I MAGI: ALLA RICERCA DEL RE DA SERVIRE. (Mt 2,1-11) Domenica 6 gennaio 2013 – EPIFANIA del SIGNORE - N ei primi secoli del cristianesimo i Magi sono stati talora presentati con una spiccata intenzionalità critica verso il mondo dell'astrologia e dell'occulto, anche se non sembra che nel brano di Matteo si presentino istanze polemiche in tal senso. Si potrebbe, al contrario, affermare che tali personaggi ricevano un'attenzione tutta positiva. Infatti non affiora il minimo accenno di conversione o di arti ingannevoli nella descrizione che Matteo fa dei Magi: essi sono oggetto di una ammirazione senza riserve. Essi rappresentano il meglio della dottrina pagana e della sensibilità religiosa che è stata capace di ricercare Gesù, affidandosi alla rivelazione scritta nella natura1. In questo contributo si cercherà di capire l'episodio dei Magi a partire dalla modalità con cui l'autore ne delinea il ruolo e l'identità in relazione al neonato re Gesù. 1 Il contesto L'arrivo di tali personaggi enigmatici viene ricordato da Matteo all'interno della sezione iniziale del suo racconto, qualificata col nome di "vangelo dell'infanzia". Con tale denominazione s'intende una sorta di prologo che in qualche misura allude all'intera vicenda storica di Gesù. Per le biografie dei personaggi celebri (i re, gli eroi, i condottieri…) vigeva la consuetudine da parte degli scrittori antichi di andare alla ricerca di quei segni premonitori, disseminati nelle pieghe nascoste dell'infanzia, che presagissero le gesta future del protagonista. Anche Matteo nel suo vangelo dell'infanzia (1,18 – 2,23) riporta alcune vicende iniziali della vita di Gesù, collegandole da una parte alla storia passata di Israele (ecco perché ci sono cinque citazioni dell'AT) e proiettandole dall'altra verso il ministero pubblico di Gesù. Così le vicende tribolate e liete degli esordi illuminano in anticipo ciò che avverrà nella storia di Gesù. In particolare la furia di Erode prefigura l'avversione di Israele verso il Messia, mentre l'adorazione dei Magi ne preannuncia l'accoglienza da parte dei pagani. Riguardo a queste misteriose figure giunte da oriente, ci addentreremo nella seguente avventura: comprendere la funzione svolta dai Magi nel racconto (qual è lo scopo della loro comparsa sulla scena?), cogliere la loro possibile identificazione (in definitiva chi sono i Magi?) e intuire quale luce gettino sul prosieguo del racconto (in che modo anticipano la narrazione evangelica seguente?). Prima però vale la pena sostare un po' sull'evento che muove tutta la vicenda: la venuta alla luce del Bambino. 2 La nascita di Gesù Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme… (2,1). Quando si raccontano i natali di un personaggio illustre, si forniscono alcune coordinate legate al tempo e allo spazio. Quanto alla data l'evangelista resta un po' sul vago – non dice, cioè, il giorno, il mese e l'anno, come faremmo noi moderni – ma menziona il periodo: «al tempo del re Erode» (che muore nel 4 a.C.). Quanto al luogo, invece, moltiplica i riferimenti geografici, perché oltre a ricordare Betlemme, nomina Gerusalemme e "l'oriente", da cui i Magi provengono. L'intenzione non è così difficile da intuire: la nascita del bambino, collocata a Betlemme, ha delle ripercussioni immediate per la capitale e, in un modo ancora non del tutto chiaro, riguarda pure territori e popoli lontani. Va evidenziato subito un particolare prezioso: l'evento più importante, la nascita, non è raccontato. Nulla sul parto, nulla sui primi vagiti del piccolo, nulla sulle primissime reazioni di Maria e Giuseppe. Un velo di grande sobrietà cala sulla scena: si dice semplicemente che Gesù è nato. Piuttosto si insiste sugli effetti provocati dalla nascita: rifiuto da parte di alcuni, curiosità e accoglienza da parte di altri. Accade per il centro del vangelo dell'infanzia esattamente quanto succede per il fulcro dell'intero vangelo, la risurrezione, che viene notificata con altrettanta sobrietà narrativa. Ne ignoriamo, infatti, la modalità e i particolari circostanziali, mentre siamo a conoscenza degli effetti: l'avversione nei capi giudei e l'adesione nelle donne e nei discepoli. Gli eventi fondamentali – nascita e risurrezione – non vengono descritti, eppure rivelano un aspetto dell'identità di Gesù: è il Messia rifiutato e accolto. 