CONTROVERSIE SPAZIALI revisione 2010

Matteo Fagone
www.pianetamarte.net
CONTROVERSIE
SPAZIALI
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Dalla Terra alla Luna,
da Marte ai pianeti extrasolari,
dalla nascita dell’Universo fino alla fine del mondo
ed oltre…
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Versione E-Book con immagini a colori ed aggiornata a luglio 2010
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1
INDICE DEL LIBRO
CONTROVERSIE:
Introduzione
pag.
4
Marte: pianeta rosso e cieli azzurri
pag.
10
Su Marte qualcosa sta cambiando
pag.
24
La vita intelligente su Marte
pag.
40
La misteriosa Luna
pag.
60
Origine e formazione della Luna
pag.
69
Ipotesi sulla formazione della Luna
pag.
79
Fantomatici pianeti extrasolari
pag.
92
Universo, spazio-tempo ed extradimensioni
pag.
105
Una fetta di Marte su Sodoma e Gomorra?
pag.
123
La fine del mondo
pag.
135
L’anno 2012
pag.
149
Non hanno occultato proprio niente?
pag.
22
Le casette dei marziani
pag.
50
Naturali o artificiali?
pag.
51
Le classi spettrali e i sistemi planetari
pag.
101
Alla ricerca dei pianeti extrasolari
pag.
102
APPENDICI:
2
Thomas C. Van Flandern
pag.
121
Near Earth Object Program
pag.
133
Adamo ed Eva e la fine del mondo
pag.
149
La controversia tra Creazionismo ed Evoluzionismo
pag.
166
Scienza, mitologia ed esperienza umana
pag.
168
Conclusione
pag.
174
Bibliografia, siti internet ed approfondimenti consigliati
pag.
178
CONTENUTI EXTRA:
IL GIORNO MANCANTE
pag. 182
IL CONTATTO FRA L’UOMO E GLI EXTRATERRESTRI
pag. 186
3
INTRODUZIONE
“La Scienza è per pochi eletti”, “Gli scienziati si esprimono con terminologie
difficili e misteriose”, “La Scienza è manovrata da lobby e da affaristi senza
scrupoli”, “La Scienza è solo un cumulo di bugie”. Queste sono alcune delle
più gettonate critiche rivolte al cosiddetto Mondo Accademico, a prescindere
naturalmente dalla disciplina scientifica di volta in volta messa sotto accusa.
Dunque la domanda d’obbligo è palese: fino a che punto tali insinuazioni
potrebbero fregiarsi del pregio di “verosimili”?
Prendiamo come esempio la Medicina. Chi non si è mai imbattuto nelle
terminologie strane e complesse usate dai medici nel formulare diagnosi,
descrivere farmaci, parti anatomiche e composti chimici? Daremo la colpa a
queste persone per il fatto che non afferriamo la loro conoscenza ed
esperienza acquisite dopo anni di studi, sacrifici e innumerevoli ore di
laboratorio? Sarebbe certamente poco rispettoso se adottassimo un simile
modo di ragionare. Facendo invece un onesto esame autocritico scopriremmo
che, in merito a questo ed altri campi della scienza, forse il vero “colpevole” è
ciascuno di noi (compreso l’Autore di questo libro). ”Colpevole” di mancanza
di conoscenza, magari in buona fede, vuoi per motivi di tempo o per problemi
personali tali da impedirci di acquisire un’adeguata cultura in qualche settore
di nostro gradimento. Talvolta è anche colpa della nostra medesima pigrizia
mentale causata, a sua volta, dallo stress della vita moderna o da altri fattori.
Quindi, in definitiva, una complessa serie di circostanze sociali le quali, messe
insieme, possono generare un certo grado di stallo culturale collettivo.
E che dire delle conseguenze derivanti dallo stallo culturale? Per esempio le
tendenze al sospetto e al complotto scaturiscono quando non si capisce bene
una determinata cosa (in senso generico) per cui la si guarda in modo negativo
e paranoide. Ma c’è anche l’opposto, ovvero quando impariamo qualcosa di
nuovo su un determinato argomento e proviamo la curiosa sensazione mentale
di toccare il cielo con un dito. Nulla di strano: lo psicologo conosce benissimo
queste attitudini umane. Tuttavia entrambe condurranno da nessuna parte. In
realtà (esperienza vissuta in prima persona dall’Autore di questo libro) più si
impara e più ci si rende conto di essere degli ignoranti!
Sembrerà paradossale, eppure in fatto di informazione scientifica basterebbe
recarsi presso le biblioteche pubbliche per trovare moltissimi libri che
affrontano un po’ tutte le varie branche della scienza. Basterebbe recarsi
4
presso una fornita libreria per scoprire che esistono altrettanti testi di
divulgazione scientifica per tutti i gusti e le tasche. Inoltre, oggi sono
disponibili moltissimi prodotti editoriali su DVD e sotto forma di software
didattico. Persino gli stessi testi scolastici (anche quelli universitari) non sono
inaccessibili a chiunque volesse consultarli. Insomma non è certo
l’informazione ad essere poi così carente!
L’altra faccia della medaglia. Se, dunque, ciascuno di noi ha il diritto di
conoscere ed imparare è chiaro che, da qualche parte, dovrebbe esistere
qualcuno che ha il dovere di far conoscere e dare l’opportunità a tutti di
imparare. Le scuole dell’obbligo costituiscono, per definizione, un dirittodovere. Le scuole superiori costituiscono invece un diritto-dovere meno
vincolante, ma non per questo di minor valore rispetto alle prime.
L’Università è, per certi aspetti, un mondo a sé con le sue regole ed i suoi
conflitti interni, tuttavia è il luogo dal quale usciranno le menti di coloro che
dovranno svolgere ruoli importanti nella società: medici, avvocati, ingegneri,
architetti, ricercatori ecc.
Il diritto-dovere all’informazione oggi più che mai è divenuto oggetti di accesi
dibattiti su più fronti, in quanto ci si chiede fino a che punto i mezzi preposti a
tale scopo siano veramente corretti ed obbiettivi. Ci si domanda anche se i
mezzi di informazione stiano giocando un ruolo determinante nel manipolare
la Collettività inducendola a credere ora una cosa e domani un’altra. Ci si
chiede inoltre se esista un qualche genere di informazione “top secret” che
tutti avrebbero diritto di conoscere e che invece viene tenuta deliberatamente
sotto chiave per chissà quali ragioni. Da tali diatribe moderne sono sorti i
cosiddetti movimenti complottisti e anti-complottisti, dove i primi vedono un
po’ dappertutto oscure macchinazioni e cospirazioni, mentre i secondi cercano
in tutti i modi di dimostrare che non c’è nulla di cui temere e che siamo in
sante mani. Dunque, la nostra “civilizzata” società sembra racchiudere un
assurdo paradosso caratterizzato dalla sovrabbondanza di informazione (resa
più accessibile grazie allo sviluppo delle tecnologie multimediali), dalla
mancanza di conoscenza da parte di molte persone e dal dubbio. Proprio così:
il dubbio o, meglio ancora, la cultura del sospetto.
“Controversie Spaziali”: perché? Il titolo del libro si direbbe azzeccato
poiché va proprio a pizzicare le corde di un tipo di cultura del sospetto legato
alle scienze spaziali e a tutto ciò che sta un po’ oltre l’ordinaria esperienza di
vita quotidiana. Potremmo usare il termine “Borderline” o “Scienze di
Frontiera”. Verrebbe allora da chiedersi “quando e dove si arriva alla frontiera
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nell’ambito della scienza” ed è per questa ragione che abbiamo scelto il titolo
“Controversie Spaziali”. Vedremo ad esempio il perché Marte rappresenti un
pianeta oggetto di aspre polemiche scientifiche e (spesso) pseudoscientifiche.
Vedremo anche come la stessa Luna sia divenuta oggetto di ulteriori diatribe.
Butteremo uno sguardo al profondo Universo, ai Pianeti Extrasolari ed alle
molteplici affascinanti teorie sorte su questi temi. Faremo un salto verso
l’ignoto e la mitologia - collegandoci con il passato ed il (possibile) futuro dove l’immaginario collettivo e le nostre paure più profonde si incontrano.
Controversie Spaziali significa dunque proporre qualche idea diversificata.
Avremo finalmente modo di portare sulla carta stampata quella nostra
controversa teoria che dal 2004 vive sul portale Pianeta Marte.net: Terra e
Marte come iniziale sistema binario pianeta-pianeta. Illustreremo poi
un’altrettanto controversa teoria sulla formazione della Luna ed entreremo nel
reame degli universi extradimensionali. Affronteremo pure i più che mai
controversi temi della Fine del Mondo e del veniente anno 2012.
Quali aspettative. Cosa dovrebbe aspettarsi il Lettore da questo libro? Una
cosa è certa: sostenere di offrire verità assodate sarebbe una bella pretesa oltre
che un atto di arroganza. Quindi lasciamo stare i dogmi e gli assiomi. Forse si
potranno trovare delle risposte ma, immancabilmente, verranno suscitati nuovi
interrogativi. Pretendere di considerare le nostre ipotesi sulla Luna, su Marte e
sull’Universo “le migliori di tutte” e reputare il lavoro svolto dagli scienziati
come “mediocre” non contribuirà a rendere onore proprio a nessuno. Ed è
nostro punto fermo che il Lettore mantenga sempre il massimo rispetto verso
la Scienza e gli Scienziati, anche se non è detto che si debbano
necessariamente condividere tutte le ipotesi e le spiegazioni offerte da queste
valide persone.
Altro aspetto di primaria importanza è il seguente: poiché un libro costituisce
un documento “ufficiale” che stabilisce il pensiero dell’Autore in merito agli
argomenti trattati, ne conseguono delle ovvie responsabilità. Pertanto, qualora
le ipotesi esposte in questo libro trovassero nel tempo qualche riscontro grazie a nuove scoperte, studi e ricerche svolte da Scienziati – una
considerevole parte di merito andrà comunque a queste persone per il
semplice fatto di aver dimostrato scientificamente una determinata circostanza
intuita da noi, come da chiunque altro. Qualora invece il tempo si mostrerà
avverso alle nostre tesi (sempre per le medesime ragioni appena esposte) a ben
poco servirà andarsi a nascondere dietro a un dito giustificandoci con frasi del
tipo “ma erano solo ipotesi. Arrivederci e grazie!”. Abbiamo preso delle
posizioni e quindi se l’errore ci sarà tale resterà. Che dire poi riguardo la
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possibilità di definire le nostre ipotesi con l’appellativo di “scientifiche”? A
rigor di termini non possiamo definirle tali perché una teoria scientifica
necessiterebbe, nei limiti del ragionevole, di poter essere verificabile e
falsificabile. Le nostre tesi al momento non si possono smentire perché non
esistono prove contro, ma nemmeno prove a favore. Esempio: Terra e Marte
come iniziale sistema binario non è di per se sbagliato in quanto non viola le
leggi della meccanica celeste; tuttavia Marte si trova in una posizione orbitale
ben definita e attorno alla Terra orbita la Luna. Come giustificare
scientificamente ciò?
Ringraziamenti. Doveroso è spendere qualche parola di ringraziamento e
grande stima verso Persone ed Associazioni con le quali l’Autore del libro ha
avuto rapporti di collaborazione. Prima di tutto le Associazioni Narkas
(www.narkas.org) e Lunar Explorer Italia (www.lunexit.it) che si occupano
rispettivamente di ricerche in campo storico-archeologico e nel settore delle
Scienze Planetarie. In modo particolare Lunar Explorer Italia ha avuto nel
corso dei suoi cinque anni di presenza sul web, una straordinaria evoluzione
qualitativa che l’ha portata ai vertici dell’elaborazione delle innumerevoli
immagini NASA provenienti da Marte; tutto ciò merito di eccezionali tecnici
dell’immagine che operano “day by day” senza pretendere nulla in cambio.
Possa il loro splendido lavoro ricevere il giusto merito e riconoscimento.
Lunar Explorer Italia costituisce inoltre una “perla rara” in quanto
pragmatismo e ricerca “di frontiera” coesistono splendidamente insieme.
Un ringraziamento va anche esteso al prof. Emilio Spedicato, docente presso
l’Università di Bergamo. Grazie alle numerose ottime conversazioni ed al
materiale scientifico postato l’Autore ne ha tratto validi spunti per i successivi
studi e ricerche incrociate sulle scienze planetarie e la mitologia comparata.
Non meno importante è il sito Edicola Web (www.edicolaweb.net) che è stato
in assoluto il primo portale italiano ad aver dato spazio all’Autore del libro
pubblicandogli alcuni articoli tuttora letti.
Un caro e affettuoso ringraziamento va al dr. Paolo C. Fienga (astrofisico e
Presidente di Lunar Explorer Italia) e al dr. Alessio Feltri, due straordinarie
Persone nonché grandi ricercatore in Scienze Planetarie. Per molti aspetti
entrambi sono stati dei maestri verso l’Autore di questo libro in quanto lo
hanno aiutato a focalizzare cose che intuiva, ma che non avevano trovato una
adeguata collocazione pratica. Un ulteriore ringraziamento lo si deve all’Ing.
Ennio Piccaluga il quale, sin dal primo contatto “virtuale” avvenute nel
maggio 2006 ha avuto la lungimiranza di mantenere attivo il rapporto di
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reciproca collaborazione, una scelta rivelatasi nel tempo proficua e saggia. Ed
è proprio grazie a lui che si è presentata nel febbraio 2008 l’occasione di poter
scrivere articoli sulla rivista “Area di Confine” della Acacia Edizioni.
Infine, come non dire “Grazie!” di cuore al personale della NASA e
dell’ESA? Se non fosse per il loro prezioso lavoro questo libro non sarebbe
mai stato scritto e pubblicato. Benché problemi e traversie abbiano sempre
accompagnato questi Enti durante i decenni dell’Era Spaziale, entrambe hanno
continuato, e continuano tuttora, a portare avanti molti programmi di ricerca
ed esplorazione dello Spazio.
Questo libro costituisce una prova vivente che la Scienza non è in definitiva
un mondo accessibile solo a pochi eletti o illuminati. L’Autore stesso, pur
essendo affetto da un grave handicap alla vista, non ha mai abbandonato il
suo “amore di tutta una vita”, cioè l’Astronomia e le Scienze Planetarie.
Così, se è vero che l’uomo può essere colpevole di far cattivo uso della
conoscenza scientifica e delle sue applicazioni (anche occultando
determinate informazioni per ragioni a volte giuste e a volte no) rimane
altrettanto valido il concetto che nulla potrà esser tenuto nascosto a tempo
indefinito. Il nostro incoraggiamento, a tal fine, è di mantenere le debite
distanze dalla mentalità estremistica di chi vede solo complotti ovunque e di
chi non riesce a distinguere (o non vuole distinguere) i finti santi, i quali
continuano imperterriti a danneggiare il nostro Pianeta Terra (ed i suoi
stessi abitanti).
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Immagine a pag. 9: Marte ripreso dalla sonda Rosetta (credits ESA)
PRIMA CONTROVERSIA:
9
PRIMA CONTROVERSIA
MARTE: PIANETA ROSSO E CIELI AZZURRI
Sono passati 33 anni dallo storico atterraggio dei due moduli Viking su Marte
e, nonostante il tempo trascorso, una delle controversie nate in quel 1976
continua a resistere tutt’oggi. L’argomento della diatriba verte su come
dovrebbe apparire Marte agli occhi di un osservatore posizionato al suolo, un
dibattito certamente affascinante ma, purtroppo, dai connotati talvolta patetici,
nel quale (tra l’altro) le frange complottiste e anti-complottiste hanno dato
spettacolo. Nel nostro Paese la controversia dei “colori di Marte” ricevette un
forte input a partire dal 2005 allorché l’Autore di questo libro, stuzzicato da
alcune asserzioni del planetografo dr. Gianni Viola, iniziò a “ripulire” le
immagini in “approximately true colors” diffuse dalla NASA, rendendole
fruibili attraverso il portale Pianeta Marte.net. Successivamente altri bravi
Ricercatori italiani (citiamo il dr. Marco Faccin e il dr. Gianluigi Barca) hanno
sviluppato e migliorato la tecnica di “color processing” ottenendo elaborati
probabilmente superiori persino a quelli realizzati dai tecnici NASA ed ESA
(vedi www.lunexit.it).
Dove nasca il concetto di “pianeta rosso” non è difficile da comprendere,
basta infatti osservare Marte ad occhio nudo nei periodi in cui è facilmente
visibile per scorgerne il suo inconfondibile colore bianco-arancione. Eppure, a
memoria d’uomo, Marte è sempre stato descritto come “rosso”. Perché?
Nemmeno questo è particolarmente complicato da afferrare: si trattava di
assegnare all’astro un significato interpretativo di natura prevalentemente
divinatoria. Evidentemente gli uomini vissuti migliaia di anni fa, guardando
quel corpo celeste, proiettarono in esso tutti gli elementi mnemonici insiti
nelle loro tradizioni scritte ed orali, costruendovi l’impianto del “dio della
guerra”, negativo e sanguinario. In parole povere fecero nient’altro che
un’associazione oggetto-idea, materializzandovi conoscenze fraintese e
distorte in maniera approssimativa. Il colore apparente di Marte ad occhio
nudo è prossimo al rosso, quindi per semplicità Marte divenne il “pianeta
rosso”. In realtà non c’è nulla di nuovo sotto il sole in quanto l’arte di
fraintendere ed approssimare all’idea più accomodante è ben nota agli
psicologi.
Con l’invenzione del telescopio, man mano che il potere risolutivo aumentava,
dall’arancione-rossastro si stagliavano sempre più tonalità rosate, giallastre,
marroni con gradazioni varie e macchie verdastre sempre meglio definite. Ciò
10
nonostante, Marte mantenne l’appellativo di “pianeta rosso”. E, come
vedremo, molti errori scientifici sono nati perlopiù dal perpetrarsi
caparbiamente di questa approssimazione folkloristica del “pianeta rosso”.
Le prime immagini a colori. Finalmente nel 1976 le sonde Viking 1 e 2
giunsero con successo su Marte ma, a differenza delle precedenti sonde
Mariner, i moduli Viking montavano dispositivi a colori sia sugli orbiter che
sui lander (in realtà i lander avevano addirittura un dispositivo nativo per
riprese in 3D!). Viking 1 atterrò il 20 luglio 1976 nella regione di Chryse
Planitia mentre Viking 2 atterrò il 3 settembre 1976 nella regione di Utopia
Planitia. Le aspettative erano davvero tante mentre le delusioni maturate in
occasione delle precedenti missioni pesavano ancora. Cosa ci si poteva
attendere ora? Lasciamo parlare le immagini (vedi figure da 1 a 10).
A prescindere dal fatto che i moduli scesero in luoghi abbastanza distanti fra
loro, è impossibile non notare la differenza cromatica del paesaggio marziano.
Ed è proprio da situazioni del genere che alcuni Ricercatori e molti
Appassionati di tutto il mondo fiutarono il sentore della manipolazione,
motivata da chissà quali motivi. Paradossalmente, le Viking furono un vero
successo, tant’è che non si verificarono mai gravi errori di trasmissione o
perdite dati. Ma che ne era del “pianeta rosso”?
Misteri della psiche umana. Osserviamo come entra di nuovo in gioco
l’inveterata mania di accomodare le nostre ideologie al folklore popolare, quel
folklore che diede i natali al “pianeta rosso”. Quando arrivarono le prime
immagini a colori della superficie marziana ottenute dai lander Viking, con
orgoglio furono proposte al pubblico dalle TV americane ma – incredibile –
molti cittadini pare non gradirono molto la visione di un paesaggio così
“terrestre”. Ciò indica quanto la nostra mente abbia associato il Cielo Azzurro
alla Terra in modo indissolubile ed esclusivo. Non c’è da meravigliarsi: si
tratta di un retaggio atavico infarcito di antropocentrismo, geocentrismo e
tradizioni religiose varie. Il cielo azzurro racchiude un’associazione oggettoidea, ovvero la proiezione di quel bel luogo etereo denominato “Aldilà”.
Come fu affrontato il caso? Ovviamente nel modo più economico possibile.
Ad un problema di natura psicologica si adottò la relativa controparte: anziché
intraprendere una campagna di educazione scientifica volta al superamento
dello pseudo-chock, si andò a rispolverare il mito del pianeta rosso; così, in
meno di 36 ore e miracolosamente, sbucarono le nuove immagini (a detta
della NASA) corrette, in realtà pesantemente colorizzate con filtri rossi e
gialli. Ne possiamo ammirare alcune (tuttora disponibili negli Archivi delle
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Viking) osservando le figure 7 e 9. Fatica minima e costi ridottissimi! Ma la
storia insegna che le contraddizioni non possono durare in eterno …
Fig. 1: originale NASA 12B069
Fig. 2: originale NASA 22A158
Fig. 3: originale NASA 1h016
Fig. 4: originale NASA normal_ZE-IViking1-12h051
Fig. 5: normal_ZF-I-Viking222a158corr (credits NASA)
Fig. 6: originale NASA vl2_22a166
(credits NASA)
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Fig. 7: Immagine credits NASA
Fig. 8. Elaborazione in natural colors:
Matteo Fagone - Pianeta Marte.net
Fig. 9: Immagine credits NASA
Fig. 10: Immagine credits NASA
Argomento chiuso? Niente affatto! La cosa davvero grottesca è l’aver
constatato come in questi 33 anni i tentativi di mascheramento attraverso
palliativi psicologici siano andati a male. Non molto tempo dopo sorse una
corrente di pensiero “scientifico” secondo la quale le “troppo terrestri”
immagini (vedi le figure 1, 2, 3, 4 e 10) erano nient’altro che l’espressione, o
proiezione mentale, del desiderio di vedere un luogo simile alla Terra fuori
dalla Terra. Capito? Dunque, chi le avrebbe editate e, soprattutto, a quale
scopo? Oltretutto non ci deve scappare un particolare importantissimo: i
fotogrammi ivi proposti sono rigorosamente tutti originali NASA!
Fatto sta che da allora certe discutibili interpretazioni hanno avuto
un’immancabile evoluzione. Alla base di tutto probabilmente c’è sempre stata
l’innata dote umana a mentire, forse per mantenere l’attuale Status Quo (della
serie “abbiamo iniziato e andiamo avanti così”); forse per risparmiare tempo e
13
denaro su futili “sciocchezze da poco” oppure, più semplicemente, per pigrizia
mentale. Insomma, nessun grande complotto o cospirazione.
True colors, Almost true colors, Approximately true colors, Natural
colors. Cosa vogliono dire? Sostanzialmente significano: Colori veri, Colori
quasi veri, Colori approssimativamente veri e Colori naturali. Si tratta di
terminologie piuttosto ricorrenti nei commenti a moltissime immagini NASA.
Ma che differenza passa tra colori veri e colori naturali oppure tra colori quasi
veri e colori approssimativamente veri? Ebbene, la differenza può dipendere
principalmente da due fattori base: la percezione visiva dell’occhio umano se
fosse situato sulla Terra o su Marte e, per logica conseguenza, da come le
fotocamere dei veicoli su Marte rilevano e fotografano l’ambiente marziano
rispetto alle condizioni sulla Terra.
Non si tratta di un argomento da poco perché molte “patacche marziane”
hanno avuto origine proprio dall’interpretazione aleatoria dei colori di questo
pianeta. Grazie al forte sviluppo dell’informatica oggi abbiamo la possibilità
di rendere molto più semplici e veloci i procedimenti di fotoritocco delle
immagini, pertanto i prodotti “finiti” uscenti da tali operazioni di editing
potrebbero apparire convincenti e di indubbio effetto visivo. Modificare la
Palette RGB, il contrasto, la luminosità, la nitidezza, ingrandire e
rimpicciolire, tagliare ed incollare sono operazioni che si eseguono con un
semplice “click”. Molti anni fa erano invece operazioni più macchinose.
Morale della favola: volendo porre la questione sotto il profilo etico molti
Appassionati (e persino alcuni Ricercatori) si sono chiesti (e si chiedono
ancora) se sia il caso o meno di fidarsi dell’informazione offerta dalla NASA
o dall’ESA.
Come si ottengono le immagini a colori. I colori sono l’interpretazione
fisiologica che il cervello fornisce agli stimoli luminosi dati dalle onde
elettromagnetiche comprese tra 430 nanometri (blu-violetto) e 750 nanometri
(rosso estremo). Il nostro cervello riesce a creare un’elaborazione in real-time
dell’intero spettro luminoso senza salti o incoerenze cromatiche (a meno che
non si frappongano difetti della vista o lesioni cerebrali). I colori in realtà non
sono elementi reali oggettivi dell’universo fisico, mentre sono le onde
elettromagnetiche a costituire elementi reali e misurabili attraverso strumenti
di varia natura. Per la suddetta ragione possiamo comprendere l’importanza di
riuscire ad ottenere immagini il più realistiche possibili. Si adotta allora
un’efficace tecnica di ricombinazione basata sull’utilizzo di almeno tre filtri
base (Red – Green – Blue) i quali coprono l’intera gamma cromatica percepita
14
dall’occhio umano. Spirit e Opportunity ad esempio montano nelle rispettive
PanCam ben 8 filtri colore. Quando i Rovers ricevono l’ordine di scattare un
fotogramma in realtà sarà stato ripreso utilizzando tre degli otto filtri a scelta,
generando tre immagini grezze (RAW). La ricombinazione verrà eseguita a
Terra dall’unione dei tre fotogrammi grezzi.
Fig. 11. Ciascuno dei tre
fotogrammi grezzi viene
ricombinato per ricavarne
uno ”quasi finale”. Dopo il
riallineamento multi
spettrale si otterrà il
prodotto finito che, si spera,
equivarrà al “reale”
paesaggio marziano.
Dov’è finito il giallo, qualcuno dirà? Niente paura, esso è parte integrante
della palette RGB in quanto costituente il colore verde (giallo e blu). Abbiamo
detto che si procederà all’unione (fusione) dei tre fotogrammi raw per ottenere
il prodotto finale. Ma in realtà esso è ancora grezzo: l’immagine in “true
colors” necessiterà di un ultima raffinatura, cioè la calibratura multispettrale
detta anche riallineamento dei filtri. Solo dopo questa operazione (si spera)
potremo ammirare la nostra immagine a colori approssimativamente veri. Il
punto interrogativo inserito nella figura 11 rappresenta il bandolo della
matassa relativa ai colori di Marte.
Taratura ed interpretazione dei colori di Marte. A questo punto scopriamo
le carte e proponiamo i due fotogrammi di figura 12 e 13: il primo è
l’originale NASA; il secondo è la nostra versione “ripulita”. Quali dei due
corrisponderà al vero aspetto del paesaggio marziano? Applicando il
paradosso delle summenzionate tesi psicologiche dovremmo certamente
concludere che sono errate entrambi. Le versioni NASA in “salsa rossa”
sarebbero dei contentini creati ad hoc per placare lo sconcerto degli
impreparati a vedere ambienti simili alla Terra fuori dalla Terra.
Diversamente, quelle con i cieli azzurri sarebbero state create per soddisfare
un bisogno di vedere ambienti simili alla Terra fuori dalla Terra. Ciascuno
tragga le proprie conclusioni.
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Fig. 12: originale NASA br_PIA00572
Fig. 13: versione in “natural colors”
elaborata da Matteo Fagone – Pianeta
Marte.net
Non dimentichiamo che i lander delle Viking, come Pathfinder, furono
preventivamente dotati di algoritmi automatizzati su valori standard, ma
potevano operare anche in modalità “filter free”. Le Viking montavano inoltre
una griglia di taratura “al volo”. Allo stesso modo, nei computer di bordo di
Spirit e Opportunity sono stati caricati programmi automatizzati per la
gestione dei filtri colore e dispongono anch’essi di una griglia cromatica per la
taratura “al volo”.
Per quanto il riallineamento multispettrale dei filtri sia un operazione non
esente da difficoltà, resta viva la questione finale dei colori inviati dalle sonde.
Molti Appassionati credono che le immagini contraddittorie siano da
imputarsi a manipolazioni eseguite sulla trasmissione o sul metodo di
elaborazione. Questo però non è vero perché, complessivamente, le missioni
di successo si sono dimostrate efficienti e con minime perdite di dati, mentre il
metodo di elaborazione adottato è sicuramente uno dei migliori che si possa
immaginare. Il problema di fondo risiede piuttosto in sede di riallineamento
dei filtri, quando le immagini grezze dovranno essere ricombinate. Quindi la
domanda è: in base a quali presupposti esse vengono rifuse? Abbiamo detto
che, grazie ai moderni software di fotoritocco, si possono letteralmente
trasformare le immagini al punto da far sembrare vere quelle false e false
quelle vere, a seconda dei propositi. Lasciamo il resto al giudizio del Lettore.
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Fig. 14 (a sinistra) e Fig.
15 (sotto): griglie di
taratura “al volo” montate
sulle sonde Viking 1 e 2, e
sui rovers Spirit e
Opportunity.
(Credits: NASA)
Per intenderci, le immagini delle figure da 1 a 6 mostrano chiaramente
l’effetto visivo che l’andamento climatico locale può assumere in presenza di
un osservatore. Tenendo conto di fattori quali l’opacità atmosferica, il tasso di
umidità relativa e l’illuminazione diurna potremmo vedere un cielo terso e blu
oppure un cielo velato dai colori variabili tra il bianco, il rosa chiaro fino a
tonalità cupe tipiche dell’accumulo di polvere a bassa quota. E, poiché il suolo
di Marte abbonda di minerali ossidati, la dominante cromatica arancionemarrone avrà sempre un posto di primo piano.
Facciamo il punto della situazione. Non dimentichiamo mai che a
prescindere dai dubbi (legittimi o errati), dalle ragionevoli incertezze, dalle
facili critiche e dai complotti, una buona dose di calma e sangue freddo ci
aiuterà a capire il problema senza cadere nel facile laccio della bieca cultura
del sospetto. Cerchiamo di tenere ben a mente innanzitutto i seguenti punti
base:
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1. Il sole che illumina la Terra è lo stesso Sole che illumina Marte, con la
differenza che a) la distanza di Marte dal Sole è maggiore e può partire da
un minimo di 206 milioni di km e arrivare ad un massimo di 248 milioni
di km. b) Il gradiente termico introdotto dal Sole su Marte è parecchio
inferiore rispetto a quello introdotto sulla Terra.
2. Fondamentalmente i gas atmosferici che troviamo sulla Terra li troviamo
anche su Marte. Cambiano naturalmente la quantità, le proporzioni e la
densità.
3. Polveri, pulviscolo e polveri sottili non hanno nulla di alieno ed
eccezionale in quanto presenti su Marte come sulla Terra.
4. Le polveri sottili, per quanto leggere ed inconsistenti, pesano certamente
più dell’aria marziana composta prevalentemente di CO2.
5. Su Marte tutto pesa in proporzione alla gravità pari al 38% di quella
terrestre, aria compresa.
Date queste premesse possiamo affermare che il Rayleigh Scattering, da un
punto di vista strettamente fisico, dovrebbe creare su Marte un colore del cielo
azzurro similmente a come avviene sulla Terra. Le frequenze corte (quelle del
blu) vengono disperse e riflesse mentre quelle del rosso proseguono la loro
strada senza subire deviazioni. Tuttavia, quando il vento solleva le polveri
sottili esse tenderanno a disperdere le frequenze del giallo e del rosso e a
lasciar passare quelle del blu. Di conseguenza avremo un cielo tendente al
bianco-rosa con sfumature celestine (ampiamente dimostrato da
numerosissimi fotogrammi a colori), fenomeno peraltro molto ricorrente sulla
Terra e per nulla eccezionale.
Molti fotogrammi scattati in superficie hanno mostrato un cielo chiaro
dall’orizzonte fino ad una certa angolazione, dopodiché inizia a perdere
gradualmente luminosità fino a quando, raggiunto lo zenit, tende ad essere
molto scuro. Altre volte invece si nota un’opacità diffusa ed estesa. Altre volte
ancora il cielo di Marte mantiene una luminosità elevata ed abbastanza
uniforme. Cosa starebbe ad indicare tutto questo? Semplicemente che Marte è
un pianeta dotato di variabili locali sufficienti a produrre notevoli
cambiamenti nelle condizioni meteorologiche. Ci sono due ulteriori fattori da
tener presenti: 1) il Rayleigh Scattering marziano è minore di quello terrestre;
2) poiché su Marte in pratica non piove (almeno non come sulla Terra)
avremo sempre una certa presenza di polveri sottili a bassa quota.
A quanto ammonterebbe la pressione atmosferica di Marte al suolo? In base
alle informazioni rese dalla NASA e dall’ESA si stima un valore di 6-7
18
millibar. Sulla Terra la pressione di 6 millibar si riscontra a 35 km di quota,
mentre su Marte si è stabilito un valore medio tra le varie differenze di
altitudine misurate in superficie. Eppure… 1) quando la Mars Global Surveyor
iniziò la sua attività venne registrato un tasso di umidità atmosferica più
elevata del previsto; 2) quando la Mars Reconnaissance Orbiter entrò in orbita
fu registrata una densità atmosferica superiore alle previsioni. 3) Spirit e
Opportunity da ben 5 anni stanno esplorando le regioni di Gusev Crater e
Meridiani Planum a dispetto dei 90 giorni di vita previsti per i due Rovers.
Lasciando da parte le politiche basate sui finanziamenti governativi, è
sorprendente vedere due veicoli “economici” ancora funzionanti! Possibile?
Sicché qualcosa starebbe accadendo su Marte, forse collegata al riscaldamento
globale planetario. Pertanto, non sarebbe affatto da escludere che l’atmosfera
stia lentamente, ed in modo costante, aumentando di densità acquisendo
sempre più vapore acqueo ed ossigeno molecolare allo stato libero. Cosa
accadrà nei decenni o secoli avvenire? Difficile rispondere con certezza.
Forse, nel prossimo futuro, vi saranno condizioni migliori per la
colonizzazione umana.
Ma ancora non abbiamo risposto al quesito base di questo capitolo: per quale
ragione molti credono che la NASA abbia “mascherato” l’ambiente marziano
fotografato dalle sonde facendolo apparire come una perenne brulla distesa
rossa? Innanzi tutto si tenga sempre conto che l’idea dei colori “mascherati”
viene considerata negli ambienti anti-complottisti come una teoria spregevole.
Tuttavia, la questione di base forse andrebbe attribuita alla reazione avversa
della gente verso le prime bellissime immagini a colori ottenute da Viking 1.
In parole semplici: è colpa nostra!
Diversamente ci si potrebbe chiedere cosa sia quella sostanza verdastra che
permea le sabbie di Erebus Rim (figura 19): forse una forma di micro
vegetazione tipo muschio o licheni oppure una mistura chimica di idrocarburi
ed altri composti organici. Vi sarebbero pure ampie indicazioni, deducibili
osservando attentamente le impronte lasciate dai rovers, che farebbero pensare
ad una certa fangosità del terreno (acqua liquida mischiata al suolo). Vi
sarebbero inoltre numerose immagini satellitari mostranti grosse chiazze scure
simili agli affioramenti di idrocarburi (petrolio?) e numerosissime
conformazioni geologiche le quali indicherebbero una massiccia presenza di
forme di vita in grado di interagire e modellare l’aspetto del pianeta.
E’ chiaro che non siamo in grado di avanzare pretese di Verità Assodate,
tuttavia la possibilità che su Marte, come a Casa Nostra, vi siano giacimenti di
idrocarburi è compatibile con le rilevazioni di metano in atmosfera. Dunque,
19
l’eventuale presenza di petrolio, qualora sarà accertata, fornirà ulteriori
argomenti a favore della tesi “Mars-just-like-Earth”. Per quel che concerne
invece la vita, dobbiamo riconoscere quanto sia riduttivo limitarsi a definire
semplicemente “strutture geologiche” tutte quelle peculiarità planetarie
mostranti una straordinaria ricorsività non solo su piccola scala, ma su ampie
porzioni di superficie (vedi figura 21); oltretutto tali peculiarità presentano
una notevole compatibilità con i modelli tipici delle figure di Fibonacci,
caratteristiche possedute generalmente dalle strutture biogeniche, nulla
togliendo alle spiegazioni “convenzionali”.
Fig. 16: Ares Vallis. (credits NASA)
Fig. 17: versione elaborata in
“natural colors” da Matteo Fagone –
Pianeta Marte.net
Fig. 18: Erebus Rim (credits NASA)
Fig. 19: versione elaborata in
“natural colors” da Matteo Fagone –
Pianeta Marte.net
20
Fig. 20: Sol 248 (credits NASA)
Fig. 22: Fotogramma V08512006_b
(credits NASA)
Fig. 21: versione elaborata in “natural
colors” da Matteo Fagone – Pianeta
Marte.net
Fig. 23: Fotogramma m0804688 A0
(credits NASA)
Poniamoci allora la domanda conclusiva: quale potrebbe essere il modo più
semplice ed economico per nascondere senza occultare niente? A pensarci
bene, un paesaggio “rosso” ci porterà inevitabilmente a concludere che Marte
è un mondo dannatamente ossidato. Punto e basta! Dunque, chi
c investirebbe i
propri soldi solamente per andare a piantare una bandiera in una sassaiola
arrugginita e praticamente priva di risorse? Se, d’altronde,
d’altronde nei prossimi
decenni si vorrà avviare una new-economy basata sullo sfruttamento
sfrutta
delle
risorse marziane, cosa faremmo per creare oggi un deterrente psicologico in
grado di scoraggiare la concorrenza? Probabilmente alterare i colori! Un
sistema relativamente facile, economico e conveniente. Peccato però
per che
questo genere di strategia si sia tristemente rivelata un micidiale boomerang,
21
scoraggiando tutti (americani compresi) ad investire e puntare sulla conquista
dello spazio interplanetario. Nel frattempo, mentre l’attuale crisi mondiale
evolve, siamo veramente curiosi di sapere chi si farà avanti: forse la Cina?
L’India? O magari (!) l’Europa?
APPENDICE 1
NON HANNO OCCULTATO PROPRIO NIENTE?
A rischio di sembrare ambigui, desideriamo ulteriormente evidenziare ciò che
noi consideriamo la differenza tra un discorso di tipo cospirazionista e le
nostre tesi. Dunque, è proprio vero che la NASA abbia occultato un gran
numero di immagini provenienti da Marte? I fatti dimostrano ben altra realtà.
Per esempio nel sito www.exploratorium.edu/mars sono depositate centinaia
di migliaia di fotogrammi dei rovers Spirit e Opportunity perfettamente
fruibili da chiunque ed in qualunque momento. Altro sito di notevole
interesse è questo: http://themis.la.asu.edu/maps nel quale si possono
visionare le mappature di Marte settore per settore eseguite dalla Mars Global
Surveyor, Mars Odyssey, Mars Reconnaissance Orbiter e dalle Viking 1 e 2,
senza contare poi la documentazione disponibile nel sito del Malin Space
Science System (www.msss.com)
Secondo numerose tesi complottiste, la NASA avrebbe nascosto al Pubblico
un imprecisato numero di scatti “compromettenti”, i quali dimostrerebbero
l’esistenza di qualche traccia lasciata da intelligenze non terrestri o comunque
di evidenze “scomode”, diciamo imbarazzanti da spiegare alle fragili menti
dei cittadini. Qual è invece la nostra opinione al riguardo? Anzitutto non c’è
bisogno di cospirazioni per affermare che già le immagini pubbliche
contengono molto materiale “imbarazzante” e sconcertante. Semmai, spiace
constatare come l’interesse del Pubblico sia perlopiù incentrato sul gossip e
sulle frivolezze proposte dai Mass Media. Peggio ancora, molte teorie
complottiste sono contraddittorie perché evocano occultamenti da parte degli
Enti Spaziali (NASA ed ESA) e poi, per avvallare determinate idee, viene
utilizzato proprio materiale degli Enti medesimi!
Quale potrebbe essere un metodo pragmatico e valido per scovare eventuali
incongruenze nella documentazione pubblica? 1) mettere da parte il
sensazionalismo; 2) non farsi suggestionare da ogni notiziola “mordi e
fuggi”; 3) intraprendere un’accurata e meticolosa analisi non limitata
solamente a poche immagini, ma anche coadiuvata dai dati tecnici (ora, data,
angolo visuale, altitudine ecc). E lasciamo che il tempo faccia il suo corso…
22
Fig. 24. La sonda Phoenix ed il paesaggio marziano in “natural colors”. (credits
NASA. Elaborazione aggiuntiva: Matteo Fagone - Pianeta Marte.net)
23
SECONDA CONTROVERSIA
SU MARTE QUALCOSA STA CAMBIANDO
Il 31 luglio 2008 la NASA rilasciò una notizia che, immancabilmente, fece il
giro del mondo, rimbalzando su telegiornali, carta stampata ed un’infinità di
siti web: la sonda Phoenix aveva prelevato un campione di terreno mediante la
paletta del braccio robotico sottoponendolo ad analisi chimica all’interno del
micro laboratorio TEGA. Risultato? Phoenix, come dichiarato dagli scienziati
NASA, assaggiò per la prima volta l’acqua di Marte. Naturalmente, benché
vada riconosciuta l’importanza dell’evento, non vorremmo certo dimenticare
che la presenza di acqua sul “pianeta rosso” di fatto è una realtà ben
conosciuta da molti anni.
Sempre in quei caldi giorni estivi la NASA annunciava che il terreno di Marte
era, in parole povere, coltivabile. Subito dopo un altro freddo comunicato
annunciava la scoperta di sali perclorati nel suolo di Vastitas Borealis. Infine,
poco prima che la Phoenix smettesse di inviare dati, fu individuato un
fenomeno che gli scienziati definirono “nevicata”. Che altro aggiungere? Dal
canto nostro riteniamo più profittevole, anziché ripetere la “tiritera”
dell’acqua, rimandarvi al portale Pianeta Marte.net dove si potrà consultare
dell’ottimo materiale inerente proprio la scoperta dei sali perclorati e la
“nevicata”.
Clamore e apatia. Uno dei manierismi più diffusi verso l’informazione
spaziale è quello di distorcere il significato dei comunicati ufficiali emessi
dalla NASA e dall’ESA, creando spesso più confusione che cultura. Capita
sovente che, terminato il fugace momento di clamore, tutto cade nel sonno
dell’apatia generale. Chi non ricorda, per esempio, la scoperta del dicembre
2006 riguardante – ovviamente – la possibile acqua liquida sgorgante dalle
fessure di un cratere marziano? Poiché l’argomento di allora in realtà è
estremamente determinante, oltre al fatto che ben si lega agli eventi dell’estate
2008, non sarebbe male, magari, rinfrescarci la memoria osservando le figure
qui sotto:
24
Fig. 25. La NASA presentò questi due scatti della Mars Global Surveyor come
“prova” che acqua liquida scorre su Marte. Ma cosa è accaduto nel frattempo dal
1999 al 2005 e quante altre volte il fenomeno potrebbe essersi verificato, sopratutto
altrove nel pianeta?
Fig. 26. Ecco altri due scatti della Mars Global Surveyor mostranti un fenomeno
analogo a quello di fig. 25. Oltre a domandarci cosa accadde dal 2001 al 2005 ci
piacerebbe sapere quanto tempo impiegano ad evolversi questo genere di eventi dal
loro nascere fino al loro epilogo, visto che Marte sarebbe un mondo con atmosfera
estremamente rarefatta.
25
Sembrò un evento di portata epocale, tant’è vero che radio, tv, stampa, siti
web, forum e blog di appassionati parteciparono a quel ping-pong mediatico.
Strano però che dinnanzi a siffatte “prove” quasi nessuno si pose una semplice
e banale domanda: “cosa accadde nell’intervallo di tempo tra uno scatto e
l’altro?” Troppo difficile, vero? Ma questo “sonno” è tipico della nostra
mentalità moderna, abituata a ricevere solo informazioni masticate e, perché
no, debitamente digerite da altri. Chiamiamola pure come ci pare, l’importante
è che, almeno, ogni tanto qualcuno se ne renda conto ed apra gli occhi. Ma
adesso, tornando al presente, il nostro passo successivo sarà quello di riportare
una parte della news originale NASA del 31 luglio 2008 tradotta in italiano:
Fig. 27. "workspace" di Phoenix. Credits NASA.
