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CAPITOLO SESTO
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IL PUBBLICO IMPIEGO
1. IL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO
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A) Concetto
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Sommario: 1. Il rapporto di pubblico impiego. - 2. La legislazione in materia di pubblico impiego. - 3. Ambito
di applicazione del D.Lgs. 165/2001. - 4. Il sistema delle fonti del pubblico impiego. - 5. La contrattazione
collettiva. - 6. Organizzazione degli uffici. - 7. La dirigenza pubblica. - 8. Accesso al pubblico impiego. 9. I doveri dell’impiegato. - 10. Il mobbing. - 11. I diritti patrimoniali dell’impiegato. - 12. I diritti non
patrimoniali. 13. Mobilità nel pubblico impiego. - 14. Diritti sindacali: la repressione della condotta antisindacale. - 15. Responsabilità dell’impiegato. - 16. Le forme flessibili di impiego presso le P.A. - 17. Modificazioni
del rapporto di impiego. - 18. Estinzione del rapporto di impiego.
Es
Il rapporto di impiego pubblico è quel rapporto di lavoro per cui una persona fisica pone,
volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività, in via continuativa, alle dipendenze
di una pubblica amministrazione, assumendo uno specifico status con particolari diritti e
doveri.
Esso si inquadra, più specificamente, nell’ambito del rapporto di servizio (v. Cap. 2).
B) Caratteri
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Il rapporto d’impiego si configura come:
— rapporto volontario: sia per la costituzione che per la continuazione del rapporto, è richiesta
non solo la volontà della P.A., ma altresì la volontà del dipendente;
— rapporto strettamente personale: la specifica capacità intellettuale e tecnica necessaria per
ogni singolo ufficio e la fiducia che l’ente deve avere nella persona cui affida la cura dei
propri interessi comportano che il rapporto sia costituito intuitu personae;
— rapporto giuridico bilaterale: da esso, infatti, derivano diritti ed obblighi reciproci per
ciascuna delle parti;
— rapporto di subordinazione gerarchica: la subordinazione gerarchica e disciplinare
costituisce l’elemento che distingue l’impiego dall’incarico professionale (locatio operis).
C) Principi costituzionali in materia di pubblico impiego
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La Carta costituzionale non disciplina direttamente ed organicamente la materia del pubblico
impiego. Tuttavia vi sono alcune disposizioni che assumono una particolare rilevanza:
— l’art. 51 (accesso ai pubblici uffici);
— gli artt. 54 e 98 (dovere di adempiere con onore alle pubbliche funzioni e al servizio
esclusivo della nazione);
— l’art. 97 (riserva di legge inerente all’organizzazione dei pubblici uffici e principio di buon
andamento dell’amministrazione);
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— gli artt. 35, 36 e 37 (formazione professionale dei lavoratori; profilo retributivo e tutela dei
minori e delle donne nel rapporto di lavoro);
— gli artt. 28, 29 e 40 (responsabilità diretta dei dipendenti pubblici e diritto di sciopero e
organizzazione sindacale).
2. LA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI PUBBLICO IMPIEGO
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Il decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993, ha suggellato il faticoso processo di
privatizzazione dell’impiego pubblico, assoggettando, fatte salve eccezioni soggettive ed
oggettive, la disciplina dei pubblici impiegati alla disciplina del lavoro privato, alla contrattazione collettiva e, per conseguenza, alla giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, prima degli
anni Novanta, la natura pubblica di tale forma di lavoro non era mai stata messa in discussione,
sia per la specificità delle fonti normative del rapporto, sia per la natura del potere, sostanzialmente autoritativo, della P.A.
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Il processo di riforma intrapreso con il D.Lgs. 29/1993 ha poi subito un’importantissima accelerazione nel
momento in cui, tra la fine del 1994 e i primi mesi del 1995, sono stati siglati i primi contratti collettivi nominativi
quadriennali, destinati a rappresentare il momento del definitivo passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina del
lavoro nella P.A.
Sulla base delle direttrici enunciate dalla legge Bassanini n. 59 del 1997, il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 ha
modificato le disposizioni fondamentali del D.Lgs. 29/1993. Il Governo ha varato, successivamente, un nuovo
decreto legislativo correttivo del D.Lgs. 29/1993 e del D.Lgs. 80/1998, il D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387. A seguire,
il D.Lgs. 267/2000, T.U.E.L., ha individuato agli artt. 88 e segg., le specifiche norme applicabili al personale degli
enti locali.
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Oggi la disciplina del pubblico impiego è dettata dal D.Lgs. 165/2001, contenente norme
generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, successivamente integrato, segnatamente in tema di dirigenza e vicedirigenza, dalla L. 15-7-2002, n.
145, che ai fini di una maggiore efficienza dell’azione della P.A., spinge anche nella direzione
di un maggior interscambio tra dirigenza pubblica e privata.
Importanti novità sono state introdotte dalla L. 133/2008 (c.d. manovra d’estate) — di
conversione, con modificazioni, del D.L. 112/2008 — in linea con la scelta politica di
contrastare l’inefficienza nella P.A.
I principali cambiamenti riguardano collaborazioni e consulenze (art. 46), reclutamento
ordinario e lavoro flessibile (art. 49), instaurazione del rapporto di lavoro (art. 40), controlli
su incompatibilità e cumulo di impieghi e incarichi (art. 47), certificazione dei contratti
collettivi integrativi (art. 67), progressione degli stipendi (art. 69), riduzione delle pensioni di
servizio (art. 70), assenze per malattia e per permesso retribuito (art. 71), part-time (art. 73).
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La ratio ispiratrice della riforma in senso privatistico dell’impiego pubblico risiede nella volontà di abolire le
differenziazioni tra lavoro pubblico e privato, nonché di recepire contestualmente, nel pubblico impiego, regole
giuridiche e comportamentali tradizionalmente proprie degli operatori economici privati. Questa ratio si è tradotta
in un riassetto complessivo del sistema delle fonti del pubblico impiego, i cui caratteri salienti sono:
a) l’assoggettamento dei pubblici dipendenti alla normativa di diritto comune;
b) la contrattualizzazione dei rapporti individuali di lavoro.
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Il comma 2 dell’art. 2 del D.Lgs. 165/2001 dispone che i rapporti di lavoro e di impiego dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche — con le eccezioni di cui si è detto — sono regolati
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dalle disposizioni dettate dal capo I, titolo II, del libro V del codice civile, salve le diverse
disposizioni contenute nel decreto.
Il pubblico impiego viene quindi integralmente assoggettato alla regolamentazione privatistica, ossia a tutte le disposizioni dettate, per il lavoro privato, sia dal codice civile che dalla
legislazione speciale.
Il comma 3 dell’art. 2 del D.Lgs. 165/2001 dispone che i rapporti di lavoro ed impiego
pubblico sono regolati contrattualmente.
I contratti collettivi, destinati alla regolamentazione del trattamento economico, sono
stipulati secondo i criteri statuiti dal titolo III del decreto delegato (v. §5). I contratti individuali
devono conformarsi ai principi della parità di trattamento e del rispetto dei minimi retributivi
stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
Tale disposizione sancisce il principio della contrattualizzazione del rapporto di pubblico
impiego: al sistema previgente (in cui la regolamentazione del rapporto di lavoro era principalmente riservata alle determinazioni unilaterali della P.A. o alla legge) se ne sostituisce uno
completamente nuovo, in cui la definizione del rapporto, con particolare riferimento ai profili
economici, viene riservata alla contrattazione, individuale e collettiva.
Sulla disciplina del pubblico impiego è intervenuta, da ultimo, la L. 4 marzo 2009, n. 15,
recante «Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro
pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni
integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla
Corte dei conti».
Si tratta della cd. legge delega per la produttività nel pubblico impiego (definita spesso, nel linguaggio
comune, anche «legge antifannulloni»), messa a punto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione
Brunetta e parte integrante della nuova strategia di Governo in vista della riforma della P.A.
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In particolare, il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di nove mesi dall’entrata
in vigore della legge de qua, uno o più decreti legislativi, secondo i principi e criteri direttivi
dalla stessa enunciati nei successivi articoli, volti a riformare la disciplina del rapporto di lavoro
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 2, comma 2, D.Lgs. 165/2001,
e della relativa contrattazione collettiva.
