SENTIMENT/ADVERTISING IL RUOLO DELLE EMOZIONI NELLA PERSUASIONE PUBBLICITARIA Francesca Romana Puggelli Docente di Psicologia Sociale, Università Cattolica, Milano La presente bibliografia ha lo scopo di offrire una panoramica sull’uso persuasivo delle emozioni in pubblicità. In particolar modo si focalizza sull’uso dell’emozioni nel messaggio pubblicitario e sul nel contesto in cui viene inserito. Libri in italiano Fontana, A., Sassoon, J., Soranzo, R. (2011). Marketing narrativo. Usare lo storytelling nel marketing contemporaneo. FrancoAngeli. Le reazioni emotive agli spot pubblicitari sono state misurate sia attraverso le reazioni psicofisiologiche esteriori (le stesse misurate dal poligrafo, la cosiddetta “macchina della verità”), sia attraverso più sofisticate tecniche di neuro-imaging (es.: risonanza magnetica funzionale, che mostra secondo per secondo l’attivazione delle diverse aree del cervello associate alle emozioni e alla memoria). È emerso che non basta posizionare stimoli emotigeni durante uno spot per ottenere l’effetto sperato: il timing è fondamentale perché le reazioni emotive più positive e piacevoli devono essere attivate al termine dello spot, in corrispondenza dell’esposizione del brand. In questo modo l’emozione principale che si vuole suscitare, quella che verrà riattivata al momento della scelta d’acquisto (es. piacevolezza, eccitazione, comfort ecc…), sarà associata nella memoria degli spettatori direttamente al prodotto o al brand, e non allo spot in sé come capita in molti casi. Lombardi, M. (2010). La creatività in pubblicità. FrancoAngeli. 1 Attraverso una serie di esempi storici di pubblicità realizzate dalle principali agenzie, viene discussa la distinzione tradizionale tra approccio razionale ed emotivo in pubblicità. Esistono diverse alternative per l’uso delle emozioni in pubblicità: possono affiancare un messaggio cha fa leva su argomentazioni razionali, dando una “coloritura” emotiva che aiuta gli spettatori a ricordare il messaggio; possono altrimenti essere usate creativamente per creare un legame emotivo con il brand, scavalcando il messaggio tradizionale. In questo caso le risorse a disposizione della pubblicità non sono più limitate allo spot stesso, ma possono essere attinte dal bagaglio di motivazioni e valori degli spettatori, che vengono mobilitati a sostegno dell’intenzione di acquisto di un prodotto (da “Compro perché mi offre qualcosa” a “Compro perché mi fa sentire in un certo modo”). Pasquini, A. (2008). Empathic selling. FrancoAngeli Le emozioni sono un sistema neurofisiologico sofisticato frutto di milioni di anni di evoluzione, la cui funzione primaria era (ed è tuttora) mantenerci in vita e permetterci di affrontare in maniera efficace e sicura l’ambiente che ci circonda. Per questo anche la decisione di acquistare o meno un prodotto, per quanto basata su considerazioni razionali, avrà a che fare con le emozioni. In che modo questo legame tra pensiero e emozioni può essere usato a nostro beneficio? Citando la psicologa americana Barbara Fredrickson, le emozioni positive non solo ci fanno sentire contenti, ma influenzano il nostro stile di pensiero, attivando associazioni di idee e promuovendo la considerazione di alternative di pensiero e di comportamento. Anche alcune emozioni negative possono giocare un ruolo utile, quando spingono lo spettatore a riflettere in maniera più distaccata e analitica. Ambrosio, G. (a cura di) (2005). Le nuove terre della pubblicità. Meltemi. Viene presentata una panoramica sulle tecniche più innovative nel marketing pubblicitario, attraverso le testimonianze di alcuni attori principali italiani e stranieri. Nel capitolo a cura di Daniele Chiolo vengono illustrati i diversi piani sui quali agiscono le emozioni in ambito pubblicitario. La connessione emotiva con un prodotto