La sonda spaziale NASA conferma l’acqua su Marte. […] “Abbiamo
l'acqua" ha detto William Boynton dell'Università dell'Arizona, responsabile
del Thermal and Evolved-Gas Analyzer, TEGA. “Avevamo ottenuto indizi
riguardo l'acqua ghiacciata da precedenti rilevamenti satellitari di Mars
Odyssey e dallo scioglimento di grossi blocchi osservati il mese scorso da
Phoenix, ma questa è la prima volta che l'acqua marziana è stata raccolta,
toccata ed assaporata". Considerati gli ottimi risultati finora raggiunti e le
buone condizioni di salute di Phoenix la NASA ha annunciato che il
finanziamento operativo verrà esteso fino al 30 settembre, così la missione
principale di tre mesi avrà ulteriori cinque settimane di vita. “Phoenix è sana e
si prevedono buoni approvvigionamenti di energia solare, in modo da poter
trarre il massimo vantaggio dall'utilizzo di questo mezzo atterrato in una delle
più interessanti regioni di Marte" ha detto Michael Meyer, responsabile del
Mars Exploration Program della NASA. Il campione di terreno proveniva da
26
una scavo profondo circa 2 pollici. Infatti, non appena raggiunta quella
profondità il braccio robot aveva colpito uno strato duro di terreno congelato.
Due precedenti tentativi di trasportare campioni ghiacciati erano falliti quando
la paletta li aveva raccolti. Tuttavia la maggior parte del materiale contenuto
nel campione di mercoledì era stato esposto all'aria per due giorni, favorendo
l'evaporazione di una parte dell'acqua e rendendo il terreno più facile da
maneggiare. “Marte ci sta riservando alcune sorprese" ha detto il Ricercatore
Peter Smith dell'Università dell'Arizona “Siamo emozionanti perché le
sorprese giungono proprio dal luogo che stiamo esplorando. Una di esse
riguarda il comportamento del terreno: gli strati ricchi di ghiaccio si attaccano
alla paletta una volta esposti al sole sopra la piattaforma, diversamente da
quanto ci si attendeva dalle prove che le simulazioni mostravano. Ciò ha
presentato alcune sfide per effettuare il trasporto dei campioni, ma stiamo
lavorando onde fra fronte alla situazione e raccogliere nuovi dati utili al
miglioramento della comprensione di questo terreno” […].
Fig.28. Valori meteorologici relativi alla Missione Phoenix.(credits NASA)
Ma è davvero una scoperta importante? Per rispondere in modo sensato a
questa domanda occorrerebbe fare un piccolo sforzo per tentare di “leggere tra
27
le righe”. Nel qual caso abbiamo un elemento decisivo che, messo assieme ad
altri, ci aiuterà a comprendere se davvero su Marte l’acqua potrebbe esistere
allo stato liquido. D’altronde, com’è possibile che il campione di terreno
ghiacciato, una volta esposto al sole, aderisse alla paletta del braccio robotico?
Ammettendo che l’aria marziana sia estremamente rarefatta, un simile
fenomeno - almeno in teoria - non troverebbe spazio così facilmente per
verificarsi. Il processo di sublimazione dell’acqua avrebbe dovuto svolgersi
con notevole rapidità, lasciando il campione di terreno asciutto; senza contare
poi che il medesimo era stato esposto all'aria per ben due giorni prima delle
analisi. Chiaro il concetto?
Fig. 29. Grafico della transizione di fase dell’acqua ci mostra la relazione
pressione/temperatura.
La transizione di fase dell’acqua. La NASA sosteneva che a Vastitas
Borealis, durante quel periodo dell’anno marziano. le temperature variavano
mediamente tra i -30°C e i -80°C, mentre la pressione oscillava tra i 7,8 e gli
8,5 mb. D’accordo, prendiamo questi dati per buoni e proviamo ad invertire il
ragionamento. Cosa sarebbe accaduto se la pressione atmosferica fosse stata
ben maggiore? In altre parole, il ghiaccio d’acqua avrebbe sublimato
ugualmente oppure no? Attenendoci al grafico di figura 29, spesso citato per
confermare come l’acqua liquida su Marte sia praticamente inesistente, non è
possibile fare valutazioni complete a causa del limitato range parametrico.
28
Sarà invece il grafico di figura 30,, sicuramente più esaustivo, a fornirci
qualche risposta. Osserviamolo molto attentamente.
Fig. 30. Grafico della transizione di fase dell’acqua
qua comparativa tra Terra e Marte
basato sui dati ufficiali NASA.
Per prima cosa, si comprende come il ghiaccio d’acqua riuscirebbe a
sublimare anche nella fascia intorno a 0°C su valori di pressione compresi tra
8 e 6 millibar, mentre a temperature inferiori allo zero Celsius la sublimazione
sarà possibile qualora la pressione atmosferica scendesse sotto i 4 mb.
29
(rammentiamo ai Lettori che il Punto Triplo dell’acqua è situato a 6,1 mb e
0,1°C). In secondo luogo, dal momento che a Vastitas Borealis la pressione
atmosferica toccherebbe (dal vangelo secondo la NASA) gli 8,5 mb e la
temperatura massima solitamente si ferma tra -26°C e -30°C, il fenomeno
della sublimazione non dovrebbe verificarsi nella misura generalmente
immaginata da tutti. Vien spontaneo chiedersi se abbiamo scovato una
probabile contraddizione tra il dire (della NASA) e il fare (di Marte).
Interessante, no? Dopotutto la sublimazione dell’acqua ghiacciata avviene
anche sulla nostra cara Terra ed è dimostrabile sperimentalmente: basta
prendere un blocco di ghiaccio e accendere un ventilatore. Il residuo liquefatto
sarà inferiore al totale della massa originale perché una parte di ghiaccio
sublimerà direttamente saltando lo stato liquido. Niente di misterioso.
Fig. 31. Si noti come il terreno
si attacca alla paletta della
sonda Phoenix. Sulla Terra è un
fenomeno comune: il fango che
aderisce sulle pale degli
escavatori o di altri mezzi
agricoli, la sabbia che si attacca
sulla pelle quando facciamo il
bagno al mare ecc. (credits
NASA. Elaborazione “natural
colors”: Matteo Fagone –
Pianeta Marte.net)
Cosa accade realmente? Non vorremo apparire come dei farneticanti
rivoluzionari ma, a questo punto ci sarebbe qualche valido elemento per
confutare l’idea “scientifica” secondo cui la sublimazione del ghiaccio sia la
prova che su Marte l’acqua liquida non possa esistere in superficie e/o che la
densità atmosferica al suolo sia estremamente bassa. Altrimenti, in accordo ai
dati NASA, il ghiaccio estratto dagli scavi dovrebbe essere composto da CO2.
Eppure la NASA ha detto “Abbiamo l’acqua!”. Ed ecco che il peso della
contraddizione aumenta a vista d’occhio. Quali soluzioni offrirebbero allora
delle valide alternative?
30
Fig. 32. E’ ghiaccio
d’acqua oppure è
ghiaccio secco ciò che
sublima appena esposto
all’aria aperta? Inoltre,
se davvero fosse
ghiaccio d’acqua, non
valeva la pena di
soffermarsi anche sugli
affioramenti di superficie
visibili nel panorama di
Vastitas Borealis?
(credits NASA)
Ebbene, la bassa atmosfera di Marte (quella a contatto con la superficie)
potrebbe essere considerevolmente densa nonostante le dichiarazioni
“ufficiali”, per cui l'acqua, una volta esposta all'aria e al sole, sarebbe in
condizioni di passare allo stato liquido e rimanervi per un determinato periodo
prima di ricongelarsi o evaporare. Addirittura è persino plausibile che la
paletta del braccio robotico creasse una specie di “microclima” capace di
favorire lo scioglimento del ghiaccio, facendo poi aderire il terreno come se
fosse fango. Così, le strutture a pattern poligonali di Vastitas Borealis
potrebbero essere il risultato di un incessante ciclo di sublimazione,
liquefazione e brinamento di ghiaccio d’acqua il quale, nel corso dei lunghi
mesi marziani, ridisegnerà di volta in volta la superficie. Ovviamente, a
temperature così basse, l’acqua dovrebbe rimanere perennemente allo stato
ghiacciato ma, come vedremo tra breve, potrebbero verificarsi alcuni processi
in grado provocarne la liquefazione.
Molti scienziati ritengono comunque che la superficie di Marte sia massacrata
dalle nocive radiazioni solari a motivo dell’assenza di un campo magnetico
globale e di uno strato di ozono; ciò nonostante vi sarebbero valide ragioni per
ritenere che qualche piccola “difesa” esista in virtù dei campi magnetici locali,
della costante immissione di molecole d’acqua nella bassa atmosfera e dalla
conseguente liberazione di ossigeno (dovuta all’azione dei raggi UV), da cui è
ipotizzabile una successiva ricombinazione in O2 e O3.
31
Fig. 33 (sopra). Il terreno intorno alla sonda Phoenix ha mostrato una strutturazione
a pattern di probabile origine idrogeologica. L’altra possibilità, esposta dal dr.
Alessio Feltri, è che fra le “gobbe” e le venature del suolo si annidino forme di vita
organizzate le quali creano connessioni secondo schemi istintivi basati sulle
interazioni con l’ambiente locale.(credits NASA)
Fig. 34, ( a pag. 36). Un altro spettacolare panorama di Vastitas Borealis elaborato
in “natural colors” da Matteo Fagone (Pianeta Marte.net) nella quale sono ben
visibili “nervature” incrociate di probabile origine biogenica.
32
33
Un ulteriore soluzione di grande fascino e suggestività - ma non per questo da
buttare - chiama nuovamente in causa l’ipotesi biogenica. Come spiegava il
ricercatore in scienze planetarie dr. Alessio Feltri, durante alcune
conversazioni tenute con l’Autore del libro, è plausibile che esistano forme di
vita altamente organizzate in grado di "bere" l'acqua (provocandone la
liquefazione) ed utilizzarla nel loro “metabolismo”. In tal caso, almeno una
parte dei pattern visibili nel terreno intorno alla sonda Phoenix anziché essere
semplici disegni di matrice idrogeologica sarebbero invece dei tracciati
“intelligenti” (in realtà basati su qualche tipo di istinto compreso tra la
biologia vegetale e animale). In altre parole, queste forme vitali diverrebbero
ulteriore causa di liquefazione dell’acqua ghiacciata (se non la principale
causa) in aggiunta al riscaldamento solare e ad altre probabili fonti endogene.
Fig. 35. La sonda Phoenix ed il relativo panorama a 360°.(credits NASA.
Elaborazione "natural colors": Matteo Fagone - Pianeta Marte.net)
La Mars Global Surveyor nei suoi 10 anni di vita ha ripetutamente fotografato
presunti laghi di ghiaccio d’acqua. Ora, lasciando da parte le solite polemiche
interpretative, non ci resta che applicare il modello di sublimazioneliquefazione-brinamento e accettare l’idea secondo la quale nei bordi e sopra i
laghi stessi potrebbero formarsi patine di acqua liquida a seconda delle
condizioni meteo locali; tanto più al di sotto della lastra ghiacciata. Resta
inteso che la principale causa di liquefazione del ghiaccio d’acqua
probabilmente è di matrice biogenica e non tanto meteorologica.
Atmosfera rarefatta o sottile? Per offrire una spiegazione coerente alle
innumerevoli immagini di Marte mostranti terreni apparentemente fangosi,
nebbie, possibili laghetti d’acqua liquida ecc. dobbiamo fare un distinguo fra i
termini “rarefatto” e “sottile”. Molti credono che questi due concetti siano
uguali, ma così non è. Il Sole, per esempio, ha un’atmosfera estremamente
rarefatta, eppure è così spessa che la Terra potrebbe starci dentro molte volte.
34
L’atmosfera di Venere ha uno spessore assai simile a quella terrestre, ma è
così densa che alla superficie essa pesa 90 volte più della nostra.
Fig. 36. Fotogramma MGS
“bm0901354a”. Credits NASA
Fig. 37.. Fotogramma MGS
“be0900020a”. Credits NASA
Sulla Terra la colonna d’aria pesa 1013 g/cm2 al livello del mare (1013 hPa).
Su Marte, essendo la gravità pari a 1/3 circa della nostra, la colonna d’aria al
suolo peserà proporzionalmente meno. Questo però non vuol dire
automaticamente che la quantità di gas debba essere necessariamente minima.
Inoltre, sulla Terra (fino ad una certa altitudine) la pressione diminuisce di un
millibar ogni 8 metri circa, mentre di Marte non sappiamo esattamente cosa
accada all’aumento di quota per “x” metri lineari. E’ probabile,
babile, quindi, che
l’aria marziana, considerate le diverse condizioni generali, possiederà una
35
elevata densità fino a qualche decina di metri di altitudine rispetto al
cosiddetto “punto datum”. Pertanto, basandoci sull’assunto che l’atmosfera di
Marte sia meno di un centesimo di quella terrestre, non dovremmo far altro
che “ragionare all’inverso” spostando la virgola dei decimali di 2 posizioni
ogni qualvolta la NASA ci indica un presunto valore della pressione al suolo:
6,80 mb diverranno 680 mb; 7,85 mb diverranno 785 mb e 8,50 mb
diverranno 850 mb (in un certo senso la nostra vuole essere una
provocazione). A quote sempre maggiori la densità scenderà rapidamente
rispettando la media stabilita dalle misurazioni NASA. Questa è, per
definizione, un’atmosfera “sottile” (Vedi Nota di fine Capitolo).
Fig. 38. Panorama
immaginario di Titano,
un mondo meno
luminoso, meno denso e
con gravità inferiore a
Marte, ma con pressione
atmosferica superiore a
quella terrestre e con
oceani di metano in
superficie. Credits
NASA/ESA
Significa allora che la NASA occulta e nasconde la verità? Non
necessariamente. L’affermazione “pressione media di 6-7 millibar” di per se è
corretta, come è giusto dire che da Torino a Milano ci sono meno di 500 km di
distanza, oppure da Torino a Napoli ce ne sono più di 500 km. L’importante è,
poi, approfondire il significato di certe asserzioni.
Il futuro di Marte. Nel caso qualcuno dovesse rimanere sbigottito dinnanzi
alle dissertazioni appena lette ha per certo tutta la nostra comprensione; ciò
nonostante queste ipotesi offrono un quadro perlomeno coerente e capace di
mettere pace alle numerose discrepanza esistenti fra dati, immagini e
fenomeni fisici descritti dagli stessi scienziati. Assurdità? Può darsi. Citiamo
allora un'altra situazione come esempio. Titano, satellite di Saturno è poco più
piccolo di Marte, eppure la sua pressione atmosferica risulta essere 1,6 volte
maggiore di quella terrestre, tant’è vero che, al posto di oceani d’acqua, sulla
superficie di quella luna esisterebbero oceani di metano liquido a temperature
di -180°C.
36
Fig. 39. Marte visto dal
Telescopio Spaziale Hubble.
Si noti l’atmosfera che
circonda il pianeta
evidenziata dal filtro utilizzato
in questo scatto. (Credits
NASA)
Grazie a queste ipotesi siamo in grado di spiegare in modo altrettanto coerente
i fenomeni delle Figure 25 e 26: solo l’acqua liquida riesce a percorrere tratti
di terreno e lasciare segni tangibili, dimostrando che essa rimane in tale stato
per periodi di tempo sufficientemente lunghi. Se la densità atmosferica di
Marte fosse tanto bassa, come la NASA ci ha sempre detto, non sarebbe
possibile.
Resta un’ultima domanda in sospeso. Perché su Marte non esistono grandi
estensioni d’acqua? Probabilmente le condizioni atmosferiche odierne
rendono il ciclo dell’acqua troppo instabile non permettendo un riciclo pari a
quello terrestre; di conseguenza il terreno di Marte non riesce più a creare
condizioni di accumulo tranne che per minuscoli laghi e simili. E’ inoltre assai
probabile che, a differenza del passato, molti terreni siano diventati talmente
porosi da rendere l’acqua estremamente satura di elementi chimici locali. Ma
di una cosa siamo convinti: le ipotesi esposte in questo capitolo forse ci
sveleranno quale sarà il futuro di Marte a partire da quello che sembra essere
il miglior terraforming naturale già all’opera sotto il naso di tutti!
__________
Nota di Fine Capitolo: la Fisica insegna che i gas sono fluidi che si possono comprimere
mediante l’applicazione di una determinata forza. Nel caso di un pianeta, sarà la stessa
attrazione gravitazionale a fungere da agente di compressione. Ne consegue quindi che alla
superficie la densità atmosferica raggiungerà sempre il massimo valore, ma la pressione e la
densità non è detto che debbano essere quantità legate fra loro. Dal momento che su Marte
l’azione dinamica del Sole è ridotta di oltre la metà di quanto accada sulla Terra, i gas
dell’atmosfera tenderanno inevitabilmente ad addensarsi nei bassi strati a svantaggio però dello
spessore globale dell’atmosfera stessa. In sostanza, la densità dell’aria di Marte alla superficie
potrebbe benissimo raggiungere valori del tutto simili a quelli del nostro pianeta.
37
TABELLA RIASSUNTIVA DEL PIANETA MARTE
Distanza dal sole media
228.000.000 km
Distanza dal sole massima
248.000.000 km
Distanza dal sole minima
206.000.000 km
Distanza dalla Terra all'Opposizione perielica
56.000.000 km
Distanza dalla Terra all'Opposizione afelica
99.000.000 km
Distanza dalla Terra alla Congiunzione afelica
547.200.000 km
Velocità orbitale Media
24,11 km/s
Velocità orbitale all'afelio
21,95 km/s
Velocità orbitale al perielio
26,97 km/s
Velocità di fuga (parabolica)
5,04 km/s
Velocità circolare alla superficie
9,56 km/s
Diametro equatoriale
6.786 km
Diametro polare
6.750 km
Durata del giorno
Durata dell’anno
Eccentricità dell’orbita
Inclinazione del piano orbitale rispetto all’eclittica
Inclinazione dell’equatore marziano sulla sua orbita
24 ore 37 min
686,979 giorni terrestri pari a
668,599 giorni marziani
0,09336
1° 50’ 59,8"
23° 59 (altre fonti forniscono
come dato 25°19')
Massa (Terra = 1)
0,108
Volume (Terra = 1)
0,151
38
Fig. 40. Marte ripreso dal Telescopio Spaziale Hubble. Una tempesta di sabbia
imperversava nella zona di Meridiani Planum, poco prima dell’arrivo di Spirit e
Opportunity . Credits NASA
39
TERZA CONTROVERSIA
LA VITA INTELLIGENTE SU MARTE
Entriamo nei meriti di un’altra controversia dei nostri tempi, intrigante e fonte
di accesi dibattiti fra possibilisti e scettici: l’ipotesi di vita intelligente su
Marte. Certamente un argomento spinoso che non merita di essere liquidato in
maniera semplicistica. Ad ogni modo, nel rispetto delle opinioni altrui possano essere a favore o contro questa suggestiva idea - abbiamo scelto una
nostra logica di base per sviluppare il materiale esposto di seguito. Proprio nel
primo capitolo di questo libro si era accennato al problema dell’impatto
psicologico che eventuali nozioni e/o scoperte controverse potrebbero sortire
nei confronti dell’opinione pubblica, ma c’è anche un ulteriore problema da
non sottovalutare: il trattamento dell’informazione scientifica e le modalità di
“somministrazione” alla Collettività.
Un esempio pratico ci sarà nuovamente d’aiuto. La figura 41 mostra il bordo
del cratere Endurance denominato “Karatepe” ripreso dal rover Opportunity e
“colorizzato” dai tecnici della NASA. Visto così Marte sembrerebbe
nient’altro che un mondo sterile, sciatto e polveroso, dannatamente ossidato e
“rosso”. Come si può solo immaginare la vita in siffatto luogo? Figuriamoci
poi la vita intelligente. Non scherziamo!
Fig. 41. Immagine in
“approxinately true
colors” trasmessa
da Oppurtunity
mentre esplorava
uno dei bordi di
Endurance,
denominato
Karatepe, (credits
NASA)
40
Fig. 42. La stessa
immagine precedente
sottoposta a
rimozione del filtro
colorato.(credits
NASA) Elaborazione:
Matteo Fagone –
Pianeta Marte.net
Soffermiamoci adesso sulla Figura 42. Si tratta esattamente del medesimo
fotogramma precedente sottoposto a un processing di rimozione della patina
monocromatica conferente al paesaggio quel colorito arancio-rossastro. Il
nostro prodotto dovrebbe in teoria corrispondere approssimativamente a ciò
che un essere umano vedrebbe se fosse li. Penseremmo ancora al pianeta
sterile, sciatto, polveroso, dannatamente ossidato e rosso? Chissà, forse ora la
parola “vita” non suonerà poi tanto male. Anzi, la patina verdastra di cui si
parlava nel primo capitolo è visibile anche qui. Sarà solamente una miscela
più o meno fangosa oppure una forma di micro vegetazione simile al muschio
e i licheni? Quindi, alterando la percezione cromatica dell’ambiente marziano
si può giungere facilmente all’instaurazione di una cultura deviata e
potenzialmente contraffatta. La questione relativa all’esistenza o meno di vita
intelligente su Marte non fa eccezione. Scopriremo come, in realtà, dietro il
fascino (o la repulsione?) verso l’ipotesi “vita intelligente su Marte” si
nasconde la solita insidiosa mente umana con le sue aberrazioni psicologiche.
Per comprendere al meglio i pro e i contro dell’ipotesi “vita intelligente su
Marte” dobbiamo fare un passo indietro, addentrandoci nella questione “Vita
Extraterrestre” con le annose dispute combattute fra scienziati, ricercatori
indipendenti ed appassionati di tutto il mondo. Fondamentalmente, gli scettici
irriducibili sostengono che su Marte non v’è mai stata vita intelligente e non
può essercene oggi, mentre i possibilisti ritengono che la vita intelligente ci sia
stata e potrebbe addirittura esserci ancora.
41
Fig. 43 (sopra).. L’antenna del radiotelescopio di Arecibo.
Com’è possibile far credere al Pubblico in un progetto che
potrebbe non durare nemmeno 100 anni, ma con un target
lontano 25 mila anni luce?
messaggio di Arecibo sta
Fig.44 (a sinistra). Il radio-messaggio
viaggiando da oltre 30 anni verso l’ammasso M13, nella
costellazione d’Ercole. Purtroppo si sta rivelando una spesa
enorme destinata ad un futuro molto incerto.
incerto
Scetticismo. Dietro questa visione “negativa” è plausibile che si celi un
intruglio culturale fatto di evoluzionismo deviato, malcontento intellettuale e
orgoglio antropocentrico, il tutto arricchito dal morboso attaccamento verso
l’establishment sociale odierno.
La Teoria dell’Evoluzione racchiude in se stessa una colossale contraddizione
autodistruttiva secondo cui la vita potrebbe svilupparsi ovunque le circostanze
lo permettano, tuttavia difficilmente potrà svilupparsi perché le circostanze, il
più delle volte, non lo permettono. La vita, per emergere dal caos, necessita
non di uno, non di due e nemmeno di tre fattori propizi, bensì di un
grandissimo numero di condizioni favorevoli in tempo reale! Praticamente
esistono le stesse probabilità che la materia inanimata evolva in materia
animata e le stesse probabilità contro. Si tratta di problematiche per niente
sconosciute agli addetti ai lavori, ma sembra che molti preferiscano
preferisc
“ingoiare
l’elefante” piuttosto che ammetterlo. Probabilmente questo modo di pensare
avrà i suoi vantaggi, chissà… Da qui il primo ostacolo alla vita intelligente
extraterrestre.
42
Abbiamo detto anche il malcontento intellettuale, ovvero l’espressione della
frustrazione scaturita da insuccessi scientifici come le missioni spaziali fallite,
l’evidente difficoltà nel trovare spiegazioni a fenomeni cosmici inesplicabili,
le aspettative spaziali non ancora realizzate o continuamente rimandate, per
non parlare poi di cose meno rilevanti tra cui cattivi rapporti fra docenti e
allievi, docenti e docenti, acrimoniose competizioni fra ricercatori che si
contendono cattedre e finanziamenti pubblici o privati… Insomma, una jungla
di predatori la cui furba preda continua a sfuggire di mano. E così si sceglie la
via più facile: “La vita extraterrestre? Non esiste oppure, semmai esistesse,
deve essere tanto lontana ed irraggiungibile”. Problema risolto!
E poi non vogliamo tralasciare l’antropocentrismo e l’establishment sociale
odierni, due tetre facce della stessa medaglia. La Storia dell’Umanità
testimonia in modo agghiacciante questo “gioco delle parti” fra l’uomo
dominatore ed il servo della gleba. Ruoli che nel corso del tempo hanno visto
servitori diventare dominatori e viceversa. Assurde lotte intestine, guerre,
truffe e inganni assortiti, tutto nel sacro nome della Civiltà e del Progresso.
Luoghi comuni nei quali non c’è mai stato posto per l’elevazione morale e
spirituale della Collettività, ma solo l’acquisizione di sempre maggior potere e
profitto di pochi, sfruttando la conoscenza scientifica e rovinando l’ambiente
terrestre. Complici dell’attuale degrado intellettuale sono una parte di Mass
Media, impegnati nell’immettere idee contorte su molti temi scientifici e
morali, ivi compresa l’ipotesi di vita intelligente extraterrestre. Risultato?
“Non può essere, quindi non è”.
Argomento esaurito? Veramente no! Sebbene una parte della Comunità
Scientifica sia moderatamente aperta verso l’ipotesi extraterrestre occorre non
lasciarsi ingannare da certe “dottrine” tecniciste, apparentemente logiche e
terribilmente “realistiche” le quali, pur essendo accettabili, si prestano ad
interpretazioni molto discutibili ed estremistiche. Infine, parlando di Marte,
dobbiamo arrenderci alle ormai “indubbie” condizione avversa del pianeta:
atmosfera sottile e rarefatta, assenza di ozonosfera, misere tracce di acqua
liquida, ambiente sterilizzato dai raggi UV e abbondanza di elementi ossidanti
letali per la vita. Peggio di così…
Possibilismo. Paradossalmente, alcuni scienziati e una piccola parte di Mass
Media hanno cercato, e cercano tuttora, di proporre tesi “open mind”
nonostante la spettacolarizzazione grottesca (ancorché commerciale) operate
da altri mezzi d’informazione. Il guaio degli esobiologi sta però nella
difficoltà di conciliare lo sviluppo di civiltà intelligenti con i rigori dello
Spazio interstellare. Eppure alcuni di loro hanno voluto crederci ugualmente,
43
basti pensare a Nomi celebri quali Svante Arrhenius, Carl Sagan e Francis
Crick, le menti della cosiddetta Teoria della “Panspermia”.
Fig. 45.. Il messaggio inviato con la sonda Pioneer 10. La speranza degli scienziati è
che qualche forma di vita intelligente possa raccoglierlo. E se invece fosse stato già
intercettato ed ignorato? (credits NASA)
La Panspermia si basa sull’idea che una Civiltà
tà pregressa abbia immesso
nello Spazio le spore contenenti il “Messaggio della Vita”, le quali avrebbero
raggiunto pianeti di tutta la Galassia attraverso le comete (o altro mezzo) per
poi evolversi in loco. Certo è un’ipotesi affascinante, ma decisamente “scarica
barile” perché in effetti non fa altro che spostare il problema di fondo altrove.
Anche l’Equazione di Drake può essere, tutto sommato, un discreto ausilio
per ragionare razionalmente sulla vita intelligente extraterrestre; sarà
sufficiente “adattare” le sue variabili a seconda della nostra “fede” ed il gioco
è fatto: potremo ottenere un risultato con numerosissimi
simi pianeti “evoluti”
oppure no. Provare per credere! E fin qui abbiamo parlato di possibilismo
scientifico e, tutto sommato, pragmatico.
Con l’avvento dell’Esplorazione Spaziale si è aperta la strada ad un’ulteriore
sviluppo del possibilismo, e questa volta la parte del leone spetta al “pianeta
44
rosso”. In effetti Marte, nelle enciclopedie degli anni 60 del secolo scorso, era
spesso descritto come un mondo in cui le uniche forme di vita indigene
possibili erano muschi e licheni. Eppure, con l’arrivo delle Viking, tutto mutò
drasticamente, forse a causa del presunto esito negativo dei tre famosi
esperimenti biologici eseguiti su campioni di suolo marziano. Ciò nonostante,
furono proprio le immagini orbitali e della superficie a far esplodere il caso
“vita intelligente su Marte” e non ci fu esperimento che riuscì a imbavagliare
le voci di quel coro che sarebbe sorto negli anni a venire.
Fig. 46. Modello del Viking. Tre furono gli esperimenti eseguiti sul suolo marziano,
ma i risultati sono ancora oggetto di dibattito. (credits NASA)
La superficie del pianeta rosso agli occhi degli orbiter Viking mostrò una
straordinaria complessità geologica, che divenne ancor più marcata con
l’arrivo delle successive sonde Mars Global Surveyor, Mars Express, Mars
Odyssey e Mars Reconnaissance Orbiter. Fra le centinaia di migliaia di
immagini emersero strutture simmetriche ed ortogonali, strutture dall’aspetto
antropomorfo, reticolati assortiti, strutture canalizzate singole o addirittura
intersecate fra loro ecc. Dunque, tracce di un’antica Civiltà vissuta su Marte?
Per tentare di rispondere a questa intrigante domanda sorsero numerose
Associazioni (alcune attive ancor oggi) formate da privati cittadini, ricercatori
indipendenti e qualche scienziato con l’intento di studiare tutta la
documentazione rilasciata dagli Enti Spaziali e cercare di interpretare queste
cosiddette “anomalie di superficie”.
45
La guerra dei trent’anni. Ufficialmente la “guerra” iniziò nel 1976 con le
prime fatidiche immagini orbitali Viking che, secondo il parere del dr. Richard
Hoagland, del dr. Vincent Di Pietro e del dr. Gregor Molenaar (a quel tempo
consulenti NASA), mostravano una collina dalla sagoma di volto umano ed
una struttura ad essa vicina dalla forma simile ad una piramidale pentagonale.
Anche nei siti di atterraggio dei landers Viking essi sostennero che vi si
trovassero possibili resti di “qualcosa” di artificiale. Ad oggi la quantità di
presunte “tracce” di artificialità è impressionante, destinata ad aumentare
ulteriormente. Ma il problema, sin dal suo nascere, è sempre stato lo stesso: la
difficile interpretazione delle immagini nel tentativo di raccogliere prove certe
di una Civiltà Intelligente pregressa su Marte.
Figura 47. Immagine a
colori naturali di Utopia
Planitia. Secondo molti
Ricercatori Indipendenti
ed altrettanti
Appassionati, l’intero
Marte potrebbe essere
un sito archeologico.
(credits NASA)
Purtroppo le aberrazioni psicologiche hanno sovente contraddistinto
l’evolversi della Ricerca in questo ambito. Da una parte, gli scettici irriducibili
si sono dimostrati abili nell’infierire con arroganza e scarsa professionalità.
Dall’altra parte, i possibilisti hanno spesso dato spazio ad interpretazioni “di
fantasia” vedendo artefatti ovunque senza usare un minimo di analisi critica e
mostrando scarsa competenza tecnica, attirando così lo scherno e il disappunto
degli scettici.
Giunti nell’anno 2009 A.D. nessuno ha ancora dimostrato, al di la di ogni
dubbio, che le celeberrime “Face” e “D&M” Piramide di Cydonia Mensae, la
“Inca City”, l’altrettanto criticata - quanto presunta - “scritta” di Juventae
Chasma, lo “Ziqqurrat” della Valle Marineris ecc… siano effettivamente di
origine artificiale. Quindi il problema della “Vita intelligente su Marte” ora
46
come ora riguarda soprattutto noi e le nostre proiezioni mentali, le nostre
paure e le nostre aspettative. Prendere di mira un ricercatore che individua
“qualcosa” di curioso sulla superficie marziana non significa automaticamente
che la curiosità debba essere una bufala, e a ben poco servirà schernire le
ipotesi che si potranno imbastire intorno alla presunta “scoperta”. Idem vale
per il ricercatore di “anomalie marziane”: dare addosso agli scettici non
gioverà mai al proprio lavoro e nemmeno a quello di altri. Solo un modo di
fare critica equilibrata e costruttiva porterà validi contributi, anche se
dovessero alla fine venire a galla prove sfavorevoli verso le ipotesi di “Civiltà
di Marte”.
Figura 48.
Rappresentazione
artistica della sonda
Mars Reconnaissance
Orbiter. (credits
NASA)
Del resto, l’idea che l’uomo possa aver già messo piede su Marte nel suo
stesso passato sembra far ribollire il sangue a diversi “esperti” del settore.
Eppure, nessuno ha mai obbligato ad ascoltare o leggere tali “sciocchezze”.
Anche la possibilità che oggi esista una qualche forma di vita intelligente su
Marte risulta essere un po’ fastidiosa. Tuttavia, forse è meglio concentrarsi
nella ricerca di elementi probatori piuttosto che rispondere inutilmente ad ogni
minimo segno di ostilità proveniente da chi non vede di buon occhio le tesi
più ardite. Avvaliamoci, ad esempio, delle spettacolari immagini inviate da
Mars Reconnaissance Orbiter, dotata di un sistema HIRISE (ereditato da
tecnologia militare) in grado di focalizzare particolari nell’ordine dei 30 cm,
sempre sperando che non abbiano subito alterazioni di qualche tipo alla fonte!
47
Vita intelligente su Marte; impossibile? Proviamo ad affrontare il problema
da un’altra prospettiva. Intanto, noi uomini abbiamo già inviato numerosi
veicoli automatici alla volta del pianeta rosso e stiamo pianificando la prima
missione con astronauti. Quindi, per forza di fatti, la vita intelligente su Marte
diverrà una realtà. Se l’uomo sarà in grado di compiere questo grande passo,
per quale motivo dovremmo scartare brutalmente l’ipotesi che altri ci abbiano
preceduti nel passato? Ragioni scientifiche o psicologiche?
Gli scettici irriducibili, in funzione delle enormi distanze che separano le stelle
fra loro, ritengono praticamente impossibili le comunicazioni tra Civiltà
intelligenti. Inoltre, considerando i presunti lunghissimi tempi dell’evoluzione
e la stessa età dell’Universo, essi ritengono estremamente improbabile la
contemporaneità tra civiltà intelligenti. D’accordo, il ragionamento è tutto
sommato valido. Ma se invece anche solo una di queste Civiltà riuscì a
raggiungerci nel nostro passato? Per quale motivo non dovremmo valutare
l’idea di trovare tracce della loro presenza fra i confusi racconti della
Mitologia e della Storia antichissima? Impossibile perché qualche “esperto”
avente la sua rispettabile cattedra universitaria, avrebbe sentenziato “No”?
La domanda se oggi il pianeta rosso sia stato o sia in qualche misura abitato da
esseri intelligenti si presta a molte controversie e poche certezze. La NASA e
l’ESA ci dicono che Marte è un mondo sostanzialmente inadatto alla vita
complessa. Ciò nonostante, sappiamo che esistono emissioni di metano (anche
se probabilmente la maggior parte è di origine geologica) e tracce di
formaldeide; c’è ancora molta acqua e fortissimi indizi di attività biogeniche
sulla superficie e nel sottosuolo. Non abbiamo certezze purtroppo. Tuttavia, se
fossimo dei visitatori in esplorazione del nostro sistema solare e volessimo
insediarci in un pianeta che, oltre alla Terra, ci possa garantire un minimo di
risorse e di stabilità strategica, quale sceglieremmo?
48
Fig. 49. Opportunity durante il sol
464, ore 18, 30 poco dopo il
tramonto. (Credits NASA.
Elaborazione: Matteo Fagone –
Pianeta Marte.net)
Fig. 50.. Un’altra immagine a colori di
Opportunity sempre al tramonto. La coltre di
opacità atmosferica radente in un mondo
quasi senz’aria sarebbe impossibile! (credits
NASA)
Fig. 51.. Tramonto ripreso dalla sonda
Pathfinder. Cielo azzurro ma con leggera
velatura rosa dovuto alle polveri in
sospensione.(credits NASA)
49
APPENDICE 2
LE CASETTE DEI MARZIANI
2P284917435ESFAZ89P2597L6M1(Credits NASA – Elaborazione: Lunexit)
Fra le centinaia di migliaia di immagini scattate dai rovers Spirit e
Opportunity abbiamo voluto scegliere questa, la quale rappresenta in realtà
solo un’infinitesima frazione della straordinaria ricorsività geologica tipica
delle rocce marziane. Che ci si creda oppure no, su Marte ne esistono
veramente un grandissimo numero simili (talvolta identiche) fra di loro! Quali
ipotesi potrebbero offrire delle – quantomeno – ragionevoli spiegazioni? Di
seguito ne citeremo tre:
1) Biogenica. Le rocce non sono vere rocce, ma forme di vita adattate
all’ambiente marziano che utilizzano l’acqua e molti generi di minerale
per vivere e proliferare.
2) Quantizzazione grafica. La similitudine delle rocce è il prodotto di un
processing basato su ricostruzioni digitalizzate che tendono a
“quantizzare” le irregolarità alle forme regolari più approssimative.
3) Cristalli. Le rocce di Marte sono composte in prevalenza da strutture
cristalline. Generalmente i cristalli tendono infatti ad assumere forme
tipicamente poligonali, tetraedriche e, comunque, regolari.
Per coloro che desiderassero approfondire maggiormente l’argomento
suggeriamo di iscriversi a Lunar Explorer Italia (www.lunexit.it)
50
APPENDICE 3 - NATURALI O ARTIICIALI?
Fig. 52: Valle Marineris
Fig. 53: Cydonia Mensae
51
Fig. 54:Cydonia Mensae
Fig. 55:Juventae Chasma
52
Fig. 56:Polo Sud
Fig. 57:Medusa Fossae
53
La controversia relativa alla “vita intelligente su Marte”, a prescindere dalle
simpatie o dalle antipatie, si compone di Personaggi di tutto rispetto da
entrambe le fazioni. Probabilmente fra dieci, cento o mille anni si dibatterà
ancora sulle medesime strutture geologiche marziane di oggi. E, poiché le
prove finora portate alla cortese attenzione degli appassionati di tutto il mondo
non riescono comunque a metter fine alla querelle, riteniamo più proficuo
capovolgere l’intera faccenda guardandola da un’altra prospettiva: quella
incentrata sulla vita in se.
Le celeberrime strutture conosciute come “Face” e “D&M Piramide” - portate
alla ribalta dal prof. Richard Hoagland - sono costantemente dibattute per la
somiglianza apparente con un volto umanoide e con una piramide
pentagonale. Benché siano ipotesi molto suggestive, la spiegazione per il
momento più efficace, oltre alla classica pareidolia, potrebbe essere quella
biogenica. Perché?
La ragione sta proprio nella medesima struttura dei rilievi controversi. Sia la
Face che la D&M piramide rispettano in maniera notevole la simmetria
bilaterale (speculare) tipica di tutte le forme di vita conosciute, addirittura la
D&M presenta una doppia simmetria fra la sezione anteriore (quella che
termina a punta) e la parte posteriore (che si “apre” biforcandosi in due. In
realtà Marte è pieno di strutture geologiche a simmetria bilaterale, per cui
l’ipotesi chiamante in causa un qualche genere di attività biogenica è
senz’altro più pratica rispetto alle spiegazioni di tipo convenzionale. La Face,
invece, considerando la sua posizione e la sua sagomatura, rispecchia molto i
rilievi marini che sulla Terra chiamiamo “isole”. In altre parole, è probabile
che le acque di Vastitas Borealis si protendessero fino ad Acidalia Planitia
terminando a Cydonia Mensae. L’azione erosiva del mare avrebbe dunque
delineato i contorni di ciò che un tempo era un’isola poco distante da un
litorale. Ciò comunque non toglie merito all’ipotesi biogenica, la quale
potrebbe essere, insieme ai naturali processi geomorfologici del suolo
marziano, il fattore determinante al conferimento della sua curiosa forma.
Lo stesso discorso vale anche per la meno famosa, ma ugualmente discussa,
struttura di Medusa Fossae, considerata tuttora una “nave spaziale insabbiata”
o una “sorgente di luce che emerge dal suolo”. In realtà le due interpretazioni
si riferiscono al medesimo oggetto ubicato in Medusa Fossae: una piccola
struttura geologica “a ceppo” accompagnata da “wind-streak”. Per chi volesse
approfondire l’argomento potrà consultare dell’ottimo materiale sul portale
Pianeta Marte.net e su Lunar Explorer Italia. In questa sede, invece, vogliamo
far notare ai Lettori come pure la struttura “a ceppo” rispetti la medesima
54
regola di simmetria bilaterale analoga alla Face ed alla D&M Piramide. Di
conseguenza, la spiegazione più adatta anche in questo caso è quella biogenica
(indubbiamente coadiuvata ai naturali processi idrogeologici del pianeta).
La cosiddetta “Inca City” situata al Polo Sud di Marte, (nome attribuito a
causa dell’apparente similitudine con alcune strutture tipiche degli Inca), è
stata considerata dagli scienziati NASA un probabile antico cratere da impatto
una volta ricoperto e, successivamente, venuto parzialmente alla luce. Se
nonché permangono molti dubbi sull’origine dei pattern squadrati visibili nella
sezione più scoperta. Ed anche in questo caso la matrice biologica operante
sulla superficie, unita ai mutamenti climatici ed ai cicli di scioglimento dei
ghiacci d’acqua e di CO2, potrebbe meglio spiegare il perché esistano le
sagomature a quadrilateri messi in sequenza.
Sulle controverse strutture di Valle Marineris e Juventae Chasma è tuttora in
corso una diatriba tra chi sostiene l’artificialità di alcuni rilievi e chi, invece,
non ci vede proprio nulla oltre a bizzarre montagne, colline e terreni assortiti.
Ma fin qui potrebbe andare persino bene, dopotutto è vero: si tratta
effettivamente di montagne, colline e terreni vari.
La controversia sorse a metà del 2006 con la pubblicazione del libro
“Ossimoro Marte” da parte dell’Ing. Ennio Piccaluga, nel quale l’Autore
avrebbe raccolto studi da lui effettuati sin dal 2004 riguardanti alcuni
fotogrammi rilasciati dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Secondo
l’Ingegnere, nella Valle Marineris esisterebbero diverse costruzioni di chiara
origine artificiale tra cui una struttura “a gradoni”, un’altra struttura simile agli
antichi ziqqurat e una specie di grosso “hangar”, mentre nella regione di
Juventae Chasma esisterebbero una montagna di solfati a stratificazioni che
ricorda alcuni tipi di “miniere a cielo aperto” ed una curiosa conformazione
del terreno, vicino alla montagna, la quale sembrerebbe proprio una “scritta”
in antichissimi caratteri terrestri.
Verso la fine del 2006 l’ing. Piccaluga interpellò il semiologo dr. Patsy
Nicolas Di Falco per tentare di interpretare quella conformazione del suolo
come se fosse stata veramente una scritta e, ad opera ultimata, si trovò
una’apparente convergenza con l’antica lingua brami. La traduzione effettuata
dal semiologo diede come risultato tre possibili opzioni, in base al contesto in
cui la parola venisse usata, e cioè: “asterismo”, “costellazione” e “nitrato”.
Verso la fine di febbraio 2007 l’Autore di questo libro, in qualità di direttore
del portale Pianeta Marte.net, intervistò il dr. Di Falco nella speranza di
mettere in luce alcuni aspetti critici e pragmatici di quella traduzione.
Dopotutto chi avrebbe mai preso sul serio fantasie simili?