Gli obiettivi sono i seguenti:
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— convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro privato, con particolare riferimento
al sistema delle relazioni sindacali;
— miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure della contrattazione collettiva;
— introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, destinati ad assicurare
l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità e a consentire agli organi di vertice politici
delle pubbliche amministrazioni l’accesso diretto alle informazioni relative alla valutazione del personale
dipendente;
— garanzia della trasparenza dell’organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni e dei relativi sistemi
retributivi;
— valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali per i singoli dipendenti sulla
base dei risultati conseguiti dalle relative strutture amministrative;
— definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici;
— affermazione del principio di concorsualità per l’accesso al lavoro pubblico e per le progressioni di carriera;
— introduzione di strumenti che assicurino una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base
territoriale, conformemente al principio della parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici, da garantire,
mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale
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requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico
risultato;
— previsione dell’obbligo di permanenza per almeno un quinquennio nella sede della prima destinazione anche per
i vincitori delle procedure di progressione verticale, considerando titolo preferenziale, nell’ambito di queste
ultime, la permanenza nelle sedi carenti di organico.
Gli ambiti entro i quali l’esecutivo sarà tenuto ad intervenire riguarderanno, in particolare:
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— la contrattazione collettiva ed integrativa e la funzionalità delle amministrazioni pubbliche, soprattutto
riguardo alla esigenza di riordino delle procedure della contrattazione medesima, anche in coerenza con il settore
privato;
— i meccanismi di valutazione delle strutture e del personale delle pubbliche amministrazioni, nonchè il principio
di trasparenza, con particolare riferimento alla accessibilità delle informazioni concernenti ogni aspetto
dell’organizzazione delle amministrazioni stesse;
— l’introduzione, nell’ambito dell’organizzazione della P.A., di strumenti di valorizzazione del merito e metodi
di incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa;
— la materia della dirigenza pubblica, soprattutto in relazione ad una maggiore responsabilizzazione ed
autonomia dei dirigenti, nel più ampio contesto del rafforzamento della distinzione tra attività di indirizzo e
controllo e funzioni di gestione amministrativa;
— la responsabilità dei dipendenti pubblici e, in particolare, il sistema delle sanzioni disciplinari.
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Vi è poi una serie di norme immediatamente applicative, che cioè prescindono dall’esercizio della delega. Tra
queste è possibile citare l’ultimo comma dell’art. 6 della citata legge (di modifica del comma 11 dell’art. 72 del D.L.
112/2008, conv. in L. 133/2008); l’art. 8, recante una norma interpretativa in materia di vicedirigenza; e, infine, gli
artt. 9 e 11 diretti a disciplinare, rispettivamente, il CNEL e la Corte dei conti.
3. AMBITO DI APPLICAZIONE DEL D.LGS. 165/2001
A) Disciplina generale
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I commi 2 e 3 dell’art. 1 del D.Lgs. 165/2001 (T.U. pubblico impiego) determinano l’ambito di applicazione
della normativa di riforma in tema di pubblico impiego.
Il legislatore ha opportunamente chiarito che per «amministrazioni pubbliche», si intendono le amministrazioni
dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
le aziende autonome, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, le
istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato ed
agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali e le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999.
B) I rapporti esclusi dalla privatizzazione
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Il comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. 165/2001 individua le categorie di dipendenti esentate
dall’applicazione della normativa di diritto comune e dal processo di contrattualizzazione di cui si
è detto (per tali categorie non opera neanche il trasferimento della giurisdizione al giudice ordinario).
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Esso, infatti, dispone che rimangono assoggettate alla previgente disciplina i rapporti
concernenti:
a) magistrati ordinari, amministrativi e contabili;
b) avvocati e procuratori dello Stato;
c) personale militare e delle forze di polizia;
d) personale delle carriere diplomatica e prefettizia, quest’ultima a partire dalla qualifica di
vice-consigliere di prefettura;
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e) dipendenti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall’art. 1 del D.Lgs.
C.p.S. 691/1947 (risparmio, funzione creditizia e valutaria), e dalle leggi 281/1985 (tutela
del risparmio, valori mobiliari) e 287/1990 (tutela della concorrenza e del mercato).
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La L. 252/2004 ha, poi, inserito il comma 1bis, in base al quale il rapporto di impiego del personale del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, con esclusione del personale volontario, è disciplinato in regime di diritto pubblico
secondo autonome disposizioni ordinamentali.
Ai sensi del comma 2 dell’art. 3 cit. «Il rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari resta
disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che lo regoli in modo
organico ed in conformità ai principi dell’autonomia universitaria, di cui all’art. 33 della Costituzione ed agli artt.
6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, tenuto conto dei principi di cui all’art. 2, comma 1, della legge 23
ottobre 1992, n. 421».
Il D.P.R. 27 luglio 2005 n. 154 ha, infine, escluso dal regime di diritto privato anche il personale della carriera
dirigenziale penitenziaria.
4. IL SISTEMA DELLE FONTI DEL PUBBLICO IMPIEGO
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A) Legge e contratto nel sistema delle fonti
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L’art. 2, comma 2 D.Lgs. 165/2001 precisa che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche sono disciplinati dal codice civile e dalle leggi speciali sul lavoro
nell’impresa (compreso lo Statuto dei lavoratori, che trova integrale applicazione anche nel
pubblico impiego), fatte salve le diverse disposizioni contenute nello stesso decreto (che
resta l’unica fonte di norme derogatorie alla disciplina di diritto comune).
Quanto all’affermata contrattualizzazione, l’art. 2, comma 3, dichiara esplicitamente che i
rapporti di lavoro sono regolati contrattualmente, mentre l’art. 40, comma 1 precisa che la
contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro.
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B) I rapporti tra le fonti
Il rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. è, quindi, regolato dai contratti, individuali
e collettivi. I primi non possono, però, violare il principio della parità di trattamento contrattuale
fra i dipendenti né introdurre trattamenti inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva
ma, alle condizioni previste, possono partecipare alla determinazione del trattamento economico del dipendente.
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Quanto ai rapporti tra legge e contratto collettivo, a tutela del principio di contrattualizzazione del rapporto di
lavoro l’art. 2 D.Lgs. 165/2001 introduce due strumenti: innanzitutto, incrementi retributivi non previsti da contratti
e introdotti da disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi cessano automaticamente di avere efficacia
dall’entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale.
I trattamenti normativi contenuti in fonti unilaterali applicabili solo ai dipendenti pubblici o ad alcune categorie
di essi, invece, possono essere derogati dalla contrattazione collettiva successiva e, per la parte derogata, non sono
ulteriormente applicabili salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.
La citata L. 15/2009, sulla produttività del pubbblico impiego, ha, inoltre, statuito che dovranno essere precisati
gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati, rispettivamente, alla contrattazione e alla legge,
fermo restando la riserva in favore della contrattazione collettiva sulla determinazione dei diritti e delle obbligazioni
direttamente pertinenti al rapporto di lavoro.
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5. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
A) I livelli di contrattazione
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L’art. 40 D.Lgs. 165/2001 individua esplicitamente due livelli di contrattazione:
1. contratti collettivi nazionali di comparto (nell’ambito di questo livello, si distingue poi
usualmente tra contratti collettivi di lavoro — CCNL — e contratti, pur sempre nazionali,
ma integrativi del CCNL, in quanto finalizzati ad integrare o specificare aspetti nello stesso
trattati o a definire materie non affrontate e risolte in seno al CCNL, perché particolarmente
controverse tra le parti, cd. «code contrattuali»);
2. contratti integrativi (questi, svolti a livello di singola amministrazione, sostituiscono i
precedenti contratti collettivi decentrati e costituiscono la disciplina di dettaglio che, nel
rispetto delle linee del CCNL, regola aspetti particolari quali le mansioni specifiche, le
progressioni di carriera etc.).
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Sono, inoltre, previsti appositi accordi quadro che regolano istituti comuni a più comparti o a tutte le
amministrazioni, o che definiscono o modificano i comparti e le aree, per i quali vigono alcune disposizioni
particolari relative alla procedura con cui sono conclusi. Difatti il livello intercompartimentale (il cui indirizzo viene
dettato in forma collegiale tramite un apposito organismo di coordinamento costituito presso l’ARAN, ai sensi
dell’art. 41, comma 6, D.Lgs. 165/2001), pur se ridimensionato, resta comunque deputato alla previsione e alla
disciplina dei comparti di contrattazione, degli arbitrati e della conciliazione, delle prerogative sindacali e per
tematiche di analogo respiro.
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I comparti, costituiti mediante appositi CCNQ sottoscritti in varie occasioni dal primo del
2-6-1998 al più recente dell’11-6-2007, costituiscono l’unità fondamentale della contrattazione collettiva e devono riguardare, per espressa disposizione dell’art. 40, D.Lgs. 165/2001,
settori omogenei o affini.
All’autonomia negoziale è affidato il compito di definire, in coerenza con il settore privato,
la durata dei contratti collettivi, la struttura contrattuale e i rapporti fra i diversi livelli.
