Marco Nigro
G. Mazzoni
Ortaggi
& fiori
nell’orto
Ortaggi & fiori nell’orto
Per la realizzazione di questo volume si ringrazia:
dottoressa Barbara Ruffoni, Direttore pro-tempore CREA-FSO - Sanremo
Marco Damele, Floramondadori
Agriliguria.net
Il volume Ortaggi e fiori nell’orto nasce in collaborazione
con il progetto Hortives (www.ortodaisaporiantichi.org ) e Urban Garden Italia
© 2016 Marco Nigro, Giovanna Mazzoni
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge
e a norma di convenzioni internazionali
Prima edizione: Marzo 2016
Autori: Marco Nigro, Giovanna Mazzoni
Copertina: Shutterstock (fotografia), Excalibur Srl
Realizzazione editoriale: Excalibur Srl
via Salsomaggiore 12 - 20159 Milano - [email protected]
Non puoi cogliere un fiore
senza turbare una stella
(Galileo Galilei)
Prefazione
E’ proprio in questo periodo primaverile che il web e i ristoranti si scatenano con ricette
coloratissime e buonissime, dove vediamo fiori freschi adornare i piatti proposti. In realtà
questa “nuova” tendenza gastronomica non è originale, infatti già in epoca romana ci
sono testimonianze dove i petali dei fiori gialli e rosa erano inseriti in alcune preparazioni
prelibate.
I fiori commestibili sono belli, colorati, profumati e mettono allegria. E danno un tocco di
eleganza con semplicità. L’uso più immediato e comune è nella preparazione di insalate
e come decorazioni di cocktail e dessert, ma il loro uso non ha limiti e c’è spazio per la
creatività.
Non bisogna però commettere l’errore di credere che tutti i fiori siano ugualmente
buoni da mangiare: oltre a non avere un buon sapore, alcune varietà sono, infatti, anche
tossiche o addirittura velenose.
A oggi sono note circa 50 specie differenti di fiori eduli, o commestibili. Alcuni senza
saperlo li consumiamo già (è il caso di carciofi, fiori di zucca, cavolfiori e zafferano).
Altri, invece non sono consueti e siamo più propensi ad immaginarli in un giardino o
in una decorazione floreale casalinga. Per scegliere un nuovo fiore da mangiare i criteri
di valutazione principali riguardano l’aspetto, la forma, il colore e, soprattutto il sapore
e l’aroma.
In effetti però ci sono da considerare anche importanti aspetti legati alla nutrizione; i fiori
eduli sono poverissimi di grassi e ricchi di sostanze nutritive come minerali, proteine
e vitamine (A e C). Per esempio le viole, i crisantemi e i garofani sono particolarmente
ricchi di potassio. Molti tra loro hanno un elevato quantitativo di antiossidanti dovuti
al contenuto di flavonoidi e carotenoidi che sono le molecole che ne determinano il colore.
Ricordiamo che comunque i fiori trovano un classico impiego negli sciroppi o nei liquori,
dove ad esempio vengono utilizzati tra gli altri le rose, le violette (Viola odorata), il
papavero selvatico. Anche nelle tisane si trovano spesso i fiori essiccati di molte piante,
dalla malva al tiglio, dalla violetta al girasole.
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Chiaro che i fiori eduli devono essere stati coltivati e cresciuti senza l’impiego di pesticidi
e la loro delicatezza implica cure particolari anche per la conservazione e la raccolta.
Quest’ultima andrebbe effettuata la mattina, possibilmente in assenza di rugiada e il
polline va eliminato, scuotendoli delicatamente. Malgrado ciò, non bisogna abusarne
perché potrebbero scatenare una reazione allergica, soprattutto nei soggetti più sensibili
e vulnerabili.
Le attività di produzione dei fiori commestibili hanno ancora oggi un approccio artigianale
ma si stanno muovendo iniziative scientifiche che potranno aiutare la filiera attraverso
trasferimento di innovazione ad esempio per quanto riguarda i metodi di analisi e di
produzione, l’importante aspetto della sicurezza d’uso, le strategie di conservazione e
distribuzione. Solo un approccio combinato tra sperimentazione e ricerca, formazione e
divulgazione e il mondo produttivo e della ristorazione potrà migliorare l’incontro tra
una offerta di qualità e una domanda aggiornata ed esigente.
Barbara Ruffoni
Direttore pro-tempore
CREA-FSO di Sanremo
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Introduzione
L’utilizzo dei fiori era molto diffuso nelle antiche civiltà, soprattutto in quella
romana e greca, non solo per la preparazione di piatti e la guarnizione di
pietanze ma anche per le preparazioni cerimoniali e le liturgie.
Ancora oggi il consumo di alcuni fiori è molto diffuso, basti pensare ad
alcune ortive che normalmente utilizziamo in cucina come il carciofo, il
cavolfiore in tutte le sue varietà, così come il cavolo broccolo e le cime di
rapa. Soprattutto per la cucina italiana, il fiore trova un largo impiego, per
esempio, in molte ricette legate alla nostra tradizione e ai nostri territori,
citiamo lo zafferano e i famosissimi e gustosi fiori di zucca.
Una preparazione un po’ più commerciale, ma ormai presente da diversi anni,
sono i fiori zuccherati, per esempio di rosa e violetta.
Aggiungere fiori nei nostri piatti può essere un buon metodo per dare colore,
sapore e fantasia; alcuni donano sapori speziati, altri erbacei, altri fragranti,
altri un po’ piccanti...
pesso vengono utilizzati in insalate, the, come guarnizione soprattutto di
dessert o nei cocktail, ma l’uso creativo non ha limiti.
Prima di utilizzarli in cucina è bene seguire dei semplici consigli, perché
molti fiori che apparentemente hanno un aspetto amabile che ci fa pensare
che siano buoni da mangiare, in realtà possono nascondere effetti tossici per
il nostro organismo e in rare occasioni mortali.
Ecco, dunque, le prime semplici regole da seguire:
Consumare fiori sicuramente commestibili o, nel dubbio consultare sempre
una guida al loro consumo.
Consumare fiori coltivati da noi o acquistare fiori per il consumo fresco.
Evitare di raccoglierli nei parchi cittadini, nelle aiuole comunali oppure in
boschi che non conosciamo.
Non mangiare i fiori che provengono da un fiorista, possono facilmente
essere stati trattati con agenti chimici che ne migliorano la conservazione o la
lucentezza e pesticidi, infatti sono venduti come fiori ornamentali
Prediligere il consumo dei petali, meglio rimuovere pistilli e i gambi
Se si soffre di allergie cercare di limitare il consumo dei fiori non
convenzionalmente consumati.
Qualità e sicurezza
Nonostante il consumo fresco dei fiori sia ancora molto limitato, gli esperti
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del settore e gli istituti di ricerca si sono posti il problema di qualità e di
sicurezza. Come accennato, molte specie posso avere fiori molto attraenti ma
avere effetti tossici sul nostro organismo; per esempio molti crisantemi (per
l’alto contenuto di alacaloidi), le ranuncolacee e il mughetto.
Un altro problema fondamentale è che i dati e l’esperienza in merito agli
aspetti produttivi e merceologici (coltivazione finalizzata al consumo fresco,
raccolta e conservazione e durata nel tempo) sono minime.
Per mantenere le loro caratteristiche che li rendono apprezzati dal mercato,
come il colore, la leggera fragranza emanata e i delicati sapori, vengono
richieste una lunga conservabilità e una buona resistenza ai danneggiamenti
meccanici, inoltre, come qualsiasi alimenti fresco, devono essere esenti da
contaminazioni microbiche dopo la raccolta.
A seconda del tipo di fiore, si hanno conservabilità a 4 °C che vanno da 2 a
14 giorni. La conservazione del fiore può essere attuata tramite essiccazione
oppure anche il congelamento in cubetti di ghiaccio da utilizzare poi nelle
bevande. In alcuni casi, in cui però il valore aggiunto dev’essere elevato, si
ricorre addirittura alla liofilizzazione del fiore intero.
Colore, profumo e gusto
Il colore dei fiori, oltre a essere indice della presenza di determinate sostanze
(per esempio buone quantità di vitamina A nei fiori gialli) determina anche il
loro grado di apprezzamento: fiori gialli o arancioni sono preferiti a quelli di
tonalità più scure come il blu. La colorazione dei fiori dipende dalla presenza
di diverse sostanze, fra le quali il ruolo più importante è solitamente giocato
dalle antocianine e dai carotenoidi.
Il fiore è un organo essenziale per la riproduzione della pianta, che deve
garantirne una persistenza maggiore possibile. È questo il motivo per cui, in
genere, i fiori contengono quantità elevate di sostanze antiossidanti che ne
rallentano la senescenza causata dai radicali liberi.
La quantità di queste sostanze (fondamentalmente di natura fenolica) è
particolarmente elevata in alcuni fiori che possono avere anche un utilizzo
alimentare, come i fiori di nasturzio (Tropaeolum major), di molte liliacee
(Hemerocallis spp.), di alcune rose (Rosa rugosa e Rosa davurica) oltre che dei
crisantemi (Chrysanthemum spp.).
Queste proprietà sono associate alla presenza di sostanze fenoliche (es.
acido gallico, catechine), flavanoli (quercitina), flavonoidi (luteolina, acido
clorogenico, acacetina), le quali trovano la loro maggiore concentrazione nel
periodo di massima fioritura.
Il profumo è dato dalla presenza di oli essenziali (solitamente di natura
terpenica) nei tessuti della pianta oppure prodotti da particolari ghiandole
presenti nel fiore.
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Valore nutrizionale
Sono tre le componenti di un fiore che influenzano l’apporto nutrizionale:
il polline che, per quanto presente in quantità minime e pur non avendo
impatti sul sapore e sull’odore, può costituire un’importante fonte di molecole
di elevato valore biologico riconducibili ai carboidrati, sostanze azotate, lipidi,
carotenoidi e flavonoidi.
il nettare è invece una componente liquida dolciastra che contiene in forma
concentrata, per l’appunto, zuccheri semplici, aminoacidi (soprattutto prolina)
e proteine, sali, acidi organici, sostanze fenoliche, alcaloidi e terpenoidi.
i petali, per garantire una maggior persistenza possibile, contengono
moltissimi antiossidanti che ne rallentano la senescenza causata dai radicali
liberi. Sono proprio l’alto contenuto di antiossidanti, ormai risaputo essere
ottimi per la nostra salute, che fanno del fiore un prodotto ottimo per il
consumo fresco e danno un valore aggiunto a un prodotto relativamente nuovo
per il mercato.
Le restanti parti del fiore, così come i petali, contengono, in aggiunta ai
componenti già detti, sia pur in forma meno concentrata, vitamine, sali
minerali, altre sostanze antiossidanti.
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I classici fiori dell’orto
Il concetto di nutrirsi di un fiore lega molto il pensiero a un fiore proveniente
da una pianta ornamentale, sicuramente per la bellezza e la vistosità delle loro
corolle. In realtà, molto spesso ci nutriamo di fiori, un po’ inconsapevolmente,
in quanto non li consideriamo come tali ma come ortaggi. Basti pensare a tutte
quelle specie e varietà di ortaggi che i manuali di orticoltura classificano come
“ortaggi da fiori”, ovvero le ortive di cui si consuma il fiore maturo o immaturo,
o solo una parte di esso.
Bisogna specificare che con il termine ortaggio ormai identifichiamo specifiche
piante che popolano i nostri orti, in realtà con il termine di ortaggio (pianta
orticola o ortiva) si identifica una pianta coltivata all’interno dell’orto; sin dalle
antiche civiltà ma soprattutto nel periodo medioevale, l’orto rappresentava un
appezzamento di giardino ben delimitato e definito dove venivano coltivate
piante alimentari in genere che potevano avere molteplici interessi oltre ad
aromatiche, floricole e medicinali per i più disparati usi; una sorta di “dispensa
in giardino” dalla quale attingere tutto il necessario per la vita quotidiana.
Via via la coltivazione di alcune di queste si è persa perché la loro funzione oggi
viene esplicata con altre soluzione (come i farmaci in sostituzione delle erbe
medicinali) fino a ridursi ad una pratica amatoriali che vede la sola coltivazione
delle specie facili da gestire e che possiedono un pronto utilizzo fresco o cotto.
Le piante floricole, medicinali e aromatiche, possiedono, in diversa forma fasi di
preparazione prima del consumo.
Oggi vi è stata una rivalutazione del fiore non solo come ornamento ma anche
come alimento che, sicuramente, potrà un giorno trovare spazio all’interno dei
nostri orti e, magari, dei nostri manuali di orticoltura come ortaggio, secondo la
nostra attuale definizione.
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CAPPERO
Nome scientifico: Capparis spinosa (Brassicaceae)
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Caratteristiche: il cappero è un arbusto sempreverde tipico dell’area mediterranea
che può crescere in diverse condizioni: lo troviamo su pendii rocciosi, a lato di
prati verdi e nei giardini come pianta ornamentale. La parte edile della pianta che
tutti noi apprezziamo, per l’appunto i capperi, sono i boccioli ancora chiusi, che
conservati sotto sale o sottoaceto sono un eccellente completamento di numerose
pietanze. Se si decide di coltivare un cappero nel giardino bisogna sapere che un
“cappereto” dura circa 20-30 anni.
Semina/piantumazione: il periodo migliore per impiantare una coltivazione di
capperi è tra gennaio e febbraio, il terreno è ancora molto umido e diventa più
semplice l’attecchimento delle giovani piantine. Preparare adeguatamente il terreno
in modo da consentire le opportune lavorazioni annuali. È importante realizzare
una buca profonda 50-60 cm, infatti le radici del cappero si spingono molto in
profondità. Arricchire il terreno con del concime a base di ossido di potassio.
Collocare le piantine a una profondità di circa 35 cm, con una distanza tra le file di 2
metri e lungo le file di circa 1 metro: prima però dovrete alleggerire un pò l’apparato
radicale e liberare tutta la parte aerea con una drastica potatura, partendo a circa 3
cm al di sopra del colletto della pianta. Irrigare all’incirca 3 volte durante il primo
anno d’impianto: non necessita di grande innaffiatura, è una pianta abituata a
resistere anche in ambienti esterni piuttosto secchi.
Cure colturali: il cappero è una pianta rustica che cresce in zone esposte a sud, assolate,
ma al riparo dai venti freddi. Non ha particolari esigenze in fatto di terreno infatti cresce
molto bene tra le rocce ed i sassi. è molto resistente al vento e alla siccità grazie al suo
apparato radicale che si insinua molto in profondità nel terreno. È una pianta che viene
allevata in aridocoltura, vale a dire senza l’apporto di acqua di irrigazione.
Raccolta: la parte edule che conosciamo e che tutti noi apprezziamo e che
comunemente chiamiamo cappero, sono i boccioli fiorali ancora chiusi, che conservati
sotto sale o sottoaceto sono un eccellente completamento di numerose pietanze.
Effettuare la raccolta prima della fase in cui la pianta inizia la fioritura: i capperi più
piccoli sono quelli qualitativamente migliori e ogni 10 giorni la pianta del cappero
produrrà nuovi tapini (capperi). Il cappero fiorisce a partire dalla tarda primavera e per
tutto il periodo estivo, sui rami del primo anno.
Consociazioni: aromatiche, nasturzio, cartamo.
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CARCIOFO
Nome scientifico: Cynara scolymus (Asteraceae)
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Caratteristiche: è una pianta erbacea perenne, con formazione di rizoma, dalle cui
gemme si sviluppano i getti detti carducci. I fiori azzurri ermafroditi tubolosi sono riuniti
in una infiorescenza a capolino, detta anche calatide. Il capolino comprende una parte
basale (il ricettacolo carnoso), sul quale sono inseriti i fiori ermafroditi detti “flosculi”;
inframmezzati ai fiori sono presenti sul talamo numerose setole bianche e traslucide (il
“pappo”). Il complesso di fiori e setole, nei primi stadi di sviluppo, sono volgarmente
indicati con il nome di“peluria”. Sul ricettacolo si inseriscono le brattee o squame
involucrali, a disposizione imbricate l’una sull’altra, le più interne tenere e carnose, le più
esterne consistenti e fibrose. Il ricettacolo carnoso e le brattee interne costituiscono la
porzione edule del carciofo, comunemente detto “cuore”.
Semina/piantumazione: si esegue nel periodo autunno-primaverile per“carducci”,
utilizzando il materiale proveniente dalla scarducciatura di altre carciofaie. I carducci
sono germogli che crescono alla base della pianta e vengono distaccati con una
porzione di radice. I carducci per i nuovi impianti devono essere ben sviluppati, con
una lunghezza di 20-40 cm e provvisti di 4-5 foglie, la cui parte distale viene tagliata
al momento dell’impianto. Nelle zone irrigue meridionali, dove si pratica il risveglio
anticipato, è frequente l’impianto per “ovuli”in estate. Gli ovuli sono le gemme
di grossezza diversa che si formano alla base del fusto interrato, da cui alla ripresa
vegetativa hanno origine i carducci. Gli ovuli si distaccano dalla pianta madre in estate
durante la fase di riposo. Il sesto d’impianto della carciofaia è variabile, sia in relazione
alla durata della carciofaia, che allo sviluppo della varietà. La distanza media è di 100x100
o 120x120 cm, per ottenere 7-10 mila piante all’ettaro..
Cure colturali: nei primi stadi della ripresa vegetativa si eseguono le lavorazioni del
terreno, per il controllo delle infestanti o per l’interramento dei fertilizzanti. Si procede
anche alla scarducciatura secondo la varietà, la fertilità del terreno e la densità delle piante,
lasciando 2/3 carducci per pianta.
Raccolta: è scalare, inizia a ottobre per la coltura precoce e termina in giugno con
quella più tardiva. Può variare da un di 3-4 a un massimo di 15-20, tendendo presente
che la lunghezza del ciclo produttivo può variare da 20 a 180-220 giorni. Ogni pianta
produce 4/15 capolini. La raccolta è effettuata a mano con taglio dei capolini con stelo
lungo e alcune foglie per agevolare il trasporto fuori dal campo.
Consociazioni: lattuga, cavoli, porri, piselli, cipolla, fagioli nani e ravanelli.