55
Fig. 58. Il libro
“Ossimoro
Marte”presenta una
serie di suggestive ipotesi
circa l’esistenza di tracce
di Civiltà intelligenti sul
pianeta rosso, ipotesi
comunque sottoposte ad
una pesante critica da
parte di numerosi
ricercatori italiani.
www.elleepi.com/mars
Fig. 59. L’ing. Ennio
Piccaluga
Posizioni divergenti. Se da un lato gli studi dell’ing. Piccaluga hanno
incontrato qualche dura critica è però vero che vi sono stati altrettanti consensi
ed apprezzamenti, ma tale genere di reazioni non dovrebbe stupirci in quanto
facenti parte dell’inevitabile modo in cui la natura umana evidenzia i propri
caratteri individuali. Trattandosi di ipotesi molto “borderline”, oltretutto legate
al nostro stesso passato, non si può certo pretendere di trovare subito le porte
aperte, specie negli ambienti più conservatori.
In ogni caso bisogna ammettere che gli scettici, specie i più accaniti, non sono
stati in grado finora di contrastare efficacemente le ipotesi oggetto di una loro
critica inutilmente astiosa (a prescindere da ragioni e/o torti). Al contrario,
hanno ancor più catalizzato l’interesse del Pubblico verso questi autori e le
rispettive idee. Quindi, raccomandiamo sempre di dosare possibilismo e
pragmatismo con equilibrio e buon senso, evitando estremismi e personalismi.
Fig. 60 (a sinistra) Il libro del
dr. Gianni Viola: “La Civiltà
di Marte”. Fig. 61 (a destra)
il planetografo dr. Gianni
Viola.
Anche questo libro è stato
oggetto di critiche. Ciò
nonostante si è ugualmente
dimostrato di grande valore
didattico.
56
Fig. 62. Missione
Apollo 11. Questo
fotogramma è stato a
lungo criticato e
ritenuto una prova a
favore delle tesi
cospirazioniste
secondo cui la NASA
avrebbe inscenato
l’itero Programma
Spaziale al
cinematografo.
(credits NASA)
Fig. 63. Missione
Apollo 12.
I cospirazionisti si
sono attaccati su ogni
minimo difetto delle
immagini o
apparentemente
inesplicabili per
screditare 3 anni di
esplorazione della
Luna. Senza contare
l’aver infangato
coloro che sono morti
o che hanno rischiato
il collo durante il
Programma Spaziale
Apollo. (credits NASA)
57
QUARTA CONTROVERSIA
LA MISTERIOSA LUNA
Nel film “L’impero colpisce ancora” (facente parte della celebre saga di
“Guerre Stellari”) c’è una scena in cui il giovane Apprendista jedi Luke
Skywalker cade nel laccio del dubbio dopo aver fallito una dura prova
d’esercizio nell’uso della Forza. Così, il piccolo Omino Verde (ma grande
Maestro jedi) Yoda gli sussurra una frase emblematica e, allo stesso tempo,
fondamentale. Yoda disse: “Luke, tu devi disimparare!”
Perché “disimparare”? Premesso che questa parola non dovrebbe essere
fraintesa in modo esasperato, scopriremo quanto la Scienza “convenzionale”,
per il semplice fatto di ancorarsi spesso su posizioni rigide e troppo
pragmatiche, lasci in realtà ampio spazio a percorsi alternativi per spiegare (o
almeno tentare di spiegare) il mondo che ci circonda.
Fig. 64. La Luna: Il nostro
satellite naturale?
(credits NASA)
Disimparare non significa comunque rinnegare e/o ripudiare le meravigliose
conoscenze finora acquisite intorno ai Corpi Celesti del nostro Sistema Solare.
Disimparare vuole essere, in questo contesto, una sorta di provocazione ed
uno stimolo a guardare oltre le apparenze. Quindi, cerchiamo di non dare mai
per scontate opinioni e “certezze” evidenti in alcuni ambiti dell’informazione
scientifica odierna, ma nemmeno di essere altrettanto ingenui da bere
58
passivamente qualsiasi altra cosa, spacciata per verità, senza un minimo di
cognizione e senso critico.
Il nostro satellite. La Luna è il corpo celeste più vicino alla Terra ed è l’unico
pianeta nel quale l’uomo abbia messo piede; eppure, sebbene da qualche anno
si vocifera a proposito di un possibile ritorno con astronauti verso il 20152020, la Luna sembra non attrarre più di tanto l’interesse generale (se nonché,
con le ultime scoperte riguardanti la presenza d’acqua, l’attenzione potrebbe
riaccendersi). A peggiorare il quadro si sono aggiunti alcuni benpensanti,
dotati di furbesca lungimiranza, i quali hanno saputo sfruttare la credulità
umana per riempirsi le tasche creando un florido business basato sulle
presunte finte Missioni Lunari inscenate dalla NASA.
Fig. 65. Apollo 11.
Senza nessun
pudore è stata
imbastita una
colossale opera di
diffamazione verso
il Programma
Spaziale Apollo che
portò l’Uomo sulla
Luna (credits
NASA)
Ad ogni modo, tralasciando lo squallore offerto da certa sottocultura, le attuali
conoscenze intorno alla Luna sono ragguardevoli, ma ciò non toglie il fatto
che esistono ancora molte lacune scientifiche da colmare le quali
probabilmente richiederanno parecchio tempo e tanti investimenti. E non
dimentichiamo i rischi ed i sacrifici occorsi per raggiungere tale conoscenza.
Basti pensare ai tre sfortunati astronauti, componenti l’equipaggio di Apollo 1,
morti carbonizzati a causa di un incendio sviluppatosi nel modulo di rientro
durante un test di prova, oppure la missione Apollo 13 che non si trasformò in
tragedia per un pelo: furono la bravura ed i nervi saldi di tutti (astronauti
compresi) a permettere il recupero del modulo Odyssey (purtroppo
l’atterraggio sulla Luna non avvenne).
59
Uniformismo e Gradualismo. Nelle Scienze Planetarie esiste una logica
analitica – in parte ereditata dalla Geologia terrestre - la quale sostanzialmente
presuppone che il presente ci svela il passato. Essa viene genericamente
definita “gradualismo” oppure “uniformismo” ed ha influito profondamente
nello sviluppo delle moderne teorie sull’origine e l’evoluzione del Sistema
Solare. Dal momento che queste logiche d’analisi hanno permeato intere
generazioni di studenti, si evince il problema di fondo: ciò che vediamo oggi
nello Spazio è davvero il prodotto di una interminabile e lentissima serie di
cambiamenti e trasformazioni? Ebbene, ritenere di conoscere la risposta esatta
potrebbe anche essere considerato un atto di arroganza. Oltretutto non è detto
che il gradualismo sia necessariamente un presupposto errato in nuce.
Fig. 66.
Missione
Apollo 15. La
Terra vista
dalla Luna
(credits NASA)
Solo miti e racconti per bambini? In questo capitolo, e nei prossimi due,
prenderemo in esame le quattro principali Teorie sull’origine della Luna;
inoltre, ciliegina sulla torta, ne proporremo una anche noi. Tuttavia, prima di
addentrarci, vorremmo sfatare un paio di “miti” facenti parte della storia
biblica.
Fino ad alcuni secoli or sono i sedicenti detentori del potere religioso,
scientifico e culturale sostenevano che la Terra fosse il Centro dell’Universo,
ferma ed immutabile. Nei Paesi dominati dal clero della cristianità si tendeva
ad avvallare tali convinzioni citando addirittura la Bibbia come prova. Oggi,
invece, accade praticamente l’opposto: alcuni preminenti Critici Letterari e
60
altrettanti Scienziati sostengono che il racconto della Creazione di Genesi sia
un ammasso di fantasie. E, in entrambi i casi, la Luna gioca un ruolo
determinante.
Nel libro di Giosuè al capitolo 10, versetti da 12 a 14 si legge: “Allora,
quando il Signore mise gli Amorrei nelle mani degli Israeliti, Giosuè disse al
Signore sotto gli occhi di Israele: «Sole, fèrmati in Gàbaon e tu, luna, sulla
valle di Aialon». Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo
non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto: «Stette
fermo il sole in mezzo al cielo e non si affrettò a calare quasi un giorno
intero. Non ci fu giorno come quello, né prima né dopo, perché aveva
ascoltato il Signore la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per
Israele»”
Se fosse stato esclusivamente il sole a “fermarsi” si poteva al limite discutere
l’idea della Terra centro dell’Universo. Ma, dato che oltre al sole anche la
Luna si “fermò”, questo rende la faccenda decisamente più complicata. Sicché
riesce un po’ difficile credere che Dio li abbia fermati entrambi, violando
deliberatamente le leggi Fisiche da lui stabilite, soltanto per un evento svoltosi
entro una piccola area di superficie terrestre. Nel tentativo di cercare una
possibile spiegazione sono state proposte varie ipotesi tra cui (1) un tipo di
ipnosi collettiva, (2) un raro fenomeno ottico di riflessione della luce solare e
(3) una montatura letteraria. Naturalmente noi rispettiamo tali ipotesi, tuttavia
vorremmo riproporne un’altra, peraltro già ben conosciuta: (4) la rotazione
terrestre si arrestò per tutto il tempo di quella battaglia. In questo caso la Luna
non si fermò affatto perché considerata la durata della sua orbita (pari a 27
giorni e 7 ore) la porzione di cielo percorsa dal nostro satellite non avrebbe
dato all’occhio più di tanto, specie di giorno e con il sole ancora alto sopra
l’orizzonte. Può darsi che questa sembrerà una spiegazione “da manicomio”,
ma non è poi così brutta e, in definitiva, dimostra come i corpi celesti
potrebbero essere, tutto sommato, soggetti a sistemi di controllo che noi
probabilmente non conosciamo (o piuttosto non vogliamo riconoscere). Inoltre
l’episodio costituisce una formidabile prova biblica a favore della rotazione
terrestre (suggeriamo la lettura dello speciale capitolo “Il giorno mancato”).
La Luna, come vedremo, è un pianeta estremamente bizzarro. Non facciamoci
ingannare dalle apparenze perché dietro quella maschera di tranquillità,
silenzio e monotonia cromatica si nasconde forse uno corpo celeste alquanto
anomalo.
Ed ora passiamo all’altro passo biblico. Genesi 1, 14-18: “Dio disse: «Ci
siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte;
61
servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci
nel firmamento del cielo per illuminare la terra». E così avvenne: Dio fece le
due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per
regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per
illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle
tenebre…”
Fig. 67. Terra e
Luna viste dalla
sonda Galileo,
(credits NASA)
Esiste una corrente di pensiero secondo la quale questi versetti cadrebbero in
contraddizione dimostrando l’inattendibilità del racconto di Genesi. Per carità,
ognuno è libero di pensarlo. Ma, supponiamo invece che la Terra esisteva già
in quanto formatasi insieme ai Cieli (cioè l’Universo). A questo punto
dovremmo ragionevolmente dedurre che il Sole e la Luna esistevano pure,
altrimenti non avrebbe alcun senso leggere sempre nella Genesi: “lo spirito di
Dio si muoveva sulle ondeggianti acque”. Senza una fonte di calore l’acqua
sarebbe congelata e basta! D’altro canto è curioso notare come il racconto di
Genesi non entri in dettagli riguardo al modo in cui la Terra, la Luna o
l’Universo vennero “costruiti”, ma si limita a descrivere i cambiamenti
graduali della biosfera terrestre, ovvero nell’atmosfera, negli oceani e sulla
superficie asciutta. Evidentemente, ad un certo punto nel corso
dell’evoluzione del nostro pianeta, sia il Sole che la Luna divennero visibili
dalla superficie. E poi, se il Sole non ci fosse stato, la Terra attorno a che cosa
avrebbe dovuto orbitare? Quindi, per logica, anche la Luna esisteva già: era
semplicemente invisibile a causa dell’impenetrabilità dell’atmosfera primitiva.
Cosa sappiamo? Non c’è ombra di dubbio nell’affermare che l’origine del
nostro satellite sia alquanto misteriosa. I vari miti della Creazione in genere
62
non hanno offerto un aiuto significativo per far luce sulla sua formazione.
Oltretutto, l’unico racconto che racchiude una notevole coerenza persino
scientifica (quello di Genesi) in effetti tace al riguardo; di conseguenza
dobbiamo cercare indizi percorrendo altre strade. La Scienza odierna ha fatto
notevoli progressi sulla conoscenza del nostro satellite, l’avevamo già
accennato. Per esempio sappiamo che non possiede un campo magnetico,
bensì alcune aree locali magnetizzate; eppure ha tutta l’aria di essere un corpo
polarizzato, praticamente diviso in due blocchi corrispondenti alla faccia
rivolta alla Terra e a quella nascosta. Non possiede atmosfera escluso i pochi
atomi di vento solare catturati e qualche prodotto di degassamento sotterraneo.
Ha rivelato una curiosa riflessione dei raggi X emessi dal sole nonché
un’emissione di raggi gamma prodotti dagli elementi radioattivi presenti nel
suolo. Infine, le onde sismiche tendono a propagarsi a lungo come quando si
picchia sopra una superficie vuota.
Sulla Luna non esistono significative tracce di elementi organici, ma
abbondano metalli e metalloidi. Paradossalmente a quanto appena detto, il
nostro satellite sembra non possedere alcun nucleo ferroso, tant’è vero che
esistono aperti dibattiti fra scienziati sul tema “nucleo sì, nucleo no” e anche
sul perché la distribuzione relativa del ferro pare non rispettare i modelli
teorici sulla formazione dei corpi rocciosi, specie considerando le sue
dimensioni e la presunta età ritenuta uguale a quella terrestre.
Fig. 68. Missione Apollo 12. La
superficie lunare (credits NASA
Fig. 69. Missione Apollo 15. Il Lunar
Rover (credits NASA
63
Sulla Luna c’è molto ossigeno imprigionato nelle rocce e si stima che i suoi
isotopi siano presenti in quantità analoghe a quelli della Terra. Il nostro
satellite ha una densità media di 3,5 g/cm3 ed una massa pari a 1/82 di quella
terrestre: in pratica la Luna, rispetto alle sue dimensioni, è assai leggera, forse
anche troppo. Sulla superficie lunare si registrano temperature da record con
sbalzi di oltre 200° C tra giorno e notte, meglio ancora tra l’esposizione al sole
o una roccia in ombra. C’è poi un’altra curiosità da rimarcare: mentre le
catene montuose e le colline appaiono nettamente chiare e “pulite” le pianure
mostrano invece un colore scuro, essendo ricoperte da uno spesso strato di
regolite. Da qui l’ipotesi che le pianure siano tendenzialmente molto più
vecchie delle montagne (sempre ammesso che quelle siano veramente
“montagne” in senso strettamente geologico). Se quindi volessimo rispondere
alla domanda “qual è l’origine della Luna?” e non sapremmo a quale santo
rivolgerci, probabilmente basterà appellarsi al folklore popolare pronunciando
la comunissima parola “boh!”. In tal caso l’eleganza verrebbe però sostituita
da uno snobismo di bassa leva.
Teorie vecchie e nuove. Poiché non conosciamo esattamente quale sia stata la
dinamica dei processi formativi ed evolutivi del nostro satellite, permangono
tuttora tante, troppe incertezze sul piano sia teorico che pratico; così, anche
avvalendoci delle migliori simulazioni computerizzate dovremo accontentarci
di modelli magari ben formulati, ma approssimativi. In realtà non abbiamo
ancora idea del perché la Luna esista!
La Teoria della Fissione presuppone che la Luna si formò quando la Terra era
ancora una sfera fluida. Ad un certo punto una considerevole massa si staccò a
causa dell’accelerazione impressa dalla stessa rotazione terrestre divenendo il
nostro satellite naturale. La Teoria della Cattura presuppone che la Luna si
formò altrove nel Sistema Solare ma, trovandosi a transitare nei pressi della
Terra primordiale, venne catturata dal campo gravitazionale del nostro pianeta
divenendo così satellite naturale. La Teoria dell’Accrescimento presuppone
che la Luna si formò insieme alla Terra dallo stesso materiale locale della
nebulosa proto-planetaria e per questa ragione entrambi i pianeti ebbero
un’evoluzione parallela. Infine, la Teoria della Fusione sostiene che la Luna
si formò quando la Terra era ancora fluida. Un colossale impatto con un protopianeta grande più o meno come Marte produsse una fusione tra i due corpi e,
contemporaneamente, l’espulsione nello spazio di una notevole quantità di
materiale del mantello terrestre. Col tempo questi detriti si consolidarono
divenendo il nostro satellite naturale.
64
Fig. 70. Un Inedito
prospetto delle
quattro teorie sulla
formazione della
Luna. Quale
preferite?
Prese singolarmente le quattro teorie non sono di per sé irragionevoli,
costituendo in definitiva dei buoni tentativi per individuare il miglior modello
causa-effetto. I problemi sorgono mettendole a confronto le une con le altre
oppure inserendole in un contesto più ampio. Ed è proprio a causa di questi
problemi pratici che alcuni Ricercatori già decenni fa iniziarono a proporre
teorie ardite. Fra tutte, la più celeberrima è senz’altro la “Teoria della Luna
Artificiale” di Michail Vassin e Alexandr Cherbakov (Sputnik, luglio 1970).
Ma non facciamoci illusioni: nel Mondo Accademico, della cosiddetta Scienza
Ufficiale e Consolidata (che dir si voglia) mai e poi mai una teoria così pazza
e maledettamente antitetica verrà accettata. Essa da fastidio, fa innervosire ed
è odiosamente irritante perché scavalca inesorabilmente molti problemi che gli
scienziati si pongono da tantissimi anni. Inoltre, colpisce duramente il
Relativismo Moderno, dove tutto è nato dal nulla, per caso e senza nessun
controllo intelligente: niente soprannaturale, nessun Dio e niente Alieni. Per la
scienza moderna la Luna si è formata da sola, grazie ad eventi casuali e senza
nessuna intenzione. Rimane quindi aperto il dilemma fondamentale per cui,
anche non ricorrendo a teorie esotiche e “folli”, la scienza moderna cade a
pezzi davanti all’incapacità di spiegare il perché esiste la Luna. Ma questo non
dovrebbe costituire una ragione valida per disprezzare gli sforzi compiuti
finora per ottenere la gran mole di dati sul nostro satellite, a prescindere dalla
reale origine naturale o artificiale che possa essere.
65
Fig. 71. La Morte Nera della saga
Guerre Stellari
Fig. 72. La Luna vista dalla sonda
Galileo (credits NASA)
66
TABELLA RIASSUNTIVA DELLA LUNA
Perigeo
363 104 km
Apogeo
405 696 km
Circonf. orbitale
2 413 402 km
Periodo orbitale
(27 d 7 h 43,2 min)
Periodo sinodico
(29 d 12 h 44,0 min)
Velocità orbitale
1 022 m/s (media)
Inclinazione sull'eclittica
5,145396°
Inclinazione rispetto a equat. terrestre
da 18,30° a 28,60°
Eccentricità
0,0554
Raggio
1738 km (medio)
Schiacciamento
0,0012
Superficie
3,793 × 1013 m²
Volume
2,1958 × 1019 m³
Massa
7,347 673 × 1022 kg
Densità media
3,3462 × 103 kg/m³
Acceleraz. di gravità in superficie
1,622 m/s² (0,1654 g)
Velocità di fuga
2 380 m/s
Periodo di rotazione
Rotazione sincrona
Inclinaz. dell'asse sull'eclittica
1,5424°
Figura a pag. 71: Missione Apollo 11: La Terra che “sorge” (credits NASA)
67
68
69
QUINTA CONTROVERSIA
ORIGINE E FORMAZIONE DELLA LUNA
Nel precedente capitolo abbiamo preso in esame qualche aspetto generale
riguardante il nostro satellite, gettando pure uno sguardo alle quattro principali
teorie formulate per spiegarne l’origine e l’evoluzione. Ma perché risulta tanto
difficile trovarne una davvero soddisfacente? Probabilmente perché i
ricercatori non sono stati finora in grado di spiegare con precisione il motivo
per cui la Luna esiste. In altre parole non sappiamo esattamente come si sia
formata e perché. E come spesso accade, allorché gli scienziati tentennano
nell’affrontare determinati argomenti, spuntano puntualmente “contestatori”
pronti a dimostrare quanto la “scienza ufficiale” sia corrotta ed in mala fede.
In realtà le cose non stanno esattamente così.
Le antiche bilance insegnano... L’essere umano è, per certo, dotato di grandi
pregi e di notevoli potenzialità, ma ha i propri limiti. Per queste ragioni
dobbiamo riconoscere che a volte tendiamo ad assumere atteggiamenti
contrastanti fra eccessi di scetticismo ed eccessi di possibilismo.
Fig. 76. Fotografia
della Luna scattata
durante l’eclissi lunare
del 3 marzo 2007. Il
nostro satellite iniziava
ad uscire dal cono
d’ombra della Terra
(Matteo Fagone –
Pianeta Marte.net)
Potrà anche succedere che, come semplici appassionati o ricercatori
indipendenti, cercheremo di rivolgerci alla scienza solo quando fa comodo,
per poi tacciare gli scienziati di essere un cumulo di imbroglioni perché
“secondo noi” essi sbagliano e/o non ascoltano le nostre “verità”.
70
Fig. 77. Non
dimentichiamo mai
di mantenere il
gusto equilibrio tra
il sano rispetto
verso la scienza e il
sacrosanto diritto di
proporre teorie
alternative a quelle
“Ufficiali”
Dunque, come le antiche bilance erano costituite da due parti adibite a pesare,
possiamo fare nostro il significato di “corretto ed educato dissenso” bilanciato
ad un sano rispetto verso scienza e scienziati. Tornando alla Luna, da un punto
di vista strettamente tecnico le quattro teorie sulla sua origine sono tutte buone
e valide, cioè l’una vale l’altra. Non andremmo molto lontano stando dietro al
eterne diatribe su quale sia, secondo il nostro punto di vista, l’ipotesi migliore
o la più simpatica.
La Teoria della Fissione. Questa teoria sostiene che il nostro satellite si
formò quando la Terra era ancora una sfera giovane e fluida. La rotazione del
nostro pianeta doveva essere elevatissima, nell’ordine di 3 ore al massimo, per
cui la struttura sferica iniziò a subire una consistente deformazione con
schiacciamento dei poli e rigonfiamento equatoriale. Esistono alcuni apparenti
punti a favore della Teoria della Fissione. Sappiamo, ad esempio, che la Luna
si allontana dalla Terra a motivo dell’energia incidente dovuta alla
gravitazione terrestre; inoltre sappiamo che la rotazione della Terra starebbe
rallentando. Ovviamente, in entrambi i casi, trattasi di valori modestissimi,
praticamente impercettibili. Comunque sia, per logica deduzione alcuni
astronomi hanno ipotizzato che dovette esistere un tempo in cui i due corpi
non erano separati.
Sebbene applicando la Teoria della Fissione si potrebbero spiegare la densità
lunare inferiore a quella terrestre ed il suo volgerci sempre la stessa faccia,
rimangono molti altri quesiti senza un’adeguata risposta. Non si capisce come
la Terra primordiale potesse ruotare ad una velocità così elevata; inoltre non
71
abbiamo la benché minima prova al riguardo. Se la Luna e la Terra fossero
state inizialmente un unico corpo celeste dovremmo trovare la medesima
composizione chimica in entrambi i pianeti ma, stando alle analisi effettuate
sui campioni di roccia lunare, si è riscontrata una correlazione degli isotopi
dell’ossigeno a discapito però di una sostanziale differenza nella
composizione delle rocce. Dobbiamo poi fare i conti con ben altre
contraddizioni tecniche. Se volessimo applicare questa Teoria ai modelli
standard, considerato che i pianeti si formerebbero per aggregazione di
planetesimali, questi ultimi poi (ad un certo ed indefinibile momento)
dovranno allora frantumarsi per disgregazione dinamica. Curioso vero? E
quante volte sarà accaduto agli altri pianeti? Pertanto, la Terra che conosciamo
e sulla quale viviamo sarebbe il risultato di un incidente nel quale avrebbe
perso “n” pezzi per strada. Ci siamo mai chiesti, allora, come avrà fatto la neoLuna a non ricadere o a non sfuggire nello Spazio? E che dire degli altri
pianeti? Chi ci dice che Venere (per citare un esempio) non abbia subito un
destino simile, ma il suo satellite sia sfuggito o ricaduto sul pianeta? In parole
povere, questa teoria darebbe da intendere che un sistema planetario potrebbe
nascere, svilupparsi per un certo tempo e poi andare in frantumi
sostanzialmente ancora giovane. La Teoria della Fissione non è nemmeno
compatibile con il modello geodinamico sul quale sono state postulate le
basi della “Deriva dei Continenti”; questo perché un eventuale distacco di
una considerevole massa fluida terrestre avrebbe influito in modo
imprevedibile sulla futura strutturazione ed evoluzione delle placche
continentali.
Fig. 78. La
Teoria della
Fissione
contraddice
ampiamente la
medesima teoria
sulla formazione
dei pianeti
perché essi si
frantumerebbero
poco dopo la
loro formazione.
72
La Teoria della Cattura. Si tratta di un’ipotesi che gioca a “scarica barile”
spostando la formazione della Luna altrove nel Sistema Solare. Di fatto, non
spiega come essa si formò. La Teoria della Cattura adotta sostanzialmente lo
stesso criterio in base al quale la maggior parte dei satelliti orbitanti attorno ai
Giganti Gassosi furono “presi al laccio” durante il loro vagare per lo spazio
interplanetario; pertanto anche la nostra Luna, mentre si trovò a transitare nei
pressi della Terra, fu attratta dalla forza di gravità del nostro pianeta e
catturata, divenendo così il nostro satellite naturale.
Sicché la Luna era già formata (ovviamente non si sa dove) e per ragioni
ignote la sua orbita (peraltro sconosciuta) si trovò a coincidere con quella
terrestre. Forse il lettore lo saprà o forse no, ma le catture gravitazionali
divengono tanto improbabili man mano che aumenta la vicinanza dei corpi
celesti alla stella madre. Nel nostro caso stiamo parlando di velocità orbitali
relative che si aggirano a 30 km/s, per cui un’eventuale cattura avrebbe potuto
realizzarsi se la Luna avesse sfiorato (se non addirittura oltrepassato) il limite
di Roche della Terra (con le annesse disastrose conseguenze).
Fig. 79.
Rappresentazione
schematizzata
della Teoria della
cattura
Altra intrigante soluzione a questo dilemma fu il tema di una conversazione
avvenuta alcuni anni or sono fra l’Autore di questo libro ed il prof. Emilio
Spedicato (docente presso l’Università di Bergamo) mentre si trovavano a
cena presso un rinomato Hotel-Ristorante del comune di Canelli (AT). Tra
una portata e l’altra il prof. Spedicato disegnò su un foglio lo schizzo
rappresentante l’ipotetico transito di un pianeta di taglia terrestre dotato di
satellite. Sebbene tale costruzione non sia del tutto impossibile, essa comporta
ugualmente una serie di circostanze altamente “improbabili”. Per esempio: a
quale velocità si muoveva l’ipotetico pianeta? E a quale il satellite? Qual era il
verso dell’orbita lunare: oraria o antioraria? Inoltre, l’orbita lunare era
73
inclinata rispetto al pianeta oppure no? E ancora, a che distanza la Luna
orbitava attorno al pianeta? Venendo a mancare le basilari informazioni ci
troviamo in presenza di un’affascinante ipotesi difficile però da quantificare.
Certamente una serie di eventi non impossibili, ma così improbabili che
praticamente sarebbe stato necessario un controllo intelligente per rendere il
“passaggio di consegna” (o “Cattura Lenta”) fattibile.
Fig. 80. Questo
schema
rappresenta
un’ipotesi su
come un Pianeta
di passaggio
cedette la Luna
alla Terra
(Cattura Lenta)
La Teoria dell’Accrescimento. Questa teoria presuppone che la Luna si
formò insieme alla Terra dallo stesso materiale locale della nebulosa protoplanetaria, per cui entrambi i pianeti ebbero un’evoluzione parallela fino a
raggiungere le attuali condizioni. Di per se, come ipotesi, ha una sua coerenza
poiché rispetta i modelli standard sui collassi gravitazionali e la formazione
dei sistemi planetari.
Ciò nondimeno, dobbiamo rilevare anche in questa teoria una consistente
mole di problemi pratici da superare. Se la Luna fosse veramente nata insieme
alla Terra, l’effetto di marea gravitazionale indotto dal nostro pianeta sommato ad una maggior velocità di rotazione lunare primitiva - avrebbe
dovuto produrre sulla giovane massa fluida del nostro satellite uno
schiacciamento polare più marcato di quanto appaia oggi. In questa teoria è
logico supporre che anche la Luna, al pari della Terra, dovette subire il
bombardamento primordiale da parte di comete ed asteroidi. Tuttavia,
nonostante il gran numero di crateri da (presunto) impatto, la Luna sembra
non conservare praticamente traccia dei componenti organici trasportati da tali
oggetti. Lo stesso discorso vale pure per l’acqua. Certo, sono state proposte
varie spiegazioni per giustificarne la modesta presenza tra cui le ridotte
74
dimensioni, la bassa gravità del nostro satellite e gli effetti delle radiazioni
solari. Ma gli impatti con le comete furono (si suppone) in numero elevato, di
conseguenza la Luna avrebbe dovuto in realtà possedere moltissima acqua
ghiacciata sotto la superficie, al riparo dalle letali radiazioni cosmiche, e nelle
regioni polari dove la luce solare è scarsa. Un altro ostacolo alla Teoria
dell’Accrescimento è data dall’inclinazione dell’orbita lunare rispetto a quella
terrestre, pari a circa 5° 19’. Generalmente la formazione di sistemi multipli
avviene sul piano equatoriale del pianeta maggiore.
In ogni caso, la peggiore rogna di questa teoria è scaturita, come già
accennato, dall’analisi dei campioni di rocce portati a Terra. La composizione
chimica ha evidenziato differenze notevoli rispetto alle rocce terrestri.
Ulteriori esami del campo magnetico lunare e della propagazione delle onde
sismiche hanno accentuato le incertezze sull’effettiva abbondanza di ferro,
inducendo alcuni ricercatori a pensare che la Luna non possieda un vero e
proprio nucleo centrale ferroso oppure, se tale nucleo esiste, deve essere molto
piccolo.
Fig. 81. Questa
immagine
schematizza la Teoria
dell’Accrescimento
La Teoria della Collisione/Fusione. Questa teoria è attualmente la più
accreditata fra gli scienziati. Fu proposta verso il 1975 dal dr. William K.
Hartmann ed il dr. Donald R. Davis ed acquistò grande impulso 9 anni dopo,
durante un meeting internazionale indetto appositamente per fare il punto sulle
conoscenze relative alla formazione della Luna. Nel 1997 venne ulteriormente
migliorata nella tesi di dottorato esposta dalla dr. Robin Canup la quale, verso
il 2001, aggiunse ai suoi modelli alcune simulazioni computerizzate.
75
La Teoria della Collisione-Fusione presuppone che agli albori del Sistema
Solare dovevano esistere più Corpi Maggiori di quanti ne esistano oggi,
ciascuno orbitante in modo più o meno stabile, e la Terra era ancora
sostanzialmente un pianeta fluido. Ma cosa accadde? Si suppone che un
colossale impatto tra la giovane Terra ed un proto-pianeta, grande all’incirca
quanto Marte, fu responsabile della fusione tra i due corpi e,
contemporaneamente, dell’espulsione nello spazio di una notevole quantità di
materiale del mantello terrestre. I detriti entrarono in orbita alla “nuova” Terra
(prodotta dalla fusione con il proto-pianeta) e col passare del tempo si
“riunirono” per costituire il nostro satellite naturale.
Teoria credibile? In parte sì. Tuttavia la contraddizione più eclatante finora
riscontrata nello studio dell’origine della Luna è così riassumibile: in base alle
analisi dei campioni lunari, sommate ad ulteriori esami effettuati con l’ausilio
di strumenti a Terra e sonde automatiche, si è riscontrato che la composizione
chimica della Luna sarebbe uguale a quella del mantello terrestre. Eppure è
altrettanto risaputo che la composizione chimica delle rocce lunari differisce
parecchio rispetto a quelle terrestri.
La Teoria della Fusione/Collisione non manca poi di regalare altri paradossi
davvero divertenti. Riducendola ai minimi termini avremmo un Pianeta di
taglia “1” colpito da un pianeta di taglia “0,5” dai quali otterremo due nuovi
pianeti, uno di taglia “1+ frazione del secondo” e l’altro come “rimanenza di
se stesso” (la Luna). Ma, allora dovremmo chiederci se effettivamente il
nostro pianeta fu il prodotto dell’accrescimento “naturale” da planetesimali
oppure il prodotto della distruzione/fusione tra pianeti, mettendo in difficoltà
le teorie standard sulla formazione dei sistemi planetari. E come facciamo a
sapere se l’impactor esistette realmente? Siamo certi che la Terra, al momento
del presunto impatto, era fluida o parzialmente fluida? L’Impactor era
anch’esso fluido oppure no? Purtroppo questa teoria sembra cadere nella
trappola del “modello ad hoc”, dove ogni singolo evento sarà calcolato in base
a determinate premesse. E allora tutto si svolgerà nella più assoluta casualità,
ma alla perfezione!
Dunque, teoria ad hoc? Lasciamo il giudizio al Lettore: abbiamo l’Impactor
giusto avente le dimensioni giuste, che arriva al momento giusto e colpisce la
Terra nel punto giusto e nel modo giusto. Poi si fonde con essa nel modo
migliore! Quindi i frammenti vengono scagliati nello Spazio in un getto di
materiale che si dirige nella direzione giusta ed alla velocità giusta.
Successivamente i frammenti decelerano (o magari si fermano!) alla distanza
76
giusta, entrano in orbita alla perfezione e, unendosi fra loro in modo
appropriato, non formano anelli o mini-lune (oppure sì? Magari in base ai
gusti ed alle varianti introdotte nelle equazioni della gravitazione). Comunque
sia, essi si raggruppano e si fondono insieme dando origine, nei modi e nei
tempi giusti, alla Luna, ovviamente quella giusta e delle giuste dimensioni.
Detto in altre parole, un miracolo! Volendo inserire la Teoria della
Fusione/Collisione in un ambito superiore, come la formazione stessa del
Sistema Solare, verrebbe da pensare che il caos più assoluto sia dotato di
intelligenza perfetta!
Fig. 82. .Immagine
simulata al computer
sull’Impactor Theia che
colpì la giovane Terra.
Copyright William K.
Hartmann
Fig. 83 .Ulteriore
immagine simulata al
computer sull’Impactor
Theia alcune ore dopo
l’impatto con giovane
Terra. Copyright William
K. Hartmann
77
In conclusione, il quadro generale inerente la formazione della Luna è ancora
assai vago. Oltretutto non possiamo nemmeno ignorare lo studio recentemente
condotto dal dr. Mathieu Touboul (Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo)
il quale avrebbe rimesso in discussione le ipotesi finora accreditate grazie ad
un nuovo riesame dei campioni di rocce lunari. In pratica lo scienziato ha
analizzato le percentuali di tungsteno-182 in rapporto ad altri elementi, tra i
quali l’afnio-182 e il tantalio-182, arrivando alla conclusione che la Luna si
formò insieme alla Terra, dallo stesso materiale spaziale, ma 30 milioni di
anni dopo il nostro pianeta.
Le teorie qui affrontate non hanno di certo risolto la questione sull’origine del
nostro satellite, sebbene ciascuna di esse abbia in qualche misura contribuito
ad accrescerne il grado di conoscenza. La strada è ancora lunga e c’è tanto
lavoro da compiere. L’assenza d’aria, la presenza del cosiddetto KREEP,
l’emissione di raggi gamma e le disomogeneità della massa lunare (mascons)
sono fattori oggetto di accesi dibattiti tra i ricercatori di tutto il mondo perché
le conclusioni portate da alcuni vanno a cozzare con quelle di altri. La
presenza del KREEP dovrebbe costituire, ad esempio, un elemento
“marcatore” della storia geologica lunare, ma per altri studiosi è invece un
fattore di difficile interpretazione. Dobbiamo stare poi attenti a non cadere nel
laccio del generalizzare, in quanto i campioni di roccia lunare portati sulla
Terra sono comunque frammenti locali e, al massimo, potrebbero raccontarci
la storia geologica di quella specifica regione. Che speranze abbiamo di
pervenire ad una teoria soddisfacente e coerente?
Fig. 84. Missione Apollo 14
(Credits NASA)
78
“Il ritorno di Persefone” in un dipinto di Frederic Leighton del 1891
79
SESTA CONTROVERSIA
IPOTESI SULLA FORMAZIONE DELLA LUNA
Dopo aver approfondito le principali caratteristiche del nostro satellite,
constatandone tra l’altro le similitudini e le diversità dalla Terra, ed aver preso
in attento esame le quattro teorie più conosciute per spiegarne
spiega
origine e
formazione, è finalmente giunto il momento di esporre una nostra ipotesi la
quale cercherà, nel limite del possibile, di fare altrettanto. Ma, a prescindere
da differenze o uguaglianze, è innegabile che la Luna svolge nei confronti
della Terraa e dei suoi cicli vitali un ruolo determinante: si pensi agli effetti che
la sua - se pur debole - attrazione gravitazionale esercita nei
ne mari e in molte
piante, oppure alla capacità di mantenere l’asse terrestre stabile nel corso del
tempo. Tuttavia, la concezione che le antiche civiltà generalmente avevano
della Luna costituisce una contraddizione priva di apparente senso logico: da
un lato veniva adorata come parte di un pantheon di divinità celesti immutabili
e, soprattutto, subordinate ad una Terra piatta,
atta, poggiante su elefanti,
tartarughe… e indiscusso centro dell’universo; dall’altro lato le si attribuivano
caratteristiche terrestri quali mari e vegetazione, come se fossero reali o
magari reminescenze di realtà più antiche.
Fig. 86.. Il Sistema
Tolemaico, nel
quale la Luna
occupava un posto
di “divinità”
subordinata al
Mondo.
La Luna è artificiale? Dal momento che la scienza “ufficiale” non ha ancora
offerto risposte esaurienti sul perché la Luna esista, alcuni Ricercatori di varie
nazionalità iniziarono già decenni or sono a proporre ipotesi ardite e
stravaganti secondo le quali il nostro satellite sarebbe stato letteralmente
80
fabbricato nello spazio interplanetario e, successivamente, trainato verso la
Terra. A tal proposito vi suggeriamo la lettura del libro “Strutture Artificiali
Extraterrestri” del dr. Roberto Pinotti al capitolo 5, pag. 99: “LA LUNA:
SATELLITE, STAZIONE O VEICOLO SPAZIALE?”. Ciò che potrebbe
lasciar perplessi sono la logica e la coerenza di questa “folle” teoria. Ad
esempio:
1) il problema della sua formazione è risolto in quanto la Luna sarebbe stata
costruita da una civiltà super-tecnologica a partire da una sfera metallica
arricchita poi da terreno roccioso.
2) Il suo volgerci la stessa faccia sarebbe nient’altro che una normalissima
orbita di parcheggio, procedura ben applicata anche dall’uomo, grazie alla
quale molti satelliti artificiali (comprese le navette con equipaggio)
volgono anch’essi la stessa faccia alla Terra.
3) Le librazioni sarebbero dovute in parte a disomogeneità nella massa
lunare che, dalle rilevazioni sismologiche avviate durante il Programma
Spaziale Apollo fino ad oggi, indicherebbero forse la quasi assenza di un
nucleo ferroso centrale.
4) I terremoti lunari infatti sembrano propagarsi nel vuoto, conducendo
all’idea che la Luna sia cava (almeno in modo parziale).
5) Ci sono poi i cosiddetti TLP (Fenomeni Transitori Lunari) i quali
sembrerebbero anch’essi intimamente collegati al nostro satellite,
accrescendo il pensiero che potrebbero comprovarne ulteriormente la
natura artificiale.
Nel complesso è una teoria davvero affascinante, ma non per questo esente da
gap che non stiamo ora ad elencare.
Fig. 88
Fig. 87
Due fotogrammi della superficie lunare effettuati durante la missione Apollo 15.
Credits NASA
81
La logica e l’economia. Mettiamoci nei panni di una presunta civiltà supertecnologica e, per quanto possibile, proviamo a ragionare con la loro mente.
Cosa o come avremmo fatto per fabbricare una Luna? Immaginiamo questa
ipotetica civiltà che decide di scendere su un pianeta (se non di più) per
stabilirvi insediamenti industriali adibiti all’estrazione e lavorazione di metalli
vari da utilizzare poi per la realizzazione di strutture portanti, in quantità
enormi, ed inviarle successivamente nello spazio in modo da poter essere
assemblate. Una volta terminata la sfera metallica, occorreva poi ricoprirla
con uno spessissimo strato di terreno roccioso. Ma preso da dove e in che
quantità? Infine, non va dimenticata la fase di trazione verso l’orbita a cui tale
“luna” sarebbe stata destinata. Ci siamo fatti un’idea del costo in termini di
tempo e risorse, senza contare la scarsa praticità che un lavoro simile avrebbe
comportato? Una soluzione tremendamente poco economica e molto
dispersiva.
“Ah, ma questa civiltà probabilmente sapeva manipolare le leggi fisiche al
punto da dominare persino la forza di gravità” penserà qualcuno. Giustissimo!
Ed è proprio qui che casca l’asino. La logica dovrebbe in teoria essere il perno
di qualsiasi civiltà intelligente, per cui la fattibilità di un progetto di tali
proporzioni avrebbe potuto concretizzarsi attraverso la ricerca di soluzioni più
“economiche” e rapide. Dopotutto la tecnologia costituisce spesso un riflesso
del motto: “massima resa, minima spesa”. E anche vero, d’altronde, che nel
mare di fantasie sul quale stiamo navigando tutto sia possibile, persino la
costruzione di una “Morte Nera” o di una “Sfera di Dyson”. Va bene!
Fig. 89. Rappresentazione di
una sfera di Dyson che
ingloba l’orbita terrestre.
Info: www.wikipedia.it
“sfera di Dyson”
82
Fig. 90.: La “Morte
Nera” nell’Episodio V di
Guerre Stellari ,
“L’impero colpisce
ancora”
Fig. 91. Il satellite di
Saturno, Mimas con
il suo caratteristico
cratere centrale.
Credits ESA
Le quattro teorie? Tutte vere! Ma allora la Luna è artificiale o naturale?
Mettiamola così: potrebbe essere sia naturale che artificiale. Certamente
un’affermazione dal sapore antitetico; tuttavia basterebbe riconsiderare ancora
una volta le quattro teorie tradizionali (la Fissione, la Cattura, l’Accrescimento
e la Collisione-Fusione) per captare qualcosa di sconcertante. Se
presumibilmente esse non sono completamente esaustive, dovrebbe allora
essere vero l’opposto, cioè che siano tutte e quattro esatte nel descrivere,
ciascuna singolarmente, uno specifico elemento formativo del nostro satellite.
Perché? Semplice: la Luna potrebbe essere nata per fissione di materiale del
mantello terrestre trasportato mediante un corridoio gravitazionale ad
andamento ciclonico, catturato ed inviato verso una bolla di contenimento
(possibilmente ricca di gas, per esempio He3) e fissato sopra la bolla stessa
onde accrescere la struttura sferica della Luna.
Ammesso che la Natura possa o non possa annoverare un qualche tipo di
fenomeno capace di sottrarre materia da un corpo celeste per farne accrescere
un altro, siamo nostro malgrado costretti a chiamare in causa una colossale
83
tecnologia che supererebbe di gran lunga persino le migliori argomentazioni
fantascientifiche romanzate su Star Trek, Guerre Stellari o Stargate SG1; una
scienza tanto progredita da permettere la fabbricazione, lo spostamento e la
distruzione di pianeti interi, e basata sulla manipolazione delle quattro forze
fondamentali (gravità, elettromagnetismo, interazione nucleare forte e debole).
