca. nel 4000 a.E.V. Durata ca. 6000 anni. Termine verso i decenni seguenti il XXI secolo. Cronologia biblica: Genesi 4, 26: “…Allora (in quel tempo) si cominciò ad invocare il nome del Signore (Yahweh)”. Verso il 3791 a. E.V. ** Cronologia biblica: Trasferimento (morte) del profeta Enoc: ca. 3169 a. E.V. Quinto ciclo nel calendario Maya: Iniziato il 6 settembre 3114 a. E.V. Terminerà il 20 dicembre 2012. Kali Yuga: Iniziato nel 3102 a. E.V. in concomitanza della morte di Krishna. *** Cronologia biblica: Diluvio Universale verificatosi verso il 2370 a. E.V. ___ * Secondo alcune illazioni bibliche allo scadere di 6000 anni dalla creazione della prima donna dovrebbe giungere la fine del mondo… ** Poiché non viene specificato esattamente il momento in cui i “figli di Dio” (Nefilim o Anunnaki) scesero sulla Terra è probabile che questa data potrebbe risultare in qualche modo significativa. Ma è solo una congettura. *** Krishna ed Enoc: la medesima persona? Il Grande ed incerto Puzzle. Prima che qualcuno fraintenda il nostro lavoro, chiarifichiamo per l’ennesima volta che questo libro non ha di certo la pretesa di voler “insegnare ai maestri”. Tuttavia siamo perfettamente consci delle notevoli problematiche insite nel datare fatti storici risalenti al III e al IV millennio a. E.V. come siamo altrettanto convinti che queste problematiche trovino la loro causa nel diluvio universale descritto in Genesi, verificatosi nel 2370 a. E.V (e non in periodi precedenti a tale data). Rimettendo quindi le affascinanti diatribe archeologiche nelle esperte mani di docenti e ricercatori 162 specializzati, noi preferiamo continuare a seguire il controverso filo logico saldamente impostato su tutto lo svolgimento del libro. Vi sarebbero tre racconti mitologici i quali, secondo la nostra opinione, potrebbero offrire ottimi indizi storici se messi in correlazione fra loro: il mito di Demetra, il mito di Fetonte e il mito della battaglia di Marduk contro Tiamat. Nel mito di Demetra (Madre Terra) accade che la figlia Persefone (corrispondente simbolo lunare) “precipita” verso un’enorme voragine apertasi sulla superficie terrestre. Nel mito di Fetonte (figlio del dio Apollo e di Climena) accade invece che il “carro del sole” sembra impazzire, muovendosi in modo anomalo, mentre Fetonte precipita distruggendosi al suolo. E’ come se due osservatori avessero seguito l’evolversi dello stesso fenomeno dai due lati della Terra in luce e in ombra, il che ci suggerirebbe una possibile soluzione: era la Terra a muoversi in modo anomalo in quanto l’asse di rotazione si stava spostando! La luna, proprio in quel momento, veniva colpita da Marduk* mediante enormi frammenti che ne devastarono la superficie spazzando via gli oceani e contaminando l’atmosfera, la quale in breve tempo si mineralizzò provocando l’ossidazione del suolo. E’ probabile che la luna dovette subire contemporaneamente lo stesso effetto gravitazionale che investì il nostro pianeta poiché l’asse di rotazione evidentemente si inclinò in modo quasi identico a quello della Terra, ma con un rallentamento della rotazione di circa 41 minuti. L’energia complessiva sprigionata e la devastazione furono tanto intense da sconquassare la luna neutralizzandone il campo magnetico e facendola spostare dalla sua posizione originale fino a quella attuale, divenendo il pianeta oggi conosciuto come Marte. I nomi Persefone, Tiamat e Lahmu potrebbero essere in realtà tre modi diversi per definire lo stesso corpo celeste: Persefone dalla prospettiva terrena, Tiamat dal punto di vista dell’acqua e degli oceani, Lahmu dal punto di vista, diciamo, politico riferito soprattutto a dopo la catastrofe cosmica. __ * Il dr. Zecharia Sitchin ritiene che probabilmente Marduk e Nibiru si riferissero allo stesso oggetto cosmico visto da due prospettive orbitali, ma è altrettanto rilevante l’ipotesi avanzata qualche anno fa dal fisico americano dr. John Ackerman nel suo sito www.firmament-chaos.com il quale sostiene che tale corpo celeste fosse nientemeno che il pianeta Venere, formatosi da un enorme impatto sulla superficie ghiacciata di Giove circa 6000 anni or sono. 163 Fig. 167. Rappresentazione mitologica della battaglia tra Marduk e Tiamat Fig. 168. Schema dell’originale posizione di Tiamat come satellite naturale della Terra la quale, dopo il passaggio ravvicinato del corpo celeste anomalo, deviò subendo una gran devastazione e divenendo infine Lahmu Marte). 164 Di certo è un’ipotesi agghiacciante ma, se le cose fossero andate realmente in questo modo, la Terra dovette rimanere per decenni senza luna! La narrazione del mito di Demetra continua dicendo che il nostro pianeta fu colpito da estese carestie e gravi problemi climatici tali da provocare la morte di molti esseri umani. Dopodiché, dalle viscere della Terra, Persefone (la Luna) ritornò, ma ora si alternavano 6 mesi di luce e 6 mesi di tenebre (forse riferito a qualche zona del polo sud meno esposta alla devastazione, dove l’uomo trovò scampo). Ovviamente la ricomparsa della Luna, essendo interamente nata da materiale del mantello terrestre, causò ulteriori disastri planetari e segnò definitivamente la frammentazione dei continenti (si veda il capitolo 7). Immaginiamo che questa nostra interpretazione potrebbe non incontrare grandi plausi ed entusiasmi anche perché, sotto certi aspetti, metterebbe in discussione le stesse teorie avanzate dal dr. Zecharia Sitchin. In più, se quei tragici fatti si fossero realmente scatenati PRIMA dello spostamento dell’asse terrestre (costituendone in pratica la Causa Prima), potrebbe significare che la traiettoria del corpo celeste era un po’ diversa rispetto alle valutazioni dedotte dai vari reperti archeologici. Gli eventi qui narrati, benché molto difficili da dimostrare, ci forniscono comunque un quadro coerente e logico della triste storia di quei tempi e giustificano appieno le numerose coincidenze tra i miti delle antichissime civiltà umane. Lo stesso Enoc può darsi che diede una poderosa testimonianza proclamando messaggi di giudizio contro uomini e angeli ribelli intenti a pianificare azioni orribili. Tuttavia non ebbero nulla a che vedere con il diluvio biblico verificatosi verso il 2370 a. E.V. Il diluvio noetico pose fine a quella maniacale civiltà mista di uomini ed esseri eso-terrestri, e salvò la Terra da una inevitabile morte prematura. Resta ora da capire che relazione ci sarebbe tra i fatti di allora e la nostra epoca. Ebbene, la Terra è un pianeta meravigliosamente studiato per sostenere la Vita, ma i danni inferti allora si strascicano ancora oggi. Il nostro pianeta non sarebbe in grado di difendersi efficacemente nemmeno da probabili attività solari anomale, mentre prima di quelle catastrofi cosmiche sì. Non è quindi il 2012 che dovrebbe preoccuparci, bensì la possibilità concreta che esista veramente un Padrone di Casa della quale noi siamo irrispettosi inquilini. Magari l’idea sarà gradevole ad alcuni e fastidiosa ad altri, specie a coloro che preferiscono vivere senza dover rendere conto delle proprie scelte ed azioni. Tuttavia, prima che la Casa crolli, il Padrone di Casa potrebbe presentare il conto e darci lo sfratto, non importa come e con quali mezzi, coincidesse anche con il passaggio di qualche corpo celeste. Un Essere 165 Intelligente e capace di controllare le forze della Natura non avrebbe certo problemi nel dirigere lo svolgimento di eventi a carattere giudiziario. Così, il 2012 probabilmente passerà e l’uomo si farà beffe fino al giorno in cui lo Scacchiere gli piomberà addosso proprio quando meno se lo aspetta e darà Scacco Matto. Fig. 169.Sschema rappresentativo della relazione Demetra-Persefone prima e dopo la catastrofe planetaria. 166 APPENDICE 9 LA CONTROVERSIA TRA CREAZIONISMO ED EVOLUZIONISMO Quest’anno (2009) ricorre il bicentenario della nascita di Charles Darwin (immagine a sinistra), il celeberrimo scienziato inglese che diede forma alla Teoria dell’Evoluzione grazie al suo libro “L’origine delle Specie”. Probabilmente Darwin non ebbe mai la più pallida idea dell’enorme impatto che le sue ipotesi avrebbero generato sulla Scienza Moderna, ma nemmeno delle inevitabili quanto patetiche controversie religiose. Nei 150 anni trascorsi dalla pubblicazione dell’”Origine delle Specie” sono sorte infatti vere e proprie frange di contrapposizione ideologica denominate “Creazionismo” ed “Evoluzionismo” le quali cercano in un modo o nell’altro di promuovere le rispettive ideologie. Purtroppo dobbiamo rilevare come i movimenti creazionisti a volte, pensando di adottare logiche scientifiche, cadono in fallo in maniera eclatante! Citiamo solo due esempi chiarificatori. 1) Essi sostengono che l’Universo e la Terra siano giovanissimi (alcuni additano età di poche migliaia di anni!) violando così tutte le leggi della Fisica. Dalle osservazioni compiute con le moderne tecnologie conosciamo le distanze di sistemi stellari lontani miliardi di anniluce ed abbiamo inoltre compreso che molti elementi chimici esistono da miliardi di anni. Quindi l’Universo non può essere tanto giovane! 