La Guerra delle Donne
Durante la Prima Guerra Mondiale tutti gli uomini validi furono chiamati
alle armi, lasciando scoperti posti di lavoro negli uffici, nelle fabbriche,
nelle industrie, persino in quella
L E
bellica e nella produzione agricola.
MADRINE
DI
Le donne, dopo un temporaneo
GUERRA
preparavano
pacchi di vestiario e generi di
addestramento, furono pronte a
sussistenza da inviare ai soldati al
sostituire gli assenti, cosicché la
fronte. Il loro compito, però, andava
anche oltre: scrivevano lettere e
manodopera femminile crebbe
cartoline, sia per mantenere alto il
considerevolmente. Cosa cambiò
morale, sia per fare sentire meno
in Europa? Per le donne, e non
soli quei tanti giovani al fronte.
Gli indumenti da confezionare
solo, la guerra ha significato lutto,
erano calze, polsini, ventriere,
sofferenza e ansia, causando anche
ginocchiere, sciarpe, guanti e
manichini, lavorati a maglia fatta
una frattura dell’ordine familiare
a mano, su modelli distribuiti dal
e sociale. La memoria collettiva
Ministero. Nel dicembre 1915 la
Commissione potentina ricevette
collega le immagini maschili di
dai vari comitati locali della
quel tempo a scene di guerra
provincia: 146 passamontagna,
236 sciarpe, 444 ventriere,
e tragedie, mentre l’immagine
1967 paia di calze, 632 paia
femminile è ricollegata ad un
di manichini, 455
senso di liberazione e di maggiore
fiducia in se stesse. Generalizzare
sulla condizione delle donne sarebbe sbagliato, infatti i loro compiti
cambiarono in base alle diversità regionali e sociali. La donna da “angelo del
focolare domestico” divenne membro attivo dell’economia e della società.
Tuttavia questa nuova “emancipazione lavorativa” non corrispondeva ad
una maggiore libertà personale: nonostante l’assenza di uomini in età
arruolabile, nelle case rimanevano gli anziani che esercitavano un ruolo
autoritario all’interno della famiglia. Molto spesso la presenza di giovani
donne in industrie e fabbriche non
era vista di buon occhio dai vecchi
BORDELLI
operai, moralisti e tradizionalisti.
Durante la prima
guerra mondiale si diffusero
Prima della guerra le donne nubili
sempre di più nei paesi vicini
vivevano all’ombra del padre e
alle zone di guerra,” le case
quelle sposate erano sottomesse al
chiuse”. Questi “bordelli di guerra”
servivano a placare i sentimenti
marito, considerato il loro padrone.
di paura e di ansia dei soldati che,
Le donne dell’alta borghesia erano
eccitati dal desiderio sessuale, si
distraevano dalle atrocità delle
solo mogli e madri, invece, quelle
guerra. Le condizioni erano, però,
della piccola borghesia svolgevano
igienicamente spaventose e le
donne presenti erano costrette
professioni tipicamente femminili.
a più di 120 rapporti al giorno. I
Le donne della classe operaia
materassi erano sudici e le stanze
lavoravano come governanti o
venivano pulite di rado. Molte
madri, non riuscendo a mantenere i
come operaie sottopagate. Segno
figli mentre i mariti erano al fronte,
della loro sottomissione era la
erano costrette a prostituirsi pur di
portare un pezzo di pane a casa. I
necessità del consenso del marito
mariti poi, consapevoli di questo,
prima di iniziare una qualunque
avevano paura tornando dal fronte
di trovare nel proprio letto un altro
attività. Durante questi anni le
uomo. La drammaticità reale della
donne erano ancora prive del
situazione li portava a dubitare
della fedeltà della propria moglie
diritto di voto e non potevano
come si deduce anche dalle lettere
pronunciarsi
sulle
questioni
inviate dalle trincee dove l’uomo
politiche,
perciò
nacquero
chiede spesso, con freddezza,
alla propria consorte quale
organizzazioni
internazionali
mansione svolgesse per
femministe che chiedevano pari
mantenere i figli.
diritti e opportunità.
DALLE
GONNE
ALLE
TUNICHE Le donne di
ogni classe sociale indossavano
delle lunghe gonne anche
piuttosto ampie e vaporose. Col
conflitto gli strati di tessuto si
ridussero drasticamente e il volume
delle gonne si alleggerì moltissimo.
Erano in poche a potersi ancora
permettere di indossare delle
belle long skirt. Quelle che non
potevano, preferirono optare
per delle tuniche monocolori,
poco femminili, ma
molto pratiche.