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CAVOLFIORE
Nome scientifico: Brassica oleracea varietà botrytis
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Caratteristiche: si consuma l’infiorescenza formata da numerosi fiori carnosi e
compatti, fortemente riuniti a formare una“palla”bianca, paglierina, verde o violetta,
soda e croccante. L’infiorescenza è avvolta da una serie di foglie ripiegate e ondulate,
talvolta bollose e commestibili.
Semina/piantumazione: il cavolfiore precoce viene seminato in semenzaio protetto
(meglio se riscaldato) tra gennaio-marzo, mentre quello di mezza stagione viene
seminato o in coltura protetta o in pieno campo tra maggio-giugno; così come quello
invernale, raccolto tardivamente, viene seminato all’aperto tra maggio-giugno. Semina
poco profonda. Diradare a 10 cm e trapiantare le piante quando hanno 4-5 foglioline:
distanziare 60-90 cm tra le file e 40-70 cm sulla fila.
Cure colturali: non ama la siccità estiva, mantenere umida la superficie del terreno
con pacciamature se necessario. Proteggere le varietà autunno-vernine da gelate con
tunnel di materiale plastico e TNT. Zappare e mantenere il terreno pulito e privo di
infestanti che facilitano la diffusione dell’ernia del cavolo. Irrigare con regolarità.
Raccolta: in primavera le varietà precoci, quelli di mezza stagione vengono raccolti
in estate e quelli tardivi da settembre a novembre; in genere 150-240 gg dopo la
semina. In base alla scalarità della semina e alla grandezza e consistenza della“palla”
(grandezza ottimale: 8 cm di diametro).
Consociazioni: cicorie, indivie e scarole. Evitare finocchi e fragole.
Conservazione: le “palle” raccolte e pulite possono durare una settimana in un
luogo fresco e buio (la cantina); altrimenti dai 5 ai 30 gg a 0 °C.
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CAVOLO BROCCOLO
Nome scientifico: Brassica oleracea var. cymosa, italica o asparagus
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Caratteristiche: si consumano le infiorescenze globose (di colore verde) e meno
sviluppate e compatte rispetto a quelle del cavolfiore. Questo cavolo produce una cima
globosa (o a forma di pigna) molto sviluppata in cima al fusto principale e, una volta
raccolta, continua a produrre cimette più piccole su ramificazioni secondarie. Anche le
foglie possono essere consumate.
Semina/piantumazione: seminato in semenzaio protetto tra gennaio-marzo, quello
medio-tardivo e tardivo viene seminato o in coltura protetta o in pieno campo tra
maggio-giugno. Diradare a 10 cm e trapiantare le piante quando hanno 4-5 foglioline:
distanziare 70-90 cm tra le file e 50-70 cm sulla fila.
Cure colturali: mantenere umida la superficie del terreno con pacciamature se necessario
e irrigazioni regolari. Proteggere le varietà autunno-vernine da gelate con pacciamature
alla base della pianta e, in caso di inverni rigidi, con tunnel di materiale plastico e TNT.
Zappare e mantenere il terreno pulito e privo di infestanti. In caso di varietà tardive, se la
coltivazione persiste in campo fino alla primavera successiva, effettuare una potatura di
rimonda per favorire l’emissione di nuove cimette su rami secondari.
Raccolta: in primavera le varietà precoci, quelli medio-tardivi vengono raccolti in
estate e quelli tardivi da settembre a marzo; in genere 100-200 gg dopo la semina.
Continuare la raccolta delle cimette secondarie anche dopo aver raccolto la cima
principale (“il broccolo”).
Consociazioni: cicorie, indivie e scarole. Evitiamo i finocchi e le fragole.
Conservazione: dai 5 ai 30 gg a 0 °C. I broccoli si prestano al congelamento, in
quanto mantengono la consistenza una volta decongelati.
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CIMA DI RAPA
Nome scientifico: Brassica rapa subsp. sylvestris var. esculenta (Brassicaceae)
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Caratteristiche: coltura autunno-vernina. Della cima di rapa si consumano
le foglie, gli steli teneri e le infiorescenze ancora chiuse. Si possono lessare o
ripassare in padella. Universalmente noto è il piatto pugliese, orecchiette con le
cime di rapa. Si conserva qualche giorno in frigorifero, per il resto normalmente
non si conserva se non già cotta nel congelatore.
Semina/piantumazione: si può fare in campo in file distanti 40/60 cm e alla
distanza di circa 15 cm sulla fila. Essendo il seme finissimo (300-400 semi
per grammo) si semina in file ininterrotte oppure a spaglio, e si procede al
diradamento quando le piantine sono alte almeno 4-5 cm.
Nei piccoli orti è consigliabile seminare in piccoli contenitori singoli,
trapiantando poi a dimora le piantine alte almeno 10 cm. In questo modo le file
saranno più regolari e prive di mancanze.
La varietà Quarantina, comunque, va seminata preferibilmente a dimora. In
alcune zone d’Italia la semina avviene anche a fine inverno. La pianta germina
ed emerge circa 7 giorni dopo la semina, a meno che il clima non sia sfavorevole:
in tal caso può ritardare. La temperatura di germinazione è di 25 gradi.
Cure colturali: il ciclo vegetativo della pianta è estremamente variabile a seconda
delle specie. Esistono varietà precoci, in grado di fornire raccolto dopo soli
quaranta giorni dalla germinazione e varietà tardive, che richiedono più di sei mesi
di coltivazione. La cima di rapa necessita di forti irrigazioni, ma teme sia il caldo
eccessivo che il forte gelo; si adatta a quasi tutti i tipi di terreno, pur preferendo
suoli sciolti, ben drenati e a pH neutro. Non è necessaria una concimazione
abbondante, anche in virtù della spiccata tendenza della pianta ad accumulare
nitrati, che rende sconsigliabile l’eccesso di fertilizzazioni azotate.
Soprattutto nelle coltivazioni autunnali o in presenza di terreni compatti e
ambienti molto umidi, è opportuno predisporre le aiuole adottando un sistema di
sgrondo dell’acqua. Una soluzione valida potrebbe essere quella di sopraelevare
il piano di coltivazione rispetto al resto del campo di una decina di centimetri o
scavare canaletti di scolo dell’acqua piovana adiacenti alle aiuole.
Raccolta: il ciclo colturale delle cime di rapa va dai due ai sei mesi, a seconda
se si seminano varietà precoci o tardive, per motivi climatici le varietà tardive
vanno coltivate esclusivamente al sud o comunque dove la temperatura è mite.
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L’infiorescenza si raccoglie a fiori ancora chiusi, questo è il momento di maggior
qualità del prodotto, quando la verdura è più gustosa.
Se si selezionano le infiorescenze più giovani si hanno i “friarielli”, verdura
molto di moda in piatti meridionali davvero buoni e raffinati. Una volta tagliata
l’infiorescenza la pianta riesce ancora a dar vita a getti minori, bisogna però
tagliare a una spanna di altezza e non sotto. Le cime di rapa non durano a lungo,
si cucinano in diversi modi.
Consociazioni: zucchino e zucca, barbabietole rosse, bietole da coste, carote,
cetrioli, fagioli rampicanti, fave, fragole, indivia, lattughe, peperoni, piselli,
pomodori, porri, rabarbaro, ravanelli, scorzanera, sedano rapa, spinaci, valeriana.
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FIORE DI ZUCCA E ZUCCHINA
Nome scientifico: Cucurbita maxima e Cucurbita pepo (Cucurbitaceae)
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Caratteristiche: viene coltivata per i suoi frutti, che si raccolgono e consumati
acerbi, e per i fiori che vengono fritti in pastella. Inoltre è ideale per chi è a dieta,
visto l’elevato contenuto di acqua e il basso apporto calorico. Sono ricche di
vitamine A e C; si rivelano utili contro l’invecchiamento, nella prevenzione dei
tumori, e per favorire l’abbronzatura. è originaria delle regioni calde dell’America
meridionale, affine alla zucca.
Semina/piantumazione: la semina si inizia appena cessato il pericolo delle
gelate tardive, si fa in posto e si protrae scalarmene fino ad agosto.
Le zucche si seminano una sola volta in aprile-maggio. Il seme viene messo in
buchette alla distanza di 1 metro lungo un solchetto tracciato in precedenza col
filo, sempre alla distanza di 0.80 cm - 1 metro per le zucchine e fino a 2 metri
per le zucche. Nelle semine estive, in terreno asciutto, prima di mettere i semi si
annaffia in fondo alla buchetta, ricoprendo poi con terra fina e asciutta. In ogni
buchetta si mettono di solito 2/3 semi. Dopo qualche giorno dalla nascita, si fa il
diradamento, lasciando una pianta per buchetta.
Cure colturali: per la buona riuscita della coltura, la zucca e la zucchina deve essere
coltivata in terreni fertili e freschi, ben preparati con un buon lavoro profondo 3035 cm, seguito da accurati lavori superficiali di sminuzzamento e spianamento. La
zucca esige una concimazione completa che, a seconda delle qualità del terreno.
Cimare le zucche per favorire lo sviluppo omogeneo di alcuni frutti.
Raccolta: è scalare ed è fatta al momento in cui il fiore che si lascia attaccato al
frutto sta per schiudersi.
Le zucche da inverno si raccolgono ai primi d’ottobre e si conservano in locale
asciutto e ventilato fino alla fine dell’inverno. La mattina presto posso essere
raccolti i fiori di zucca e zucchine per essere consumati impanati e fritti.
Consociazioni: lattughe, indivie, cetrioli, cipolle e prezzemolo.
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NON SOLO AROMI…
Per definizione una pianta aromatica è una pianta contenente sostanze di odore
gradevole, dette aromi, ricca di oli essenziali, le cui funzioni biologiche si ipotizza
possano essere di difesa contro insetti fitofagi, per i quali risultano repellenti;
stimolanti del metabolismo vegetale; per attirare, in alcuni fiori, gli insetti pronubi.
Solitamente se ne consumano/utilizzano diversi organi e porzioni come, semi, bulbi o
radici, foglie e legno, a seconda di dove è localizzata la sostanza aromatica di interesse.
In realtà, potenzialmente, di numerose erbe aromatiche, possiamo consumarne anche
i fiori. Molte volte, senza pensarci, consumiamo fiori di aromatiche; come nel caso
dell’origano, quando raccogliamo gli steli fioriti e, una volta essiccati, sbricioliamo
sia fiori che foglie; oppure nel caso del basilico, quando tende a levarsi a fioritura per
non gettare nulla utilizziamo anche le sommità fiorite; e ancora nel caso del timo,
dove i fiori, estremamente piccoli, si confondono talvolta con le piccole foglioline di
varietà variegate. Ricordiamoci, inoltre, che i fiori di molte aromatiche rientrano come
materiale di partenza per l’estrazione di oli essenziali.
Gli usi dei fiori di aromatiche possono essere molteplici, dalla semplice guarnizione
alla preparazione di piatti dove l’ingrediente principale è il fiore della pianta aromatica
scelta di cui se ne esalta il sapore e la presenza, tramite una oculata scelta degli altri
ingredienti e della metodologia di cottura/preparazione. Senza tuttavia dimenticarci i
comuni usi delle foglie e altre parti delle aromatiche, come spezie per insaporire i cibi,
conservare alimenti, preparare infusi o bevande dissetanti, preparare liquori e amari e
ancora nelle preparazioni cosmetiche.
Sicuramente tra tutti questi usi comuni, i fiori di aromatiche possno avere ruolo
fondamentale nella preparazione di infusi e tisane fornendo loro il delicato aroma e
trasferendo il pigmento dando colore alla bevanda.
La coltivazione come specie orticola della pianta aromatica, garantisce le quantità e
la qualità del prodotto che vogliamo consumare, solitamente per gli aromi comuni, la
foglia. Possiamo però applicare delle tecniche colturali che valorizzino la produzione
abbondante di fiori e di dimensioni maggiori, abbinate alla scelta di varietà che, per
sue caratteristiche genetiche, producono abbondantemente, fiori grossi e saporiti.
Non dimentichiamoci alcune accortezze: molte aromatiche presentano sostanze
tossiche che, talvolta, sono presenti proprio nei fiori, oppure che la pianta può
produrre e concentrare in determinati organi (come il fiore) alcuni principi attivi
(talvolta tossici) in modo diverso a seconda del periodo dell’anno. Questo fenomeno
è chiamato tempo balsamico, periodo dell’anno in cui una certa pianta di interesse
erboristico/medicinale presenta la più alta concentrazione di principi attivi ed è, di
conseguenza, il momento più indicato per la sua raccolta.
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BORRAGINE
Nome scientifico: Borago officinalis (Boraginacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono ermafroditi, di colore blu- violetto, peduncolati, a forma di stella e
disposti a grappolo; hanno 5 petali saldati alla base con colorazione bianca e gli
stami neri sono inseriti sul tubo della corolla e portano un cornetto dietro. I sepali
sono di colore bruno-rossiccio o verde.
Semina/messa a dimora: seminare all’aperto da marzo a giugno con una distanza
sulla fila di 20/25 cm e tra le file 40 cm.
Cure colturali: cresce ovunque preferendo i terreni asciutti, sciolti, leggeri, ricchi
di humus e ben esposti al sole.
Vive tranquillamente in terreni con ph che vanno da 5 a 8. La borragine può essere
seminata in primavera direttamente nell’orto o in vaso.
Si propaga facilmente da sola tramite seme. La borragine si può seminare anche in
autunno, anticipando la produzione ottenendo piante più grandi.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce da maggio a settembre e i semi
maturano da luglio a ottobre. Già uno o due mesi dopo la semina si cominciamo a
raccogliere i fiori secondo le necessità.
I fiori possono essere usati come guarnizione e come aroma per diversi piatti. Si
possono congelare all’interno di cubetti di ghiaccio per dare una nota di colore alle
bevande estive. Possono essere usati anche per colorare l’aceto. Sia le foglie che il
fiore soprattutto hanno un sapore che ricorda il cetriolo.
Raccolta e conservazione: si utilizzano le foglie fresche raccolte in primavera.
Dopo la fioritura si utilizzano solo le foglioline più giovani. Con l’essiccazione
le sue proprietà diminuiscono sensibilmente, meglio quindi conservarla
congelandola.
Curiosità: i francesi e gli inglesi la coltivavano come un ortaggio e ne ricavavano
una bevanda fresca estiva. La borragine è una pianta che fornisce un nettare molto
gradevole e, per questo, è molto ricercata dalle api che ricavano un miele con un
aroma particolarmente saporito.
È uno dei componenti fondamentali del preboggion il mazzetto di erbe aromatiche
tipico della cucina ligure.
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CALENDULA
Nome scientifico: Calendula officinalis (Asteraceae)
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
Una volta al mese durante tutta l’estate appaiono fiori color arancio, grandi,
raggruppati in capolini, i periferici ligulati, quelli centrali ermafroditi e tubulosi.
Evidente l’etimologia dalle calendae romane, che indicano per antonomasia una
ricorrenza mensile.
Semina/messa a dimora: la coltivazione viene fatta ponendo a terra i semi in
primavera in semenzai provvisti di terriccio leggero.
Le piante vengono poi trapiantate in vaso o in piena terra, in luoghi soleggiati.
Spesso si dissemina spontaneamente.
Cure colturali: amano il sole e l’aria; devono essere coltivate all’aperto, anche in
vaso, purché siano tenute in un balcone o in un davanzale. Non è particolarmente
esigente e si adatta abbastanza bene alle diverse situazioni pedo-climatiche. Devono
stare al sole diretto, infatti non hanno problemi con le alte temperature. Si innaffia
regolarmente in modo che il terreno rimanga sempre umido, ma non fradicio. Una
irrigazione costante, specialmente quando la pianta è in fiore, è importantissima.
Attenzione ai ristagni idrici che non sono in alcun modo tollerati. Preferiscono dei
terreni ricchi di sostanza organica, leggeri, che favoriscano il rapido sgrondo delle
acqua in eccesso in quanto non tollerano in alcun modo i ristagni idrici.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: inizia a fiorire a partire a primavera inoltrata.
Come le foglie, anche i fiori possiedono un gusto particolare di sapore erbaceo. Da
utilizzare freschi, scaldandoli perdono il particolare sapore.
Raccolta e conservazione: dalla primavera inoltrata fino all’estate produce
numerosissimi fiori a margherita, di colore giallo o arancione; esistono molte cultivar
a fiori doppi e stradoppi. I fiori di calendula profumano delicatamente di limone,
e sono commestibili: si consumano crudi in insalata, oppure vengono utilizzati
essiccati per tisane, hanno un sapore intenso e speziato.
Può essere utilizzata come condimento per pasta e risotti. I petali e le foglie possono
arricchire zuppe e minestroni, ma anche frittate ed insalate. Da utilizzare in cucina
assolutamente. Il gusto è piccante, sapido, pepato. Il colore dorato aggiunge un tocco
di lusso a qualsiasi piatto.
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CAMOMILLA
Nome scientifico: Matricaria chamomilla (Asteracee)
Difficoltà: media
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono ermafroditi, riuniti in capolini lungamente peduncolati posti su un
ricettacolo vuoto e i fiori esterni hanno la ligula bianca mentre i fiori interni sono
tubolosi con corolla gialla. L’impollinazione è entomofila.
Semina/messa a dimora: in primavera posizionando il seme a una profondità di
1-2 cm. La distanza tra le file è di 40 cm e sulla fila di 25 cm.
Cure colturali: è una pianta che ama il sole, l’aria e il caldo viceversa non ama
le correnti d’aria e il vento eccessivo. Predilige i luoghi con inverni miti e con
una buona umidità anche se non gradisce l’eccessiva umidità notturna. Tenere
sotto controllo le infestanti che vanno regolarmente eliminate. Lavorare il terreno
superficialmente eliminando la crosta superficiale. Coltivarla in terreni freschi, non
aridi e tendenzialmente acidi, sciolto e ben drenato in quanto, pur avendo necessità
di terreni umidi, non ama i ristagni idrici. Evitare terreni eccessivamente fertili e
ricchi di sostanza organica.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: a partire dal mese di maggio e per tutta
l’estate ed i semi maturano da agosto a settembre. Una particolarità che ci fa
facilmente riconoscere la Matricaria camomilla è che le ligule bianche (i fiori esterni)
dei capolini al termine della fioritura sono rivolte verso il basso. I fiori vanno raccolti
all’inizio della fioritura (maggio), quando i capolini non sono ancora ben schiusi
e sono ancora di un bel colore bianco. A causa della fioritura scalare, si dovranno
fare più raccolte nella stagione di fioritura. I fiori hanno un sapore dolce e vengono
spesso utilizzati negli infusi.