2) Certi creazionisti “scientifici” hanno preso alla lettera il racconto biblico della Genesi pensando che i sei giorni creativi fossero stati davvero di 24 ore ciascuno, un’idea che viola non solo le leggi Fisiche, ma anche tutti i possibili ed immaginabili cicli biologici e minerali del nostro pianeta i quali richiedono ognuno il proprio giusto tempo. D’altro canto, gli evoluzionisti commettono sovente lo stesso errore, per cui di ogni nuova scoperta scientifica apparentemente a favore della teoria evolutiva ne sbandierano il valore probatorio e la quasi certezza. Eppure la maggior parte degli scienziati, sebbene manifestino un certo grado di legittimo 167 entusiasmo, il più delle volte evidenziano sia i pregi che i difetti delle loro ricerche. Cosa potrebbe suggerirci tutto ciò? Forse il problema di fondo alberga da qualche altra parte piuttosto che nella sola Comunità Scientifica. Anche se qualche ricercatore potrebbe aver sposato la “fede” evoluzionista, quasi sempre sono poi i mezzi di informazione a far la parte del leone nel promuovere l’ideologia portante. L’editoria scolastica affronterà il tema della vita in chiave evolutiva e la mentalità generale si adeguerà di conseguenza ad adottare la psicologia evoluzionista. In parole povere una inarrestabile reazione a catena che ormai permea l’intera società umana. Senz’altro i nostri Lettori avranno ben notato che questo libro non sostiene la Teoria dell’Evoluzione. Ciò nonostante essa merita rispetto in quanto gli scienziati attivi nei settori della biologia molecolare, della genetica e dell’esobiologia (solo per citarne alcuni settori) hanno comunque fatto grandi passi avanti nella conoscenza dei meccanismi della vita. Se poi vorranno ugualmente credere che l’uomo sia soltanto un prodotto della Natura, scaturito da eventi accidentali, sarà una loro scelta. In sostanza, la nostra posizione non favorisce per certo l’evoluzionismo, non favorisce l’anti-evoluzionismo e nemmeno il creazionismo. Questo libro sostiene invece la Creazione. La Creazione cos’avrebbe di diverso? La Creazione è coerente con le leggi Fisiche in quanto frutto di un sistema intelligente basato sull’informazione e non sulla casualità. Tutto l’Universo rispecchia uno schema logico di tipo informatico a strutturazione nidificata. Il Sistema Solare è calcolato e bilanciato in funzione della Terra, benché presenti alcune “interferenze” strutturali. La Creazione non viola nessuno dei cicli biologici conosciuti (e sconosciuti). La Creazione semplifica la ricerca scientifica in quanto conduce alla Fonte dell’informazione stessa racchiusa all’interno delle leggi Fisiche. 168 APPENDICE 10 SCIENZA, MITOLOGIA ED ESPERIENZA UMANA Nello svolgimento del libro abbiamo avuto modo di constatare una congrua presenza di miti facenti parte del patrimonio culturale di alcune fra le più studiate civiltà del passato, e quindi non dovremmo stupirci se il Lettore penserà che attribuiamo alla mitologia un elevato valore oggettivo per decifrare fatti realmente accaduti in epoche più o meno “storiche”. In effetti bisogna ammettere che è vero, ma non fino al punto da prendere per buono qualsiasi contenuto mitologico senza un minimo di pragmatismo e senso critico. La mitologia necessita sempre e comunque di una scrematura come pure di un attento studio su basi interdisciplinari, senza precludere il contributo intellettuale di menti diverse (persino divergenti fra loro), così da pervenire ad una visione interpretativa la più ampia possibile. Appare dunque evidente che esistono molteplici vie per elaborare i numerosissimi racconti mitologici caratterizzanti le antiche civiltà dell’uomo e, naturalmente, non siamo certo nelle condizioni di ritenere migliore un punto di vista rispetto un altro, compreso il nostro. In ultima analisi, se il mito avrà o no il pregio di poterci raccontare in qualche modo episodi accaduti in epoche, luoghi e circostanze varie dipenderà da tanti fattori. La nostra opinione comunque è ragionevolmente possibilistica. Ovviamente, un possibilismo affetto – ahinoi – dall’incertezza dovuta alle distorsioni aggiuntesi nel tempo ad opera dell’uomo e da quelle caratteristiche proprie divenute oggetto di appassionato studio filosofico e – oggi più che mai – scientifico (in riferimento alle discipline legate alla psicologia e la psicanalisi). La mente umana. Sui processi mentali e culturali alla base dell’origine e sviluppo di ciascun racconto mitologico abbiamo sempre noi stessi come primario metro d’analisi: le nostre emozioni, la maniera in cui ci confrontiamo con i nostri simili e con le loro medesime vicissitudini, le nostre sensazioni e reazioni nei confronti dei grandi temi della vita, della morte ecc. Da queste premesse sarà allora possibile cominciare a scindere l’esperienza di vita comune a tutti gli uomini (di qualsiasi epoca) dalle relative associazioni evento-oggetto-idea, specialmente quando i fatti legati a determinati personaggi si intrecciano con realtà tipicamente celesti (alla base poi delle 169 credenze astrologiche, divinatorie e religiose). Sembreranno concetti difficili da metabolizzare, tuttavia non dimentichiamo mai che è proprio la nostra mente a generare sovente “miti”, oltretutto in maniera stereotipata e dai contorni infantili. Qualche esempio ci sarà maggiormente d’aiuto… I bambini e il mito. Si pensi ai bambini nel momento in cui cominciamo ad esplorare il mondo a tre dimensioni, più precisamente quando muovendosi a carponi stabiliscono un intimo contatto fra essi – usando occhi, mani e piedi e l’ambiente circostante. I bambini, istintivamente curiosi, iniziano allora a cercare una spiegazione di ciò che gli sta intorno e, mancando di adeguati parametri conoscitivi, manifestano le loro paure scaricandole attraverso svariati meccanismi psicofisici come ad esempio il pianto. Fra tutti, però, la visione onirica costituisce senz’altro uno dei più potenti processi mentali in grado di dare forma a tentativi di connessione fra il mondo reale ed il piccolo universo interiore dei fanciulli. Ma è proprio su questa fase che vorremmo porre una riflessione, per certi aspetti strana. Fino a 70-80 anni fa all’incirca il massimo delle situazioni più indecifrabili per i piccoli non oltrepassavano l’essere presi e portati a spasso sul carretto a cavallo. Il resto era costituito dalle normali scene di vita quotidiana tipiche della società media (erano relativamente pochi i possessori di mezzi all’avanguardia). Oggi invece le cose stanno ben diversamente. I bimbi sono sottoposti a stimoli di gran lunga più complessi e potenti poiché l’ambiente familiare si è arricchito di elettrodomestici, prese di corrente, televisori digitali, computer, consolle di videogiochi, lettori multimediali e telefoni cellulari. Poi abbiamo l’ambiente esterno pieno di automobili, aerei, moderni treni ecc. Come pensiamo che avverranno le interazioni tra la fragile e giovane mente di un bambino e tutto questo insieme di oggetti? In altre parole, la relazione tra fantasia e realtà dei bambini d’oggi non è certamente la stessa di quella dei bambini di una volta (o di quelli che tutt’oggi vivono senza modernità). Sebbene i piccoli fanno presto ad adeguarsi ed imparare, saranno sempre e comunque soggetti a sviluppare “miti” interiori su tutto quello che recepiscono. E gli adulti? Origine dei miti. Anche in mancanza di adeguata conoscenza l’uomo cercherà sempre, in un modo o nell’altro, di trovare una spiegazione a tutto, indipendentemente dall’età, e questo ci permette di capire meglio il perché abbiamo voluto prendere la tenera mente dei bambini come spunto per identificare l’origine profonda della mitologia. Ora dobbiamo spostarci ancora una volta nel passato, però guardando le cose da un’ottica un po’ meno 170 accondiscendente. La mitologia greca ad esempio pullula di racconti nei quali le costellazioni erano la proiezione celeste di una serie di eventi terreni, ossia una rappresentazione o trasformazione ideale di fatti (chissà?) accaduti a persone reali e che si sarebbero conclusi con la trasposizione celeste del personaggio chiave. Basta prendere in esame i miti relativi alle costellazioni di Andromeda, Cassiopea ed Orione per farsi un idea precisa. Stesso discorso vale anche per la nascita della divinazione astrologica: poiché il susseguirsi della vita umana è sempre stato contraddistinto dal ciclo nascita-cresita-morte con tutte le ovvie vicissitudini, amori, guerre, conquiste, sconfitte ecc. non è stato poi tanto difficile per alcuni “profeti” individuare degli apparenti nessi (o coincidenze) tra lo scorrere della vita e certi fenomeni celesti come le eclissi solari e lunari, il passaggio di comete e la caduta di meteore, il tutto corredato da una meticolosa conoscenza dei principali cicli planetari (relativi ai pianeti visibili ad occhio nudo). Vogliamo aggiungere ulteriori fonti da cui la mitologia si è sviluppata? L’ignoranza prima di tutto e la malafede poi. Si pensi ai fenomeni atmosferici come i fulmini. Dal momento che inizialmente erano sconosciuti i meccanismi alla base di questo fenomeno naturale, la soluzione più pratica chiamava in causa l’ira degli dèi i quali si manifestavano così verso gli uomini terreni. E che dire