P r i m a
dello
scoppio
del conflitto, le donne
raccoglievano
i
capelli
in acconciature elaborate e
voluminose. La cura del proprio
aspetto non svanì con la guerra,
ma ovviamente si puntò su stili
più semplici. Anche gli accessori
divennero più piccoli, a cominciare
dai cappelli, praticamente mignon.
Invece le scarpe, che un tempo
erano coperte dalle lunghe gonne,
assunsero un ruolo fondamentale.
I modelli più utilizzati erano gli
stivaletti di pelle con tacco
medio e le calzature stringate
ricche di cinturini e
fibbie.
… e in Italia?
Nel Nord Italia le industrie tessili erano molto sviluppate, sia per quanto
riguardava le divise militari e gli indumenti dei soldati, sia per la moda
femminile che subì un brusco cambiamento. Il conflitto portò verso nuove
tendenze, nuovi modi di vestirsi e di pettinarsi. Si passò repentinamente
dallo sfarzoso stile ottocentesco a una moda più comoda. Il tutto dovuto
al ruolo stesso della donna, non più isolata e relegata in casa, ma parte
attiva e importante per sostenere la famiglia durante la guerra e sempre
pronta per dare una mano ai soldati al fronte. Scoppiata la prima Guerra
Mondiale, le donne si misero subito all’opera, infatti esse combatterono
un’altra guerra, non meno faticosa di quella al fronte. Inevitabilmente lo
scontro portò a una semplificazione dell’abbigliamento e si preferirono
tessuti, tagli e forme più pratiche. Quindi si impose un modello di
eleganza che faceva perno sull’abbandono delle forme curvilinee a
favore di abiti dalla linea verticale, sull’introduzione di colori sgargianti
nell’abbigliamento femminile, fino ad allora realizzato esclusivamente
con tessuti dalle tinte tenui, sulla rinuncia alla cura dei dettagli sacrificata
all’effetto complessivo dell’abito. Da questo momento inizia la graduale
tendenza all’accorciamento della gonna che avrà anche una linea più
dritta, abbinata a giacche alla marinara, camicette, scarpe a tacco basso e
capelli più corti o raccolti. Quando gli alberghi cominciarono ad essere
trasformati in ospedali per accogliere i feriti che arrivavano dal fronte,
fu indispensabile l’impegno ‘patriottico’ delle donne come infermiere e
di conseguenza l’esigenza di una divisa bianca, comoda e più funzionale.
Nelle fabbriche, dove la forza motrice, subentrata a quella muscolare,
permise alla donna di manovrare le stesse macchine dell’uomo, divenne
perciò necessario indossare vestiti pratici che non cingevano più il
corpo femminile. Fu abbandonato, così, il corsetto insieme a tutti i
virtuosismi sartoriali, in favore di un’assoluta novità: il reggiseno. Il
nuovo indumento era necessario per garantire alle donne una maggiore
libertà di movimento sul lavoro. Coco Chanel rivoluzionò il campo della
moda, che in quel periodo era una delle poche attività a sostenere il
bilancio del Paese con l’esportazione e con il consumo diretto. Tuttavia la
scarsità del materiale tessile, dovuta da una parte all’utilizzo degli stessi
per le divise dei soldati, dall’altra alla mancanza di operai nelle aziende,
rappresentava un ostacolo che Chanel riuscì a superare brillantemente. I
suoi modelli dovevano essere realizzati in maglia, in particolare con un
tessuto sperimentato all’epoca: il jersey .
...e al Sud?
La maggior parte della popolazione del Sud apparteneva alla classe operaia
e per vivere svolgeva lavori nei campi. Con la partenza degli uomini e della
forza lavoro le donne si trovarono a doverli sostituire anche nelle attività
più pesanti e faticose. Questo, ovviamente, non valeva per tutte; infatti
non ogni donna del Sud era una “contadina”, ma i lavori cambiavano in
base alla condizione sociale. Le mogli di uomini con incarichi importanti
si trovarono quasi a sostituirli, ricoprendo ruoli che fino a qualche
anno prima sarebbero stati impensabili per una donna. In breve tempo
divennero la parte attiva della collettività e dell’economia come non lo
erano mai state prima. Ma non erano lasciate completamente sole, infatti
vennero istituiti dei centri di assistenza civile per sostenerle nelle diverse
parti del territorio. La concezione di “donna” cambiò completamente e,
infatti, proprio in questo periodo le tante proibizioni imposte un tempo,
vennero un po’ allentate segnando l’inizio di quelle libertà che vennero
I l
12 febbraio del
1912, Mary Phelpls Jacob,
ventenne americana, richiese
all’Ufficio Brevetti di New York il
riconoscimento della sua curiosa
invenzione, che consisteva in un
paio di piccoli triangoli di stoffa
uniti fra loro e sorretti da adeguate
bretelle in modo da fornire un
apposito sostegno al seno
femminile.
