II cap. I giochi gladiatori in età repubblicana.

annuncio pubblicitario
II cap. I giochi gladiatori in età repubblicana.
I testi di Livio e quello di Valerio Massimo testimoniano l’uso ripetuto, durante tutto il periodo
repubblicano, di svolgere i giochi gladiatori; le costanti rispetto al periodo delle origini sono rappresentate
dall’impiego di risorse economiche private per l’allestimento delle manifestazioni e dalla funzione
commemorativa di grandi personaggi: quanto più sono rilevanti le loro imprese, tanto più i familiari del
defunto organizzano giochi imponenti e con grande dispendio economico. I giochi si svolgono nell’area del
Foro Boario (Valerio Massimo) prima, e poi nel Foro (Livio) e non vi sono strutture fisse ad ospitarli, tanto
che può accadere che la pioggia improvvisa costringa ad allestire tende per permettere agli spettatori di
assistere allo spettacolo. I giochi continuano ad essere associati al banchetto funebre e all’elargizione di
pasti .
L’aspetto religioso viene ribadito dal fatto che i giochi gladiatori sono spesso associati a feste di espiazione
o propiziatorie, e si svolgono spesso in concomitanza con altri Ludi (Tauri, Plebei, Romani). Spesso si
ricordano avvenimenti prodigiosi che inducono le autorità (decemviri, pontifex,) a placare le divinità con la
cermonia della supplicazione (preghiera pubblica)o a celebrare un novendiale.
Particolarmente importante é l’accenno ai Ludi Tauri, dopo i quali M. Fulvio Nobiliore sponsorizza i suoi
giochi; si tratta infatti di feste dedicate agli dei Inferi ed erano stati istituiti durante il regno di Tarquinio il
Superbo per scongiurare un’epidemia e avevano quindi valore espiatorio. Si tratta, forse, di una
reminescenza delle antiche cerimonie dei combattimenti gladiatori delle origini.
Marco Fulvio Nobiliore é il primo ad inserire le venationes durante lo spettacolo dei ludi e l’avvenimento é
messo in relazione prima con i Ludi Tauri poi con il novendiale, altra cerimonia a carattere espiatorio,
istituita secondo la tradizione durante il regno di Tullo Ostilio (Livio, I, 31, 1-4). Segue poi l’elenco dei
prodigia.
Anche il riferimento successivo ai Ludi organizzati da Scipione é degno di attenzione: dopo aver subito un
processo il personaggio politico tenta di riconquistare il suo prestigio presso il popolo.
Nel corso del tempo aumentano il numero dei duelli e i giorni di combattimento ma diventa meno
rilevante il rapporto diretto con il funerale vero e proprio.
E’ innegabile che sia la distribuzione di cibo, sia lo spettacolo dei duelli gladiatori dovessero richiamare
molte persone alla celebrazione collettiva della memoria di un defunto importante: siamo nella direzione
della svolta spettacolare e della ricerca di consenso politico da parte delle famiglie più importanti.
Il luogo dei ludi gladiatori continua a essere il Foro .
Valerio Massimo, Factorum et dictorum memorabilium libri, II, 4,7
(I fatti raccontati si riferiscono ad avvenimenti relative al 264 a. C.)
2.4.7 nam gladiatorium munus primum Romae datum est in foro boario App.
Claudio Q. Fuluio consulibus. dederunt Marcus et Decimus filii Bruti <Perae>
funebri memoria patris cineres honorando. athletarum certamen a M. Scauri
tractum est munificentia.
“Il munus gladiatorio fu dato per la prima volta a Roma nel Foro Boario,
durante il consolato di Appio Claudio e Quinto Fulvio. Furono i figli di Bruto
Pera ad istituirli onorando le ceneri del padre con un ricord la memoria del
padre come ricordo del funerale”.
Livio, Ab Urbe condita, XVI periocha
( 264 a.C.)
Decimus Iunius Brutus munus gladiatorium in honorem defuncti patris primus
edidit.
“Decimo Giunio Bruto per primo diede un munus gladiatorio in onore del
padre morto.”
Livio, XXIII, 30, 13-17 (216 a. C.)
Haec eo anno in Italia, in Africa, in Sicilia, in Hispania uario euentu acta. Exitu
anni Q. Fabius Maximus a senatu postulauit ut aedem Veneris Erycinae, quam
dictator uouisset, dedicare liceret. Senatus decreuit ut Ti. Sempronius, consul
designatus, cum [primum magistratum] inisset, ad populum ferret ut Q. Fabium
duumuirum esse iuberent aedis dedicandae causa. Et M. Aemilio Lepido, qui
bis consul augurque fuerat, filii tres, Lucius, Marcus, Quintus, ludos
funebres per triduum et gladiatorum paria duo et uiginti [per triduum] in
foro dederunt. Aediles curules C. Laetorius et Ti. Sempronius Gracchus,
consul designatus, qui in aedilitate magister equitum fuerat, ludos Romanos
fecerunt, qui per triduum instaurati sunt. Plebeii ludi aedilium M. Aurelii Cottae
et M. Claudii Marcelli ter instaurati.