3 Lo scopo della comparsa dei Magi I personaggi menzionati quando Gesù nasce non sono le persone a lui più vicine, ma Erode e i Magi, tra i quali prende avvio un confronto via via più esplicito. Non appena i Magi arrivano nella Città santa e s'informano sul bambino, accade qualcosa di inaspettato: come un incantesimo le loro parole provocano turbamento in Erode e in tutta Gerusalemme. «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme (2,2-3). Il re dei Giudei Cos'è che getta nello scompiglio il re e l'intera capitale? Il desiderio di adorare un bambino? Oppure la guida di una stella? Certamente no. Tanta apprensione è causata dal titolo regale: al bambino è attribuito l'appellativo di «re dei Giudei». È proprio questa regalità che provoca la distinzione: mentre i Magi vengono da lontano per riconoscerlo re ed adorarlo, Erode e Gerusalemme lo rifiutano. Davanti al bimbo si è "costretti" a prendere posizione pro o contro la sua sovranità. Anche in questo caso vale quanto accennato prima circa le affinità tra nascita e risurrezione, perché il "turbamento" della Città santa, provocato dal neonato re, prefigura gli istanti finali della vita di Gesù – il processo e la passione – durante i quali uno dei capi d'imputazione sarà proprio la pretesa regalità di Gesù, riespressa con le stesse parole pronunziate dai Magi: «il re di Giudei». Il governatore l'interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?» (27,11); Intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo […]: «Salve, re dei Giudei!» (27,29); Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei» (27,37). Tale appellativo, che stimola la ricerca nei Magi, provoca il rifiuto di Erode, che teme di essere detronizzato. I Magi, poi, chiedono il luogo in cui il neonato re dei Giudei è venuto alla luce e la localizzazione è presto detta: le profezie parlano di Betlemme, patria della famiglia del re Davide e città dell'attesa nascita del re-messia. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta. E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele» (2,4-6). Le ricerche s'incrociano Inaspettatamente il confronto tra Erode e Magi cambia piega, perché accade un imprevisto "scambio d'informazioni". I Magi hanno bisogno di farsi dire la località della nascita, il cui nome è depositato nelle Scritture sante di Israele e, quindi, non possono prescindere dalla Rivelazione donata ad Israele. Ma è altrettanto vero che Israele stesso abbisogna dei Magi, perché loro soli si sono accorti del segnale indicatore di quest'avvenimento (il sorgere della stella), mentre il re e i garanti del culto ne erano del tutto ignari. Israele ha bisogno di una parola (una domanda) proveniente dai pagani, che lo ridesti dal suo torpore; a loro volta i Magi-pagani necessitano di una parola autorevole (una profezia dell'AT), che permetta l'individuazione esatta dell'agognata meta del loro viaggio. I pagani scrutano il cosmo e Israele scruta le Scritture, ma queste ricerche debbono incrociarsi… Un po' d'attenzione la merita il segno che provoca i Magi alla ricerca: la stella. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia (2,910). Si trattò di una supernova, di una cometa o di un congiunzione di pianeti2? Le varie ipotesi di spiegazione astronomica, che tanto hanno stuzzicato la curiosità degli studiosi di ogni tempo, esulano dall'attenzione dell'autore, il quale non coltivava interessi scientifici. In conformità col pensiero biblico egli mostra gli elementi del cosmo in sintonia col progetto divino e talora addirittura come indizi messianici (Nm 22,17: «Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele»; Ap 22,16: «Io sono la stella radiosa del mattino»). Inoltre nelle culture antiche era diffusa l'idea che le nascite di personaggi importanti fossero precedute o accompagnate da singolari fenomeni celesti. La storia dell'interpretazione, poi, ci testimonia una comprensione simbolica della stella: una piccola luce che accompagna alla Luce vera. La verità delle intenzioni Tra Erode e i Magi il confronto più radicale emerge riguardo alla verità delle intenzioni, infatti il desiderio di adorare il bambino, autentico nei Magi, si rivela ingannevole in Erode. In ballo c'è il vero atteggiamento che si tiene nei confronti del bambino. Sta precisamente qui il contrasto più evidente che si profila nell'episodio (e che sovrasta pure la nitida diversità tra il re e i Magi): l'antitesi tra il falso e l'autentico sovrano. Chi è il "vero" re dei Giudei? Erode che sta a palazzo o il bambino in braccio a sua madre? Il confronto è chiaramente impari e sembra andare tutto a vantaggio di Erode, che dispone di un esercito, mentre il neonato è totalmente inerme. Eppure si percepisce la raffinata ironia che pervade l'episodio, poiché il potente re di Gerusalemme si sente minacciato da un bimbo in fasce. Si tratta dell'ironia di una storia che non sembra procedere più