Raccolta e conservazione: effettuare la raccolta in giornate asciutte per facilitare l’
essiccazione e sfavorire la comparsa di marciumi. Vanno essiccati rapidamente in un
luogo asciutto, buio e ventilato per evitare la formazione delle muffe e l’annerimento
della pianta con conseguente perdita delle sue caratteristiche. Si conservano in
recipienti di vetro al riparo dalla luce. È preferibile rinnovare annualmente la scorta.
Curiosità: vi si estraggono gli oli essenziali mediante distillazione in corrente di
vapore. L’olio essenziale, responsabile delle sue proprietà aromatiche contiene:
camazulene blu che vira al bruno alla luce, flavonoidi, cumarina, alcool, acidi grassi,
glucosidi, potassio, vitamina C.
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CORIANDOLO
Nome scientifico: Coriandrum sativum (Apiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono di colore rosato-bianco e riuniti in infiorescenze dette ad ombrella.
La pianta si sviluppa da una rosetta centrale dalla quale partono tutte le foglie e i
peduncoli fiorali.
Semina/messa a dimora: all’inizio della primavera nelle zone a clima temperato
mentre in primavera inoltrata nelle zone a clima freddo. In ogni caso è bene
seminare in zone soleggiate in file distanti 50-60 cm mentre lungo la fila la distanza
deve essere di circa 20 cm ad una profondità di circa 2 cm.
Cure colturali: cresce senza problemi un po’ ovunque nelle regioni a clima
temperato. Ama i terreni freschi, leggeri e ben drenati. Le piante fresche
emanano un odore non molto gradevole è preferibile, non piantarle troppo vicino
all’abitazione o nei luoghi di passaggio.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: inizia a fiorire a partire a primavera inoltrata.
Come le foglie, anche i fiori possiedono un gusto particolare di sapore erbaceo. Da
utilizzare freschi, scaldandoli perdono il particolare sapore.
Raccolta e conservazione: da luglio e fino a settembre si estirpano le piante per
raccogliere i frutti, quando maturano e iniziano ad assumere una colorazione
marrone chiaro. Le piante estirpate si legano in mazzi e si mettono a essiccare
appese a testa in giù in luoghi ventilati, bui e asciutti. Una volta essiccate prelevare i
semi e conservarli al buio in barattoli a tenuta ermetica. Non può essere conservato
per lungo tempo in quanto perde abbastanza rapidamente il suo aroma.
Curiosità: si possono utilizzare sia le foglie che i semi. I frutti di coriandolo sono
anche usati nell’industria farmaceutica per aromatizzare i medicinali e nell’industria
erboristica per aromatizzare soprattutto i lassativi. Ha un aroma talmente forte che
se si masticano i frutti, riescono a neutralizzare anche l’aroma dell’aglio.
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ERBA CIPOLLINA
Nome scientifico: Allium schoenoprasum (Liliacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori si formano su un unico scapo fiorale di altezza anche di 40 cm.
I fiori sono ermafroditi, di colore rosa chiaro-scuro e riuniti in infiorescenze apicali
globose a ombrella.
Semina/messa a dimora: la moltiplicazione dell’erba cipollina può avvenire
per seme in primavera, ma principalmente per divisione della pianta, all’inizio
dell’autunno, in ottobre. Si toglie la pianta dal terreno e si divide in 4-5 parti
contenente ciascuna 4-5 bulbilli, a seconda delle dimensioni della pianta madre e
ciascuna porzione si mette a dimora o in singoli vasetti o in piena terra a circa 30
cm di distanza l’una dall’altra.
Cure colturali: l’erba cipollina è rustica, poco esigente, che non richiede particolare
attenzioni. Cresce bene sia nelle zone soleggiate che in quelle in leggera ombra.
E’ una pianta che va annaffiata abbondantemente soprattutto nel periodo estivo
facendo attenzione a non lasciare ristagni idrici nel terreno. Cresce bene ovunque
ma preferisce terreni freschi, leggeri, di medio impasto, sciolti e ben drenanti..
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce a partire dal mese di maggio. La
fioritura in genere è molto copiosa. I fiori si raccolgono da aprile fino ad ottobre, se
l’autunno è mite. I fiori sono molto gustosi e croccanti per la loro consistenza tipica.
Raccolta e conservazione: da giungo sino a settembre. Si usano fiori, foglie e
bulbilli. In particolare le foglie si tagliano quando sono pienamente sviluppate,
recidendole alla base. Si possono effettuare 3-4 tagli per stagione. Le foglie con
l’essicazione perderebbero tutto il loro aroma a causa della loro consistenza
acquosa e della loro struttura cava, poco consistente. Si utilizzano pertanto fresche
oppure, se si vuole conservarle, è possibile surgelarle.
Curiosità: contiene l’alliina, una sostanza inodore che per azione dell’enzima
alliinasi, che si libera con la rottura dei tessuti, trasforma l’alliina in allicina, un
composto dal profumo pungente, il classico profumo di cipolla. L’allicina viene
degradata con la cottura.
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FIORI DI AGRUMI
Nome scientifico: (Rutaceae)
Citrus maxima - Pummelo
Citrus medica - Cedro
Citrus reticolata – Mandarino
Citrus sinensis – Arancio dolce
Fortunella margarita - Kumquat
Citrus x limon - Limone
Citrus x aurantium - Arancia amara
Citrus x myrtifolia – Chinotto
Citrus x bergamia - Bergamotto
Citrus x paradisi - Pompelmo
Citrus x clementina - Clementina (Mandarancio senza semi) (Rutaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: media
La zagara è il fiore degli agrumi. La parola deriva dai termini arabi zahara
(“splendere, sfavillare di bianco”) e zahr (“fiore”). Le zàgare crescono in
infiorescenze corimbose oppure solitari. La corolla a petali liberi racchiude
moltissimi stami; il pistillo ha un ovario con almeno cinque logge ricche di ovuli.
I fiori degli agrumi sono generalmente bianchi, sebbene alcune specie presentino
boccioli variamente colorati, per cui alle volte i petali conservano lievi sfumature di
colore all’attaccatura. I fiori di limone e di cedro hanno generalmente una sfumatura
violacea. A seconda della specie, i fiori sono di grandezza variabile, e possono
misurare da 1 a 5 cm di diametro. Sono tutti molto profumati.
Semina/messa a dimora: si trapiantano in febbraio. Per la coltivazione in
contenitore si utilizzano due parti di torba, due parti di terra da giardino e una parte
di sabbia, aggiungendo alcune manciate di lapillo o pietra pomice.
Cure colturali: piante sempreverdi che nelle zone di origine godono di estati
calde e umide. In Italia è diffusa solo in zone con clima mite; per favorire la
resistenza al freddo è possibile innestare gli agrumi su piante di Poncirus trifoliata,
una Rutacea rustica a foglia caduca. Gli agrumi si coltivano in luogo soleggiato e
riparato dal vento, e, se si vive in zone con inverni rigidi, si devono porre a dimora
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in contenitore, in modo da poterli spostare in serra fredda in caso di temperature
molto basse, oppure ricordiamoci di coprirli con “tessuto non tessuto” durante
l’inverno. Necessitano di terreno soffice e mediamente ricco in materia organica,
molto ben drenato e non eccessivamente argilloso. Devono essere innaffiati in
maniera abbondante, ma evitando i ristagni e attendendo sempre che il terreno
asciughi bene tra un’annaffiatura e l’altra. Ogni 3-4 mesi, al terreno, si aggiunge
dello stallatico ben maturo o del concime granulare a lenta cessione, e come
ammendante la polvere di lupini.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fioriscono in primavera, e alcune specie
hanno una seconda fioritura in tarda estate o in autunno, i fiori sono di colore bianco
e intensamente profumati. Per zagara si intende in particolare il fiore dell’arancio
e del limone (la cui fioritura avviene tra aprile e maggio) oltreché del bergamotto
(che invece fiorisce tra la fine di marzo e aprile: i frutti vengono raccolti da ottobre
a dicembre). Il fiore può essere colto tutto l’anno in quanto esistono varietà e ibridi
con fioritura in mesi differenti. I fiori sono dolci e molto profumati; da utilizzare con
parsimonia o il sapore nel vostro piatto sarà coperto.
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ISSOPO
Nome scientifico: Hyssopus officinalis (Lamiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono tubolari, tipici del genere, bilabiati alle estremità della corolla, raccolti in
spighe molto dense che si sviluppano all’ascella delle foglie superiori. Sono di colore
azzurro - violetto e sbocciano da luglio a settembre. Anche se per lo più si trova
la varietà a fiori azzurro-violetto, esistono anche varietà a fiori bianchi (Hyssopus
officinalis varietà albus) e a fiori rosa (Hyssopus officinalis varietà roseus).
Semina/messa a dimora: la moltiplicazione avviene per divisione dei cespi, da
effettuare in primavera avanzata o all’inizio dell’autunno. È facile da riprodurre
anche per semina, in marzo-aprile, su substrato calcareo e leggero. Propagare
anche per talea in aprile-maggio.
Cure colturali: pianta robusta, non richiede cure particolari. Per quanto riguarda il
terreno non è particolarmente esigente, ma predilige terreni sassosi, piuttosto aridi
e ben esposti. L’issopo può venir coltivato con successo anche in vaso. All’inizio
della primavera (marzo-aprile) la pianta si pota energicamente tagliando il fusto a
circa 10 cm dal terreno per dare vigore alla pianta.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: l’issopo fiorisce nel periodo estivo, luglio
e agosto, i fiori si raccolgono appena schiusi perché hanno il maggior contenuto di
oli essenziali così come le foglie; i fiori e le foglie più tenere si possono aggiungere
nelle insalate, minestre, ragù e arrosti. Le sommità fiorite si usano in alcune salse e
zuppe, sono inoltre un ingrediente di liquori d’erbe. Sia il fiore che le foglie hanno
un sottile gusto di anice o liquirizia.
Raccolta e conservazione: le foglie, secondo necessità, in ogni periodo dell’anno.
Foglie ed infiorescenze si conservano dopo averle essiccate e sono ottime
componenti dei pout-pourri.
Curiosità: possiede proprietà terapeutiche, espettoranti e digestive.
L’issopo è una pianta che viene citata nell’Antico Testamento.
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LAVANDA
Nome scientifico: Lavandula angustifolia (Lamiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono ermafroditi, zigomorfi, tetrameri, ossia con quattro verticilli (calice –
corolla - androceo – gineceo) e pentameri, cioè con corolla e calice a 5 parti). I fiori
sono violacei e profumano di fresco. La loro fioritura dura tutta l’estate.
Semina/messa a dimora: si semina in primavera: la germinazione è piuttosto
lunga. Richiede una posizione soleggiata ben ventilata, è molto resistente e ama il
caldo. Cresce in qualsiasi tipo di terreno anche se preferisce quelli calcarei. Si può
riprodurre anche per talea fogliare in primavera.
Cure colturali: si trapianta a maggio, sistemando lepiantine a 30 cm l’una dall’altra.
È adatta anche ai giardini rocciosi. Raggiunge un’altezza massima di circa 60
cm. Meglio concimare in primavera, anche con concime liquido per piante verdi.
Attenzione ai ristagni d’acqua: non ama l’umidità. La Lavandula angustifolia è
resiste al freddo meglio rispetto ad altre specie. A fine estate si pota per pulire la
piante di fiori e rametti secchi. A inizio primavera va potata (solo la parte verde) per
favorire la crescita ordinata dei nuovi rami. Si pota tutti gli anni.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura dura tutta l’estate. I fiori si
raccolgono freschi per essiccarli, secchi per usarli nelle composizioni floreali e nei
sacchetti profuma-biancheria.
Raccolta e conservazione: i rami fioriti si tagliano alla base sotto le foglie, si
raccolgono a mazzetto e si mettono a essiccare a testa in giù. Bastano 15 giorni.
Curiosità: da quando si inizia a coltivare per avere piante al massimo della
bellezza, bisogna aspettare il terzo anno, quando la pianta è ben sviluppata.
Importante per il suo mantenimento la potatura a fine fioritura.
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MAGGIORANA
Nome scientifico: Origanum majorana (Lamiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori di colore bianco-rosato sono raccolti in spighe, provvisti di brattee concave e
sono ermafroditi ad impollinazione entomofile soprattutto api e farfalle.
Semina/messa a dimora: a primavera in un luogo riparato e trapiantiamole
all’aperto in pieno sole, distanziandole 30 cm.
Cure colturali: preferisce terreni asciutti, va annaffiato poco e spesso facendo
attenzione a non inzuppare il terreno e non lasciare ristagni idrici. Le maggiori
richieste idriche si hanno quando la piantina è ancora giovane e durante la fioritura.
Preferisce terreni a reazione alcalina, permeabili e asciutti e con una buona dose di
sostanza organica. Le piante di maggiorana sono molto rustiche e non richiedono
concimazioni particolari.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura della maggiorana avviene da
luglio a settembre ed i semi maturano da agosto a settembre.
I fiori riuniti in spighe sono molto gustosi e hanno sapore uguale a quello della
maggiorana, un po’ più forte.
Raccolta e conservazione: da giungo fino a novembre. Si utilizzano le sommità
fiorite e le foglie che si raccolgono all’inizio della fioritura tagliandole con tutti i
rami. I rametti con i fiori e le foglie di maggiorana vanno essiccati appena raccolti,
il più velocemente possibile appesi a testa in giù in luoghi asciutti, bui e aerati
affinché non perdano le loro caratteristiche. Una volta essiccati, vanno recuperate
le foglie ed i fiori, sbriciolati e conservati in vasetti di vetro. La maggiorana al
contrario dell’origano perde molto del suo aroma con l’essiccazione è preferibile
quindi consumarla fresca o surgelata..
Curiosità: contiene molti oli essenziali ed è ricca di vitamina C, tannini e acido
rosmarinico.
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MENTA
Nome scientifico: Metha spp. (Lamiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata/mezz’ombra
Irrigazione: media
I fiori sono portati da infiorescenze disposte a capolino o a spicastro, con fiori labiati
tipici della famiglia.
Semina/messa a dimora: dividiamo le radici in primavera o pianta esemplari
acquistati in vaso.
Cure colturali: vive bene in diversi climi tanto; più frequente dove la primavera
è fredda e umida e l’estate è calda e asciutta. Ama le esposizioni soleggiate che
ne stimolano la produzione di oli. Richiede delle annaffiature regolari e generose
soprattutto durante il periodo estivo. Non bagnare le foglie quando si annaffia in
quanto l’evaporazione fa perdere oli essenziali.
La menta non è particolarmente esigente in fatto di terreni, l’importante è che
sia un terreno fertile ricco di humus, poroso, a ph neutro o anche leggermente
acido (ph 6-7) e ben drenante (non ama i ristagni idrici). Sono assolutamente da
evitare i terreni pesanti ed argillosi. Essendo una pianta avida di sostanza organica,
se coltivata nel vaso, rinnovare il terriccio ogni 2-3 anni. La menta è una pianta
potassofila, vale a dire che richiede delle grandi quantità di potassio. Per una
maggiore produzione di oli essenziali apportarvi anche azoto e fosforo.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce dalla primavera all’estate e può
proseguire fino all’autunno. I fiori sono dello stesso sapore delle foglie, talvolta più
inteso e aromatico.
Raccolta e conservazione: le foglie si possono raccogliere tutto l’anno anche se
raccolte al momento della piena fioritura, per lo più nel mese di agosto, hanno il
maggior contenuto di oli essenziali e di mentolo libero e un basso contenuto in
mentone che conferisce un odore aspro. Una volta raccolta va consumata o allo
stato fresco oppure essiccata all’aria e all’ombra, infatti anche secca mantiene il
suo aroma.
Curiosità: ogni specie sintetizza un’essenza particolare ed alcune specie sono
più apprezzate di altre da un punto di vista qualitativo. Fra questa sicuramente
la Mentha piperita è la più apprezzata in quanto sintetizza un olio costituito
principalmente da un alcool secondario, il mentolo (50/60%) e da un chetone,
il mentone (9/12%). L’olio si trova in maggiore quantità nelle foglie che ne
contengono 0,3-0,4% fino a oltre l’1%.
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ROSMARINO
Nome scientifico: Rosmarinus officinalis (Lamiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata/mezz’ombra
Irrigazione: media
I fiori sono riuniti in grappoli che crescono all’ascella delle foglie, di colore azzurrovioletti e presenti quasi tutto l’anno. Sono ermafroditi a impollinazione entomofila
soprattutto da parte delle api. I frutti sono degli acheni che diventano scuri a maturità.
Semina/messa a dimora: in primavera in terra ben drenata, quasi secca, in pieno
sole. Si propaga facilmente per talea
Cure colturali: ama il sole, il caldo e l’aria, sono piante che devono essere coltivate
all’aperto. Crescono molto bene lungo le zone litoranee del mediterraneo e tollerano
senza alcuna difficoltà l’aria salmastra. È preferibile che siano localizzate in zone
riparate da eventuali venti freddi che potrebbero sopraggiungere con l’inverno.
Temperature al di sotto di 10-15 °C sono mal tollerate, ma riesce comunque a
resistere ai nostri inverni rigidi. Preferisce terreni asciutti, va annaffiato poco e spesso
facendo attenzione a non inzuppare il terreno e a non lasciare ristagni idrici.
Se coltivato in vaso è opportuno rinvasare ogni due-tre anni usando un buon
terriccio fertile, a reazione alcalina avendo cura di ben sistemare su fondo del vaso
dei pezzi di coccio per favorire il rapido sgrondo delle acque di irrigazione..
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce dalla primavera all’estate e può
proseguire fino all’autunno. I fiori sono dello stesso sapore delle foglie, talvolta più
inteso e aromatico.