“Sul finire dell’anno (a Roma) Quinto Fabio Massimo chiese al senato il permesso di dedicare un
tempio a Venere Ericina, di cui egli aveva fatto voto quando era dittatore. Il senato decretò che il
console designato Tiberio Sempronio al suo entrare in carica proponesse al popolo di deliberare
l’elezione di Quinto Fabio a duumviro per la dedicazione del tempio. Inoltre in memoria di Marco
Emilio Lepido, che era stato console due volte e augure, i suoi tre figli Lucio, Marco e Quinto
ordinarono ludi funebri nel Foro per tre giorni, con 22 coppie di gladiatori. Furono poi indetti i
Ludi Romani (1) dagli edili curuli Caio Letorio e Tiberio Sempronio, console designato, che
durante l’edilità era stato magister equitum ; i giochi furono ripetuti per tre giorni. Per tre volte
furono rinnovati i Ludi Plebei (2) da parte degli edili M. Aurelio Cotta e M. Claudio Marcello.”
1 Secondo la tradizione, furono istituiti da Tarquinio Prisco.
2 Secondo la tradizione, furono istituiti nel 220 a. C. per celebrare la riconciliazione tra patrizi e
plebei.
Livio, XXXI,50 (200 a. C.)
Annona quoque eo anno pervilis fuit; frumenti vim magnam ex Africa advectam aediles curules M.
Claudius Marcellus et Sex. Aelius Paetus binis aeris in modios populo diviserunt. Et ludos
Romanos magno apparatu fecerunt; diem unum instaurarunt; signa aenea quinque ex multaticio
argento in aerario posuerunt. Plebeii ludi ab aedilibus L. Terentio Massiliota et Cn. Baebio
Tamphilo, qui praetor designatus erat, ter toti instaurati. Et ludi funebres eo anno per
quadriduum in foro mortis causa Valeri Laevini a P. et M. filiis eius facti et munus
gladiatorium datum ab iis; paria quinque et viginti pugnarunt. M. Aurelius Cotta decemvir
sacrorum mortuus: in eius locum M'. Acilius Glabrio suffectus.
“Il prezzo del grano anche in questo anno fu molto basso; gli edili curuli Marco Claudio Marcello
e Sesto Elio Peto divisero tra il popolo la grande quantità di frumento portata dall’Africa al prezzo
di due soldi al moggio. E fecero grandi preparativi per i Ludi Romani; stabilirono che durassero
un solo giorno; e poi posero nell’erario cinque statue di bronzo che provenivano da un’ammenda
di denaro. I Ludi Plebei furono instaurati per tre volte dagli edili curuli Lucio Terenzio Massiliota
e Gneo Bebio Tanfilo, che era stato designato pretore. I giochi funebri furono fatti in questo anno
per quattro giorni nel foro a causa della morte di Marco Valerio Levinio dai suoi figli Marco e
Publio e fu offerto un combattimento di gladiatori da loro; combatterono venticinque coppie.
Marco Aurelio Cotta il decemviro dei sacrifici morì: al suo posto fu nominato Manio Acilio
Gabra”.
Livio,XXXIX,22 (186 a.C.)
Per eos dies, quibus haec ex Hispania nuntiata sunt, ludi Taurii per biduum facti religionis causa.
decem deinde <dies magno> apparatu ludos M. Fuluius, quos uouerat Aetolico bello, fecit.
multi artifices ex Graecia uenerunt honoris eius causa. athletarum quoque certamen tum
primo Romanis spectaculo fuit, et uenatio data leonum et pantherarum, et prope huius saeculi
copia ac uarietate ludicrum celebratum est. nouemdiale deinde sacrum tenuit, quod in Piceno
per triduum lapidibus pluerat, ignesque caelestes multifariam orti adussisse complurium leui adflatu
uestimenta maxime dicebantur. addita et unum diem supplicatio est ex decreto pontificum,
quod aedis Opis in Capitolio de caelo tacta erat. hostiis maioribus consules procurarunt
urbemque lustrauerunt. [sub idem tempus et ex Umbria nuntiatum est semimarem duodecim
ferme annos natum inuentum. id prodigium abominantes arceri Romano agro necarique quam
primum iusserunt. Eodem anno Galli Transalpini transgressi in Uenetiam sine populatione aut bello
haud procul inde, ubi nunc Aquileia est, locum oppido condendo ceperunt. legatis Romanis de ea re
trans Alpes missis responsum est neque profectos ex auctoritate gentis eos, nec quid in Italia
facerent sese scire.] 8 L. Scipio ludos eo tempore, quos bello Antiochi uouisse sese dicebat, ex
collata ad id pecunia ab regibus ciuitatibusque per dies decem fecit. legatum eum post
damnationem et bona uendita missum in Asiam ad dirimenda inter Antiochum et Eumenem
reges certamina Ualerius Antias est auctor: tum collatas ei pecunias congregatosque per Asiam
artifices, et quorum ludorum post bellum, in quo uotos diceret, mentionem non fecisset, de iis post
legationem demum in senatu actum.