secondo le consuetudini, in base alle quali solitamente i potenti vincono e i deboli sono sconfitti. Infatti, mentre Erode elabora una strategia, Dio, regista occulto dell'intera vicenda, conduce la sua. 4 L'identificazione dei Magi Il lettore, tuttavia, non può correre rapidamente all'happy end, dando per scontata una conclusione felice dell'episodio. Deve, infatti, fare i conti con un accordo segreto tra Erode e i Magi: Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono (2,7-9). Ecco insinuarsi un dubbio sottile riguardo all'onestà delle loro intenzioni. Perché collaborano con Erode? Semplicemente perché sono ingenui e gli danno credito? Oppure per permettergli di attuare il piano tramato? (Dal prosieguo si sa che non è così, perché faranno diversamente, ma sarà solo l'intervento di un angelo a distoglierli dalla loro lealtà verso il re). Va notata, dunque, l'ambiguità della loro accondiscendenza alle richieste di Erode. A questo punto il lettore diventa seriamente curioso circa la condotta dei Magi, ed è pronto a vagliarne a fondo le motivazioni, dal momento che potrebbe essere tentato di accusarli di collusione con Erode. Da che parte stanno? Vedremo che per sciogliere l'enigma sarà utile – se non necessario – conoscerne più a fondo l'identità: chi sono veramente i Magi? Le informazioni dell'evangelista sono scarne: li chiama "magi" e identifica con "l'oriente" il luogo di provenienza e dopo la loro uscita di scena non dirà più nulla sul loro conto. Questa essenzialità di dati ci autorizza ad ipotizzare che probabilmente l'autore dava per scontato che i suoi lettori "sapessero" riconoscere queste figure in base alle conoscenze a loro disposizione. Ma la storia dell'interpretazione ci testimonia che rapidamente la tradizione popolare e le disquisizioni dotte si appropriarono di tali personaggi colmando le lacune lasciate nel racconto evangelico. Re Ben presto i Magi furono oggetto di raffigurazioni: all'inizio con il berretto frigio e la veste corta, ma poco più tardi con turbanti e sontuose vesti regali. Cesario d'Arles fu il primo a definirli "re", molto probabilmente sulla scorta di alcune pagine dell'AT, ricomprese come possibili profezie della vicenda, in cui compaiono dei sovrani (Is 60,3.5-6; Sal 71,10-11). Il numero variò (si parlò di due, quattro, addirittura dodici) ma fu stabilito in base al numero dei doni. Anche i nomi sono stati oggetto di congetture e furono documentati solo a partire dal IV sec. Diverse le ipotesi: Gaspare (Gathaspar, Gondhofares), sembra derivare da Vindhalpharna, "conquistatore dello splendore del fuoco"; Melchiorre, viene forse dall'ebraico melki-or, "il mio re è luce"; e Baldassarre (Belshazar, Baltassar) proverrebbe dall'assiro-babilonese Bel-shar-uzur, che significa "Bel (= dio supremo) proteggi il re". I doni vennero compresi in senso allegorico/simbolico a partire da Ireneo e Origene3, cosicché ininterrottamente lungo tutta la tradizione cristiana i preziosi regali divennero segni espliciti delle dimensioni nascoste del bambino: l'oro ne rivela la regalità, l'incenso la divinità e la mirra l'umanità sofferente. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (2,11). La differenziazione somatica è tardiva: per rappresentare tutte le età Melchiorre fu riprodotto come un vecchio con la barba bianca, Baldassarre divenne un uomo adulto e Gaspare assunse le sembianze di un giovane imberbe; per rappresentare, poi, tutte le razze quest'ultimo verso la fine del medioevo fu dipinto con la pelle scura. Nel duomo di Colonia sono venerate tuttora quelle che si ritengono essere le loro reliquie. Astrologi/sacerdoti A dire il vero il racconto evangelico non usa mai l'epiteto "re" per definire i Magi. Piuttosto nel racconto i re in ballo sono Erode e Gesù. Sono loro due a "contendersi", se così si può dire, il titolo regale. I Magi, invece, non si presentano come eredi di qualche dinastia regale, non rivendicano diritti di successione, non si atteggiano a sovrani e nemmeno agiscono come ambasciatori di un qualche monarca lontano. Essi svolgono piuttosto un ruolo minore, che oscilla tra lo scienziato e l'astrologo, tra l'indovino e il funzionario del culto: il mago era comunque una persona dotata di poteri particolari4. Già s'è detto in introduzione che Matteo non polemizza con la magia e dà un'immagine positiva dei Magi. Essi, infatti, godevano un certo prestigio sia presso il popolino sia presso i sovrani, cui offrivano i loro servigi con consigli e previsioni; talora vivevano pure a palazzo. E l'evangelista come li caratterizza? Servi Nel brano evangelico l'identità dei Magi si precisa