LA CONCEZIONE DELLA CRIMINALITA` E DELLA PAZZIA NELLA

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Linguaggio della Scienza e società: la concezione della criminalità e della
pazzia nella società di fine ottocento. L’influenza dell’ambiente e dei geni
sul comportamento criminale; come la scienza dell’epoca affronta il
problema.
All’inizio dell’800, nel contesto di una progressiva specializzazione del lavoro medico,
viene sollevato il problema della malattia mentale, considerata sempre più generalmente
malattia del sistema nervoso spesso anzi affezione localizzabile nel cervello. Vanno ricordati
soprattutto i lavori circa la localizzazione cerebrale dei disturbi nell’uso della parola
(afasia).
Di particolare importanza, nell’ambito di queste ricerche, è l’opera di Pierre Broca (1824 1880). Chirurgo di fama internazionale, compì studi di morfologia e fisiologia cerebrale, che
consentirono di individuare numerosi centri nervosi del cervello, in particolare della sede del
linguaggio. Fautore delle possibilità della neurochirurgia, fu il primo ad operare un ascesso
cerebrale. Viene inoltre considerato il fondatore della moderna antropologia fisica; a lui si
deve fra l’altro la fondazione del primo istituto di antropologia, quello di Parigi (1876).
Introdusse i metodi per l’osservazione e la misura delle ossa (osteometria) e in particolare del
cranio (craniometria); ideò vari strumenti di misura, fra i quali l’antropometro e le scale
cromatiche. Appassionato assertore della poligenesi, sostenne che il genere umano è formato
da specie -le razze umane- molto più differenti tra loro di quanto non lo siano le specie in
zoologia.
All’inizio degli anni ’60 giungeva a fornire la prova della localizzazione cerebrale di uno
specifico disturbo delle funzioni mentali (la perdita delle espressioni verbali) in un soggetto
che, alla autopsia era risultato affetto dal rammollimento di una specifica parte del cervello (il
lobo frontale sinistro). Broca che denominava tale disturbo come afasia, metteva così mano al
primo tentativo di sistemazione della patologia dei disturbi delle funzioni del pensiero legato
al linguaggio verbale articolato, iniziando un settore di studi che sarebbe stato di importanza
decisiva nei successi sviluppi del dibattito tra i sostenitori e gli avversari di un approccio
riduzionistico non solo al problema della malattia mentale, ma all’intero complesso delle
questioni legate alle attività psichica.
Broca dava un deciso impulso allo sviluppo di una componente somatica nell’ambito
della teoria della malattia mentale con un ridimensionamento dell’importanza di un’analisi
psicologica dei sintomi della medesima.
Le tesi di Broca nascono dall’esigenza sintomaticamente medica, di ricondurre la malattia
mentale a cause di tipo osservabile e quantificabile, non diverse dalle cause delle altre
malattie normali, e ravvisate, per esempio nei fattori ambientali nell’igiene, nella ereditarietà
(in una sintesi di scienza, società, comportamenti e cervello).
Un altro studioso, Cesare Lombroso, intorno alla seconda meta’ dell’800 e quasi
contemporaneamente agli eugenetisti, intuiva i rapporti esistenti tra criminalità e ambiente
sociale ed educativo anche se era sua convinzione che i comportamenti del singolo e dei
gruppi etnici (le razze) dipendessero da caratteristiche biologiche ereditarie e che pertanto
non fossero modificabili. Ciò valeva per la pazzia e per la criminalità, ma anche per la
generalità delle altre malattie mentali. Grazie poi alla frenologia, (teoria localizzatoria che
sosteneva che ad ogni organo corrispondeva una bozza cranica, il cui maggiore o minor
rilievo è l’indice indiretto dallo sviluppo della facoltà’ controllata dalla sottostante zona
cerebrale), si ebbe un notevole sviluppo della psicologia e della neurologia dell’ottocento
benché si riconosca oggi che le bozze del cranio non presentino alcun rapporto con le
proprietà del cervello.
La frenologia doveva avere un valore preventivo poichè, identificata un’anomalia, la
società ne doveva eliminare il portatore. Il carcere ed il manicomio erano due modalità’ di
difesa della società. Lombroso sosteneva che la pena doveva essere commisurata non al
reato, ma alla pericolosità del reo per questo era accettato il principio secondo cui il reo,
anche dopo aver scontato la pena, doveva essere trattenuto per la sua pericolosità. La
criminalità secondo Lombroso era una manifestazione da controllare sempre e comunque. Il
criminale era degenerato, o meglio, aveva delle anomalie cerebrali insanabili e pertanto il
suo comportamento criminale era il risultato fatale di un meccanismo anomalo. La Scienza
forniva dunque alla società del tempo un supporto per le discriminazioni sociali ed il
razzismo.
Contemporaneamente alle idee di Lombroso e alle sue opere, lo psicologo Le Bon
sosteneva che quando un individuo si trova a far parte di una moltitudine, andava incontro a
una regressione dell’attività psichica e dunque egli poteva fare scelte comportamentali che
non avrebbe fatto in condizioni diverse. Si trattava di una specie di annullamento della
personalità e per il solo fatto di appartenere a una folla (psicologia di gruppo) l’uomo
scendeva di parecchi gradini la scala della civiltà. E’ questo il punto di partenza di quelle
concezioni che sono arrivate a deresponsabilizzare il singolo, dipingendo sempre come
vittima di una colpa sociale.
Lo psico-sociologo Gabriel De Tarde sosteneva che il fenomeno psicologico
dell’imitazione e’ in grado di spiegare ogni forma di legame sociale ed è uno degli strumenti
fondamentali del comportamento criminale; è imitazione di un modello. E’ evidente che in
questa concezione è sempre il singolo ad agire ma il suo agire è da spostare sulla società da
cui ha appreso e ricevuto le spinte ad agire e in cui ha trovato i modelli da imitare. C’è
dunque da una parte una concezione rigidamente biologica che pone nelle strutture
dell’encefalo degenerate la lettura scientifica del comportamento criminale; dall’altra, una
concezione che pone nella dinamica sociale l’origine dello stesso comportamento.
Un altro filone importante è inoltre quello che ha legato gli ormoni alla violenza e alla
tendenza omicida (testosterone). C’è poi il filone biologico basato sulla scoperta che
nell’encefalo vi sono strutture che sovrintendono ad attività’ aggressive e/o comportamenti di
tipo omicida. Il lobo temporale e i lobi frontali hanno dimostrato di avere un significato per
il comportamento aggressivo e ciò ha avuto un’applicazione storica nell’uomo se si ricorda
che il neurologo portoghese Egas Moniz ha introdotto la lobotomia prefrontale che consiste
nell’asportazione dei lobi frontali o nella resezione delle fibre che li collegano alle altre
strutture. In tal modo si attengono variazioni dell’affettività e della reattività agli stimoli
dell’ambiente e si osserva una loro riduzione fino alla scomparsa.