“Durante quei giorni (186 a. C.) in cui giunsero queste notizie dalla Spagna si celebravano i
giochi Taurii che duravano due giorni per motivi religiosi. M. Fulvio (1)per dieci giorni con
grande magnificenza celebrò i giochi che aveva promesso in voto durante la guerra etolica (2).
Molti artisti vennero dalla Grecia in suo onore. Per la prima volta i Romani assistettero anche al
combattimento di atleti, e fu data la caccia dei leoni e delle pantere, e si celebrò uno spettacolo
quasi paragonabile per abbondanza e per varietà ai giochi che si tengono in questo periodo. Poi
si tenne un sacro novendiale ( 3), poiché nel Piceno erano piovute dal cielo delle pietre per tre
giorni e si raccontava che in molti luoghi fuochi venuti dal cielo avessero bruciato le vesti di molti
con un semplice soffio. Per decreto dei pontefici fu aggiunto un solo giorno alla supplica, perché
il tempio di Opi sul Campidoglio era stato colpito da un fulmine. I consoli provvidero con vittime
più grandi e purificarono la città. […] 8 In quello stesso tempo L. Scipione fece dare per dieci
giorni dei giochi, (quelli che diceva di aver promesso in voto durante la guerra contro Antioco III
(4) ) con il denaro raccolto per questo scopo da re e città (dell’Asia). Valerio Anziate dice che fu
inviato in Asia in qualità di legato dopo la sua condanna e la vendita dei beni, per dirimere la
contesa tra i re Antioco e Eumene; allora furono raccolti per lui i denari e chiamati gli artisti; e
(dice Valerio Anziate) che di quei giochi, dei quali dopo la guerra in cui diceva di aver fatto voto,
non parlò più, si discusse in senato solo alla fine, dopo la sua missione (in Asia) in qualità di
legato.”
1) 192 a. C.-188 a.C.
2) Vince gli Etoli nel 189/188 a. C.
3) Cerimonia espiatoria che durava nove giorni.
4) Re seleucide, capo della lega etolica; aveva dato asilo ad Annibale. Fu sconfitto a Magnesia
nel 190/189 da Cornelio Scipione e da Eumene II di Pergamo.
Cfr. anche Plinio, Nat. Hist.33,138
Livio, XXXIX,46,1 (183 a.C.)
Huius principio anni P. Licinius Crassus pontifex maximus mortuus est, in cuius locum M.
Sempronius Tuditanus pontifex est cooptatus; pontifex maximus est creatus C. Seruilius Geminus.
P. Licinii funeris causa uisceratio data, et gladiatores centum uiginti pugnauerunt, et ludi
funebres per triduum facti, post ludos epulum. in quo cum toto foro strata triclinia essent,
tempestas cum magnis procellis coorta coegit plerosque tabernacula statuere in foro: eadem
paulo post, cum undique disserenasset, sublata; defunctosque uulgo ferebant quod inter fatalia uates
cecinissent, necesse esse tabernacula in foro statui. hac religione leuatis altera iniecta, quod
sanguine per biduum pluuisset in area Uulcani; et per decemuiros supplicatio indicta erat eius
prodigii expiandi causa.
“Al principio di quell’anno Publio Licinio Crasso, pontefice massimo, morì, al suo posto fu cooptato pontefice
Marco Sempronio Tuditano; fu nominato pontefice Massimo Caio Servilio Gemino. A causa del funerale di
Publio Licinio, fu offerta una distribuzione di carne, combatterono 120 gladiatori e furono fatti i giochi
funebri per tre giorni e dopo i giochi un banchetto. A questo proposito in tutto il foro essendo stati posti dei
triclini, poiché sorse una tempesta con grandi uragani, l’evento costrinse la maggior parte della gente a
stare nel foro piantando le tende: poco dopo, rasserenando da ogni parte, furono tolte; la gente diceva che
si era adempiuto il responso che i vati avevano predetto durante le profezie. Tolta di mezzo questa
superstizione se ne diffuse un’altra, poiché per due giorni piovve sangue nell’area dedicata a Vulcano: e
grazie ai decemviri fu indetta una supplicazione per espiare per quel prodigio.”
Livio, XLI, 28 (174 a. C.)
Munera gladiatorum eo anno aliquot, parua alia, data; unum ante cetera insigne fuit T.
Flaminini, quod mortis causa patris sui cum uisceratione epuloque et ludis scaenicis
quadriduum dedit. magni tum muneris ea summa fuit, ut per triduum quattuor et septuaginta
homines pugnarint.
“In quell’anno furono dati un certo numero di giochi gladiatori,alcuni di modesto valore; uno solo fu
rilevante su tutti, quello di Flaminio, poiché a causa della morte di suo padre diede per quatto giorni un
banchetti di carne e i giochi teatrali. Allora la cosa più importante dei giochi funebri così grandi fu quella
per cui per tre giorni combatterono settantaquattro uomini.”