delle eruzioni vulcaniche? La lava caldissima, luminosa, infuocata ed incandescente probabilmente costituì il motore per le credenze sull’inferno quale luogo di tormento dei dannati dopo la morte. Perché? I morti venivano sepolti a terra, per cui l’associazione oggetto-idea sarebbe stata perfetta! Ma anche la beatitudine celeste era un riflesso, meglio la contrapposizione logica, al tormento: il cielo azzurro, le candide nuvole bianche e le brillanti “stelle fisse” della volta celeste con i pianeti (letteralmente “erranti”) divennero il luogo ideale degli dèi e delle anime buone di coloro che lasciavano la vita terrena. Molte credenze tuttora presenti nelle religioni del mondo intero nacquero anch’esse dalla medesima ignoranza e malafede di uomini impostori fautori delle medesime. Credenze come la trinità, oppure il culto della dea madre e della fertilità pare abbiano avuto origine da un uomo di nome Nimrod (pronipote di Noè) e da sua madre Semiramide. Secondo il libro “Le due Babilonie” del rev. Alexander Hislop, essi ebbero una relazione incestuosa per cui Nimrod divenne padre, figlio e unito alla donna (sua madre, carne della sua carne!) “tre in uno”. Curiosamente la donna con il bambino (frutto dell’incesto) costituirono un icona che venne poi adottata nella descrizione della “Madonna con il bambino Gesù”. Allo stesso modo i simboli della 171 fertilità (tra i quali le uova) vennero anch’essi adottati nelle tradizioni della Pasqua della cristianità*. Sarebbe stato davvero interessante conoscere la diretta opinione di coloro che diedero forma alle tradizioni mitologiche e religiose perpetrate fino ai nostri giorni. Chissà, forse scopriremo che in fondo in fondo non ci credevano più di tanto ma, grazie a tali costrutti, riuscivano invece a dominare le masse tenendole nell’ignoranza. Insomma, un sistema di controllo basato sulla manipolazione mentale nemmeno poi così primitivo rispetto alle metodologie usate nei nostri tempi. Rifiuto aprioristico. Dovrebbe il Lettore rimanere perplesso dinnanzi al rifiuto manifestato da molti esperti a voler prendere in considerazione la mitologia come plausibile fonte di informazioni storiche? Certamente no! Anzi, tale rifiuto in parte lo condividiamo e comprendiamo assai bene il motivo per il quale a volte sorgono conflitti ed astio verso determinati personaggi che hanno cercato (oppure cercano) in svariati modi di proporre al Pubblico teorie basate su interpretazioni dei racconti mitologici. Dobbiamo ragionevolmente aspettarci sentimenti analoghi anche nei confronti di questo libro. Nell’odierna società vale come insegnamento predominante la teoria dell’evoluzione in aperta contrapposizione alla religione, benché siano stati fatti dei tentativi per creare neo-cosmogonie ibride allo scopo di conciliare Scienza e Fede. Ma la realtà è che l’uomo sarebbe, secondo il punto di vista di questa “scienza illuminata”, il prodotto di mutazioni casuali nello stato della materia inanimata a partire da semplici molecole inorganiche fino al raggiungimento dell’attuale status, attraverso le ere ed innumerevoli trasformazioni da una specie all’altra. Negli ultimi 2 milioni di anni l’uomo avrebbe mutato da un essere prevalentemente scimmiesco - in modo graduale - fino a divenire Homo Sapiens. Nel mentre il corpo umano prendeva forma anche il cervello si adattava e si espandeva con il conseguente incremento delle facoltà intellettive. Dovremmo allora rimanere perplessi dinnanzi al rifiuto manifestato da molti esperti nel voler prendere in considerazione la mitologia quale plausibile fonte di informazioni storiche? Naturalmente no. E a ben motivate ragioni “scientifiche”! __ * La Pasqua ebraica in realtà non aveva nulla a che vedere con i culti dei popoli vicini. Il primo mese del calendario ebraico coincideva con le feste pagane solo perché la nazione di Israele venne liberata dalla schiavitù in Egitto proprio in quel periodo dell’anno. Oltretutto la storia narrata nel libro di Esodo costituisce una grande dimostrazione storica di come gli idoli e le dottrine tanto acclamate dal popolo egiziano erano completamente fasulli e privi di ogni sostanza oggettiva. 172 L’uomo che precedette l’uomo? Come si potrebbe solo immaginare che i nostri lontani antenati diedero origine e vissero in una prima civiltà tecnologica? E della possibilità che l’uomo esplorò il Sistema Solare già in epoche normalmente considerate “preistoria” o “storia antichissima”? Inoltre, della possibilità che l’uomo ebbe contatti con esseri di origine non terrestre? Cosa risponderemmo a interrogativi del genere? Meglio ancora: quale sarebbe la nostra istintiva reazione? Probabilmente, sia l’una che l’altra convergerebbero in un suonato “NO! Impossibile!”. Ammettendo che l’uomo si sia evoluto dalle bestie, cioè i Primati, non avrebbe proprio alcun senso mettersi a farneticare storielle da pellicole cinematografiche fantasy. Sta proprio qui il bandolo della matassa, il nodo al pettine ed il punto critico di tutto: la scelta o il bivio. In effetti, un dilemma sul quale ciascuno farebbe bene a riflettere prima di ostentare saccenteria e che mette anche noi al pari di chiunque abbia qualcosa da proporre al riguardo. Di conseguenza, ognuno di noi avrà la responsabilità di operare le proprie scelte, possano essere motivate da un tipo di acquisizione di informazioni o no. La scelta, tuttavia, porterà a strade diverse. Prima Scelta - Se l’uomo fosse semplicemente un prodotto “naturale” scaturito per caso la sua medesima esistenza dovrebbe costituire nient’altro che un momentaneo passaggio dall’inesistenza all’inesistenza. Quindi, in virtù di ciò, egli sarà libero di fare, dire, pensare qualsiasi cosa gli sembrerà giusta al momento. Sarà anche libero di intraprendere azioni per adattare il mondo che lo circonda al suo modo di comportarsi, addirittura manipolando la Storia allo scopo di renderla fluida con il suo presente, e perpetrare così i propri interessi di parte. Tutto il resto costituirà quindi “ammasso di assurdità” e “sciocche fantasie”. Seconda Scelta - Se l’uomo fosse scaturito in virtù di un qualche atto volontario, e non meramente casuale, allora le conseguenze ricadrebbero da subito su interrogativi di ben altra portata: chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti, oppure qual è lo scopo della vita e dell’esistenza umana. In linea teorica saremmo costretti ad ammettere che, in un modo o nell’altro, dovremmo rendere conto delle nostre azioni a Chi avrebbe determinato (oppure a Coloro che avrebbero determinato) la nostra comparsa in questo universo. Da una prospettiva non-evoluzionistica lo scorrere del tempo e della Storia potrebbero cambiare radicalmente significato e condurci quindi a ritenere possibili cose che “normalmente” non avrebbero mai potuto esserlo e/o non lo saranno mai. 173 Antichi astronauti? L’idea secondo cui l’uomo avrebbe già messo piede su Marte nel passato risulterà essere sostanzialmente impossibile nell’ottica evoluzionistica, ma non in quella non-evoluzionistica. Non può essere impossibile solamente perché qualche eminente esperto di storia antica o di archeologia ritiene assurda la presenza di tracce di precedenti attività umane su un altro pianeta del Sistema Solare. Forse il termine “improbabile” avrebbe più valore logico poiché rende meglio l’idea della “mancanza di prove oggettive ed incontestabili”. Nel caso l’uomo fosse comparso con il suo potenziale intellettivo sin dall’inizio nulla ci impedirebbe di ritenere plausibile che riuscì a sviluppare una tecnologia aerospaziale in epoche mitologiche. Lo stesso discorso vale anche per il presunto contatto fra l’uomo e forme di vita extraterrestri in analoghi periodi più o meno storici. Impossibile (o quasi) sarà per chi non riesce o non vuole oltrepassare gli impedimenti legati allo sviluppo della vita in chiave evoluzionistica, ma non è così se ragioniamo nell’ottica non-evoluzionistica. Come esiste la vita intelligente nel nostro spazio a tre dimensioni fisiche (più una del tempo lineare) altresì è plausibilissimo che ne esista anche in altri spazi extradimensionali. Forme di vita intelligenti capaci all’occorrenza di adattarsi o, comunque, in grado di interagire con il nostro mondo. Anche questo di per se non è affatto impossibile, quanto piuttosto difficile da dimostrare in modo sperimentale. Rimangono allora da affrontare alcuni pensieri a conclusione del presente libro. 