Una tecnologia i cui nefasti segni può darsi ci circondino tuttora, disseminati
dappertutto, ma che noi oggi interpretiamo come “residui del Sistema Solare
primitivo”.
Fig. 92. Le quattro
teorie tradizionali
trovano una
perfetta
integrazione in un
modello alternativo
in cui la Luna nasce
in modo artificiale
pur essendo
naturale.
Relazione fra deriva dei continenti e formazione della Luna. La Geologia
si occupa tra le altre cose di far luce sui meccanismi che provocarono la
cosiddetta “deriva dei continenti” sul nostro pianeta. Per quel che ne
sappiamo, fino a poco più di 200 milioni di anni fa sulla Terra esistevano un
supercontinente (Pangea) e un superoceano (Panthalassa). Poiché le zolle
continentali si muovono sopra il mantello liquido, la Pangea iniziò a
frammentarsi lentamente dando origine a continenti minori e nuovi oceani;
perciò quello che vediamo oggi ne rappresenterebbe lo stadio attuale. Le
prove a favore della deriva dei continenti sono schiaccianti, ma le reali cause
non sono ancora del tutto chiarite. Alcuni scienziati ritengono che la Pangea
sia essa stessa il prodotto di un precedente processo di movimenti e
unificazione di antichi continenti; altri (per lo più non scienziati) invece
ritengono che la Terra, dopo la sua formazione, aveva un solo supercontinente
ed un solo superoceano. Eppure c’è qualcosa di straordinario su cui
soffermarci e riflettere. Osservando la figura 93 si può ben notare come la
Pangea non abbia subito una vera e propria frammentazione aleatoria,
84
piuttosto una suddivisione in grandi blocchi a partire da un preciso e chiaro
“Punto Zero”.
Fig. 93. La deriva dei continenti in questa serie di immagini sequenziale. Per vedere
la gif animata: www.wikipedia.it “Pangea”, “deriva dei continenti”.
I nuovi continenti, infatti, non seguirono un andamento particolarmente
casuale ma, semplicemente, si allargarono da quelle coordinate iniziali. A
rendere il tutto ancor più intrigante si aggiungono i seguenti fattori:
1) la presenza del cratere Chixculub proprio, nel Golfo del Messico al largo
della penisola dello Yukatan (21° parallelo nord);
2) la presenza del cratere Richat in Mauritania (sempre al 21°parallelo nord);
3) la Corrente del Golfo la cui origine è situata approssimativamente nel
“Punto Zero”;
4) gli uragani la cui formazione, nella maggior parte dei casi, partirebbero
sempre nei pressi del “Punto Zero”;
5) la grande sismicità del pianeta Terra e l’evidente instabilità della crosta
terrestre;
6) le anomalie magnetiche gassose rilevate in molti grandi terremoti,
7) il famigerato (e/o fantomatico) “Triangolo delle Bermuda”.
Dovremmo restare stupiti da simili considerazioni? No perché questa serie di
coincidenze in realtà è ben conosciuta da molti ricercatori italiani ed esteri.
Che relazione esisterebbe, dunque, tra la deriva dei continenti e la formazione
del nostro satellite? Attualmente le congetture più di moda vertono sulla
presunta origine da impatto per Il cratere Chixculub, datato intorno a 65
milioni di anni fa, causa fra l’altro dell’estinzione dei dinosauri ed altre specie
animali. Richat invece è ritenuto di origine erosiva e non da impatto.
85
Fig. 94. Il cratere
Richat situato in
Mauritania, nell’Africa
Occidentale.
Credits NASA
Fig. 95. I resti sepolti del cratere
Chixculub, scoperti mediante
rilevamenti satellitari.
Credits NASA.
86
Al di là di datazioni e ipotesi scientifiche, quello che ci affascina sono le
forme a spirale che si riescono ad intravedere nelle linee residue di Chixculub,
estrapolate mediante modelli gravimetrici, e l’altrettanta chiarissima struttura
a cerchi concentrici spiraliformi del cratere Richat. In tal caso, qualora un
plausibile fenomeno di natura elettrica e gravitazionale fosse partito dal
“Punto Zero”, separandosi poi in due fasci caratterizzati da potenziali
differenti, potrebbe fornirci una base per la nostra ipotesi. Stiamo parlando, in
linea teorica, di un “tunnel” ciclonico a due canali così intenso da perforare la
crosta terrestre fino al mantello, tanto violento da produrre onde sismiche in
grado di spezzare la Pangea e spingere con un’elevatissima intensità
energetica le placche continentali in direzioni opposte fra loro, sollevando
fronti di crosta per chilometri e generando catene montuose quali le Ande, gli
Urali, il Caucaso, l’Himalaya, le Alpi, i Pirenei ecc.. Un devastante effetto a
“pentola a pressione” fece inoltre rigonfiare tutta la crosta terrestre creando le
estese dorsali che attraversano l’intero pianeta. L’ipotetico “tunnel
gravitazionale” avrebbe dovuto essere bidirezionale: dapprima energia
perforante, poi energia traente comunque dotata di un’elevatissima carica
elettrica. Mediante questo sistema la Terra fu privata di 1/82 della propria
massa a vantaggio del nuovo satellite.
Fig. 96. La crosta terrestre conserva i segni causati dagli eventi che portarono
all’estrusione di una piccola porzione di massa per la formazione della Luna
87
Fig. 97. Schema
approssimativo che
mostra la sottrazione
dal mantello
terrestre, la trazione
ciclonica e la
ricombinazione.
Aspetti salienti dell’ipotesi. Questo modello potrebbe indicarci il perché la
Luna mostri una certa differenza strutturale tra la faccia visibile e quella
nascosta: essa sarebbe dovuta alla trazione bipolare del materiale terrestre
indirizzato su due fronti di sedimentazione sopra la bolla di contenimento. Ci
indica poi il perché della maggior parte dei crateri lunari: 1) impatti del
materiale sulla superficie della neo-Luna; 2) fattori endogeni quali
assestamenti e rimescolamenti di materiale aventi temperature diverse; 3)
scariche elettriche ad alta energia. Il grande cratere situato al polo sud lunare
(nella faccia nascosta) avente un diametro di oltre 2000 km ovviamente è
difficile ritenerlo da impatto, questo perché un evento di tali proporzioni
avrebbe prodotto come minimo effetti devastanti tra i quali la deviazione
orbitale verso lo spazio esterno (se non verso la Terra!) oppure, addirittura, la
frantumazione dell’intero neo-satellite. La nostra teoria potrebbe anche fornire
indizi sul perché la Luna non possieda atmosfera, acqua o sostanze organiche:
il materiale sottratto alla Terra non era della superficie ma del mantello e i gas
(acqua compresa) eventualmente trascinati vennero ceduti in parte alo spazio a
causa dell’alta velocità e della forte rotazione dei vortici gravitazionali.
Semmai la piccola percentuale d’acqua presente sulla Luna dovrebbe essere
comunque proveniente dal nostro pianeta. (Recenti scoperte indicano invece
una certa presenza d’acqua sulla luna e persino di sostanze idratate simili a
quelle terrestri. Così, anziché volgersi contro la nostra teoria, le scoperte
sembrerebbe addirittura rafforzarla ulteriormente ed inaspettatamente).
Ma che dire della rotazione terrestre? E’ plausibile ritenere possa aver subito
qualche minima variazione? Non sarebbe da escludere; tuttavia, qualora la
bolla di accrescimento fosse stata sistemata ad una distanza geosincrona la sua
velocità orbitale avrebbe coinciso ovviamente con la rotazione della Terra. In
altre parole, la Luna nacque volgendoci la stessa faccia quasi da subito,
88
adattandosi in modo graduale nella fase di assestamento orbitale fino
all’attuale orbita definitiva. L’estrema sismicità e l’instabilità della crosta
terrestre sarebbero quindi il risultato della sottrazione di una piccola
percentuale del nostro mantello sottostante. Così, le anomalie cicloniche
legate al clima anch’esse troverebbero una parte di spiegazione quale strascico
di questo fenomeno sottrattivo. Quanto finora esposto potrebbe fornire
un’indicazione del perché la Luna non sembri possedere un vero e proprio
mantello caldo e tanto meno il nucleo ferroso: tutto il materiale sottratto alla
Terra perse calore nella fase di trazione, giungendo a destinazione sotto forma
di blocchi rocciosi di varia grandezza e temperatura. Anche i cosiddetti
“mascons” troverebbero una plausibile spiegazione in quanto generatisi
durante il trasporto del materiale terrestre. Stessa cosa dovrebbe valere anche
per il regolite che ricopre molte aree della Luna e il cosiddetto “KREEP”
scoperto sulla superficie lunare durante le missioni Apollo. Cosa ancor più
interessante, la ragione per la quale il nostro satellite rimbomba a vuoto
durante i terremoti registrati dai dispositivi di rilevamento potrebbe essere
veramente dovuto al fatto che nel suo interno ci sarebbe il vuoto più assoluto!
Un gigantesco guscio fatto di mantello terrestre e, al massimo, pieno di varie
miscele di gas. I terremoti lunari, in funzione della loro ripetitività e regolarità,
anziché indicare estese attività endogene potrebbero essere principalmente
indotti dalla marea gravitazionale della Terra.
Una domanda è più che legittima: cosa starebbe accadendo oggi sulla Luna?
Se il nostro satellite fosse vuoto all’interno, allora l’effetto di torsione indotto
dalla Terra, accentuato dal fatto che la Luna ci volge sempre la stessa faccia,
starebbe sgretolando la crosta lunare dalla parte interiore in modo lento e
costante. La densità della Luna sarebbe per questa ragione disomogenea e
mutevole, percossa dai continui cambiamenti tra perigeo ed apogeo. La crosta
lunare verrebbe sottoposta a effetti tali da fratturarla permettendo ai gas interni
di emergere in superficie (outgassing). Inoltre, la torsione di marea potrebbe
generare anche attriti fra differenti materiali della crosta lunare e provocare
fenomeni elettrici di varia natura. Tutto questo costituirebbe forse una
spiegazione per la maggior parte dei cosiddetti TLP.
Le conclusioni. Bisogna ammettere che questa è una teoria piuttosto originale
e un tantino “folle”. Essa stravolge letteralmente tutta la Storia Geologica
terrestre, brucia le ipotesi finora proposte sull’origine della Luna e le riunifica
in un modello a dir poco incredibile; definisce un modo di concepire il
rapporto Terra-Luna inconsueto e paradossale; apre le porte per una visione
alternativa sulla formazione stessa dei corpi planetari; risolve molti dilemmi,
ma ne crea altri. E’ una Teoria grezza, non del tutto raffinata da inevitabili gap
89
Fig. 98. La Luna sarebbe
in sostanza un guscio di
mantello terrestre
completamente vuoto al
suo interno.
Fig. 99. La forza di
gravità dalla Terra sulla
Luna eserciterebbe un
effetto di torsione
piuttosto rilevante
Fig. 100. Questo schema
mostra come la gravità
terrestre provocherebbe
una lenta “corrosione”
della crosta inferiore sul
nucleo vuoto, fratture
interne e TLP.
90
concettuali e dovrà subire la prova del fuoco. Curiosamente, verso febbraio
2010, i ricercatori Rob de Meijer dell'Università del Western Cape e Wim
van Westrenen della VU University di Amsterdam hanno presentato la
teoria del “Georeattore Naturale” secondo cui la Luna sarebbe figlia della
Terra formatasi da sottrazione di materiale del mantello ad opera di un
enorme esplosione nucleare. Ci conforta vedere come, tutto sommato, la
nostra teoria era già molto più avanti non solo cronologicamente ma,
soprattutto, concettualmente. Sui fenomeni legati a Chixculub e Richat ci
sono almeno due ipotesi alternative altrettanto affascinanti. La prima, del prof.
Richard Hoagland, chiama in causa forze di natura multidimensionali. La
seconda, del dr. Alessio Feltri (un caro Amico e specialista in Scienze
Planetarie), chiama in causa un esteso fenomeno elettrico, probabilmente
scaturito dal Sole e propagatosi sulla direttiva dell’eclittica attraverso lo
spazio del sistema solare, il quale toccò tutti i pianeti. Sì, non v’è dubbio che
entrambe potrebbero spiegare molte delle stranezze presenti nel sistema
solare, ma non risolvono il problema di fondo: “chi, cosa e perché”. Per il
momento lasciamo in sospeso queste domande alle quali certamente se ne
aggiungerebbero molte altre. Abbiamo proposto una teoria che ci mostra come
da un imponente fenomeno elettrico/gravitazionale di probabile matrice
intelligente la nostra Luna sia venuta all’esistenza, proprio dalle stesse viscere
della Terra. Speriamo che l’uomo, quando deciderà di rimetterci piede, non
commetterà l’errore di far esplodere cariche nucleari nel sottosuolo. Sarebbe
un grave e dolorosissimo passo falso dalle conseguenze imprevedibili.
Fig. 101.
Attività extraveicolare durante la
missione Apollo 11.
(Credits NASA)
91
SETTIMA CONTROVERSIA
FANTOMATICI PIANETI EXTRASOLARI
Sebbene la maggioranza di noi vive nella propria anonima quotidianità, chi non
rimarrebbe comunque elettrizzato apprendendo dell’esistenza di un pianeta
gemello della Terra? Pensiamoci bene: un pianeta uguale al nostro potrebbe
assumere molteplici significati sia in termini di ipotetica vita locale, sia di
plausibile vita intelligente che di abitabilità da parte dell’uomo. Ma cosa si
nasconde realmente dietro il clamore e gli entusiasmi sollevati in questi ultimi
anni da scienziati ed organi d’informazione? In questo capitolo prenderemo in
esame l’affascinante tema dei pianeti extrasolari e cercheremo di comprendere
fino a che punto le notizie diramate sono verosimili.
Fig. 102.
(1) Galileo Galilei
(2) Johannes Kepler
(3) Isaac Newton
(4) Nicolò Copernico
(5) Un telescopio del XIX secolo
conservato a Madrid presso il Teodolito
Museo Geominero
Nel XVIII secolo la vecchia concezione geostatica del Mondo era ormai
tramontata da oltre un secolo, merito di personaggi quali Nicolò Copernico,
Johannes Kepler e Galileo Galilei. Qualcosa di innovativo stava invece
prendendo forma: la teoria secondo cui il sistema solare ebbe origine dal
collasso di una nube di polveri e gas. A dare man forte a questa concezione
contribuì lo stesso Isaac Newton, un uomo straordinario per l’epoca in cui visse.
92
Fintantoché il concetto di “Terra centro dell’Universo” dominava non avrebbe
avuto alcun senso pensare a possibili pianeti orbitanti attorno ad altre stelle.
L’eliocentrismo, invece, introdusse una visione totalmente opposta alla
precedente; di conseguenza ad un sistema solare nato da materia collassata ne
potevano seguire un numero virtualmente infinito di altri. Semplice e logico.
Negli scorsi trecento anni l’esistenza di pianeti extrasolari è sempre stata
contemplata dagli astronomi, tant’è vero che non appena i telescopi
“professionali” iniziarono ad offrire immagini di una certa qualità si
intrapresero dei tentativi concreti per individuare probabili stelle candidate a
possedere pianeti. Stiamo parlando del XIX secolo inoltrato, periodo in cui fu
inventato il primo rudimentale spettrografo e si scattavano le prime foto. La
ricerca proseguì durante il XX secolo tra conflitti d’ogni genere e cambiamenti
di pensiero scientifico fino ad arrivare al 1963. Che accadde quell’anno?
Pianeti, pianeti e pianeti! Chi è veramente appassionato dello Spazio e dei
suoi misteri probabilmente si sarà accorto che da diversi anni a questa parte
continuano a spuntare fantomatici pianeti “sosia”, “gemelli”, simili e/o uguali
alla Terra orbitanti attorno ad altre stelle. Notizie clamorose le quali faranno il
solito giro del mondo, rimbalzando da un’Agenzia Stampa all’altra, per essere
date in pasto al Pubblico. Che poi la gente ci crederà o meno può essere relativo
ma, inevitabilmente, qualcuno berrà il tutto come “scienza”. In fin dei conti,
forse è meglio sentire ogni tanto “innocue” fantanotizie piuttosto che le tristi e
insopportabili pagine di cronaca quotidianamente sbattute in faccia durante
quelle poche e sospirate ore di relax.
Fig. 103.
Rappresentazione artistica
di sistema solare in
formazione.
93
C’è però un limite, superato il quale si rischia di cadere nella poca serietà se
non addirittura nella pseudoscienza, cioè l’indurci a credere cose, magari non
necessariamente impossibili, ma al momento non verificabili e molto
difficilmente dimostrabili. Dunque, ci eravamo fermati all’anno 1963. Cosa
accadde di così interessante per la cosiddetta xeno-planetologia?
La stella di Barnard. Quell’anno l’astronomo Peter Van De Kamp si accorse
che esisteva una perturbazione nel moto del piccolo astro, la quale venne
ritenuta come evidenza di possibili 3 pianeti della massa di Giove. Per ben 20
anni questa suggestiva ipotesi tenne banco e la stella di Barnard fu considerata
un possibile sistema planetario oltretutto a noi vicino, distando appena 6 anni
luce dalla Terra. Sfortunatamente (o fortunatamente?), nuove misurazioni
effettuate in pieni anni 80 del secolo scorso costrinsero gli astronomi a
ridimensionare l’intera questione e chiudere praticamente in soffitta le tesi di
Van De Kamp.
Fig. 104.
L’ipotetico
sistema solare
della stella di
Barnard e
posizione della
stella nel 2006
Sul caso della stella di Barnard vogliamo però puntualizzare un ulteriore aspetto
che probabilmente spinse gli scienziati a recalcitrare l’ipotesi dei possibili
pianeti. Primo: la stella di Barnard è una nana rossa di classe spettrale M4.
Secondo: questo tipo di stelle sono spesso soggette ad essere variabili. Terzo:
affinché un ipotetico pianeta simile alla Terra possa avere acqua liquida (e
condizioni adatte alla vita) dovrebbe trovarsi non oltre i 12 milioni di km di
distanza impiegando poco meno di 20 giorni per compiervi un’orbita intera.
Ne conseguirà che, a causa della forza di marea esercitata dalla stella, il
pianeta probabilmente finirà per volgergli sempre la stessa faccia, senza
contare poi gli effetti dovuti alla mancanza di luce bianca. L’astronomo Van
De Kamp però non pretese che si trattasse per forza di pianeti di taglia
terrestre. Tali fantasie si svilupparono nel corso degli anni ad opera di altri.
Ciò nonostante è vero: la stella di Barnard (al pari delle nane rosse in
94
generale) non rappresenta un ambiente molto adatto ad avere pianeti. Eppure,
la predilezione umana a far voltagabbana pur di averla vinta non conosce
limiti. Vediamo perché.
Il sistema di Gliese 581. Il recente caso di Gliese 581 è a dir poco paradossale,
non tanto per la possibile scoperta in sé molto interessante, ma perché
contraddice in piena regola la sentenza “scientifica” della stella di Barnard.
Anche Gliese 581, tanto per intenderci, è una nana rossa, ma i Ricercatori
dell’ESO (European South Observatory) sono tuttora convinti che attorno a
questa stella c’è un sistema solare formato da pianeti rocciosi. In particolare uno
di questi corrisponderebbe a 5 masse terrestri, avrebbe un diametro di circa 20
mila km, orbiterebbe a circa 10 milioni di km dalla stella e in superficie le
temperature varierebbero tra 0°C e 40°C.
Fig. 105. Rappresentazione
artistica del sistema di
GLIESE 581
Fig. 106. Confronto fra la Terra ed
il presunto pianeta “gemello” di
GLIESE 581
E’ palese che un neofita dell’astronomia farebbe i salti di gioia dinnanzi ad una
scoperta di questa portata. Infatti la notizia del presunto pianeta era stata
etichettata come “Il primo pianeta abitabile individuato al di fuori del nostro
Sistema Solare” e “Pianeta uguale alla Terra”. Sembra che i fatidici effetti di
95
marea siano passati di colpo in sottofondo, oltre alla miracolosa (quanto
altamente improbabile) presenza di acqua liquida e condizioni idonee alla vita
prospettate dagli scopritori. Ma dove sarà andato a finire il famoso e osannato
pragmatismo scientifico? Semmai un giorno metteremo piede su quel pianeta
dovremo prima appellarci al mitico Capitan Futuro, inventore delle “tute
gravitazionali”, in virtù del fatto che il povero astronauta peserà un bel po’ di
chili in più non appena toccherà terra.
Torniamo un attimo alla stella Gliese 581. Abbiamo detto trattasi di nana rossa,
piccola, fredda e, per coerenza tecnica, relativamente instabile. Stando ai canoni
classici dell’astrofisica e dell’astrochimica in effetti le nane rosse sarebbero
stelle dalle contenute dimensioni, poco luminose e aventi temperature
superficiali piuttosto basse (circa 3000°K). In rarissimi casi alcuni di questi
oggetti potrebbero essere anche “stelle mancate” e quindi in fase di lento
spegnimento. Pertanto, qualora la maggior parte delle nane rosse fossero ministelle è probabile che i loro pianeti prima o poi si perderanno nello spazio
interstellare a motivo della ridotta forza gravitazionale di tali astri, specie se
orbitanti a distanze elevate. Infine, c’è effettivamente da chiedersi quali
prospettive di vita avrebbero da offrire simili sistemi planetari.
Cosmologia e pianeti extrasolari. Chiunque fosse interessato alla xenoplanetologia e gradirebbe tenersi al passo con le nuove scoperte, suggeriamo di
consultare l’Indice dei Cataloghi Candidati Pianeti Extrasolari a questo
indirizzo web: http://exoplanet.eu/catalog.php ed il Catalogo dei Candidati
Pianeti Extrasolari a quest’altro indirizzo web: http://exoplanet.eu/catalogall.php. E’ un archivio molto bello e ricco di dati tecnici. Ultimamente si è
riusciti ad individuare molecole di acqua e idrocarburi in alcuni esopianeti, il
che potrà risultare utile per comprendere meglio la natura di questi corpi, anche
se le ipotesi di vita locale sono, ora come ora, illazioni allo stato puro. Ciò che
lascia perplessi comunque è il prevalere dei pianeti gassosi sulla totalità di
quelli finora scoperti. Peggio ancora è il fatto che molti di questi sembrano
orbitare a distanze brevissime dalla stella madre. In funzione dei modelli
generalmente accettati dalla Comunità Scientifica sulla formazione dei sistemi
solari, i pianeti gassosi non potrebbero sussistere a lungo orbitando a brevissime
distanze dalla propria stella per almeno tre ragioni: 1) i gas in genere vengono,
in primis, spazzati via dal vento solare in direzione dello spazio più profondo;
2) le temperature così elevate renderebbero un pianeta gassoso estremamente
instabile; 3) la stessa forza di Coriolis, sommata all’elevatissima velocità
orbitale, deformerebbe il pianeta al punto di ridurlo prima o poi ad un anello
gassoso attorno alla stella, per poi venire in un modo o nell’altro spazzato via,
96
se non addirittura risucchiato dalla stella. Quanto serviranno le varie ipotesi
esplicative, come quella dei “Giovi Satellitari” o dei venti planetari che
soffierebbero a oltre 10.000 km/h mitigando gli eccessi di calore, è difficile a
stabilirsi. D’altro canto, se il sistema di Gliese 581 fosse davvero costituito da
pianeti rocciosi di cui uno, guarda caso, orbitante alla giusta distanza come la
Terra rispetto al Sole, dovremmo cominciare a riconsiderare seriamente molte
teorie astronomiche oggi ben consolidate (in primis, proprio quelle sulla
formazione delle stelle e dei sistemi planetari). Evidentemente abbiamo ancora
tanta strada da percorrere magari anche da un punto di vista ideologico
(l’Universo frutto del Caso o di una Mente Intelligente?).
Fig. 107.
Rappresentazioni
artistiche di alcuni
possibili pianeti
extrasolari scoperti negli
ultimi anni. A parte le
poche informazioni
tecniche essenziali, di
tutti questi mondi non
sappiamo praticamente
nulla.
I “fantomatici pianeti”. Ed ora godiamoci un piccolo riassunto di come alcune
recenti “scoperte” siano state letteralmente gonfiate oltre ogni senso logico. (1)
Attorno alla giovane stella HD 113766 è stato individuato qualcosa di simile a
un disco di accrescimento nel quale sembra esistere un nucleo “solido” definito
“pianeta simile alla Terra in formazione”. (2) In un sistema distante 5 mila
anni luce formato da una stella grande la metà del Sole, più fredda e meno
luminosa, sono stati individuati due presunti corpi planetari gassosi delle
dimensioni inferiori a quelle di Giove e Saturno. Tale sistema è stato etichettato
97
come “versione ridotta del nostro sistema solare”. Certo! Molto ridotta… (3)
Attorno a 55 Cancri F orbiterebbe un pianeta dalle condizioni “simili” alle
nostre (definito per l’esattezza “un’altra Terra”), nel quale potrebbe esserci la
vita. Qualcuno ha persino speculato su presunte lune dotate di condizioni adatte
alla vita! Di questo sistema in realtà non si sa quasi nulla a parte pochi dati
essenziali. Che altro aggiungere? (4) Infine una speciale menzione la dobbiamo
al caso del “pianeta sosia della Terra” in Alpha Centauri. Sulla possibilità
che questo sistema (formato da tre stelle) possegga pianeti di tipo terrestre ci
sono da sempre pareri contrastanti. Tuttavia recentemente sarebbe stato
scoperto un pianeta “sosia” della Terra attorno ad Alpha Centauri B. Ma cosa
s’intende con il termine “sosia”? Il sosia è sostanzialmente una persona che
assomiglia in modo impressionante ad un’altra. Sicché, per estensione, si può
affermare la stessa cosa in riferimento ad oggetti, schemi, modelli ecc. purché
ricalchino egualmente l’originale. La scoperta di questo pianeta “sosia” non è
stata comunque il frutto di accurate osservazioni telescopiche (magari!), bensì
di simulazioni al computer. Più o meno come scoprire il Santo Graal giocando
al videogame di Indiana Jones! Nessuno ha infatti mai visto un bel niente. Ma è
possibile che finora non ci siamo presi la briga di puntare i satelliti astronomici
su Alpha Centauri per tentare di carpire qualche informazione pertinente?
Troppo vicina?
Fig. 108. La costellazione del
Centauro.
Incredibile ma vero! Anche il nostro sistema solare di quando in quando
diventa un “Transformer”, a seconda delle mode del momento o forse per
necessità degli Enti Spaziali di ottenere finanziamenti governativi. Tra gli ultimi
aggiornamenti (fine 2007 ed inizi 2008) possiamo annoverare le centinaia, se
98
non migliaia, di pianeti adatti alla vita spuntati dal nulla! Citiamo testualmente
le parole di Alan Stern della NASA: “La vecchia visione del Sistema Solare con
nove pianeti (nove? n.d.a.) potrebbe cambiare ed essere soppiantata da una
nuova che ha centinaia di pianeti, se non migliaia all’interno del nostro
Sistema Solare. Molti potrebbero essere mondi ghiacciati, altri rocciosi e altri
ancora potrebbero avere la stessa massa della Terra. Anche nella Nube di Oort
potrebbero esserci oggetti che hanno la stessa massa del nostro pianeta, ma
sarebbero pianeti congelati”.
Di per se il ragionamento non è strettamente errato. Tuttavia si tratta comunque
di un’affermazione sorprendente se pensiamo che dopo il recente declassamento
di Plutone (straordinario esempio di sistema geosincrono) a “pianeta nano”
saltino fuori queste “novità”. Senza contare che, per correttezza, la Nube di
Oort è tuttora un’ipotesi e non ci sono prove certe della sua esistenza (ma non è
certo questo il problema). Eppure, di colpo sono spuntati tantissimi fantomatici
pianeti adatti alla vita dappertutto e con tanto di etichettature “simili alla Terra”,
“piccole Terre congelate”, “gemelli”, “uguali” ecc. ecc. Non è un miracolo?
Evidentemente risulta piuttosto facile dire tutto ed il contrario di tutto. Perché
no? Trattandosi di stelle e pianeti relativamente lontani, chissà quando
riusciremo a raggiungerli per vederci chiaro. Ma, si sa, l’uomo è un sognatore
immaginifico per antonomasia.
99
Fig. 109. Diagramma HR. (credits Richard Powell)
100
APPENDICE 4
LE CLASSI SPETTRALI ED I SISTEMI PLANETARI
Nelle Università Americane si recitava una simpatica frase: “Oh, Be, A Fine
Girl. Kiss Me” come ausilio per ricordare le fondamentali 10 classi spettrali
delle stelle. Nel corso dei decenni tale classificazione è stata ampliata con
l’inserimento di ulteriori gruppi tra i quali la L, la T e le S, R, N. Ovviamente
queste ultime si riferiscono a stelle ancor più fredde e meno brillanti delle già
piccole nane rosse di classe M (come ad esempio le nane brune).
brune)
Il nostro Sole è di classe spettrale G2v, situato approssimativamente nell’area
centrale della sequenza principale. Gliese 581 e la stella di Barnard sono invece
stelle di classe spettrale M; quindi fredde, poco luminose e ricche di elementi
pesanti. Ammettendo
tendo che una stella, la cui evoluzione si svolga entro la
sequenza principale (vedi il diagramma HR), dovrebbe raggiungere la fase di
gigante rossa quando le riserve di idrogeno (trasformatosi tutto in elio) si
esauriranno. In questa nuova fase verrà sintetizzato
etizzato il carbonio dall’elio, ma si
verificherà pure un’espansione dell’astro tale da poter inghiottire e distruggere
qualsiasi ipotetico pianeta orbitante entro un raggio equivalente alla distanza di
Marte dal Sole. Al termine dello stadio di gigante rossa
ssa la stella collasserà
riducendosi infine a “stella degenere” (nana bianca). In altre circostanze,
qualora la massa dell’astro fosse superiore a quella del nostro sole, si avranno
maggiori probabilità che la sua fine sopraggiunga in modo violento dando
origine
rigine ad esplosioni catastrofiche (nova e supernova) collassando poi in stella
di neutroni (pulsar) o in buco nero. Poiché la maggior parte delle nane rosse
sarebbero vere e proprie mini-stelle
stelle c’è realmente da chiedersi come sia
possibile che un sistema solare analogo a quello di Gliese 581, avente un
pianeta posto presumibilmente alla distanza giusta per ospitare eventuali forme
di vita, possa esistere. Non è forse arrivato il momento di rimettere in
101
discussione tutte le nostre idee e teorie sulle quali abbiamo costruito l’intero
impianto cosmologico? Ultimamente, infatti, la nostra conoscenza intorno alle
nane brune è aumentata in modo considerevole. Probabilmente si tratta di
“stelle mancate” destinate ad un inesorabile raffreddamento, qualcosa di
intermedio tra una stella ed un pianeta gassoso. Tuttavia, alcune recenti
osservazioni starebbero fomentando un certo dibattito, poiché alcune di queste
nane brune sembrano brillare troppo considerate le ridottissime dimensioni.
_________________________________________________
APPENDICE 5
ALLA RICERCA DEI PIANETI EXTRASOLARI CON
LA SONDA NASA KEPLERO
Dopo un’attesa di oltre 13 anni, finalmente un telescopio spaziale dedicato
specificamente alla ricerca di pianeti extrasolari ha iniziato la sua missione nel
mese di marzo 2009. La novità interessante per questo strumento è la scelta
dell’orbita intorno al sole anziché alla nostra cara vecchia Terra. Poiché le
tecniche finora impiegate con i telescopi terrestri erano tutte, in un modo o
nell’altro, soggette alle interferenze prodotte dall’atmosfera, nello spazio
interplanetario sarà invece possibile raccogliere la debolissima luce di questi
ipotetici pianeti in modo diretto e senza distorsioni. I metodi di individuazione
messi a punto dagli astronomi nel corso di questi decenni si dividono
fondamentalmente in due categorie: variazioni della posizione della stella
centrale provocate dalla gravità del presunto pianeta oppure variazioni di
luminosità della stella quando il presunto pianeta attraversa il suo disco
apparente.
Il Satellite NASA Keplero monta uno specchio di 1,7 metri di diametro e
dispone anche di un sistema digitale a 95 milioni di pixel in grado di registrate
l’immagine di qualsiasi oggetto su cui il telescopio verrà puntato.
Come primo target Keplero sarà impiegato per scrutare un settore di spazio
ampio circa dieci gradi nella costellazione del Cigno per un totale di tre anni e
mezzo. L’obiettivo è quello di riuscire a controllare centomila stelle rilevando
le possibili attenuazioni di luminosità prodotte dal transito di eventuali pianeti.
Proprio nella zona designata ci sono già quattro dei 340 probabili corpi
planetari finora individuati, pertanto i sistemi ottici e digitali di Keplero
avranno una eccellente possibilità di essere calibrati attraverso l’osservazione
di questi oggetti.
102
Più che mai controverse sono le opinioni su questa – comunque – splendida
nuova stazione spaziale astronomica. Se da una parte le aspettative non
sembrano più rosee di quanto l’osservazione a Terra abbia finora offerto, di
parere nettamente favorevole sono invece gli addetti della missione
scientifica, tra i quali lo stesso dr. Alan Boss della Cornell University il quale
ha espresso apertamente il suo ottimismo al riguardo: “Fra quattro anni
potremo contare molte nuove Terre. Rimarrà tuttavia da scoprire se queste
sarebbero anche in grado di ospitare la vita”. La ricerca e l’individuazione di
nuovi corpi planetari richiederà infatti accurate verifiche anche da Terra per
raccogliere ulteriori conferme. Ed è questo un modo di ragionare saggio oltre
che prudente. Ad ogni modo, Keplero possiede caratteristiche tali da
consentire di scendere nella taglia di pianeti simili nelle dimensioni al nostro
pianeta. L’esplorazione di Keplero costituirà certamente un significativo passo
avanti nella xeno-planetologia. Dovremo comunque aspettarci sia ulteriori
controversie che le solite fantanotizie da parte dei Mass Media.
Il telescopio spaziale Keplero (credits NASA) www.torinoscienza.it
103
Il vettore con a bordo la sonda-telecopio Keplero (Credits NASA)
104
Fig. 111. Cosmogonia dell’origine della Via Lattea in un dipinto di Jacopo Tintoretto
105
OTTAVA CONTROVERSIA
UNIVERSO, SPAZIO-TEMPO ED
EXTRADIMENSIONI
A chi non è mai capitato di volgere lo sguardo al cielo in una notte limpida e
serena? Da tempi immemorabili l’uomo si interroga in merito all’origine
dell’Universo, cercando risposte esaustive che soddisfino le famose quattro
domande: “Chi? Come? Quando? Perché?” A tal proposito è rilevante notare
la netta differenziazione verificatasi tra le antiche cosmogonie e la moderna
cosmologia. Nonostante vi sia sempre stato un tentativo di quantificare in
termini umani la nascita e l’esistenza dell’Universo, anticamente era più
agevole partire dal “chi”. Oggi invece la Scienza preferisce evitare di
immischiarsi nelle questioni mistico-religiose. Eppure il confine è davvero
sottilissimo!
Dibattiti e contrapposizioni. Riguardo l’origine e l’evoluzione dell’Universo
abbiamo a disposizione tantissime opinioni e, per quanto possano risultare
gradite a taluni e sgradite ad altri, esse tutte fanno parte del nostro bagaglio
culturale. Se però volessimo sottoporle alla prova dello “spremiagrumi”,
riducendole in sostanza al succo, probabilmente arriveremo a due sole
conclusioni fondamentali:
1) L’Universo è una “macchina intelligente” ed ha avuto un Creatore.
2) L’Universo è una struttura che esiste in virtù di eventi casuali e non ha
avuto alcun Creatore.
Inoltre, i vari tentativi di pervenire a soluzioni “ibride” porteranno
inevitabilmente o da una parte o dall’altra. Non è, quindi, nostro compito stare
a dibattere sulle ragioni degli uni contro quelle degli altri anche perché,
trattandosi di un altro argomento più che mai controverso, si rischierebbe di
entrare dentro un vortice ideologico senza fine. Seguiremo invece un percorso
alternativo che probabilmente non sarà condiviso da tutti i Lettori, ma che ci
darà modo di riflettere su quanto il nostro Universo sia straordinariamente
efficiente e – piaccia o meno - “intelligente”.
Il punto della situazione. Nel XX secolo la contesa sull’origine
dell’Universo ha avuto principalmente due teorie antagoniste: quella dello
Stato Stazionario, proposta nel 1948 da Fred Hoyle, e quella del Big Bang
106
(nella sua formulazione originale). La teoria del Big Bang comunque partì
avvantaggiata soprattutto grazie alle già ben avviate e collaudate osservazioni
telescopiche (con l’utilizzo dei primi spettrografi) ed avvalorata poi nel 1929
da Edwin Hubble in virtù della scoperta del “red shift”.
Fig. 112. Ammasso di galassie (credits
NASA/JPL)
Fig. 113. Claudio Tolomeo e la sua
visione del Cosmo raffrontata al
profondo universo fotografato dal
Telescopio Spaziale Hubble
Fig. 114. Il Nel redshift le linee
spettrali tendono a spostarsi verso il
rosso, indicando che l’oggetto
osservato sembra in apparente
allontanamento.
Lo Stato Stazionario presuppone un Universo senza principio e senza fine:
anche espandendosi verrebbe creata di continuo della nuova materia che lo
manterrà eternamente stabile e costante. Il Big Bang invece presuppone che
107
l’Universo abbia avuto un principio (circa 13,7 miliardi di anni fa stando alle
ultime rilevazioni WMAP); tuttavia lascia il campo aperto per quel che
concerne il suo futuro e la sua possibile fine. Tra l’altro, oggi si pensa che
l’orizzonte osservabile non corrisponda esattamente alle dimensioni effettive
dell’Universo, stimate intorno a 50 - 100 miliardi di anni-luce. Naturalmente
la Teoria del Big Bang non avrebbe mai potuto spiegare e risolvere da sé
alcune “anomalie” scaturite dalle osservazioni visive. Oltretutto la scoperta
della Radiazione di Fondo (un emissione di onde elettromagnetiche costanti
ed omogenee a 3 gradi Kelvin) avvenuta nel 1963 e la più recente scoperta
dell’accelerazione dell’espansione hanno creato un mix di entusiasmo e
grande perplessità tra gli scienziati.
Fig. 11 5. Da
sinistra:
Edwin Hubble,
Albert Einstein,
Werner Heisenberg,
Marx Plank
Fred Hoyle,
Fortunatamente il XX secolo vide anche il fiorire della Fisica delle Particelle
con i suoi acceleratori lineari ed il contributo intellettuale di numerose menti
brillanti e geniali. Grazie a ciò si comprese da subito che la conoscenza dei
primi istanti dell’Universo avrebbe richiesto un approccio non solo basato
sull’osservazione del Macrocosmo, ma (e soprattutto) sull’esplorazione del
Microcosmo. Vediamo alcuni contributi pratici della Fisica Teorica applicata
all’Astronomia:
1) Si comprese che la velocità della luce rappresenta un limite invalicabile
per la materia ordinaria.
2) La Relatività di Einstein. Essa presuppone uno spazio-tempo legati, ma
alterabili dalla forza di gravità; pertanto, a seconda del sistema di
riferimento adottato, lo spazio ed il tempo possono apparire diversi fino
108
3)
4)
5)
6)
alla curvatura estrema, con tempo = 0 (o infinito, a seconda della
prospettiva).
Le leggi della termodinamica (non strettamente legate alla Fisica Teorica,
ma preziose in cosmologia) permisero di stabilire che l’Universo, se fosse
veramente in costante espansione, morirebbe di freddo e tenderebbe al
caos (entropia).
Il principio di indeterminazione di Heisenberg e la meccanica
quantistica aprirono le porte ad una nuova concezione dell’Universo
basata sulle probabilità. In sostanza l’Universo avrebbe potuto nascere o
non nascere, oppure evolversi in un modo o in un altro; le leggi fisiche
costituirebbero dei pilastri base dove tutto, al loro interno, non sarebbe
totalmente prevedibile, ma in balia della casualità.
La Teoria delle Stringhe. Essa è conosciuta ormai da parecchi anni come
approccio alternativo per la comprensione della natura di spazio, tempo,
materia ed energia. Questa curiosa teoria sostiene che in realtà tutto
l’Universo (compresi lo spazio ed il tempo) sarebbe costituito,
nell’essenza, da “stringhe” o “brane” vibranti su circa 11 dimensioni
(versione a supersimmetrie) o 26 dimensioni (versione bosonica). In
pratica la realtà nella quale viviamo potrebbe essere solo la frazione di
qualcosa di smisurato, formato da infiniti universi aventi ciascuno le
proprie leggi fisiche.
La Teoria Inflativa. Proposta come “soluzione” per colmare le
incongruenze della Teoria del Big Bang standard, essa consentì (entro
certi limiti) di inquadrare in modo coerente sia la radiazione di fondo che
l’apparente accelerazione dell’espansione delle galassie.
Alla Teoria Inflativa furono successivamente affiancate sia l’Energia Oscura
in qualità di componente antigravitazionale, responsabile principalmente
dell’accelerazione nell’espansione dell’Universo, che la Materia Oscura,
quale costituente fondamentale dei buchi neri nei nuclei galattici. Ciò che oggi
gli scienziati possono “vantare” è di aver praticamente eliminato la necessità
di un Creatore dalla formazione dell’Universo. Le versioni più recenti delle
teorie quantistiche presupporrebbero infatti che l’Universo sia emerso
letteralmente dal nulla per cui, considerato che lo spazio ed il tempo
comparvero in quell’istante, non avrebbe senso domandarsi cosa ci fosse stato
prima. Viene allora spontaneo chiedersi cosa sia il “Nulla”.
109
Cos’è il Vuoto e cos’è il Nulla. Attualmente, grazie a potenti sistemi di
pompaggio, è possibile ottenere condizioni di vuoto vicinissime a pressione =
0 hPa (etto-Pascal), ma il vuoto assoluto non è stato ancora raggiunto. Nello
spazio intergalattico esiste solo qualche molecola per metro cubo. D’altra
parte, il vuoto quantistico presuppone una condizione di perfetto equilibrio
termodinamico tra vuoto e particelle elementari; tuttavia, poiché nel nostro
Universo il vuoto perfetto, abbiamo detto, non esiste, c’è sempre la possibilità
che particelle cosiddette “virtuali” compaiano e scompaiano in continuazione,
specialmente in quelle regioni dove avvengono fenomeni particolari (ad
esempio vicino ai buchi neri). Il Nulla, invece, è quasi inconcepibile a livello
mentale; se nonché un piccolo esercizio di immaginazione visiva potrebbe
aiutarci. Proviamo allora a focalizzare uno spazio vuoto di forma cubica con
ben marcati tutti i 6 lati a,b,c,d,e,f (figura 116); adesso facciamo scorrere il
nostro cubo su una linea avente il verso rivolto alla nostra destra t1→. Ora,
pezzo per pezzo, iniziamo a smembrare il cubo seguendo una precisa logica:
prima l’altezza; poi la lunghezza; infine la profondità. Eccolo qui il Nulla, o
quasi. Esiste ancora il vettore t1→ che rappresenta il tempo. Togliamo anche
quest’ultimo ed avremo finalmente ottenuto il Nulla! Dal momento che lo
spazio tridimensionale esiste in virtù del tempo lineare, il Nulla potremmo
definirlo (per noi) come “assenza dello Spazio e del Tempo”. Quindi, anche lo
spazio-tempo in effetti è un qualcosa che, diciamo, ha una sua consistenza (si
pensi all’energia del vuoto).
Fig. 116. Il cubo
potremmo definirlo
anche “ripiegatura di
uno spazio aperto
bidimensionale”. Il
vettore t1→
rappresenta lo
scorrimento
unidirezionale del
tempo.