Se Cicerone ricorda che nel 63 a.C. il Senato aveva votato una legge che vietava ai candidati delle
magistrature di finanziare spettacoli gladiatori nei due anni che precedevano la loro candidatura, è
evidente che l’uso a fine propagandistico dei giochi gladiatori era diventato una pratica abituale: chi aveva
ambizioni politiche cercava di accattivarsi il favore degli elettori tramite spettacoli evidentemente molto
amati dal popolo.
Cicerone, In Vatinium, XV,37
Cum mea lex dilucide vetet biennio qvo qvis petat petitvrvsve sit gladiatores dare nisi ex testamento
praestitvta die, quae tanta in te sit amentia ut in ipsa petitione gladiatores audeas dare?
“Sebbene la mia legge vieti chiaramente di dare spettacoli gladiatori a chi si candidi o intenda candidarsi nel
biennio antecedente, quale follia è così grande in te che osi dare i combattimenti gladiatori durante la
candidatura? “
Anche Cesare si servirà dei combattimenti gladiatori per affermare il suo prestigio personale, aprendo la
strada ad una pratica che diventerà usuale nell’impero.
Svetonio racconta (Cesare.,10) che nel 65 a.C. Cesare, nominato edile, organizzò dei giochi gladiatori.
Aedilis praeter comitium ac forum basilicasque etiam Capitolium ornauit porticibus ad tempus
extructis, in quibus abundante rerum copia pars apparatus exponeretur. uenationes autem
ludosque et cum collega et separatim edidit, quo factum est, ut communium quoque inpensarum
solus gratiam caperet nec dissimularet collega eius Marcus Bibulus, euenisse sibi quod Polluci:
ut enim geminis fratribus aedes in foro constituta tantum Castoris uocaretur, ita suam
Caesarisque munificentiam unius Caesaris dici. adiecit insuper Caesar etiam gladiatorium
munus, sed aliquanto paucioribus quam destinauerat paribus; nam cum multiplici undique familia
conparata inimicos exterruisset, cautum est de numero gladiatorum, quo ne maiorem cuiquam
habere Romae liceret.
“Da edile [Cesare] oltre al Comizio e al Foro e alle basiliche abbellì anche il Campidoglio con
portici temporanei, nei quali fosse esposta una parte dei mezzi di abbellimento per la grande
abbondanza di oggetti che c’erano. Organizzò cacce e spettacoli sia con il collega sia da solo con
questa conseguenza: lui solo fu ringraziato degli spettacoli fatti a spese comuni e il suo collega
Marco Bibulo non nascose che gli era capitato quel che era successo a Polluce, cioè che il tempio
nel Foro costruito in onore dei due gemelli fosse chiamato soltanto “il tempio di Castore”, così la
sua munificenza veniva attribuita soltanto a Cesare. Vi aggiunse anche lo spettacolo dei giochi
gladiatori, ma con meno coppie di gladiatori rispetto a quanti ne aveva programmati. Infatti,
poiché aveva spaventato i suoi nemici politici con la gran massa di schiavi procurati da ogni
parte, fu fissato per legge il numero di gladiatori e nessuno a Roma era autorizzato ad averne di
più.”
Possedere schiavi in armi e capaci di combattere spaventava evidentemente gli avversari politici
perché chi ambiva al potere monarchico avrebbe potuto trasformarli con facilità in un esercito
fedele al suo comando. E a Roma ancora si ricordavano i gladiatori fuggiti dalla scuola di
Capua, guidati da Spartaco, Crisso ed Enomao: la loro forza aveva messo a dura prova l’esercito
romano.
Anche Plutarco racconta di quei giochi gladiatori e del loro aspetto propagandistico.
Plutarco,Cesare, 5,9
ἐπεὶ δὲ τοῦτο μὲν ὁδοῦ τῆς Ἀππίας ἀποδειχθεὶς ἐπιμελητὴς πάμπολλα χρήματα προσανάλωσε τῶν
ἑαυτοῦ, τοῦτο δ' ἀγορανομῶν ζεύγη μονομάχων τριακόσια καὶ εἴκοσι παρέσχε, καὶ ταῖς ἄλλαις περί
τε θέατρα καὶ πομπὰς καὶ δεῖπνα χορηγίαις καὶ πολυτελείαις τὰς πρὸ αὐτοῦ κατέκλυσε φιλοτιμίας,
οὕτω διέθηκε τὸν δῆμον, ὡς καινὰς μὲν ἀρχάς, καινὰς δὲ τιμὰς ζητεῖν ἕκαστον αἷς
αὐτὸν ἀμείψαιντο.