174 CONCLUSIONE Non è forse vero che l’aver intitolato questo libro “Controversie Spaziali” sia stata un’idea azzeccata? E, trattandosi di soggetti molto controversi, ogni singolo capitolo non si è certo limitato ad affrontare con freddezza il relativo tema. Abbiamo cercato fin dove possibile di andare oltre gli schemi della normalità. Ed eccola qua un’ulteriore parola controvertibile: “normalità”. Ma che cos’è in realtà normale? Che cos’è invece anormale o anomalo? Dov’è il confine tra la normalità e l’anormalità? Tutte domande alle quali ciascun Lettore potrà liberamente rispondere da se. Fino a poche centinaia di anni fa era normale pensare che la Terra fosse il centro di tutto e che il sole, i pianeti e le stelle fossero subordinati ad essa. Chi non la pensava così era considerato anormale. E, se volessimo rimanere in tempi recenti, il nostro sistema solare ci ha riservato numerose inaspettate sorprese. Per millenni Marte è sempre stato visto come pianeta rosso, quindi era solo normale aspettarsi di vedere immagini “in salsa rossa”. Marte con cieli azzurri e ambiente simil-terrestre? Non scherziamo! Marte in fase di cambiamento? Petrolio sotto la sua superficie? Vita intelligente e/o attività biogeniche? In una società dominata da una certa mentalità prevalente, concepita per scopi commerciali e di potere, qualsiasi idea si discosti dal suo spirito non potrà che essere vista in modo negativo, talvolta sovversiva e pericolosa. Nel nostro “mondo moderno” la controversia ha dunque un sapore dolce e amaro. Complottismo e anticomplottismo. In questo libro abbiamo più volte citato il complottismo e l’anticomplottismo quali fenomeni sociali controversi ed in aperta lotta ideologica fra loro. Tuttavia, anziché gettare sentenze su quanto siano buoni o cattivi tali modi di ragionare, varrebbe invece la pena concentrarsi sulle cause profonde che portano l’individuo a parteggiare per un fronte o per l’altro: la scelta. Proprio così. Ci sarà sempre una causa iniziale in grado di catalizzare poi tutte le pulsioni interiori verso un ideologia complottista o anticomplottista: scelte di fede, scelte politiche, scelte di vita, frustrazioni e delusioni, successi e conquiste ecc. Sommiamo poi questo mix per “n” singole persone e, forse, saremo quasi in grado di descrivere l’intera umanità. Anche perché il complottismo non si limita solo a criticare la NASA riguardo le presunte false Missioni Lunari. C’è ben altro… Le teorie dei complotti qualche volta offrono dei vantaggi per nascondere la propria mancanza di conoscenza su molti argomenti. Per esempio, potrebbe 175 essere più sbrigativo ricorrere al fantomatico “ufo” piuttosto che fare indagini approfondite e scoprire poi che il misterioso oggetto era qualcosa di assolutamente convenzionale. Oppure può essere più semplice asserire che il cielo azzurro di Marte dimostra che c’è acqua in sospensione quando invece è proprio il contrario! Oppure ancora è più sensazionale dire che Marte sia un pianeta azzurro e non “rosso” quando invece le immagini indicano chiaramente che la dominante cromatica prevalente del pianeta tende verso l’arancione. Così, sulla base di considerazioni del genere, sia gli scienziati che i governi (o chicchessia in loro vece) divengono rei di nascondere la Verità alle masse. Ma questo non è di certo il modo migliore per far venire a galla le vere magagne e le autentiche bugie. Sviste ed errori. Poiché nessuno è immune dal prendere sviste e commettere errori, siamo certi che il Lettore, specie quello più competente e preparato, ne troverà anche in questo libro. Ben vengano dunque eventuali segnalazioni. Ma perché abbiamo voluto mettere in chiaro tale aspetto? Proprio a motivo del precedente sottotitolo: anche le nostre tesi e posizioni non è detto che siano scevre da qualche forma di pregiudizio. Facciamo un esempio. Le immagini di Marte sottoposte al nostro editing ci hanno mostrato un paesaggio meno rosso dei prodotti NASA. Eppure, per amor di scienza, non molto tempo fa effettuammo un banale esperimento utilizzando una fotocamera digitale in svariati ambienti interni ed esterni. I fotogrammi ottenuti sovente apparivano piuttosto arrossati persino quando le condizioni d’illuminazione non erano tali da giustificarne l’eccesso cromatico. Con ciò non intendiamo fare retromarcia sulle nostre posizioni, ma solo ricordare che esiste una sostanziale differenza tra dire per “sentito dire” e dire per analisi (speriamo) coerente, basandoci su informazioni normalmente riconosciute ed accettare dalla Comunità Scientifica. Non solo: anche la qualità dei dispositivi video (schede grafiche e monitors) possono influire notevolmente sul processing delle immagini. Diversamente, qualora ci lasciassimo facilmente suggestionare da immagini apparentemente inesplicabili corredate da commenti vaghi, ancorché poco dimostrabili, correremmo il rischio di alimentare ideologie fuorvianti e tesi pseudoscientifiche. Ma la cosa più importante – almeno dal nostro punto di vista - è stato il constatare come nel solo arco di un anno dall’uscita del libro (avvenuta a luglio 2009) le nuove ricerche e scoperte rese pubbliche dagli organi di informazione scientifica si siano rivelate determinanti nei nostri riguardi, spingendoci così a rivedere il contenuto del libro e correggere alcune inesattezze, raffinare certi concetti e chiarificarne meglio altri. 176 L’Orizzonte degli Eventi. Con tutta sincerità, se molti scienziati non riescono o non vogliono andare oltre i limiti della loro percezione della realtà è giusto rispettare tale scelta, dopotutto ciascuno ha i propri tempi. Inoltre, il pensiero pragmatico generalmente non scorre alla medesima velocità del pensiero intuitivo. E’ però vero che l’intuizione ed il pragmatismo – come la Storia della Scienza insegna - hanno ottime chance per operare insieme. Dal canto nostro, l’aver proposto qualche ardita ipotesi sull’origine della Luna, sulle extradimensioni e su Marte non è la prova che ne sappiamo più degli scienziati, lo avevamo già detto e lo ripetiamo ancora. E non possiamo certo pretendere che queste persone ci dicano tutto su tutto adesso. Forse un giorno la Relatività verrà sostituita da una nuova teoria più efficiente; forse la Cosmologia sarà totalmente rivoluzionata. Chissà, persino la stessa teoria dell’Evoluzione verrà riveduta. Ci vuole tempo! Perché l’uomo è, in fin dei conti, un eterno bambino. D’altro canto bisogna ammettere che qualche volta certe idee errate si sono poi rivelate paradossalmente utili, permettendo addirittura di scoprire cose che, probabilmente, senza lo stimolo fornito dall’idea contorta si sarebbero compiute in tempi successivi. Ne è un esempio proprio la “bufala” del 2012. Che lo si ammetta o no, in questi ultimi anni, la conoscenza delle nane brune e delle rispettive caratteristiche ed interazioni con i corpi celesti a esse vicini ne ha ricevuto un beneficio di tutto rispetto. Inoltre, la possibilità che corpi celesti di taglia planetaria possano effettivamente esistere ed orbitare oltre l’orbita di Nettuno oppure incrociare il percorso del nostro sistema solare, oggi più che mai, rappresenta realtà tutt’altro che improbabili. A parte ciò, sappiamo bene che la natura umana non si accontenta della sola ragione e allora saltano fuori i “profeti” ed i commercianti di “fuffa”. Due parole sul fenomeno UFO. Nei sei anni di attività del portale Pianeta Marte.net (al luglio 2010) abbiamo sempre manifestato un forte disinteresse verso l’ufologia. Si tratta di una nostra scelta. Tutto qui. Ciò nonostante, anche in questo ambito non vorremmo essere fraintesi ed etichettati come “skeptiks” o negazionisti. Il fenomeno (o presenza) degli oggetti volanti non identificati è reale tanto quanto lo sono gli oggetti volanti identificati con la differenza che, nel primo caso, non si conoscono (o si fa finta di non conoscere) l’origine e la fonte. In mancanza di adeguati parametri di controllo ed analisi (sempre ammesso che manchino davvero) le ipotesi più pompate sono quelle di tipo ETH (Extra Terrestrial Hypotesis). Fatto sta che il fenomeno UFO sembra anch’esso avere il pregio di mettere a nudo alcuni aspetti divertenti della personalità umana, per cui ben si potrebbe applicare un modello psicologico in pieno stile San Tommaso: “non credo se 177 non tocco con mano”. Infatti, la riluttanza di alcuni scienziati, politici e giornalisti ad accettare il fenomeno UFO non è tanto una questione di natura scientifica, bensì psicologica. Altrimenti non avrebbe alcun senso spendere ingenti somme di denaro per finanziare il SETI il quale, appunto, servirebbe proprio a cercare gli Extraterrestri! Sarebbe come l’ateo che finanziasse un mega progetto per dimostrare l’esistenza di Dio (sperando forse che non esista)! Pertanto la reazione stereotipata dell’uomo frustrato si sostanzia in poche parole: “Alieno, dai, fatti vedere con la tua astronave!”, “Beh, visto che non ti sei fatto vivo allora non esisti!”