Ai sensi dell’art. 40, comma 3, D.Lgs. 165/2001, la contrattazione integrativa si svolge,
invece, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale
e pluriennale di ciascuna amministrazione, sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti
nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedano e può avere
ambito territoriale e riguardare più amministrazioni.
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Qualora la contrattazione integrativa violi i vincoli risultanti dai contratti nazionali o comporti oneri imprevisti,
le sue clausole sono nulle di diritto e non possono essere applicate. Tale disposizione è stata esplicitata anche dalla
finanziaria per il 2002, L. 488/2001, all’art. 17.
A tale riguardo, occorre ricordare che la legge delega n. 15/2009 ha stabilito anche una serie di principi e criteri
in materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche. In argomento,
l’esercizio della delega appare rivolto a modificare la disciplina della contrattazione al fine di conseguire una
migliore organizzazione del lavoro.
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B) L’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
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Una delle novità introdotte dalla riforma del pubblico impiego è l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni, organismo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio.
L’ARAN ha la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni, esercita a livello nazionale ogni attività
relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all’assistenza delle (sole) pubbliche
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amministrazioni ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi. Essa cura, inoltre, le necessarie attività
di studio, monitoraggio e documentazione, assicura la raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe dei sindacati da
ammettere alla contrattazione e può fornire assistenza ai fini della contrattazione integrativa o spiegare interventi
ai fini della corretta interpretazione dei contratti collettivi, nei giudizi sulle controversie di lavoro ove si faccia
questione rilevante in tema di validità, efficacia o interpretazione di contratti collettivi ed il cui esito possa avere
ripercussioni di rilievo sui contratti nazionali o sulla spesa pubblica.
La L. 15/2009, nel più ampio contesto di riordino delle procedure di contrattazione collettiva ed integrativa,
prevede anche una riorganizzazione delle competenze, della struttura e degli organi dell’ARAN, sulla base delle
seguenti direttrici fondamentali:
rafforzamento della indipendenza di detta struttura dalle rappresentanze sindacali;
potenziamento del potere di rappresentanza delle Regioni e degli enti locali;
rafforzamento del potere direttivo dei comitati di settore nei confronti dell’ARAN;
riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione;
modificazione della durata dei contratti, nell’ottica della riduzione dei tempi e dei ritardi che caratterizzano i
rinnovi contrattuali;
— rafforzamento del regime dei vigenti controlli sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo
specifiche responsabilità della parte contraente pubblica e degli organismi deputati al controllo sulla compatibilità dei costi;
— semplificazione del procedimento di contrattazione, anche attraverso l’eliminazione di quei controlli che non
sono strettamente funzionali a verificare la compatibilità dei costi degli accordi collettivi.
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C) Le rappresentanze sindacali
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Rappresentanti dei lavoratori, relativamente alla stipula dei contratti collettivi nazionali,
sono le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto una rappresentatività non inferiore
al 5%, considerando, a tal fine, la media tra il dato associativo (numero iscritti) ed il dato
elettorale (numero voti conseguiti, ad esempio nelle elezioni dei componenti della R.S.U.).
Alla contrattazione collettiva nazionale partecipano, inoltre, le confederazioni alle quali
siano affiliate le organizzazioni sindacali come sopra individuate.
Condizione necessaria affinché l’ARAN sottoscriva il contratto è la preventiva verifica che
le organizzazioni sindacali aderenti all’ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso
almeno il 51% come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto contrattuale o
almeno il 60% del dato elettorale nel medesimo ambito (art. 43, D.Lgs. 165/2001).
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D) La formazione del contratto. Efficacia e vincolatività del contratto
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Il procedimento di contrattazione collettiva è disciplinato dall’art. 47 D.Lgs. 165/2001.
Viene, innanzitutto, previsto che gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale siano
deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è
richiesta un’attività negoziale dell’ARAN.
Raggiunta l’ipotesi di accordo, l’ARAN trasmette il testo concordato al comitato di settore
che deve comunicare il parere favorevole entro 5 giorni dalla ricezione del testo. Acquisito il
parere favorevole, l’ARAN trasmette, il giorno successivo, la quantificazione dei costi
contrattuali, ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione
e di bilancio, alla Corte dei conti, la quale, entro 15 giorni, deve verificare la compatibilità
appena citata.
La procedura di certificazione deve concludersi nei 40 giorni successivi alla sottoscrizione
dell’ipotesi di accordo; essa, se è positiva, porta alla definitiva sottoscrizione. Se, invece, non
è positiva, le parti contraenti non possono procedere alla definitiva sottoscrizione e le
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trattative devono ricominciare, con la sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo, e con
l’adeguamento dei costi contrattuali ai fini della certificazione (al riguardo, è da ricordare che
i commi 6 e 7 dell’art. 47 in questione, concernenti proprio la certificazione non positiva della
Corte dei conti e la fase finale della procedure di contrattazione, sono stati sostituiti dalla
disciplina dettata dal D.L. 112/2008, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,
la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria, conv. in L. 133/2008).
In ogni caso, i contratti per i quali non si sia conclusa la procedura di certificazione
divengono efficaci trascorso il cinquantacinquesimo giorno dalla sottoscrizione della ipotesi
di accordo.
Decorsi 40 giorni dalla sottoscrizione, i contratti diventano efficaci e vengono pubblicati in
G.U. o sul B.U.
Sempre la cd. «manovra d’estate», all’art. 67, ha previsto che le amministrazioni, in
attuazione dei principi di responsabilizzazione e di efficienza, saranno tenute a trasmettere alla
Corte dei conti, entro il 31 maggio di ogni anno, specifiche informazioni sulla contrattazione
integrativa e a pubblicare le medesime anche sul proprio sito web. In caso di inosservanza di
tale obbligo, è fatto divieto per le amministrazioni di procedere a qualsiasi adeguamento delle
risorse destinate alla contrattazione integrativa.
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Da ricordare, infine, che la L. 15/2009, all’art. 3, ha previsto una modificazione, in coerenza con il settore privato,
della durata dei contratti, al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo di
regolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica.
Il contratto collettivo, una volta sottoscritto, acquista efficacia erga omnes, cioè sia per le
amministrazioni che per tutti i lavoratori interessati.
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Quanto alla vincolatività dei contratti, il problema non si pone per la parte pubblica, che è rappresentata
dall’ARAN, che è un organismo unitario. Peraltro l’art. 40, comma 4, D.Lgs. 165/2001 esplicitamente dispone che
«Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi […]
e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti», mentre l’art. 45, comma 2, impone
alle amministrazioni di garantire ai propri dipendenti trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti
collettivi.
La vincolatività dei contratti assume aspetti più complessi nei confronti dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni.
L’esclusione del recepimento del testo del contratto in un atto regolamentare ha posto, infatti, il problema
dell’applicazione uniforme e generalizzata a tutti i dipendenti, indipendentemente dall’adesione degli stessi alle
organizzazioni sindacali stipulanti.
Sul punto si è espressa la Corte costituzionale con la sentenza 16-10-1997, n. 309, secondo la quale il pubblico
dipendente rinviene nel contratto individuale di lavoro «la fonte regolatrice del proprio rapporto: l’obbligo di
conformarsi, negozialmente assunto, nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva contenuta in tale
contratto». Infatti, l’obbligo per la P.A., di assicurare ai dipendenti un trattamento non inferiore a quello
garantito dai contratti collettivi, e di applicare condizioni contrattuali uniformi agli stessi impone che, nei contratti
individuali di lavoro, siano richiamati quelli collettivi e, tramite il detto rinvio, questi ultimi finiscono per spiegare
effetti anche nei confronti dei lavoratori non legati alle organizzazioni sindacali firmatarie degli accordi.
6. ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI
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Il D.Lgs. 165/2001 precisa, in ossequio alla riserva di legge di cui all’art. 97 Cost., che le
amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di
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p.
legge e mediante atti organizzativi, nonché in base ai rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di
conferimento della titolarità degli stessi; determinano le dotazioni organiche complessive (art.
2, comma 1).
La consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle
finalità di cui all’art. 2, comma 1, D.Lgs. 165/2001, previa verifica degli effettivi fabbisogni e
previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’art. 9. L’obiettivo dell’aggiornamento delle dotazioni organiche all’effettiva realtà organizzativa dell’ente è
garantito dal vincolo di revisione periodica e comunque biennale delle dotazioni organiche.
7. LA DIRIGENZA PUBBLICA
li
A) Generalità
Il citato dettato normativo ha previsto:
Es
se
La dirigenza pubblica ha trovato la sua prima organica e autonoma regolamentazione nel
D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, che scorporò la carriera dirigenziale da quella direttiva.