Raccolta e conservazione: fiorisce da marzo a settembre-ottobre, ma se il clima
si mantiene mite la fioritura può durare più a lungo. Per la produzione degli oli
essenziali si utilizzano le sommità fiorite fresche. I fiori sono di un sapore più
moderato rispetto alla pianta; utilizzatelo per guarnire piatti.
Curiosità: si utilizzano sia le foglie che i fiori, che vanno raccolti in piena fioritura,
durante l’estate. I rametti con i fiori del rosmarino vanno essiccati appena raccolti, il
più velocemente possibile appesi a testa in giù in luoghi asciutti, bui e aerati affinché
non perdano le loro caratteristiche. Una volta essiccati, vanno recuperate le foglie ed
i fiori e conservati in vasetti di vetro sigillati. Il rosmarino è meglio utilizzarlo fresco
in quanto con l’essiccazione perde buona parte dei suoi principi attivi.
Proprietà aromatiche: è una pianta ricchissima di olio essenziale costituito
essenzialmente da pinene, conforene, limonene, flavonoidi, acidi fenolici, tannini,
resine, canfora e acido rosmarinico.
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SALVIA
Nome scientifico: Salvia officinalis (Lamiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono riuniti nella parte terminale dello stelo (spicastri), nel caso della S.
officinalis di color violetto. Sono ermafroditi e vengono impollinati dagli insetti.
Semina/messa a dimora: difficilmente si propagaper seme; si dividono i ciuffi in
primavera o in autunno, o si mettono a dimora le piantine acquistate in vaso. Si
propaga facilmente per talea.
Cure colturali: pianta rustica, vive bene se esposta in pieno sole. Pianta sia
termofila che eliofila vale a dire che ama il caldo sia il sole. In genere l’aerale
di coltivazione arriva fino ai 900 m di altitudine (non tollera climi troppo
freddi). Sopravvive con difficoltà negli ambienti con inverni lunghi e freddi.
Sopportaanche la siccità e non amano l’eccessiva umidità atmosferica. Gradisce
una buona circolazione dell’aria e aria asciutta, al fine di evitare la comparsa
del temibile oidio che colpisce la parte aerea della pianta compromettendone
la sopravvivenza. Dopo 4-5 anni la pianta tende a degenerare per cui dopo tale
periodo è bene sostituirla. Annaffiare con moderazione, stando attenti a non
lasciare ristagni idrici nel terreno, che sono la principale causa di morte di queste
piante, lasciando asciugare il terreno tra un’irrigazione e l’altra. Preferisce i terreni
neutri o leggermente calcarei e sabbiosi, molto permeabili. Sono assolutamente da
evitare i terreni acidi e pesanti.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce da primavera e per tutta l’estate
mentre i semi maturano da agosto a settembre. Sapore simile a quello delle foglie,
ma più delicato.
Raccolta e conservazione: le foglie devono essere raccolte tra maggio e luglio
prima o all’inizio della fioritura. Si utilizzano anche le sommità fiorali che vanno
raccolte all’inizio della fioritura. Per l’uso quotidiano in cucina le foglie possono
essere raccolte tra la primavera e l’autunno. Le migliori sono quelle delle cime e
non devono essere lavate ma strofinate con un panno umido. Le foglie e i fiori si
fanno essiccare all’ombra e si conservano in sacchetti di carta o di tela.
Curiosità: l’ olio essenziale ha una composizione chimica molto complessa e i suoi
costituenti principali sono: alfa e beta-tujone, canfora e 1,8-cineolo, responsabili
del caratteristico aroma della pianta.
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TIMO
Nome scientifico: Thymus vulgaris (Lamiacee)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata/mezz’ombra
Irrigazione: media
I fiori sono di colore bianco-rosato, ermafroditi e crescono all’ascella delle foglie in
infiorescenze a spiga; sono a impollinazione entomofila, a opera delle api. I frutti sono
acheni contenenti ciascuno quattro semi ricoperti da un guscio di colore marrone.
Semina/messa a dimora: in primavera con trapianto all’aperto nella primavera
dell’anno successivo, in terreno leggero e ben esposto al sole. Si propaga anche
per talea e per divisione dei ciuffi.
Cure colturali: pianta dai climi temperati, ama il sole. Tollera brevi periodi anche
temperature di -10-15 °C. Non gradisce le escursioni termiche troppo elevate
alla ripresa vegetativa in primavera. Se coltivata in pieno campo è molto utile fare
delle sarchiature. Le erbe infestanti non sono un grosso problema per il timo in
quanto, dato il suo rigoglio vegetativo, riesce a prevalere sulle malerbe anche se nei
primi due anni di vita è bene tenerle sotto controllo. Per favorire un buon rigoglio
vegetativo è importante annaffiare poco e spesso, senza inzuppare il terreno. Infatti
il timo tollera la siccità ma non i ristagni idrici o l’eccessiva umidità. Preferisce terreni
calcarei e leggeri, permeabili e asciutti.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce dalla primavera e per tutta l’estate.
I fiori del timo sono molto ricchi di nettare per cui sono molto ricercati dalle api.
Raccolta e conservazione: si utilizzano le sommità fiorite che si raccolgono da
aprile e per tutta l’estate e le foglie che vanno raccolte prima della fioritura o
all’inizio della fioritura. Raggiunge il suo massimo di produzione al terzo-quarto
anno di vita. Si possono effettuare due raccolti di fiori: uno intorno al mese di
giugno, l’altro a settembre dopo il primo sfalcio in modo da dare alla pianta
il tempo di ricrescere e accumulare i preziosi oli essenziali. Lo sfalcio si deve
eseguire a pochi centimetri dal terreno (circa 5cm). Sia le foglie che i fiori del
timo si raccolgono con tutto il fusto che poi viene messo a seccare in un posto
ombreggiato e ventilato che garantirà una corretta essiccazione.
Curiosità: i principali costituenti sono i fenoli per in particolare: il timolo (per un
30-70%); l’altro è il carvacrolo (per un 3-15%). Se il timo viene raccolto durante
l’inverno il contenuto in fenoli è basso con predominanza del timolo, se raccolto in
estate si ha un’alta concentrazione di fenoli e soprattutto carvacrolo.
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FIORI DA GUSTARE
Consideriamo normalmente i fiori come un ornamento del nostro giardino oppure del
nostro terrazzo, in realtà i fiori hanno molti più potenziali ed utilizzi sia nell’ ambito
cosmetico ma soprattutto in campo culinario per la preparazione di bevande, piatti e
la guarnizione di pietanze. Forse un po’ per l’esigenza di scoprire qualcosa di nuovo e
curioso oppure semplicemente come ritorno ad un lontano passato, dove il consumo
dei fiori come alimento era molto diffuso in antiche civiltà, oggi come non mai “la
moda” del consumo di fiori sta crescendo sempre di più.
È necessario quindi che i coltivatori e i commercianti rispondano correttamente alla
richiesta di mercato, offrendo prodotti di qualità e sicurezza certificata. Questo discorso
magari non strettamente necessario per il consumo di fiori di piante aromatiche è
indispensabile per il consumo dei fiori che normalmente consideriamo ornamentali,
proprio perché più attrattivi e curiosi per i loro colori sgargianti e intensi profumi, che
ci invogliano alla loro coltivazione come ornamento.
Già da qualche anno, alcune aziende produttrici di piante e fiori ornamentali
specificano sull’etichetta o sul vaso della pianta che il fiore non risulta edibile: non
perché fiore non adatto al consumo in quanto tale, ma perché la pianta non è stata
coltivata secondo precise pratiche di coltivazione che consentono di ottenere fiori
buoni, di qualità e sicuri per la nostra salute.
Ricordiamoci che i fiori, per la loro fragilità e delicatezza, hanno tempi brevi
diconservazione. Impariamo quindi a nutrirci di fiori in sicurezza, sia per il semplice
gusto di farlo ma anche con la consapevolezza che alcuni fiori non sono semplicemente
belli ma anche ricchi di sostanze con un altro valore nutrizionale, quindi una “nuova
o vecchia scoperta”per arricchire la rosa di alimenti che consumiamo per soddisfare il
palato ma anche per nutrire il nostro corpo.
Sicuramente consumare fiori, al dì là dell’influenza sul nostro organismo, potrà
influenzare positivamente anche l’umore. Noi mangiamo utilizzando tutti e 5 i sensi,
ciascuno di essi è fondamentale per percepire al meglio l’azione del “mangiare”;
mangiare una cosa bella da vedere con colori sgargianti sarà un’ esperienza piacevole
per il nostro umore.
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BEGONIA
Nome scientifico: Begonia semperflorens (Begoniaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata/mezz’ombra
Irrigazione: media
I fiori sono piccoli, poco appariscenti se presi singolarmente, ma le piccole piante
possono produrne in grande quantità, e costantemente per molti mesi. Sono piante
monoiche, vale a dire che i fiori maschili ed i fiori femminili sono sulla stessa pianta ma
sono diversi tra loro: i fiori maschili sono di solito più appariscenti dei fiori femminili.
Semina/messa a dimora: le begonie producono fusti carnosi e foglie spesse,
quasi succulente; i fusti spessi, ricchi di acqua, sono perfetti per preparare delle
talee, in quanto proprio l’acqua al loro interno permette alle talee di sopravvivere
a lungo, prima della radicazione. La riproduzione delle nostre piante di begonietta
semprefiorita avviene per seme; è bene seminare le begoniette in letto caldo già nei
mesi di gennaio-febbraio, poichè la germinazione è abbastanza lenta; in primavera è
anche possibile praticare talee di foglia, prelevandole dalle piante dell’anno precedente
preservate in serra temperata in quanto radicano senza problemi e velocemente.
Utilizziamo un substrato mescolando del terriccio universale con sabbia in parti uguali.
Cure colturali: nelle zone con clima estivo molto caldo ed asciutto è consigliabile
trovare una aiola in una zona non eccessivamente calda, con luce solare nelle prime
ore del mattino. Amano annaffiature regolari, anche se riescono a sopravvivere
a periodi di siccità; è quindi conveniente annaffiare quando il terreno è asciutto,
evitando però di lasciare le piante in un terreno secco a lungo. Il terriccio sarà un
miscuglio di terriccio universale, con poca sabbia per migliorare il drenaggio, ed
eventualmente poca terra da giardino; le piante non producono grandi apparati
radicali, e quindi possono trovare spazio anche in piccole aiuole, o nei vasi dei
gerani. Ogni 12-15 giorni, forniamo del concime per piante da fiore, che stimolerà
lo sviluppo delle piante. Queste begonie sono piante perenni, che non sopravvivono
al freddo invernale, e vengono quindi coltivate come annuali; volendo è possibile
potare alcune foglie in autunno dalle vecchie piante, e utilizzarle per creare delle
talee, da tenere in serra calda fino alla primavera successiva.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce dall’inizio della primavera, fino
ai freddi autunnali. I suoi petali hanno un sapore che ricorda il gusto acidulo del
limone. Per questo la begonia può entrare a far parte della preparazione di sorbetti,
macedonie e gelati.
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BELLA DI NOTTE
Nome scientifico: Mirabilis jalapa (Nyctaginaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: mezz’ombra -soleggiata
Irrigazione: media-abbondante
I fiori sono imbutiformi e pentalobati, non hanno calice (sostituito da foglie
bratteali) ma sono costituiti da una corolla, che può essere di vari colori (giallo,
rosso, rosa, bianco).
Semina/messa a dimora: avviene per seme, si può praticare a partire da marzo
in semenzaio, oppure da aprile direttamente a dimora. La propagazione è molto
semplice e avviene di norma da seme. Questi si raccolgono a fine estate e si
pongono in vasetti di torba nel mese di marzo, in un luogo riparato. Di solito
se ne inseriscono tre, formando un triangolo. Una volta spuntate le piantine
vanno diradate eliminando subito quelle che risultino troppo gracili. In ogni
caso lasciamo al massimo due piante per contenitore. Mano a mano che vi è
la crescita ci si impegnerà in diverse cimature per rendere gli esemplari ben
accestiti e dar loro una forma il più rotonda possibile.
Cure colturali: si adatta molto bene ai più diversi terreni ed esposizioni. I suoi
pregi sono certamente l’autonomia, la capacità di auto disseminarsi (a volte anche
eccessiva), la lunga stagione di fioritura e l’intenso profumo che viene emanato
durante le ore notturne, specie nella stagione calda. È inoltre una pianta molto
interessante per gli amanti degli insetti. Con il suo effluvio e la forma del capolino
è in grado di attirare una grande quantità di impollinatori serali e notturni, dalle
farfalle al Macroglossum stellatarum.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce da luglio a settembre. I fiori si
schiudono all’imbrunire ed emanano un profumo molto intenso che richiama le
farfalle notturne (falene). Vanno raccolti di sera per averli aperti; ottimi ripieni, fritti,
cotti con i spaghetti e sugo di lepre o coniglio.
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DALIA
Nome scientifico: Dahlia spp. (Asteraceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: abbondante
Le dalie orticole si classificano in base al fiore, cioè alla forma del capolino:
attualmente sono tredici i gruppi riconosciuti internazionalmente. Altre
caratteristiche, come il colore dei fiori, l’altezza delle piante, il colore e la forma
delle foglie ecc., non vengono prese in considerazione.
Gruppo 1: Dalie a fiore semplice
I fiori fertili tubulosi sono riuniti in un disco centrale ben visibile, circondati dai
fiori del raggio, generalmente con otto (o più numerose) ampie ligule ovate.
Gruppo 2: Dalie a fiore di anemone
I fiori del disco centrale sono tubulosi e parzialmente ligulati che formano un
ciuffo circondato dalle ampie ligule periferiche.
Gruppo 3: Dalie a collaretto
Infiorescenze con due cerchi distinti di segmenti: quello esterno con ligule
dei fiori periferici, quello più interno (il collare) formato da stami trasformati
(petaloidi). Il disco centrale è parzialmente visibile e simile a quello delle dalie
a fiore semplice.
Gruppo 4: Dalie a fiore di ninfea
Capolini pieni (cosiddetti doppi) con il disco non visibile sotto i segmenti
(ligule) piatti ed allargati, eventualmente incurvati verso l’interno o verso
l’esterno.
Gruppo 5: Dalie decorative
Capolini pieni (doppi), vistosi, con segmenti fitti, allargati e spesso ovati senza
punte, disco non visibile.
Gruppo 6: Dalie a globo
Capolini pieni (doppi), con segmenti fitti, appuntiti e rivolti verso
l’alto, infiorescenza a forma di sfera con un diametro maggiore di 6 cm,
eventualmente parzialmente schiacciata.
Gruppo 7: Dalie pompon
Capolini pieni (doppi), con segmenti generalmente ovati, infiorescenza a forma
molto vicina a quella delle dalie a globo, ma con un diametro solo fino a 6 cm.
Gruppo 8: Dalie a fiore di cactus
Capolini pieni (doppi), con i segmenti stretti ed appuntiti attorcigliati
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all’indietro per più della metà della loro lunghezza. Sono compresi capolini a
fiore di cactus con i segmenti dritti oppure incurvati.
Gruppo 9: Dalie semi-cactus
Capolini pieni (doppi), con i segmenti allargati e piatti, come nelle dalie
decorative, ma appuntiti e verso l’estremità attorcigliati all’indietro. Le
infiorescenze si presentano spesso piatte ed aperte, come quelle delle dalie
decorative.
Gruppo 10: Dalie diverse
Questo gruppo contiene tutte le dalie con capolini con forme non assimilabili
ai gruppi precedenti. Per esempio quelle dette "a fior di peonia" oppure le
"duplex", con due cerchi distinti di fiori del raggio ecc.
Gruppo 11: Dalie fimbriate
Il gruppo comprende le dalie con ligule di qualsiasi forma sfrangiate
uniformemente nel capolino; esse sono presenti soprattutto nelle dalie
decorative e a fiore di cactus.
Gruppo 12: Dalie a fiore di orchidea semplice
In questo gruppo vengono inserite le dalie a fiore semplice con le ligule
dei fiori del raggio attorcigliate verso l’esterno per circa un terzo della loro
lunghezza. Il gruppo comprende anche le cosiddette dalie "a stella" (Star
dahlias).
Gruppo 13: Dalie a fiore di orchidea pieno
Il gruppo raccoglie le dalie con capolini completamente pieni (doppi), in cui il
disco generalmente non è visibile, con il centro triangolare e con segmenti dei
fiori del raggio longitudinalmente piegati verso l’alto oppure verso il basso.
Semina/messa a dimora: le dalie si presentano sotto forma di tuberi,
commercializzati da febbraio a maggio.
Si mettono in piena terra da metà marzo a maggio, quando non ci sono più
rischi di forti gelate. La dalia ama i terreni ben dissodati in profondità, ricchi
e freschi in estate, in piena luce. Mettere i tuberi direttamente in piena terra,
interrandoli a 10-15 cm di profondità, una volta passati i rischi di gelate.
I tuberi possono essere forzati in una serra o una veranda da metà marzo,
mettendoli nella torba umida, ciò che ti permette di guadagnare fino a tre
settimane di precocità di fioritura. Scegliere un posto riparato dal vento,
soprattutto per le varietà alte, e non esitare a mettere sin dalla piantagione
qualche tutore, per non ferire i bulbi una volta interrati.
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Cure colturali: tenere il terreno leggermente umido con annaffiature regolari e
abbondanti, e aggiungere fertilizzante “speciale bulbi” o “piante fiorite” durante
tutta la stagione per aiutare la crescita e la fioritura.
Eliminare regolarmente i fiori appassiti affinché i bottoni fiorali sottostanti
possano svilupparsi e sbocciare.
Le dalie temono il gelo. È indispensabile sradicare i tuberi di dalie in autunno
appena il fogliame è bruciato dalle prime gelate e conservarli in torba asciutta in
cantina/garage (luogo asciutto).
Dopo qualche anno, è possibile che i bulbi si siano molto sviluppati; possono
essere divisi in parecchi pezzi, muniti almeno di 2-3 germogli.
Lasciare seccare i pezzi qualche giorno prima di metterli a dimora, affinché
possano cicatrizzare.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura inizia a metà primavera e va
avanti fino al termine della stagione estiva.
Sono molto gustose zuccherate e nei dolci.