può essere usata come veicolo per attivare a partire da un semplice input sensoriale l’elaborazione, conscia e inconscia, che spinge il cliente alla decisione di acquistare un prodotto. Viene portato l’esempio del “brand olfattivo”: il semplice odore di un prodotto, di solito usato in epoca infantile (la vanillina contenuta nel Borotalco, la fragranza del legno di cedro delle matite Crayola), definisce permanentemente quel marchio, tanto da poter essere usato per prodotti anche molto diversi, che però verranno istantaneamente riconosciuti come “familiari”. Questo legame si basa su un dato sensoriale, ma il significato che il cliente gli attribuisce deriva dal bagaglio emotivo associato (negli anni) ad esso. Puggelli F.R. (2010). L’occulto del linguaggio, FrancoAngeli. 2 È un testo che analizza il linguaggio pubblicitario e il suo intento persuasivo. L’obiettivo è quello di mostrare come l’ambiguità, che è certamente presente in questa forma comunicativa, non vada demonizzata, quanto piuttosto indagata a fondo, per mostrare in azione i meccanismi persuasivi utilizzati dalla pubblicità in cui l’emozione si sostituisce sempre più spesso all’elaborazione del messaggio. L’obiettivo principale del messaggio pubblicitario non è infatti quello di creare una dimostrazione logica apodittica, quanto piuttosto quello di conquistare l’attenzione e il consenso (emotivo) del destinatario per motivarlo all’acquisto del prodotto. In particolare il secondo capitolo indaga il ruolo delle argomentazioni razionali ed emotive nel processo persuasivo attraverso un excursus che partendo dalla Retorica di Aristotele, analizza brevemente le principali teorie persuasive applicate alla pubblicità. Libri in inglese Ingwer, M. (2012). Empathetic Marketing: How to Satisfy the 6 Core Emotional Needs of Your Customers. MacMillan. L’autore, consulente di marketing strategico, illustra come lo studio dei bisogni emotivi dei potenziali clienti sia la chiave di una campagna pubblicitaria di successo. Alla base del comportamento umano, incluso il comportamento di consumo, c’è una gerarchia di bisogni fondamentali. Questi bisogni muovono le nostre emozioni, che sono in grado di influenzare, spesso in modo inconsapevole, le nostre decisioni. Una campagna pubblicitaria efficace deve anticipare questi bisogni e, se possibile, cercare di soddisfarli, inducendo il potenziale cliente a sentire che il prodotto è proprio “quello che fa per me”, al di là della valutazione razionale sull’acquisto. Vengono presentati numerosi utili esempi di campagne americane e internazionali che hanno sfruttato con successo la ricerca sui bisogni emotivi del pubblico. Hansen, F., Christensen, S.R. (2007). Emotions, Advertising and Consumer Choice. Copenhagen Businness School Press. Gli autori, ricercatori danesi di marketing e business, presentano lo stato dell’arte della ricerca sugli effetti delle emozioni nella persuasione e in pubblicità. Vengono presentate e spiegate le basi teoriche più solide e complete dell’uso di stimoli emotivi all’interno di messaggi persuasivi e degli effetti a breve e a lungo termine dell’associazione tra emozioni e atteggiamenti verso prodotti, brand e pubblicità. Da questa panoramica 3 emerge la possibilità di ulteriori sviluppi applicativi e creativi dell’uso delle emozioni in pubblicità, specialmente a partire da quanto uno dei campi di maggiore sviluppo più recente, la cosiddetta “neuroeconomia” ci dice su come le persone prendono le decisioni e sotto l’influsso di quali fattori. Hill, D. (2010). About Face: The Secrets of Emotionally Effective Advertising. Kogan. L’autore propone un radicale cambio di paradigma nel modo di fare pubblicità efficace: la priorità non deve essere puntare a convincere il cliente, ma puntare a metterlo nelle condizioni (prima di tutto emotive) giuste