. La nostra opinione? Il fenomeno UFO è realissimo eccome! Quindi, tralasciando i falsi, i malintesi e le sviste, non abbiamo alcun dubbio nell’affermare apertamente che sia di origine extraterrestre. Addirittura, non escludiamo nemmeno l’ipotesi che possano esserci oggi uomini viventi al di fuori della Terra, probabilmente discendenti di alcuni fuggiaschi vissuti durante l’era antidiluviana. Nel complesso, però, siamo altrettanto convinti che esista uno strettissimo legame tra il fenomeno UFO e quei personaggi esoterrestri ampiamente descritti nella mitologia e nella Bibbia (angeli ribelli, Nefilim e/o Anunnaki, che dir si voglia). Di conseguenza (e per tal ragione), continueremo a mantenere una posizione di distacco da questo settore di ricerca, a prescindere dal fascino che esso può esercitare sulla mente umana. Anche se le nostre illazioni espresse sul fenomeno UFO avessero magari solo una minima base di plausibilità, siamo ragionevolmente convinti che gli UFO, assieme ai rispettivi agenti (chiunque e ovunque siano), giungeranno prima o poi al loro inevitabile epilogo. Naturalmente – ripetiamo – abbiamo espresso la nostra opinione la quale potrà benissimo essere condivisa, condivisibile o meno. Ringraziamento finale. Esprimendo un sentito ringraziamento a tutti coloro che avranno avuto la pazienza di leggere questo libro, vogliamo cogliere l’occasione per evidenziare come esso si è dimostrato essere un’ulteriore prova che il “ricercatore indipendente” non è necessariamente imbavagliato nell’esprimere le proprie tesi. La cosa realmente importante non è tanto quella di dover essere ascoltati a tutti i costi, quanto di tenersi caro il proprio spazio pacificamente facendone un saggio uso. Aiutiamo chi veramente interessato a cogliere e distinguere eventuali incongruenze nell’informazione scientifica, incoraggiando sempre ad approfondire ulteriormente, non accontentarsi mai di sentire una sola campana. E soprattutto il rispetto. 178 BIBLIOGRAFIA, SITI INTERNET ED APPROFONDIMENTI CONSIGLIATI Articoli scritti da Matteo Fagone per la rivista “Area di Confine” della Acacia Edizioni (www.acaciaedizioni.it) “Area di Confine” marzo 2008: “La contesa dei colori di Marte”, “Area di Confine” marzo 2008: “Intervista a Patsy Nicolas Di Falco” “Area di Confine” aprile 2008: “La Luna, passato oscuro e futuro incerto” 1 Parte “Area di Confine” giugno 2008: “Un meteorite di sale su Sodoma e Gomorra?” “Area di Confine” luglio 2008: “Vita intelligente su Marte: Perchè sì? Perché no?” “Area di Confine” luglio 2008: “La Luna, passato oscuro e futuro incerto” 2 Parte “Area di Confine” settembre 2008: “La Luna: il parto cesareo della Terra?” “Area di Confine” novembre 2008: “Cosa sta succedendo su Marte?” “Area di Confine” dicembre 2008: “Fantapianeti extrasolari” “Area di Confine” febbraio 2009: “La codifica spazio-temporale dell’Universo” “Area di Confine” marzo 2009: “La fine del mondo tra Storia, psicologia ed errori” “Area di Confine” aprile 2009: “Scacco Matto! Il 2012 è da temere?” Libri suggeriti per ulteriori approfondimenti: Margherita Hack “Dove nascono le stelle”, Sperling Paperback 2005 Luigi Bignami, Gianluca Ranzini, Daniele Venturoli “La vita nell’Universo”, Bruno Mondadori, 2003 Centro Epson Meteo (Colonnello Mario Giuliacci) “Manuale di Meteorologia”, Alpha Test, 2003 Graham Hancock, Robert Bauval, John Grigsby “L’enigma di Marte”, Tea, 2001 Gianni Viola “La civiltà di Marte”, Edizioni Mediterranee, 2002 Ennio Piccaluga “Ossimoro Marte”, HeraBooks, 2006 Steano Cavina “Pianeta Marte”, Aiep Editore, 2004 Zecharia Sitchin “Il pianeta degli dei”, Piemme, 1976-2004 Donald W. Patten, Samuel R. Windsor “The Mars-Earth wars”, Pacific Meridian Publishing Co. 1997 Donald W. Patten, Samuel R. Windsor “The recent organization of the Solar system”, Pacific Meridian Publishing Co. 1997 Narkas Associazione Archeologica e Scientifica “Il Diluvio Universale tra mito e scienza”, Azzurra 7, 2004 179 Roberto Pinotti “Strutture artificiali extraterrestri”, Olimpia Editore, 2005 Alessandro Braccesi, Giovanni Caprara, Margherita Hack “Alla scoperta del Sistema Solare”, Mondadori, 1993, 2000 Stephen Hawking “Dal big bang ai buchi neri”, Rizzoli libri, 1988 Paul Davies “I misteri del tempo”, Mondadori, 1996, 2003 Tullio Regge “Infinito”, Mondadori, 1994 Su internet: Da Wikipedia italiana (www.wikipedia.it “Teoria delle Stringhe”, “Big Bang” Dal blog Disinformatico di Paolo Attivissimo (http://attivissimo.blogspot.com) “Antibufala: nel 2012 moriremo tutti, garantiscono i Maya” Da Lunar Explorer Italia sezione “True Planets” (www.lunexit.it) “Apollo 13: cenni sulla cultura, la sottocultura e la controcultura del Sospetto” , di Matteo Fagone con postfazione del dr. Paolo C. Fienga “Lettere da Marte”, del dr. Gianluigi Barca e dr. Paolo C. Fienga Le Misere Ricchezze dell’European Space Agency (dai Canyon della Valles Marineris, alla Sfinge di Cydonia Mensae)”, del dr. Gianluigi Barca e Lunar Explorer Italia John Ackerman “Firmament and Chaos” http://www.firmament-chaos.com European Space Agency (ESA), sezione Mars Express: http://sci.esa.int/science-e/www/area/index.cfm?fareaid=9 NASA, sezione Marte: http://www.nasa.gov/mission_pages/mer/index.html http://mars.jpl.nasa.gov/odyssey/index.html http://hirise.lpl.arizona.edu/katalogos.php 180 Home Page del portale Pianeta Marte.net, diretto da Matteo Fagone, musicista e Autore di questo libro. 181 Capitoli Speciali IL GIORNO MANCANTE Nella versione 2009 di “Controversie Spaziali” non ci eravamo soffermati troppo sull’episodio narrato nella Bibbia in Giosuè capitolo 10, versi 12 e 13, 13 in quanto si pensava che le informazioni accluse potessero potesse bastare a sufficienza per offrire una sommaria spiegazione plausibile. Dobbiamo invece ammettere che sarebbe stato più corretto tto spendere qualche riga in più sull’argomento. Cercheremo, nel limite del possibile, di riparare a questa piccola mancanza facendo il punto della situazione ed approfondendo le principali teorie proposte per spiegare il fenomeno che contraddistinse gli eventi narrati in quei passi della Bibbia. Innanzi tutto, la più scontata e ovvia idea – generalmente sostenuta nell’ambito scientifico e storico – relega l’intero testo biblico (o quasi) fra le cianfrusaglie mitologiche.. Pertanto, alla luce di questa mentalità, non varrebbe nemmeno la pena spendere il proprio tempo per cercare di capire qualcosa di praticamente inventato o, al massimo, frutto di elaborate distorsioni partorite dalla fantasia umana. 182 Un’altra ipotesi è quella della suggestione collettiva, analoga a certi presunti casi di visione di massa durante i quali molti hanno creduto di vedere il sole ruotare, l’apparire della Madonna, del Cristo, degli Extraterrestri eccetera. In realtà esistono delle sostanziali differenze rispetto ai fatti di Giosuè 10. 12, 13. Nei casi di visione di gruppo spesso si verificano fenomeni di isterismo (qualche volta persino convulsivo), lamenti e sofferenza psichica, amplificati dalle reciproche interazioni fra i presenti in modo perlopiù imitativo, come una specie di “meccanismo a feedback” o reazione a catena. Inoltre, tutti i presenti sembrano essere concentrati e rivolti verso una specifica direzione (la presunta fonte del fenomeno collettivo) che in quel momento funge da centro di manipolazione mentale. Basterebbe in pratica staccare uno o più individui dalla catena psicologica per riportarli alla realtà. Il fenomeno “Fermati Sole e Fermati Luna” era invece totalmente scollegato dalle menti dei soldati. Si consideri che, in definitiva, il campo di battaglia aveva una notevole estensione per cui non tutti poterono udire Giosuè pronunciare quelle parole ed essere quindi assoggettati a qualche genere di suggestione ipnotica. Va sottolineato poi che le guerre solitamente si sono sempre combattute da lucidi e non sotto ipnosi. In più, il fenomeno non fu voluto per imbambolare qualcuno, ma per soddisfare una semplicissima necessità oggettiva: avere luce a sufficienza da portare a compimento quella specifica battaglia. E’ stata anche proposta la teoria della rifrazione ottica, secondo cui il sole e la luna proseguirono il loro moto apparente, ma non la loro luce in arrivo che, invece, rimase immobile per tutto il tempo della battaglia. Questa spiegazione potrebbe essere, in linea di massima, ragionevole; tuttavia presenta alcuni problemi di natura strettamente legata alle leggi della Fisica. Vediamo. Qualora uno o più corpi celesti fossero stati “fermati” mediante un fenomeno ottico di rifrazione, sarebbe stato necessario generare un’enorme lente atmosferica fatta d’aria e di particelle perfettamente calibrate e messe in fase fra di loro in modo da compensare lo spostamento apparente di sole e luna dovuto alla rotazione terrestre. Tale lente avrebbe poi dovuto gradualmente sollevarsi di quota modificando la propria densità e struttura allo scopo di captare e deviare opportunamente la luce diretta del sole e quella riflessa della luna (quest’ultima dotata di moto orbitale proprio); inoltre avrebbe dovuto anche mantenere le giuste condizioni di illuminazione a terra senza nessuna alterazione percettibile dall’occhio umano. Quindi, un sistema di per se non impossibile, ma tremendamente ed inutilmente complicato sotto molti aspetti tecnici e scientifici. 