Gabrielle
Bonheur
Chanel
(1883- 1971), conosciuta
come Coco
Chanel, fu
una celebre
s t i l i s t a
francese che
r ivoluzionò
il concetto di
femminilità,
affermandosi
come figura
fondamentale
della cultura popolare del ventesimo
secolo. Importante anche come
fashion designer, fondò la, ancora
oggi famosissima, casa di moda
che porta il suo nome:
Chanel.
Il
jersey
era
ritenuto, lo è ancora, il tessuto più
morbido e comodo con il quale
realizzare i vestiti delle donne
durante la guerra mondiale.
Materiale povero e utilizzato
soprattutto per l’abbigliamento
maschile sportivo, si prestò
alla perfezione al delicato
momento storico.
Altri
comitati presenti
sul territorio erano quelli
destinati alla realizzazione di
indumenti militari. I compiti
di questi comitati erano diversi
da quelli dell’assistenza civile,
dovevano occuparsi, infatti, solo
della distribuzione delle materie
prime per la realizzazione degli
indumenti, fatti da volontari o
apposite fabbriche. Gli indumenti
da confezionare erano: guanti,
calze, polsini ventriere e sciarpe
che venivano fatti a mano, secondo
tre misure standard stabilite dal
Ministero: grande, media e piccola.
Era il Comune stesso a chiamare
le donne, prive di occupazione,
per impiegarle nella realizzazione
di tali indumenti, accertandosi
prima delle loro capacità. Per non
sprecare materiale utile, ad ognuna
era affidato solo il lavoro che poteva
svolgere. Tra gli indumenti che
venivano confezionati in Basilicata,
ma anche in altre parti del Paese,
c’erano guanti e polsini con
modelli standard, in modo da
essere funzionali ai soldati
che combattevano al
fronte.
successivamente conquistate.
Nella propaganda di guerra,
l’immagine della donna era
presentata
all’insegna
della
riconferma del ruolo tradizionale
di madre, sorella e moglie,
sottomessa e solidale con i destini
della patria, oppure ridotta ad
elemento di appagamento del
desiderio maschile o elevata
a rappresentazione allegorica
dell’ideale patriottico o della
nazione stessa. Le testimonianze
del mondo femminile ci offrono
uno scenario frammentato e
disomogeneo, che varia in base
all’estrazione sociale.
Geni
Sadero
nacque
a
Costantinopoli, il 12 Maggio 1889.
Fu un’attrice conosciuta per i film:
“Il diario di una donna amata”
(1935); “La canzone dell’amore”
(1930); “Amami, Alfredo!” (1940).
Morì il 7 Agosto 1961, a Milano.
Tenne due concerti di beneficenza a Potenza.
Cosa cambiò dopo la Grande Guerra? I
nuovi ruoli , il coraggio dimostrato, la visibilità
pubblica e la nuova centralità assunta dalle
donne durante il primo conflitto mondiale
crearono la mobilitazione necessaria per
ottenere una nuova riforma giuridica a loro
favore; infatti, la Riforma di Ettore Sacchi,
nel 1919, eliminò l’istituto dell’autorizzazione
maritale e permise alle donne di esercitare
tutte le professioni, incluse quelle
Simboli
pubbliche. Con questa Riforma
femminili di questa
venne garantita piena capacità
guerra erano le madri dei
soldati interamente devote
giuridica alle donne coniugate.
alla patria tanto da “sacrificare”
Nonostante queste nuove libertà,
i propri figli. Dalle lettere
dell’epoca
risultano,
tuttavia,
a livello politico e sociale, non
delle
contraddizioni;
infatti,
ci furono cambiamenti che
utilizzarono ogni mezzo per
sottrarre i propri figli al pericolo
suscitarono grande interesse,
della guerra, ricorrendo anche
non a caso a molti sembrava solo
a delle conoscenze militari.
Dimostrarono,
spesso,
un modo dovuto per ripagare
patriottismo in pubblico, ma
le donne per i sacrifici e gli
sofferenza in privato.
sforzi affrontati durante il primo
conflitto mondiale. Al ritorno
dalla guerra gli uomini dovevano essere reintegrati nel campo lavorativo
e ci si aspettò che le donne facessero un passo indietro per lasciare spazio
ai reduci. Questo passaggio provocò un’ondata di licenziamenti, facendo
diminuire di molto la presenza femminile nel mondo del lavoro.