per scegliere il nostro prodotto. Per fare questo bisogna partire dalla ricerca accurata su come le persone reagiscono agli stimoli che vengono loro posti davanti: le emozioni non seguono necessariamente il “filo logico” che ci si aspetta, ma si basano su associazioni tra sensazioni, pensieri e soprattutto esperienze dei singoli individui. Conoscere come questi collegamenti si attivano, sulla base del messaggio che mandiamo e del background di chi lo riceve, è la chiave per creare una campagna che funziona. Heath, R. (2012). Seducing the Subconscious: The Psychology of Emotional Influence in Advertising. Wiley. Il libro offre una panoramica completa delle principali teorie sulla comunicazione persuasiva (in ambito pubblicitario e non solo) e sul ruolo dei fattori emotivi nella persuasione. Nella seconda parte viene presentato un modello innovativo di “subconscious seduction”, promozione attraverso segnali che viaggiano al di sotto della soglia di consapevolezza, evitando così un ostacolo tradizionalmente difficile da affrontare per la pubblicità: attrarre l’attenzione del pubblico sul messaggio e sul prodotto. I segnali emotigeni vengono processati automaticamente, senza bisogno che il pubblico debba concentrarsi attivamente su di essi. In questo modo, toccando le corde emotive giuste, è possibile influenzare gli atteggiamenti e l’intenzione di acquisto dei potenziali clienti. Van Praet, D. (2012). Unconscious Branding. MacMillan. L’autore presenta, in un’ottica operativa, i risultati delle più importanti ricerche di psicologia sperimentale e di neurofisiologia. A partire da quanto emerge da queste ricerche, viene illustrato come il marketing può essere spinto oltre le tecniche tradizionali, sfruttando i meccanismi cognitivi ed emotivi alla base delle nostre decisioni e del nostro comportamento. Ogni interazione quotidiana (con le altre persone, ma anche con quello che leggiamo o vediamo in televisione) mette in moto processi che sono largamente automatici e inconsci, che infine affiorano alla nostra coscienza sotto forma di emozioni. Suscitare un sorriso, per esempio, attiva i circuiti neurali della fiducia, che favoriscono il 4 rilassamento e la sintonia con il proprio interlocutore. Riconoscere somiglianze nell’aspetto, nel comportamento e nelle preferenze dei nostri interlocutori attiva i cosiddetti neuroni-specchio, alla base dell’empatia. L’obiettivo per una pubblicità efficace deve essere quindi non semplicemente suscitare quelle emozioni, ma stimolare quei processi e indirizzarli in modo da influenzare a proprio favore le decisioni del pubblico. Articoli Soscia, I., Cottarelli, P. (2005). Immaginazione, fantasie e ricordi: quando la pubblicità anticipa le emozioni del consumo. Micro & Macro Marketing, 14, 1-26. http://www.rivisteweb.it/doi/10.1431/19905 L’analisi parte dall’idea che negli ultimi anni i consumatori desiderano sempre più acquistare esperienze piuttosto che beni o servizi. La letteratura evidenzia come emozioni e umore svolgano un ruolo rilevante nell’influenzare i processi cognitivi del consumatore. In questo studio gli autori si concentrano però sul ruolo delle emozioni in una fase meno esplorata dalla letteratura: le emozioni anticipate, cioè le aspettative del consumatore riguardo alle emozioni che il prodotto susciterà se acquistato. In uno studio sperimentale è emerso che l’uso di stimoli emotivi in una pubblicità è in grado di suscitare le stesse emozioni associate all’uso del prodotto (in questo caso un abbonamento a una palestra), consentendo così al potenziale cliente di “assaporarne” in anticipo i benefici dal punto di vista emotivo e inducendolo così all’acquisto. Naspetti, S., Zanoli, R. (2008). Nessi cognitivi ed emotivi nelle decisioni di consumo: il caso dei prodotti biologici. http://www.agr.unipg.it/sidea2006/docdown/Gruppo