La L. 59/1997, nel premere l’acceleratore della privatizzazione, ha ribadito la necessità di
rendere più netta la distinzione tra compiti di direzione politica e compiti gestionali e ha optato
per l’eliminazione di ogni differenza di regime giuridico fra dirigenti generali e dirigenti,
privatizzando anche la prima categoria. Sulla base della delega contenuta in tale legge, è stato
emanato il D.Lgs. 80/1998, che ha riscritto la disciplina della dirigenza pubblica.
yr
ig
ht
©
— una più chiara distinzione fra la funzione d’indirizzo politico-amministrativo del Ministro e i compiti gestionali
dei dirigenti, che non possono essere derogati se non espressamente e ad opera di specifiche disposizioni
legislative;
— la costituzione di un ruolo unico articolato in due fasce agli effetti del trattamento economico e ai fini del
conferimento degli incarichi di dirigenza generale (il ruolo è stato successivamente abolito dalla L. 145/2002);
— la durata determinata degli incarichi dirigenziali;
— la nuova disciplina della responsabilità, che giunge a prevedere anche l’esclusione da ulteriori incarichi e la
risoluzione del rapporto nei casi di maggior gravità;
— un trattamento economico che sia in grado di remunerare le funzioni effettivamente svolte e le connesse
responsabilità;
— un accesso alla dirigenza improntato sul concorso per esami e articolato differentemente a seconda che si tratti
di dipendenti di pubbliche amministrazioni oppure di soggetti estranei;
— una maggiore attenzione alla formazione del ceto dirigente, attraverso la predisposizione di un ciclo di attività
formative per i vincitori di concorsi comprensivo anche di un periodo di stage presso amministrazioni italiane
o straniere.
C
op
Sull’argomento occorre, inoltre, segnalare la legge di riordino della dirigenza n. 145/2002
che, intervenendo sulle disposizioni del D.Lgs. 165/2001, e dettando anche norme nuove, si
caratterizza per la previsione di disposizioni ad hoc atte a favorire lo scambio di manager fra
pubblico e privato.
In ogni amministrazione è istituito un ruolo dei dirigenti, organizzato e gestito secondo le
disposizioni del D.P.R. 108/2004.
Ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 272/2004, le amministrazioni devono comunicare alla
Presidenza del Consiglio – Dipartimento della funzione pubblica, in coerenza con la programmazione del fabbisogno del personale, entro il 30 giugno di ogni anno, il numero dei posti che
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209
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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego
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si renderanno vacanti entro l’anno. L’accesso alla dirigenza può altresì avvenire mediante
incarichi diretti esterni. Con il provvedimento di conferimento dell’incarico ne sono individuati l’oggetto e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi
definiti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi
che intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell’incarico, che deve essere
correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni né
eccedere il termine di cinque anni. Tali incarichi sono rinnovabili (art. 19 D.Lgs. 165/2001
mod. dalla L. 168/2005). La definizione del trattamento economico spetta al contratto
individuale che accede al provvedimento medesimo.
br
Si ricorda, inoltre, che in base alle modifiche introdotte dalla L. 168/2005 i dirigenti della seconda fascia possono
transitare nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti,
per un periodo pari almeno a tre anni (in luogo degli originari cinque).
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
Ulteriori norme sono contenute nel D.L. 112/2008 conv. in L. 133/2008 e in particolare,
tra quelle più significative:
— l’art. 25 comma 3, ai sensi del quale — in materia di riduzione degli oneri amministrativi
— ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e con il Ministro per la semplificazione normativa, adotta il piano di riduzione degli oneri
amministrativi, che definisce le misure normative, organizzative e tecnologiche finalizzate al
raggiungimento dell’obiettivo prefissato (riduzione per una quota complessiva del 25 per
cento), assegnando i relativi programmi ed obiettivi ai dirigenti titolari dei centri di
responsabilità amministrativa. Del raggiungimento dei risultati indicati nei singoli piani
ministeriali di semplificazione si tiene conto nella valutazione dei dirigenti responsabili;
— l’art. 41 che, in materia di modifiche alla disciplina dell’orario di lavoro, demanda alla
contrattazione collettiva il compito di definire per il personale delle aree dirigenziali degli
Enti e delle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale, in ragione della qualifica posseduta
e delle necessità di conformare l’impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilità
propria dell’incarico dirigenziale, il compito di definire le modalità atte a garantire ai
dirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pieno
recupero delle energie psico-fisiche;
— l’art. 49, che sostituisce l’art. 36 D.Lgs. 165/2001, prevede un aggravio di responsabilità per
i dirigenti che operano in violazione delle disposizioni in materia di lavoro flessibile; questi,
infatti, oltre ad avere una responsabilità patrimoniale, sono chiamati a rispondere di tali
violazioni anche ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. 165/2001, ai sensi del quale il mancato
raggiungimento degli obiettivi, ovvero l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente,
comportano, ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare, l’impossibilità di
rinnovo dell’incarico dirigenziale nonché, in relazione alla gravità dei casi, la possibilità per
l’amministrazione di revocare l’incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli o
di recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Di tali
violazioni, inoltre, si tiene conto in sede di valutazione dell’operato del dirigente secondo
le disposizioni di legge;
— l’art. 61 che prevede il taglio dei fondi per la retribuzione accessoria, operato anche per
i dirigenti;
— l’art. 74 che prevede il ridimensionamento degli assetti organizzativi esistenti, secondo
principi di efficienza, razionalità ed economicità, operando la riduzione degli uffici
.
210
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Libro Secondo: Diritto amministrativo
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S.
p.
dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale, in misura non inferiore,
rispettivamente, al 20 e al 15 per cento di quelli esistenti;
— l’art. 83 che, nel più ampio quadro di interventi rivolti a garantire una maggiore efficienza
dell’amministrazione finanziaria, al fine di favorire lo scambio di esperienze professionali e amministrative tra le agenzie fiscali attraverso la mobilità dei loro dirigenti generali
di prima fascia, nonché di contribuire al perseguimento della maggiore efficienza e
funzionalità di tali agenzie, prevede che su richiesta nominativa del direttore di un’agenzia
fiscale – il quale è tenuto a indicare l’alternativa fra almeno due incarichi da conferire – il
Ministro dell’economia e delle finanze possa assegnare a tale agenzia il dirigente generale
di prima fascia in servizio presso altra agenzia fiscale, sentito il direttore dell’agenzia presso
la quale è in servizio il dirigente generale richiesto.
In caso di rifiuto ad accettare gli incarichi alternativamente indicati nella richiesta, il dirigente
generale è messo in esubero ai sensi delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 165/2001.
se
B) Lo spoils system
In via generale la locuzione «spoils system» indica la facoltà riconosciuta alla parte politica
vincitrice nella competizione elettorale di collocare persone di fiducia nei posti chiave
dell’apparato burocratico.
©
Es
Essa sintetizza il complesso dei poteri che consentono agli organi politici (Ministro, Consiglio dei Ministri,
Presidente della Regione, Presidente della Provincia e Sindaco) di scegliere, di norma fra soggetti già dipendenti
dell’amministrazione, le figure di vertice (segretari generali, capi dipartimento, direttori generali, segretari comunali
ecc.). Il sistema è generalmente congegnato in modo che i tempi dell’incarico dei prescelti non eccedano la durata
in carica dell’organo politico che li ha designati. Ciò non vuol dire però che, a seguito del cambio di maggioranza
politica, l’amministrazione licenzi questi soggetti: essi sono posti a disposizione per altri incarichi. Solo per quei
soggetti scelti all’esterno dell’amministrazione e assunti a tempo determinato (ad esempio il direttore generale del
Comune) la cessazione dalla carica dell’organo politico segna anche la fine del rapporto di lavoro.
C) Le novità in materia di dirigenza previste dalla legge delega n. 15/2009
op
yr
ig
ht
Sulla disciplina della dirigenza pubblica ha inciso, da ultimo, la legge delega n. 15/2009,
la ratio della quale va ravvisata nella esigenza di conseguire la migliore organizzazione del
lavoro e di assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogate
al pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato. Le
finalità sono quelle di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico e di
favorire il riconoscimento di meriti e demeriti, nonché di rafforzare il principio di
distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le
funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nel rispetto della giurisprudenza costituzionale in materia, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di
incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degli
organi di governo in ambito amministrativo.