Straordinario è il fatto che nelle Teoria Inflativa le particelle virtuali si fanno
beffe persino del Nulla, apparendo e scomparendo continuamente, tant’è vero
che esse sarebbero i mattoni stessi dell’Universo. Però, nello spazio ordinario
le particelle virtuali riescono comunque ad apparire e scomparire liberamente,
110
mentre prima del Big Bang ciò non era consentito. Pertanto la conclusione
dovrebbe essere ovvia: in mancanza di spazio e tempo l’unica soluzione
plausibile sarebbe stata la comparsa e scomparsa in un solo punto di spazio e
tempo delle suddette particelle virtuali, per cui esse avrebbero trovato un solo
passaggio verso l’esistenza definitiva, sommandosi l’una sull’altra fino al
raggiungimento della soglia critica di densità = infinito.
Una babele cosmologica. Nessuno è in grado di affermare con sicurezza
come e quando l’Universo abbia fatto la sua comparsa; tolte alcune evidenze
tutto il resto è parte della pura speculazione più o meno scientifica. Non si sa
bene fino a che punto l’Universo inflativo rimase connesso e quando iniziò a
diversificarsi così da generare le disomogeneità necessarie alla formazione
degli elementi conosciuti, di stelle e galassie. Tuttavia, in una cosmologia
basata sulla meccanica quantistica e l’indeterminazione, tale dato potrebbe
non essere poi così rilevante in quanto rappresentativo solo di un insieme di
probabilità contro altre (attenzione: in realtà ha importanza). Sostanzialmente
l’Universo avrebbe potuto semplicemente collassare da subito o strapparsi.
Invece è accaduta la cosa più straordinaria: la giusta taratura delle quattro
forze fondamentali (gravità, elettromagnetismo, interazione nucleare forte e
interazione nucleare debole). Non esiste ancora una spiegazione definitiva a
quanto appena descritto!
Fig. 117. Il nostro Universo
racchiude un incredibile mix
di ordine e gioco delle
probabilità.
Altro acceso dibattito della cosmologia riguarda la presenza ed influenza dei
buchi neri. Poiché si suppone siano veri e propri mostri gravitazionali capaci
di risucchiare qualsiasi cosa, si ritiene che tali oggetti (prodotto di morte
stellare o nati agli albori dell’Universo quali motori delle galassie) possano
collegarci con altri universi paralleli. Come sostiene il celebre scienziato
111
inglese Stephen Hawking, la materia cadendo nella “singolarità” ripercorrerà
il tempo a ritroso fino ad annullarsi, divenendo essa stessa la base di nuovi
ipotetici Big Bang. Tale pensiero farebbe dunque supporre che il nostro stesso
Universo sia nato grazie ad uno di questi passaggi di particelle elementari
provenienti da chissà dove, senza poi tralasciare un’ulteriore peculiarità dei
buchi neri: i “wormhole”, tipicamente delle “scorciatoie” tra differenti regioni
del medesimo universo (ponte di Einstein-Rosen).
Quanto finora detto lascia interdetti perché già non si riesce a capire se
l’Universo è realmente nato dal nulla oppure come “regalo” di altri universi;
di conseguenza, accettando come plausibile il labile equilibrio dato dalla
costante di Hubble, viene ancor più difficile stabilirne l’evoluzione futura e la
fine. Difatti, anche su questo fronte di ricerca piovono ipotesi da ogni dove; le
più conosciute vertono su ulteriori contrapposizioni tra un probabile Big
Crunch (collasso), un possibile Big Rip (strappo) e chissà che altro.
Fig. 118. Uno dei più accesi e affascinanti dibattiti cosmologici verte sulla natura dei
buchi neri e sulla loro capacità di alterare lo spazio-tempo, divenendo scorciatoie
oppure fine di tutto.
112
Fig. 119. Secondo alcune varianti delle moderne teorie quantistiche vi sarebbero
uguali probabilità che nuovi universi nascano quando la materia raggiunge la fine
del tempo rispetto ad altri che non riusciranno a formarsi.
A caccia di altre soluzioni. Con il massimo rispetto verso i cosmologi ed il
loro prezioso lavoro, potremmo tentare un percorso alternativo nel vero senso
della parola. Supponiamo che il nostro Universo fosse nato da un “Nulla
Relativo” non attraverso il Big Bang inflativo, ma aprendosi a spirale e
possedendo già le leggi fisiche adatte alla formazione di stelle e galassie. In
questo contesto sia l’idea del cosiddetto “buco bianco” iniziale che le
particelle “virtuali” e persino le stringhe vibranti calzerebbero alla perfezione.
Fig. 120. Piuttosto che un
big bang inflativo
l’universo potrebbe essere
nato con tutte le sue
proprietà e leggi fisiche
seguendo un andamento
ciclonico.
113
Va sottolineato che nel nostro spazio il tempo è unidirezionale e le leggi della
termodinamica, unite al principio di indeterminazione di Heisenberg,
impedirebbero l’inversione temporale (sappiamo che su tale dettame esistono
pareri molto contrastanti). Tuttavia le extra-dimensioni postulate dalla teoria
delle Stringhe ci aprono le porte del “Paese delle Meraviglie”. Intanto
rammentiamo che uno dei punti cardine di questa bizzarra teoria sostiene che
le particelle elementari sarebbero costituite da brane vibranti; pertanto la
nostra materia avrebbe, nel complesso, una sua frequenza grossomodo come
accade per le onde elettromagnetiche. Ci troveremmo però un grosso
problema da risolvere, ovvero come spiegheremo l’apparente espansione
dell’universo e la sua evidente accelerazione in una cosmologia non- inflativa.
La Grande Voragine spaziale. In realtà una soluzione potrebbe arrivare
grazie alla recente scoperta, avvenuta nell’agosto 2007, di un enorme
“voragine” nello Spazio. Tale “buco” sarebbe esteso circa 900 milioni di anni
luce e si troverebbe ad una distanza compresa tra 6 e 10 miliardi di anni luce
dalla Terra. Il dr. Lawrence Rudnick dell'Università del Minnesota (Usa),
nonché autore della scoperta, disse che “non solo non è mai stato trovato un
vuoto tanto grande, ma nessuna ipotesi sulla struttura dell'Universo lo aveva
previsto". A quasi due anni dalla scoperta, peraltro una delle più importanti
mai avvenute nel campo della cosmologia, dobbiamo purtroppo notare che
sembra tutto caduto nel silenzio. Eppure, si noti cosa disse la dr. Laura
Mersini-Houghton dell'Università del North Carolina a Chapel Hill (Usa): "E'
l'impronta indelebile di un altro universo che sta oltre il nostro". La “macchia
fredda” fu captata dal telescopio spaziale WMAP, ma il dr. Rudnick volle
osservarla attraverso il sistema VLA scoprendo come da quella regione la
radiazione di fondo si interrompeva indicando una totale assenza di materia.
La dr. Mersini-Houghton continua: "Quando il nostro Universo si formò
doveva interagire con gli altri Universi vicini. E quel buco è proprio il
risultato di quell'interazione avvenuta subito dopo la nascita del nostro
Universo che da allora, per le caratteristiche che esso possiede, continuò ad
espandersi. Purtroppo non ci è possibile osservare ciò che ci arriva dai
confini dell'Universo, che si trova tra 42 e 156 miliardi di anni luce da noi e
quindi non possiamo vedere ciò che c'è oltre il buco". Ed ecco un’altra
interessante affermazione del dr. Rudnick: "Le teorie correnti suggeriscono
che tutte le strutture che oggi vediamo nell'Universo presero forma all'inizio
del tempo e dello spazio. La struttura vera e propria fatta di vuoti e
agglomerati di materia, poi, è cresciuta nel tempo guidata dalle forze
gravitazionali".
114
A parte le ipotesi a valanga subito proposte per tentare di spiegare il perché
del buco fatto di nulla, la dr. Mersini-Houghton si appellò proprio alla teoria
delle Stringhe in quanto sembrava quella che più si adattava alla scoperta. In
pratica, esisterebbero un numero di Universi pari a 1^500 (1 seguito da 500
zeri!). Poiché nessun attuale modello teorico sull’origine dell’Universo
contempla un simile “buco”, e tenuto conto che la scoperta avrebbe il
potenziale per mettere in discussione tutta la moderna cosmologia, rimane ora
da capire se, effettivamente, la “voragine” si potrebbe applicare a contesti
alternativi.
In tal caso è plausibile che essa rappresenti (almeno in linea teorica) un
remoto punto di emissione dell’energia necessaria ad aprire il nostro spaziotempo. Quindi avremmo un ulteriore indizio a favore del “buco bianco” ad
apertura ciclonica dal quale scaturì un tipo di energia che diede origine alla
forza di gravità, l’elettromagnetismo, l’interazione nucleare (forte e debole) e
di tutta la materia conosciuta. E così la radiazione di fondo non è detto che
debba per forza considerarsi l’impronta residua di un violento Big Bang
inflativo, sebbene sia un’ipotesi da tenere in alta considerazione.
Un fatto è abbastanza chiaro: per quanto si cercherà di vedere sempre più
distante nel profondo Universo, osservarne la nascita rimarrà probabilmente
un sogno a tempo indefinito; basti pensare a come – solo nel corso degli ultimi
100 anni – l’età presunta dell’Universo sia cambiata a più riperse: da 20
miliardi di anni si è scesi poi a 18, poi a 15 ed ora a 13,7 miliardi di anni.
Fig. 121. L’universo non
si espande, ma ruota. Le
spire sono aperte a tal
punto che ovunque
guardiamo avremo
sempre l’impressione di
vedere le galassie in
apparente
allontanamento. In realtà
la velocità di rotazione
aumenta col crescere
della distanza.
Addirittura, verso il 1988 uno studio stranamente caduto nell’oblio effettuato
su sorgenti luminose lontanissime indicava una distanza di tali oggetti stimata
intorno a 25 miliardi di anni luce. Il commento espresso dai ricercatori fu che
115
“avevano l’aspetto di normalissime galassie già formate e non allo stadio
primordiale”. Qualche anno dopo, nuovi studi realizzati grazie alle prime
spettacolari immagini ottenute dal Telescopio Spaziale Hubble capovolsero la
situazione e saltarono fuori stime dell’età dell’Universo inferiori a 10 miliardi
di anni. Non solo. I dati raccolti offrirono già allora (a metà anni 90 del secolo
scorso) nuovi spunti per ridiscutere la validità della teoria del Big Bang e si
pensò che l’Universo “sembrava muoversi in una specie di fiume cosmico”
piuttosto che espandersi. Naturalmente sia le stime che le idee controverse
furono in seguito “corrette” e rimesse a posto all’interno delle teorie standard.
Fig. 122. Secondo la
Teoria delle Stringhe
la materia e lo spaziotempo sono
manifestazioni di
brane vibranti su 11
dimensioni (versione a
supersimmetrie).
Universo, Stringhe ed Extradimensioni. Visto che la teoria delle Stringhe
sta cominciando ad acquistare maggior peso rispetto al passato, sarebbe
interessante, dunque, provare a gettare qualche ipotesi su alcune caratteristiche
delle extra-dimensioni postulate dalla teoria. Il nostro spazio possiede 4
dimensioni: A,L,P ed il tempo lineare t1→, ma poiché i fisici sanno che, nel
dominio subatomico, certe particelle avrebbero la proprietà di muoversi a
ritroso è plausibile che esista una dimensione di tempo invertito t2←. Adesso
immaginiamo di percorrere lo spazio-tempo ordinario in modo perpendicolare
alla doppia linea del tempo t1→ e t2←. Questo nuovo vettore, che
chiameremo t3↑, ci permetterà di esplorare l’Universo in modo
“probabilistico” in quanto la linea di tempo non scorrerà in senso parallelo, ma
in modo trasversale al tempo ordinario. In altre parole potremmo sperimentare
infinite varianti del medesimo spazio-tempo di universi paralleli. Non ci resta
che chiudere il cerchio immettendo la controparte della linea perpendicolare,
cioè t4↓ la quale, appunto, scorrerà all’inverso di t3↑ (figura 123).
116
Fig. 123. Rappresentazione
prospettica delle 4 dimensioni
temporali. La loro
sovrapposizione può generare
infiniti continuum di tempo e
spazio.
Quali sarebbero le possibilità offerte da quattro basilari dimensioni di tempo?
Ebbene, connettendo i vettori t1→ t2← t3↑ t4↓ in modo da formare un
incrocio convergente in t0 otterremo l’equivalente di un grafico a valori
positivi e negativi ai quali associare 7 punti per tracciare le coordinate
(aggiungendo ovviamente le 3 dimensioni dello spazio solido) di un qualsiasi
universo analogo al nostro. Qualora riuscissimo a manipolare lo spazio-tempo
attraverso una simile strutturazione dimensionale saremmo in grado di definire
infiniti universi non solo paralleli, ma anche trasversali o, addirittura, invertiti
fra loro. Infatti i 4 vettori possono ruotare a 360° passando sempre dal punto
t0 ed estendendosi in avanti: le combinazioni sono letteralmente infinite. A
rigor di termini però il punto t0 non è detto che debba essere lo stesso per tutti
gli universi; ne consegue che il grafico di figura 124 potremmo trasformarlo in
ipersfera.
Ad ogni modo, il nostro Universo equivarrà ad un “insieme di stringhe
codificate e tarate su uno specifico segmento vettoriale di spazio-tempo”.
Qualsiasi altro universo sarà, a sua volta, dotato delle proprie coordinate
dimensionali impresse sulle rispettive stringhe costituenti la propria materia e
il proprio spazio-tempo. Inoltre, potrebbero esistere persino universi con più
di 4 dimensioni aperte nei quali, per esempio, un ipotetico abitante avrebbe la
capacità di raggiungere qualsiasi distanza in modo istantaneo. Nella teoria
delle Stringhe, comunque, le extradimensioni in genere sono considerate
ripiegate o chiuse come nel caso degli spazi di Calabi-Yau (oppure il nostro
spazio-tempo viene ritenuto “bloccato” rispetto alle altre dimensioni).
117
Fig. 124. Grafico
bidimensionale con valori
positivi e negativi per il
tempo a 4 dimensioni. E’
possibile definire infiniti
universi alcuni dei quali
vicinissimi tra loro, altri
trasversali o opposti.
Forse accanto al nostro ne
esistono più di uno appena
“sfasati” rispetto a noi.
E che dire della forza di gravità? Nonostante le affascinanti controversie
tecniche sollevate tra la teoria della Gravità Quantistica a Loop, la Relatività
Generale e la teoria delle Stringhe, potremmo collocare la forza di gravità
nell’ambito della cosiddetta energia del vuoto o meglio all’energia di punto
zero. Attualmente i Fisici stanno lavorando assiduamente per confermare
l’esistenza dei “gravitoni” e del “Bosone di Higgs” (detto anche “particella di
Dio”) in quanto si suppone che la gravitazione agisca nel macrocosmo
mediante qualche tipo di particelle non ancora ben conosciute. A questo punto
non ci resta che immaginare lo spazio-tempo come una smisurata brana
vibrante aperta su 3 dimensioni fisiche (più una del tempo) e tenuta in
equilibrio termodinamico dal costante flusso di particelle (o stringhe?)
costituenti l’energia di punto zero (la forza di gravità), responsabili inoltre
dell’apparente espansione in accelerazione dell’Universo, in realtà una
struttura ciclonica rotante le cui spire dovrebbero essere molto aperte.
Sarebbe straordinariamente fantastico poter riuscire ad osservare l’Universo
da un contesto multidimensionale! Probabilmente la sua formazione e il suo
futuro non ci apparirebbero più così ostici. Ammettiamo che prima della
comparsa dell’Universo le nostre coordinate spazio-temporali fossero state
chiuse (il Nulla in senso relativo) e supponiamo che, come sostiene Stephen
Hawking, i buchi neri rappresentino davvero il punto di “fine del tempo e
dello spazio”, allora è plausibile che la materia, quando cadrà nelle singolarità
del buco nero, tornerà esattamente al punto d’origine. Pertanto il nostro
Universo sarà figlio del suo stesso futuro in quanto la materia, essendo
calibrata a specifiche coordinate, non potrà passare verso altri universi,
nemmeno a quelli più prossimi al nostro, ma tornerà solo al punto di nascita di
se stesso, dando origine ad un ciclo chiuso. Probabilmente durerà in eterno e,
grazie a ciò, esisterà esattamente la quantità di materia giusta e necessaria alla
118
sua formazione. E’ interessante notare come la recentissima teoria proposta
dall’astrofisico cinese Wun-Yi Shu della National Tsing Hua University di
Taiwan avvalora tantissimo la nostra. Egli ha postulato che l’Universo non
avrebbe avuto bisogno di un Big Bang, quindi nessun inizio e nessuna fine,
ma solo costante evoluzione. Inoltre massa, materia e spazio si potrebbero
convertire l’uno nell’altro. In effetti, rileggendo attentamente le nostre
considerazioni, tale “conversione” sarebbe quasi inevitabile.
Fig.125. Anche se la voragine
cosmica fosse il residuo dell’inizio
dell’Universo non saremo mai in
grado di vederne la nascita perchè
l’evento è collocato al di là dei limiti
di spazio-tempo a noi visibili.
Fig. 126. La forza di gravità potrebbe essere un tipo di energia del vuoto quantistico
la quale subirà una deflessione ogni qualvolta si frapponga un oggetto dotato di
massa M, generando le geodetiche della curvatura spazio-tempo. In altre parole,
nessun oggetto dotato di massa M (e densità) possiede in se un campo gravitazionale
e nemmeno lo genera. L’energia di punto zero in questo caso permea tutto lo spazio
ed ogni cosa vi è immersa. Da non confondere però con l’obsoleta idea dell’etere.
119
Fig. 127. Anziché alimentare altri universi, la materia “calibrata” del nostro
universo torna al punto d’origine quando cade nei buchi neri. In questo caso
l’universo sarà figlio di se stesso e del suo futuro. Inoltre sarebbe ancora connesso:
un solo buco bianco iniziale, ma moltissimi buchi neri.
Può darsi che le elucubrazioni qui esposte potranno suscitare qualche allegra
risata, oppure far cadere un po’ il velo di mistero dei buchi neri con i loro
wormhole e ponti di Einstein-Rosen. In ogni caso, più che nello stiramento
gravitazionale dello spazio-tempo è nelle brane vibranti che forse troveremo il
segreto per passare da un universo all’altro. Il buco nero, abbiamo detto,
riporta il tempo e lo spazio al momento della loro medesima comparsa, mentre
nelle stringhe vibranti potremmo scoprire la chiave (le coordinate) per
immetterci in altri spazi paralleli o d’altro tipo, solo se riusciremo a
manipolarle e modificarne la frequenza. La dr. Mersini-Houghton ed il dr.
Rudnick però avevano entrambi messo in relazione la “Voragine Spaziale”
con la nascita dell’Universo e l’interazione tra il nostro ed altri spazi paralleli.
Non è un controsenso rispetto a quanto esposto in questi paragrafi? No perché
l’interazione tra Universi probabilmente avviene in modo indiretto e
dall’esterno, in quel luogo dove tutte le dimensioni possibili ed immaginabili
convergono.
120
Dunque, persino la teoria inflativa potrebbe assumere una sua logica se
applicata ad un contesto multidimensionale nei quali gli spazi-tempi e
l’energia di punto zero (ovvero la forza gravitazionale) hanno la priorità.
Successivamente, dalle fluttuazioni di quella energia iniziale in ciascun
universo, comparvero sia la materia che le altre forme di energia.
Fig. 128. Il celebre scienziato
Stephen Hawking ha messo in
relazione materia, spazio e tempo
con i buchi neri e gli universi
paralleli. Il big bang sarebbe in
pratica una delle infinite probabilità
evolutive di un universo.
Se realmente il “buco fatto di nulla” fosse in qualche modo collegato con la
nascita dell’Universo, questo potrebbe suggerirci ulteriormente che l’uomo,
anche utilizzando le migliori tecnologie per scandagliare il profondo spazio,
non sarà mai in grado di superare un certo limite di distanza e di tempo da
poter vedere l’inizio di tutto. Forse la nascita dell’Universo è situata molto
oltre tale limite per cui oggi vediamo, praticamente, un’enorme “ciambella
rotante” vuota ed immobile al centro, ma dotata di movimento sempre più
accelerato verso i bordi esterni. Ragion per la quale non sarà mai possibile
stabilire con certezza se la materia che precipita dentro ai buchi neri andrà ad
alimentare nuovi universi, uscirà in altre parti del nostro oppure tornerà
(meglio dire tornò) al luogo d’origine, sebbene noi lo pensiamo e ne siamo
convinti. E benché ci siamo spinti verso l’ipotesi dell’Universo “ciambella
rotante” non possiamo comunque pretendere di affermare con certezza che la
“voragine” ne rappresenti davvero il centro; anche perché si dovrebbe - in
qualche misura - poter distinguere una convergenza dell’espansione intorno ad
essa. Forse è così, ma occorrerà cambiare il modo in cui osserviamo tale
“espansione”. Oppure può darsi che esistano veramente più “voragini” con
intorno altri sistemi di galassie.
Certo si tratta di argomenti affascinanti e indubbiamente situati al di fuori
della nostra esperienza di vita quotidiana, ma decisamente aperte alla
possibilità che esistano forme di vita a noi simili (o superiori) in altre realtà
invisibili. Ci conforta proprio il sapere come questa consapevolezza abbia in
121
un modo o nell’altro accompagnato sempre l’uomo sin dalla notte dei tempi,
anche se purtroppo la Storia dell’Umanità è piena di pagine molto tristi. Che
cos’è dunque l’Universo? Probabilmente la più straordinaria e incredibile
opera di Architettura ed Ingegneria Informatica che si possa immaginare.
APPENDICE 6
THOMAS C. VAN FLANDERN
Nato nel 1940 e scomparso il 9 gennaio del 2009, Van
Flandern conseguì il dottorato in astronomia nel 1969 alla
Yale University. Appassionato sin dalla giovane età di
materie attinenti allo Spazio, vi dedicò tutta la sua vita.
Nel 1991 inaugurò la Fondazione “Meta Research”
(www.metaresearch.org) che diresse con grande passione
fino all’ultimo.
Tom Van Flandern è stato un ricercatore controverso dal punto di vista
scientifico a motivo delle sue ipotesi in campo cosmologico. La “Deep
Reality Physics” ne è un esempio notevole: trattasi fondamentalmente di una
serie di principi scientifico-filosofici che presuppongono la propagazione
delle forze e dei campi gravitazionali ad una velocità maggiore della luce
(“speed of gravity”). Anche le sue idee circa la presenza di strutture artificiali
su Marte lo resero piuttosto impopolare presso la Comunità Scientifica.
Ciò nonostante, l’Autore di questo libro conserva un bel ricordo del dr. Van
Flandern con il quale ebbe modo di conferire via email, nel 2004, su alcuni
dei “temi caldi” di Marte. Tra l’altro, a quel tempo il portale Pianeta
Marte.net teneva il logo di Meta Research sulla propria homepage.
Benché col passare del tempo Pianeta Marte.net ha maturato un maggior
senso di pragmatismo e si è in parte distaccato da certe vedute troppo
possibiliste, non ha mai perso l’apprezzamento verso la gentilezza e la
disponibilità mostrate dal dr. Van Flandern. Inoltre, l’ipotesi di “Marte
satellite di un antico pianeta esploso” ha contribuito sotto certi aspetti allo
sviluppo della “Teoria dell’Antico Sistema Binario Terra-Marte” portata
avanti sin dal 2004 dall’Autore di questo libro nelle pagine di Pianeta
Marte.net.
122
Fig. 130. Gustave Doré (1832-1883), La fuga di Lot da Sodoma.
Sodoma Incisione per
l'edizione del 1866 della Bibbia.
123
NONA CONTROVERSIA
UNA FETTA DI MARTE SU SODOMA E GOMORRA?
Non si può certo negare che la domanda facente da titolo a questo capitolo sia,
per certi aspetti, alquanto provocatoria. Generalmente, chi considera la Bibbia
un insieme di simpatiche storielle per bambini, oppure un ammasso di miti e
fantasie, non avrà certo molte difficoltà a liquidare qualsiasi tentativo volto
invece ad avvalorarne l’attendibilità: “sono leggende e non c’è niente a cui dar
credito”. Ma esiste anche l’altra faccia della medaglia, composta da coloro che
per ogni parola letta si fanno 25 volte il segno della croce e poi, non ancora
contenti, a fine lettura recitano 50 volte l’avemaria e l’atto di dolore.
Naturalmente ci scusiamo per l’atteggiamento leggermente sarcastico che si
evince nel nostro prologo, ma lo scopo era solo quello di definire da subito le
due tipologie “estreme” a cui sconsigliare di perdere tempo a leggere il
presente capitolo e i prossimi due. D’altro canto, le persone ragionevoli e
dotate di mente aperta siamo sicuri che stravincono in numero. Chiarito il
punto (scusandoci ancora) andiamo al sodo.
Fig. 131. L’asteroide 243 Ida
Tutte e tre le immagini sono credits
NASA
Fig. 132. L’asteroide Eros
Fig. 133. L’asteroide Dactyl
124
Cosa sono i N.E.O. Esiste una categoria di oggetti cosmici denominati con il
termine “N.E.O.”. Cosa sono? Ebbene, si tratta dei “Near Earth Objects”, una
numerosa schiera di asteroidi, comete e frammenti vari che “svolazzano” nello
spazio pressoché vicino alla Terra (ivi compreso il famigerato asteroide
Apophis). Oltre ai N.E.O. abbiamo anche una succosa lista di presunti
meteoriti provenienti da Marte e caduti sulla Terra in varie epoche. Forse, ai
Lettori più arguti e perspicaci non sarà di certo sfuggito il sottinteso che tra i
N.E.O. ed i presunti meteoriti marziani precipitati sul nostro pianeta potrebbe
intercorrere un qualche legame di “parentela”. E magari, volendo andare fino
in fondo, qualche Lettore dotato di speciale acume potrebbe aver accarezzato
l’idea che la provenienza di quasi tutti i N.E.O. sarà la medesima dei meteoriti
ritrovati: Marte appunto!
Perché no? Tutto sommato il discorso può anche risultare al limite credibile e
ragionevole. In definitiva stiamo parlando di pianeti e di frammenti vaganti
facenti parte dello stesso sistema solare, oltretutto (riferendoci alla Terra e a
Marte) nemmeno poi così distanti fra loro. Siamo inoltre convinti che il
numero di frammenti di Marte caduti sulla Terra potrebbe essere molto
elevato; non solo sassolini, ma veri e propri colossi sepolti e ormai
irriconoscibili perché completamente metabolizzati dall’ambiente terrestre.
Cosa c’entrano però la Storia Biblica e le antiche città di Sodoma e Gomorra
in tal contesto?
Argomento controverso. Dal momento che il tema degli impatti con
asteroidi, comete e meteoriti di varia grandezza rientra a pieno titolo
nell’ambito della scienza ufficiale, oltre che nelle speculazioni di molti
“profeti” e ricercatori indipendenti, dobbiamo giustamente renderci conto che
le evidenze di passate catastrofi provocate da eventi violenti non sono poi così
inaccettabili. Ovviamente si può condividere o meno una determinata
interpretazione geologica, cronologica ecc. ma, a prescindere dalle consuete
controversie, qualcosa nel nostro passato ha lasciato dei chiari segni.
Tornando ai frammenti di Marte, negarne l’evidenza oggettiva (peraltro ben
documentata) sarebbe indicativo di cecità intellettuale. Il punto nodale è: cosa
intendiamo esattamente con il termine “passato”? Ci riferiamo ad epoche
remote e perse nella notte dei tempi oppure ad epoche recenti, addirittura
storiche? Questo capitolo ed i prossimi due andranno proprio a toccare alcune
tra le note dolenti più fastidiose della nostra cultura: le catastrofi, la fine del
mondo e il temuto anno 2012. Ovviamente con tutte le annesse pieghe
psicologiche possibili ed immaginabili.
125
Fig. 134. Secondo i calcoli
effettuati dai tecnici della
NASA, l’asteroide Apophis
dovrebbe sfiorare la Terra
nel mese di aprile del 2036.
Nonostante si sostenga che
le probabilità di impatto
siano scarsissime resta
comunque il dubbio. E’
possibile deviarne l’orbita
prima che si avvicini
troppo?(credits NASA)
Sodoma e Gomorra. La storia delle città di Sodoma e Gomorra è narrata
nella Bibbia, precisamente in Genesi capitoli 18 e 19. Come sostiene il
racconto, esse furono distrutte da Dio (il cui nome è Yahweh nella forma
ebraica) fondamentalmente a motivo della depravazione degli abitanti.
Tuttavia non sarebbe da escludere che, oltre alla depravazione sessuale, in
quelle città fossero in corso attività pericolose di cui non siamo a conoscenza.
Al di là delle innumerevoli speculazioni che potremmo avanzare, rimangono
comunque alcuni dati salienti di tutto rispetto:
1)
2)
3)
4)
5)
la loro distruzione non fu accidentale;
non fu indiscriminata, bensì selettiva;
aveva un preciso movente;
fu eseguita attraverso elementi naturali di origine extraterrestre;
fu eseguita da esseri intelligenti di provenienza non terrestre.
In merito a questo episodio ci sono svariate correnti di pensiero le quali
propendono verso l’ipotesi “ETH” intesa proprio nel senso lato del termine:
alieni dotati di tecnologie aerospaziali e potenti dispositivi bellici, in attività
sul nostro pianeta. In realtà quello che dovrebbe far riflettere è, piuttosto,
l’estrema discrezione e umiltà mostrata dagli “uomini” venuti in visita presso
la casa di Abramo. Non solo agirono come “messaggeri”, eseguendo
fedelmente l’incarico che ricevettero da Dio (Yahweh), ma non mostrarono
mai un aria di saccenteria ed arroganza tant’è vero che, pur conoscendo molto
bene la depravazione degli abitanti di Sodoma e Gomorra, si esprimevano
come se dovessero verificare la situazione in prima persona. Ancor più
straordinaria fu la conversazione fra Abramo e uno dei tre “uomini” (gli altri
due erano già diretti verso le città incriminate). Si ragionava sull’imminente
126
giudizio che stava per abbattersi e Abramo, parlando al messaggero
rivolgendosi però a Dio, chiese se tale giudizio sarebbe stato eseguito
ugualmente anche in caso fossero stati trovati pochi esseri umani “giusti” (dai
50 iniziali si arrivò a soli 10!). L’esito della conversazione fa capire oltre ogni
dubbio che era tutto sotto controllo.
Extraterrestri? Ad ogni modo, il racconto biblico di Genesi capitoli 18 e 19
identifica i tre “uomini” definendoli “angeli” (un termine che tradotto in
italiano significa messaggero). Eppure essi mangiarono, riposarono e gli
vennero persino lavati i piedi! Non sembra indossassero particolari abiti
interpretabili come “tute spaziali” o “uniformi” di tipo militare, ma furono
semplicemente visti come normalissimi uomini dell’epoca. Quando gli
abitanti di Sodoma tentarono di violentare i messaggeri questi ultimi li
colpirono con la cecità temporanea. Se fosse stata usata un qualche tipo di
arma a fasci d’energia sui quei malintenzionati, avrebbero dovuto colpirli uno
ad uno; invece pare che la cecità fu istantanea e contemporanea per tutti, ad
indicare che il mezzo impiegato doveva essere ben diverso da una semplice
arma tecnologica. Inoltre, la Bibbia non ha mai negato che i messaggeri
angelici non siano di questo pianeta. Si comprende fin troppo bene che la loro
origine è extraterrestre e che il loro luogo di provenienza potrebbe essere
situato al di la del nostro spazio-tempo. Tuttavia vengono sempre descritti
come persone simili a noi, benché dotati di forza e intelletto superiori. Non
come “alieni”.
Fig. 135. La distruzione di
Sodoma (rappresentazione di un
mosaico risalente al XII secolo)
I fatti. Consideriamo ora la presunta ubicazione di queste città. Vi sarebbero
almeno un paio di ipotesi: la prima sostiene che esse erano situate sotto il Mar
Morto; la seconda sostiene che erano situate nei pressi del Mar Morto. Se la
prima ipotesi fosse la più corretta allora tutta quella regione dovrebbe
127
teoricamente essere di recentissima formazione, praticamente una vasta area
depressa che tocca quasi i 400 metri sotto il livello del mare! Un’altra
curiosità consiste nella grande abbondanza di depositi di sale, oltre al fatto che
le acque del lago (il Mar Morto) sono circa 10 volte più salate di quelle degli
oceani. Qualora il sale non ci fosse stato prima della distruzione delle città,
viene spontaneo chiedersi da dove arrivò e come.
Chi conosce il racconto biblico saprà che la
moglie di Lot, forse rimpiangendo la vita e le
cose che dovette lasciare, si voltò e divenne
una colonna di sale. Sarà vero? Sarà falso?
Beh, ognuno deciderà per se. Però quella
donna, evidentemente, fu letteralmente
investita e ricoperta da qualcosa che le cadde
addosso dal cielo, probabilmente la stessa
materia che colpì tutta quella vasta regione:
un’enorme bordata di meteoriti ricchi di
depositi salini.
Fig. 136. Il Mar Morto.
Un’altra suggestiva ipotesi ancora di stampo
“extraterrestre” sostiene che nel giudizio su
Sodoma e Gomorra vennero impiegate armi
nucleari. Ma, per quanto possa risultare
affascinate, essa non è supportabile per una
semplicissima ed ovvia ragione: quando Lot
fu allontanato con la forza da Sodoma, egli
chiese di poter scegliere il luogo dove andare,
praticamente la vicina città che fu chiamata
Zoar. Nel caso fossero stati fatti esplodere
ordigni nucleari le radiazioni avrebbero di
certo distrutto, o gravemente danneggiato,
qualunque forma di vita nel raggio di
moltissimi chilometri. Lot e la sua famiglia
sarebbero comunque morti! Inoltre la
contaminazione radioattiva avrebbe reso tutta
quella regione inabitabile per decenni, se non
per secoli. Invece la vita rifiorì di li a poco.
Una possibile spiegazione. Come spiegare dunque l’enorme cambiamento
avvenuto in quella regione? Ebbene, nel capitolo 14 di Genesi si dice che il
Bassopiano di Siddim era pieno di pozzi di bitume e, guarda caso, quell’antica
128
regione corrispondeva esattamente a ciò che in seguito divenne il Mar Salato.
Il bitume è un tipo di idrocarburo solido che, evidentemente, doveva essere
presente in grandissima abbondanza sotto forma di giacimenti affioranti e
depositi sotterranei su tutta quella vasta area.
Fig. 137.
Probabilmente
tutto il
Bassopiano di
Siddim era un
enorme
giacimenti di
idrocarburi con
affioramenti in
superficie.
Si comprende abbastanza intuitivamente che le città di Sodoma e Gomorra
erano letteralmente costruite su una bomba ad orologeria perfettamente
naturale! Quando i due angeli eseguirono materialmente l’atto distruttivo
sulle città, accadde che i frammenti meteorici in caduta libera si trasformarono
in micidiali dardi incendiari i quali, una volta giunti al suolo, innescarono una
reazione a catena sul bitume affiorante che, bruciando, si estese velocemente a
tutto quello sottostante. Non sarebbe nemmeno da escludere che, oltre al
bitume, potevano esserci stati anche giacimenti di petrolio e sacche di metano.
Comunque sia, in breve tempo l’intero Bassopiano divenne un enorme tizzone
infuocato tanto che il calore prodotto fece poi tutto il resto. Alla fine quella
regione sprofondò ulteriormente.
Un’avanzata arma spaziale? Altri sostenitori delle cosiddette ETH (ExtraTerrestrial Hypothesis) credono che la distruzione delle città di Sodoma e
Gomorra fu eseguita con l’impiego di un qualche tipo di arma ultramoderna
manovrata da una posizione presumibilmente elevata rispetto alla superficie
da colpire. Il problema però sta nella dinamica degli eventi: a meno che non
fosse stata presente un’intera flotta di veicoli volanti dotati di cannoni ad
emissione di particelle ad alta energia, risulta un po’ complicato pensare che
una sola presunta astronave potesse far fuoco su una superficie relativamente
grande come il Bassopiano di Siddim. Escludiamo anche eventuali missili
lanciati da centinaia di km di altezza in quanto, una volta entrati in atmosfera,
129
si sarebbero disintegrati con l’attrito generato tra le molecole d’aria ed il
metallo, a meno che – ancora – non avessero invece seguito una traiettoria ad
angolo molto stretto (come gli Space Shuttle quando rientrano a Terra).
Peccato però che non sia mai stato rinvenuto nemmeno un pezzo di metallo a
riprova di questa tesi.
Meteoriti “guidati”? L’ipotesi meteorica potrebbe essere migliore di altre
persino da un punto di vista strategico. Ma per comprendere il punto
dobbiamo spendere ancora due parole sui meteoriti, notando come il discorso
dei N.E.O. è molto legato. Questi oggetti cosmici possono presentare fra loro
sostanziali differenze di densità, massa, composizione chimica, struttura
intrinseca e velocità orbitale. Alcuni meteoriti quando entrano in atmosfera si
scaldano moltissimo, ma non si disintegrano. Nell’impatto al suolo provocano
tremende esplosioni con generazione di potenti onde d’urto e sollevamento di
polveri in grado - nel peggiore dei casi – di modificare il clima dell’intera
Terra per lungo tempo. Altri meteoriti si disintegrano in atmosfera prima di
giungere al suolo. Talvolta esplodono violentemente nell’aria seminando
distruzione su vaste aree di superficie, a seconda della potenza sprigionata
(come nel caso di Tunguska, in Siberia, nel 1908). Ci sono poi quei meteoriti
che quando entrano nell’atmosfera terrestre si frantumano in moltissimi pezzi
e precipitano al suolo come frecce infuocate. Se non trovano niente oltre che
terreno arido, o se precipitano in mare, allora nessun panico. Ma, se per
disgrazia dovessero cadere presso zone densamente popolate, aree industriali
o giacimenti di idrocarburi con affioramenti in superficie, allora sarebbero
guai molto grossi! Infine esistono i meteoriti di piccola taglia che non recano
sostanzialmente nessun tipo di danno rilevante. Le cosiddette “stelle cadenti”
costituiscono uno spettacolo decisamente suggestivo e bello da vedere.
Siamo convinti che i Lettori perspicaci, fattisi due conti in tasca, avranno già
trovato il collegamento tra l’episodio di Sodoma e Gomorra, i N.E.O. ed il
problema (o terrore?) degli impatti catastrofici con asteroidi. Se un grande
meteorite fosse in rotta di collisione con la Terra le conclusioni sarebbero fin
troppo chiare: un bel botto di capodanno e tutti a ballare il ballo di San Vito. A
meno che non riuscissimo a deviarlo, come narrato in celebri film quali
“Armagheddon” o “Deep Impact”. Guarda caso, a proposito del temuto
asteroide Apophis, si vocifera da anni che sia in fase di studio una missione
internazionale per tentare di modificarne l’orbita. La domanda ora è
d’obbligo: per quanto sembri assurdo, nel caso l’uomo avesse la capacità e i
mezzi per controllare il percorso di un asteroide, cosa ci impedisce di prendere
130
in considerazione l’idea che la distruzione di Sodoma e Gomorra avvenne
mediante una pioggia di meteoriti “guidati”?
Da un punto di vista strettamente logistico gli esecutori materiali dell’atto di
giudizio furono i tre messaggeri angelici, ma il racconto dice che fu Dio a far
piovere fuoco e zolfo dal cielo. Dunque, nel complesso, è palese che quegli
eventi non furono lasciati in balia del caso. Oltretutto, per ottenere la pioggia
di frammenti spaziali su misura bisognava rispettare specifiche condizioni:
occorrevano i meteoriti giusti, dotati della giusta massa, di adeguata densità e
della corretta composizione chimica. Chi poteva sapere dove andarli a pescare
e gestirli poi nel modo più consono?
Fig. 138
Fig. 139
Un gruppo di meteoriti ricchi di ghiaccio, depositi di sale e solfati entrarono
nell’atmosfera terrestre, ma si disintegrarono in maniera non esplosiva
producendo una miriade di piccoli frammenti incandescenti che si riversarono su
Sodoma e Gomorra.
La nostra ipotesi ci induce a ritenere che i frammenti originali erano non
troppo grandi, ma nemmeno particolarmente densi e massicci; dovevano
altresì essere composti in prevalenza da una mistura di ghiaccio d’acqua,
rocce ricche di sale, solfati ed altri metalloidi in quantità minori. Non appena
gli oggetti entrarono nell’atmosfera terrestre, il calore prodotto dall’attrito fece
evaporare l’acqua provocando la frantumazione non esplosiva dei meteoriti e
la formazione di una specie di nuvola ad alta quota. I frammenti divennero
incandescenti, ma non si disintegrarono perché erano sufficientemente grandi
da poter raggiungere la superficie. Una volta toccato il suolo i “dardi”
incendiarono tutto, compresi gli affioramenti di idrocarburi di quella regione.
E’ probabile che subito dopo la scarica dei frammenti minori cadde anche
131
molta pioggia dovuta alla cappa di vapore formatasi durante la frantumazione
dei meteoriti originali.
Provenienza dei frammenti. Nel nostro sistema solare ci sono un gran
numero di comete dalle orbite bizzarre e imprevedibili. Alcune di esse
arrivano dal profondo spazio e svaniscono senza far più ritorno. Altre invece
posseggono orbite strane, ma sono periodiche (cioè ritornano al perielio, come
la cometa di Halley ogni 76 anni). Ogni tanto vanno pure a schiantarsi contro i
pianeti, come accadde nel 1995 quando la Shoemaker-Levy impattò su Giove.
Perciò non siamo nelle condizioni di affermare con certezza da dove
provenissero i meteoriti che distrussero Sodoma e Gomorra anche perché, da
un punto di vista strutturale, dovremmo parlare di mini comete più che di
corpi rocciosi. Resta inteso comunque che abbiamo diversi elementi in nostro
aiuto:
1) il gran numero di meteoriti ritrovati e classificati dagli scienziati come
“provenienti da Marte”;
2) la sostanziale conferma che Marte possedeva oceani d’acqua salata;
3) la relativa vicinanza tra Terra e Marte;
4) la notevole presenza di sale nei pressi del Mar Morto e l’elevatissimo
grado di salinità delle sue acque;
5) la pioggia di meteoriti che contraddistinse la distruzione nel Bassopiano
di Siddim, divenuto in seguito Mar Salato.
Come sostiene il dr. John Ackerman nel suo sito www.firmament-chaos.com,
molte comete a breve periodo potrebbero essere tutte frammenti dell’attuale
“Pianeta Rosso”. Di conseguenza dobbiamo prendere atto che le probabilità
giocano senza’altro a favore dell’ipotesi Marte rispetto ad altre, l’unico
pianeta che oltre alla Terra - ormai è ben risaputo – sembra aver posseduto
oceani d’acqua salata. Ci sarebbero infine due episodi che meriterebbero un
occhio di riguardo: il primo si basa sul ritrovamento e la traduzione di una
tavoletta assira datata presumibilmente al 700 a. E.V. la quale descriverebbe
l’impatto di un piccolo asteroide nell’Europa Centrale. Il secondo, proposto
qualche anno fa dal prof. Emilio Spedicato, descrive l’esplosione in atmosfera
di un grosso macigno sopra l’Europa Settentrionale. Sulle rispettive datazioni
attribuite a questi eventi meteorici preferiamo non pronunciarci, ma si tratta
certamente di fenomeni plausibilissimi e per nulla da snobbare.
Conclusioni. L’ipotesi che alcuni meteoriti marziani ricchi di depositi salini
siano stati letteralmente indirizzati e scagliati sopra le città di Sodoma e
132
Gomorra, è comprensibile possa lasciare perplessi e dubbiosi. Per di più
rischia di sollevare altre annose questioni del tipo “perché proprio Marte e non
un altro pianeta?” oppure “cosa accadde su Marte al punto da trasformare lo
spazio circumterrestre in un vero e proprio campo minato?”.