183 Non ci resta che un’ultima possibilità: l’interruzione della rotazione terrestre. Questa ipotesi è ben conosciuta oramai da moltissimi anni e viene considerata la migliore fra tutte quelle finora proposte per spiegare il perché il sole e la luna rimasero apparentemente fermi per quasi un giorno. In effetti anche noi sposiamo questa tesi. La cosa straordinaria e che l’interruzione della rotazione non viola nessuna legge della Fisica, però risulta essere alquanto imbarazzante poiché costringerebbe ad ammettere l’esistenza di una Fonte capace di controllare in modo selettivo il moto dei corpi celesti. Dal momento che la mentalità scientifica moderna non può accettare nessun genere di interferenze intelligenti esterne, tranne quelle prodotte dall’attività umana, l’idea che “qualcuno” in passato abbia deliberatamente fermato la rotazione della Terra non entrerà mai nelle cattedre universitarie se non come favola o mito. Poiché l’uomo non possiede le necessarie conoscenze per produrre tanta energia da alterare il moto di un pianeta, subentra allora un banale meccanismo psicologico di rifiuto aprioristico misto a orgoglio, puerilità e terrore di dover acquisire la consapevolezza d’essere subordinato a realtà superiori. La teoria dell’interruzione della rotazione terrestre viene comunque osteggiata in certi ambienti per una presunta mancanza di prove oggettive. Ma è verosimile tale asserzione? Ebbene, qualche piccolo elemento esterno a favore parrebbe esistere. Il fenomeno del giorno più lungo avrebbe un curioso parallelo nella documentazione storica del popolo Inca, in particolar modo durante il regno di Titu Yupanqui Pachacuti II nel suo terzo anno. Stando alle cronache non ci fu l’alba per circa una ventina di ore. Inoltre lo scrittore Juan de Betanzos (1510 –1576) descrisse qualcosa di simile nel suo libro "Suma y narración de los Incas que los indios llamaron Capaccuna" (libro che fu infine pubblicato circa 300 anni dopo la sua morte). La narrazione riguardava una città chiamata Tiahuanacu situata in Bolivia presso il lago Titicaca nella quale si insediò il popolo di Con-Tici Viracocha. In un occasione non ben specificata la terra si oscurò. Così, Viracocha diede ordine al Sole di tornare al suo movimento naturale nella direzione giusta. Quindi – stando al racconto – quell’uomo fece in modo che il Sole desse nuovamente inizio al giorno. Nonostante vi sarebbero alcune lievi discrepanze cronologiche circa il periodo in cui si sarebbero svolti i fatti, non v’è dubbio che la narrazione biblica e quella Inca sono complementari l’una dell’altra. Ma, sull’argomento c’è dell’altro. Verso gli inizi del XIX secolo ci fu un docente dell’Università di Yale che in una sua pubblicazione (“Il lungo giorno di Giosuè”) rese noto i risultati di una serie di calcoli matematici basati sull’avvicendarsi delle fasi e delle eclissi lunari. In sostanza disse che, rispetto 184 al proprio tempo, mancava un giorno. Non meno interessante è il fatto che gli stessi tecnici della NASA, agli albori dei programmi spaziali, eseguirono una serie di calcoli astronomici con l’impiego dei primi computer rudimentali dell’epoca in vista delle venienti missioni spaziali umane. Lo scopo era quello di avere un quadro coerente circa la posizione della luna, dei pianeti e di altri corpi celesti allora noti. Ma, a quanto pare, non si limitarono al solo futuro, bensì estesero la ricerca fino a decine di secoli nel passato. Il risultato fu, ancora una volta, lo stesso del succitato professore di inizio XIX secolo: mancava un giorno all’appello. Il racconto di Giosuè 10. 12, 13 però dice che quel “giorno più lungo” non corrispondeva esattamente ad un giorno intero, ma quasi. Tra l’altro, anche la narrazione Inca afferma che quella notte durò circa una ventina di ore. Ci sarebbe allora da risolvere una piccola discrepanza di tempo. Dove cercarla? Incredibile: ancora una volta nella Bibbia! Nel libro di 2° Re al capitolo 20 si narra della grave malattia del re Ezechia e della sua disperata richiesta d’aiuto rivolta a Dio. Il profeta Isaia andò quindi dal re per comunicargli la risposta, ma Ezechia chiese un segno a titolo di conferma. In che consistette questo segno? Praticamente, l’ombra avrebbe dovuto tornare indietro di dieci gradini sulla scalinata della sua casa. Recentemente si è ipotizzato che la lunghezza relativa ai dieci gradini percorsi all’indietro dall’ombra poteva corrispondere grossomodo all’equivalente di poco più di mezz’ora. E così, probabilmente, abbiamo ottenuto una visione globale che spiega questo “giorno mancante”. 185 IL CONTATTO FRA L'UOMO E GLI EXTRATERRESTRI A completamento del libro in versione e-Book abbiamo pensato di includere un ultimo speciale capitolo dedicato ai presunti contatti fra la razza umana e forme di vita intelligenti “non terrestri” presumibilmente avvenute nel corso della Storia. Naturalmente ciascuno è liberissimo di credere quello che meglio preferisce sul soggetto; tuttavia non potevamo certo esimerci ulteriormente dall’esprimere l’esprimere il nostro punto di vista, tenendo ben conto del gran numero di ipotesi già copiosamente diffuse sia nel web, che in libri e riviste specializzate. ializzate. Per certi aspetti noi rappresentiamo il fanalino di coda, ma ciò non preclude affatto la possibilità di esprimerci lo stesso. E con tutto il sacrosanto rispetto per il lavoro svolto dai tanti Autori e Studiosi... Studiosi DEFINIZIONE - Per prima cosa chiariamo iariamo il significato di "extraterrestre". Qualsiasi cosa ubicata, esistente, posizionata al di fuori del nostro pianeta Terra è per definizione extraterrestre, meglio ancora "eso-terrestre". "eso La polvere cosmica, un micro meteorite, un asteroide, la Luna, i pianeti, il sole e le altre stelle, le galassie ecc. sono tutti elementi extraterrestri. Ovviamente trattasi di oggetti (per quel che ne sappiamo) inanimati.. A noi interessa invece ciò che presumibilmente può considerarsi forma di vita,, nello specifico caso, c intelligente. PROBLEMATICHE - Consigliamo di rivedere il libro per fare un ripasso delle principali problematiche poste dagli scienziati sulla possibilità 186 dell'esistenza di forme di vita intelligente nell'Universo, e sulle possibilità di stabilire dei contatti con esse. LA MATRICE INTELLIGENTE - In un modo o nell'altro l'uomo ha sempre cercato e/o tentato di conferire fattezze antropomorfe e/o caratteristiche umane a qualsiasi genere di divinità. Ed è altrettanto interessante notare come la moderna fantascienza abbia in realtà operato null'altro che un adattamento ideale di questo stesso meccanismo insito nel nostro cervello; infatti la stragrande maggioranza degli alieni di Star Trek, Star Wars, Spazio 1999 ed altre celebri serie cinematografiche sono sempre e comunque esseri umanoidi dotati dei nostri stessi sentimenti, addirittura che parlano l'inglese d'America! Quindi non c'è proprio niente di nuovo sotto il sole. E' vero che in alcuni casi gli extraterrestri vengono raffigurati con bestie spietate (come l’essere a più bocche e tentacoli della saga di "Aliens" o i simbionti rettili Goa’Uld di Stargate SG1) oppure con esseri "animaleschi" superintelligenti (come quelli di "Independence Day" e "La Guerra dei Mondi"), tuttavia va notato il fatto che tali prodotti di fantasia, proprio perché corrispondenti a qualcosa di vivente, rispettano sempre la cosiddetta simmetria bilaterale. Da questa curiosa analisi si potrebbe cavarne forse una specie di regola: la nostra mente sembra proprio tarata per identificare, in modo quasi automatico, l'intelligenza con la miglior struttura fisica in grado di supportarla, ovvero il corpo umano. D'altronde, proviamo ad immaginare se un cagnolino o un gattino avessero le capacità intellettive per redigere un manoscritto, suonare il violino, fare l'uncinetto o qualche lavoro di microelettronica mantenendo però lo stesso corpo canino o felino... Chiaro il concetto? Sostanzialmente l'intelligenza, in quanto tale, ragiona di logica nel definire ed immaginare altra intelligenza. La robotica rappresenta uno dei migliori esempi al riguardo: man mano che la tecnologia avanza verranno prodotti sistemi sempre più efficienti in grado di conferire agli automi capacità motorie, di articolazione e di intelligenza artificiale. Dopotutto chi investirebbe i propri capitali per progettare un robot basato sul corpo di animale allo scopo di fargli infine svolgere lavori tipici dell'uomo? Tanto vale è "imitare" la flessibilità del braccio, della mano, delle gambe e (limitatamente) dell'occhio umano. Per il cervello siamo meno che ai sottofondi della protostoria. Ma che cosa si vorrebbe insinuare con tutto questo bel discorso? Semplicemente evidenziare il fatto che l'uomo, quando fantastica ed immagina 187 gli extraterrestri, generalmente non si discosta mai dalla propria matrice intellettiva "programmata". Significa dunque che noi esseri umani siamo forme di vita intelligenti derivate da altra vita intelligente? Non sarebbe da escludere. Tuttavia, rispondere in modo univoco a questa domanda potrebbe apparire come un atto di arroganza, per cui è più indicato analizzare le cose in maniera meno "restrittiva". Esistono diverse correnti di pensiero: 1. Evoluzionista pura. Tutta la vita, compresa quella umana, sarebbero il prodotto di trasformazioni della materia in costante evoluzione e adattamento, senza nessun tipo di controllo. L'intelligenza è solo un fatto di circostanza (tesi scientifica "classica"). 2. Evoluzionista con panspermia. Una specie Aliena intelligente avrebbe inseminato la Galassia con i mattoni base della vita i quali, una volta giunti su un numero indefinito di pianeti, si sarebbero poi attivati mettendo in funzione i meccanismi evolutivi. Ma chi avrebbe "creato" la razza Aliena inseminatrice? (il dr. Svante Arrhenius, il dr. Carl Sagan e il dr. Francis Crick sono tra i principali fautori di questa affascinante ipotesi esobiologica). 