I princìpi e criteri direttivi a cui deve attenersi il Governo si sostanziano, ai sensi dell’art. 6 della citata legge
delega:
C
a) nell’affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di soggetto che esercita i poteri del
datore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane;
b) nel prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente, in relazione agli effettivi poteri datoriali, nel
caso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull’efficienza della relativa
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h)
i)
l)
m)
n)
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p.
S.
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ht
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g)
li
f)
se
d)
e)
struttura nonché, all’esito dell’accertamento della predetta responsabilità, il divieto di corrispondergli il
trattamento economico accessorio;
nel prevedere la decadenza dal diritto al trattamento economico accessorio nei confronti del dirigente che, senza
giustificato motivo, non abbia avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti, nei casi in cui
sarebbe stato dovuto;
nel limitare la responsabilità civile dei dirigenti alle ipotesi di dolo e di colpa grave;
nel prevedere sanzioni adeguate per le condotte dei dirigenti, omettano di avviare il procedimento disciplinare
entro i termini di decadenza previsti, ovvero in ordine a tali atti rendano valutazioni irragionevoli o manifestamente infondate;
nel prevedere che l’accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive
pubbliche concorsuali per una percentuale dei posti;
nel prevedere, inoltre, che il conferimento dell’incarico dirigenziale generale ai vincitori delle procedure
selettive appena citate sia subordinato al compimento di un periodo di formazione, non inferiore a sei mesi,
presso uffici amministrativi di uno Stato dell’Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale;
nel ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, nonché nel ridefinire,
altresì, la disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazione
e ai dirigenti non appartenenti ai ruoli;
nel ridefinire e ampliare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le competenze e la struttura del
Comitato dei garanti, ex art. 22 D.Lgs. 165/2001;
nel valorizzare le eccellenze nel raggiungimento degli obiettivi fissati mediante erogazione mirata del
trattamento economico accessorio ad un numero limitato di dirigenti nell’ambito delle singole strutture;
nel rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e rafforzarne l’autonomia rispetto alle
organizzazioni rappresentative dei lavoratori e all’autorità politica;
nel semplificare la disciplina della mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni;
nel promuovere la mobilità professionale e intercompartimentale dei dirigenti, con particolare riferimento al
personale dirigenziale appartenente a ruoli che presentano situazioni di esubero;
nel prevedere che, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la componente della retribuzione legata
al risultato sia fissata, nel medio periodo, per i dirigenti in una misura non inferiore al 30 per cento della
retribuzione complessiva, fatta eccezione per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale;
nello stabilire il divieto di corrispondere l’indennità di risultato ai dirigenti qualora le amministrazioni di
appartenenza, decorso il periodo transitorio fissato dagli emanandi decreti legislativi, non abbiano predisposto
sistemi di valutazione dei risultati coerenti con i principi contenuti nella stessa legge.
Es
c)
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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego
8. ACCESSO AL PUBBLICO IMPIEGO
ig
A) Profili costituzionali
yr
L’art. 97 Cost. prevede che agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, salvi i casi
stabiliti dalla legge.
Tale norma costituzionale è diretta all’assicurazione dell’imparzialità e della efficienza
dell’azione amministrativa, in quanto il meccanismo concorsuale dovrebbe tendenzialmente
garantire la selezione di personale qualificato.
op
B) Accesso tramite procedure selettive
C
L’art. 35 D.Lgs. 165/2001 prevede che l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni
avviene attraverso procedure selettive volte all’accertamento della professionalità richiesta,
che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno (non è esclusa, quindi, la selezione
interna che tenga conto dello sviluppo professionale raggiunto dal dipendente attraverso
adeguati processi formativi).
.
212
A
Libro Secondo: Diritto amministrativo
p.
C) Accesso mediante procedure non selettive
S.
Per le qualifiche e i profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo
l’assunzione avviene mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi
della legislazione vigente, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
br
i
In tema di collocamento obbligatorio dei lavoratori è intervenuta la L. 12 marzo 1999, n. 68, che ha come
finalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili (cd. categorie protette)
nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato.
Le assunzioni dei soggetti appartenenti alle categorie protette sono effettuate mediante avviamento per mezzo
dei servizi di collocamento, o mediante convenzioni con appositi organismi. I lavoratori disabili hanno diritto alla
riserva dei posti messi a concorso.
D) Requisiti per l’ammissione all’impiego
se
li
I requisiti generali di accesso e le modalità concorsuali sono stati fissati dal D.P.R. 487/
1994. Tale regolamento trova ancora applicazione per le parti non incompatibili con quanto
previsto dall’art. 35, D.Lgs.165/2001, salva la facoltà delle singole amministrazioni di regolare
diversamente la materia nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.
ht
©
Es
I requisiti generali, ex art. 2 D.P.R. 487/1994 sono:
a) cittadinanza italiana: tale requisito non è richiesto per i soggetti appartenenti all’Unione
Europea;
b) età non inferiore a 18 anni senza limiti di età, salvo le deroghe dettate dai regolamenti delle
singole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’amministrazione;
c) idoneità fisica all’impiego: l’amministrazione ha facoltà di sottoporre a visita medica di
controllo i vincitori di concorsi;
d) godimento dei diritti politici: non possono accedere agli impieghi coloro che sono esclusi
dall’elettorato politico attivo o coloro che siano stati destituiti dall’impiego presso una P.A.;
e) titolo di studio: varia a seconda del contenuto della prestazione lavorativa richiesta;
ig
A partire dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso dovranno prevedere l’accertamento della conoscenza dell’uso
delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera (vedi art. 37
D.Lgs. 165/2001).
op
yr
Una volta assunto, il dipendente è soggetto ad un periodo di prova che oscilla dai due ai
quattro mesi.
Se il periodo di prova termina senza che nessuna delle parti receda (il periodo di prova si
caratterizza proprio in quanto, decorso metà di detto periodo, ciascuna delle parti può recedere
dal rapporto in qualsiasi momento e senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del
preavviso), il dipendente si intende confermato in servizio con il riconoscimento dell’anzianità
dal giorno dell’assunzione a tutti gli effetti.
C
Secondo quanto stabilito dal comma 5bis dell’art. 35 D.Lgs. 165/2001 (aggiunto dalla legge finanziaria per il
2006) «I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a
5 anni» precisando che si tratta di una disposizione che non può essere derogata dai contratti collettivi nazionali.
La L. 15/2009 ha esteso l’obbligo di permanenza per almeno un quinquennio nella sede della prima
destinazione anche per i vincitori delle procedure di progressione verticale, considerando titolo preferenziale nelle
medesime procedure di progressione verticale la permanenza nelle sedi carenti di organico.
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213
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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego
p.
9. I DOVERI DELL’IMPIEGATO
br
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S.
Il rapporto di pubblico impiego si configura come rapporto giuridico bilaterale, da cui deriva
la sussistenza di una serie di diritti ed obblighi che gravano sia sul lavoratore che sulla P.A.
In base agli artt. 54 e 55 D.Lgs. 165/2001, la definizione dei doveri del dipendente compete
al codice di comportamento «uniforme» adottato per tutte le amministrazioni dal Dipartimento
della Funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’art. 43,
e ai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, contenenti eventuali
integrazioni e specificazioni al codice generale resesi necessarie in seguito a verifica di
applicabilità. Il codice di comportamento viene recepito in allegato ai contratti collettivi e
coordinato con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.
Es
se
li
I doveri del dipendente, meglio definiti obblighi per i lavoratori cd. privatizzati, sono
comunque, principalmente riconducibili principalmente ad alcune norme della Costituzione e
del codice civile. Tra questi devono essere ricordati:
— il dovere di fedeltà alla Repubblica (art. 51 Cost.);
— il dovere di imparzialità e il principio di buon andamento (art. 97 Cost.);
— il dovere di diligenza, quello di obbedienza e quello di fedeltà (sanciti negli artt. 2104 e 2105
del codice civile).
10. IL MOBBING
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Una tematica strettamente connessa coi doveri di correttezza verso l’ufficio e verso i colleghi, in quanto ne
rappresenta l’esatto opposto, è quella del cd. mobbing, traducibile dall’inglese to mob come assalto di un gruppo
ad un individuo, ai fini della sua espulsione dallo stesso.
Si tratta di una forma di forte pressione psicologica o anche fisica, esercitata nel luogo di lavoro da colleghi, datori
di lavoro, o diretti superiori mediante maltrattamenti verbali o vari altri atteggiamenti; esso si sostanzia pertanto in
un abuso di potere ripetuto, che causa nell’aggredito sentimenti di angoscia e umiliazione, così diventando per lui
causa di stress.