“Ma quando egli [Cesare] fu nominato curatore della Via Appia, spese moltissimo denaro suo, e
nominato edile allestì combattimenti gladiatori con trecentoventi coppie di gladiatori e con altre
manifestazioni teatrali, processioni e banchetti pubblici oscurò le magnificenze dei suoi
predecessori e dispose il popolo in modo che ognuno andava in cerca di nuove cariche, di nuovi
onori con i quali potesse ricambiarlo”.
Ancora non esiste un luogo dove si possano esibire i gladiatori e Plinio il Vecchio racconta della
struttura mobile creata da C. Curione il Giovane, amico di Cesare, per i giochi funebri del padre
nel 50 a. C..
Prima di raccontare della costruzione del primo anfiteatro a Roma, lo scrittore racconta del primo
teatro voluto dal magistrato edile Marco Emilio Scauro nel 58 a. C. e distrutto subito dopo le
rappresentazioni. Siamo nel 58 a.C.e secondo Plinio, l’edificio era i grado di accogliere 80.000
spettatori. Solo tre anni dopo Pompeo fece erigere il primo teatro in pietra.
Il primo anfiteatro sarebbe una struttura lignea composta di due semicerchi contrapposti che
ospitavano il pubblico durante la
mattina, per assistere a
due
diversi spettacoli
contemporaneamente, mentre la sera venivano accostati per partecipare ai combattimenti
gladiatori. Entrambi i teatri avevano un loro perno girevole e giravano su se stessi; il pubblico
rimaneva a sedere sugli spalti, mentre la struttura ruotava fino a formarne una nuova e adatta allo
spettacolo gladiatorio.
PLINIO IL VECCHIO, NATURALIS HISTORIA, XXXVI, 117-18
(Curio) theatra iuxta duo fecit amplissima ligno, cardinum singulorum versatili suspensa
libramento, in quibus utrisque antemeridiano ludorum spectaculo edito inter sese aversis, ne
invicem obstreperent scaenae, repente circumactis — ut constat, post primos dies etiam
sedentibus aliquis —, cornibus in se coeuntibus faciebat ampitheatrum gladiatorumque proelia
edebat, ipsum magis auctoritatum populum Romanum circumferens.
quid enim miretur quisque in hoc primum, inventorem an inventum, artificem an auctorem,
ausum aliquem hoc excogitare an suscipere an iubere? super omnia erit populi sedere ausi furor
tam infida instabilique sede.
“Curione (per lo spettacolo funebre in onore del padre ) fece due teatri vicini fatti di legno,
sostenuti da una superficie orizzontale che girava sui cardini posti su ognuno dei due teatri , in
entrambi i quali, svolto lo spettacolo mattutino dei ludi, mentre erano opposti tra di loro affinchè il
rumore proveniente dalle scene non desse fastidio agli uni e agli altri , alla fine del giorno, fatti
girare all’improvviso, affinché le scene stessero l’una di fronte all’altra (sembra che dopo i primi
giorni ciò avvenisse mentre alcuni spettatori erano ancora seduti), otteneva un anfiteatro e dava i
giochi gladiatori, portando in giro lo stesso popolo romano, più dei suoi atti ufficiali.
Che cosa ciascuno dovrebbe ammirare di più? L’inventore o l’invenzione? L’artefice o chi ha
pensato l’opera?Colui che per primo osò concepire l’opera o chi la iniziò o chi ordinò che fosse
costruita? Ma soprattutto ci sarà la follia di un popolo che osò sedere in un posto così insicuro e
instabile.”
Poco prima di quest’iniziativa, Cicerone invia a Curione una lettera (Ad fam., II, 3, del 53 a.C.) per
dissuaderlo dall’istituzione di giochi per celebrare la morte del padre.
Cicerone, Ad familiares, II,3
Rupae studium non defuit declarandorum munerum tuo nomine, sed nec mihi placuit nec
cuiquam tuorum quicquam te absente fieri quod tibi, cum venisses, non esset integrum. Equidem
[quid] sentiam aut scribam ad te postea pluribus aut, ne ad ea meditere, imparatum te offendam
coramque contra istam rationem meam dicam, ut aut te in meam sententiam adducam aut certe
testatum apud animum tuum relinquam quid senserim, ut, si quando, quod nolim, displicere tibi
tuum consilium coeperit, possis meum recordari. Brevi tamen sic habeto, in eum statum
temporum tuum reditum incidere ut iis bonis quae tibi natura, studio, fortuna data sunt facilius
omnia quae sunt amplissima in re publica consequi possis quam muneribus. Quorum neque
facultatem quisquam admiratur (est enim copiarum, non virtutis) neque quisquam est quin
satietate iam defessus sit.
Sed aliter atque ostenderam facio qui ingrediar ad explicandam rationem sententiae
meae; qua re omnem hanc disputationem in adventum tuum differo. Summa [te] scito in
exspectatione esse eaque a te exspectari quae a summa virtute summoque ingenio
exspectanda sunt. Ad quae si es, ut debes, paratus, quod ita esse confido, plurimis
maximisque muneribus et nos amicos et civis tuos universos et rem publicam adficies.