Ciò nonostante abbiamo un ulteriore dimostrazione del fatto che le forze della
Natura e le sue mille risorse non hanno segreti per Colui che le ha progettate
(un’idea probabilmente non molto in sintonia con la teoria dell’Evoluzione ed
i suoi sostenitori). Oltretutto, anche in caso di grave compromissione degli
equilibri naturali - sulla Terra o nel Sistema Solare - c’è sempre la possibilità
che le cose potranno infine essere rimesse al loro posto.
133
APPENDICE 7
http://neo.jpl.nasa.gov
Nel corso degli ultimi anni la NASA ha preso coscienza del problema dei
potenziali impatti tra la Terra e i meteoriti. La lista di Near Earth Objects
conta attualmente la bellezza di circa 1053 oggetti di varie dimensioni e
caratteristiche. Benché si ritenga basso il livello di pericolo, tali oggetti
vengono tenuti sotto osservazione fin dove è possibile.
L’esistenza stessa dei N.E.O. costituisce un elemento da non sottovalutare
perché ogni singolo asteroide, a motivo della propria struttura, è sensibile più
dei pianeti a interferenze di varia natura. Ad esempio, le differenze di densità
e di distribuzione della massa possono col tempo provocare variazioni
imprevedibili dell’orbita; i ripetuti passaggi nei pressi dei pianeti possono
provocare deviazioni orbitali fino a quando, prima o poi, precipiteranno. Le
forti escursioni termiche fra la parte esposta al sole e quelle in ombra
potrebbero col tempo modificare l’integrità strutturale del meteorite, specie se
contiene elementi leggeri, sacche gassose o ghiaccio. E poi ci sarebbero altri
fattori di minore importanza.
E’ vero che non sarebbe corretto alimentare ingiustificati allarmismi come
sembra stia invece accadendo in questo periodo (si pensi alle psicosi del 2012
e del fantomatico Pianeta X); tuttavia sarebbe altresì poco saggio prendere
sottogamba il potenziale pericolo dei i N.E.O. non tanto in virtù dei fattori
prevedibili, ma per quelli imprevedibili e, di conseguenza, incontrollabili.
134
Fig. 142. Il Giudizio Universale di Michelangelo
135
DECIMA CONTROVERSIA
LA FINE DEL MONDO
Nel 1996 uscì un film di grande successo intitolato “Independence Day” la cui
trama era incentrata sull’invasione della Terra da parte di una orribile razza
aliena, interessata esclusivamente ad appropriarsi delle risorse planetarie onde
assicurarsi la sopravvivenza a qualunque costo. In effetti il tema dominante
del film era “la fine del mondo” intesa non tanto come distruzione del nostro
pianeta, ma come annientamento della razza umana ad opera di fattori esterni
(nel qual caso i cattivi extraterrestri). Destino vuole che proprio in
concomitanza del 4 luglio, festa nazionale statunitense del “Giorno
dell’Indipendenza”, gli invasori spaziali vengono loro malgrado messi in rotta
con un espediente a dir poco da barzelletta: un banale virus informatico,
omaggio dei terrestri agli alieni. Curiosamente (e supponiamo non a caso),
nella scena iniziale del film in cui si vede il tecnico del SETI alle prese con un
misterioso segnale criptato, c’è come sottofondo musicale una famosa
canzone conosciuta in Italia nella versione intitolata “A che ora è la fine del
mondo?” interpretata dal cantautore Luciano Ligabue.
Fig. 143. La nostra cara e amata Terra. Sia
la scienza che molte religioni danno da
intendere che il nostro pianeta potrebbe
essere distrutto. Sara vero?
Il tema della fine del mondo, in un modo o nell’altro, è stato comunque
affrontato diverse volte in ambito cinematografico; infatti tutti i registi che si
sono adoperati nelle produzioni sul genere fantascientifico hanno spesso dato
ampio spazio alle invasioni aliene (del tipo “La Guerra dei Mondi” oppure
“Ultimatum alla Terra” remake 2008) ed alle catastrofi cosmiche quale
ambiente ideale per evocare l’epilogo dell’Umanità.
136
La fine del mondo rappresenta un soggetto ambiguo e controverso: da un lato
affascina e dall’altro irrita terribilmente perché ci pone dinnanzi alle nostre
grandi paure collettive dalle quali cerchiamo sempre di sfuggire. A tal
proposito, non possiamo non menzionare una delle migliori ed agghiaccianti
trilogie cinematografiche che abbiano mai saputo esprimere, in un modo tanto
raccapricciante, concetti attuali come “controllo”, “schiavitù”, “manipolazione
della realtà” e “fine del mondo”: la trilogia di “Matrix”.
Sulla fine del mondo è stato detto e scritto di tutto. Dovendo quindi affrontare
l’argomento in questo libro, non è stato certo facile scegliere un approccio
razionale il più possibile. Così, per cominciare, abbiamo pensato che una
valida chiave di lettura poteva trovarsi nell’ambito psicologico e sociale. Nel
prossimo capitolo invece affronteremo il soggetto da una punto di vista più
tecnico e scientifico. Valuteremo meglio i motivi per cui il 2012 è temuto e
faremo anche un salto nel passato ricollegandoci alla nostra Teoria dell’Antico
Sistema Binario Terra-Marte che, insieme al portale Pianeta Marte.net, l’8
luglio 2009 avrà raggiunto il quinto anno di vita.
La storiella di “Al lupo! Al lupo!”. In genere quando qualche profeta
dell’ultima ora se ne esce con una nuova predizione della fine del mondo si
tende istintivamente a riderci sopra; talvolta accade pure che la novità si
trasforma in argomento da salotto. In effetti, bisogna purtroppo ammettere che
i numerosi tentativi di pronosticare la data della fine del mondo ad oggi hanno
mietuto brutte e magre figure. Ciò nonostante, il discutere su questo tema non
dovrebbe essere considerato esclusivamente un’occasione di divertimento e
sollazzi, incuranti della poco promettente epoca nella quale stiamo tutti
vivendo.
Fig. 144. Il “Lupo Cattivo” è una delle
più ricorrenti rappresentazioni delle
paure infantili. Ma, a quanto sembra, si
adatta piuttosto bene anche a quelle dei
più grandi.
E’ un po’ come quella’antica storiella di “Al lupo! Al lupo!”: a forza di
sentirlo dire e ripetere in continuazione si finisce per non crederci più, fino a
quando poi il lupo arriva e divora la sua ambita preda.
137
Aspettative, delusioni e mutamenti. Nel Medio Evo si credeva che la fine
del mondo sarebbe arrivata entro l’anno 1000 ma, giunta quella fatidica data,
non accadde nulla. E le imponenti costruzioni religiose che si edificarono a
partire da quel momento rispecchiavano in parte la gioia della scampata
catastrofe. I primi cristiani vissuti durante il primo secolo E.V. effettivamente
nutrivano forti aspettative riguardo la fine; le lettere degli apostoli Paolo,
Pietro e Giovanni sono piene di riferimenti a tali attese. Ma poiché esse furono
deluse, almeno secondo il punto di vista di molti credenti di allora, dopo la
morte dell’ultimo apostolo cominciò a svilupparsi un malcontento sempre più
crescente soprattutto tra coloro che avevano incarichi di responsabilità
all’interno delle singole congregazioni (“chiese”). Iniziò allora un inesorabile
processo di adattamento al sistema politico e religioso dell’Impero Romano;
così, nel giro di tre secoli, dottrine non cristiane fecero di quella semplice ed
umile organizzazione iniziale un potente impero pseudo religioso corrotto e
assai lontano dagli insegnamenti del suo stesso Fondatore.
Fig. 145. Il Duomo di Milano
è senz’altro una delle più
imponenti e maestose chiese
della cristianità edificate in
pieno medioevo.
Per tutto il primo e gran parte del secondo millennio E.V. le credenze
riguardanti la fine del mondo e altre questioni dottrinali rimasero in linea di
massima dormienti ma, di quando in quando qualche voce si sollevava dal
coro, uomini fanatici in seno al clero cattolico intraprendevano azioni spesso
crudeli per tentare di metterle a tacere. Va sottolineato che in questo contesto
storico la riforma luterana del XVI secolo non era, almeno inizialmente,
rivolta alle credenze concernenti la fine del mondo. Martin Lutero infatti
criticò duramente la Chiesa di Roma sulla vendita delle indulgenze e riguardo
il perdono di Dio verso gli uomini peccatori (si narra che il 31 ottobre 1517
vennero affisse le famose 95 tesi nella porta della chiesa di Wittenberg).
Dovevano passare ancora centinaia di anni fino a quando, giunti al XIX
secolo, accadde qualcosa di notevole e straordinario.
138
Fig. 146. L’inquisitore spagnolo
Tomas de Torquemada fu uno dei
tanti squallidi esempi di fanatismo
religioso.
Fig. 147. Il riformista Martin Lutero
criticò apertamente la Chiesa di
Roma su dottrine non legate alla fine
del mondo. Tuttavia diede inizio ad
una lenta ed inarrestabile reazione a
catena che portò la cristianità a
frammentarsi.
Il grande risveglio. Il XIX secolo fu caratterizzato da una serie di importanti
cambiamenti di pensiero globale e da una maggior sensibilità verso la libertà
di espressione. Così sorsero numerosi “profeti” e gruppi di persone dedite allo
studio e l’analisi dei Testi Biblici, in particolar modo negli Stati Uniti
d’America. Da questi si svilupparono parecchie organizzazioni religiose tra le
quali gli Avventisti, i Pentecostali, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli
Ultimi Giorni e gli Studenti Biblici oggi conosciuti come Testimoni di Geova.
Nel complesso, tali organizzazioni hanno notevolmente riacceso l’attesa della
fine del mondo e in poco meno di 150 anni si sono diffuse in tutto il globo
facendo conoscere ad un sempre maggior numero di persone le rispettive
dottrine. Che poi abbiano raggiunto eventuali obiettivi o meno, o che il loro
messaggio piaccia o non piaccia questo dipende da vari fattori, discutibili fin
che si vuole. Intanto, nel bene o nel male, esse fanno parte a pieno titolo della
realtà odierna, talvolta persino della nostra quotidianità.
139
Una caratteristica interessante delle succitate organizzazioni non è tanto legata
alle ovvie differenze esistenti tra di loro, ma alle similitudini concernenti
proprio la fine del mondo. Quasi tutte in principio additarono grossomodo la
seconda metà del XIX secolo come inizio della Presenza di Cristo e del
successivo Giudizio di Dio sull’umanità impenitente. D’altra parte gli allora
Studenti Biblici, preso atto dell’inefficacia di queste date, puntarono lo
sguardo verso l’anno 1914, sul quale spenderemo due parole più avanti.
A questo punto viene spontanea una riflessione: tanto più si è determinati nel
diffondere le proprie convinzioni riguardo la fine del mondo e maggiori
saranno le responsabilità che tale divulgazione comporta. Inutile citare la
Chiesa Cattolica o quella Ortodossa visto che su tematiche del genere
sembrano entrambe sonnecchiare. Le molte organizzazioni evangeliche,
benché attive sul piano missionario, riguardo la fine dei tempi sono rimaste
sostanzialmente ferme alle rispettive concezioni iniziali, ma non gli Studenti
Biblici. Nel 1931 essi adottarono il nome “Testimoni di Geova” e, sebbene le
dottrine fondamentali siano rimaste invariate, fu proprio la loro visione della
Presenza di Cristo e della fine del mondo a subire una costante serie di
evoluzioni nel corso dei decenni. Più di tutte le altre confessioni cristiane è
stata quella che ha dovuto fare i conti con alcuni errori di valutazione nati
quasi sempre da fraintendimenti e congetture di singoli individui. Idee forse
troppo “possibiliste” che produssero certi problemi. Ciò nonostante i
Testimoni di Geova hanno scatenato un vero boato mondiale sull’argomento
della fine. Ed è per questa ed altre ragioni che da sempre incontrano una forte
ed aspra opposizione da parte di politici intolleranti, del clero della cristianità,
di ex membri frustrati e, last but not least, di svariati gruppi “specializzati” (a
detta di questi ultimi) nel combattere le sette.
La fine del mondo e la psicologia umana. Naturalmente siamo consci del
fatto che il 2012 stia divenendo oggetto di panico, ansiosa attesa e angoscia
forse ingiustificati. D’altro canto, se volessimo tranquillizzare gli animi
dicendo che nel 2012 non accadrà proprio niente, potremmo star commettendo
il medesimo errore di chi, invece, sostiene il contrario. Questo perché esistono
solo due possibilità in merito: o qualcosa accadrà oppure no. Semmai, è il
modo come noi reagiamo dinnanzi a tali aspettative che dovrebbe spingerci a
riflettere un pochino. Che faremo? Ci indebiteremo fino al collo perché tanto
tutto finirà nel 2012? Oppure venderemo ogni cosa per la medesima ragione?
140
Fig. 148. Joseph Smith jr. fu il fondatore del
movimento mormone, da cui nacque la Chiesa di
Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.
Fig. 149. Ellen G. White fu la principale personalità
di spicco a dare impulso al movimento evangelico
Avventista.
Fig. 150. Charles Taze Russel fondò un gruppo
denominato Studenti Biblici, oggi conosciuti come
Testimoni di Geova. (http://www.watchtower.org)
141
Fig. 151. Nel 2036 si
pensa che l’asteroide
Apophis si scontrerà con
la Terra. Ma le
probabilità che avvenga
sarebbero comunque
bassissime.
Può darsi che il continuo pronosticare la data della fine possa apparire quasi
come un innocuo passatempo, però simili illazioni potrebbero anche sortire
effetti imprevedibili, soprattutto verso le fragili menti di quei poveri individui
pronti a compiere azioni insensate in nome di una congettura tutta da
dimostrare. E ci sarebbe anche da sottolineare quanto la natura umana sia
strana e contraddittoria. Per esempio, benché viviamo in un epoca ultra
tecnologica dedita alla scienza ed alle conquiste spaziali, da molti decenni
continuiamo a crogiolarci il cervello andando a cercare in antichissimi reperti
archeologici Sumeri, Egizi, Babilonesi, Maya ecc. informazioni che possano
in qualche modo svelarci se durante questa epoca accadrà una catastrofe. Poi
– paradossale, ma vero! – se per caso bussassero alla nostre porte i Testimoni
di Geova spesso facciamo finta di non essere a casa, o attraversiamo dall’altra
parte quando li incrociamo per la strada pur di levarceli dai piedi. Eppure
l’argomento che queste rispettabili persone portano alla nostra infastidita
attenzione verte proprio sulla fine di questo mondo, tutto sommato messo
alquanto male. Che poi sia giusto o sbagliato quello che dicono ognuno
deciderà per sé, ma è un po’ come la storiella di un uomo grandemente
desideroso di bere acqua fresca di montagna. L’uomo, attrezzatosi a dovere,
cammina per molte ore fino a quando, stanco ed assetato, giunge presso un
rifugio situato ad oltre 2000 metri d’altitudine. Entrato nel locale, acquista una
bottiglia da ½ litro di quell’acqua tanto desiderata per accorgersi poi che era
stata imbottigliata proprio in uno stabilimento ubicato ai piedi della montagna!
Psicologia applicata. Ecco perché, in definitiva, pronosticare se la fine
arriverà nel 2012, nel 2034, nel 2036, o se avrebbe dovuto arrivare nell’anno
1000, nel 1975 o nel 1984 è futile e più adatto per redigere un buon trattato sui
modelli comportamentali della società moderna. A che servirebbe saperlo? E a
chi servirebbe saperlo? Supponiamo che veramente nel 2012 il temuto Nibiru
142
porterà uno sciame di asteroidi e meteoriti vari verso la Terra. Noi che faremo
ora? Che faremo l’anno prossimo? E fra due anni? Ci crediamo veramente,
oppure è solo un modo come un altro per provare qualche forte emozione ed
evadere dalla noia quotidiana?
Per rendere ancora più accattivante la nostra analisi psicologica vogliamo
esporre un altro esempio di notevole spessore: stiamo guardando un film
horror di quelli che fanno uscire il cuore dalla gabbia toracica, seduti da soli a
casa nostra in piena notte. Ad un certo punto la tensione è altissima, sudiamo
freddo, l’adrenalina è alle stelle ed ogni minimo rumore intorno a noi ci fa
saltare dalla poltrona. Eppure, allo stesso tempo, sappiamo che è solo un film,
scene girate da attori in uno studio cinematografico. Il film terminerà con la
classica scritta “The End” e noi andremo a letto forse un po’ terrorizzati ma,
tutto sommato, soddisfatti. In effetti l’idea che debba venire la fine del mondo
solletica la mente, terrorizza il cuore, affascina l’intelletto e sottosotto piace;
però, contemporaneamente, non ci vogliamo credere perché comunque tutto
sembra procedere allo stesso modo di sempre. E allora ci lasciamo coccolare
dalla finta quiete traspirante nei programmi televisivi di intrattenimento o
dalla pubblicità con le sue canzonette, i suoi colori e gli inviti a comprare
qualsiasi cosa “a tasso zero e pagamento fra cent’anni”!
Noi esseri umani possiamo inquinare e deturpare la Terra illudendoci che tutto
andrà bene; possiamo dedicarci a truffe e furti pensando che tutto filerà liscio;
possiamo far la guerra e pregare Dio che faccia vincere noi e far crepare il
nemico (il quale avrà pensato la stessa cosa ovviamente). E poi c’è anche la
fine del mondo dove ogni cosa avrà termine. L’importante è scrollarci di
dosso le responsabilità verso i nostri simili, verso la Terra e persino verso noi
stessi, scrupolosi nel dare la colpa di esser ciò che siamo a chi meglio ci
garba: al vicino di casa che vuole averla vinta, alla moglie o al marito che non
ci capisce, al prete, al politico, a Dio, al Diavolo ecc.
A che ora è la fine del mondo? Fondamentalmente quando si parla di fine del
mondo essa viene intesa come atto di giudizio di Dio oppure come inevitabile
fine catastrofica del nostro pianeta. E’ interessante però notare come diverse
confessioni evangeliche, applicando “alla lettera” i passi biblici di 2 Pietro 3,
10-13, ritengano che tale giudizio comporterà l’effettiva distruzione fisica
della Terra (addirittura dell’intero Universo!), il rapimento in Cielo degli eletti
ed una successiva ricreazione del pianeta. Forse qualche Lettore storcerà un
po’ il naso al pensiero che un Dio amorevole dovrebbe agire in modo così
drastico ed esagerato, oltre che illogico. Si ipotizza persino che tale giudizio
143
scaturirà in virtù del deterioramento della situazione politica mediorientale.
Complessivamente però tutti sono abbastanza unanimi nel ritenere la nostra
epoca come momento cruciale della Storia umana, pertanto la cosiddetta
Grande Tribolazione e l’Armaghedon descritti nei Vangeli e nell’Apocalisse
sarebbero imminenti. Oltretutto giustificati.
D’altra parte, in base all’attuale calendario ebraico, l’anno 2009 dovrebbe
corrispondere al 5769mo anno dalla creazione di Adamo e poiché, in base alla
tradizione ebraica, l’attuale mondo dovrebbe durare 6000 anni esso finirà
presumibilmente verso il 2240 E.V.
Fig. 152. La fine del mondo
viene paventata come un
giudizio verso i cattivi nel
quale Dio distruggerà anche la
Terra. Ma che male avrebbe
fatto il nostro pianeta?
Avevamo lasciato in sospeso il 1914. Gli allora Studenti Biblici, basandosi su
una serie di calcoli cronologici, giunsero a tale data partendo dalla distruzione
di Gerusalemme avvenuta nel 607 a. E.V. ad opera dei Babilonesi. Sommando
2520 anni (periodo definito “fissati Tempi delle Nazioni” o “Tempi dei
Gentili”) si arriva all’autunno del 1914. Essendo però un calcolo alquanto
particolare (anche se non eccessivamente complicato) e non volendo troppo
addentrarci in merito, rimandiamo chi volesse saperne di più ai diretti
interessati. Cosa accadde quell’anno? Ebbene, scoppiò la Prima Guerra
Mondiale, ma sembra che alcuni aspettassero proprio la fine del sistema
attuale, evento che invece non si verificò inducendo qualche deluso ad
abbandonare l’organizzazione. Comunque, la stragrande maggioranza di
quegli Studenti Biblici manifestarono un’attitudine paziente e compresero che
la fine era ancora futura. Non dobbiamo mai trascurare quindi che l’eccesso di
aspettative è, per definizione, una tipica caratteristica umana la quale non
conosce limiti di nessun genere. Colpisce tutti e lascia sempre qualche segno.
Probabilmente, ancor oggi un gettonato argomento di critica ai Testimoni di
144
Geova riguarda l’anno 1975 corrispondente, in base alla cronologia biblica, a
6000 anni dalla creazione di Adamo (il primo uomo apparso sulla Terra
secondo il libro della Genesi). In effetti, alcuni individui congetturarono che
l’anno 1975 poteva combaciare con la fine dell’attuale mondo ma, poiché
questa illazione prese il largo con gran rapidità, fu necessario affrontare
l’argomento ripetute volte nella speranza di arginare i potenziali pericoli che
avrebbe potuto nascondersi dietro tale ipotesi (sebbene fu lasciato aperto un
piccolo margine di possibilismo peraltro anch’esso frainteso). Inevitabilmente,
il senso di frustrazione e delusione dovuti al mancato appuntamento con la
tanto attesa “fine del sistema” spinse parecchie persone ad andarsene via
dall’organizzazione. Per certo fu una grande lezione ma, allo stesso tempo,
costituì un raffinamento dal quale derivarono notevoli miglioramenti generali.
Al di là però di queste problematiche, il 1914 viene da essi tuttora considerato
l’inizio degli Ultimi Giorni del presente mondo malvagio, i quali
culmineranno quindi con la Grande Tribolazione e la guerra di Armaghedon,
evento finale che non causerà la distruzione della Terra. L’attitudine umana a
far congetture sulla data della fine diede alito ad un altro fraintendimento
durato qualche tempo: poiché si supponeva che la “generazione” menzionata
in Matteo 24, 34 si riferisse alla lunghezza media della vita di un uomo, pari a
circa 70 anni, alcuni pensarono che sommando 70 anni al 1914 portasse al
1984. Naturalmente quell’anno non fu mai additato ufficialmente e rimase
solo una chiacchiera di sottofondo.
Ci fu invece un caso andato a male proprio verso la prima metà degli anni 80
del secolo scorso, allorché una sedicente veggente predisse la fine del mondo
entro il 1984 a causa di un presunto allineamento di pianeti. Ultimamente
abbiamo notato la comparsa e diffusione (grazie soprattutto ad internet) di
nuove tipologie di predizioni della fine del mondo le quali punterebbero alla
decade 2030-2040, in modo particolare gli anni 2033, 2034 e 2036. Ad
esempio, una di esse si baserebbe sul passo biblico di Genesi 6, 3, nel qual
caso – contando 120 anni menzionati come “periodo finale dell’era
antidiluviana”– condurrebbero appunto alla decade del 2030. Beh, dopotutto
siamo dentro il medesimo tempo indicato per il temuto impatto con l’asteroide
Apophis nel 2036…
Dunque, in conclusione? Di ipotesi e pronostici se ne potrebbero avanzare a
non finire da qualsiasi fronte del pensiero umano; che sia storico, religioso o
scientifico, poco importa. Gli astrofisici sostengono che la Terra sarà distrutta
dal sole quando esso raggiungerà la fase di gigante rossa, tra circa 5 miliardi
di anni. Altri hanno il terrore di un immane (e prossimo) impatto meteorico o
di una catastrofe ambientale. Non da meno è il dr. Zecharia Sitchin, la più
145
autorevole voce sul ritorno di Nibiru. Come giustamente ricordava il Direttore
della rivista “Area di Confine”, ing. Ennio Piccaluga, nell’editoriale di
dicembre 2008, Zecharia Sitchin ritiene ancora lontano l’avvicinamento di
questo presunto pianeta (salvo ripensamenti dell’ultima ora). Tuttavia pare che
molti non gli diano ascolto e preferiscono attaccarsi alle insistenti attese
intorno al 2012!
Significa allora che tutto il chiasso sorto intorno alla fine del mondo è solo
fumo o, per usare un termine popolare, “fuffa”? La risposta a questa domanda
potrebbe portare a diverse conclusioni e, supponiamo, a differenti reazioni. Ad
esempio, se dicessimo: “La fine del mondo è imminente!” è plausibile che
alcuni considerino arrogante e offensiva una tale presa di posizione. Se invece
dicessimo: “Va tutto bene. Stiamo tranquilli perché non ci sarà nessuna fine
del mondo!” può darsi che qualcun altro avrà da pensare esattamente la stessa
cosa, ma per le ragioni inverse. Curioso e paradossale, persino logico.
Fig. 153. C’è anche chi
crede che la Terra sarà
distrutta da un mini-buco
nero vagante o da uno
fabbricato dall’uomo
stesso.
Fig. 154. Se il sole diverrà una
gigante rossa tra 5 miliardi di
anni, ecco il tetro spettacolo che
toccherà ammirare ai nostri
lontani discendenti.
146
Fig. 155. Il dibattito sul ritorno
di Nibiru è molto acceso. Non
tutti sono concordi nel ritenere il
2012 come l’anno del suo
ritorno, nemmeno lo stesso dr.
Zecharia Sitchin.
La nostra società racchiude un impietoso mix composto da situazioni comode
ad un numero x di persone e scomode ad un numero y di altre. Qualcuno trae
profitto dal/nel mondo odierno, ma molti subiscono e soffrono a causa del
medesimo mondo odierno. Pertanto, il sentire/sapere che l’attuale società
umana dovrebbe finire per mano di Dio, di un asteroide, di un invasione
aliena, di una catastrofe ambientale o altro certamente non farà le gioie di
quelli che gongolano nei propri “paradisi”, pur sapendo che intorno a loro si
consumano drammi d’ogni genere. Chi invece soffre, vuoi per un motivo o
vuoi per l’altro, sarà in teoria ben contento di sapere che tutto il marciume
finirà. Ma c’è un però.
Abbiamo constatato nello svolgimento di questo controverso capitolo che il
tema della fine del mondo è strettamente legato alle responsabilità di ciascun
individuo verso qualcosa/qualcuno. Il Lettore tragga le proprie conclusioni
ma, dinnanzi ad un potenziale e drastico cambiamento epocale, chi sarebbe
realmente disposto a rinunciare al proprio stile di vita, modo di pensare,
posizione sociale ecc. se in cambio avesse salva la vita? Bella domanda!
Mettiamola così: proviamo a guardarci intorno. Guardiamo in che condizioni
versa il nostro pianeta; osserviamo in quali condizioni versa l’Umanità e
cerchiamo di “vedere” l’ipocrisia, lo sfruttamento, l’arroganza, l’odio e
l’avidità dell’uomo. Cerchiamo di inquadrare coloro che esasperano la realtà
per trarre vantaggi e anche coloro che minimizzano la realtà per nascondersi e
trarre altri vantaggi. Facciamo una analisi obiettiva di ciò che la religione ha
offerto all’uomo e un’altrettante analisi obiettiva delle esperienze politiche
maturate dall’uomo verso i suoi stessi simili. Tiriamo le somme e proviamo a
rispondere a quest’altra domanda: “quanti anni di vita daremmo a questo
147
mondo?”. Escludendo quindi i vari “indovini mordi e fuggi” con le loro
predizioni da giornaletto gossip (tra presunti allineamenti di pianeti, invasioni
aliene a go-go e cataclismi assortiti) possiamo dire che la storiella di “Al lupo!
Al lupo!” è molto educativa. Nessuno è perfetto, pertanto si possono
commettere anche errori di valutazione oppure si può cadere nel laccio delle
facili congetture. Ma il “lupo” (qualunque esso sia) alla fine arriverà e farà ciò
che dovrà fare, che ci piaccia o no.
“Solo chi sta zitto e non ha nulla da dire è colui che non sbaglierà mai”.
Aggiungiamo allora questo: “Forse, chi sbaglia in partenza potrebbero essere
proprio quelli che se ne stanno (o che se ne sono stati) volutamente zitti e non
hanno niente da dire (o non hanno detto niente) per non perdere la faccia,
dovendo ammettere che sapevano avendo invece taciuto”.
148
APPENDICE 8
ADAMO ED EVA E LA FINE DEL MONDO
Abbiamo visto come il fascino e la suggestività possano talvolta creare
nell’essere umano sentimenti di ansiosa attesa che, purtroppo (o per
fortuna?), si risolvono spesso in bolle di sapone.
Qualche tempo fa sorse una congettura della fine del mondo anche su Eva, la
prima donna creata, stando al racconto biblico di Genesi, da una costola di
Adamo. Ovviamente sappiamo bene che tale narrazione non è assolutamente
compatibile con le moderne teorie basate sull’evoluzione della vita (almeno
così pensano i sostenitori della Teoria dell’Evoluzione). Tuttavia è la
questione cronologica ad averci incuriosito.
Effettivamente, nessuno conosce il momento in cui Eva fu creata, non si
conoscono l’anno e nemmeno il giorno. In pratica, un vero mistero. Ciò
nonostante, dopo la comparsa della donna iniziò il cosiddetto “Settimo
Giorno” o “Giorno di Riposo”. Pare che alcuni appassionati di profezie
catastrofistiche abbiano avanzato l’ipotesi che allo scadere di 6000 anni dalla
creazione di Eva dovrebbe avvenire la fine predetta nell’Apocalisse. Potrebbe
avere una base credibile questa illazione?
La nostra opinione è negativa e tenteremo anche di spiegarne la ragione. Nel
vangelo di Matteo cap. 24 versetto 36 si legge “Quanto a quel giorno e a
quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il
Figlio, ma solo il Padre”.
La domanda sorge spontanea: chi conosceva (e conosce) la data della
creazione di Eva? Naturalmente Adamo, Dio stesso e proprio gli angeli!
Infatti, parlando della formazione della Terra in Giobbe 38, 6-7 si legge:
“Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare, mentre
gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio?”
Se realmente la fine avvenisse allo scadere di un preciso tempo dalla
creazione della prima donna (come del primo uomo) allora le parole di
Matteo 24, 36 verrebbero meno in quanto gli angeli, presenti durante la
creazione della prima coppia umana, lo avrebbero saputo. Oltretutto - per i
credenti - lo stesso essere identificato come “Satana il Diavolo” (principale
angelo ribelle) non conosce la data della fine, ma solo il periodo.
149
UNDICESIMA CONTROVERSIA
L’ANNO 2012
Nell’editoriale di dicembre 2008 della rivista “Area di Confine” il direttore,
ing. Ennio Piccaluga, scrisse: “Saremmo tutti ben lieti se qualche stimato
luminare ci dimostrasse l’inconsistenza delle nostre paure … ma ciò non
avviene … E non dispiacerebbe che un buon astronomo, con umiltà e senza
saccenteria … si prendesse la briga di … dimostrare che non sta arrivando un
bel niente dalle profondità dello spazio. Causerebbe, forse, la delusione dei
catastrofisti, ma avrebbe di certo la nostra riconoscenza”. In realtà, proprio
sul web si possono visitare alcuni siti che affrontano il tema del 2012 in
chiave pragmatica, come ad esempio la stessa Wikipedia (www.wikipedia.org)
oppure il blog “Disinformatico” del giornalista Paolo Attivissimo. Non da
meno è stata pure la trasmissione scientifica di Raitre “TG Leonardo” in un
servizio andato in onda agli inizi del 2009, nel quale si misero a confronto
alcune credenze intorno al 2012 con i relativi dati acquisiti dagli scienziati. E’
chiaro che qualche sito internet ed un servizio televisivo saranno poca cosa se
messi a confronto con l’autorevole voce di un luminare della scienza, tuttavia
ciò che poi conta realmente è la qualità delle informazioni.
Prendendo spunto da questo prologo, cercheremo nel limite del possibile di
comprendere le motivazioni per le quali sono sorte molte delle paurose
aspettative sul 2012 e tenteremo anche di offrire un modesto contributo per
ridimensionarne alcune. D’altronde, benché certi messaggi apocalittici odierni
risultino fastidiosi, questa è l’epoca in cui viviamo e non possiamo scappare se
non attraverso “diversivi” e distrazioni varie. In tutta franchezza, nel caso la
fine della nostra pazza civiltà fosse qualcosa di plausibile, faremmo meglio a
non riderci con troppa leggerezza, anche perché messi bene non siamo.
Inoltre, il vecchio detto “si raccoglie ciò che si semina” sembrerebbe proprio
adatto alla presente situazione mondiale. Ma è veramente da temere il 2012
ormai prossimo?
La Terra e la sua rotazione. Si ipotizza che la Terra dovrebbe cessare di
ruotare sul proprio asse entro il 21 dicembre 2012 e rimanere ferma circa 72
ore per poi riprendere la rotazione in senso retrogrado. Di certo, una
prospettiva non troppo rosea. Rivedere allora quanto già sappiamo in merito al
nostro pianeta potrebbe aiutarci a capire che, in effetti, il rallentamento della
rotazione accertato non corrisponde propriamente ai timori conclamati.
150
La differenza di 4 minuti tra giorno siderale (23 h 56 m 4 s) e giorno solare
(24 ore) è dovuta ad un effetto di parallasse con il Sole. Infatti, la Terra ogni
giorno percorre mediamente 2,5 milioni di km della propria orbita. La stessa
velocità orbitale del nostro pianeta, inoltre, non è sempre uguale, pertanto le
cicliche variazioni annuali della durata del giorno possono ammontare
complessivamente a 15 secondi circa. Infine, i deboli effetti di marea esercitati
dalla luna (in minima entità pure dal sole) e le disomogeneità della massa
terrestre - dovute a vari fattori interni ed esterni - provocano il rallentamento
della rotazione del nostro pianeta.
Fig. 157. Relazione tra giorno
siderale e giorno solare
Proprio verso la fine del 2008, grazie alla precisione degli orologi atomici al
cesio, è stato aggiunto 1 secondo in più alla durata del giorno (notizia
diramata da TG3 Leonardo in data 31 dicembre 2008). Rimarrebbe però il
dubbio relativo al lasso di tempo su cui il ritardo di 1 secondo sarebbe stato
calcolato. Mettiamola allora così: perché non provare noi stessi a misurare la
durata del giorno? Certo, sarebbe un tentativo alla bene-meglio, ma utile ad
aver chiaro in mente che nessuno può arrivare al punto di occultarcene persino
la durata.
La Terra ed il suo campo magnetico. Strettamente legato alla rotazione
terrestre è il campo magnetico che avvolge il nostro pianeta. Va detto però che
i timori dell’imminente annullamento ed inversione probabilmente sono
esagerati per diverse ragioni. Prima di tutto, l’argomento è di una complessità
tale che affidarsi semplicemente alle profezie di antichissimi popoli potrebbe
condurre a risultati fuorvianti se la profezia stessa non offrisse un minimo di
dati verificabili: è lo stesso problema che talvolta affligge anche le previsioni
fatte dagli scienziati in numerose circostanze (si considerino ad esempio le
eruzioni dei vulcani “dormienti”). Secondariamente, dobbiamo tener conto dei
151
dati effettivi in nostro possesso e delle conclusioni a cui essi ci faranno
pervenire. Le recenti stime scientifiche dimostrano che la diminuzione del
momento magnetico è pari allo 0.05% annui, ovvero il 5% al secolo
(≈4*10^19Am²); quindi l’annullamento e l’inversione, almeno in linea teorica,
sarebbero ancora relativamente lontani. Tuttavia negli ultimi 10 anni le
rilevazioni effettuate mediante satelliti (come l’Oersted danese) sembrano
indicare che il campo magnetico terrestre stia dando evidenti segni di
instabilità. Va inoltre sottolineato che, nonostante la maggior parte delle
ricerche nel settore del paleomagnetismo vertono su una concezione
gradualista dell’evoluzione geologica terrestre, esistono anche opinioni
nettamente divergenti come quella del dr. Russel Humphreys, il quale ha
proposto un modello a movimenti convettivi compatibile sia con inversioni
rapide di polarità che con la diminuzione del campo magnetico globale.
Fig. 158.
Rappresentazio
ne del campo
magnetico
terrestre e delle
sue interazioni
col vento
solare.
Quindi, è vero che la rotazione rallenta come è anche vero che il campo
magnetico stia diminuendo, ma non siamo nelle condizioni di prevedere una
data precisa per la loro rispettiva cessazione. Poiché il campo magnetico viene
generato per il 94% all’interno della Terra - mentre solo il 6% è prodotto da
interazioni con il vento solare - la cessazione della rotazione ne
significherebbe pure l’annullamento (e la conseguente fine della vita sulla
Terra). Ma la rotazione rappresenta l’imprinting del momento angolare
originale acquisito dal nostro pianeta alla sua formazione; così, per fermare la
rotazione occorrerebbe trasferire momento angolare sotto forma di energia
meccanica da qualche altra parte (il debole effetto di marea esercitato dalla
Luna ne è un esempio). Il fatto è che la potenza del campo magnetico è
irrisoria, sufficiente solo a schermarci dalle radiazioni nocive, pertanto non
potrebbe causare la frenata della rotazione planetaria. Inoltre l’annullamento
della rotazione non può verificarsi nei sistemi inerziali dotati di moto
152
periodico ed armonico come quello dei pianeti e dei loro satelliti; nella
peggiore delle ipotesi si stabilirà una risonanza di 1:1 (la Luna che ci volge la
stessa faccia significa una rotazione su se stessa per ogni orbita attorno alla
Terra). In conclusione, qualora il momento d’inerzia della rotazione terrestre
venisse completamente ceduto in compensazione ad un altro corpo celeste,
risulterebbe estremamente difficile ripristinarlo ne in un senso e nemmeno
nell’altro.
La Galassia ed il suo centro. Ulteriore elemento caratteristico del timore
verso il 2012 riguarda il presunto allineamento con il piano galattico. Per
intenderci, il sistema solare si muove alla velocità di circa 220 km/s attorno al
nucleo della Via Lattea impiegando grossomodo 250 milioni di anni a
percorrerlo. Il moto ondulatorio (anch’esso di tipo armonico) che porta il
sistema solare a transitare sul piano galattico si compie in circa 85 milioni di
anni (2,7 volte per ogni orbita). Ne consegue che, ogni qualvolta il sistema
solare giungerà in quel punto, esso sarà – in linea teorica - maggiormente
esposto alla gravità prodotta da una più elevata densità stellare caratterizzante
il piano galattico ed i suoi dintorni. Cosa possiamo imparare invece
dall’osservazione delle innumerevoli galassie uguali alla nostra, viste sia di
profilo che di taglio?
Le galassie a spirale posseggono proprio sul piano di rotazione un spessa
coltre di pulviscolo che blocca la luce e le radiazioni provenienti dal nucleo
centrale (dove si annida il potente motore gravitazionale, probabilmente un
buco nero). Il nostro sistema solare dista circa 28.000 anni luce dal nucleo, per
cui il pulviscolo si comporta da filtro schermante. Forse il problema al quale
potremmo incorrere è legato ad eventuali piccole fluttuazioni nella densità di
queste polveri, sufficienti da lasciar passare una maggior dose di radiazioni
che, come risultato, provocheranno un modesto aumento del riscaldamento
globale del sistema solare. In linea di massima però si direbbe che la struttura
della nostra galassia sembri fatta ad hoc!
Dal momento che uno dei timori del 2012 riguarda qualche non ben precisata
onda galattica, ricordiamo ai nostri cari Lettori che, in virtù del limite della
velocità della luce, quello che osserviamo oggi verso il centro della galassia è
accaduto circa 28 mila anni fa. La luce e le altre radiazioni impiegano quel
lasso di tempo per arrivare fino a noi. Quindi, qualsiasi antica profezia basata
su presunti cicli galattici avrebbe dovuto tener conto anche dei fattori legati
alla Relatività. Inoltre, se veramente fossimo tanto prossimi al piano galattico
per quale ragione nel corrente anno 2009 dovremmo essere meno preoccupati
153
quando invece i presunti effetti sarebbero praticamente gli stessi già adesso?
Si consideri oltretutto che tale “allineamento” sarebbe già avvenuto nel 1998!
Fig. 159. Sei splendidi
esempi di galassie a spirale.
I pericoli maggiori sono le
esplosioni di supernova e le
radiazioni del nucleo
galattico.
Figura 160. La posizione
occupata dal nostro sistema
solare nella Via Lattea
(NASA)
154
Fig. 161.L’ipotesi del Pianeta X è parte di una più grande teoria riguardante una
probabile compagna invisibile del sole.
(http://www.space.com/scienceastronomy/solarsystem/nemesis_010320-1.html)
Nibiru: arriva il Pianeta X? Nel precedente capitolo si era evidenziato come
la cinematografia fantascientifica abbia in certa misura accresciuto l’interesse
ed il timore verso un certo tipo di catastrofismo. Di fatto, però, tali paure
hanno radici molto profonde, almeno quanto lunga è la storia documentata
della razza umana. Tuttavia quello che ci riguarda ora è valutare fino a che
punto siano giustificabili le attese del presunto Pianeta X o Nibiru, definito dal
sumerologo Zecharia Sitchin “il Dodicesimo Pianeta”.
Stando alle attuali conoscenze del sistema solare non sarebbe affatto da
escludere che esistano ulteriori pianeti di svariate dimensioni oltre l’orbita di
Nettuno; tra l’altro ciò è ben risaputo dalla Comunità Scientifica (inclusa la
stessa NASA per essere chiari). Da molti anni infatti la ricerca di questi
pianeti è coadiuvata da sofisticatissimi telescopi a terra e da satelliti orbitali
dotati di appositi sensori IR. Oggi come oggi prevale l’ipotesi di una
compagna oscura del sole situata oltre la “Nube di Oort”, ma che
155
periodicamente si immerge all’interno d’essa; praticamente una nana bruna o
nera capace di perturbare l’orbita di innumerevoli frammenti ghiacciati
spingendone una parte verso il sistema solare interno. Alcuni nomi dati a tale
ipotetica compagna sono: “Nemesi” (Richard. A. Muller), Dark Star” e “Little
Brother” (Windsor e Patten). Si pensa che l’orbita di questo misterioso
oggetto sub-stellare possa compiersi in parecchi milioni di anni (da un minimo
di cinque a 26 o addirittura 30 milioni di anni). Idee abbastanza divergenti
riguardano anche gli effetti dell’astro: si va da perturbazioni cicliche delle
orbite dei pianeti alla messa in orbita dei pianeti stessi (ancora Windsor e
Patten); altri ancora vedono in questo oggetto la causa dei cataclismi narrati in
molti miti e nella storia biblica. Complessivamente, ad esso si associano le
principali catastrofi abbattutesi sulla Terra nel corso delle Ere Geologiche.
Onestamente non si può certo ritenere di aver le idee molto chiare al riguardo,
ma non significa comunque che l’argomento debba essere trattato con
disprezzo. Siccome dello Spazio interplanetario sappiamo meno di quanto
presumiamo di conoscere, non dovremmo stupirci se, prima o poi, un nuovo
oggetto di taglia planetaria verrà finalmente individuato (ammesso che dietro
qualche odioso “top secret” non si nasconda proprio una simile scoperta).
In tutto questo già criptico scenario si inquadra il terrore del Pianeta X (o
Nibiru che dir si voglia). Infatti anche Nibiru non sembra seguire una strada
tanto migliore rispetto alla conoscenza della misteriosa compagna oscura del
sole. Basta sfogliare la gran mole di libri e pagine web per constatare come da
un temuto pianeta infuocato si passa ad un pianeta infuocato con satelliti, ad
una nana bruna con pianeti, poi ad una nana nera con pianeti. Non meno
interessante è la più recente ipotesi concernente la nana rossa con pianeti: un
vero e proprio mini-sistema solare!