Il mobbing può consistere o nella semplice emarginazione, o nella diffusione di menzogne, o in continue critiche,
o ancora nella sistematica persecuzione, nell’assegnazione di compiti dequalificanti, nella compromissione
dell’immagine sociale sul posto di lavoro e perfino nel boicottaggio del lavoro altrui (ne sono esempi il pregiudizio
delle prospettive di progressione di carriera, l’ingiustificata rimozione da incarichi già affidati, l’omessa comunicazione di informazioni utili allo svolgimento del lavoro, la minimizzazione dei risultati ottenuti). Il tutto al fine di
emarginare il mobbizzato, di eliminarlo dall’ambiente di lavoro distruggendolo sotto gli aspetti psicologico e sociale
sì da provocarne il licenziamento, le dimissioni o il trasferimento.
Gli elementi che caratterizzano la condotta di mobbing sono rappresentati dalla sua protrazione nel tempo
(illecito permanente) e dalla volontà che regge tale comportamento, finalizzato alla persecuzione e all’emarginazione del dipendente (Cass., sez. Lavoro, 9-9-2008, n. 22858).
op
11. I DIRITTI PATRIMONIALI DELL’IMPIEGATO
A) Generalità
C
Ai doveri e alle responsabilità dell’impiegato fanno riscontro una serie di diritti, di diverso
contenuto e consistenza giuridica.
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214
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Libro Secondo: Diritto amministrativo
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I diritti dell’impiegato si possono distinguere a seconda che abbiano un contenuto patrimoniale o non patrimoniale.
I diritti di natura patrimoniale possono distinguersi in due categorie principali:
S.
— i diritti contemporanei al rapporto d’impiego e limitati alla durata di questo;
— i diritti che, pur avendo causa nel rapporto d’impiego, sono ad esso successivi e ne presuppongono la cessazione.
B) La retribuzione: regime giuridico
li
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Fra i diritti patrimoniali degli impiegati dello Stato, il più importante è quello allo stipendio.
Lo stipendio è una prestazione periodica in denaro cui la P.A. è tenuta verso i propri dipendenti,
come corrispettivo del servizio prestato; ha senz’altro un carattere retributivo e quindi va
commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dall’impiegato.
La retribuzione si articola, in genere, in un trattamento fondamentale, comprensivo delle
voci a carattere fisso e continuativo, e in un trattamento accessorio, costituito da emolumenti
eventuali ed occasionali.
Es
se
Secondo l’art. 25 del CCNL integrativo Ministeri del 2001 (rubricato «Retribuzione e sue definizioni»), la
retribuzione è corrisposta mensilmente, salvo quelle voci del trattamento economico accessorio per le quali la
contrattazione integrativa nazionale di amministrazione prevede diverse modalità temporali di erogazione.
La L. 4-3-2009, n. 15, prevede che dovranno essere introdotti nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni concreti strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e della
qualità della prestazione lavorativa, secondo le modalità attuative stabilite dalla contrattazione collettiva; inoltre,
dovranno essere stabilite percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa misurazione
del contributo e del rendimento del singolo dipendente pubblico.
A) Il diritto all’ufficio
©
12. I DIRITTI NON PATRIMONIALI
ht
Il diritto all’ufficio, come diritto alla permanenza nel rapporto di lavoro, non comporta un diritto assoluto ed
incondizionato di rimanere in servizio, ma comporta la pretesa da parte dell’impiegato di non essere rimosso
dall’impiego, se non nelle ipotesi e con le garanzie stabilite dalla legge (art. 31 D.P.R. 3/1957 e artt. 33-34 D.Lgs.
165/2001) e dalla contrattazione collettiva (art. 28quater, CCNL Ministeri per il periodo 1994-1997).
ig
B) Il diritto alla funzione
Il diritto alla funzione consiste nel diritto all’esercizio delle funzioni inerenti alla propria qualifica.
In base a quanto dispone l’art. 52 D.Lgs. 165/2001, il prestatore di lavoro può essere adibito:
op
yr
— alle mansioni per le quali è stato assunto;
— alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti
collettivi;
— alle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore purché quest’ultima sia stata successivamente acquisita per
effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive.
C) Diritto al trasferimento
C
Si tratta di un diritto solo in pochi casi espressamente previsti, come in caso di riavvicinamento ad un familiare
portatore di handicap (art. 33 L. 104/1992), e sempre che ci sia un posto vacante nella sede più vicina allo stesso.
In tutti gli altri casi si tratta solo di un interesse legittimo.
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215
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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego
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13. MOBILITÀ NEL PUBBLICO IMPIEGO
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S.
La riorganizzazione, intervenuta negli ultimi anni, in materia di pubblico impiego ha portato
anche alla ridefinizione della disciplina in materia di mobilità del personale dipendente.
In particolare, il D.Lgs. 165/2001, all’art. 30 comma 1 (come modificato dalla L. 246/2005
di semplificazione annuale), prevede che le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti
in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa
qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il
trasferimento è disposto previo consenso dell’amministrazione di appartenenza.
br
Detto trasferimento, a sua volta, potrà avvenire sia all’interno dello stesso comparto, qualora sia necessario
ricoprire posti vacanti in organico, che nell’ambito di comparti differenti, quando vi sia la necessità di disporre di
un lavoratore in possesso di specifiche professionalità.
Es
se
li
Gli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 165/2001 disciplinano, invece, la mobilità collettiva, procedura
che si attiva nel momento in cui le amministrazioni pubbliche rilevino eccedenze di personale
(l’eccedenza rilevata deve riguardare dieci dipendenti almeno, numero che si intende raggiunto
anche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nel corso di un anno) e che si conclude con
la collocazione in disponibilità del personale che non sia possibile impiegare diversamente
nell’ambito della stessa amministrazione e che non sia possibile ricollocare presso altre
amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa sede che ne consentirebbe la ricollocazione.
Inoltre, le amministrazioni, prima di procedere a nuove assunzioni, sono tenute a comunicare gli estremi dei
concorsi che intendono bandire alle autorità preposte alla gestione delle procedure di mobilità collettiva, per verificare
l’eventuale esistenza di lavoratori pubblici in disponibilità (art. 34bis del D.Lgs. 165/2001, introdotto dalla L. 3/2003).
ig
ht
©
La L. 24-12-2007, n. 244 (Finanziaria 2008), ai commi 124-130 dell’art. 3, ha, infine,
adottato misure straordinarie in materia di mobilità, allo scopo di razionalizzare la ricollocazione di dipendenti pubblici in esubero. Le disposizioni prevedono, a tal fine, che la Presidenza
del Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’economia possono autorizzare, per il biennio
2008-2009, la stipulazione di accordi di mobilità, anche intercompartimentale, volti alla
ricollocazione del personale presso uffici con rilevante carenza di organico. Per agevolare
l’incontro tra domanda e offerta di mobilità sarà istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, una banca dati informatica.
op
yr
Anche il CCNL Ministeri 2006-2009, all’art. 26, ha prescritto, al fine di favorire l’attuazione della mobilità, la
costituzione di un sistema di incontro tra la domanda di amministrazioni con carenza di personale e l’offerta dei
dipendenti che intendono cambiare collocazione; è proprio in tale ottica che ciascuna amministrazione si dovrà
dotare di una banca dati nella quale saranno individuate le vacanze organiche dell’amministrazione stessa, distinte
per sede di destinazione, area e profilo, nonché con l’indicazione, se necessario, delle relative funzioni e delle
specifiche idoneità richieste.
Ulteriore forma di mobilità è quella prevista dal nuovo art. 23bis, D.Lgs. 165/2001 (rubricato disposizioni in
materia di mobilità tra pubblico e privato), che realizza una ipotesi di aspettativa presso l’amministrazione di
provenienza.
C
Va segnalato, ancora, che l’art. 18 D.L. 112/2008, conv. con L. 133/2008, detta criteri e
modalità di reclutamento del personale delle società pubbliche.
La L. 15/2009 ha disposto, all’art. 3, che, allo scopo di ridurre il ricorso a contratti di lavoro
a termine, a consulenze e a collaborazioni, i decreti delegati di riordino da essa previsti
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Libro Secondo: Diritto amministrativo
S.
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dovranno contenere disposizioni dirette ad agevolare i processi di mobilità, anche volontaria,
finalizzati a garantire lo svolgimento delle funzioni pubbliche di competenza da parte delle
amministrazioni che presentino carenza di organico. Ciò al fine di una più razionale distribuzione delle risorse umane, utilizzando il personale appartenente ai ruoli di altre amministrazioni
ed evitando nel contempo ulteriori spese e la formazione di precariato.
br
i
Inoltre, ha previsto, al fine di favorire i processi di mobilità intercompartimentale del personale delle pubbliche
amministrazioni, la fissazione di criteri per la definizione mediante regolamento di una tabella di comparazione fra i
livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione.