Bertazzoli/NaspettiZanoli.pdf Viene discussa una prospettiva particolarmente interessante sul ruolo delle emozioni nella decisione di acquisto: l’elaborazione cognitiva delle emozioni suscitate da un prodotto o servizio, che secondo gli autori è alla base dell’esperienza emotiva, che a sua volta spinge il consumatore ad acquistare un prodotto. In uno studio panel è stato chiesto alle persone di immaginare di acquistare frutta biologica, elencando poi le caratteristiche del prodotto 5 che giustificavano l’acquisto e i valori (cioè i benefici finali) derivanti dall’acquisto del prodotto. Nonostante la procedura apparentemente favorisse un’elaborazione razionale della scelta d’acquisto, è emerso che la quantità e il tipo di argomentazioni prodotte dalle persone era determinato da fattori emotivi, come il coinvolgimento nei confronti del prodotto. Yoo, C., & McInnis, D. (2005). The brand attitude formation process of emotional and informational ads. Journal of Business Research, 58, 1397 – 1406. https://msbfile03.usc.edu/digitalmeasures/macinnis/intellcont/brand_attitude051.pdf Secondo la ricerca psicologica sugli effetti delle emozioni in ambito pubblicitario, gli stimoli emotivi possono influenzare l’intenzione d’acquisto in due modi: • Direttamente (Affective transfer): quando una pubblicità suscita emozioni positive, le persone danno un giudizio più positivo anche del prodotto pubblicizzato e quindi saranno più intenzionate ad acquistarlo. • Indirettamente (Cognitive flexibility): le emozioni positive influenzano non il giudizio sul prodotto, ma la credibilità della pubblicità stessa. In questo modo le persone saranno più facilmente disposte a farsi condizionare da quello viene detto nel messaggio pubblicitario. In uno studio sperimentale americano e coreano, è stato verificato che mentre negli spot che fanno uso di appelli razionali l’efficacia dipende dalla forza e dalla credibilità delle argomentazioni usate, quando vengono usati appelli emotivi è la reazione emotiva degli spettatori a determinare il giudizio sullo spot e sul prodotto pubblicizzato. I ricercatori quindi hanno dimostrato che le emozioni possono essere usate per bypassare, o quantomeno “addolcire”, il controllo razionale delle argomentazioni usate per promuovere un prodotto. Lwin, M. (2009). The role of rational and emotional appeals on website promotion, Marketing Insights, Curtin University of Technology. http://espace.library.curtin.edu.au/cgi-bin/espace.pdf?file=/2009/11/24/file_1/131228 In una ricerca australiana è stato analizzato l’uso del richiamo alle emozioni nella pubblicità online di hotel. Sono stati confrontati i siti che facevano uso di appelli razionali (prezzo, servizi) o emotivi (calore, atmosfera). Mostrando i siti a due gruppi diversi di soggetti è emerso che i siti internet che utilizzavano appelli emotivi suscitavano atteggiamenti e aspettative più positivi di quelli che proponevano appelli razionali e informazioni sui servizi. Secondo gli autori, i risultati dimostrano che la pubblicità via 6 internet può essere utilizzata anche da realtà di piccole dimensioni per creare un “tema emotivo”, che attrae i potenziali clienti più di offerte classiche basate sul prezzo o su pacchetti di servizi particolari. Kemp, E., Bui, M., & Chapa, C. (2012). The role of advertising in consumer emotion management. International Journal of Advertising, 31(2), 339-353. http://cba.lmu.edu/media/lmucollegeofbusinessadministration/cbafaculty/facultyres earch/The Role of Advertisign.pdf In una ricerca americana sono stati analizzati gli effetti dell’appello alle emozioni nella pubblicità su una serie di variabili, tra le quali la risposta emotiva alla pubblicità, l’atteggiamento, le razionalizzazioni pre-acquisto (motivazioni che il cliente si dà per giustificare l’acquisto