A causa delle palesi incoerenze venutesi a creare nelle varie ipotesi del
Pianeta X, gli scettici si sono convinti di poter demolire tutto l’impianto
ideologico e (pseudo?) scientifico in modo abbastanza semplice. Meglio
sarebbe affrontare la questione sotto una luce diversa: ne carichi di scetticismo
aprioristico, ma nemmeno di bieca ingenuità. Si consideri che, in fatto di
passaggi nel sistema solare da parte del presunto Pianeta X, esistono opinioni
molto contrastanti: si passa dai 3600 ai 4200 anni fino a periodi molto più
lunghi, nell’ordine delle decine di migliaia di anni. A questo punto dovremmo
seriamente chiederci come si possa predire una data specifica, basandosi sul
calendario Maya ed i relativi “cicli cosmici”, se poi sappiamo poco o nulla del
corpo celeste in questione. Probabilmente gli scettici riterranno l’attesa di
Nibiru un atto di fede più che un fatto di scienza.
156
Dal canto nostro preferiamo rimanere con i piedi saldamente per terra e la
mente aperta, ovvero mettere il Lettore in condizioni di poter far uso del buon
senso e del sano ragionamento. Quindi, tornando al Pianeta X (Nibiru), se le
nane nere sono oggetti ritenuti rarissimi, le nane brune sembrano invece essere
corpi celesti difficili da individuare (seppur non rari), ma decisamente non
idonei ad ospitare pianeti abitabili: questi astri hanno di per se temperature
bassissime e luminosità esigua. Di conseguenza, qualsiasi pianeta gli orbitasse
attorno sarebbe freddo e relativamente inerte (a meno che non gli orbiti
vicinissimo). Qualcuno ovviamente potrebbe obiettare reiterando l’ipotesi
della nana rossa con pianeti, tutto sommato, più sensata rispetto ad altre. In tal
caso, non ci resta che riconsiderare la scoperta di Gliese 581. Riflettiamo un
momento: se siamo stati in grado di risolvere un pianeta di taglia quasi
terrestre attorno ad una stella così debole e distante 20 anni luce, non
dovremmo ancor più essere nelle condizioni di poter distinguere chiaramente
un mini-sistema solare che si aggira nei nostri paraggi? O forse siamo tanto
ingenui da credere che quello che sta in cielo qualcuno ce lo può nascondere
facendoci “vedere” chissà cos’altro? In parole semplici, una dose di buona
volontà nello scandagliare il cielo notturno sarà di prezioso aiuto. Perché
lascialo fare sempre e solo agli altri?
Un salto nel passato. Non vorremmo essere fraintesi. Che il 2012 potrebbe
essere un anno come un altro è una cosa, ma illuderci che la nostra epoca sia
un periodo come qualsiasi altro, non siamo affatto d’accordo!
Fig. 162. la
compagna oscura del
sole sarebbe in grado
di perturbare la Nube
di Oort. Circa il
Pianeta X
suggeriamo la lettura
di questa pagina
web:
http://www.astrofilitr
entini.it/tnp/hypo.htm
l
157
Finora, però, ci siamo occupati del futuro, nella fattispecie il veniente 2012;
resta solo da attendere quell’anno per sapere se le nostre paure avranno avuto
senso oppure no. Qualsiasi ulteriore congettura sarà solamente un aggiunta a
quanto già è stato detto. Null’altro. Dovremmo invece fare un salto nel passato
per cercare delle coincidenze (o almeno delle date contigue) che possano
avvalorare la formulazione di una teoria in grado di individuare la Causa
Prima da cui sembra si siano sviluppate profezie e cicli cosmici. Di certo una
Teoria con i suoi inevitabili difetti e senza alcuna pretesa di “Verità
Assodata”. Ebbene, di queste “coincidenze” ne avremmo quattro.
(1) La prima riguarda i Testi Sacri Veda ed il ciclo denominato Kali Yuga.
Stando a questi antichissimi scritti il Kali Yuga iniziò nel 3102 a. E.V. e
durerà complessivamente 432.000 anni. Esso coinciderebbe con la morte di
Krishna e viene descritto come un periodo oscuro, di decadenza morale e
destinata oltretutto a terminare in modo eclatante, sostituita da una nuova era
di rinascita e rinnovamento totali. Molto interessante è l’opinione dello
scrittore René Guénon (1886-1951), studioso di tradizioni spirituali orientali
ed occidentali, il quale considerava prettamente simbolici i 432.000 anni del
Kali Yuga. L’era del materialismo sarebbe iniziata in realtà verso il 4000 a.
E.V. e dovrebbe durare in realtà circa 6000 anni, giungendo quindi al suo
epilogo nei decenni dopo l’anno 2000.
Fig. 163. René Jean-Marie-Joseph Guénon
Nato a Blois il 15 novembre 1886 e morto al
Cairo il 7 gennaio 1951
(2) La seconda riguarda la Bibbia e la cosiddetta era antidiluviana. In questo
caso il soggetto che ci interessa è l’antico profeta Enoc, settimo uomo nella
discendenza di Adamo, nato verso il 3534 a. E.V. e morto a “soli” 365 anni
nel 3169 a. E.V. Naturalmente il libro di Genesi non offre molti particolari
descrittivi circa le attività svolte dagli uomini vissuti in quell’epoca, pertanto
158
sarebbe un po’ azzardato ritenere sicuramente giusta qualsiasi ipotesi
formulata attraverso libere interpretazioni del testo biblico. In realtà i primi
capitoli di Genesi si limitano a seguire solo alcuni fatti principali degli uomini
facenti parte della linea di discendenza del Messia, il promesso “Seme della
Donna”.
Per quel che concerne Enoc, il racconto di Genesi dice che l’uomo “non fu più
perché Dio lo prese” (altre Bibbie traducono “Dio lo trasferì”). Ulteriori
informazioni inerenti la morte di Enoc scarseggiano, per cui non è stato
complicato il diffondersi di illazioni assortite tra rapimenti da parte di presunti
extraterrestri a bordo di navi spaziali oppure – addirittura – il trasporto di
Enoc su un pianeta di un altro sistema solare. Dopotutto, in un epoca come la
nostra dove la fantascienza ha contribuito al dilagare di idee del genere
(affascinanti sicuramente), viene quasi istintivo abbracciare simili
speculazioni. Vedremo più avanti come, in realtà, le cose andarono in maniera
differente.
(3) La terza riguarda il calendario Maya ed in particolare l’attuale “quinto
ciclo” iniziato il 6 settembre 3114 a. E.V. che avrà termine il 20 dicembre
2012. Sono state avanzate diverse ipotesi per tentare di spiegare il senso dei
cambiamenti epocali, ma gli archeologi sembra non abbiano trovato prove
convincenti da far ritenere che i Maya considerassero effettivamente il 20
dicembre 2012 come fine del mondo. Comunque, si ritiene che avvenimenti di
una certa entità dovrebbero caratterizzare il passaggio da un ciclo all’altro,
possibilmente anche di natura violenta seppur non da fine del mondo. Va
inoltre rilevato che nei testi Maya esisterebbe qualche riferimento (ovviamente
“adattato”) al Diluvio Universale descritto in Genesi; tuttavia non è detto che
l’avvento del quinto ciclo abbia veramente coinciso con il diluvio noetico
verificatosi, secondo la cronologia biblica, molti secoli dopo. Quindi, sarebbe
più corretto identificare due specifici fenomeni accaduti sulla Terra in
differenti periodi di tempo.
(4) Resta ora la quarta riguardante la mitologia sumerica. Anche questo antico
popolo pare abbia adottato un modo di datare avvenimenti cruciali della loro
civiltà e religione che, per certi aspetti, ricorda il Kali Yuga. Secondo il
sumerologo dr. Zecharia Sitchin il dominio degli Anunnaki sarebbe iniziato
circa 445 mila anni fa con una lunga carrellata di “re” mezzo uomo e mezzo
dio (per l’esattezza 432 mila anni prima del diluvio universale). Il Kali Yuga
sarebbe iniziato invece 432 mila anni fa: si direbbe quasi una incredibile
coincidenza! La mitologia dei Sumeri racchiude molti altri aspetti intriganti i
159
quali, una volta ripuliti dagli elementi fantasiosi (può darsi volutamente
mistificati), potrebbe darci una mano a far luce su ciò che accadde sulla Terra
in un periodo storico di difficile comprensione, ma non per questo totalmente
oscuro.
Un passato difficile da decifrare. Nel background della mitologia di tutte le
culture antiche si nasconde la presenza di un oggetto cosmico simile ad un
piccolo sole, il quale ebbe un ruolo determinante nella storia delle prime
civiltà umane. Uno dei problemi di base però sta nel discernere chiaramente se
tale oggetto fu la causa del diluvio universale biblico, come ipotizzato da
numerosi studiosi indipendenti di varia nazionalità, oppure no. Ulteriori
contrasti riguardano poi le presunte glaciazioni, le devastazioni, i diluvi e le
annesse distruzioni delle varie Atlantide, Lemuria e Muh su cui è stato scritto
di tutto. Si devono aggiungere anche le discordie sulle datazioni attribuite a
questi cataclismi, le quali possono spaziare da qualche migliaio fino a 10-12
mila anni fa, se non di più. E, dal momento che nei miti è assai arduo riuscire
a separare l’elemento storico dalla fantasia, non ci resta che procedere come
quando si ricompone l’immagine di un puzzle, consapevoli della possibilità di
commettere degli errori anche da parte nostra.
Fig. 164. Il quinto ciclo Maya iniziò il 6 settembre 3114 a. E.V. e terminerà il 20
dicembre 2012. Per quell’anno è previsto un nuovo ciclo di intensa attività solare.
160
Fig. 165. Georges Leopold Chretien Frédéric
Dagobert Cuvier.
Nato a Montbéliard, 23 agosto 1769 e morto a
Parigi il 13 maggio 1832
Fig. 166. A sinistra:
la “caduta di
Fetonte” in un
dipinto di Johann
Liss. Al centro:
copia romana di
Demetra tratta da
un originale greco
(Museo PioClementino). A
destra: “il ritorno di
Persefone” in un
dipinto di Frederic
Leighton del 1891
Tanto per intenderci, l’idea del valore simbolico e non “alla lettera” suggerita
da René Guénon per definire la durata di epoche come quella del Kali Yuga o
del dominio degli Anunnaki, presenta per certo dei vantaggi logici e si abbina
meglio alla cronologia biblica tradizionale. Di notevole spessore è anche
l’opinione a suo tempo espressa dal naturalista francese Georges Cuvier nel
suo Discours sur les revolutions de la surface du globe pubblicato nel 1825:
egli non ebbe alcun dubbio nell’indicare un periodo compreso tra i 5000-6000
anni fa durante il quale un evento globale ridisegnò la geografia dell’intero
pianeta. Dunque, il nostro inquadramento storico inizia a prendere forma.
161
IPOTESI DI SEQUENZA CRONOLOGICA
Cronologia biblica:
Adamo viene creato verso il 4026 a. E.V. Non si conosce però la data della
creazione della prima donna, la quale dovrebbe precedere l’inizio del
cosiddetto “Settimo Giorno” o “Giorno di Riposo”. *
Era del materialismo (René Guénon):
Iniziata ca. nel 4000 a.E.V. Durata ca. 6000 anni. Termine verso i decenni
seguenti il XXI secolo.
Cronologia biblica:
Genesi 4, 26: “…Allora (in quel tempo) si cominciò ad invocare il nome del
Signore (Yahweh)”. Verso il 3791 a. E.V. **
Cronologia biblica:
Trasferimento (morte) del profeta Enoc: ca. 3169 a. E.V.
Quinto ciclo nel calendario Maya:
Iniziato il 6 settembre 3114 a. E.V. Terminerà il 20 dicembre 2012.
Kali Yuga:
Iniziato nel 3102 a. E.V. in concomitanza della morte di Krishna. ***
Cronologia biblica:
Diluvio Universale verificatosi verso il 2370 a. E.V.
___
* Secondo alcune illazioni bibliche allo scadere di 6000 anni dalla creazione
della prima donna dovrebbe giungere la fine del mondo…
** Poiché non viene specificato esattamente il momento in cui i “figli di Dio”
(Nefilim o Anunnaki) scesero sulla Terra è probabile che questa data
potrebbe risultare in qualche modo significativa. Ma è solo una congettura.
*** Krishna ed Enoc: la medesima persona?
Il Grande ed incerto Puzzle. Prima che qualcuno fraintenda il nostro lavoro,
chiarifichiamo per l’ennesima volta che questo libro non ha di certo la pretesa
di voler “insegnare ai maestri”. Tuttavia siamo perfettamente consci delle
notevoli problematiche insite nel datare fatti storici risalenti al III e al IV
millennio a. E.V. come siamo altrettanto convinti che queste problematiche
trovino la loro causa nel diluvio universale descritto in Genesi, verificatosi nel
2370 a. E.V (e non in periodi precedenti a tale data). Rimettendo quindi le
affascinanti diatribe archeologiche nelle esperte mani di docenti e ricercatori
162
specializzati, noi preferiamo continuare a seguire il controverso filo logico
saldamente impostato su tutto lo svolgimento del libro.
Vi sarebbero tre racconti mitologici i quali, secondo la nostra opinione,
potrebbero offrire ottimi indizi storici se messi in correlazione fra loro: il mito
di Demetra, il mito di Fetonte e il mito della battaglia di Marduk contro
Tiamat. Nel mito di Demetra (Madre Terra) accade che la figlia Persefone
(corrispondente simbolo lunare) “precipita” verso un’enorme voragine
apertasi sulla superficie terrestre. Nel mito di Fetonte (figlio del dio Apollo e
di Climena) accade invece che il “carro del sole” sembra impazzire,
muovendosi in modo anomalo, mentre Fetonte precipita distruggendosi al
suolo. E’ come se due osservatori avessero seguito l’evolversi dello stesso
fenomeno dai due lati della Terra in luce e in ombra, il che ci suggerirebbe
una possibile soluzione: era la Terra a muoversi in modo anomalo in quanto
l’asse di rotazione si stava spostando! La luna, proprio in quel momento,
veniva colpita da Marduk* mediante enormi frammenti che ne devastarono la
superficie spazzando via gli oceani e contaminando l’atmosfera, la quale in
breve tempo si mineralizzò provocando l’ossidazione del suolo.
E’ probabile che la luna dovette subire contemporaneamente lo stesso effetto
gravitazionale che investì il nostro pianeta poiché l’asse di rotazione
evidentemente si inclinò in modo quasi identico a quello della Terra, ma con
un rallentamento della rotazione di circa 41 minuti. L’energia complessiva
sprigionata e la devastazione furono tanto intense da sconquassare la luna
neutralizzandone il campo magnetico e facendola spostare dalla sua posizione
originale fino a quella attuale, divenendo il pianeta oggi conosciuto come
Marte. I nomi Persefone, Tiamat e Lahmu potrebbero essere in realtà tre modi
diversi per definire lo stesso corpo celeste: Persefone dalla prospettiva terrena,
Tiamat dal punto di vista dell’acqua e degli oceani, Lahmu dal punto di vista,
diciamo, politico riferito soprattutto a dopo la catastrofe cosmica.
__
* Il dr. Zecharia Sitchin ritiene che probabilmente Marduk e Nibiru si riferissero allo
stesso oggetto cosmico visto da due prospettive orbitali, ma è altrettanto rilevante
l’ipotesi avanzata qualche anno fa dal fisico americano dr. John Ackerman nel suo sito
www.firmament-chaos.com il quale sostiene che tale corpo celeste fosse nientemeno
che il pianeta Venere, formatosi da un enorme impatto sulla superficie ghiacciata di
Giove circa 6000 anni or sono.
163
Fig. 167.
Rappresentazione
mitologica della
battaglia tra
Marduk e Tiamat
Fig. 168. Schema dell’originale posizione di Tiamat come satellite naturale della
Terra la quale, dopo il passaggio ravvicinato del corpo celeste anomalo, deviò
subendo una gran devastazione e divenendo infine
Lahmu Marte).
164
Di certo è un’ipotesi agghiacciante ma, se le cose fossero andate realmente in
questo modo, la Terra dovette rimanere per decenni senza luna! La narrazione
del mito di Demetra continua dicendo che il nostro pianeta fu colpito da estese
carestie e gravi problemi climatici tali da provocare la morte di molti esseri
umani. Dopodiché, dalle viscere della Terra, Persefone (la Luna) ritornò, ma
ora si alternavano 6 mesi di luce e 6 mesi di tenebre (forse riferito a qualche
zona del polo sud meno esposta alla devastazione, dove l’uomo trovò
scampo). Ovviamente la ricomparsa della Luna, essendo interamente nata da
materiale del mantello terrestre, causò ulteriori disastri planetari e segnò
definitivamente la frammentazione dei continenti (si veda il capitolo 7).
Immaginiamo che questa nostra interpretazione potrebbe non incontrare
grandi plausi ed entusiasmi anche perché, sotto certi aspetti, metterebbe in
discussione le stesse teorie avanzate dal dr. Zecharia Sitchin. In più, se quei
tragici fatti si fossero realmente scatenati PRIMA dello spostamento dell’asse
terrestre (costituendone in pratica la Causa Prima), potrebbe significare che la
traiettoria del corpo celeste era un po’ diversa rispetto alle valutazioni dedotte
dai vari reperti archeologici.
Gli eventi qui narrati, benché molto difficili da dimostrare, ci forniscono
comunque un quadro coerente e logico della triste storia di quei tempi e
giustificano appieno le numerose coincidenze tra i miti delle antichissime
civiltà umane. Lo stesso Enoc può darsi che diede una poderosa testimonianza
proclamando messaggi di giudizio contro uomini e angeli ribelli intenti a
pianificare azioni orribili. Tuttavia non ebbero nulla a che vedere con il
diluvio biblico verificatosi verso il 2370 a. E.V. Il diluvio noetico pose fine a
quella maniacale civiltà mista di uomini ed esseri eso-terrestri, e salvò la Terra
da una inevitabile morte prematura. Resta ora da capire che relazione ci
sarebbe tra i fatti di allora e la nostra epoca. Ebbene, la Terra è un pianeta
meravigliosamente studiato per sostenere la Vita, ma i danni inferti allora si
strascicano ancora oggi. Il nostro pianeta non sarebbe in grado di difendersi
efficacemente nemmeno da probabili attività solari anomale, mentre prima di
quelle catastrofi cosmiche sì.
Non è quindi il 2012 che dovrebbe preoccuparci, bensì la possibilità concreta
che esista veramente un Padrone di Casa della quale noi siamo irrispettosi
inquilini. Magari l’idea sarà gradevole ad alcuni e fastidiosa ad altri, specie a
coloro che preferiscono vivere senza dover rendere conto delle proprie scelte
ed azioni. Tuttavia, prima che la Casa crolli, il Padrone di Casa potrebbe
presentare il conto e darci lo sfratto, non importa come e con quali mezzi,
coincidesse anche con il passaggio di qualche corpo celeste. Un Essere
165
Intelligente e capace di controllare le forze della Natura non avrebbe certo
problemi nel dirigere lo svolgimento di eventi a carattere giudiziario. Così, il
2012 probabilmente passerà e l’uomo si farà beffe fino al giorno in cui lo
Scacchiere gli piomberà addosso proprio quando meno se lo aspetta e darà
Scacco Matto.
Fig. 169.Sschema rappresentativo della relazione Demetra-Persefone prima e dopo la
catastrofe planetaria.
166
APPENDICE 9
LA CONTROVERSIA TRA
CREAZIONISMO ED
EVOLUZIONISMO
Quest’anno (2009) ricorre il bicentenario della
nascita di Charles Darwin (immagine a
sinistra), il celeberrimo scienziato inglese che
diede forma alla Teoria dell’Evoluzione grazie
al suo libro “L’origine delle Specie”.
Probabilmente Darwin non ebbe mai la più
pallida idea dell’enorme impatto che le sue
ipotesi avrebbero generato sulla Scienza
Moderna, ma nemmeno delle inevitabili
quanto patetiche controversie religiose.
Nei 150 anni trascorsi dalla pubblicazione dell’”Origine delle Specie” sono
sorte infatti vere e proprie frange di contrapposizione ideologica denominate
“Creazionismo” ed “Evoluzionismo” le quali cercano in un modo o nell’altro
di promuovere le rispettive ideologie.
Purtroppo dobbiamo rilevare come i movimenti creazionisti a volte, pensando
di adottare logiche scientifiche, cadono in fallo in maniera eclatante! Citiamo
solo due esempi chiarificatori. 1) Essi sostengono che l’Universo e la Terra
siano giovanissimi (alcuni additano età di poche migliaia di anni!) violando
così tutte le leggi della Fisica. Dalle osservazioni compiute con le moderne
tecnologie conosciamo le distanze di sistemi stellari lontani miliardi di anniluce ed abbiamo inoltre compreso che molti elementi chimici esistono da
miliardi di anni. Quindi l’Universo non può essere tanto giovane! 2) Certi
creazionisti “scientifici” hanno preso alla lettera il racconto biblico della
Genesi pensando che i sei giorni creativi fossero stati davvero di 24 ore
ciascuno, un’idea che viola non solo le leggi Fisiche, ma anche tutti i possibili
ed immaginabili cicli biologici e minerali del nostro pianeta i quali richiedono
ognuno il proprio giusto tempo.
D’altro canto, gli evoluzionisti commettono sovente lo stesso errore, per cui di
ogni nuova scoperta scientifica apparentemente a favore della teoria evolutiva
ne sbandierano il valore probatorio e la quasi certezza. Eppure la maggior
parte degli scienziati, sebbene manifestino un certo grado di legittimo
167
entusiasmo, il più delle volte evidenziano sia i pregi che i difetti delle loro
ricerche. Cosa potrebbe suggerirci tutto ciò?
Forse il problema di fondo alberga da qualche altra parte piuttosto che nella
sola Comunità Scientifica. Anche se qualche ricercatore potrebbe aver sposato
la “fede” evoluzionista, quasi sempre sono poi i mezzi di informazione a far la
parte del leone nel promuovere l’ideologia portante. L’editoria scolastica
affronterà il tema della vita in chiave evolutiva e la mentalità generale si
adeguerà di conseguenza ad adottare la psicologia evoluzionista. In parole
povere una inarrestabile reazione a catena che ormai permea l’intera società
umana.
Senz’altro i nostri Lettori avranno ben notato che questo libro non sostiene la
Teoria dell’Evoluzione. Ciò nonostante essa merita rispetto in quanto gli
scienziati attivi nei settori della biologia molecolare, della genetica e
dell’esobiologia (solo per citarne alcuni settori) hanno comunque fatto grandi
passi avanti nella conoscenza dei meccanismi della vita. Se poi vorranno
ugualmente credere che l’uomo sia soltanto un prodotto della Natura, scaturito
da eventi accidentali, sarà una loro scelta. In sostanza, la nostra posizione non
favorisce per certo l’evoluzionismo, non favorisce l’anti-evoluzionismo e
nemmeno il creazionismo. Questo libro sostiene invece la Creazione.
La Creazione cos’avrebbe di diverso? La Creazione è coerente con le leggi
Fisiche in quanto frutto di un sistema intelligente basato sull’informazione e
non sulla casualità. Tutto l’Universo rispecchia uno schema logico di tipo
informatico a strutturazione nidificata. Il Sistema Solare è calcolato e
bilanciato in funzione della Terra, benché presenti alcune “interferenze”
strutturali. La Creazione non viola nessuno dei cicli biologici conosciuti (e
sconosciuti). La Creazione semplifica la ricerca scientifica in quanto conduce
alla Fonte dell’informazione stessa racchiusa all’interno delle leggi Fisiche.
168
APPENDICE 10
SCIENZA, MITOLOGIA ED ESPERIENZA UMANA
Nello svolgimento del libro abbiamo avuto modo di constatare una congrua
presenza di miti facenti parte del patrimonio culturale di alcune fra le più
studiate civiltà del passato, e quindi non dovremmo stupirci se il Lettore
penserà che attribuiamo alla mitologia un elevato valore oggettivo per
decifrare fatti realmente accaduti in epoche più o meno “storiche”. In effetti
bisogna ammettere che è vero, ma non fino al punto da prendere per buono
qualsiasi contenuto mitologico senza un minimo di pragmatismo e senso
critico.
La mitologia necessita sempre e comunque di una scrematura come pure di un
attento studio su basi interdisciplinari, senza precludere il contributo
intellettuale di menti diverse (persino divergenti fra loro), così da pervenire ad
una visione interpretativa la più ampia possibile. Appare dunque evidente che
esistono molteplici vie per elaborare i numerosissimi racconti mitologici
caratterizzanti le antiche civiltà dell’uomo e, naturalmente, non siamo certo
nelle condizioni di ritenere migliore un punto di vista rispetto un altro,
compreso il nostro.
In ultima analisi, se il mito avrà o no il pregio di poterci raccontare in qualche
modo episodi accaduti in epoche, luoghi e circostanze varie dipenderà da tanti
fattori. La nostra opinione comunque è ragionevolmente possibilistica.
Ovviamente, un possibilismo affetto – ahinoi – dall’incertezza dovuta alle
distorsioni aggiuntesi nel tempo ad opera dell’uomo e da quelle caratteristiche
proprie divenute oggetto di appassionato studio filosofico e – oggi più che mai
– scientifico (in riferimento alle discipline legate alla psicologia e la
psicanalisi).
La mente umana. Sui processi mentali e culturali alla base dell’origine e
sviluppo di ciascun racconto mitologico abbiamo sempre noi stessi come
primario metro d’analisi: le nostre emozioni, la maniera in cui ci confrontiamo
con i nostri simili e con le loro medesime vicissitudini, le nostre sensazioni e
reazioni nei confronti dei grandi temi della vita, della morte ecc. Da queste
premesse sarà allora possibile cominciare a scindere l’esperienza di vita
comune a tutti gli uomini (di qualsiasi epoca) dalle relative associazioni
evento-oggetto-idea, specialmente quando i fatti legati a determinati
personaggi si intrecciano con realtà tipicamente celesti (alla base poi delle
169
credenze astrologiche, divinatorie e religiose). Sembreranno concetti difficili
da metabolizzare, tuttavia non dimentichiamo mai che è proprio la nostra
mente a generare sovente “miti”, oltretutto in maniera stereotipata e dai
contorni infantili. Qualche esempio ci sarà maggiormente d’aiuto…
I bambini e il mito. Si pensi ai bambini nel momento in cui cominciamo ad
esplorare il mondo a tre dimensioni, più precisamente quando muovendosi a
carponi stabiliscono un intimo contatto fra essi – usando occhi, mani e piedi e l’ambiente circostante. I bambini, istintivamente curiosi, iniziano allora a
cercare una spiegazione di ciò che gli sta intorno e, mancando di adeguati
parametri conoscitivi, manifestano le loro paure scaricandole attraverso
svariati meccanismi psicofisici come ad esempio il pianto. Fra tutti, però, la
visione onirica costituisce senz’altro uno dei più potenti processi mentali in
grado di dare forma a tentativi di connessione fra il mondo reale ed il piccolo
universo interiore dei fanciulli.
Ma è proprio su questa fase che vorremmo porre una riflessione, per certi
aspetti strana. Fino a 70-80 anni fa all’incirca il massimo delle situazioni più
indecifrabili per i piccoli non oltrepassavano l’essere presi e portati a spasso
sul carretto a cavallo. Il resto era costituito dalle normali scene di vita
quotidiana tipiche della società media (erano relativamente pochi i possessori
di mezzi all’avanguardia). Oggi invece le cose stanno ben diversamente. I
bimbi sono sottoposti a stimoli di gran lunga più complessi e potenti poiché
l’ambiente familiare si è arricchito di elettrodomestici, prese di corrente,
televisori digitali, computer, consolle di videogiochi, lettori multimediali e
telefoni cellulari. Poi abbiamo l’ambiente esterno pieno di automobili, aerei,
moderni treni ecc. Come pensiamo che avverranno le interazioni tra la fragile
e giovane mente di un bambino e tutto questo insieme di oggetti? In altre
parole, la relazione tra fantasia e realtà dei bambini d’oggi non è certamente la
stessa di quella dei bambini di una volta (o di quelli che tutt’oggi vivono senza
modernità). Sebbene i piccoli fanno presto ad adeguarsi ed imparare, saranno
sempre e comunque soggetti a sviluppare “miti” interiori su tutto quello che
recepiscono. E gli adulti?
Origine dei miti. Anche in mancanza di adeguata conoscenza l’uomo
cercherà sempre, in un modo o nell’altro, di trovare una spiegazione a tutto,
indipendentemente dall’età, e questo ci permette di capire meglio il perché
abbiamo voluto prendere la tenera mente dei bambini come spunto per
identificare l’origine profonda della mitologia. Ora dobbiamo spostarci ancora
una volta nel passato, però guardando le cose da un’ottica un po’ meno
170
accondiscendente. La mitologia greca ad esempio pullula di racconti nei quali
le costellazioni erano la proiezione celeste di una serie di eventi terreni, ossia
una rappresentazione o trasformazione ideale di fatti (chissà?) accaduti a
persone reali e che si sarebbero conclusi con la trasposizione celeste del
personaggio chiave. Basta prendere in esame i miti relativi alle costellazioni di
Andromeda, Cassiopea ed Orione per farsi un idea precisa. Stesso discorso
vale anche per la nascita della divinazione astrologica: poiché il susseguirsi
della vita umana è sempre stato contraddistinto dal ciclo nascita-cresita-morte
con tutte le ovvie vicissitudini, amori, guerre, conquiste, sconfitte ecc. non è
stato poi tanto difficile per alcuni “profeti” individuare degli apparenti nessi (o
coincidenze) tra lo scorrere della vita e certi fenomeni celesti come le eclissi
solari e lunari, il passaggio di comete e la caduta di meteore, il tutto corredato
da una meticolosa conoscenza dei principali cicli planetari (relativi ai pianeti
visibili ad occhio nudo).
Vogliamo aggiungere ulteriori fonti da cui la mitologia si è sviluppata?
L’ignoranza prima di tutto e la malafede poi. Si pensi ai fenomeni atmosferici
come i fulmini. Dal momento che inizialmente erano sconosciuti i meccanismi
alla base di questo fenomeno naturale, la soluzione più pratica chiamava in
causa l’ira degli dèi i quali si manifestavano così verso gli uomini terreni. E
che dire delle eruzioni vulcaniche? La lava caldissima, luminosa, infuocata ed
incandescente probabilmente costituì il motore per le credenze sull’inferno
quale luogo di tormento dei dannati dopo la morte. Perché? I morti venivano
sepolti a terra, per cui l’associazione oggetto-idea sarebbe stata perfetta! Ma
anche la beatitudine celeste era un riflesso, meglio la contrapposizione logica,
al tormento: il cielo azzurro, le candide nuvole bianche e le brillanti “stelle
fisse” della volta celeste con i pianeti (letteralmente “erranti”) divennero il
luogo ideale degli dèi e delle anime buone di coloro che lasciavano la vita
terrena.
Molte credenze tuttora presenti nelle religioni del mondo intero nacquero
anch’esse dalla medesima ignoranza e malafede di uomini impostori fautori
delle medesime. Credenze come la trinità, oppure il culto della dea madre e
della fertilità pare abbiano avuto origine da un uomo di nome Nimrod
(pronipote di Noè) e da sua madre Semiramide. Secondo il libro “Le due
Babilonie” del rev. Alexander Hislop, essi ebbero una relazione incestuosa per
cui Nimrod divenne padre, figlio e unito alla donna (sua madre, carne della
sua carne!) “tre in uno”. Curiosamente la donna con il bambino (frutto
dell’incesto) costituirono un icona che venne poi adottata nella descrizione
della “Madonna con il bambino Gesù”. Allo stesso modo i simboli della
171
fertilità (tra i quali le uova) vennero anch’essi adottati nelle tradizioni della
Pasqua della cristianità*. Sarebbe stato davvero interessante conoscere la
diretta opinione di coloro che diedero forma alle tradizioni mitologiche e
religiose perpetrate fino ai nostri giorni. Chissà, forse scopriremo che in fondo
in fondo non ci credevano più di tanto ma, grazie a tali costrutti, riuscivano
invece a dominare le masse tenendole nell’ignoranza. Insomma, un sistema di
controllo basato sulla manipolazione mentale nemmeno poi così primitivo
rispetto alle metodologie usate nei nostri tempi.
Rifiuto aprioristico. Dovrebbe il Lettore rimanere perplesso dinnanzi al
rifiuto manifestato da molti esperti a voler prendere in considerazione la
mitologia come plausibile fonte di informazioni storiche? Certamente no!
Anzi, tale rifiuto in parte lo condividiamo e comprendiamo assai bene il
motivo per il quale a volte sorgono conflitti ed astio verso determinati
personaggi che hanno cercato (oppure cercano) in svariati modi di proporre al
Pubblico teorie basate su interpretazioni dei racconti mitologici. Dobbiamo
ragionevolmente aspettarci sentimenti analoghi anche nei confronti di questo
libro.
Nell’odierna società vale come insegnamento predominante la teoria
dell’evoluzione in aperta contrapposizione alla religione, benché siano stati
fatti dei tentativi per creare neo-cosmogonie ibride allo scopo di conciliare
Scienza e Fede. Ma la realtà è che l’uomo sarebbe, secondo il punto di vista di
questa “scienza illuminata”, il prodotto di mutazioni casuali nello stato della
materia inanimata a partire da semplici molecole inorganiche fino al
raggiungimento dell’attuale status, attraverso le ere ed innumerevoli
trasformazioni da una specie all’altra. Negli ultimi 2 milioni di anni l’uomo
avrebbe mutato da un essere prevalentemente scimmiesco - in modo graduale
- fino a divenire Homo Sapiens. Nel mentre il corpo umano prendeva forma
anche il cervello si adattava e si espandeva con il conseguente incremento
delle facoltà intellettive. Dovremmo allora rimanere perplessi dinnanzi al
rifiuto manifestato da molti esperti nel voler prendere in considerazione la
mitologia quale plausibile fonte di informazioni storiche? Naturalmente no. E
a ben motivate ragioni “scientifiche”!
__
* La Pasqua ebraica in realtà non aveva nulla a che vedere con i culti dei popoli vicini.
Il primo mese del calendario ebraico coincideva con le feste pagane solo perché la
nazione di Israele venne liberata dalla schiavitù in Egitto proprio in quel periodo
dell’anno. Oltretutto la storia narrata nel libro di Esodo costituisce una grande
dimostrazione storica di come gli idoli e le dottrine tanto acclamate dal popolo
egiziano erano completamente fasulli e privi di ogni sostanza oggettiva.
172
L’uomo che precedette l’uomo? Come si potrebbe solo immaginare che i
nostri lontani antenati diedero origine e vissero in una prima civiltà
tecnologica? E della possibilità che l’uomo esplorò il Sistema Solare già in
epoche normalmente considerate “preistoria” o “storia antichissima”? Inoltre,
della possibilità che l’uomo ebbe contatti con esseri di origine non terrestre?
Cosa risponderemmo a interrogativi del genere? Meglio ancora: quale sarebbe
la nostra istintiva reazione? Probabilmente, sia l’una che l’altra
convergerebbero in un suonato “NO! Impossibile!”. Ammettendo che l’uomo
si sia evoluto dalle bestie, cioè i Primati, non avrebbe proprio alcun senso
mettersi a farneticare storielle da pellicole cinematografiche fantasy.
Sta proprio qui il bandolo della matassa, il nodo al pettine ed il punto critico di
tutto: la scelta o il bivio. In effetti, un dilemma sul quale ciascuno farebbe
bene a riflettere prima di ostentare saccenteria e che mette anche noi al pari di
chiunque abbia qualcosa da proporre al riguardo. Di conseguenza, ognuno di
noi avrà la responsabilità di operare le proprie scelte, possano essere motivate
da un tipo di acquisizione di informazioni o no. La scelta, tuttavia, porterà a
strade diverse.
Prima Scelta - Se l’uomo fosse semplicemente un prodotto “naturale”
scaturito per caso la sua medesima esistenza dovrebbe costituire nient’altro
che un momentaneo passaggio dall’inesistenza all’inesistenza. Quindi, in virtù
di ciò, egli sarà libero di fare, dire, pensare qualsiasi cosa gli sembrerà giusta
al momento. Sarà anche libero di intraprendere azioni per adattare il mondo
che lo circonda al suo modo di comportarsi, addirittura manipolando la Storia
allo scopo di renderla fluida con il suo presente, e perpetrare così i propri
interessi di parte. Tutto il resto costituirà quindi “ammasso di assurdità” e
“sciocche fantasie”.
Seconda Scelta - Se l’uomo fosse scaturito in virtù di un qualche atto
volontario, e non meramente casuale, allora le conseguenze ricadrebbero da
subito su interrogativi di ben altra portata: chi siamo, da dove veniamo e dove
siamo diretti, oppure qual è lo scopo della vita e dell’esistenza umana. In linea
teorica saremmo costretti ad ammettere che, in un modo o nell’altro,
dovremmo rendere conto delle nostre azioni a Chi avrebbe determinato
(oppure a Coloro che avrebbero determinato) la nostra comparsa in questo
universo. Da una prospettiva non-evoluzionistica lo scorrere del tempo e della
Storia potrebbero cambiare radicalmente significato e condurci quindi a
ritenere possibili cose che “normalmente” non avrebbero mai potuto esserlo
e/o non lo saranno mai.
173
Antichi astronauti? L’idea secondo cui l’uomo avrebbe già messo piede su
Marte nel passato risulterà essere sostanzialmente impossibile nell’ottica
evoluzionistica, ma non in quella non-evoluzionistica. Non può essere
impossibile solamente perché qualche eminente esperto di storia antica o di
archeologia ritiene assurda la presenza di tracce di precedenti attività umane
su un altro pianeta del Sistema Solare. Forse il termine “improbabile” avrebbe
più valore logico poiché rende meglio l’idea della “mancanza di prove
oggettive ed incontestabili”. Nel caso l’uomo fosse comparso con il suo
potenziale intellettivo sin dall’inizio nulla ci impedirebbe di ritenere plausibile
che riuscì a sviluppare una tecnologia aerospaziale in epoche mitologiche. Lo
stesso discorso vale anche per il presunto contatto fra l’uomo e forme di vita
extraterrestri in analoghi periodi più o meno storici. Impossibile (o quasi) sarà
per chi non riesce o non vuole oltrepassare gli impedimenti legati allo
sviluppo della vita in chiave evoluzionistica, ma non è così se ragioniamo
nell’ottica non-evoluzionistica. Come esiste la vita intelligente nel nostro
spazio a tre dimensioni fisiche (più una del tempo lineare) altresì è
plausibilissimo che ne esista anche in altri spazi extradimensionali. Forme di
vita intelligenti capaci all’occorrenza di adattarsi o, comunque, in grado di
interagire con il nostro mondo. Anche questo di per se non è affatto
impossibile, quanto piuttosto difficile da dimostrare in modo sperimentale.
Rimangono allora da affrontare alcuni pensieri a conclusione del presente
libro.
174
CONCLUSIONE
Non è forse vero che l’aver intitolato questo libro “Controversie Spaziali” sia
stata un’idea azzeccata? E, trattandosi di soggetti molto controversi, ogni
singolo capitolo non si è certo limitato ad affrontare con freddezza il relativo
tema. Abbiamo cercato fin dove possibile di andare oltre gli schemi della
normalità. Ed eccola qua un’ulteriore parola controvertibile: “normalità”. Ma
che cos’è in realtà normale? Che cos’è invece anormale o anomalo? Dov’è il
confine tra la normalità e l’anormalità? Tutte domande alle quali ciascun
Lettore potrà liberamente rispondere da se.
Fino a poche centinaia di anni fa era normale pensare che la Terra fosse il
centro di tutto e che il sole, i pianeti e le stelle fossero subordinati ad essa. Chi
non la pensava così era considerato anormale. E, se volessimo rimanere in
tempi recenti, il nostro sistema solare ci ha riservato numerose inaspettate
sorprese. Per millenni Marte è sempre stato visto come pianeta rosso, quindi
era solo normale aspettarsi di vedere immagini “in salsa rossa”. Marte con
cieli azzurri e ambiente simil-terrestre? Non scherziamo! Marte in fase di
cambiamento? Petrolio sotto la sua superficie? Vita intelligente e/o attività
biogeniche? In una società dominata da una certa mentalità prevalente,
concepita per scopi commerciali e di potere, qualsiasi idea si discosti dal suo
spirito non potrà che essere vista in modo negativo, talvolta sovversiva e
pericolosa. Nel nostro “mondo moderno” la controversia ha dunque un sapore
dolce e amaro.
Complottismo e anticomplottismo. In questo libro abbiamo più volte citato
il complottismo e l’anticomplottismo quali fenomeni sociali controversi ed in
aperta lotta ideologica fra loro. Tuttavia, anziché gettare sentenze su quanto
siano buoni o cattivi tali modi di ragionare, varrebbe invece la pena
concentrarsi sulle cause profonde che portano l’individuo a parteggiare per un
fronte o per l’altro: la scelta. Proprio così. Ci sarà sempre una causa iniziale in
grado di catalizzare poi tutte le pulsioni interiori verso un ideologia
complottista o anticomplottista: scelte di fede, scelte politiche, scelte di vita,
frustrazioni e delusioni, successi e conquiste ecc. Sommiamo poi questo mix
per “n” singole persone e, forse, saremo quasi in grado di descrivere l’intera
umanità. Anche perché il complottismo non si limita solo a criticare la NASA
riguardo le presunte false Missioni Lunari. C’è ben altro…
Le teorie dei complotti qualche volta offrono dei vantaggi per nascondere la
propria mancanza di conoscenza su molti argomenti. Per esempio, potrebbe
175
essere più sbrigativo ricorrere al fantomatico “ufo” piuttosto che fare indagini
approfondite e scoprire poi che il misterioso oggetto era qualcosa di
assolutamente convenzionale. Oppure può essere più semplice asserire che il
cielo azzurro di Marte dimostra che c’è acqua in sospensione quando invece è
proprio il contrario! Oppure ancora è più sensazionale dire che Marte sia un
pianeta azzurro e non “rosso” quando invece le immagini indicano
chiaramente che la dominante cromatica prevalente del pianeta tende verso
l’arancione. Così, sulla base di considerazioni del genere, sia gli scienziati che
i governi (o chicchessia in loro vece) divengono rei di nascondere la Verità
alle masse. Ma questo non è di certo il modo migliore per far venire a galla le
vere magagne e le autentiche bugie.
Sviste ed errori. Poiché nessuno è immune dal prendere sviste e commettere
errori, siamo certi che il Lettore, specie quello più competente e preparato, ne
troverà anche in questo libro. Ben vengano dunque eventuali segnalazioni. Ma
perché abbiamo voluto mettere in chiaro tale aspetto? Proprio a motivo del
precedente sottotitolo: anche le nostre tesi e posizioni non è detto che siano
scevre da qualche forma di pregiudizio. Facciamo un esempio. Le immagini di
Marte sottoposte al nostro editing ci hanno mostrato un paesaggio meno rosso
dei prodotti NASA. Eppure, per amor di scienza, non molto tempo fa
effettuammo un banale esperimento utilizzando una fotocamera digitale in
svariati ambienti interni ed esterni. I fotogrammi ottenuti sovente apparivano
piuttosto arrossati persino quando le condizioni d’illuminazione non erano tali
da giustificarne l’eccesso cromatico. Con ciò non intendiamo fare retromarcia
sulle nostre posizioni, ma solo ricordare che esiste una sostanziale differenza
tra dire per “sentito dire” e dire per analisi (speriamo) coerente, basandoci su
informazioni normalmente riconosciute ed accettare dalla Comunità
Scientifica. Non solo: anche la qualità dei dispositivi video (schede grafiche e
monitors) possono influire notevolmente sul processing delle immagini.
Diversamente, qualora ci lasciassimo facilmente suggestionare da immagini
apparentemente inesplicabili corredate da commenti vaghi, ancorché poco
dimostrabili, correremmo il rischio di alimentare ideologie fuorvianti e tesi
pseudoscientifiche. Ma la cosa più importante – almeno dal nostro punto di
vista - è stato il constatare come nel solo arco di un anno dall’uscita del libro
(avvenuta a luglio 2009) le nuove ricerche e scoperte rese pubbliche dagli
organi di informazione scientifica si siano rivelate determinanti nei nostri
riguardi, spingendoci così a rivedere il contenuto del libro e correggere
alcune inesattezze, raffinare certi concetti e chiarificarne meglio altri.