Infine, ha statuito (art. 6) che verrà favorita la mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti.
14. DIRITTI SINDACALI: LA REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE
Es
se
li
L’art. 28 della L. 20-5-1970, n. 300 (cd. Statuto dei lavoratori) contempla una forma di tutela avente carattere
cautelare e sommario, a salvaguardia del libero esercizio dell’attività sindacale e del diritto di sciopero. Tale previsione
consente agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali di categoria di far valere, in sede giurisdizionale,
l’eventuale lesione, ad opera del datore di lavoro, degli interessi collettivi dei quali esse sono portatrici.
Le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 28
dello Statuto dei lavoratori, sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro (ad eccezione dei
settori esclusi dalla privatizzazione, che restano devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo).
15. RESPONSABILITÀ DELL’IMPIEGATO
A) Le responsabilità dei pubblici dipendenti
yr
ig
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©
La responsabilità dell’impiegato per l’inosservanza di norme giuridiche può essere: penale,
civile, amministrativa (nelle sue due articolazioni di responsabilità disciplinare e contabile).
Si ha responsabilità penale quando la tragressione dei doveri di ufficio, da parte dell’impiegato, assume il carattere di violazione dell’ordine giuridico generale e si concreta nella
figura del reato (es. abuso e omissione di atti d’ufficio, concussione, corruzione etc.).
Si ha responsabilità civile quando dalla trasgressione dei doveri d’ufficio derivi un danno
per l’ente pubblico (cd. responsabilità patrimoniale). Essa discende dai principi generali
della materia ed ha carattere contrattuale (SANDULLI). La sanzione di essa consiste nell’obbligo di risarcire il danno (sempre che vi sia dolo o colpa).
Si ha responsabilità amministrativa quando l’inosservanza dolosa o colposa degli
obblighi di servizio comporti un danno patrimoniale all’amministrazione.
op
In tale forma di responsabilità si inquadra anche la responsabilità contabile, che emerge in caso di violazioni
di norme sui procedimenti di spesa e sulla custodia del danaro pubblico da parte di chi ne sia abilitato (e tenuto) al
maneggio. I relativi giudizi di responsabilità sono affidati esclusivamente alle sezioni giurisdizionali (territorialmente competenti) della Corte dei conti.
Data la diversa causa, le tre forme di responsabilità possono agire congiuntamente nei riguardi della stessa
persona, ancorché unica sia la trasgressione da questa commessa.
C
B) La responsabilità disciplinare
Anche la materia della responsabilità disciplinare, antecedentemente enucleata dal T.U. 3/
1957, è stata coinvolta dalla riforma sul pubblico impiego.
.
217
A
Capitolo Sesto: Il pubblico impiego
se
Tra i princìpi e i criteri direttivi ricordiamo, in particolare:
li
br
i
S.
p.
La responsabilità disciplinare deriva dalla violazione dei doveri inerenti al rapporto
d’impiego. Al fine di integrare un illecito disciplinare occorre un’azione od omissione,
compiuta in violazione di legge, di regolamento o di contratto e, in particolare, dei doveri
previsti da quest’ultimo.
In particolare, l’art. 55 T.U. pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) dopo aver disposto, al
comma 2, che ai dipendenti presso le pubbliche amministrazioni soggette al processo di
privatizzazione si applicano le disposizioni dettate dall’art. 2106 c.c., in tema di violazione del
dovere di diligenza e dell’obbligo di fedeltà, e dall’art. 7, commi 1 (affissione in luogo
accessibile a tutti i dipendenti delle norme disciplinari), 5 (decorso del termine di 5 gg. dalla
contestazione scritta del fatto per l’applicazione di sanzioni disciplinari più gravi del rimprovero orale) ed 8 (perenzione di tutti gli effetti delle sanzioni disciplinari trascorsi due anni dalla
loro applicazione) della L. 300/70, statuisce che la tipologia delle infrazioni e delle relative
sanzioni possono essere definite dai contratti collettivi.
La legge 4 marzo 2009, n. 15, ha dettato, tra l’altro, princìpi e criteri in materia di sanzioni
disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici.
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Es
— semplificare le fasi dei procedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quelli per le infrazioni di
minore gravità;
— prevedere che il procedimento disciplinare possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimento penale;
— definire la tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l’irrogazione della sanzione
disciplinare del licenziamento;
— prevedere meccanismi rigorosi per l’esercizio dei controlli medici durante il periodo di assenza per malattia
del dipendente, nonché la responsabilità disciplinare e, se pubblico dipendente, il licenziamento per giusta causa
del medico, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero
vìoli i canoni di diligenza professionale nell’accertamento della patologia;
— prevedere, a carico del dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale, nonché
del danno all’immagine subito dall’amministrazione;
— prevedere procedure e modalità per il collocamento a disposizione ed il licenziamento del personale che abbia
arrecato grave danno al normale funzionamento degli uffici di appartenenza per inefficienza o incompetenza
professionale;
— ampliare i poteri disciplinari assegnati al dirigente;
— prevedere l’equipollenza tra la affissione del codice disciplinare all’ingresso della sede di lavoro e la sua
pubblicazione nel sito web dell’amministrazione;
— prevedere l’obbligo, per il personale a contatto con il pubblico, di indossare un cartellino identificativo ovvero
di esporre sulla scrivania una targa indicante nome e cognome.
yr
16. LE FORME FLESSIBILI DI IMPIEGO PRESSO LA P.A.
C
op
I cardini della disciplina normativa della flessibilità del lavoro pubblico sono due. Un primo
si rinviene nell’art. 36 D.Lgs. 165/2001, così come modificato dal D.L. 112/2008, conv. in L.
133/2008, norma che — dopo aver sancito, al comma 1, l’obbligo della P.A. di assumere
esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato per le esigenze
connesse con il proprio fabbisogno ordinario — prevede la possibilità per le pubbliche
amministrazioni di avvalersi, per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali, delle
stesse forme contrattuali flessibili di assunzione e impiego del personale previste per il settore
.
218
A
Libro Secondo: Diritto amministrativo
i
S.
p.
privato (flessibilità cd. tipologica) nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. I
contratti in questione — tempo determinato, part-time, contratti formativi, job sharing e lavoro
interinale — sono caratterizzati da elementi che incidono sulla durata e stabilità del rapporto,
derogando ad alcuni aspetti fondamentali del tradizionale contratto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato, di cui all’art. 2094 c.c.
Al fine di evitare abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, le amministrazioni, nell’ambito
delle rispettive procedure, rispettano principi di imparzialità e trasparenza e non possono
ricorrere all’utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di
servizio superiori al triennio nell’arco dell’ultimo quinquennio.
se
li
br
Le amministrazioni sono tenute a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,
le convenzioni concernenti l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili.
In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da
parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione
di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei
confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
Es
L’altro cardine normativo è poi rappresentato dall’art. 4, comma 1, L. 191/98, relativo al
telelavoro, ossia la prestazione di lavoro svolta con moderni strumenti informatici e telematici
al di fuori dei locali dell’ente o azienda, ma ad essi funzionalmente collegata. In questo caso
la flessibilità non investe la tipologia contrattuale ma una particolare modalità di svolgimento
della prestazione (flessibilità cd. tecnico-organizzativa).
C
op
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Ancora, il part-time appare ormai istituto consolidato nel settore pubblico. Inoltre il D.Lgs. 61/2000
(successivamente modificato dal D.Lgs. 100/2001) ha favorito l’ampliamento dell’istituto nel settore pubblico e
privato, prevedendone diverse tipologie.
Il D.Lgs. 276/2003 (cd. Riforma Biagi), ha introdotto formalmente e disciplinato diverse forme di lavoro
flessibile, con la finalità di agevolare l’inserimento di un numero più ampio di giovani nel mondo del lavoro; fra le
nuove tipologie contrattuali rientrano il job sharing e il job splitting.
Il job sharing, detto anche lavoro ripartito, è una forma di lavoro caratterizzata dalla flessibilità del tempo di
lavoro e dalla condivisione, con responsabilità solidale, da parte di due o più persone del medesimo rapporto di lavoro
subordinato, corrispondente ad un posto di lavoro a tempo pieno.
L’unicità dell’obbligazione lavorativa e la responsabilità solidale dei lavoratori valgono a distinguere il job
sharing dal cd. job splitting che realizza, invece, una mera suddivisione di un posto di lavoro a tempo pieno in due
posti di lavoro a tempo parziale, corrispondente a due distinte e autonome obbligazioni lavorative relative a due
rapporti giuridici totalmente indipendenti tra loro. Altra figura è quella del cd. flexi-time o tempo flessibile che
rappresenta semplicemente una diversa articolazione dell’orario di lavoro.