3. Evoluzionista con matrice aliena diretta. Questa tesi è stata proposta da diversi studiosi moderni i quali, sulla base di loro interpretando del libro biblico di Genesi e di vari miti antichi, sostengono di aver identificato una presunta razza aliena (gli Elohim per alcuni e gli Anunnaki per altri) creatrice dell'uomo mediante la manipolazione genetica delle scimmie antropomorfe. In altre parole, costoro avrebbero indotto su quei Primati una rapida serie di cambiamenti evolutivi per arrivare infine all'Homo Sapiens (citiamo il dr. Zecharia Sitchin e i suoi simpatizzanti). 4. Creazionista con matrice aliena diretta. Questa tesi è, in realtà, una sorta di variante della precedente, in cui i presunti Alieni sarebbero stati i "Creatori" dell'Homo Sapiens, avvenuta in modo diretto e senza nessuna transizione intermedia (citiamo ad esempio i Raeliani). 5. Creazione diretta. Potremmo definirla come "creazione biblica". Fra tutte è la più semplice e meno artificiosa. Sopratutto, è quella che offre la spiegazione più logica al perché l'uomo concepisce in modo automatico la vita intelligente in un certo e preciso modo. In Genesi 1, 26 si legge in maniera chiara e senza troppe complicazioni di sorta: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza". Si ponga però attenzione che ne il libro di Genesi e nemmeno gli altri libri della Bibbia lasciano intendere che la Forma Vitale Intelligente da cui l'uomo sarebbe scaturito sia, a sua volta, un essere umanoide carnale. Viene invece 188 identificato come Persona spirituale, "Dio" (Elohim, qualcosa di simile a "Vostra Divinità" come dire "Vostra Maestà") e "Yahweh" (in qualità di Nome Personale di Dio, qualcosa di simile a “Egli fa divenire” o "Colui che causa il divenire"). Bene. Per adesso fermiamoci qui e prendiamo in esame gli sconvolgenti effetti provocati dalla teoria dell'evoluzione. Torneremo sul discorso "forme di vita intelligenti non terrestri" più avanti. EVOLUZIONE = DISCONNESSIONE - Probabilmente fra tutte le ideologie a carattere "scientifico", la teoria dell'Evoluzione si è rivelata quella di maggior successo nel creare nella mente umana una specie di disconnessione dalla sua natura di "creatura intelligente". La filosofia evoluzionista definisce infatti la vita un "prodotto della materia inanimata" che si trasforma molto lentamente e che quindi non possiede su di essa (la materia) nessun particolare controllo logico, ma solo adattativo e di circostanza. Pertanto, qualsiasi forma vivente noi vediamo oggi, essa rappresenta solo lo stadio corrente di tale trasformazione e basta. La vita scaturisce dal nulla e ritornerà nel nulla; i costituenti chimici della vita serviranno per produrre (forse) altra vita, ma senza nessun genere di autoconsapevolezza. Da questa prospettiva l'uomo non è più tenuto a rispondere alla sua natura di creatura intelligente, ma ad una sorta di intelligenza auto-conservativa istintiva ben espressa nella cosiddetta psicologia evoluzionista. L'attuale degrado morale, la sostanziale rovina del pianeta Terra e il modo in cui l'uomo agisce verso i suoi simili testimoniano in modo agghiacciante questa disconnessione dalla sua vera natura. Ma come si ripercuote tale disconnessione nella cultura scientifica? Ebbene, prendiamo il caso dell'esobiologia. Questa intrigante branca della scienza si occupa di cercare la vita extraterrestre a patto però che soddisfi i requisiti stabiliti nella teoria dell'evoluzione. Perciò, in qualunque parte dell'Universo la vita abbia raggiunto lo stadio dell'intelligenza, sarà stata ad opera delle medesime trasformazioni casuali ipotizzate per il nostro pianeta Terra. L'intelligenza istintiva, dettata nella psicologia evoluzionista, giustifica l'uomo a costruire strumenti tecnologici d'ogni genere i quali costituiranno un riflesso del modo in cui egli concepisce la propria esistenza e tutto ciò che gli sta intorno; lo dimostra ampiamente la smisurata produzione industriale su tutti i 189 fronti e l'irresponsabile sfruttamento del pianeta per cavarne fonti energetiche. Nello stesso tempo l'uomo, in virtù di tale attitudine "libera" e priva di qualsiasi ritegno (in quanto "bestia intelligente"), non potrà accettare l'esistenza di forme di vita intelligenti ad egli pari o superiori. Le parole "Dio", "divinità" oppure "extraterrestre" risulteranno un po’ sgradevoli sotto questo profilo perché richiamano la natura umana al suo ordine di "essere subordinato a possibili sistemi di controllo superiori". In sostanza “l’uomo può creare ma nessuno lo ha creato”. CONTROSENSO STORICO - Senza ombra di dubbio qualche bravo e preparato esperto di Storia potrebbe contestare in parte o del tutto la nostra analisi, sottolineando come in qualsiasi epoca l'uomo abbia esercitato spregevoli forme di potere e coercizione sulle masse. In tal caso non potremmo che dargli ragione al cento per cento! A dire il vero, lo "spirito" che si nasconde dietro la mentalità evoluzionista è il medesimo dei vecchi ed oppressivi sistemi di controllo legati alle religioni ed ai domini politici del passato (e del presente!). Esso si è solamente amalgamato e adeguato ai cambiamenti dei nostri tempi. IL MIGLIOR NASCONDIGLIO - Facendo un piccolo sunto a quanto finora trattato, dovrebbe essere abbastanza chiaro il fatto che l'uomo moderno tende a respingere l'idea dell'esistenza di forme di vita intelligenti non terrestri, ma le accetta invece nella fantasia e nei sui derivati (come i film di fantascienza). Dunque niente misteri e complotti, ma solamente una normalissima ed umana reazione psicologica dettata dallo "spirito" predominate d'oggi, descrivibile anche come costrutto realizzato sul paradosso del sì e del no e sull'antitesi delle negazioni plausibili. Visto però che la natura umana amplifica da sé (proprio per sua natura) certi opportuni - e ben studiati - stimoli provenienti da una fonte situata all'esterno (cioè non terrestre) verrebbe da supporre che la maggior parte delle tesi esopolitiche e cospirazioniste potrebbero essere alquanto complicate e dispersive. Facciamo degli esempi. Quale differenza intercorre fra una divinità che promette la beatitudine celeste (dopo la morte dell'individuo) e gli alieni che promettono di trovarsi dietro la cometa ad aspettare (dopo il suicidio dell'individuo)? Oppure, che differenza passa tra le narrazioni bibliche relative a persone disturbate dai cosiddetti "demoni" e le presunte "abductions" operate da altrettanti presunti alieni? Inoltre, che differenza c’è tra la "stella" vista dagli astrologi (i cosiddetti Re Magi) narrata nei vangeli e un "oggetto 190 volante non identificato" dei nostri tempi? Non potrebbe essere che la matrice occulta sia la stessa, cioè una sola? Il problema di fondo molto probabilmente sta proprio nelle ideologie scientifiche e socio-religiose, mediante le quali noi esseri umani vediamo solo ciò che "qualcuno" vorrebbe farci vedere; detto in altri termini: un geniale nascondiglio imbastito sulle filosofie di sempre, antiche e moderne. L'uomo oggi realizza molto bene l'idea di cercare (e trovare) la vita extraterrestre nello spazio profondo, ma non riesce a realizzare altrettanto bene l'idea di cercarla (e trovarla) "dietro l'angolo". Basta solo pensare al costosissimo Progetto SETI per rendere chiaro il concetto! Tutto questo accade perché la mente umana è abbindolata dalla nozione secondo cui la vita sarebbe il prodotto di un determinato processo evolutivo. E così, per forza di fatti, gli extraterrestri sono sperduti, lontanissimi ed irraggiungibili, mentre la razza umana, essendo composta da "bestia intelligenti" originatesi dalle scimmie antropomorfe, non può aver mai avuto periodi di sviluppo tecnologico se non l'attuale. Noi esseri umani, insomma, siamo ciechi non tanto di vista, ma di percezione della realtà presente, passata e futura. Grazie a tutto l'insieme di ideologie studiate ad hoc, qualsiasi forma di vita intelligente non terrestre sarà libera di agire indisturbata perché risulterà essere "invisibile". Un ulteriore esempio potrebbe rendere l'idea: l'ateismo. "Dio non esiste e nemmeno il Diavolo esiste". Si ragiona in questo modo proprio in virtù dei costrutti evoluzionisti e sociali. Dal momento che Dio non esiste possiamo fare quello che ci pare; mentre il Diavolo, dato che non esiste nemmeno lui (secondo l'uomo) potrà altrettanto fare quello che gli pare. "Gli extraterrestri non esistono" pertanto, qualora saltasse fuori un reale artefatto al di fuori della Terra, sarà sempre visto negativamente perché "non può assolutamente esistere". L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA - "Se io fossi l'uomo invisibile potrei essere chiunque e tutti forse ci cascheranno come dei perfetti salami". Questa frase ironica dovrebbe spingerci a riflettere seriamente sul vantaggio che "qualcuno" avrebbe su di noi nel caso riuscisse a non farsi identificare mentre attua i suoi progetti. Immaginiamo ad esempio di trovarci in un locale composto da due distinte stanze separate da un’unica parete a specchio unidirezionale. Nella prima stanza c'è una persona sconosciuta e nell'altra ci siamo noi. Ora