176
L’Orizzonte degli Eventi. Con tutta sincerità, se molti scienziati non riescono
o non vogliono andare oltre i limiti della loro percezione della realtà è giusto
rispettare tale scelta, dopotutto ciascuno ha i propri tempi. Inoltre, il pensiero
pragmatico generalmente non scorre alla medesima velocità del pensiero
intuitivo. E’ però vero che l’intuizione ed il pragmatismo – come la Storia
della Scienza insegna - hanno ottime chance per operare insieme. Dal canto
nostro, l’aver proposto qualche ardita ipotesi sull’origine della Luna, sulle
extradimensioni e su Marte non è la prova che ne sappiamo più degli
scienziati, lo avevamo già detto e lo ripetiamo ancora. E non possiamo certo
pretendere che queste persone ci dicano tutto su tutto adesso. Forse un giorno
la Relatività verrà sostituita da una nuova teoria più efficiente; forse la
Cosmologia sarà totalmente rivoluzionata. Chissà, persino la stessa teoria
dell’Evoluzione verrà riveduta. Ci vuole tempo! Perché l’uomo è, in fin dei
conti, un eterno bambino.
D’altro canto bisogna ammettere che qualche volta certe idee errate si sono
poi rivelate paradossalmente utili, permettendo addirittura di scoprire cose
che, probabilmente, senza lo stimolo fornito dall’idea contorta si sarebbero
compiute in tempi successivi. Ne è un esempio proprio la “bufala” del 2012.
Che lo si ammetta o no, in questi ultimi anni, la conoscenza delle nane brune e
delle rispettive caratteristiche ed interazioni con i corpi celesti a esse vicini ne
ha ricevuto un beneficio di tutto rispetto. Inoltre, la possibilità che corpi
celesti di taglia planetaria possano effettivamente esistere ed orbitare oltre
l’orbita di Nettuno oppure incrociare il percorso del nostro sistema solare,
oggi più che mai, rappresenta realtà tutt’altro che improbabili. A parte ciò,
sappiamo bene che la natura umana non si accontenta della sola ragione e
allora saltano fuori i “profeti” ed i commercianti di “fuffa”.
Due parole sul fenomeno UFO. Nei sei anni di attività del portale Pianeta
Marte.net (al luglio 2010) abbiamo sempre manifestato un forte disinteresse
verso l’ufologia. Si tratta di una nostra scelta. Tutto qui. Ciò nonostante, anche
in questo ambito non vorremmo essere fraintesi ed etichettati come “skeptiks”
o negazionisti. Il fenomeno (o presenza) degli oggetti volanti non identificati è
reale tanto quanto lo sono gli oggetti volanti identificati con la differenza che,
nel primo caso, non si conoscono (o si fa finta di non conoscere) l’origine e la
fonte. In mancanza di adeguati parametri di controllo ed analisi (sempre
ammesso che manchino davvero) le ipotesi più pompate sono quelle di tipo
ETH (Extra Terrestrial Hypotesis).
Fatto sta che il fenomeno UFO sembra anch’esso avere il pregio di mettere a
nudo alcuni aspetti divertenti della personalità umana, per cui ben si potrebbe
applicare un modello psicologico in pieno stile San Tommaso: “non credo se
177
non tocco con mano”. Infatti, la riluttanza di alcuni scienziati, politici e
giornalisti ad accettare il fenomeno UFO non è tanto una questione di natura
scientifica, bensì psicologica. Altrimenti non avrebbe alcun senso spendere
ingenti somme di denaro per finanziare il SETI il quale, appunto, servirebbe
proprio a cercare gli Extraterrestri! Sarebbe come l’ateo che finanziasse un
mega progetto per dimostrare l’esistenza di Dio (sperando forse che non
esista)! Pertanto la reazione stereotipata dell’uomo frustrato si sostanzia in
poche parole: “Alieno, dai, fatti vedere con la tua astronave!”, “Beh, visto che
non ti sei fatto vivo allora non esisti!”.
La nostra opinione? Il fenomeno UFO è realissimo eccome! Quindi,
tralasciando i falsi, i malintesi e le sviste, non abbiamo alcun dubbio
nell’affermare apertamente che sia di origine extraterrestre. Addirittura, non
escludiamo nemmeno l’ipotesi che possano esserci oggi uomini viventi al di
fuori della Terra, probabilmente discendenti di alcuni fuggiaschi vissuti
durante l’era antidiluviana. Nel complesso, però, siamo altrettanto convinti
che esista uno strettissimo legame tra il fenomeno UFO e quei personaggi esoterrestri ampiamente descritti nella mitologia e nella Bibbia (angeli ribelli,
Nefilim e/o Anunnaki, che dir si voglia). Di conseguenza (e per tal ragione),
continueremo a mantenere una posizione di distacco da questo settore di
ricerca, a prescindere dal fascino che esso può esercitare sulla mente umana.
Anche se le nostre illazioni espresse sul fenomeno UFO avessero magari solo
una minima base di plausibilità, siamo ragionevolmente convinti che gli UFO,
assieme ai rispettivi agenti (chiunque e ovunque siano), giungeranno prima o
poi al loro inevitabile epilogo. Naturalmente – ripetiamo – abbiamo espresso
la nostra opinione la quale potrà benissimo essere condivisa, condivisibile o
meno.
Ringraziamento finale. Esprimendo un sentito ringraziamento a tutti coloro
che avranno avuto la pazienza di leggere questo libro, vogliamo cogliere
l’occasione per evidenziare come esso si è dimostrato essere un’ulteriore
prova che il “ricercatore indipendente” non è necessariamente imbavagliato
nell’esprimere le proprie tesi. La cosa realmente importante non è tanto quella
di dover essere ascoltati a tutti i costi, quanto di tenersi caro il proprio spazio
pacificamente facendone un saggio uso. Aiutiamo chi veramente interessato a
cogliere e distinguere eventuali incongruenze nell’informazione scientifica,
incoraggiando sempre ad approfondire ulteriormente, non accontentarsi mai di
sentire una sola campana. E soprattutto il rispetto.
178
BIBLIOGRAFIA, SITI INTERNET ED
APPROFONDIMENTI CONSIGLIATI
Articoli scritti da Matteo Fagone per la rivista “Area di Confine” della Acacia
Edizioni (www.acaciaedizioni.it)
“Area di Confine” marzo 2008: “La contesa dei colori di Marte”,
“Area di Confine” marzo 2008: “Intervista a Patsy Nicolas Di Falco”
“Area di Confine” aprile 2008: “La Luna, passato oscuro e futuro incerto” 1
Parte
“Area di Confine” giugno 2008: “Un meteorite di sale su Sodoma e
Gomorra?”
“Area di Confine” luglio 2008: “Vita intelligente su Marte: Perchè sì? Perché
no?”
“Area di Confine” luglio 2008: “La Luna, passato oscuro e futuro incerto” 2
Parte
“Area di Confine” settembre 2008: “La Luna: il parto cesareo della Terra?”
“Area di Confine” novembre 2008: “Cosa sta succedendo su Marte?”
“Area di Confine” dicembre 2008: “Fantapianeti extrasolari”
“Area di Confine” febbraio 2009: “La codifica spazio-temporale
dell’Universo”
“Area di Confine” marzo 2009: “La fine del mondo tra Storia, psicologia ed
errori”
“Area di Confine” aprile 2009: “Scacco Matto! Il 2012 è da temere?”
Libri suggeriti per ulteriori approfondimenti:
Margherita Hack “Dove nascono le stelle”, Sperling Paperback 2005
Luigi Bignami, Gianluca Ranzini, Daniele Venturoli “La vita nell’Universo”, Bruno
Mondadori, 2003
Centro Epson Meteo (Colonnello Mario Giuliacci) “Manuale di Meteorologia”, Alpha
Test, 2003
Graham Hancock, Robert Bauval, John Grigsby “L’enigma di Marte”, Tea, 2001
Gianni Viola “La civiltà di Marte”, Edizioni Mediterranee, 2002
Ennio Piccaluga “Ossimoro Marte”, HeraBooks, 2006
Steano Cavina “Pianeta Marte”, Aiep Editore, 2004
Zecharia Sitchin “Il pianeta degli dei”, Piemme, 1976-2004
Donald W. Patten, Samuel R. Windsor “The Mars-Earth wars”, Pacific Meridian
Publishing Co. 1997
Donald W. Patten, Samuel R. Windsor “The recent organization of the Solar system”,
Pacific Meridian Publishing Co. 1997
Narkas Associazione Archeologica e Scientifica “Il Diluvio Universale tra mito e
scienza”, Azzurra 7, 2004
179
Roberto Pinotti “Strutture artificiali extraterrestri”, Olimpia Editore, 2005
Alessandro Braccesi, Giovanni Caprara, Margherita Hack “Alla scoperta del Sistema
Solare”, Mondadori, 1993, 2000
Stephen Hawking “Dal big bang ai buchi neri”, Rizzoli libri, 1988
Paul Davies “I misteri del tempo”, Mondadori, 1996, 2003
Tullio Regge “Infinito”, Mondadori, 1994
Su internet:
Da Wikipedia italiana (www.wikipedia.it
“Teoria delle Stringhe”, “Big Bang”
Dal blog Disinformatico di Paolo Attivissimo
(http://attivissimo.blogspot.com)
“Antibufala: nel 2012 moriremo tutti, garantiscono i Maya”
Da Lunar Explorer Italia sezione “True Planets” (www.lunexit.it)
“Apollo 13: cenni sulla cultura, la sottocultura e la controcultura del
Sospetto” , di Matteo Fagone con postfazione del dr. Paolo C. Fienga
“Lettere da Marte”, del dr. Gianluigi Barca e dr. Paolo C. Fienga
Le Misere Ricchezze dell’European Space Agency (dai Canyon della Valles
Marineris, alla Sfinge di Cydonia Mensae)”, del dr. Gianluigi Barca e Lunar
Explorer Italia
John Ackerman “Firmament and Chaos”
http://www.firmament-chaos.com
European Space Agency (ESA), sezione Mars Express:
http://sci.esa.int/science-e/www/area/index.cfm?fareaid=9
NASA, sezione Marte:
http://www.nasa.gov/mission_pages/mer/index.html
http://mars.jpl.nasa.gov/odyssey/index.html
http://hirise.lpl.arizona.edu/katalogos.php
180
Home Page del portale Pianeta Marte.net, diretto da Matteo Fagone, musicista e
Autore di questo libro.
181
Capitoli Speciali
IL GIORNO MANCANTE
Nella versione 2009 di “Controversie Spaziali” non ci eravamo soffermati
troppo sull’episodio narrato nella Bibbia in Giosuè capitolo 10, versi 12 e 13,
13
in quanto si pensava che le informazioni accluse potessero
potesse
bastare a
sufficienza per offrire una sommaria spiegazione plausibile. Dobbiamo invece
ammettere che sarebbe stato più corretto
tto spendere qualche riga in più
sull’argomento. Cercheremo, nel limite del possibile, di riparare a questa
piccola mancanza facendo il punto della situazione ed approfondendo le
principali teorie proposte per spiegare il fenomeno che contraddistinse gli
eventi narrati in quei passi della Bibbia.
Innanzi tutto, la più scontata e ovvia idea – generalmente sostenuta
nell’ambito scientifico e storico – relega l’intero testo biblico (o quasi) fra le
cianfrusaglie mitologiche.. Pertanto, alla luce di questa mentalità, non
varrebbe nemmeno la pena spendere il proprio tempo per cercare di capire
qualcosa di praticamente inventato o, al massimo, frutto di elaborate
distorsioni partorite dalla fantasia umana.
182
Un’altra ipotesi è quella della suggestione collettiva, analoga a certi presunti
casi di visione di massa durante i quali molti hanno creduto di vedere il sole
ruotare, l’apparire della Madonna, del Cristo, degli Extraterrestri eccetera. In
realtà esistono delle sostanziali differenze rispetto ai fatti di Giosuè 10. 12, 13.
Nei casi di visione di gruppo spesso si verificano fenomeni di isterismo
(qualche volta persino convulsivo), lamenti e sofferenza psichica, amplificati
dalle reciproche interazioni fra i presenti in modo perlopiù imitativo, come
una specie di “meccanismo a feedback” o reazione a catena. Inoltre, tutti i
presenti sembrano essere concentrati e rivolti verso una specifica direzione (la
presunta fonte del fenomeno collettivo) che in quel momento funge da centro
di manipolazione mentale. Basterebbe in pratica staccare uno o più individui
dalla catena psicologica per riportarli alla realtà. Il fenomeno “Fermati Sole e
Fermati Luna” era invece totalmente scollegato dalle menti dei soldati. Si
consideri che, in definitiva, il campo di battaglia aveva una notevole
estensione per cui non tutti poterono udire Giosuè pronunciare quelle parole
ed essere quindi assoggettati a qualche genere di suggestione ipnotica. Va
sottolineato poi che le guerre solitamente si sono sempre combattute da lucidi
e non sotto ipnosi. In più, il fenomeno non fu voluto per imbambolare
qualcuno, ma per soddisfare una semplicissima necessità oggettiva: avere luce
a sufficienza da portare a compimento quella specifica battaglia.
E’ stata anche proposta la teoria della rifrazione ottica, secondo cui il sole e la
luna proseguirono il loro moto apparente, ma non la loro luce in arrivo che,
invece, rimase immobile per tutto il tempo della battaglia. Questa spiegazione
potrebbe essere, in linea di massima, ragionevole; tuttavia presenta alcuni
problemi di natura strettamente legata alle leggi della Fisica. Vediamo.
Qualora uno o più corpi celesti fossero stati “fermati” mediante un fenomeno
ottico di rifrazione, sarebbe stato necessario generare un’enorme lente
atmosferica fatta d’aria e di particelle perfettamente calibrate e messe in fase
fra di loro in modo da compensare lo spostamento apparente di sole e luna
dovuto alla rotazione terrestre. Tale lente avrebbe poi dovuto gradualmente
sollevarsi di quota modificando la propria densità e struttura allo scopo di
captare e deviare opportunamente la luce diretta del sole e quella riflessa della
luna (quest’ultima dotata di moto orbitale proprio); inoltre avrebbe dovuto
anche mantenere le giuste condizioni di illuminazione a terra senza nessuna
alterazione percettibile dall’occhio umano. Quindi, un sistema di per se non
impossibile, ma tremendamente ed inutilmente complicato sotto molti aspetti
tecnici e scientifici.
183
Non ci resta che un’ultima possibilità: l’interruzione della rotazione terrestre.
Questa ipotesi è ben conosciuta oramai da moltissimi anni e viene considerata
la migliore fra tutte quelle finora proposte per spiegare il perché il sole e la
luna rimasero apparentemente fermi per quasi un giorno. In effetti anche noi
sposiamo questa tesi. La cosa straordinaria e che l’interruzione della rotazione
non viola nessuna legge della Fisica, però risulta essere alquanto imbarazzante
poiché costringerebbe ad ammettere l’esistenza di una Fonte capace di
controllare in modo selettivo il moto dei corpi celesti. Dal momento che la
mentalità scientifica moderna non può accettare nessun genere di interferenze
intelligenti esterne, tranne quelle prodotte dall’attività umana, l’idea che
“qualcuno” in passato abbia deliberatamente fermato la rotazione della Terra
non entrerà mai nelle cattedre universitarie se non come favola o mito. Poiché
l’uomo non possiede le necessarie conoscenze per produrre tanta energia da
alterare il moto di un pianeta, subentra allora un banale meccanismo
psicologico di rifiuto aprioristico misto a orgoglio, puerilità e terrore di dover
acquisire la consapevolezza d’essere subordinato a realtà superiori.
La teoria dell’interruzione della rotazione terrestre viene comunque osteggiata
in certi ambienti per una presunta mancanza di prove oggettive. Ma è
verosimile tale asserzione? Ebbene, qualche piccolo elemento esterno a favore
parrebbe esistere. Il fenomeno del giorno più lungo avrebbe un curioso
parallelo nella documentazione storica del popolo Inca, in particolar modo
durante il regno di Titu Yupanqui Pachacuti II nel suo terzo anno. Stando alle
cronache non ci fu l’alba per circa una ventina di ore. Inoltre lo scrittore Juan
de Betanzos (1510 –1576) descrisse qualcosa di simile nel suo libro "Suma y
narración de los Incas que los indios llamaron Capaccuna" (libro che fu
infine pubblicato circa 300 anni dopo la sua morte). La narrazione riguardava
una città chiamata Tiahuanacu situata in Bolivia presso il lago Titicaca nella
quale si insediò il popolo di Con-Tici Viracocha. In un occasione non ben
specificata la terra si oscurò. Così, Viracocha diede ordine al Sole di tornare al
suo movimento naturale nella direzione giusta. Quindi – stando al racconto –
quell’uomo fece in modo che il Sole desse nuovamente inizio al giorno.
Nonostante vi sarebbero alcune lievi discrepanze cronologiche circa il periodo
in cui si sarebbero svolti i fatti, non v’è dubbio che la narrazione biblica e
quella Inca sono complementari l’una dell’altra.
Ma, sull’argomento c’è dell’altro. Verso gli inizi del XIX secolo ci fu un
docente dell’Università di Yale che in una sua pubblicazione (“Il lungo giorno
di Giosuè”) rese noto i risultati di una serie di calcoli matematici basati
sull’avvicendarsi delle fasi e delle eclissi lunari. In sostanza disse che, rispetto
184
al proprio tempo, mancava un giorno. Non meno interessante è il fatto che gli
stessi tecnici della NASA, agli albori dei programmi spaziali, eseguirono una
serie di calcoli astronomici con l’impiego dei primi computer rudimentali
dell’epoca in vista delle venienti missioni spaziali umane. Lo scopo era quello
di avere un quadro coerente circa la posizione della luna, dei pianeti e di altri
corpi celesti allora noti. Ma, a quanto pare, non si limitarono al solo futuro,
bensì estesero la ricerca fino a decine di secoli nel passato. Il risultato fu,
ancora una volta, lo stesso del succitato professore di inizio XIX secolo:
mancava un giorno all’appello.
Il racconto di Giosuè 10. 12, 13 però dice che quel “giorno più lungo” non
corrispondeva esattamente ad un giorno intero, ma quasi. Tra l’altro, anche la
narrazione Inca afferma che quella notte durò circa una ventina di ore. Ci
sarebbe allora da risolvere una piccola discrepanza di tempo. Dove cercarla?
Incredibile: ancora una volta nella Bibbia! Nel libro di 2° Re al capitolo 20 si
narra della grave malattia del re Ezechia e della sua disperata richiesta d’aiuto
rivolta a Dio. Il profeta Isaia andò quindi dal re per comunicargli la risposta,
ma Ezechia chiese un segno a titolo di conferma. In che consistette questo
segno? Praticamente, l’ombra avrebbe dovuto tornare indietro di dieci gradini
sulla scalinata della sua casa. Recentemente si è ipotizzato che la lunghezza
relativa ai dieci gradini percorsi all’indietro dall’ombra poteva corrispondere
grossomodo all’equivalente di poco più di mezz’ora. E così, probabilmente,
abbiamo ottenuto una visione globale che spiega questo “giorno mancante”.
185
IL CONTATTO FRA L'UOMO
E GLI EXTRATERRESTRI
A completamento del libro in versione e-Book abbiamo pensato di includere
un ultimo speciale capitolo dedicato ai presunti contatti fra la razza umana e
forme di vita intelligenti “non terrestri” presumibilmente avvenute nel corso
della Storia. Naturalmente ciascuno è liberissimo di credere quello che meglio
preferisce sul soggetto; tuttavia non potevamo certo esimerci ulteriormente
dall’esprimere
l’esprimere il nostro punto di vista, tenendo ben conto del gran numero di
ipotesi già copiosamente diffuse sia nel web, che in libri e riviste
specializzate.
ializzate. Per certi aspetti noi rappresentiamo il fanalino di coda, ma ciò
non preclude affatto la possibilità di esprimerci lo stesso. E con tutto il
sacrosanto rispetto per il lavoro svolto dai tanti Autori e Studiosi...
Studiosi
DEFINIZIONE - Per prima cosa chiariamo
iariamo il significato di "extraterrestre".
Qualsiasi cosa ubicata, esistente, posizionata al di fuori del nostro pianeta
Terra è per definizione extraterrestre, meglio ancora "eso-terrestre".
"eso
La
polvere cosmica, un micro meteorite, un asteroide, la Luna, i pianeti, il sole e
le altre stelle, le galassie ecc. sono tutti elementi extraterrestri. Ovviamente
trattasi di oggetti (per quel che ne sappiamo) inanimati.. A noi interessa invece
ciò che presumibilmente può considerarsi forma di vita,, nello specifico caso,
c
intelligente.
PROBLEMATICHE - Consigliamo di rivedere il libro per fare un ripasso
delle principali problematiche poste dagli scienziati sulla possibilità
186
dell'esistenza di forme di vita intelligente nell'Universo, e sulle possibilità di
stabilire dei contatti con esse.
LA MATRICE INTELLIGENTE - In un modo o nell'altro l'uomo ha
sempre cercato e/o tentato di conferire fattezze antropomorfe e/o
caratteristiche umane a qualsiasi genere di divinità. Ed è altrettanto
interessante notare come la moderna fantascienza abbia in realtà operato
null'altro che un adattamento ideale di questo stesso meccanismo insito nel
nostro cervello; infatti la stragrande maggioranza degli alieni di Star Trek,
Star Wars, Spazio 1999 ed altre celebri serie cinematografiche sono sempre e
comunque esseri umanoidi dotati dei nostri stessi sentimenti, addirittura che
parlano l'inglese d'America! Quindi non c'è proprio niente di nuovo sotto il
sole. E' vero che in alcuni casi gli extraterrestri vengono raffigurati con bestie
spietate (come l’essere a più bocche e tentacoli della saga di "Aliens" o i
simbionti rettili Goa’Uld di Stargate SG1) oppure con esseri "animaleschi"
superintelligenti (come quelli di "Independence Day" e "La Guerra dei
Mondi"), tuttavia va notato il fatto che tali prodotti di fantasia, proprio perché
corrispondenti a qualcosa di vivente, rispettano sempre la cosiddetta
simmetria bilaterale.
Da questa curiosa analisi si potrebbe cavarne forse una specie di regola: la
nostra mente sembra proprio tarata per identificare, in modo quasi
automatico, l'intelligenza con la miglior struttura fisica in grado di
supportarla, ovvero il corpo umano. D'altronde, proviamo ad immaginare se
un cagnolino o un gattino avessero le capacità intellettive per redigere un
manoscritto, suonare il violino, fare l'uncinetto o qualche lavoro di
microelettronica mantenendo però lo stesso corpo canino o felino... Chiaro il
concetto?
Sostanzialmente l'intelligenza, in quanto tale, ragiona di logica nel definire ed
immaginare altra intelligenza. La robotica rappresenta uno dei migliori esempi
al riguardo: man mano che la tecnologia avanza verranno prodotti sistemi
sempre più efficienti in grado di conferire agli automi capacità motorie, di
articolazione e di intelligenza artificiale. Dopotutto chi investirebbe i propri
capitali per progettare un robot basato sul corpo di animale allo scopo di fargli
infine svolgere lavori tipici dell'uomo? Tanto vale è "imitare" la flessibilità del
braccio, della mano, delle gambe e (limitatamente) dell'occhio umano. Per il
cervello siamo meno che ai sottofondi della protostoria.
Ma che cosa si vorrebbe insinuare con tutto questo bel discorso?
Semplicemente evidenziare il fatto che l'uomo, quando fantastica ed immagina
187
gli extraterrestri, generalmente non si discosta mai dalla propria matrice
intellettiva "programmata".
Significa dunque che noi esseri umani siamo forme di vita intelligenti derivate
da altra vita intelligente? Non sarebbe da escludere. Tuttavia, rispondere in
modo univoco a questa domanda potrebbe apparire come un atto di arroganza,
per cui è più indicato analizzare le cose in maniera meno "restrittiva".
Esistono diverse correnti di pensiero:
1. Evoluzionista pura. Tutta la vita, compresa quella umana, sarebbero il
prodotto di trasformazioni della materia in costante evoluzione e
adattamento, senza nessun tipo di controllo. L'intelligenza è solo un fatto
di circostanza (tesi scientifica "classica").
2. Evoluzionista con panspermia. Una specie Aliena intelligente avrebbe
inseminato la Galassia con i mattoni base della vita i quali, una volta
giunti su un numero indefinito di pianeti, si sarebbero poi attivati
mettendo in funzione i meccanismi evolutivi. Ma chi avrebbe "creato" la
razza Aliena inseminatrice? (il dr. Svante Arrhenius, il dr. Carl Sagan e il
dr. Francis Crick sono tra i principali fautori di questa affascinante ipotesi
esobiologica).
3. Evoluzionista con matrice aliena diretta. Questa tesi è stata proposta da
diversi studiosi moderni i quali, sulla base di loro interpretando del libro
biblico di Genesi e di vari miti antichi, sostengono di aver identificato una
presunta razza aliena (gli Elohim per alcuni e gli Anunnaki per altri)
creatrice dell'uomo mediante la manipolazione genetica delle scimmie
antropomorfe. In altre parole, costoro avrebbero indotto su quei Primati
una rapida serie di cambiamenti evolutivi per arrivare infine all'Homo
Sapiens (citiamo il dr. Zecharia Sitchin e i suoi simpatizzanti).
4. Creazionista con matrice aliena diretta. Questa tesi è, in realtà, una sorta
di variante della precedente, in cui i presunti Alieni sarebbero stati i
"Creatori" dell'Homo Sapiens, avvenuta in modo diretto e senza nessuna
transizione intermedia (citiamo ad esempio i Raeliani).
5. Creazione diretta. Potremmo definirla come "creazione biblica". Fra tutte
è la più semplice e meno artificiosa. Sopratutto, è quella che offre la
spiegazione più logica al perché l'uomo concepisce in modo automatico la
vita intelligente in un certo e preciso modo. In Genesi 1, 26 si legge in
maniera chiara e senza troppe complicazioni di sorta: "Facciamo l'uomo a
nostra immagine, secondo la nostra somiglianza".
Si ponga però attenzione che ne il libro di Genesi e nemmeno gli altri libri
della Bibbia lasciano intendere che la Forma Vitale Intelligente da cui l'uomo
sarebbe scaturito sia, a sua volta, un essere umanoide carnale. Viene invece
188
identificato come Persona spirituale, "Dio" (Elohim, qualcosa di simile a
"Vostra Divinità" come dire "Vostra Maestà") e "Yahweh" (in qualità di Nome
Personale di Dio, qualcosa di simile a “Egli fa divenire” o "Colui che causa il
divenire").
Bene. Per adesso fermiamoci qui e prendiamo in esame gli sconvolgenti effetti
provocati dalla teoria dell'evoluzione. Torneremo sul discorso "forme di vita
intelligenti non terrestri" più avanti.
EVOLUZIONE = DISCONNESSIONE - Probabilmente fra tutte le
ideologie a carattere "scientifico", la teoria dell'Evoluzione si è rivelata quella
di maggior successo nel creare nella mente umana una specie di
disconnessione dalla sua natura di "creatura intelligente". La filosofia
evoluzionista definisce infatti la vita un "prodotto della materia inanimata"
che si trasforma molto lentamente e che quindi non possiede su di essa (la
materia) nessun particolare controllo logico, ma solo adattativo e di
circostanza. Pertanto, qualsiasi forma vivente noi vediamo oggi, essa
rappresenta solo lo stadio corrente di tale trasformazione e basta. La vita
scaturisce dal nulla e ritornerà nel nulla; i costituenti chimici della vita
serviranno per produrre (forse) altra vita, ma senza nessun genere di
autoconsapevolezza.
Da questa prospettiva l'uomo non è più tenuto a rispondere alla sua natura di
creatura intelligente, ma ad una sorta di intelligenza auto-conservativa
istintiva ben espressa nella cosiddetta psicologia evoluzionista. L'attuale
degrado morale, la sostanziale rovina del pianeta Terra e il modo in cui l'uomo
agisce verso i suoi simili testimoniano in modo agghiacciante questa
disconnessione dalla sua vera natura.
Ma come si ripercuote tale disconnessione nella cultura scientifica? Ebbene,
prendiamo il caso dell'esobiologia. Questa intrigante branca della scienza si
occupa di cercare la vita extraterrestre a patto però che soddisfi i requisiti
stabiliti nella teoria dell'evoluzione. Perciò, in qualunque parte dell'Universo
la vita abbia raggiunto lo stadio dell'intelligenza, sarà stata ad opera delle
medesime trasformazioni casuali ipotizzate per il nostro pianeta Terra.
L'intelligenza istintiva, dettata nella psicologia evoluzionista, giustifica l'uomo
a costruire strumenti tecnologici d'ogni genere i quali costituiranno un riflesso
del modo in cui egli concepisce la propria esistenza e tutto ciò che gli sta
intorno; lo dimostra ampiamente la smisurata produzione industriale su tutti i
189
fronti e l'irresponsabile sfruttamento del pianeta per cavarne fonti energetiche.
Nello stesso tempo l'uomo, in virtù di tale attitudine "libera" e priva di
qualsiasi ritegno (in quanto "bestia intelligente"), non potrà accettare
l'esistenza di forme di vita intelligenti ad egli pari o superiori. Le parole "Dio",
"divinità" oppure "extraterrestre" risulteranno un po’ sgradevoli sotto questo
profilo perché richiamano la natura umana al suo ordine di "essere
subordinato a possibili sistemi di controllo superiori". In sostanza “l’uomo può
creare ma nessuno lo ha creato”.
CONTROSENSO STORICO - Senza ombra di dubbio qualche bravo e
preparato esperto di Storia potrebbe contestare in parte o del tutto la nostra
analisi, sottolineando come in qualsiasi epoca l'uomo abbia esercitato
spregevoli forme di potere e coercizione sulle masse. In tal caso non
potremmo che dargli ragione al cento per cento! A dire il vero, lo "spirito" che
si nasconde dietro la mentalità evoluzionista è il medesimo dei vecchi ed
oppressivi sistemi di controllo legati alle religioni ed ai domini politici del
passato (e del presente!). Esso si è solamente amalgamato e adeguato ai
cambiamenti dei nostri tempi.
IL MIGLIOR NASCONDIGLIO - Facendo un piccolo sunto a quanto
finora trattato, dovrebbe essere abbastanza chiaro il fatto che l'uomo moderno
tende a respingere l'idea dell'esistenza di forme di vita intelligenti non
terrestri, ma le accetta invece nella fantasia e nei sui derivati (come i film di
fantascienza). Dunque niente misteri e complotti, ma solamente una
normalissima ed umana reazione psicologica dettata dallo "spirito"
predominate d'oggi, descrivibile anche come costrutto realizzato sul paradosso
del sì e del no e sull'antitesi delle negazioni plausibili.
Visto però che la natura umana amplifica da sé (proprio per sua natura) certi
opportuni - e ben studiati - stimoli provenienti da una fonte situata all'esterno
(cioè non terrestre) verrebbe da supporre che la maggior parte delle tesi
esopolitiche e cospirazioniste potrebbero essere alquanto complicate e
dispersive. Facciamo degli esempi. Quale differenza intercorre fra una divinità
che promette la beatitudine celeste (dopo la morte dell'individuo) e gli alieni
che promettono di trovarsi dietro la cometa ad aspettare (dopo il suicidio
dell'individuo)? Oppure, che differenza passa tra le narrazioni bibliche relative
a persone disturbate dai cosiddetti "demoni" e le presunte "abductions"
operate da altrettanti presunti alieni? Inoltre, che differenza c’è tra la "stella"
vista dagli astrologi (i cosiddetti Re Magi) narrata nei vangeli e un "oggetto
190
volante non identificato" dei nostri tempi? Non potrebbe essere che la matrice
occulta sia la stessa, cioè una sola?
Il problema di fondo molto probabilmente sta proprio nelle ideologie
scientifiche e socio-religiose, mediante le quali noi esseri umani vediamo solo
ciò che "qualcuno" vorrebbe farci vedere; detto in altri termini: un geniale
nascondiglio imbastito sulle filosofie di sempre, antiche e moderne.
L'uomo oggi realizza molto bene l'idea di cercare (e trovare) la vita
extraterrestre nello spazio profondo, ma non riesce a realizzare altrettanto
bene l'idea di cercarla (e trovarla) "dietro l'angolo". Basta solo pensare al
costosissimo Progetto SETI per rendere chiaro il concetto! Tutto questo
accade perché la mente umana è abbindolata dalla nozione secondo cui la vita
sarebbe il prodotto di un determinato processo evolutivo. E così, per forza di
fatti, gli extraterrestri sono sperduti, lontanissimi ed irraggiungibili, mentre la
razza umana, essendo composta da "bestia intelligenti" originatesi dalle
scimmie antropomorfe, non può aver mai avuto periodi di sviluppo
tecnologico se non l'attuale.
Noi esseri umani, insomma, siamo ciechi non tanto di vista, ma di percezione
della realtà presente, passata e futura. Grazie a tutto l'insieme di ideologie
studiate ad hoc, qualsiasi forma di vita intelligente non terrestre sarà libera di
agire indisturbata perché risulterà essere "invisibile". Un ulteriore esempio
potrebbe rendere l'idea: l'ateismo. "Dio non esiste e nemmeno il Diavolo
esiste". Si ragiona in questo modo proprio in virtù dei costrutti evoluzionisti e
sociali. Dal momento che Dio non esiste possiamo fare quello che ci pare;
mentre il Diavolo, dato che non esiste nemmeno lui (secondo l'uomo) potrà
altrettanto fare quello che gli pare. "Gli extraterrestri non esistono" pertanto,
qualora saltasse fuori un reale artefatto al di fuori della Terra, sarà sempre
visto negativamente perché "non può assolutamente esistere".
L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA - "Se io fossi l'uomo invisibile
potrei essere chiunque e tutti forse ci cascheranno come dei perfetti salami".
Questa frase ironica dovrebbe spingerci a riflettere seriamente sul vantaggio
che "qualcuno" avrebbe su di noi nel caso riuscisse a non farsi identificare
mentre attua i suoi progetti.
Immaginiamo ad esempio di trovarci in un locale composto da due distinte
stanze separate da un’unica parete a specchio unidirezionale. Nella prima
stanza c'è una persona sconosciuta e nell'altra ci siamo noi. Ora questa persona
191
dice di essere "il bisnonno defunto". Una volta usciti, entra un nostro amico al
quale la persona dell'altra stanza dice di essere "la madonna". Esce l'amico ed
entra un nostro cugino al quale la persona dice di essere "un extraterrestre in
missione di pace per la Terra". Con questo esempio probabilmente abbiamo
descritto il tetro e squallido scenario del mondo odierno, ottenebrato da una
potente fonte (chiamiamola pure “organizzazione”) non-terrestre che gioca
con gli esseri umani come se fossero marionette di un teatrino. E, in
particolare, da un lato abbiamo i negazionisti visti nel loro insieme; dall'altro
lato abbiamo i possibilisti, ossia tutte quelle persone che, pur avendo
compreso dell'esistenza di una realtà superiore o extraterrestre, vedono in essa
ogni genere di dio, santo, defunto, alieno eccetera. Non importa se si vuole
credere nei "Grigi" o nei "Rettiliani"; e non importa se uno vuole credere a
"Padre Pio", alla "Madonna" o ad un fantomatico "Cristo" che gli avrebbe
fatto il "miracolo". La matrice eso-terrestre sarà sempre la stessa!
QUALI EXTRATERRESTRI? - Lo sviluppo della tecnologia applicata a
tutti i settori della società moderna, di fatto, ha creato nell'uomo una nuova
visione del mondo (perlopiù basata su avidità e opportunismo) e introdotto
nella cultura odierna nuovi elementi interpretativi del passato (ovviamente
astutamente adattati al presente).
Sicché, tralasciando lo spirito negazionista predominante, sono sorte parecchie
correnti di pensiero "alternativo" che vedono una massiccia presenza di
extraterrestri in molti episodi storici della razza umana. Tale presenza, però,
viene generalmente quantificata in virtù dell'influsso dato dall'era tecnologica
attuale; pertanto gli alieni sarebbero giunti sulla Terra da pianeti di altri
sistemi solari a bordo di navi spaziali, dotati di mezzi volanti, armi laser, tute
spaziali ecc. Una buona parte dei racconti mitologici sono stati reinterpretati
in chiave ETH offrendo così uno spaccato della storia umana simile alle
narrazioni dei film di fantascienza. In più, "last but not least", anche la storia
biblica non è stata risparmiata. Tutto questo ha inevitabilmente creato una
notevole confusione persino fra un certo numero di "credenti", inducendoli a
pensare che la Bibbia dimostri come gli extraterrestri siano venuti sulla Terra
a fare i giustizieri e plagiare l'Umanità in modo arbitrario. Ma c'è dell'altro...
Grazie alla raccolta e catalogazione di numerosissimi reperti archeologici (ed
alla loro relativa traduzione), negli ultimi decenni si sono sviluppate delle
strane forme di rivalutazione positiva verso quei personaggi descritti come
"figure umane e semidio", ricorrenti in moltissimi racconti provenienti da tutto
il mondo antico. Nel libro della Genesi essi vengono chiamati "figli del vero
192
Dio", i Sumeri li chiamavano "Anunnaki" mentre nella tradizione greca erano
gli dei dell'Olimpo. Quello che lascia interdetti è la grande ammirazione
rivolta a tali personaggi per le loro presunte opere di sapienza e benevolenza
elargite all'Umanità!
Le cose però stanno un po' diversamente. E' vero che la storia dell’Umanità
(soprattutto vista dal profilo mitologico e religioso) abbonda di episodi in cui
il contatto fra l'uomo e gli extraterrestri è ben documentato. Ma, a questo
punto, dobbiamo fare una serie di distinzioni importanti. Qualitativamente
parlando i documenti migliori sono quelli biblici e li possiamo riassumere
attraverso i seguenti punti chiave:
1. le forme di vita non terrestri descritte nella Bibbia vengono chiamate
"angeli" (messaggeri). Si tratta di persone superiori all'uomo in capacità
intellettuali e forza fisica, ma non posseggono un corpo fatto di carne ed
ossa perché la loro provenienza è al di là del nostro spazio-tempo.
2. Ciò nonostante, ogni qualvolta gli angeli hanno avuto contatti con l'uomo
si sono sempre manifestati attraverso sembianze umane, dimostrando
inequivocabilmente che anche questi straordinari esseri viventi sono frutto
della medesima Fonte che ha dato origine alla specie umana. Questo
costituisce una chiara evidenza che nel nostro spazio-tempo la miglior
struttura biofisica in grado di esprimere al meglio l'intelligenza è proprio
quella del corpo umano.
3. Gli angeli hanno agito sempre mostrando il massimo rispetto verso gli
uomini con i quali hanno avuto contatti diretti.
4. Non hanno mai interferito indebitamente nel naturale corso del progresso
culturale dell'uomo.
5. Non hanno agito mai in modo saccente ed arrogante.
6. Nonostante la loro ovvia superiorità, gli angeli hanno sempre mostrato
una grande umiltà e delicatezza verso gli esseri umani.
7. Non hanno mai preso iniziative personali oltre gli incarichi affidati loro.
8. Non hanno mai cercato di farsi venerare o adorare da nessun essere
umano.
9. Qualche volta, però, gli angeli hanno agito quali esecutori giudiziari nei
confronti di uomini malvagi e impenitenti. Per esempio, in un'occasione
un solo angelo riuscì a mettere a morte 185.000 soldati di un antico re
chiamato Sennacherib.
Probabilmente questa descrizione sa troppo di religione e, inoltre, toglie gran
parte del misterico fascino al quale gli amanti dell'esoterismo non vorrebbero
rinunciare. Ma, detto con sincera schiettezza, non ha alcun senso voler a tutti i
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costi attribuire a questi esseri - sicuramente extraterrestri al cento per cento - il
bisogno di ricorrere alla tecnologia quando in effetti non ne hanno proprio
bisogno a motivo della loro natura iperdimensionale.
Sorge quindi una legittima domanda: perché allora, incrociando la storia
biblica narrata nei primi capitoli della Genesi con moltissimi antichi miti, si
intravedono invece la presenza di contaminazioni tecnologiche e scientifiche
ad opera di esseri extraterrestri nei confronti dell'uomo? Per una ragione
semplicissima: nessuna persona intelligente, uomo o angelo, è un automa.
Tutti gli esseri intelligenti sono stati dotati del libero arbitrio e della capacità
di fare delle scelte, buone o cattive (con le rispettive conseguenze). Alcuni di
questi angeli scelsero di agire in modo indipendente secondo criteri
estremamente discutibili. Brevemente cercheremo di fare il punto.
1. Per quasi tutto il periodo della storia antidiluviana un imprecisato numero
di angeli effettivamente interagirono negli affari umani in modo diretto,
cioè in carne ed ossa.
2. Nonostante fossero extraterrestri, essi non provenivano da un pianeta
diverso dalla Terra. Ci fu un corpo celeste che causò rovina nel Sistema
Solare, ma per ovvie ragioni tecniche, tale oggetto non poteva di certo
essere abitato o abitabile.
3. La loro origine (al pari di tutti gli altri angeli) era ugualmente al di fuori
del nostro spazio-tempo e la permanenza nel nostro mondo fisico richiese
l'adattamento della loro struttura biologica al mondo tridimensionale
previa acquisizione di un corpo umanoide.
4. Non portarono cose buone, bensì danni nella maniera più assoluta: danni
all'uomo (pare che ne morirono tantissimi a causa delle loro attività),
danni agli animali (forse sottoposti a crudeli modificazioni indotte
geneticamente), danni alla Terra ed agli altri pianeti del sistema Solare.
5. Ingannarono gli esseri umani spingendoli ad agire rovinosamente,
convincendoli pure a servirli in cambio di conoscenze superiori e mezzi
avanzati.
6. Portarono l'uomo alla quasi autodistruzione e, per finire, si accoppiarono
con le donne dando origine ad una razza ibrida di giganti anormali.
Ecco chi erano gli angeli ribelli, detti dai Sumeri "Anunnaki"!
PER CONCLUDERE - Può darsi che il contenuto di questo speciale capitolo
non sarà molto gradito a tutti. La ragione potrebbe risiedere nel fatto che la
nostra analisi scardina certi impianti ideologici a cui molti sono legati, in un
modo o nell'altro. E' un'analisi che elimina il fascino della saga
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fantascientifica, che smaschera la vera natura delle comode filosofie umane e
che fa riflettere seriamente sul reale rapporto esistente fra l'uomo ed i suoi
"simili" eso-terrestri in una visione ben diversa da quanto si crede.
Naturalmente – lo ripetiamo - ognuno sarà sempre libero di pensarla come
meglio preferisce su questo argomento, anche perché non siamo interessati a
fare dei proseliti verso un determinato modo di vedere le cose rispetto ad altri.
Sta di fatto però che, nei nostri tempi, un consistente numero di persone
attende qualche rivelazione da parte di presunti extraterrestri, un grande
Contatto Cosmico eclatante e strabiliante. Aspettano la loro venuta a boro
delle loro navi spaziali per portare (a seconda delle correnti di pensiero) pace,
guerra, distruzione, amore ecc. Sarà vero? Accadrà? La nostra opinione a tal
proposito è irrilevante. Piuttosto, vorremo far ragionare su qualcos'altro di più
determinante e logico: gli esseri extraterrestri descritti come angeli, in quanto
forme di vita iperdimensionali, avrebbero realmente bisogno di navi spaziali?
Pensiamoci su! Avrebbero mai avuto realmente necessità di "lasciare" il
nostro mondo dal momento che persino dalle più remote distanze
dell'Universo sarebbero in grado di raggiungere la Terra in un istante?
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