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EMEROCALLIDE
Nome scientifico: Hemerocallis (Hemerocallidaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: mezz’ombra -soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono imbutiformi, rassomigliano molto a quelli dei gigli e hanno la
particolarità di sbocciare la mattina e sfiorire la sera (per questo motivo sono
chiamate belle di giorno). In considerazione del fatto che sbocciano uno per volta,
la pianta rimane in fiore per diversi mesi. I fiori hanno sei tepali (quando non c’è
distinzione tra calice e corolla le parti che costituiscono il fiore sono chiamate
tepali) e i colori sono tra i più svariati, grazie ai numerosi ibridi tutti selezionati a
partire dai colori originali: giallo, arancio e rosso.
Semina/messa a dimora: all’inizio della primavera nelle zone a clima freddo o
in autunno nelle zone a clima temperato, potete dividere i cespi della pianta e
piantarli in una composta e trattare poi la pianta come se fosse adulta.
Cure colturali: amano il sole diretto ma si adattano anche alle posizioni più
ombreggiate purché siano garantite almeno 5-6 ore al giorno di pieno sole. È
preferibile fare una abbondante annaffiatura al mattino presto e non durante la
giornata. Durante i periodi autunno-invernali, le annaffiature devono essere ridotte,
senza tuttavia fa asciugare il terriccio.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: le epoche di fioritura delle Hemerocallis
va dalla tarda primavera fino all’autunno. Le fioriture possono essere considerate
ininterrotte in quanto, anche se ciascun fiore dura un solo giorno, sbocciano uno di
seguito all’altra pertanto la fioritura è continua nel tempo. Una volta che il fiore è
sfiorito va subito rimosso.
Il fiore dell’Hemerocallis è molto apprezzato in Cina e Giappone con i funghi; può
essere colto durante tutto il periodo della fioritura per essere utilizzato in cucina.
Si dice che il momento migliore sia quando il boccio è gonfio e pronto per sbocciare,
proprio come i nostri fiori di zucca. I fiori sono dei sostituti eccellenti dei fagiolini
verdi, se vengono bolliti per 4 minuti e serviti con burro e sale come pure possono
essere fritti nell’olio e utilizzati per un’ottima frittata.
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FIORDALISO
Nome scientifico: Cyanus segetum o Centaurea cyanus (Asteraceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sbocciano su lunghi steli, solitamente riuniti in mazzetti, con i fiori interni
fertili e quelli esterni sterili. I colori possono essere vari: il colore tipico del
fiordaliso è certamente il blu, ma ci sono specie rosa, viola, gialle e bianche. Sono
tutti tubulosi di colore azzurro-violetto, divisi in 5 lacinie, gli esterni raggianti,
sterili, gli interni (flosculi) ermafroditi.
Semina/messa a dimora: sia le piante annuali che le perenni si possono seminare
senza problemi all’inizio della primavera direttamente a dimora.
Cure colturali: il fiordaliso non è particolarmente sensibile al freddo, però, ama
particolarmente le posizioni soleggiate, dove può ricevere parecchie ore di sole
al giorno, ma soffre durante le giornate più calde, se il sole è particolarmente
forte. Il fiordaliso si sviluppa senza problemi in qualsiasi terreno da giardino,
preferendo comunque i terreni fertili e sciolti, ricchi di materia organica. Può
crescere con successo anche nel comune terriccio universale, a patto che esse
abbia il corretto drenaggio, per evitare che l’acqua in eccesso provochi problemi
alle piante.Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: erbaceo nel sapore, i petali
sono commestibili. Da evitare il gambo amaro. Fiorisce da maggio a ottobre, fino
ad agosto a quote più alte.
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GAROFANO
Nome scientifico: Dianthus caryophyllus (Caryophyllaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: scarsa
I fiori sono singoli o raggruppati fino a cinque insieme in una inflorescenza, hanno
un diametro di 3–5 cm e sono dolcemente profumati. Il colore originale del fiore è
un naturale e brillante rosa-porpora, anche se esistono altri cultivar di colori diversi,
tra cui rosso, bianco, giallo e verde.
Semina/messa a dimora: si moltiplicano con la semina, per mezzo di talea
nel periodo invernale e per divisione dei cespi. Le specie annuali vengono
seminate in primavera o in cassone nel mese di febbraio, con fioritura dopo 6
mesi, in un misto di torba e coprendo i semi con vermiculite. Andranno tenuti
costantemente umidi con vaporizzazioni e coprendo il letto di semina con un
film plastico. Dovrebbero germinare nel giro di due settimane.
Cure colturali: il garofano esige un terreno ricco di sostanze organiche e minerali,
compatto, calcareo e asciutto. Se coltivati in mezz’ombra la terra va mantenuta
asciutta e mai umida. Teme in ogni caso i ristagni idrici. Nelle zone con inverni gelidi
le varietà a fiore grande e stelo rigido, vengono coltivate in vaso in serra; si deve
sempre prevedere l’uso di sistemi di sostegno per i deboli steli, con le apposite reti di
plastica, per evitare che si spezzino facilmente.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura inizia in settembre-ottobre
fino alla primavera successiva, in alcune Regioni come la Toscana la fioritura è
estiva. Vengono utilizzati soprattutto nella preparazione di liquori, ma anche come
condimento per ottimi risotti e per guarnire biscotti e pasticcini.
I petali sono dolci e aroma profumato.
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GERANIO
Nome scientifico: Pelargonium spp. (alcuni)
Pelargonium x hortorum (Geraniaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata/mezz’ombra
Irrigazione: media
I fiori compaiono, riuniti in infiorescenze dotate di brattee, all’apice di steli fiorali e
sono formati da cinque sepali, stretti e finemente tomentosi e da cinque petali ovali
e arrotondati in cima. Gli ibridi Pelargonium x hortorum vengono chiamati spesso, ma
impropriamente “gerani zonali”.
Semina/messa a dimora: la moltiplicazione avviene per talea. Il procedimento è
davvero semplice e consente di ottenere anno dopo anno piante sempre nuove.
Si procede in primavera o autunno prelevando un rametto apicale di circa 6-10
cm tagliando in corrispondenza di un nodo. Lo si pulisce dalle foglie basali
mantenendone solo una piccola in alto. Lo si mette a dimora in un vasetto con
terriccio molto leggero. A questo scopo si può usare un sacchetto di plastica
trasparente. Si ottiene una nuova piantina in circa due mesi.
Cure colturali: il geranio ama le posizioni soleggiate, anche se vive abbastanza
bene in mezz’ombra: durante l’estate, infatti, una prolungata esposizione al sole
può deteriorare la pianta. Le innaffiature devono essere regolari per tutta la stagione
riproduttiva: in primavera si annaffia circa tre volte alla settimana, a seconda delle
condizioni climatiche locali, mentre d’estate anche tutti i giorni; tuttavia, non
bisogna eccedere, perché troppa acqua potrebbe apportare dei marciumi alla pianta;
inoltre, bisogna aver cura di non bagnare le foglie. Necessarie per ottenere una
splendida fioritura sono le concimazioni, che vanno effettuate ogni 2 settimane circa.
Quando i fiori cominciano a seccare è necessario cimarli, tagliando fino alla base del
rametto fiorifero: in questo modo, la pianta continuerà a rifiorire.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura va dalla primavera all’autunno ed
è seguita dalla produzione di bacche che portano alla sommità un lungo becco. Con
i petali dei gerani si preparano frittate, semifreddi, sorbetti, vini, liquori, ma sono
ottimi anche come accompagnamento ai formaggi, per esempio ricotta e crescenza.
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GIRASOLE
Nome scientifico: Helianthus annuus (Asteraceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: abbondante
I fiori, man mano che appassiscono, schiudono in maniera scalare, con andamento
centripeto. Il culmo termina con l’infiorescenza (calatide), in media di 10-40 cm di
diametro. Questa infiorescenza è caratterizzata, esternamente, da una corona di
fiori sterili (con grandi ligule gialle che impropriamente sono considerate costituire
la corolla) entro cui sono inseriti tutti gli altri, più piccoli, fertili, ermafroditi; il
numero totale dei fiori varia da 500 a 3.000 fino a un massimo di 8.000 nelle
varietà non da olio.
Semina/messa a dimora: seminare all’ inizio della stagione primaverile, dalla
fine di marzo fino a metà aprile; vanno messi nel terreno in buche profonde 3-4
cm, in file poste ad una distanza di 35-70 cm a seconda della grandezza della
specie, oppure seminate in vaso e trapiantate in vasi più grandi quando le piantine
avranno raggiunto i 10 cm, cercando di non danneggiarne le radici.
Cure colturali: i girasoli sono particolarmente adatti alla coltivazione in piena
terra oppure, per le varietà che non raggiungono un’altezza elevata, anche in
vaso. Non hanno bisogno di un terreno particolare, l’importante è che sia fertile e
profondo. Teme i ristagni idrici. Irrigare solo quando il terreno si asciuga.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: il periodo che va dalla formazione del
bottone alla fioritura può durare dai 25 ai 30 giorni, durante i quali si ha una
notevole crescita della pianta e i fiori si aprono in serie secondo una spirale
centripeta; l’infiorescenza presenta fiori esterni allungati che possono essere gialli,
marroni o arancioni e sono sterili, cioè non producono nessun seme; i fiori interni
sono di colore marrone e sono quelli che diventano semi. La fioritura avviene in
estate, soprattutto da agosto ad ottobre. I petali sono commestibili e il germoglio
può essere cotto a vapore, come il carciofo.
Curiosità: caratteristico del Girasole è l’eliotropismo, cioè il fatto di seguire
il movimento della luce durante il giorno; tale fenomeno, che riguarda
l’infiorescenza durante la fase di sviluppo e le giovani foglie, cessa al
sopraggiungere della fioritura, tanto che da questo momento in poi la maggior
parte dei fiori rimane rivolta verso est sud-est.
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GLADIOLO
Nome scientifico: Gladiolus communis (Iridaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: media-abbondante
I fiori degli ibridi, che sono numerosissimi, coprono praticamente tutta la gamma dei
colori fondamentali e delle sfumature: bianco, giallo, arancio, rosso, violetto, bicolori.
il robusto fusto fiorifero porta un’infiorescenza apicale a spiga, unilaterale. Ogni
fiore è composto da 6 tepali: 1 centrale più alto, 3 più bassi ripiegati all’indietro e 2
laterali, situati dietro agli altri.
Semina/messa a dimora: la moltiplicazione avviene per interramento dei
cormi (i piccoli cormi che si formano a lato del cormo principale) o con i cormi
a cui è stata lasciata almeno una foglia dopo la raccolta del fusto fiorito, e che
sono stati tolti dal terreno in autunno, asciugati in luogo riparato sottoposti
eventualmente a disinfestazione e conservati in ambienti freschi e secchi, per
evitare la precoce emissione dei getti. I cormi vengono generalmente interrati
alla fine del periodo freddo, ad almeno 5–10 cm di profondità o di più nei terreni
siccitosi; per ottenere fioriture scalari si possono piantare in momenti diversi.
La moltiplicazione può avvenire con la semina, ottenendo nella maggior parte
dei casi dei poli-ibridi dalle caratteristiche molto variabili, le piante ottenute da
seme iniziano a fiorire dal 2-3 anno.
Cure colturali: preferisce suolo fertile, leggero e sciolto; viene facilmente colpito da
malattie se coltivato su terreno pesante con ristagno di umidità o nei suoli calcarei.
È consigliata qualche concimazione anticipata, annaffiature non eccessive ma
abbondanti nel periodo della fioritura, associandovi un fertilizzante liquido minerale,
anche per favorire lo sviluppo dei cormi.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: anche se il sapore è debole, possono essere
farciti, o i loro petali per ingentilire un’insalata. In primavera inoltrata al centro delle
foglie si sviluppa un alto fusto carnoso, che porta una lunga spiga di grandi fiori
variamente colorati, che sbocciano a partire dalla parte bassa della spiga.
La fioritura non è di lunga durata (10-20 giorni a spiga), e spesso si tende a porre a
dimora i gladioli a distanza di alcune settimane, in modo da prolungare il periodo di
fioritura e ottenere anche un raccolto scalare.
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PRIMULA
Nome scientifico: Primula vulgaris o P. acaulis e ibridi Polyanthus (Lamiaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: mezz’ombra
Irrigazione: media
I fiori possono essere disposti a ombrella, a spiga e in genere sono molto numerosi
e di tutti i colori dell’arcobaleno. Anche gli ibridi Polyanthus producono degli
straordinari fiori, in genere bicolore, portati da degli steli lunghi anche 30 cm,
riuniti in ombrelle.
Semina/messa a dimora: le primule delicate si seminano, in qualsiasi periodo
dell’anno (i semi freschi sono dotati di maggiore facilità di germinazione), in
terrine riempite di con apposita composta per semi (avendo cura di coprire appena
i semi), tenute alla temperatura di 15-16 °C e sotto copertura di vetro. Fanno
eccezione P. malacoides e P. obconica, per le quali si dovrà procedere alla fine di
luglio. La germinazione avviene di solito nel giro di due settimane.
Le nuove piantine dovranno essere trapiantate in cassette e, successivamente,
in vasi di 8-10 cm. di diametro. Dopo averle tenute per tutta l’estate interrate
all’aperto, si potrà procedere all’ultimo travaso, all’inizio dell’autunno, in
contenitori di 13-15 cm. di diametro.
Cure colturali: le primule più coltivate in vaso e in giardino in Italia sono varietà
ibride, derivate principalmente da Primula vulgaris; si coltivano in giardino per
tutto l’arco dell’anno, e non temono il freddo invernale.Sono piante adatte a un
luogo fresco e umido, e mal sopportano le giornate asciutte e calde; si pongono
a dimora in una zona fresca del giardino, semi-ombreggiata. Il terreno sarà
leggermente acido, abbastanza ben drenato, ma dovrà mantenere leggermente
l’umidità, per evitare che la pianta vada in riposo vegetativo. Le annaffiature
devono essere regolari, per tutto il periodo vegetativo, evitando di bagnare i fiori e
le foglie. Eliminre i fiori appassitivi e ogni 10 giorni circa, concimare con prodotti
ricchi di potassio e microelementi per mantenere la pianta sempre bella e per
prolungare la fioritura.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura è molto precoce: si vedono
fiorire già nel periodo invernale e continuano fino a primavera inoltrata. Le specie
ibride sono più delicate e, generalmente, vengono coltivate come annuali.
Sono fiori di gusto molto gradevole, ottime nelle insalate fresche e per guarnire
piatti. Donano un candido gusto di primavera.
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TARASSACO O DENTE DI LEONE
Nome scientifico: Taraxacum officinale (Asteraceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: abbondante
I fiori sono riuniti in capolini; è formato da due file di brattee membranose gialle
(ligule), piegate all’indietro e con funzione di calice, racchiudenti il ricettacolo, sul
quale sono inseriti centinaia di fiorellini, detti flosculi.
Semina/messa a dimora: può essere seminato a giugno in piena terra o a
maggio in semenzaio. La distanza tra le piantine deve essere tra i 15 ed i 20
cm, in genere si mettono i semi decisamente più vicini e si procede a diradare
successivamente, le piantine che si tolgono possono essere mangiate in insalata.
Cure colturali: si richiede di controllare le infestanti con sarchiature e innaffiare
le piante regolarmente, in particolare quando sono appena formate. Il dente di
leone si raccoglie tagliando alcune foglie al colletto a partire da ottobre. è possibile
con un rincalzo di terra ottenere l’imbianchimento del tarassaco, mentre si vuole
avere questa pianta come insalata di natale si può fare un’operazione di forzatura
sradicando le piante a novembre per trapiantarle in cassoni di terra da tenere al buio.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura avviene in primavera ma si può
prolungare fino all’autunno. L’impollinazione è di norma entomogama, ossia per il
tramite di insetti pronubi, ma può avvenire anche grazie al vento (anemogama). I
suoi fiori e le sue foglie possono essere aggiunti ad insalate e risotti. Chi predilige
i sapori dolci, dovrebbe sapere che dal tarassaco è possibile ricavare uno sciroppo.
I boccioli si possono mettere sottaceto. La salsa di fiori di tarassaco (il nome meno
comune di dente di leone) è ottima con la pasta.
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TRIFOGLIO LADINO
Nome scientifico: Trifolium repens (Fabaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: abbondante
Le infiorescenze sono capolini di colore solitamente bianche, talvolta con
sfumature verdastre, rosate o color crema che possono sopraggiungere con
l’invecchiare della pianta, solitarie, globose, composte da 40-80 elementi all’apice
di peduncoli eretti, posti più in alto delle foglie. Dopo la fioritura i fiori diventano
penduli e bruni. Il calice è diviso in cinque dentelli appuntiti (due più lunghi e tre
più corti). La corolla, simmetrica, racchiude dieci stami.
Semina/messa a dimora: in primavera oppure in autunno. Si propaga molto bene
anche per divisione delle radice rizomatose da piante spontanee. Trapiantare le
piantine divise in primavera.
Cure colturali: adatto ai climi temperato umidi ed esige terreni sciolti, leggeri, ben
provvisti di calce, non necessariamente profondi purché irrigati. Il trifoglio bianco
cresce su prati erbosi, campi coltivati e in un gran numero di altri habitat. È una
pianta miglioratrice del terreno per la propria abilità azotofissante ed è una pianta
definita autori nettante, grazie alla capacità di contrastare lo sviluppo di infestanti
per la sua modalità di crescita, che tende a croprire omogeneamente il terreno.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce da aprile a ottobre. Qualora non
troviate un quadrifoglio da tenere nel portafogli, usate i fiori del trifoglio per la
loro dolcezza con note di liquirizia.
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VIOLA
Nome scientifico: Viola odorata (viola mammola) e Viola tricolor var.hortensis (viola
del pensiero) e suoi ibridi (Viola x wittrockiana) e viola cornuta
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata/mezz’ombra
Irrigazione: media
I fiori della Viola mammola sono molto profumati, larghi 1-2 cm. e di colore violetto. Da
questa specie derivano molte varietà utilizzate per la produzione di fiori da taglio e per
la preparazione di essenze e profumi. Ricordiamo la“Violetta di Parma”, a fiori doppi di
colore lavanda chiaro, eccezionalmente profumati.
I fiori della Viola del pensiero, largi 1-4 cm, sono di colore variabile dal bianco al giallo,
dal blu scuro al porpora scuro. Si sviluppa, con portamento prostrato, fino a 5-15 cm di
altezza e 15-30 cm di diametro.