Classe 5 C Nitti – Potenza, prof. Pasqualina
I l
COMITATO
DI
ASSISTENZA CIVILE DI
POTENZA era diviso in tre
sottocomitati: per l’assistenza alle
famiglie dei richiamati, per quella
scolastica e per i profughi. Furono
organizzate delle serate di eventi
in modo da raccogliere i fondi
necessari alla loro attività, anche
se si avvalevano di sottoscrizioni
pubbliche. La sezione locale della
Croce Rossa collaborava con il
Comitato per la cura dei malati; in
Via Pretoria c’erano due centri
dove venivano preparati dei
pacchi, spediti poi ai
prigionieri.
madre del milite ignoto
Grande Guerra ed economia
Fra i motivi per cui la prima guerra mondiale è anche chiamata “Grande
Guerra”, riconosciuta come uno spartiacque epocale, si annoverano
il coinvolgimento di stati e territori di gran parte del mondo; l’uso di
tecnologia che rese gli eserciti più letali, portando i morti a più di 10
milioni, la scomparsa di ben 4 grandi imperi (Russo, Asburgico, Tedesco
e Turco) e l’affermazione degli Stati Uniti come superpotenza mondiale al
posto della Gran Bretagna. L’Italia, inizialmente, si dichiara neutrale, ma
circa 10 mesi dopo l’avvio del conflitto, decide di siglare un patto segreto
con le potenze della Triplice Intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia).
Questo accordo prende il nome di “Patto di Londra”. Con questo trattato,
firmato il 26 aprile 1915 dal ministro degli esteri Sidney Sonnino, l’Italia
si impegna a scendere in guerra contro gli Imperi Centrali, in cambio di
cospicui compensi economici e territoriali.
L’economia in Italia
Nel 1904-1905, la situazione economica italiana visse un momento di
depressione legato ad un quadro mondiale negativo. Con lo scoppio
della guerra nel giugno 1914, si verificarono subito problemi con
le importazioni, e con le successive misure restrittive al commercio
imposte dal governo, ci fu una limitazione anche delle esportazioni.
Con il prosieguo della guerra, l’Italia iniziò a soffrire sempre di più della
mancanza dei generi di prima necessità. Le condizioni della popolazione,
dalla seconda metà del 1916, cominciarono a peggiorare: la razione di
pane dei soldati era stata ridotta, mentre per i cittadini erano ormai
introvabili i generi semivoluttuari come il caffè, il cacao, lo zucchero e
il grano. L’importazione di carbone venne ridotta. Le industrie italiane
si cimentarono nella costruzione di navi, nella produzione di fucili,
mitragliatrici, cannoni e granate. Agli inizi del ‘900, nacque a Bagnoli l’Ilva
per produrre ghisa e acciaio. Altre grandi industrie sul territorio furono
la Fiat che costruiva automezzi a livello nazionale, aerei, mitragliatrici e
motori marini; l’Ansaldo che produceva locomotive a vapore e materiale
ferroviario e la Terni produttrice di corazze, cannoni e proiettili perforanti.
La guerra, quindi, rappresentò una colossale occasione di sviluppo
per il settore industriale. Inoltre, i cinque principali istituti di credito,
la Banca d’Italia, la Banca Italiana di Sconto, la Banca Commerciale, il
Banco di Roma e il Credito Italiano, si rafforzarono con lo scoppio della
guerra. Nel gennaio del 1915 venne aperta la sottoscrizione pubblica del
primo dei sei prestiti nazionali ai quali si ricorrerà durante la guerra e
per la loro emissione venne scelta la Banca d’Italia. Il denaro necessario
all’acquisto di equipaggiamenti bellici fece sì che lo Stato si indebitasse
all’interno e all’estero. Lo Stato spinse i privati cittadini a sottoscrivere
i titoli di debito pubblico sia offrendo un buon tasso di interesse sia
facendo appello ai sentimenti patriottici, mentre stimolò le imprese con
incentivi economici. Nel 1918 il nostro paese, pur vincitore, registrò il
più alto tasso di inflazione: i prezzi salirono alle stelle, polverizzando i
capitali dei piccoli risparmiatori, mentre i salari non riuscivano a tener
testa al carovita e all’aumentata pressione fiscale. Il bilancio statale aveva
un deficit di 23345 milioni di lire nell’esercizio ’18-’19. Infine, nel 1921
ci fu la crisi dell’Ansaldo, che portò al fallimento della Banca Italiana di
Sconto, rovinando migliaia di piccoli e medi risparmiatori.
Il settore primario: il grano e la sua economia
Il mondo agricolo fu pesantemente investito dagli avvenimenti bellici.
Una massa di mano d’opera contadina fu sottratto alle campagne per
Sidney
Sonnino fu ministro
degli esteri del regno
d’Italia dal 1914 al 1919