Per quanto riguarda i contratti formativi, la disciplina privatistica del contratto di formazione e lavoro va
considerata generalmente applicabile anche ai rapporti con le pubbliche amministrazioni; queste, d’altronde,
cominciano ad interessarsi anche alle possibilità offerte dai tirocini formativi (stage).
Accanto agli sviluppi finora trattati cresce anche l’attenzione rivolta sul versante del lavoro pubblico all’istituto
del lavoro interinale, o somministrazione di lavoro. Si tratta di una tipologia contrattuale applicabile alle pubbliche
amministrazioni.
Va poi rilevato che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori,
da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.
Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione
di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei
confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego
S.
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Accanto alle citate forme di lavoro flessibile, il legislatore ha disciplinato il ricorso, da parte della P.A., agli
incarichi individuali esterni, affidati a soggetti non facenti parte del personale in servizio. L’art. 7, comma 6, del
D.Lgs. 165/2001, come sostituito dall’art. 46 del D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008, prevede espressamente tale
ipotesi, stabilendo che la natura di tali contratti è «occasionale o coordinata e continuativa» e che gli stessi incarichi
possono essere affidati, per esigenze non fronteggiabili con il personale in servizio, «ad esperti di particolare e
comprovata specializzazione, anche universitaria».
Condizioni legittimanti il ricorso a tali contratti di lavoro sono che:
br
i
a) l’oggetto della prestazione corrisponda alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione
conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e risulti coerente con le esigenze di funzionalità
dell’amministrazione stessa;
b) l’amministrazione abbia preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane
disponibili al suo interno;
c) la prestazione abbia natura temporanea e sia altamente qualificata;
d) siano preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
se
li
La legge delega n. 15/2009, all’art. 3, ha previsto che, al fine di ridurre il ricorso a contratti di lavoro a termine,
a consulenze e collaborazioni, siano emanate disposizioni dirette ad agevolare i processi di mobilità, anche
volontaria, finalizzati a garantire lo svolgimento delle funzioni pubbliche da parte delle amministrazioni che
presentino carenza di organico.
17. MODIFICAZIONI DEL RAPPORTO DI IMPIEGO
Es
Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è un rapporto di lunga
durata ed è, quindi, destinato a subire nel corso del tempo modificazioni che possono investire
sia i soggetti del rapporto (modificazioni soggettive) che i suoi contenuti (modificazioni
oggettive).
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Può verificarsi una modificazione del contenuto del diritto patrimoniale (progressione economica) o della
prestazione lavorativa (mutamento di mansioni) del dipendente. Si tratta in questo caso di evoluzioni fisiologiche
e necessarie. Possono però verificarsi anche ulteriori modificazioni del rapporto che implicano la sospensione
dell’obbligo della prestazione lavorativa (aspettativa e collocamento in disponibilità), il mutamento di sede
(mobilità), la successione tra datori di lavoro, la fruizione della prestazione lavorativa da parte di soggetto diverso
dal datore di lavoro (comando, distacco, collocamento fuori ruolo, temporaneo servizio all’estero).
Sicuramente esclusa è, invece, una modificazione del rapporto che interessi il dipendente, stante il carattere
strettamente personale del rapporto di lavoro.
yr
ig
a) Successione di enti nel pubblico impiego
Nella P.A. possono verificarsi mutamenti organizzativi che implicano il trasferimento di
compiti e funzioni da un’amministrazione all’altra o anche a soggetti privati.
L’art. 34 D.Lgs. 29/1993, così come modificato dal D.Lgs. 80/1998, ora confluito nell’art. 31 D.Lgs. 165/2001
estende, nel caso di trasferimento o conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro
aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, l’articolo 2112 c.c., che disciplina il trasferimento d’azienda.
op
b) Aspettativa e collocamento in disponibilità
Sia l’aspettativa che il collocamento in disponibilità comportano la sospensione dell’obbligo della prestazione lavorativa.
L’aspettativa può essere concessa per varie cause:
C
— per servizio militare;
— per comprovati motivi personali o di famiglia;
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220
A
per mandato parlamentare;
per mandato amministrativo;
per mandato sindacale;
per svolgere attività presso soggetti o organismi pubblici o privati, anche operanti nel settore internazionale.
p.
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Libro Secondo: Diritto amministrativo
S.
Si ricordi che non si configura più l’istituto dell’aspettativa nell’ipotesi di malattia o di infortunio sul lavoro bensì
quello dell’assenza per malattia, che in ogni caso presenta caratteri assimilabili alla prima.
Il collocamento in disponibilità può essere attivato a seguito di conclusione infruttuosa della procedura di
mobilità collettiva, oppure immediatamente in caso di eccedenze per un numero inferiore a 10 unità.
br
i
c) Comando, distacco, collocamento fuori ruolo e temporaneo servizio all’estero
Il comando trova la sua disciplina nell’art. 56 D.P.R. 3/1957 e si configura nell’ipotesi in
cui il dipendente viene chiamato a prestare servizio presso amministrazione statale diversa da
quella d’appartenenza o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza dell’amministrazione cui l’impiegato appartiene.
se
— per riconosciute esigenze di servizio;
— quando sia richiesta una speciale competenza.
li
Il comando è un istituto eccezionale e può essere disposto per un periodo determinato quando sussiste uno dei
seguenti presupposti:
Il provvedimento di comando non comporta la modificazione dello stato giuridico del dipendente, ma solo
l’obbligo per il dipendente di svolgere la propria prestazione lavorativa nell’interesse e sotto la direzione
dell’amministrazione destinataria.
Es
Il distacco è un istituto introdotto dalla prassi amministrativa e riguarda gli enti diversi dallo
Stato.
Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per disimpegno di funzioni dello Stato o
di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell’amministrazione che lo dispone e che non
rientrino nei suoi compiti istituzionali.
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Il D.Lgs. 387/1998, nell’ottica di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, prevede
anche la possibilità, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d’intesa
con il Ministero degli affari esteri ed il Dipartimento della Funzione pubblica, di destinare pubblici dipendenti a
prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell’Unione europea, degli
Stati candidati all’adesione e di altri Stati con cui l’Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli
organismi dell’Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l’Italia aderisce (temporaneo servizio
all’estero).
Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione
o essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall’Unione europea o da
una organizzazione o ente internazionale.
Il personale che presta temporaneo servizio all’estero resta a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione di
appartenenza e l’esperienza maturata all’estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati.
op
18. ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI IMPIEGO
Le vicende estintive del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni sono regolate da
varie fonti di disciplina per cui si hanno:
a) disciplina pattizia
C
La cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ha luogo:
— licenziamento (con o senza preavviso) disciplinare;
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221
compimento del limite di età, ai sensi delle norme di legge in vigore;
dimissioni del dipendente;
decesso del dipendente;
superamento del periodo di comporto in caso di malattia.
p.
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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego
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Altre ipotesi di risoluzione previste dal contratto collettivo sono quella consequenziale all’annullamento della
procedura di reclutamento e la dispensa dal servizio per inidoneità fisica e psichica;
b) disciplina pubblicistica
Residuano dalle vecchie previsioni, contenute nel testo unico degli impiegati civili dello Stato, le seguenti ipotesi
di decadenza dall’impiego:
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— per perdita della cittadinanza italiana (art. 127, comma 1, lett. a), D.P.R. 3/1957);
— per avvenuta accettazione di una missione o altro incarico da un’autorità straniera senza autorizzazione
del Ministro competente (art. 127, comma 1, lett. b), D.P.R. 3/1957);
— per mancata cessazione della situazione di incompatibilità tra obblighi di servizio e attività svolte dal
dipendente, nonostante la diffida ricevuta (art. 63 D.P.R. 3/1957, espressamente richiamato dall’art. 53
D.Lgs. 165/2001);
li
c) disciplina privatistica
In particolare, è ammissibile il licenziamento:
se
In base all’espresso richiamo all’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 sono estensibili ai rapporti di pubblico
impiego le norme del codice civile e delle leggi speciali sul lavoro nell’impresa.
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— per giusta causa (art. 2119 c.c.);
— per giustificato motivo soggettivo (art. 3 L. 604/1966);
— per giustificato motivo oggettivo (art. 3 L. 604/1996).
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Quest’ultima ipotesi nel pubblico impiego è disciplinata dagli artt. 33-34 D.Lgs. 165/2001 con una normativa
specifica.
L’inadempimento degli obblighi contrattuali può, invece, causare il licenziamento disciplinare del dipendente.
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