I fiori della Viola cornuta sono profumati, simili a quelli della mammola, ma di
dimensioni maggiori (larghi 2-3 cm), con uno sperone sottile e di colore viola scuro.
Semina/messa a dimora: le specie V. tricolor, V. cornuta e le loro varietà si seminano
al nord in piena terra o in cassone freddo (in terrine riempite di torba e sabbia), in
luglio-agosto e in settembre-ottobre al centro e al sud. La viola odorata si propaga per
divisione e per talea, lunghe 2,5 cm, prelevate in luglio dai germogli basali non fioriferi,
che andranno messe a radicare in cassone freddo in un miscuglio di torba e sabbia. A
radicazione avvenuta si procederà al trapianto in vasi di 7-8 cm. di diametro, riempiti con
lo stesso substrato utilizzato per le piante adulte.
Cure colturali: sono trattate come annuali o biennali. Annaffiare regolarmente, anche
in inverno, quando dovranno essere esposte il più possibile alla luce. Utilizzare una
composta a base di terra da giardino, terriccio di foglie e sabbia. Terreni calcarei o troppo
umidi determinano l’ingiallimento precoce delle foglie e il rallentamento della crescita.
Sono piante perenni che vengono trattate come annuali o biennali. Se necessario si
rinvasano in settembre-ottobre.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la mammola fiorisce in marzo-aprile. La viola
del pensiero da maggio a settembre, ma vi sono ibridi che fioriscono quasi tutto l’anno.
La viola cornuta fiorisce da marzo-aprile fino a luglio, la fioritura può essere prolungata
eliminando i fiori via via che appassiscono. Con una coltivazione ragionata si possono
raccogliere fiori tutto l’anno e allo stesso tempo avere un angolo dell’orto-giardino fiorito.
Con le viole si preparano gelati, gelatine e confetture. I petali possono essere canditi o
aggiunti freschi ad insalate e macedonie. Adorabile e deliziosa, ha un sapore delicato di
menta. Ideale per insalate, pasta, piatti a base di frutta e bibite.
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VIOLACIOCCA GIALLA O BALICO
Nome scientifico: Cheiranthus cheiri (Brassicaceae)
Sinonimi: Erysimum cheiri, Erysimum suffruticosum
Difficoltà: facile
Esposizione: mezz’ombra /soleggiata
Irrigazione: abbondante
I fiori, estremamente melliferi, sono riuniti in densi racemi, da 7 a 15 fiori indivisi,
scarsamente allungati dopo la fioritura, di un color giallo intenso a bruno aranciatoferrugineo, con forte profumo di vaniglia. Il calice è formato da 4 sepali di colore violaceo.
La corolla ha 4 petali lunghi 1,5-2 cm. Il colore originale del fiore è un naturale e brillante
giallo, anche se esistono altri cultivar rosso-porpora, arancione, viola, rosso.
Semina/messa a dimora: si moltiplicano con la semina, per mezzo di talea e
per trapianto diretto di piante acquistate. Seminate in primavera o in cassone nel
mese di febbraio in un misto di torba alleggerita con pomicino. Andranno tenuti
costantemente umidi con vaporizzazioni.
Cure colturali: utilizzare un terriccio leggero, ricco di pomicino e povero di
sostanza organica, in quanto pianta tipica di luoghi rocciosi. Le piante richiedono
una posizione ben soleggiata, per ricevere, alcune ore al giorno, la luce solare
diretta. Si tratta di piante rustiche (resistono fino a -10 °C) pertanto la loro
coltivazione non pone grandi problemi; possono essere coltivate all’aperto per
tutto l’arco dell’anno. Concimare durante il periodo vegetativo, da marzo a
ottobre. Le irrigazioni devono essere abbondanti e molto regolari, soprattutto
durante l’estate; evitiamo di lasciare asciugare il terreno completamente. Con
l’arrivo dell’autunno vanno diradate le annaffiature, sospendendole in inverno.
Evitiamo i ristagni idrici, teme i marciumi al colletto.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fioriscono tutto l’anno, anche durante
l’inverno (anche con il gelo tipico del clima continentale). Per favorire una
copiosa fioritura anche invernale è sufficiente mantenere la pianta, se coltivata
in contenitore, in una zona riparata magari vicino al muro di casa, per sfruttare
il tepore del riscaldamento domestico. Sono ricchissimi di miele, questo gli
conferisce un delicatissimo sapore floreale (di miele e nettare) e vanigliato con
un retrogusto amarognolo; ottimi se utilizzati nelle preparazioni dolciarie e nei
liquori. Possiamo utilizzarli anche per condire insalate, preparare frittate e risotti e
insaporire secondi di carne bianca.
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ZINNIA
Nome scientifico: Zinnia elegans (Asteraceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: abbondante
Le infiorescenze terminali, di 4-7 cm di diametro, solitarie, su un peduncolo lungo
8-10 cm, sono i tipici capolini delle Compositae costituiti da una moltitudine di fiori
sessili inseriti a spirale su una base conica o cilindrica, il ricettacolo, circondata da
un involucro formato da diverse serie di brattee imbricate di forma obovata, le più
esterne lunghe 2-4 mm, le interne fino a 10 mm.
I fiori dell’anello esterno, detti fiori del raggio, in numero di 8-13 (molti di più
nelle varietà coltivate) hanno la corolla da obovata a oblanceolata, lunga 1,5-3 cm,
costituita da cinque petali fusi insieme, prevalentemente di colore viola porpora.
I fiori del raggio sono femminili e hanno anche la funzione di attrarre l’attenzione
dell’impollinatore, come i petali di un singolo fiore. All’interno dell’anello si trovano
i fiori bisessuali, detti fiori del disco, lunghi circa 8 mm, con corolla tubolare gialla a 5
lobi bordati di porpora scuro.
Semina/messa a dimora: utilizzando alla fine dell’inverno i semi dell’anno
precedente. Da febbraio ad aprile si seminano le zinnie mantenendo i semenzai in
luogo protetto per evitare che bruschi cali termici ne compromettano lo sviluppo; le
nuove piantine si pongono a dimora in aprile-maggio, facendo molta attenzione alle
radici delle piantine, che sono molto delicate. Si possono seminare anche in piena
terra in maggio, quando si ha la certezza che le temperature si mantengano miti e
non ci sia il rischio di gelate tardive.
Cure colturali: non tollerano il freddo eccessivo, mentre sopportano anche le estati
più calde. Possono essere fatte crescere già dai semi che, se restano sul suolo, possono
dare origine a nuove piante nella primavera successiva. Le condizioni in cui le piante
crescono meglio sono quelle in cui vi è luce piena e buona ventilazione, proprio per
evitare quell’umidità che può provocare l’insorgenza di muffe e funghi. I fiori di zinnia
non hanno bisogno di molta acqua, ma vanno comunque annaffiate regolarmente in
modo moderato mantenendo il terreno leggermente umido. Concimare una volta al
mese per mantenere le pinate fiorite. Evitare concimazioni troppo azotate.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fiorisce da giugno a ottobre.
Ottima per decorare piatti, insalate e dolci. I petali molto colorati, anche dopo l’utilizzo
nelle pietanze e una delicata cottura, mantengono il colore intenso. Donano un tocco di
aromatico ai cibi.
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ALBERI, ARBUSTI
E RAMPICANTI DA FIORE
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GLICINE
Nome scientifico: Wisteria floribunda (Fabaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: media
I fiori di colore azzurro-violetto, riuniti in grappoli penduli che raggiungono anche
la lunghezza di 20 -25 cm, dal profumo intenso e gradevole. La fioritura è molto
profumata e di colore violetto azzurrato, a forma papilionacea.
Semina/messa a dimora: avviene sia per talea che per innesto. Nel primo caso nel
periodo che va dalla fine di luglio alla fine di agosto si prelevano dei rami dell’anno
e si mettono a radicare in un miscuglio di torba e sabbia ad una temperatura non
inferiore a 16 ° C, per un migliore attecchimento è meglio nebulizzare dell’acqua
sulle foglie, più volte al giorno. Nella moltiplicazione ad innesto, nel mese di marzo
occorre prelevare delle marze dalla pianta, ed innestarle sulla radice della Wisteria
sinensis, successivamente interrare e mantenere ad una temperatura di 16 -18 °C.
La pianta del glicine può essere propagata anche per propaggine o da seme.
Trapiantare in autunno o in primavera.
Cure colturali: desidera posizioni soleggiate, con terreno profondo e fresco,
argilloso e ricco di elementi nutritivi. Si adatta comunque a qualunque tipo di
terreno esclusi quelli calcarei. Annaffiature moderate, per ottenere forme compatte
e fioriture raccolte; è necessario effettuare ogni anno prima della ripresa vegetativa
una potatura “a sperone”, tagliando cioè le cacciate di un anno, lasciando solo alcune
gemme. È prevista anche una potatura verde estiva per alcune specie.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: si verifica all’inizio della primavera fino alla
fine dell’estate e ha una durata di circa un mese; i fiori sono più fitti nelle piante
più giovani. L’eventuale mancanza di fioritura può essere dovuta ad un’eccessiva
somministrazione di fertilizzante, una potatura scorretta ed infine alla mancanza di
esposizione alla luce. Ottimi nei dolci, in insalata e nelle frittate.
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IBISCO
Nome scientifico: Hibiscus rosa-sinensis, Hibiscus syriacus, Hibiscus esculentus
Hibiscus sabdariffa (Malvaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: media
I fiori, che compaiono all’ascella delle foglie o all’apice dei rami, sono imbutiformi e
possono essere semplici, doppi, o plurimi e dai colori più vari: rosa, rosso, blu, giallo,
bianco e talvolta con la corolla di un colore e gli stami di un colore contrastante.
Il calice è costituito da cinque sepali e la corolla è formata da 5 petali, nei fiori
semplici. Dal centro del fiore fuoriesce la colonna staminale sulla quale sono disposti
gli stami ed in genere è più lunga della corolla. La colonna staminale porta sul suo
prolungamento cinque pistilli. I fiori non sono molto profumati ad eccezione di
poche specie (Hibiscus arnottianus e Hibiscus waimae, lievemente profumate).
Semina/messa a dimora: avviene generalmente per seme, in primavera, l’ibisco
tende con facilità a disseminarsi; in primavera si praticano anche talee, prelevandole
dai rami che non hanno portato fiori; la talea si rende necessaria se si vuole
propagare una cultivar con particolare fioritura, poiché da seme è difficile ottenere
piante identiche alla pianta madre. L’ibisco si propaga per semina e per talea.
L’interramento dei semi però non garantisce un veloce sviluppo della pianta, ecco
perché è meglio ricorrere alla propagazione per talea. Questa, di natura semilegnosa,
va interrata in primavera in una miscela di sabbia e torba.
Cure colturali: pianta molto versatile, può essere coltivata con successo sia in
appartamento che all’aperto, chiaramente in quest’ultimo caso purché le condizioni
climatiche lo consentono. Infatti, proprio per la loro origine, alcune specie non
sopportano i freddi invernali per cui crescono bene all’aperto solo nelle zone
caratterizzate da clima mite e in posizione soleggiata. L’ibisco è una pianta che ama
molto la luce e il caldo, predilige posizioni molto luminose, esposte direttamente
ai raggi solari e ama le estati molto calde e lunghe. Può sopravvivere anche in
condizioni avverse, anche se l’eccessiva ombra causa scarse fioriture, così come
un’estate molto fresca. Annaffiare le giovani piante da poco messe a dimora, in
modo da favorire lo sviluppo dell’apparato radicale; queste piante sono moto
rustiche e di facile coltivazione: possono sopportare lunghi periodi di siccità, ed
anche brevi periodi con presenza di acqua stagnante sulle radici. Si accontentano di
qualsiasi terreno, anche povero e sassoso; prediligono terreni freschi, mediamente
ricchi di humus, con un buon drenaggio. L’ibisco può essere coltivato in vaso,
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ponendolo in un recipiente capiente; va rinvasato ogni 2-4 anni.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: dalla primavera inoltrata fino ai freddi
autunnali produce, all’apice dei fusti, grandi fiori solitari, a forma di campana, di
colore vario, nei toni del rosa, del bianco e del viola, con gola in colore contrastante;
esistono numerose cultivar di ibisco, con fiori dai colori più vari, ed anche a fiore
doppio o stradoppio. Notoriamente utilizzato nel the, il sapore è vivace. In una
crostata di mirtilli può essere il tocco in più (da usare con parsimonia).
Curiosità: tra le 300 specie di di interesse economico abbiamo l’Hibiscus cannabinus
noto come kenaf utilizzato nell’industria cartaria per il suo alto contenuto in
cellulosa e nell’industria della canapa. L’ibisco è il fiore nazionale della Malesia. È
una pianta molto apprezzata nei Paesi del centroamerica quali le Hawai dove specie
provenienti dalla Cina si sono incrociate con le specie endemiche hawaiane dando
origine a delle piante spettacolari. Troviamo però grandi coltivazioni di ibisco anche
in Australia e Nuova Zelanda. Noto anche l’Hibiscus esculentus (chiamato ocra o okra
o gombo) coltivato nei paesi tropicali e sub tropicali per i suoi frutti e semi usati
come alimento. Con l’Hibiscus sabdariffa, tipico dell’Africa orientale ma coltivato
anche in America e in India, si ottiene una famosa bevanda, il karkadè (parola di
origine eritrea) che si ottiene dai calici del fiore, dal sapore acidulo per la presenza di
acido citrico e acido tartarico.
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LILLA’ O SERENELLA
Nome scientifico: Syringa spp. (Asteraceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: mezz’ombra/soleggiata
Irrigazione: media
I fiori sono raggruppati in grappoli piramidali più o meno densi, semplici o doppi,
e i colori vanno dal bianco al rosso purpureo molto scuro passando da tutte le
sfumature di rosa, blu e viola.
Semina/messa a dimora: da settembre a maggio, fuori dei periodi di forti gelate.
Poco esigenti, crescono in qualsiasi buona terra da giardino, anche calcarea, al sole
di preferenza. Vangare in profondità il terreno in modo da eliminare i sassi e le radici
delle erbacce. Approfittare per aggiungere letame per arricchire la terra.
I lillà sono venduti in contenitore: immergere la pianta qualche istante in un secchio
d’acqua per idratare bene la zolla.
Cure colturali: si coltiva in un terreno profondo, leggermente umido,
preferibilmente calcareo; teme i terreni sassosi ed asciutti, quindi prima di
posizionare la pianta arricchiamo la comune terra da giardino con del terriccio fresco
e ricco e con poco stallatico ben maturo. Queste piante amano posizioni molto
luminose, ma non il sole cocente per tutta la giornata e nemmeno l’ombra buia. Le
annaffiature sono necessarie per quanto riguarda gli esemplari da poco a dimora, e
per quelli in vaso; si innaffia soltanto quando la pianta è in vegetazione, da aprile
fino a settembre-ottobre; fornendo acqua quando il terreno è ben asciutto; qualche
giorno di siccità viene sopportato: manifesta la necessità di acqua mostrando il
fogliame leggermente appassito. A fine inverno si sparge attorno alla pianta del
concime granulare a lenta cessione; oppure dell’humus o dello stallatico, forniranno
concime per tutta la bella stagione, dissolvendosi lentamente nel terreno.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: molto abbondante aa aprile/maggio. I fiori
di lillà, con il loro caratteristico profumo, sono impiegati in pasticceria per arricchire
di sapore creme, yogurt, gelati e crostate. Odore pungente, ma l’aroma agrumato è
da sfruttare con carni e dolci.
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MAGNOLIA GRANDIFLORA
Nome scientifico: Magnolia grandiflora (Magnoliaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: media
I fiori, posti nella parte terminale dei rami, sono solitari e maturano nei mesi
di maggio, giugno e luglio. Dal profumo intenso, sono larghi dai 15 a 22 cm,
cupuliformi, di colore bianco; sono ermafroditi ed hanno una durata molto breve.
L’impollinazione è entomofila.
Semina/messa a dimora: si pongono a dimora in marzo-apirle, oppure in autunno,
prima che le temperature siano rigide. Si moltiplicano per talea di legno semiduro
in estate o per seme in autunno. Le talee, ricavate da rami portanti, devono essere
lunghe una decina di centimetri e si piantano in cassoni da moltiplicazione, riempiti
con sabbia di media struttura, alla temperatura di 18-20° C. Verranno poi poste in
vaso singolarmente, prima dell’inverno o nell’aprile-maggio dell’anno successivo.
Dopo 2-3 anni potranno essere messe a dimora definitiva. La semina si esegue in
ottobre, avendo cura di porre i semi in seminiere, riempite con una composta ricca
di torba, e di collocare poi le stesse in cassoni freddi. La germinazione è in genere di
12-18 mesi. Una volta cresciute, le piantine possono essere invasate in contenitori
più grandi (circa 10 cm), ma verranno messe a dimora soltanto dopo 3-4 anni. Le
magnolie si possono seminare anche in primavera, ma in questo caso i semi, raccolti
nell’autunno precedente, devono essere conservati in luogo fresco e umido.
Cure colturali: il terreno in generale deve essere ben drenato, ricco di humus. A
seconda della specie vi sono varietà che necessitano terreni più o meno argillosi e
con un diverso ph. Nei primi anni di vita le piante necessitano di appositi sostegni,
che ne “guidino” la crescita. Nel mese di febbraio è bene concimarle, con terriccio di
foglie, torba o compost, da interrare ai piedi delle piante. È una pianta che richiede
esposizione al sole o ombra parziale e al riparo dai venti forti; non dobbiamo
dimenticare, inoltre, sebbene la magnolia sia resistente al freddo e alle basse
temperature, teme al tempo stesso le gelate tardive, che possono danneggiare fiori e
boccioli delle specie a fioritura primaverile.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: si verifica in primavera. I fiori sono grandi,
appariscenti, di forme e colori diversi, da varietà a varietà, e delicatamente profumati;
per la gran parte delle specie si ottiene una fioritura abbondante già con esemplari
alti poche decine di centimetri.