Illud cognosces profecto, mihi te neque cariorem neque iucundiorem esse quemquam.
“A Rupa [un procuratore o un liberto di Curione] non è mancato certo il desiderio di indire in tuo
nome giochi gladiatori, ma né a me né ad alcuno dei tuoi amici è sembrato opportuno che
accadesse, mentre eri assente, ciò che non ti lasciasse libero di agire quando fossi ritornato.
[…] In breve sappi questo: il tuo ritorno capita in quella congiuntura di tempi per cui tu potresti
ottenere più facilmente nello stato con le tue qualità che ti furono concesse dalla natura, cioè
l’applicazione e la fortuna, le posizioni più prestigiose, piuttosto che con i giochi gladiatori, di cui
nessuno ammira la capacità di indirli (infatti dipendono dalle finanze e non dal valore personale) e
non c’è nessuno che non ne sia già sazio e stufo.”
Poco dopo (Ad fam., II,6,3) Cicerone ricorda che i giochi hanno procurato grande consenso
popolare a Milone e non ne condanna l’uso a scopi propagandistici.
Ad fam., II,6,3
Ego omnia mea studia, omnem operam, curam, industriam, cogitationem, mentem
denique omnem in Milonis consulatu fixi et locavi statuique in eo me non offici solum
fructum sed etiam pietatis laudem debere quaerere. Neque vero cuiquam salutem ac
fortunas suas tantae curae fuisse umquam puto quantae mihi sit honos eius, in quo
omnia mea posita esse decrevi. Huic te unum tanto adiumento esse, si volueris, posse
intellego ut nihil sit praeterea nobis requirendum. Habemus haec omnia, bonorum
studium conciliatum ex tribunatu propter nostram, ut spero te intellegere, causam, vulgi
ac multitudinis propter magnificentiam munerum liberalitatemque naturae, iuventutis et
gratiosorum in suffragiis studia propter ipsius excellentem in eo genere vel gratiam vel
diligentiam, nostram suffragationem, si minus potentem, at probatam tamen et iustam et
debitam et propterea fortasse etiam gratiosam.
“Io ho concentrato e posto tutto il mio impegno, ogni mia attività, preoccupazione, energia,
pensiero e proposito nel consolato di Milone e ho ritenuto di poter pretendere non solo il frutto di
quel compito, ma anche la lode che si deve alla fedeltà di amico. Né credo che mai ad alcuno
siano stati a cuore la propria salvezza, la propria sorte, quanto a me il suo onore, in cui ho
stabilito che dipendesse tutta la mia vita.[…] Abbiamo tutti questi fatti a nostro favore: la
devozione degli uomini dabbene, procurata fin dal tribunato, per merito della nostra causa ,
(come spero che tu capisca); la devozione del popolo per merito della sontuosità dei giochi
gladiatori e per la generosità della sua indole; la devozione dei giovani e di coloro che contano
nelle elezioni per merito della sua eccellente capacità nei rapporti d’amicizia e scrupolosità in
queste cose e il nostro appoggio, che se è meno importante, tuttavia è collaudato,
giusto e dovuto e inoltre, forse, anche influente.”
Anche Cesare nel 46 a.C. adotterà per i suoi giochi gladiatori una struttura simile a quella dei
giochi di Curione, ma non altrettanto complicata (quella di Curione prevedeva l’uso di macchinari
per avvicinare le tribune degli spettatori).
Cassio Dione, Historia Romana, XLIII, 22,1-4
τὰς μὲν δὴ οὖν ἄλλας τῶν νικητηρίων ἡμέρας ὥς που ἐνενόμιστο διήγαγε· τῇ δὲ τελευταίᾳ ἐπειδὴ ἐκ τοῦ δείπνου ἐγένοντο, ἔς
τε τὴν ἑαυτοῦ ἀγορὰν ἐσῆλθε βλαύτας ὑποδεδεμένος καὶ ἄνθεσι
παντοδαποῖς ἐστεφανωμένος, καὶ ἐκεῖθεν οἴκαδε παντὸς μὲν ὡς
εἰπεῖν τοῦ δήμου παραπέμποντος αὐτόν, πολλῶν δὲ ἐλεφάντων λαμπάδας φερόντων ἐκομίσθη. τὴν γὰρ ἀγορὰν τὴν ἀπ' αὐτοῦ κεκλημένην κατεσκευάσατο· καὶ ἔστι μὲν περικαλλεστέρα τῆς Ῥωμαίας,
τὸ δὲ ἀξίωμα τὸ ἐκείνης ἐπηύξησεν, ὥστε καὶ μεγάλην αὐτὴν ὀνομάζεσθαι. ταύτην τε οὖν καὶ τὸν νεὼν τὸν τῆς Ἀφροδίτης, ὡς
καὶ ἀρχηγέτιδος τοῦ γένους αὐτοῦ οὔσης, ποιήσας καθιέρωσεν εὐθὺς
τότε· καὶ πολλούς γε ἐπ' αὐτοῖς καὶ παντοδαποὺς ἀγῶνας ἔθηκε,
θέατρόν τι κυνηγετικὸν ἰκριώσας, ὃ καὶ ἀμφιθέατρον ἐκ τοῦ
πέριξ πανταχόθεν ἕδρας ἄνευ σκηνῆς ἔχειν προσερρήθη. καὶ ἐπὶ