questa persona 191 dice di essere "il bisnonno defunto". Una volta usciti, entra un nostro amico al quale la persona dell'altra stanza dice di essere "la madonna". Esce l'amico ed entra un nostro cugino al quale la persona dice di essere "un extraterrestre in missione di pace per la Terra". Con questo esempio probabilmente abbiamo descritto il tetro e squallido scenario del mondo odierno, ottenebrato da una potente fonte (chiamiamola pure “organizzazione”) non-terrestre che gioca con gli esseri umani come se fossero marionette di un teatrino. E, in particolare, da un lato abbiamo i negazionisti visti nel loro insieme; dall'altro lato abbiamo i possibilisti, ossia tutte quelle persone che, pur avendo compreso dell'esistenza di una realtà superiore o extraterrestre, vedono in essa ogni genere di dio, santo, defunto, alieno eccetera. Non importa se si vuole credere nei "Grigi" o nei "Rettiliani"; e non importa se uno vuole credere a "Padre Pio", alla "Madonna" o ad un fantomatico "Cristo" che gli avrebbe fatto il "miracolo". La matrice eso-terrestre sarà sempre la stessa! QUALI EXTRATERRESTRI? - Lo sviluppo della tecnologia applicata a tutti i settori della società moderna, di fatto, ha creato nell'uomo una nuova visione del mondo (perlopiù basata su avidità e opportunismo) e introdotto nella cultura odierna nuovi elementi interpretativi del passato (ovviamente astutamente adattati al presente). Sicché, tralasciando lo spirito negazionista predominante, sono sorte parecchie correnti di pensiero "alternativo" che vedono una massiccia presenza di extraterrestri in molti episodi storici della razza umana. Tale presenza, però, viene generalmente quantificata in virtù dell'influsso dato dall'era tecnologica attuale; pertanto gli alieni sarebbero giunti sulla Terra da pianeti di altri sistemi solari a bordo di navi spaziali, dotati di mezzi volanti, armi laser, tute spaziali ecc. Una buona parte dei racconti mitologici sono stati reinterpretati in chiave ETH offrendo così uno spaccato della storia umana simile alle narrazioni dei film di fantascienza. In più, "last but not least", anche la storia biblica non è stata risparmiata. Tutto questo ha inevitabilmente creato una notevole confusione persino fra un certo numero di "credenti", inducendoli a pensare che la Bibbia dimostri come gli extraterrestri siano venuti sulla Terra a fare i giustizieri e plagiare l'Umanità in modo arbitrario. Ma c'è dell'altro... Grazie alla raccolta e catalogazione di numerosissimi reperti archeologici (ed alla loro relativa traduzione), negli ultimi decenni si sono sviluppate delle strane forme di rivalutazione positiva verso quei personaggi descritti come "figure umane e semidio", ricorrenti in moltissimi racconti provenienti da tutto il mondo antico. Nel libro della Genesi essi vengono chiamati "figli del vero 192 Dio", i Sumeri li chiamavano "Anunnaki" mentre nella tradizione greca erano gli dei dell'Olimpo. Quello che lascia interdetti è la grande ammirazione rivolta a tali personaggi per le loro presunte opere di sapienza e benevolenza elargite all'Umanità! Le cose però stanno un po' diversamente. E' vero che la storia dell’Umanità (soprattutto vista dal profilo mitologico e religioso) abbonda di episodi in cui il contatto fra l'uomo e gli extraterrestri è ben documentato. Ma, a questo punto, dobbiamo fare una serie di distinzioni importanti. Qualitativamente parlando i documenti migliori sono quelli biblici e li possiamo riassumere attraverso i seguenti punti chiave: 1. le forme di vita non terrestri descritte nella Bibbia vengono chiamate "angeli" (messaggeri). Si tratta di persone superiori all'uomo in capacità intellettuali e forza fisica, ma non posseggono un corpo fatto di carne ed ossa perché la loro provenienza è al di là del nostro spazio-tempo. 2. Ciò nonostante, ogni qualvolta gli angeli hanno avuto contatti con l'uomo si sono sempre manifestati attraverso sembianze umane, dimostrando inequivocabilmente che anche questi straordinari esseri viventi sono frutto della medesima Fonte che ha dato origine alla specie umana. Questo costituisce una chiara evidenza che nel nostro spazio-tempo la miglior struttura biofisica in grado di esprimere al meglio l'intelligenza è proprio quella del corpo umano. 3. Gli angeli hanno agito sempre mostrando il massimo rispetto verso gli uomini con i quali hanno avuto contatti diretti. 4. Non hanno mai interferito indebitamente nel naturale corso del progresso culturale dell'uomo. 5. Non hanno agito mai in modo saccente ed arrogante. 6. Nonostante la loro ovvia superiorità, gli angeli hanno sempre mostrato una grande umiltà e delicatezza verso gli esseri umani. 7. Non hanno mai preso iniziative personali oltre gli incarichi affidati loro. 8. Non hanno mai cercato di farsi venerare o adorare da nessun essere umano. 9. Qualche volta, però, gli angeli hanno agito quali esecutori giudiziari nei confronti di uomini malvagi e impenitenti. Per esempio, in un'occasione un solo angelo riuscì a mettere a morte 185.000 soldati di un antico re chiamato Sennacherib. Probabilmente questa descrizione sa troppo di religione e, inoltre, toglie gran parte del misterico fascino al quale gli amanti dell'esoterismo non vorrebbero rinunciare. Ma, detto con sincera schiettezza, non ha alcun senso voler a tutti i 193 costi attribuire a questi esseri - sicuramente extraterrestri al cento per cento - il bisogno di ricorrere alla tecnologia quando in effetti non ne hanno proprio bisogno a motivo della loro natura iperdimensionale. Sorge quindi una legittima domanda: perché allora, incrociando la storia biblica narrata nei primi capitoli della Genesi con moltissimi antichi miti, si intravedono invece la presenza di contaminazioni tecnologiche e scientifiche ad opera di esseri extraterrestri nei confronti dell'uomo? Per una ragione semplicissima: nessuna persona intelligente, uomo o angelo, è un automa. Tutti gli esseri intelligenti sono stati dotati del libero arbitrio e della capacità di fare delle scelte, buone o cattive (con le rispettive conseguenze). Alcuni di questi angeli scelsero di agire in modo indipendente secondo criteri estremamente discutibili. Brevemente cercheremo di fare il punto. 1. Per quasi tutto il periodo della storia antidiluviana un imprecisato numero di angeli effettivamente interagirono negli affari umani in modo diretto, cioè in carne ed ossa. 2. Nonostante fossero extraterrestri, essi non provenivano da un pianeta diverso dalla Terra. Ci fu un corpo celeste che causò rovina nel Sistema Solare, ma per ovvie ragioni tecniche, tale oggetto non poteva di certo essere abitato o abitabile. 3. La loro origine (al pari di tutti gli altri angeli) era ugualmente al di fuori del nostro spazio-tempo e la permanenza nel nostro mondo fisico richiese l'adattamento della loro struttura biologica al mondo tridimensionale previa acquisizione di un corpo umanoide. 4. Non portarono cose buone, bensì danni nella maniera più assoluta: danni all'uomo (pare che ne morirono tantissimi a causa delle loro attività), danni agli animali (forse sottoposti a crudeli modificazioni indotte geneticamente), danni alla Terra ed agli altri pianeti del sistema Solare. 5. Ingannarono gli esseri umani spingendoli ad agire rovinosamente, convincendoli pure a servirli in cambio di conoscenze superiori e mezzi avanzati. 6. Portarono l'uomo alla quasi autodistruzione e, per finire, si accoppiarono con le donne dando origine ad una razza ibrida di giganti anormali. Ecco chi erano gli angeli ribelli, detti dai Sumeri "Anunnaki"! PER CONCLUDERE - Può darsi che il contenuto di questo speciale capitolo non sarà molto gradito a tutti. La ragione potrebbe risiedere nel fatto che la nostra analisi scardina certi impianti ideologici a cui molti sono legati, in un modo o nell'altro. E' un'analisi che elimina il fascino della saga 194 fantascientifica, che smaschera la vera natura delle comode filosofie umane e che fa riflettere seriamente sul reale rapporto esistente fra l'uomo ed i suoi "simili" eso-terrestri in una visione ben diversa da quanto si crede. Naturalmente – lo ripetiamo - ognuno sarà sempre libero di pensarla come meglio preferisce su questo argomento, anche perché non siamo interessati a fare dei proseliti verso un determinato modo di vedere le cose rispetto ad altri. Sta di fatto però che, nei nostri tempi, un consistente numero di persone attende qualche rivelazione da parte di presunti extraterrestri, un grande Contatto Cosmico eclatante e strabiliante. Aspettano la loro venuta a boro delle loro navi spaziali per portare (a seconda delle correnti di pensiero) pace, guerra, distruzione, amore ecc. Sarà vero? Accadrà? La nostra opinione a tal proposito è irrilevante. Piuttosto, vorremo far ragionare su qualcos'altro di più determinante e logico: gli esseri extraterrestri descritti come angeli, in quanto forme di vita iperdimensionali, avrebbero realmente bisogno di navi spaziali? Pensiamoci su! Avrebbero mai avuto realmente necessità di "lasciare" il nostro mondo dal momento che persino dalle più remote distanze dell'Universo sarebbero in grado di raggiungere la Terra in un istante? 195