di un prodotto che desidera) e il senso di colpa post-acquisto. L’analisi ha rilevato che la reazione emotiva positiva alla pubblicità mette in moto una serie di processi cognitivi auto-regolatori che hanno la funzione di far convergere emozioni, atteggiamenti e valutazioni razionali a sostegno dell’acquisto. Le motivazioni razionali con le quali le persone spiegano la loro preferenza per un prodotto e il fatto di averlo acquistato, quindi, dipendono da quello che hanno provato precedentemente. Fan, T. K., & Chang, C. H. (2010). Sentiment-oriented contextual advertising. Knowledge and Information Systems, 23(3), 321-344. http://in1.csie.ncu.edu.tw/~chia/pub/SOCA.pdf I ricercatori dell’Università Nazionale di Taiwan propongono un modello matematico per l’applicazione della sentiment analysis al contenuto dei blog e degli altri siti basati su usergenerated content per inserire all’interno dei siti pubblicità contestuali che siano in linea con le emozioni espresse nella pagina. La sintonia tra pubblicità e emozioni prevalenti nella pagina dove la pubblicità viene inserita è cruciale, dato che il rischio di un’assegnazione contestuale basata sulla semplice corrispondenza con parole chiave è che un prodotto venga pubblicizzato in una pagina in cui si parla negativamente di esso, creando un effetto paradossale che ovviamente non favorisce l’intenzione di acquisto del pubblico che visita la pagina. Vengono spiegati gli algoritmi utilizzati per estrarre la sentiment-detection, cioè l’estrazione delle emozioni prevalenti nel testo e la metodologia usata per il sentiment-matching, cioè l’assegnazione di pubblicità congruenti all’emozione prevalente per ciascuna pagina. Successivamente è stato chiesto a degli esperti di valutare individualmente l’accuratezza del sentiment-matching ottenuto con diversi metodi: il metodo Sentiment-oriented contextual advertising (SOCA) proposto dagli autori, il contextual advertising (CA) senza il fattore emotivo e AdSense di Google. I risultati hanno mostrato una percentuale di 7 accuratezza sensibilmente maggiore per il metodo SOCA (67% contro 57% e 52%), particolarmente nel caso di pagine con tono emotivo neutro o negativo, quelle dove il matching è più critico. Ur, B., Leon, P. G., Cranor, L. F., Shay, R., & Wang, Y. (2012). Smart, useful, scary, creepy: perceptions of online behavioral advertising. Proceedings of the Eighth Symposium on Usable Privacy and Security (p. 4). ACM. https://www.cylab.cmu.edu/files/pdfs/tech_reports/CMUCyLab12007.pdf In questa ricerca americana (Carnegie Mellon University, Pittsburgh) viene discussa la percezione che gli utenti hanno del contextual advertising sulle pagine internet. I servizi di pubblicità online possono raccogliere una serie di dati sugli utenti e utilizzarli per inserire pubblicità non solo adatte al contesto della pagina visitata al momento, ma anche alle pagine visitate in passato o alle abitudini dell’utente specifico. I ricercatori si sono posti il quesito di come gli utenti percepiscono questo servizio e se questa percezione può interferire con l’efficacia della pubblicità stessa. Attraverso una serie di interviste semistrutturate, è emerso che la maggior parte degli utenti intervistati era consapevole della presenza di pubblicità contestuali nei siti web che visitava, anche se i meccanismi utilizzati non erano chiari a tutti. La maggior parte degli utenti ha anche espresso preoccupazione per l’uso che le compagnie fanno dei dati raccolti dalla navigazione (cronologia, cookies ecc…), anche se l’atteggiamento generale verso questo tipo di pubblicità non è necessariamente negativo: le pubblicità personalizzate vengono percepite anche come più informative e più utili al potenziale cliente, dato che presentano offerte rilevanti e che colgono più efficacemente i gusti dell’utente. 8