τούτῳ καὶ ἐπὶ τῇ θυγατρὶ καὶ θηρίων σφαγὰς καὶ ἀνδρῶν ὁπλομαχίας ἐποίησεν, ὧν ἐάν τις τὸν ἀριθμὸν γράψαι ἐθελήσῃ, ὄχλον
ἂν τῇ συγγραφῇ οὐδ' ἀληθῆ ἴσως παράσχοι· πάντα γὰρ τὰ τοιαῦτα ἐπὶ τὸ μεῖζον ἀεὶ κομποῦται. τοῦτο μὲν οὖν καὶ ἐπὶ τῶν ἄλλων τῶν ὁμοίων τῶν ἔπειτα γενομένων ἐάσω, πλὴν εἰ μή τι πάνυ
μοι δόξειεν ἀναγκαῖον εἰπεῖν εἶναι· περὶ δὲ δὴ τῆς καμηλοπαρδάλιδος ὠνομασμένης ἐρῶ, ὅτι τότε πρῶτον ἔς τε τὴν Ῥώμην ὑπ'
αὐτοῦ ἐσήχθη καὶ πᾶσιν ἐπεδείχθη. τὸ γὰρ ζῷον τοῦτο τὰ μὲν ἄλλα
κάμηλός ἐστι, πλὴν καθ' ὅσον οὐκ ἐκ τοῦ ἴσου τῶν κώλων ἔχει.
“Tutti gli altri giorni della festa li passò come era stato stabilito dalla consuetudine; l’ultimo giorno,
dopo che ebbe finito di mangiare, (Cesare) entrò nel suo foro indossando sandali e incoronato da
ghirlande con ogni tipo di fiori; da l’ andò a casa sua seguito dal popolo che, per così dire, gli
faceva da corteo e da molti elefanti che portavano lampade. Egli aveva fatto adornare il foro che fu
chiamato con il suo nome: è il più bello dei fori romani e il suo valore crebbe così da essere
chiamato il Foro Grande. Dopo aver costruito il foro e il tempio di Venere, in quanto fondatrice
della sua famiglia, li dedicò subito, proprio in quei giorni. In loro onore istituì molti combattimenti
di ogni tipo. Attrezzò con panchine una sorta di “teatro per la caccia” che, dal momento che i sedili
erano tutti intorno senza una tettoia (tenda) , fu chiamato anfiteatro. Qui, in onore di sua figlia,
organizzò uccisioni di animali e combattimenti tra uomini in armatura. Ma se qualcuno volesse
specificare il loro numero renderebbe questa narrazione noiosa oltre a incorrere in errori, perché
questo genere di cose è regolarmente esagerato nei numeri. Tralascerò dunque anche su altri simili
cose che ci sono state dopo, eccetto se qualcosa mi potrebbe sembrare necessario riferire. Dirò della
cosiddetta giraffa che allora, per la prima volta, fu condotta a Roma da lui e fu mostrata a tutti:
questo animale infatti è un cammello quanto a tutte le altre caratteristiche, eccetto per il fatto che i
due animali non sono uguali quanto a lunghezza delle zampe. ”
Leggendo Svetonio sappiamo che Cesare diede spettacoli di vario genere e tra questi un munus gladiatorio a
cui parteciparono anche uomini di stirpe senatoria: forse qui si ricorda l’uso originario della prova di
coraggio per ricordare il valore militare del defunto. Già in questa occasione, partecipò ai giochi offerti da
Cesare per celebrare il suo trionfo una gran massa di gente, tanto che i forestieri furono costretti ad
accamparsi nei vicoli e nelle strade e per la gran ressa ci furono dei morti.
Svetonio, Cesare, 39
Edidit spectacula uarii generis: munus gladiatorium, ludos etiam regionatim urbe tota et quidem per
omnium linguarum histriones, item circenses athletas naumachiam. munere in foro depugnauit Furius
Leptinus stirpe praetoria et Q. Calpenus senator quondam actorque causarum. pyrricham saltauerunt Asiae
Bithyniaeque principum liberi. ludis Decimus Laberius eques Romanus mimum suum egit donatusque
quingentis sestertiis et anulo aureo sessum in quattuordecim [e] scaena per orchestram transiit. circensibus
spatio circi ab utraque parte producto et in gyrum euripo addito quadrigas bigasque et equos desultorios
agitauerunt nobilissimi iuuenes. Troiam lusit turma duplex maiorum minorumque puerorum. uenationes
editae per dies quinque ac nouissime pugna diuisa in duas acies, quingenis peditibus, elephantis uicenis,
tricenis equitibus hinc et inde commissis. nam quo laxius dimicaretur, sublatae metae inque earum locum
bina castra exaduersum constituta erant. athletae stadio ad tempus extructo regione Marti campi
certauerunt per triduum. nauali proelio in minore Codeta defosso lacu biremes ac triremes quadriremesque
Tyriae et Aegyptiae classis magno pugnatorum numero conflixerunt. ad quae omnia spectacula tantum
undique confluxit hominum, ut plerique aduenae aut inter uicos aut inter uias tabernaculis positis
manerent, ac saepe prae turba elisi exanimatique sint plurimi et in his duo senatores.