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PLUMBAGO
O GELSOMINO AZZURRO
Nome scientifico: Plumbago capensis (Plumbaginaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: abbondante
I fiori, riuniti in gruppi di 20 a formare infiorescenze a spiga lunghe dai 20 ai 30 cm,
sono di colore azzurro o rosso a seconda della specie e della varietà e sono costituiti
da una parte tubolare lunga circa 4 cm che si apre in una corolla formata da 5 petali
e larga circa 2,5 cm.
Semina/messa a dimora: si possono ottenere nuovi esemplari mettendo a
radicare, in giugno-luglio, in un composto di torba e sabbia, mantenuto umido, talee
semilegnose con piede, prelevate da rami non fioriferi. A primavera si trapiantano
piantine già formate.
Cure colturali: sono sensibili al freddo e necessitano di protezione del cespo, con
paglia o altro, durante l’inverno. Si coltivano all’aperto solo nelle regioni litoranee
e a clima mite. Altrove richiedono la serra temperata. Esposizione ben illuminata.
Annaffiare abbondantemente per tutta la buona stagione, facendo attenzione
ai ristagni d’acqua che possono essere causa di marciumi radicali. In inverno
sospendere le irrigazioni e proteggere dal freddo la base del cespo, utilizzando paglia
o altro. Ama terreni silicei, ricchi, leggeri e ben drenati. Si allevano prevalentemente
come rampicanti, legandole a sostegni o spalliere. Si possono coltivare in vaso e
tenere in appartamento.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: fioriscono dall’estate al tardo autunno.
Utilizzare con parsimonia e consumarlo in tempi brevi dopo la raccolta.
Curiosità: chiamata anche “Pianta del piombo”, perché si credeva che curasse
l’avvelenamento da piombo.
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ROBINIA O ACACIA
Nome scientifico: Robinia pseudoacacia (Fabaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: media-abbondante
I fiori dal profumo intenso, sono riuniti in densi racemi penduli, fogliosi alla base
hanno calice vellutato, largamente campanulato, verde-chiaro e pubescente; corolla
papilionacea, bianca più raramente rosa.
Semina/messa a dimora: la robinia si propaga per seme, disseminazione
spontanea o mediante separazione dei polloni basali. I semi raccolti in autunno
vanno seminati in primavera. I polloni prelevati dalla pianta madre vanno messi
radicare in un miscuglio di sabbia e torba in parti uguali. A radicazione avvenuta le
nuove piantine vanno allevate in contenitori singoli almeno per 2 anni. La messa
a dimora si effettua scavando buche dalle dimensioni doppie del vaso facendo
attenzione a non rovinare il pane di terra..
Cure colturali: pur prediligendo i luoghi luminosi e caldi, si sviluppa bene anche
nelle zone ombrose, nelle zone costiere, nelle zone con forti venti e a clima rigido.
si adatta a tutti i tipi di terreno purché profondi e ben drenati. È una pianta che va
annaffiata solo nei periodi di prolungata siccità in quanto si accontenta delle piogge.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: famoso l’utilizzo di questi fiori per la
preparazione delle frittelle di fiori di acacia. Utilizzati anche per la preparazione di
frittate, liquori, grappa, confetture. Da considerare con attenzione che i fiori vanno
raccolti in posti lontani da strade con intenso traffico e lontane da fonti inquinati,
meglio se in aperta campagna.
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ROSA
Nome scientifico: Rosa spp. (Rosaceae)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata/mezz’ombra
Irrigazione: abbondante
I fiori sono solitari e riuniti in infiorescenze a corimbo e sono ermafroditi o
unisessuali per aborto di un sesso. Il numero dei petali varia a seconda della
specie ma anche se si tratta di specie coltivate o selvatiche (molto meno
numerosi in quest’ultime). Il calice è costituito da 5 sepali che in condizioni
climatiche sfavorevoli possono diventare molto simili alle foglie. Le varietà con
numerosi stami, sono il risultato di una trasformazione di alcuni petali.
Semina/messa a dimora: viene effettuata quanto le piante sono a riposo
in ottobre o in gennaio/febbraio, nelle zone a clima mite. Vi consigliamo di
acquistare le piante presso un vivaio. Se le piante sono poste in un giardino,
è necessario aver preparato il terreno (4 parti di letami e 1 parte di torba) che
dovrà ospitarle per tempo: ben vangato e concimato per tempo, per esempio in
primavera se la messa a dimora avviene in autunno. I rosai ad arbusti si piantano
in genere a 60/80 cm l’uno dall’altro tuttavia con un terreno fertile o perché si
impiantano delle varietà poco vigorose, tale distanza può essere ridotta. Mentre i
rosai ad alberello vengono impiantati alla distanza di 1 metro l’uno dall’altro.
Pratica dell’ inzaffardatura: quando le piante vengono tolte dal loro imballaggio
per essere trapiantate, le radici devono essere distese e aerate. Prima della
messa a dimora le radici devono essere preparate asportando le estremità
danneggiate facendo dei tagli netti e non sfilacciosi in modo da facilitare la
rimarginazione delle ferite. Una pratica per proteggere le radici e favorire il
loro sviluppo è l’antica tecnica dell’ inzaffardatura. Si riempie un secchio dove
avrete sciolto in parti eguali acqua, terra e stallatico (o letame) e ci si immerge
la pianta per almeno una mezz’ora, ma non più di 24 ore. Questa procedura
creera un film protettivo-stimolativo sulle radici. Dopo la messa a dimora
molto spesso le piante innestate di rose emettono sotto l’innesto dei polloni. È
opportuno tagliarli in corrispondenza del punto di inserzione alla radice o al
fusto. Distinguete i polloni dai rami normali in quanto sono più sottili, di un
verde più chiaro e con numerose spine.
Cure colturali: le rose sono delle piante abbastanza facili da coltivare. Le
maggiori difficoltà sono dovute al fatto che è una specie soggetta agli attacchi
dei più svariati parassiti (oidio, cancri rameali e afidi) pertanto, contrariamente
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a quanto avviene con le altre piante dove si interviene alla comparsa dei
sintomi, in questo caso è necessario fare delle terapie preventive. Durante
l’annaffiatura, i fiori delle rose non devono essere bagnati così come le foglie
perché si favorirebbe l’insorgenza di malattie fungine. I rosai richiedono sempre
abbondanti annaffiature. Il metodo migliore è far scorrere l’acqua alla base del
cespuglio fino a che il terreno sia ben bagnato. Le annaffiature delle rose si
effettuano la sera d’estate ed al mattino in primavera.
Prediligono terreni fertili, di medio impasto e calcarei però ben drenati. In
ogni caso è buona norma utilizzare nella preparazione del terriccio anche della
sostanza organica quale ad esempio il letame.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: la fioritura va dalla primavera
all’autunno (a seconda della varietà) ed è seguita dalla produzione di un frutto
tipico, il cinorrodo (usato per la preparazione di marmellate). Sembra strano
ma le ore migliori per raccogliere le rose sono tra le 15,00 e le 17,00 vale a dire
quando gli zuccheri prodotti durante la fotosintesi clorofilliana sono al valore
più elevato. I petali di rosa si utilizzano per la preparazione di marmellate,
sciroppi, liquori e cocktail, ma anche per arricchire insalate e nella preparazione
di risotti e crostate. I petali hanno un sapore profumato ideale in bevande, dolci
e marmellate. Il sapore è più pronunciato nelle varietà più scure.
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SAMBUCO
Nome scientifico: Sambucus nigra (Caprifoliaceae)
Da non confondere con il Sambucus ebulus (molto tossico)
Difficoltà: facile
Esposizione: soleggiata
Irrigazione: media-abbondante
I fiori sbocciano in primavera-estate, sono piccoli, odorosi, bianco panna, a 5 lobi
petaliformi, riuniti numerosissimi in infiorescenze ombrelliformi molto ampie.
Semina/messa a dimora: il sambuco è un arbusto che ha la particolarità di
crescere spesso nei luoghi incolti che si trovano vicino al mare o alle montagne e,
frequentemente, si sviluppa presso una zona di faggi, castagni e querce. Il sambuco
riesce a crescere ottimamente all’interno dei terreni particolarmente calcarei e
sopporta molto bene anche quelli caratterizzati da un buon livello di umidità.
Cure colturali: si tratta di un arbusto che si può moltiplicare per semina o per
talea: nel primo caso, è necessario procedere interrando un buon numero di bacche,
una volta che sono completamente giunte a maturazione, a circa 2,5 centimetri di
profondità, mentre le talee devono essere interrate a circa una trentina di centimetri
e devono essere staccate nel corso della stagione autunnale.
Fioritura, raccolta del fiore e utilizzo: con i fiori è possibile fare uno sciroppo,
da diluire poi con acqua, ottenendo una bevanda dissetante, che è molto usata in
Tirolo e nei paesi nordici. Dai fiori si ricava un estratto che viene utilizzato per la
produzione della sambuca, liquore a cui ha dato il nome ma che, nelle ricette attuali,
è prevalentemente basata sull’anice. A Palazzo Adriano di Palermo i fiori freschi
vengono usati per la realizzazione di un pane tipico, chiamato in dialetto “Pani cu
Savucu”, pane con il Sambuco. I fiori hanno un sapore mielato, con una punta di
agrume e una di anice.
Tutte le parti della pianta sono tossiche per la presenza di cianuro e vari
alcaloidi. Fanno eccezione i fiori e le bacche mature (ma non i semi al loro
interno). Nella preparazione di marmellate la cottura o la macerazione
delle bacche sono sufficienti a far sì che i composti cianogenetici si
volatilizzino completamente.
Nel caso di un’ingestione accidentale i sintomi dell’intossicazione sono
gli stessi dati dall’ingestione delle mandorle amare che egualmente, com’è
noto, contengono composti cianogenetici.
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I FIORI PIÙ ANTICHI
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CARTAMO
Noto con i nomi comuni di cartamo o zafferanone, è una pianta appartenente alla
famiglia delle Asteraceae. Pianta spontanea e infestante, cresce selvatica sia in climi
continentali che caldi o costieri; viene anche coltivata, per estrarre l’olio di cartamo
(dai semi) e, dai fiori, la cartamina: un colorante per cibi dall’aroma e dal sapore che
ricorda un po’ quelli dello zafferano, infatti molto usato come suo surrogato.
I fiori sono gialli, giallo-rossastri o anche bianchi tubulosi e molto allungati quasi
filamentosi (ricordano gli stigmi dello zafferano). Ogni ramificazione termina con
una infiorescenza a capolino che porta fino a 100 fiori, tutti tubulosi, circondati da
brattee spinose. A fecondazione avvenuta (prevalentemente autogama) gli ovari dei
fiori evolvono in acheni di colore bianco brillante.
Caratteristiche: il cartamo è una specie annuale, che giunge ad una altezza di 1-1,4
m; caratteristica per la spinosità delle foglie superiori e delle brattee fiorali. La radice
è tipicamente fittonante, molto profonda (1-1,5 m).
Coltivazione: la semina può essere fatta in autunno purché le temperature non
scendano sotto i -7 °C, che segna la soglia di sopravvivenza delle piantine allo stato
di rosetta. La semina autunnale è preferibile in quanto, anche se molto resistente
all’aridità, fa sfuggire la coltura alla siccità estiva.
La semina, anche primaverile, si fa a righe distanti da 0,30 a 0,45 m con quantità
dell’ordine di 25 kg ad ettaro per assicurare 50 piante a metro quadrato.
La raccolta si fa a luglio-agosto, alcune settimane più tardi del frumento, quando le
piante sono disseccate fin quasi al piede e la granella non ha più del 10% di acqua.
Si attua con mietitrebbiatrice. Le rese conseguibili, nelle regioni siccitose dove il
cartamo potrebbe trovare impiego, sono di 1,5-2 t all’ettaro.
In cucina: attualmente il cartamo ha importanza come pianta oleifera. L’olio di
cartamo viene utilizzato per produrre margarine speciali vitaminizzate. È indicato
come rigenerativo della pelle. In cucina la polvere di cartamo può sostituire lo
zafferano, ma il suo sapore è piuttosto lieve, mentre il colore è intenso. Volendo
prepararne l’infuso, bisogna mettere a bagno 2 g di cartamo in una tazza di acqua
bollente, filtrare e bere con l’aggiunta di miele. Questa spezia ha il potere di far
coagulare il latte e rendere consistenti creme e budini. Come colorante viene usato
nella fabbricazione di belletti e rossetti.
Curiosità: la tradizione popolare le associa le proprietà di prolungare vigore
fisico, agilità mentale e attività sessuale. Nel Medioevo, alle persone anziane, si
somministrava ogni giorno un infuso di cartamo e la stessa usanza è ancora in auge
in India e in Africa.
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FIOR D’OR
O CRISANTEMO COMMESTIBILE
Nome scientifico: Chrysanthemum coronarium (Asteraceae)
Il Chrysanthemum coronarium è conosciuto con i sinonimi: Glebionis coronaria,Crisantemo
giallo, Fior d’oro, Bambagella, Pinardia coronaria, Chrysanthemum spatiosum. Gli inglesi lo
chiamano: Crown Daisy, Garland Chrysanthemum, Chop-suey greens. Il nome specifico
“coronarium”deriva dal latino“corona”per la disposizione dei fiori. Per gli antichi Greci
e Romani era una pianta magica. La lunga fioritura di questa composita, abbellisce
vaste aree di seminativi abbandonate, vegeta anche nei prati e lungo i sentieri del
bosco. Il tenero fusto spellato dal sapore piccante può essere consumato crudo.
Caratteristiche: il crisantemo riconosciuto da tutti come commestibile in ogni sua
parte è uno solo: il Chrysanthemum coronarium o Glebionis coronaria, altrimenti detto
anche ghirlanda o corona margherita. Questo crisantemo viene usato da tempo
immemorabile in Asia nella preparazione di numerosi piatti. In Cina lo usano per
curare il mal di testa e pensano che possa contribuire ad allungare la nostra vita
e forse non hanno tutti i torti considerato che è ricco di antiossidanti, potassio,
proteine, fibre, calcio, fosforo, vitamina A e vitamina C. E se i petali gialli essiccati
del CChrysanthemum coronarium si prestano alla preparazione di tisane, le foglie
possono essere consumate crude in insalata o cotte come fossero spinaci e come essi
cucinati. Anche con i boccioli si possono ottenere delle tisane davvero benefiche!
Infine sia i fiori che le foglie possono dare un tocco ’esotico’ a insalate, panini e
pietanze varie. Le foglie migliori sono quelle giovani, mentre i boccioli e i fiori si
utilizzano crudi. Sono ottimi per mitigare i sapori troppo forti o per dare ai piatti un
gusto un po’ piccante e pungente, dal gradevole retrogusto amarognolo.
Coltivazione: esposizione e terreno - il Chrysanthemum coronarium è un erbacea
annuale appartenente alla famiglia delle asteraceae, la sua altezza può variare dai
30 ai 70 cm, emana un forte odore aromatico e ama le posizioni miti e soleggiate,
tuttavia sa adattarsi bene anche alla mezz’ombra e vegeta fino a 600 m di altitudine.
Il terreno ideale è fertile, sciolto e ben drenato, per questo in presenza di argilla è
utile preparare una base drenante a base di lapillo o rena. È originario del bacino del
Mediterraneo e dell’Asia orientale ed è possibile trovarlo anche allo stato spontaneo.
Semina: la cosa migliore è seminarlo a marzo o aprile in cassone o in semenzaio e
poi trapiantare le giovani piante nell’orto in maggio, lasciando 35 cm circa tra una
pianta e l’altra. Un’altra soluzione è piantarlo, sempre in maggio, direttamente
a dimora, ma in questo caso sia la vegetazione che la fioritura avverranno
tardivamente. Ovviamente tutto potrà essere anticipato se viviamo in una regione
dal clima mite. Potremo seminarlo anche in autunno se in inverno le temperature si
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manterranno tra i 5 e 15 gradi. Ricordiamoci però che i semi necessitano di 18° per
germinare e impiegano generalmente tre settimane.
Annaffiature e concimazioni: teme sia il troppo caldo che il troppo freddo, e
tenderà ad ammalarsi se i fattori climatici diventano estremi, quindi cerchiamo di
curarlo non facendogli mancare l’acqua, quando il terreno tenderà ad asciugarsi
troppo e aiutiamolo con delle concimazioni periodiche a base di stallatico pellettato,
se sappiamo che il nostro terreno non è abbastanza fertile.
Raccolta: togliere i germogli teneri di volta in volta, così da stimolare la pianta a
produrne di nuovi. Le parti più giovani sono le più dolci, mentre le foglie più grandi
e i fiori sono leggermente più amarognoli.
In cucina: il crisantemo è una delle piante più apprezzate per insaporire le insalate
primaverili. Il fiore è giallo, simile ad una margherita.
I giovani germogli vengono mangiati in insalate, imbianchiti o preparati come
spinaci. Si usano anche i bottoni fiorali: questi vengono aggiunti all’acqua bollente
per 1 minuto assieme al sale e allo zenzero, servire con riso. Il sapore è acre ma
gradevole. La pianta è robusta ma necessita abbastanza umidità (radici poco
profonde). Il Chrysanthemum coronarium è molto usato nella gastronomia asiatica
come verdura, perché ricco di minerali e vitamine, e per il suo particolare aroma.
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NASTURZIO
Nome scientifico: Tropaeolum majus (Tropaeolaceae)
Uno dei fiori commestibili più popolari. Brillantemente colorato con sapore dolce
con una punta di peperoncino, si possono farcire i fiori o aggiungere nelle insalate.
Nel Seicento, la pianta fu importata dagli europei e utilizzata contro la carenza di
vitamina C (scorbuto). Al nasturzio vengono oggi attribuite, in erboristeria, proprietà
antibatteriche. Il fiore a 5 petali, ha la forma di un elmo o cappuccio (capucine
come le chiamano i francesi) che termina con un lungo sperone posteriore. Fiorisce
durante il periodo estivo (giugno-ottobre) producendo fiori molto grandi (circa 5
cm) di colori diversi.
Nasturzi arancio chiaro, varietà commestibile.
Caratteristiche: pianta originaria del Perù, è perenne in Sudamerica; in Europa ne
vengono coltivati diversi ibridi. Si tratta per lo più di coltivazione annuale, dato che
la pianta è particolarmente sensibile al gelo. I suoi fiori vengono apprezzati per il
valore ornamentale: sono di diversi colori compresi tra il crema, il giallo, l’arancione
e il rosso. Il nasturzio apprezza una posizione soleggiata ed un terreno non troppo
ricco. È usata come pianta pendente, strisciante o rampicante.