cammin facendo. Sembra che l'autore dia per scontato che si sappia delle loro conoscenze occulte e della loro familiarità con gli astri; ce li presenta, infatti, intenti a seguire la stella e desiderosi di prestare i loro omaggi al neonato re (cf. 2,2). I Magi cercano il bimbo per offrigli i loro servigi. Solo che, almeno per un breve periodo, essi si mettono al servizio di Erode, perché accondiscendono alla sua richiesta – fraudolenta – di informarlo sul bambino. Emerge qui un elemento curioso: perché Erode ha bisogno delle segnalazioni dei Magi, quando poteva disporre dei suoi "servizi segreti"? Non sarebbe bastato farli seguire da qualche spia? Forse una risposta la possiamo trovare proprio nell'identità che l'autore intende far emergere grazie al ruolo svolto dai Magi. Il lettore sarà accompagnato, così, dalla domanda: a chi essi prestano servizio? Quale re intendono servire: il neonato o Erode? All'inizio sembra che essi obbediscano ad Erode, ma alla fine rendono i loro omaggi al bambino, offrendogli doni preziosi consoni al suo status di sovrano. Nella conclusione, poi, obbediscono al sogno – a Dio –, ignorando gli accordi presi con Erode. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese (2,12). Ecco sciolto l'enigma: i Magi si mettono al servizio del vero re, e una volta esaurito l'incarico di rendere omaggio alla sua sovranità, possono far ritorno al paese d'origine5. Certamente il gesto compiuto può essere pure un riconoscimento della divinità di Gesù, ma con il verbo proskunéo (= prostrarsi, adorare) si intende un atto di venerazione compiuto gettandosi a terra, atto dovuto, secondo la concezione greca, agli dei, secondo la concezione orientale, anche a uomini di rango elevato, e soprattutto ai re6. Potrebbe sembrare un punto d'arrivo deludente: da re a servitori. Una sorta di retrocessione, ma non è così. Un conto è essere un servo generico, un conto è essere servo del re; servire a corte conferiva un grande prestigio. Inoltre l'essere a servizio del vero re li nobilita ancor di più. Non va poi tralasciato che nel racconto matteano il servizio è lo statusdel discepolo e "servo" è addirittura un titolo cristologico (Mt 20,26-28: «Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo… come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire»; Mt 12,18: «Ecco il mio servo che io ho scelto»). 5 L'episodio nel vangelo Una volta compiuto il loro servizio i Magi scompaiono e non se ne saprà più nulla. Eppure alcune linee tematiche riaffioriranno (circa la regalità e il servizio già s'è detto). In particolare la scena conclusiva del vangelo sembra raccogliere alcune dimensioni poste in luce dai Magi. Quando lo videro, [gli apostoli] gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo» (28,17-19). Ovviamente non tutti i particolari si corrispondono, ma alcune linee di fondo sì. Con la prostrazione i Magi riconoscono la maestà di Gesù. Alla fine anche gli Undici, ripetendo lo stesso gesto, attestano quanto detto poco dopo, che il Risorto, cioè, ha una sovranità illimitata. Se nell'arrivo dei Magi si intravede un anticipo dell'apertura ai pagani, nella scena conclusiva l'orizzonte della salvezza è spalancato a «tutte le nazioni». Il presagio è divenuto realtà. Riconosciamo perciò, carissimi, nei magi adoratori del Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede, e con animo straripante di gioia, celebriamo gli esordi della nostra beata speranza7. Sta tutta qui la grandezza di questi personaggi enigmatici, ed è forse questa la vera chiave interpretativa per comprendere, al di là di ogni possibile sfumatura esotica, la sincera simpatia e il senso di gratitudine che sempre i Magi hanno saputo suscitare. don Aldo Martin articolo pubblicato sulla rivista Parole di vita 1(2008) 25-31 1 R.E. BROWN, La nascita del messia. Secondo Matteo e Luca, Cittadella, Assisi 1981, 214. 2 Per le diverse ipotesi cf. U. LUZ, Matteo 1, Paideia, Brescia 2006, 184-185. 3 Cf. F. SCORZA BARCELLONA, «“Oro e incenso e mirra” (Mt 2,11): l'interpretazione cristologica dei tre doni e la fede dei magi», in Annali di storia dell'esegesi 2 (1985) 137-146. 4 "Mago" deriva, forse, da mag, "dono", che nello zoroastrismo indica il contatto illuminante con il divino, cf. CATTABIANI A., "I Magi", Santi d'Italia. Vite, leggende, iconografia, feste, patronati, culto. II, BUR, Milano 1999, 666. 5 Una figura simile ai Magi è l'indovino Balaam, "costretto" a servire il re Balak; poi gli disobbedisce ma, almeno, inizialmente, presta i suoi servigi al re (cf. Nm 22–24). 6 U. LUZ, Matteo 1, Paideia, Brescia 2006, 197. 7 LEONE MAGNO, Sermo 32,1.