"(Cesare) diede spettacoli di vario genere: un combattimento di gladiatori, spettacoli teatrali in tutta la città,
quartiere per quartiere perfino con attori che parlavano tutte le lingue, e così pure giochi circensi, di atleti e
una battaglia navale. Durante uno spettacolo gladiatorio nel Foro combatterono Furio Leptino, di rango
senatorio e Quinto Calpeno , un tempo senatore e avvocato. Danzarono la Pirrica ( danza di guerra) i
figli dei più nobili dell’ Asia e della Bitinia.
Durante gli spettacoli teatrali, Decimo Laberio , cavaliere romano, rappresentò un suo mimo e dopo che gli
furono donati cinquecento sesterzi e un anello d'oro, passò dalla scena attraverso l’orchestra per sedersi sul
quattordicesimo gradino . Per i giochi circensi, ingrandita l’ arena da entrambe le parti e aggiuntosi intorno
un fossato, i giovani della più alta nobiltà condussero bighe , quadrighe e cavalli da acrobazie. Una duplice
schiera di fanciulli più grandi e più piccoli giocò al gioco troiano. Per cinque giorni furono allestiti giochi di
caccia e, alla fine, venne data una battaglia tra due schiere : cinquecento fanti ciascuna , venti elefanti e
trenta cavalieri. Infatti, per lasciare più spazio a loro (ai combattenti ) erano state tolte le mete e al loro posto
erano state allestiti due accampamenti uno di fronte all’ altro. Degli atleti lottarono per tre giorni in uno
stadio costruito per la circostanza nel quartiere del Campo Marzio. Per la battaglia navale, scavato un lago
nella piccola Codeta, si diedero battaglia biremi , triremi e quadriremi , una grande flotta di Tiro e una
d'Egitto con un gran numero di combattenti . A tutti questi spettacoli confluirono così tanti uomini, che
la maggior parte degli stranieri, posate le tende tra i vicoli o le strade, aspettarono, e molti furono
schiaccati e uccisi per la folla, tra questi anche due senatori."
Traduzione Ange Sierakowski
Quando nel 42 a.C. lo scontro tra i Cesaricidi e Antonio è al culmine, per la prima volta alcuni magistrati
organizzeranno dei giochi gladiatori a spese dello Stato e verranno inserite anche le venationes, spettacoli di
caccia che precedentemente venivano eseguiti durante i programmi dei ludi, come leggiamo in Livio a
proposito dei giochi celebrati da M. Fulvio.
Cassio Dione, Historia Romana, XLVII,40,6
ἔν τε γὰρ ταῖς ἀνοχαῖς ὁ πολίαρχος τὰ Λατιάρια, οὔτ' ἄλλως προσήκοντα αὐτῷ οὔτ'
ἐν τῷ καιρῷ ἐκείνῳ γίγνεσθαι εἰωθότα, ἐποίησεν, καὶ οἱ ἀγορανόμοι τοῦ πλήθους ὁπλομαχίας ἀγῶνας ἀντὶ τῆς ἱπποδρομίας τῇ Δήμητρι ἐπετέλεσαν.
“Durante le Ferie il prefetto della città celebrò le feste Laziali, che né spettava a lui indire, né era
mai stata abitudine celebrare in quel momento, e gli edili della plebe offrirono a Cerere i
combattimenti in armi al posto delle delle gare dei cavalli.”
Ancora una volta il cambiamento avviene durante la celebrazione di festività ( in onore di Giove Laziale) e
ancora una volta in seguito ad una serie di prodigia ; che inducono i magistrati a prendere seri
provvedimenti per placare le divinità.
Più tardi (34-29.a.C) Statilio Tauro (Svetonio, Augusto,29), uomo vicino ad Augusto, costruirà un
anfiteatro in pietra al Campo Marzio, tuttavia i giochi continueranno a svolgersi nel Foro romano; Caligola
(Svetonio, Caligola,18 e 20) collocherà i giochi in vari luoghi, sia nell’anfiteatro di Tauro, sia nel Campo
Marzio, dove iniziò la costruzione , poi interrotta, di un anfiteatro; Claudio (Svetonio, Claudio, 21) nel Castro
Pretorio e in Campo Marzio ; Nerone (Svetonio, Nerone,12) nel 57 d.C. costruirà il suo anfiteatro ligneo nel
Campo Marzio, ma verrà distrutto dall’incendio del 64 d. C..
Scarica