Coltivazione: è una varietà erbacea, rusticissima, perenne (nei paesi caldi d’origine)
ma da noi coltivata come annuale. Nella nostra zona ai primi geli sparisce, a fine
ottobre primi di novembre, ma in compenso libera talmente tanti semi che, la
primavera successiva con i primi raggi caldi del sole, germinano riformando in poco
tempo nuove e vigorose piantine. Si adattata molto bene anche nei terreni poveri
e ha veramente poche esigenze. Seminato sotto gli alberi da frutto contribuisce ad
allontanare gli afidi e così anche se seminato insieme a patate, pomodori, fagiolini
rampicanti e rose. Aiuta inoltre a tenere lontane le lumache, le formiche e i topi. I
nasturzi non hanno problemi con le alte temperature mentre viceversa temono le
gelate. A partire dalla primavera e per tutta l’estate annaffiare regolarmente in modo
da mantenere il terreno sempre leggermente umido. In ogni caso non eccedere
in quanto riescono a sopportare anche brevi periodi di siccità. Nel caso di specie
tuberose, si moltiplica per divisione dei tuberi. La semina può avvenire in pieno
campo dopo gli ultimi geli, da marzo fino a fine giugno.
In cucina: tutte le parti della pianta sono commestibili, di sapore vagamente simile a
quello del crescione, pianta della famiglia delle Cruciferae. La somiglianza nel sapore
sta nel fatto che le Cruciferae e le Tropeolaceae sono due famiglie relativamente vicine
tra di loro, anche per le sostanze chimiche che vengono sintetizzate in queste piante.
Il frutto, del nasturzio di sapore simile a quello di foglie e fiori, viene usato talvolta
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come un surrogato del cappero, anche se i pareri sulle qualità di questa pianta in
gastronomia sono discordi.
Le foglie sono utilizzate per insaporire i cibi, specie i primi piatti, dato il loro sapore
leggermente piccante, che ricordano crescione e rucola.
I boccioli freschi in insalata, per aromatizzare l’aceto o sotto aceto per essere usati
come surrogato dei capperi.
I frutti (non maturi di consistenza spugnosa) raccolti quando si sono seccati i petali
del fiore, sotto aceto o sotto salamoia (o sale) per essere usati come i capperi o per
aromatizzare l’aceto di vino stesso.
Semi maturi secchi: tostati in forno e macinati come pepe.
Fiori e petali di fiore: per aromatizzare e decorare l’aceto, freschi in insalata, nelle
frittate, per arricchire tramezzini e antipasti, per dare un tono particolare a minestre
, nel ripieno dei ravioli, si abbinano bene al formaggio, alle uova, alla bresaola,
condimento dei piatti saltati in padella e per aromatizzare il burro.
Foglie: in insalata, nelle frittate, per arricchire tramezzini e antipasti, per dare un
tono particolare a minestre, un po’ come i fiori ma il sapore è più intenso e sono
meno scenografiche.
Proprietà: è molto ricco di zolfo ,vitamina c e tante altre sostanze che non essendo
ne medici ne farmacisti è meglio che non trattiamo. Le proprietà antibiotiche e
battericide che ha questa varietà possono essere sfruttate per la lotta biologica
contro cocciniglia e afidi delle altre piante. Si possono preparare macerati o la stessa
consociazione con gli ortaggi ne tiene lontani i parassiti. I fiori contengono circa
130 mg di vitamina C per 100 grammi, circa lo stesso ammontare contenuto nel
prezzemolo. Inoltre, contengono fino a 45 mg di luteina per 100 grammi, ovvero la
maggiore quantità mai riscontrata in ogni pianta commestibile.
Curiosità: una particolarità botanica del nasturzio sta senz’altro nella capacità
idrorepellente delle foglie: infatti, l’acqua che arriva in contatto le piante non le
bagna, ma forma dei goccioloni che rotolano sul lembo della foglia fino a cadere: si
tratta del cosiddetto effetto loto (osservato appunto anche nel fiore di loto).
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SPINACIO FRAGOLA
O FARINELLO CAPITATO
Nome scientifico: Chenopodium capitatum o Chenopodium virgatum o Blitum
capitatum (Brassicaceae)
Fiore: i fiorellini ermafroditi molto piccoli sono riuniti in un’ infiorescenza,
detta spiga afilla (ovvero costituita da piccoli glomeruli senza peduncolo inseriti
direttamente all’ascella delle foglie; la caratteristica di questa infiorescenza è di
possedere dei fiori a consistenza carnosa (quasi delle bacche) di colore rosso-violafucsia (alcuni botanici considerano questa specie come un genere a parte con il
nome di Blitum). Impollinazione operata dal vento (anemofila o anemogama).
Frutto: molto piccoli, riuniti in un’infruttescenza simile a quella della mora del gelso
(sorisio) della dimensione di una fragolina di bosco. Ha un gusto astringente ma
comunque molto delicato (da alcuni definito un misto tra rapa e melone).
Caratteristiche: pianta da sempre considerata come infestante, cresce spontanea
nei prati incolti del nord Italia e sui rilievi fino a un’ altitudine di mille metri slm,
anche se è molto rara da trovare. Originaria dell’America settentrionale, per la prima
volta nella storia è apparsa negli orti Medioevali e si è mantenuta come curiosa
varietà fino ad oggi. Per secoli è stata coltivata come spinacio con foglie però più
rade e piccole rispetto alle varietà conosciute oggi, con la particolarità di sviluppare
all’ascella delle foglie (attaccatura del picciolo delle foglie al fusticino) delle bacche
che assomigliano a piccole more del gelso o fragole di bosco, da qui il nome
Spinacio Fragola. La pianta cresce fino a 60 cm di altezza.
Coltivazione - esigenze pedo-climatiche: ama i terreni poveri e calcarei. Coltivarlo
in posizioni soleggiate. Cresce bene in tutti i climi di Italia (sia al nord che al sud),
anche se predilige le temperature fresche. A differenza delle altre varietà di spinacio,
in caso di forte caldo non appassisce velocemente per le sue dimensioni fogliari
ridotte. Terreno comunque fresco e ben drenato, come tutti gli spinaci teme i ristagni
idrici e i marciumi del colletto e radicali.
Semina: a febbraio in coltura protetta (la temperatura non deve scendere al di
sotto di 18 °C) e da marzo fino a luglio in pieno campo, se volgiamo ottenere
la produzione di bacche, mentre la semina è prolungata fino a settembre per
raccogliere solo le foglie. Essendo molto piccoli i semi di questo ortaggio, consiglio
di mischiarli con della sabbia sottile per effettuare una semina più omogenea.
Seminare in un terreno umido e ben drenato, a 1-2 cm di profondità max.
trapiantare le giovani piantine ad una distanza di 25-30 cm circa; ricordiamoci che è
una pianta selvatica, pertanto molto vigorosa e resistente.
Cure colturali: non richiedere particolari cure colturali, ma nei periodi di siccità
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innaffiare abbondantemente e, se necessario, ombreggiare nelle zone molto
soleggiate. La coltivazione di questa ortiva in vaso da ottimi risultati. Non ha
bisogno di vasi molto grossi, si accontenta anche di vasi di diametro 14 cm. In caso
di estati calde e sole forte spostare all’ombra le piante.
La salute delle piante si persegue con la lotta e per ontrastare l’attacco di lumache
e limacce con fosfato ferrico. Ruggine dello spinacio e cercosporiosi possono
essere controllate con ossicloruro di rame. Le minatrici fogliari, che attaccano
frequentemente tutte le chenopodiacee, così come gli afidi, possono essere tenuti
sotto controllo con trattamenti a base di pireto o proproli o macerato di assenzio.
Raccolta e uso: le foglie sono pronte per essere raccolte già un mese dopo la
semina. Se si è interessati anche alla raccolta dei frutti, raccogliere solo le foglie
lasciando intatti gli steli, i frutti appariranno dopo circa 2-3 mesi.
In cucina: possono essere utilizzate allo stesso modo degli spinaci, anche se hanno
un sapore che ricorda vagamente la nocciola. Posso essere consumate crude nelle
insalate. Invece i frutti possono essere usati per guarnire dolci oppure freschi in
insalata; non possiedono un gusto particolarmente dolce.
La resa in foglie e frutticini della pinta è molto bassa, per avere un buon raccolto
bisognerà piantarne parecchie! In ogni caso, avere questa pianta nel nostro
orto oppure sul nostro orto balcone sarà soddisfacente, in quanto varietà molto
particolare e poco diffusa. Molto decorativa attirerà la curiosità dei nostri amici!
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QUALCHE RICETTA
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FRITTELLE DI FIORI DI ACACIA
Ingredienti:
grappoli di fiori di acacia
farina
latte
1 uovo
olio di semi per friggere
sale
Prendere i fiori e lavarli delicatamente per togliere eventuale polvere e lasciarli
sgocciolare per bene.
Sbattere l’uovo e mescolarlo con un pò di farina in modo da ottenere una pastella
liscia e senza grumi.
Aggiungere a filo il latte.
Dobbiamo ottenere una pastella liscia e non troppo densa, che si attacchi bene ai fiori.
Regolare di sale.
Riscaldare l’olio per friggere in una padella, immergere i fiori nella pastella e friggere.
Il rametto che tiene insieme i fiori servirà sia a immergerli nella pastella, ed è l’unica
cosa non commestibile, una volta fritte i fiori e la frittura si staccheranno molto bene,
come mangiando uno spiedino.
Servire le frittelle di fiori di acacia tiepide.
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FROLLINI SALATI ALLA SALVIA E FIORI DI ERBA CIPOLLINA
Ingredienti:
250 grammi di farina, integrale
75 grammi di burro
½ bicchiere di latte intero
8 grammi di lievito in polvere, per torte salate
3 cucchiai da tavola di semi di sesamo
1 tuorlo d’uovo
2 pizzichi di salvia
6 fiori erba cipollina
1 presa di sale integrale, aromatizzato alle erbe
Miscelare in una ciotola la farina, il lievito, la salvia tritata finissima e il sale alle erbe.
Aggiungere il burro fuso (1 minuto alla massima temperatura nel microonde o in un
pentolino a bagnomaria) mescolando con una forchetta. Unire gradualmente il latte
fino a ottenere un impasto morbido lavorabile con le mani. Impastare dentro la ciotola
proprio con le mani e formate una palla.
Stendere l’impasto con il mattarello tra due fogli di carta forno e con uno stampino
formare i biscotti o ritagliare dei quadretti. Distribuire i frollini sulla placca del forno e
bucherellare la superficie con le punte di una forchetta.
In una ciotolina sbattere con una forchetta il tuorlo dell’uovo, e aiutandosi con un
pennellino dorare la superficie dei biscotti, distribuire quindi i semini di sesamo e i
fiori di erba cipollina. Infornare a 180 °C per 15 minuti.
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OLIO AI FIORI DI BASILICO
Ingredienti:
olio extra vergine di oliva
fiori di basilico
Cimare il basilico, sciacquate i fiori ed asciugateli bene, tamponandoli e lasciandoli
asciugare per bene, perché quando si macera in olio non ci devono essere tracce di
acqua per non compromettere i risultati, poiché la presenza di acqua può far proliferare
batteri e far fermentare l’olio.
Una volta ben asciutti metteteli in vaso sterilizzato e copriteli con olio extra vergine
d’oliva, lasciate macerare i fiori per una quindicina di giorni dopodiché potete filtrarlo.
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FRITTELLE DI FIORI DI SAMBUCO
Ingredienti:
fiori di sambuco
acqua frizzante
latte
farina
zucchero semolato
olio per friggere
Per preparare le frittelle di fiori di sambuco staccate i fiorellini dagli steli, con delicatezza
per non distruggerli, e lavateli sotto l’acqua fredda.
È normale che l’acqua dei fiorellini sia scura, sul marrone: non allarmatevi. Dopo che
li avrete lavati e fatti scolare, aggiungete poca acqua e poco latte alla volta (ma nella
stessa quantità) e mescoliamo.
Aggiungre la farina per ottenere una pastella consistente ma non troppo, semiliquida,
come quella che si usa per le varie preparazioni salate di frittelle.
Una volta che il composto sarà pronto, riscaldare l’olio per friggere in una padellina
antiaderente e versare un cucchiaio alla volta di composto, per formare le frittelle.
Far dorare ben bene da ambo i lati, poggiate le frittelle cotte su un tovagliolino di carta
assorbente e spolverizzate con abbondante zucchero semolato.
Servire ben calde.
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CONIGLIO ALLA LAVANDA
Ingredienti:
mezzo coniglio tagliato a pezzi
2 bicchieri di vino bianco secco
2 cucchiai di fiori di lavanda biologica
2 spicchi d’aglio
olive nere denocciolate
un rametto di timo
olio extra vergine d’oliva
sale e pepe q.b.
Sistemate il coniglio in una casseruola (l’ideale sarebbe quella di terracotta) con gli
spicchi d’aglio, i fiori di lavanda, una macinata di pepe e il timo.
Bagnarte con il vino bianco e lasciate macerare per 12 ore in un luogo fresco; sgocciolare
i pezzi di coniglio e fateli rosolare nell’olio per una decina di minuti. Salare, bagnare
con un po’ di vino della marinata e fatelo cuocere coperto, a fuoco medio, per un’ora
abbondante, aggiungendo altro liquido se dovesse asciugare troppo.
Poco prima di togliere dal fuoco, aggiungete qualche altro fiore di lavanda e una
manciata di olive nere.
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CROSTINI AL NASTURZIO
Ingredienti:
1 cipollotto
12/14 foglie di nasturzio
fiori di nasturzio
4 uova
1 pizzico di sale
1 pizzico di pepe
1 cucchiaio di prezzemolo tritato
8 fettine di pane casereccio
acciughe q.b.
Mondare e tagliare a fettine sottilissime un cipollotto piccolo e tenero e metterlo in
acqua fredda. Lavare una dozzina di foglie e fiori di nasturzio sane, scottarle in acqua
bollente salata, scolarli e tritarli. In un a scodella sbattere 4 uova con un pizzico di sale
e uno di pepe e un cucchiaino di prezzemolo tritato.
In un tegamino far rosolare il cipollotto e le foglie e i fiori di nasturzio con un cucchiaio
d’olio. Buttarvi le uova e, senza smettere di mescolare, farle cuocere finché si saranno
rapprese. Tostare 8 fettine di pane casereccio, distribuirvi le uova strapazzate.
Disporre sopra ogni fetta un filetto d’acciuga e passare in forno caldo per qualche
minuto. Decorare con petali di nasturzio freschi.
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FIORI FRITTI DI ERBA CIPOLLINA
Ingredienti:
150 grammi di farina
100 grammi di acqua frizzante molto fredda
1 uovo
sale
olio per friggere
fiori di erba cipollina
In una bacinella versare la farina, l’acqua e l’uovo e mescolare con l’aiuto di una frusta.
Aggiungere un pizzico di sale.
Lasciarla riposare in frigorifero per 30 minuti.
Immergere i fiori nella pastella e friggere.
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ORZO PERLATO AI FIORI DI CALENDULA
Ingredienti:
200 grammi di orzo perlato,
2 scalogni,
1 spicchio di aglio,
1 gambo di sedano,
2 carote,
1 foglia di alloro,
fiori di calendula,
olio extra vergine di oliva,
sale, zenzero
Lavare l’orzo perlato e metterlo in una pentola con il triplo del suo volume di acqua
con una presa di sale e la foglia di alloro, portarlo a bollore e a fiamma bassa cuocere
per 40 minuti.
In una padella far rosolare lo spicchio di aglio con un cucchiaio di olio extra vergine
di oliva, quando è dorato toglierlo e aggiungere lo scalogno tagliato a pezzetti piccoli,
soffriggere per alcuni minuti poi aggiungere il sedano e le carote tagliati a cubetti
cuocere a fiamma bassa per 20 minuti.
poi aggiungere l’orzo perlato e continuare la cottura per alti 10 minuti. grattugiare
dello zenzero, mettere nel piatto da portata spolverare di petali di calendula.
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RAVIOLI DI BORRAGINE E RICOTTA
Ingredienti per la pasta:
140 grammi farina bianca
60 grammi farina di grano duro
2 uova
olio d’oliva
sale
Ingredienti per il ripieno e il condimento:
700 grammi borragine
250 grammi ricotta
120 grammi pecorino fresco
60 grammi prosciutto crudo
20 grammi pinoli
basilico, prezzemolo
scalogno
parmigiano grattugiato
olio d’oliva
noce moscata, sale, pepe
Preparare la pasta:
Lavorate le due farine con le uova, un cucchiaio di olio e un pizzico di sale; fate
riposare la pasta per 30’.
Preparare il ripieno: mondate la borragine, lavatela più volte, quindi stufatela,
coperta, in un filo d’olio caldo, con uno scalogno tritato, prezzemolo, basilico e un
pizzico di sale; dopo circa 15’, scolatela e strizzatela bene, raccogliendo nel fondo
di cottura (da conservare) anche il liquido che uscirà dalla verdura strizzata. Tritate
la borragine, raccoglietela in una ciotola e mescolatela con la ricotta, il pecorino e
il prosciutto crudo (gli ultimi due vanno prima passati al tritatutto), ottenendo un
ripieno omogeneo; insaporire con sale, pepe e noce moscata grattugiata.
Confezionare i ravioli
Stendete la pasta in sfoglia sottile, tagliatela a quadrati di 5 cm di lato, distribuirvi
sopra il ripieno, quindi chiuderli piegandoli a triangolo.
Lessare i triangoli (ravioli); intanto, fate bollire e ridurre di un terzo il fondo della
borragine, unitevi i pinoli, 6 cucchiai di parmigiano e frullate il tutto a salsina con la
quale condirete i ravioli appena lessati.
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Indice
Prefazione4
Introduzione 6
I classici fiori dell’orto9
Non solo aromi...
17
Fiori da gustare
32
Alberi, arbusti e rampicanti da fiore
50
I fiori più antichi 61
Qaulche ricetta
69
79
80